Nuova Discussione
Rispondi
 

MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
31/05/2012 08:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Luca 1, 39-56

Dopo l'annunciazione dell'angelo, Maria si mette in cammino verso la montagna, con sollecitudine. Per Gesù è il primo viaggio missionario compiuto per mezzo della madre, che anticipa l'azione evangelizzatrice della comunità cristiana. Prende qui l'avvio il grande andare, che riempie tutto il vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli. La parola di Dio va dal cielo alla terra, da Nazaret a Gerusalemme, da Gerusalemme in Giudea e fino ai confini della terra; va senza esitazioni, sempre in fretta.

Nel saluto di Maria, che porta Gesù nel grembo, Elisabetta e Giovanni incontrano il Salvatore. L'arrivo di Maria in casa di Elisabetta suscita grande sorpresa e Elisabetta esprime la propria meraviglia con le parole pronunciate da Davide al sopraggiungere dell'Arca dell'Alleanza: "Come potrà venire da me l'arca del Signore?" (2Sam 6,9).

Nella casa di Zaccaria si realizza ciò che avverrà a Gerusalemme dopo la risurrezione del Signore. "Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" (At 2,17-21; Gl 3,1-5). La storia dell'infanzia della Chiesa sarà la ripetizione e la continuazione dell'infanzia di Gesù.

Elisabetta, "piena di Spirito Santo" (v.41), conosce il segreto di Maria, e la proclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (v.42). Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr Ef 1,3).

Maria viene considerata come l'arca dell'Alleanza del Nuovo Testamento: nel suo grembo porta il Santo, la rivelazione di Dio, la fonte di ogni benedizione, la causa prima della gioia della salvezza, il centro del nuovo culto.

Il saluto di Maria provoca l'esultanza di Giovanni Battista. Il tempo della salvezza è il tempo della gioia.

Il cantico di lode di Elisabetta finisce con le parole che esaltano Maria: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (v.45). Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà l'espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28).

Con un atto di fede comincia la storia della salvezza d'Israele; Abramo parte per un paese sconosciuto con la moglie sterile, solo, perché Dio lo chiama e gli promette una discendenza benedetta (Gen 12). Con un atto di fede comincia la storia della salvezza del mondo; Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio.

La prima beatitudine del vangelo di Luca è l'esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l'ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio.

Questo cantico è molto vicino a quello che intonerà Gesù quando, esultando nello Spirito Santo, scoprirà che la benevolenza del Padre si rivela ai piccoli (Lc 10,21-22). Maria esalta l'opera di salvezza che Dio sta realizzando tra gli uomini.

Questo inno si sviluppa come un mosaico di citazioni e di allusioni bibliche, che trova un parallelo nel cantico di Anna (1Sam 2,1-10), considerato generalmente come la sua fonte principale sia dal punto di vista della situazione che della tematica e della formulazione. Qualche esegeta suggerisce di leggere questo cantico di Maria sullo sfondo della grande liberazione dell'Esodo e in particolare del celebre Cantico del mare (Es 15,1-18.21).

Maria canta la grandezza di Dio. Riconosce che Dio è Dio. La conseguenza della scoperta di Dio grande nell'amore è l'esultanza dello spirito. La scoperta dell'amore immenso di Dio per noi vince la paura. Chi conosce il vero Dio, gioisce della sua stessa gioia.

Il motivo del dono di Dio a Maria non è il suo merito, ma il suo demerito, la sua umiltà (da humus=terra, parola da cui deriva anche "uomo"). Maria è il nulla assoluto, che solo è in grado di ricevere il Tutto.

Dio è amore. L'amore è dono. Il dono è tale solo nella misura in cui non è meritato. Dio quindi è accolto in noi come amore e dono solo nella misura della coscienza del nostro demerito, della nostra lontananza, della nostra piccolezza e umiltà oggettive. Maria è il primo essere umano che riconosce il proprio nulla e la propria distanza infinita da Dio in modo pieno e assoluto. Il merito fondamentale di Maria è la coscienza del proprio demerito: ella riconosce la propria infinita nullità.

Per questo, giustamente, la Chiesa proclama Maria esentata dal peccato originale, che consiste nella menzogna antica che impedisce all'uomo questa umiltà fiduciosa, che dovrebbe essere tipica della creatura (cfr Sal 131).

L'umiltà di Maria non è quella virtù che porta ad abbassarsi. La sua non è virtù, ma la verità essenziale di ogni creatura, che lei riconosce e accetta: il proprio nulla, il proprio essere terra-terra. Tutte le generazioni gioiranno con lei della sua stessa gioia di Dio, perché in lei l'abisso di tutta l'umanità è stato colmato di luce e si è rivelato come capacità di concepire Dio, il Dono dei doni.

