Però il rinoceronte! Sembra un temibile guerriero racchiuso nella sua armatura. La sua furia mette paura, quando carica è assolutamente imperativo scansarlo per non finire incornati. Un animale molto irruento e misterioso che fin dalla sua prima apparizione ha scatenato leggende e fantasie sulla sua origine. La sua notevole stazza non gli impedisce di raggiungere velocità inaspettate ( anche i cinquantacinque all'ora ) Un animale davvero scorrevole... Il primo rinoceronte arrivò in Portogallo, a Lisbona, nel 1515. Era la prima volta che si vedeva un animale simile in Europa. Fu portato in dono al re del Portogallo da parte del governatore dell'India Portoghese. Il Rinoceronte finì per la prima volta nel mondo dell'arte con l'artista tedesco Albrecht Dürer, il quale vedendo gli schizzi e le descrizioni da un conoscente creò un'incisione su legno dell'animale ma con una piccola anomalia, avente il rinoceronte un piccolo corno sul dorso. Licenza questa comprensibile, dato che all'epoca nessuno l'aveva visto ancora in carne e ossa.
Il rinoceronte di Dürer La raffigurazione di Dürer fu così convincente che nei 300 anni successivi gli artisti europei, sebbene avessero già avuto modo di vedere un rinoceronte dal vivo, continuarono a raffigurare l'animale secondo il modello dell'artista tedesco, con vistosi ornamenti. Nel Novecento, fu riscoperto dal geniale Salvador Dalì, con sua certezza avesse proprietà divine.
Però il rinoceronte !
La sua originale idea sfociava nella convinzione che il corno rappresentasse la geometria Sacra. Affermava che tutte le immagini si basano su una forma geometrica elementare: un cono con la punta arrotondata rivolta verso l’alto. Per Dalì il corno del rinoceronte era la base di ogni elaborazione artistica: insieme forma fallica e perfetta curva logaritmica. Sosteneva fra l'altro le fondamentali affinità tra il gigantesco animale e un raffinato dipinto di Vermer, la "Merlettaia", che, secondo l’artista, "morfologicamente non era che un corno di rinoceronte". Nella piccola tela, si vede una fanciulla interna a ricamare; il suo sguardo è concentrato sul lavoro e sul movimento delle mani. L'ambientazione è ridotta al minimo, poichè la visione dell'artista è molto ravvicinata e il taglio della composizione è condotto in maniera informale. In primo piano si trova lo spigolo di un tavolo, su cui è appoggiato un cuscino da ricamo: dal contenitore semiaperto escono dei fili rossi e bianchi, che l'artista ha delineato con pennellate semplici e di straordinaria fluidità. La luce ha ancora sonno ma si da' un tono da ostetrica che è urgente. Arriva da destra e accende il giallo del corpetto posandosi con particolare enfasi sulla fronte e sulle dita della ragazza.
La merlettaia Cosa succederà dunque alla ragazza ? Il lungo viaggio della merlettaia di Veermer si era concluso a Parigi arrivando nel 1870 da Rotterdam al Louvre. Quando la vide, Salvador rimase fulminato: finalmente aveva trovato il filo di Arianna che legava quel dipinto al suo rinoceronte. Su questa tesi surreale, rimane celebre la sua conferenza alla Sorbonne, quando giunse a bordo di una Rolls-Royce carica di migliaia di cavolfiori bianchi. Il rinoceronte divenne il feticcio esistenziale di Dalì, tanto che scolpì l'animale in una mastodontica opera bronzea vestito di merletti. Dopo avergli tolto la corazza, costrinse la "sua" piccola merlettaia a rivestire di pizzo il manto e il corno del "suo" rinoceronte. La creazione risale al 1956, dopo che l'artista aveva girato il film surrealista
L'avventura prodigiosa della merlettaia e del rinoceronte.
Il rinoceronte di Dalì Per gli appassionati di Dalì, a Parigi, in pieno centro, vicino al Moulin Rouge è stato allestito in tempi recenti un museo dedicato al funambolico artista catalano, fortemente voluto dai francesi per la sua parentesi parigina degli anni venti con Picasso e Mirò. Ma quanti rinoceronti si possono incontrare ancora a Parigi ? Si direbbe che Parigi sia diventata una riserva naturale per questo animale. Un bel esemplare di rinoceronte possiamo trovarlo ( con il freno a mano tirato ) all'entrata del museo D'Orsay, l'ex stazione parigina diventata ora il tempio dell'impressionismo francese, nel cui interno si possono ammirare diverse opere di Monet e Van Gogh.