Dio è amore onnipotente. Lo ha mostrato donando totalmente se stesso. Il suo nome (la sua persona) è conosciuto e glorificato tra gli uomini perché Dio stesso santifica il suo nome rivelandosi e donandosi al povero.

Maria sintetizza in una sola parola tutti gli attributi di colui che ha già chiamato Signore, Dio, Salvatore, Potente, Santo: il nome di Dio è Misericordia. Dio è amore che non può non amare. E' misericordia che non può non sentire tenerezza verso la miseria delle sue creature. San Clemente di Alessandria afferma che "per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza che ha per noi lo fa diventare Madre. Amando, il Padre diventa femminile" (Dal Quis dives salvetur, 37,2).

Maria descrive la storia biblica della salvezza in sette azioni di Dio. La descrizione con i verbi al passato significa quello che Dio ha già fatto nell'Antico Testamento, ma anche quello che ha compiuto nel Nuovo, perché il Cantico, composto dalla comunità cristiana, canta l'operato di Dio alla luce della risurrezione di Cristo già avvenuta.

A proposito di questa rivoluzione operata da Dio, che rovescia i potenti dai troni e manda a mani vuote i ricchi, notiamo che anche questa è un'opera grandiosa e commovente della misericordia di Dio: quando il potente cade nella polvere e il sazio prova l'indigenza, essi sono posti nella condizione per essere rialzati e saziati da Dio. Nell'esperienza del vuoto e nel crollo degli idoli, l'uomo si trova nella condizione migliore per cercare Dio.

In Maria è presente Dio fatto uomo. In lui si realizzano le promesse di Dio. E' per la fede in Cristo che si è discendenza di Abramo (Lc 3, 8). Il compimento della promessa fatta da Dio ad Abramo è definitivo: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gen 12,3).
OFFLINE
01/06/2012 06:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Il fico sterile e i venditori nel tempio

Due episodi si susseguono e s'intrecciano nel brano evangelico di Marco. Ci sorprende la maledizione che Gesù commina ad un albero di fico senza frutti, ma ci fa ricordare il brano dell'Apocalisse: «Tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca». È il rifiuto dell'indolenza e dell'apatia. È la condanna per chi non usa i talenti ricevuti per farli fruttificare; per tutti coloro che restano per colpa allo stato servile e di paura e non fanno mai scattare la molla dell'amore. È poi normale che ciò che è maledetto dal Signore diventi secco, arido. Ci ricorda l'altra parabola della vite e i tralci: anche lì il tralcio che non porta frutto deve essere tagliato e gettato nel fuoco. Gesù approfitta dello stupore degli apostoli che costatano la sorte del fico maledetto per dare loro e a noi una fervida esortazione sulla preghiera e sulla fede che deve accompagnarla: «Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».
L'altro episodio riguarda i venditori del tempio, coloro che hanno fatto della casa del Signore da un luogo di preghiera, una spelonca di ladri. Gesù, preso da santo zelo, si erge a difensore del vero culto da rendere a Dio; egli vuole recuperare la santità del tempio, dove il Padre ha posto la sua dimora tra gli uomini. Vuole liberare la sua chiesa sin dal suo nascere dalla tentazione della simonia. Mercanteggiare le cose di Dio è un gravissimo peccato perché significa svilirne i valori incommensurabili e vendere ciò che non ci appartiene, ma viene dato come dono nell'assoluta gratuità. Il gesto è poi sacrilego perché si consuma all'interno della Casa del Signore, dove è più viva la sua divina presenza. C'è poi un richiamo indiretto all'uso e abuso del denaro, che spesso tiranneggia noi mortali facendoci credere che abbia un potere che in realtà non possiede.
OFFLINE
02/06/2012 08:45
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?

Gesù ha purificato il tempio. Il suo è stato un gesto altamente profetico. Sulla santità del tempio sempre gli antichi profeti hanno parlato, minacciando anche la sua distruzione. Il tempio era per Israele. Non era Israele per il tempio.

Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: «Férmati alla porta del tempio del Signore e là pronuncia questo discorso: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che varcate queste porte per prostrarvi al Signore. Così dice il Signore degli eserciti, Dio d'Israele: Rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni, e io vi farò abitare in questo luogo. Non confidate in parole menzognere ripetendo: "Questo è il tempio del Signore, il tempio del Signore, il tempio del Signore!". Se davvero renderete buone la vostra condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimerete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, io vi farò abitare in questo luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre. Ma voi confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: "Siamo salvi!", e poi continuate a compiere tutti questi abomini. Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome? Anch'io però vedo tutto questo! Oracolo del Signore. Andate, dunque, nella mia dimora di Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità d'Israele, mio popolo. Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni - oracolo del Signore - e, quando vi ho parlato con premura e insistenza, non mi avete ascoltato e quando vi ho chiamato non mi avete risposto, io tratterò questo tempio sul quale è invocato il mio nome e in cui confidate, e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo. Vi scaccerò dalla mia presenza, come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la discendenza di Èfraim. (Ger 7,1-15).

La falsità della vita attesterà sempre la falsità del culto. Un culto falso dichiara falsa tutta la nostra vita. Il culto a questo serve: condurre un uomo nella sua perfetta verità. Messaggeri della purissima verità di Dio, dalla quale è la verità dell'uomo, sono i profeti. Cristo non solo è il Messaggero della divina verità. È Lui stesso la verità. Oggi i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani gli chiedono con quale autorità Lui si presenta dinanzi al popolo dei Giudei come restauratore della verità di Dio e dell'uomo. In questo preciso momento storico non può proclamare ancora la sua vera essenza. Non può neanche negarla o dire una falsità sulla sua persona. Lo Spirito Santo, che è perennemente sopra di Lui, lo illumina perché non sia data alcuna risposta.

La saggezza divina sempre deve venire incontro agli uomini di Dio. Essa è infinitamente superiore ad ogni saggezza e scaltrezza, astuzia e furbizia umana. Illuminato dallo Spirito del Signore Gesù pone una domanda. I suoi interlocutori sono nel panico. Non possono dargli alcuna risposta. Ogni parola da loro proferita li avrebbe messi in grave difficoltà. Così dicono a Gesù di non essere capaci di dare una risposta. Loro si pongono in una fortissima contraddizione. Dicono di non sapere se Giovanni veniva da Dio o da se stesso, se dal cielo e dagli uomini. Una persona dal sano discernimento, non può avere una valutazione di ignoranza e di scienza allo stesso tempo. Se non lo sanno per rapporto a Giovanni, neanche per rapporto a Cristo Gesù dovrebbero saperlo. Attestano di essere incapaci di discernere e poi uccidono Gesù per discernimento. La stoltezza oltre ogni misura è vera cattiveria e malvagità.


Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi per il nostro Dio.
OFFLINE
03/06/2012 09:17
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ileana Mortari - rito romano
Battezzate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

La terza lettura di oggi è costituita dagli ultimi versetti del Vangelo di Matteo, che concludono la missione terrena di Gesù con le sue stesse parole: "Mi è stato dato ogni potere??..io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (vv.18-20).

Il Nazareno affida agli apostoli il mandato di predicare a tutte le nazioni, insegnando loro quello che egli ha detto e "battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (v.19). Troviamo in quest'ultima espressione una sorta di "carta d'identità" del credente, che entra a far parte della comunità cristiana grazie al battesimo, amministrato nel nome (si noti: al singolare!) del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: abbiamo qui tre denominazioni, ma un solo nome.

Ci troviamo infatti di fronte al principale mistero del cristianesimo, quello che, insieme all'Eucarestia, lo distingue da tutte le altre religioni, quello che Dio ha rivelato nella fase conclusiva della storia della salvezza, attraverso suo figlio Gesù, quello che celebriamo appunto nell'odierna festività, con cui nella liturgia ricomincia il Tempo Ordinario: il mistero della SS.Trinità.

Nella Scrittura noi troviamo per la prima volta la rivelazione di tale mistero nel momento del Battesimo del Signore: "Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse:" (Matteo 3,16-17)

Poi Gesù stesso parla più volte, chiaramente e distintamente, del Padre, del Figlio e dello Spirito: chiama il Padre Dio (cfr. Matteo 6,32-33), dice di se stesso di essere il figlio di Dio (cfr. Matteo 11,27 e Giov.17,1) e per continuare e completare la sua opera, promette agli apostoli il suo Spirito, avvocato della sua causa e sostegno della sua comunità (cfr. Giov.16,7-15)

In particolare nel Vangelo di Giovanni troviamo molti riferimenti al mistero trinitario: nei "discorsi di addio" (capp.13-17) Gesù fa risaltare sia l'unità delle tre persone (es. "Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" - Giov.15,15) che la loro differenza (es. "Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera" - Giov.16,13).

Infine, nella 1° Lettera di Giovanni cap.5, vv.7-8, (ma solo nella versione volgata di S.Gerolamo), leggiamo: "Tre sono quelli che rendono testimonianza, il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e questi tre sono uno"

E' da notare però che la parola "Trinità" non compare mai nel Nuovo Testamento; essa viene coniata solo alla fine del II° secolo d.Cr., per esprimere il mistero del Dio Uno e Trino ad un tempo, una verità di fede già presente e accettata senza problemi nelle comunità cristiane delle origini (come riscontriamo dai passi citati e da numerosi altri), ma che nei primi secoli della nostra era fu ben presto oggetto di varie controversie.

Si rese così necessaria una definizione del "dogma" (= principio certo e verità inconfutabile) trinitario; e questo avvenne al concilio di Nicea (325 d.Cr.), dove si affermò la consustanzialità del Figlio con il Padre, e a quello di Costantinopoli (381 d.Cr.), dove si definì la divinità dello Spirito Santo.