Al museo D'Orsay Sempre in pieno centro, vicino alla tour Eiffel, ai giardini Tuileries, si trova un altro possente esemplare di rinoceronte bronzeo.
Ai giardini Tuileries Un mostro triste, che il tempo non sembra affatto corrodere a guardia di tesori inestimabili. Poco lontano infatti, simmetricamente disposto verso l'angolo di sud-est, vi è l'Orangerie (L'aranceto), dove re Luigi XVI aveva fatto attrezzare una serra idonea ad ospitare alberi d'aranci. Dopo un lungo restauro, nel 2005, l'Orangerie è tornata alla sua funzione museale e raccoglie famose opere di Impressionisti (Renoir, Manet, Cézanne, Rousseau e, specialmente, le notissimi "ninfee" di Monet, disposte a 360° in due saloni ovali perfettamente idonei allo scopo). Non solo i musei del Louvre e D'Orsay: l'arte risplende nel centro parigino grazie anche per il Centro Pompidou. Conosciuto pure come Beaubourg, si innalza fiero nel centro di Parigi e come un diamante riflette le sue luci blu, verdi, gialle e rosse nelle strade circostanti. Restaurato recentemente è un'opera fondamentale dell'architettura contemporanea, perché introduce il concetto di avanguardia e modernità in uno dei quartieri cittadini più antichi di Parigi. Questo contrasto paradossalmente è in realtà fonte di una meravigliosa armonia tra l'innovazione e la tradizione. Del resto proprio per queste caratteristiche, il Centro Pompidou è stato sempre molto discusso.
Centro Pompidou Le polemiche, la grandiosità dei suoi esterni e la ricchezza delle sue opere d'arte hanno reso questo centro molto rinomato. Considerato il manifesto dell'architettura high-tech, è oggi uno dei quattro monumenti di Parigi più visitati dai turisti. E come per incanto, all'ingresso del Museo Nazionale di Arte Moderna, chi troviamo come custode ? Ancora lui, un bellissimo rinoceronte in vetroresina rosso all'entrata dei padiglioni...
Rinoceronte rosso Ma non solo arte figurativa: basta citare la letteratura e il Teatro, e ritorna in auge un artista molto controverso. Il suo nome evoca immagini ben definite: Eugène Ionesco. Nato a Slatina, in Romania, passò la sua infanzia in Francia e dopo un periodo a Bucarest, ritornò definitivamente a Parigi poco prima della guerra. Nel 1958 scrisse
Il Rinoceronte, l'opera più significativa della sua vita che gli diede fama e riconoscimenti nel cosidetto Teatro dell'Assurdo. Tutto cominciò così: era una luminosa domenica mattina quando qualcuno vide passare per le strade della città un rinoceronte in carica. Al momento nessuno prestò particolare attenzione alla cosa. Poco dopo, però, iniziano a succedere cose molto strane. Una sorta di epidemia che colpisce progressivamente tutti gli abitanti: tutti si stanno trasformando in rinoceronte! Il protagonista assiste impotente alla metamorfosi dei suoi colleghi di lavoro, del suo principale, come del suo miglior amico. A questo punto si rende conto che dovrà lottare contro una massa di rinoceronti. Vuole parlando d'amore salvare i suoi concittadini da questa epidemia. Rimane il solo superstite. Cosa fare? Egli esita per un attimo chiedendosi se non dovrebbe seguirli. Ma lui ha deciso di resistere, rimarrà un uomo, l'ultimo degli uomini ! La figura del rinoceronte sta proprio a rappresentare la barbarità nascosta degli esseri umani e l'assurdità dell'universo: un'immagine brutale e violenta che serve per dare un'immediata percezione del caos, del non senso. Ionesco sottolinea spesso l'elemento materiale della distruzione degli oggetti e delle persone, che vengono schiacciati e travolti dal passaggio dei rinoceronti. Tema questo d'attualità estrema, a distanza di cinquan'anni nulla è cambiato. Riusciremo anche noi a resistere o cadremo tutti nel vortice dell'assurdità? Pare ancora di sentirli in lontananza quegli zoccoli, il rumore terrificante di una mandria di rinoceronti per le strade d'oggigiorno...
Il vate galante