E davvero nel corso dei secoli lo Spirito Santo ha guidato e guida alla "verità tutta intera", se consideriamo la grande ricchezza di approfondimenti e ulteriori comprensioni che ci ha donato sul grande mistero!

Anzitutto l'evangelista Giovanni (nel 90-100 circa d.Cr.) ha definito Dio come Amore, e proprio l'analogia con questa dimensione tipica della nostra esistenza ci aiuta a penetrare un poco nel dogma.
Che cosa avviene infatti nell'amore? Una unione di cuori e di persone, che nello stesso tempo mantiene la differenza dei due che si amano e che si arricchiscono reciprocamente delle loro differenze.

"Così - dice S.Agostino nel suo monumentale "De Trinitate", punto di arrivo della riflessione patristica occidentale sulla Trinità - se vedi la carità, tu vedi la Trinità. Il Padre è donazione infinita senza riserve; il Figlio è accoglienza attiva; lo Spirito è perfetta unità di colui che dona e di colui che accoglie. Essi sone tre: l'Amante, l'Amato, l'Amore" (siamo nel IV°-V° sec. d.Cr.)

S.Gregorio di Nissa (IV° sec.): "Ogni attività esce dal Padre, procede per il Figlio e si perfeziona nello Spirito Santo".

S.Caterina da Siena (XIV° sec.): "Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce in me la sete di cercarti?.Ho visto che sono tua immagine per quella intelligenza che mi viene donata dalla tua potenza, o Padre eterno, e dalla tua sapienza, che viene dal tuo Unigenito Figlio. Lo Spirito Santo, poi, mi ha dato la volontà con cui posso amarti".

Arrivando al XX° secolo, leggiamo in "Sulla Pentecoste" di Yves Congar, uno dei "padri" del Concilio Vaticano II°:
"La rivelazione ci mostra Dio Padre che crea tutte le cose e si inserisce sempre più profondamente nella sua creazione, e dona sempre più profondamente se stesso, per far partecipare l'uomo alla sua vita?.Ma, quando si tratta di portare agli uomini una rivelazione e una salvezza, il Figlio è inviato e pertanto impegnato personalmente?Poi, quando si tratta di appropriare e rendere interiori negli uomini la rivelazione e la salvezza del Figlio, lo Spirito Santo è inviato e pertanto personalmente impegnato nell'opera di Dio." "Il Padre è come il braccio (forza, origine del movimento); il Figlio è come la mano; lo Spirito Santo è come le dita che modellano in noi l'immagine di Dio".

E in ciascuno di noi, come agirà lo Spirito che guida alla verità tutta intera? Da parte nostra, cerchiamo di farGli posto nel silenzio dello stupore e dell'adorazione di così straordinario mistero!
OFFLINE
04/06/2012 08:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Commento su 2Pt 1,2

Dalla Parola del giorno
Grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro.

Come vivere questa Parola?
Conoscere meglio Gesù Cristo, come ci esorta a fare S. Pietro nella sua seconda lettera, significa approfondire quanto concerne la sua persona e il suo messaggio. Non solo, significa riconoscerlo realmente come Signore, accettare la sua 'signoria' sulla nostra vita, una signoria caratterizzata dall'amore e della misericordia, dalla sovrabbondante giustizia: "la sua potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene per quanto riguarda la vita e la pietà", afferma S. Pietro.
C'è però un modo di accostarsi alla conoscenza di Gesù che è anche dono: "grazia e pace sia concessa...", due atteggiamenti tanto necessari per il nostro cuore nella corsa delle giornate.
La grazia che ci rende capaci di stupore e meraviglia e ci fa sobbalzare il cuore di gratitudine! La pace che rende attenti, semplici e umili, aperti ad accogliere il dono che ci viene fatto, fuori da ogni presunzione e pretesa.
Sostenuti dalla grazia dentro un cuore in pace possiamo penetrare nella dinamica della vita nello Spirito e secondo lo Spirito. Scopriamo allora che tutto ci è stato donato e ci è donato per divenire "partecipi della natura divina". Quale grande dignità e predilezione!

Oggi, nella mia pausa contemplativa, chiedo allo Spirito Santo di aiutarmi ad abbandonare ogni superficialità e presunzione nella mia fede, per arrivare a conoscere e a gioire del fatto che Dio "ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi".
Pregherò con umile amore: Spirito d'Amore liberami dalla "corruzione che è nel mondo a causa della concupiscienza", ossia della brama di possedere e dominare, donami la libertà che è frutto dell'Amore.

La voce di un grande Abate benedettino
Occorre sforzarsi di vivere sempre raccolti; ricondurre la propria anima a Dio e mantenerla; ritornare senza tregua al centro; lavorare e vivere davanti a Lui.
Dom Paul Delatte
OFFLINE
05/06/2012 08:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio

I "guardiani" della Legge non sopportano che Gesù smascheri la loro falsa religiosità e la loro fede fondata sul nulla. È intollerabile per loro che Lui possa insegnare la purezza della volontà di Dio e dichiarare impuro il loro lavoro di formazione nelle cose sante di Dio. Sono due mondi inconciliabili: l'uno non può esistere con l'altro. Loro temono che Gesù stia per cancellarli.
Questa verità così la esprime Caifa nel Sinedrio, quando egli stesso orienta verso la decisione che Cristo Gesù debba essere ucciso: "Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa', che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo" (Gv 12,47-53).
Questa decisione è l'atto finale. È una decisione di autorità. Prima invece si voleva trovare un capo d'accusa fondato su una falsa dottrina di Gesù, un insegnamento contro la Legge o contro la tradizione dei padri. Oggi Gesù è provocato perché si pronunci su un argomento assai scottante e cioè sulla relazione da tenere con i Romani occupanti. È giusto o ingiusto pagare i tributi a Cesare? È questa una domanda senza risposta umana, fatta però in modo da esigere una risposta. Leggiamo il testo e capiremo.
Se Gesù non fosse stato perennemente mosso dallo Spirito Santo, la sua vita in mezzo a quel mondo religioso sarebbe durata solo pochi giorni. La luce celeste lo avvolge e dalla sapienza divina risponde. La frase: "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio", lungo il corso dei secoli è stata variamente interpretata. Chi vuole la vera, esatta, divina, eterna, unica interpretazione deve mettersi in contemplazione della vita di Cristo Gesù. Da quando Lui è venuto al mondo ha dato a Cesare anche il suo corpo. Lo ha fatto nascendo A Betlemme per editto di Cesare. L'ha fatto morendo sulla croce per sentenza di Cesare.
Di Cesare è il nostro corpo e tutti i beni di questo mondo. Di Dio è la volontà alla luce della quale noi dobbiamo sempre camminare. Di Dio è l'anima che gli appartiene per decreto eterno, perché sua attuale creazione e dono all'uomo. Di Dio è la più alta e sana moralità. Tutte queste cose sono di Dio e a Lui sempre si devono dare. La Passione di Gesù è illuminante al riguardo. Leggendo ognuno saprà come agire, vivere, relazionarsi con Cesare e con Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, tu hai dato a Dio tutto il tuo corpo, il tuo spirito, la tua anima e sei rimasta vergine in eterno. Angeli e Santi, aiutateci a capire.
OFFLINE
06/06/2012 08:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani
Commento Marco 12,18-27

1) Preghiera

O Dio, che nella tua provvidenza
tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,
allontana da noi ogni male
e dona ciò che giova al nostro vero bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 12,18-27
In quel tempo, vennero a Gesù dei sadducei, i quali dicono che non c'è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: "Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. C'erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l'hanno avuta come moglie".
Rispose loro Gesù: "Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore".


3) Riflessione

? Nel vangelo di oggi continua il confronto tra Gesù e le autorità. Dopo i sacerdoti, gli anziani e gli scribi (Mc 12,1-12) e i farisei e gli erodiani (Mc 12,13-17), ora appaiono i sadducei che fanno una domanda sulla risurrezione. Tema polemico, che causava litigi tra sadducei e farisei (Mc 12,18-27; cf. At 23,6-1).
? Nelle comunità cristiane degli anni settanta, epoca in cui Marco scrive il suo vangelo, c'erano alcuni cristiani che, per non essere perseguitati, cercavano di conciliare il progetto di Gesù con il progetto dell'impero romano. Gli altri che resistevano all'impero erano perseguitati, accusati ed interrogati dalle autorità o dai vicini che si sentivano infastiditi dalla loro testimonianza. La descrizione dei conflitti di Gesù con le autorità era un aiuto molto grande per i cristiani, per non lasciarsi manipolare dall'ideologia dell'impero. Nel leggere questi episodi di conflitto di Gesù con le autorità, i cristiani perseguitati si animavano e prendevano coraggio per continuare il cammino.
? Marco 12,18-23. I sadducei. I sadducei erano un'èlite aristocratica di latifondisti e commercianti. Erano conservatori. Non accettavano la fede nella risurrezione. In quel tempo, questa fede cominciava ad essere considerata dai farisei e dalla pietà popolare. Spingeva alla resistenza della gente contro il dominio sia dei romani che dei sacerdoti, degli anziani e dei sadducei stessi. Per i sadducei, il regno messianico era già presente nella situazione di benessere che stavano vivendo. Loro seguivano la cosiddetta "Teologia della Retribuzione" che distorceva la realtà. Secondo questa teologia, Dio retribuisce con ricchezza e benessere coloro che osservano la legge di Dio, e castiga con sofferenza e povertà coloro che praticano il male. Questo fa capire perché i sadducei non volevano cambiamenti. Volevano che la religione permanesse tale e quale era, immutabile come Dio stesso. Per questo non accettavano la fede nella risurrezione e nell'aiuto degli angeli, che sostenevano la lotta di coloro che cercavano mutamenti e liberazione.
? Marco 12,19-23. La domanda dei sadducei. Giungono da Gesù per criticare e ridicolizzare la fede nella risurrezione, raccontano il caso fittizio della donna che si sposò sette volte ed alla fine morì senza avere figli. La cosiddetta legge del levirato obbligava la vedova senza figli a sposarsi con il fratello del defunto marito. Il figlio che sarebbe nato da questo nuovo matrimonio era considerato figlio del defunto marito. E così costui avrebbe avuto una discendenza. Ma nel caso proposto dai sadducei, la donna, malgrado il fatto di aver avuto sette mariti, rimase senza marito. Loro chiedevano a Gesù: "Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l'hanno avuta come moglie!" Era per dire che credere nella risurrezione portava la persona ad accettare l'assurdo.
? Marco 12,24-27: La risposta di Gesù. Gesù risponde duramente: "Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?" Gesù spiega che la condizione delle persone dopo la morte sarà totalmente diversa dalla condizione attuale. Dopo la morte non ci sarà matrimonio, ma tutti saranno come angeli in cielo. I sadducei immaginavano la vita in cielo come la vita qui sulla terra. E Gesù alla fine conclude: "Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore". I discepoli e le discepole sono avvertiti: chi sta dal lato di questi sadducei starà dal lato opposto di Dio!


4) Per un confronto personale

? Qual è oggi il senso della frase: "Dio non è un Dio dei morti, ma dei viventi!"?
? Credo anch'io la stessa cosa nella risurrezione? Cosa significa per me "credo nella risurrezione della carne e nella vita eterna"?


5) Preghiera finale

A te Signore levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.
Come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi. (Sal 122)
OFFLINE
07/06/2012 08:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio
Commento Marco 12,28-34

Dalla Parola del giorno
Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo comandamento è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso.

Come vivere questa Parola?
Gesù sintetizza qui tutta la Legge e i Profeti e individua con chiarezza quella che è sostanzialmente la volontà di Dio per l'uomo di tutti i tempi, dunque anche per noi. Una prima sottolineatura emerge da quanto è detto da un grande pensatore francese: Lacordaire. Egli, proprio a proposito di queste parole dice: "Uno solo è il più profondo bisogno dell'uomo: quello di AMARE. E uno solo è il comandamento di Dio nei suoi confronti: AMA Dio e il prossimo". Un'altra sottolineatura: Gesù non parla di due comandamenti, ma di uno solo. Dice infatti: "Non c'è altro comandamento più importante di questo". In effetti è così: il Signore non coarta la nostra natura con una legge che sia gravosa e contraria alla sua inclinazione di fondo. Amando Dio e il prossimo, siamo chiamati a far morire l'egoismo che è la parte inautentica, la parodia di noi stessi. E inoltre: non si tratta di amare Dio escludendo il prossimo o di amare il prossimo escludendo Dio: il comando è unico. AMARE colui che è l'Amore perché ci consenta di amarci reciprocamente: ce ne dia la forza. Una realtà innesca l'altra, inseparabilmente.

Oggi, nel mio rientro al cuore, ne ascolterò, in una pausa di silenzio, le esigenze ? aspirazioni di fondo. E pregherò:

Aiutami, Signore, a uscire dall'inganno che è esigere di amare invece che impegnarmi, in gratuità, ad amare. O Tu che mi hai amato fino a dare la vita per me, fa' che ti ami sopra ogni cosa e trovi in te la forza, di donarmi amando i fratelli.

La voce di un mistico dei nostri giorni
Il messaggio di Cristo ci chiama a risvegliarci dal sonno, a trovare il nostro vero sé in quel santuario interiore che è il suo tempio, dove Egli ci ama e ci chiama ad amare.
Thomas Merton
OFFLINE
08/06/2012 08:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eremo San Biagio
Commento su Seconda Timoteo 3,16-17

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
2Tm 3,16-17

Come vivere questa Parola?

La Bibbia (o Sacra Scrittura) non è un libro facile in tutte le sue parti. È bene leggerlo con l'aiuto di una guida e di qualche buon commento esegetico che aiuti a distinguere la verità sempre attuale della Parola di Dio da rivestimenti letterari legati all'epoca e all'aspetto antropologico dei destinatari a cui, a suo tempo, si sono rivolti i vari autori in un lunghissimo arco di storia.

Precisato questo, resta il fatto inconfutabile che la Sacra Scrittura è veramente Parola del Signore. Chi scrive, pur con le sue particolarità di carattere, di esperienze umane e di stile è pur sempre "portavoce di Dio", ispirato da lui. Proprio perché sostanzialmente è Lui e non un uomo a rivolgersi a chi legge, la Parola insegna, convince, corregge ed educa nella giustizia. Sì, fa tutto questo contemporaneamente.

Un'altra cosa è necessaria: il cuore deve essere aperto alla fede. Bisogna leggere con gli occhi del cuore illuminati dallo Spirito Santo e dunque con volontà docile a mettere in pratica ciò che la Parola dice. Diversamente la Bibbia resta un libro chiuso. Tutt'al più serve per rendere eruditi, non per imparare a vivere con saggezza.

Oggi, nel mio rientro al cuore, mi spalanco allo Spirito perché renda vivo in me lo stupore e il grazie per il dono della Parola.

Spirito di luce e d'amore aprimi oggi e sempre alla Parola di Dio. Fa' che io l'accolga con venerazione e mi lasci da essa istruire, convincere e anche correggere.

Le parole di un vescovo martire

La Parola resta. E questa è la grande consolazione di chi predica. La mia voce scomparirà, ma la Parola che è Cristo resterà nei cuori di quanti lo avranno voluto accogliere. Fratelli, custodite questo tesoro. Non è la mia povera parola a seminare speranza e fede; è che io non sono altro che l'umile risuonare di Dio in questo popolo.
Oscar Romero
OFFLINE
09/06/2012 06:26
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, che nella tua provvidenza
tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,
allontana da noi ogni male
e dona ciò che giova al nostro vero bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 12,38-44
In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: "Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave".
E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: "In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere".


3) Riflessione

? Nel vangelo di oggi stiamo giungendo alla fine del lungo insegnamento di Gesù ai discepoli. Dalla prima guarigione del cieco (Mc 8,22-26) fino alla guarigione del cieco Bartimeo a Gerico (10,46-52), i discepoli camminano con Gesù verso Gerusalemme, ricevendo da Lui molte istruzioni sulla passione, morte e risurrezione e le conseguenze per la vita del discepolo. Giunti a Gerusalemme, assistono ai dibattiti di Gesù con i commercianti nel Tempio (Mc 11,15-19), con i sommi sacerdoti e scribi (Mc 11,27 a 12,12), con i farisei, erodiani e sadducei (Mc 12,13-27), con i dottori della legge (Mc 12,28-37). Ora, nel vangelo di oggi, dopo l'ultima critica contro gli scribi (Mc 12,38-40), Gesù istruisce i discepoli. Seduto di fronte al tesoro del Tempio, richiamava la loro attenzione sul gesto della condivisione da parte di una vedova povera. In questo gesto loro devono cercare la manifestazione della volontà di Dio (Mc 12,41-44).
? Marco 12,38-40: La critica dei dottori della Legge. Gesù richiama l'attenzione dei discepoli sul comportamento tracotante ed ipocrita di alcuni dottori della legge. A loro piaceva immensamente girare per le piazze indossando lunghe tuniche, ricevere il saluto della gente, occupare i primi posti nelle sinagoghe ed avere posti d'onore nei banchetti. A loro piaceva entrare nelle case delle vedove e fare lunghe preci in cambio di denaro! E Gesù dice: "Questa gente riceverà una grave condanna!"
? Marco 12,41-42. L'obolo della vedova. Gesù e i suoi discepoli, seduti dinanzi al tesoro del Tempio, osservano che tutti lasciano lì la loro elemosina. I poveri gettano pochi centesimi, i ricchi gettano monete di grande valore. Il tesoro del Tempio riceveva molto denaro. Tutti portavano qualcosa per la manutenzione del culto, per il sostentamento del clero e per la conservazione dell'edificio. Una parte di questo denaro era usata per aiutare i poveri, perché in quel tempo non c'era la previdenza sociale. I poveri dipendevano dalla carità pubblica. E i poveri che avevano bisogno di maggiore aiuto, erano gli orfani e le vedove. Loro non avevano nulla. Dipendevano in tutto dall'aiuto degli altri. Ma pur senza avere nulla, loro si sforzavano di condividere. Così, una vedova molto povera, mette la sua elemosina nel tesoro del Tempio. Appena pochi centesimi!
? Marco 12,43-44. Gesù indica dove si manifesta la volontà di Dio. Cosa vale di più: i dieci centesimi della vedova o i mille dollari dei ricchi? Per i discepoli, i mille dollari dei ricchi erano molto più utili dei dieci centesimi della vedova. Loro pensavano che i problemi della gente potevano risolversi solo con molto denaro. In occasione della moltiplicazione dei pani, avevano detto a Gesù: "Dobbiamo andare noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?" (Mc 6,37) Infatti, per chi pensa così, i dieci centesimi della vedova non servono a nulla. Ma Gesù dice: "Questa vedova che è povera ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri". Gesù ha criteri diversi. Richiama l'attenzione dei suoi discepoli sul gesto della vedova, ed insegna loro dove loro e noi dobbiamo cercare la manifestazione della volontà di Dio: nei poveri e nella condivisione. Molti poveri di oggi fanno lo stesso. La gente dice: "Il povero non lascia morire di fame un altro povero". Ma a volte, nemmeno questo è possibile. La signora Cícera che dalla zona interna di Paraíba, Brasile, andò a vivere nella periferia della capitale, diceva: "All'interno, la gente era povera, ma aveva sempre una cosetta da dividere con il povero che bussava alla porta. Ora che sono nella grande città, quando vedo un povero che bussa alla porta, mi nascondo di vergogna, perché in casa non ho nulla da condividere con lui!" Da un lato, gente ricca che ha tutto, ma che non vuole condividere. Dall'altro: gente povera che non ha quasi nulla, ma che vuole condividere il poco che ha.
? Elemosina, condivisione, ricchezza. La pratica dell'elemosina era molto importante per i giudei. Era considerata una "buona opera", poiché la legge dell'Antico Testamento diceva: "Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comandamento e ti dico: apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese". (Dt 15,11). Le elemosine, depositate nel tesoro del Tempio, sia per il culto, sia per i bisognosi, per gli orfani e per le vedove, erano considerate un'azione gradita a Dio. Dare l'elemosina era un modo di riconoscere che tutti i beni appartengono a Dio e che noi siamo semplici amministratori di questi beni, in modo che ci sia vita abbondante per tutti. La pratica della condivisione e della solidarietà è una delle caratteristiche delle prime comunità cristiane: "Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli" (At 4,34-35; 2,44-45). Il denaro della vendita, offerto agli apostoli, non era accumulato, bensì "poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno" (At 4,35b; 2,45). L'entrata di persone più ricche nelle comunità fece entrare nella comunità la mentalità dell'accumulazione e bloccò il movimento di solidarietà e di condivisione. Giacomo avverte queste persone: "E ora voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano. Le vostre ricchezze sono imputridite, e le vostre vesti sono state divorate dalle tarme." (Gc 5,1-3). Per imparare il cammino del Regno, tutti abbiamo bisogno di diventare alunni di quella vedova povera, che condivise tutto ciò che aveva, il necessario per vivere (Mc 12,41-44).


4) Per un confronto personale

? Come mai i due spiccioli della vedova possono valere più dei mille dollari dei ricchi? Guarda bene il testo e dì perché Gesù elogia la vedova povera. Quale messaggio racchiude oggi per noi questo testo?
? Quali difficoltà e quali gioie hai incontrato nella tua vita nel praticare la solidarietà e la condivisione con gli altri?


5) Preghiera finale

Della tua lode, Signore, è piena la mia bocca,
della tua gloria, tutto il giorno.
Non mi respingere nel tempo della vecchiaia,
non abbandonarmi quando declinano le mie forze. (Sal 70)
OFFLINE
10/06/2012 08:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Marco Pedron
Un dono di amore per tutti

Oggi la chiesa celebra la festa del Corpo e Sangue di Cristo. E cos'è il Corpo e Sangue di Cristo? Per noi tutti è l'eucarestia e infatti il vangelo di oggi è l'istituzione dell'eucarestia secondo Mc. La festa nasce dal miracolo di Bolsena a cui dobbiamo il duomo di Orvieto. Un sacerdote dubita della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino. Durante una messa, quando spezza il pane, un po' di sangue scorre dalla piccola ostia. Dal 1264 questa festa viene estesa a tutta la chiesa.
Ma nel primo millennio il Corpo del Signore non era l'eucarestia bensì l'assemblea: gli uomini e le donne. Il retaggio di questo c'è rimasto quando nelle grandi feste incensiamo l'assemblea. Si incensa Dio presente nel vangelo, nel pane consacrato e nell'assemblea, nelle persone. Questo era il "verum corpus" di Cristo, mentre l'eucarestia era detta il "corpus mysticum". Nei secoli le cose si sono poi scambiate.

Per capire dobbiamo tornare indietro e così cogliere il senso originario. Cosa succede all'inizio? Gesù celebra, come tutti gli ebrei, ogni anno, la cena pasquale con i suoi amici: ma una di queste è l'ultima perché Gesù poi verrà ucciso (vangelo di oggi). Allora quell'ultima cena pasquale non è più solo una fra le tante, ma l'Ultima Cena. Ha, cioè, un significato forte, è un simbolo di unità e continuità: quell'ultima cena pasquale diventa il segno per vivere e far rivivere Gesù, la sua vita e il suo messaggio.
Infatti nel I secolo, appena dopo la morte di Gesù, l'eucarestia non era come avviene oggi (1 Cor 11,20-22). Era una condivisione di cibo reale e non di un prete presso un altare con pane e vino. Era un'agape, un pasto comune, dove ciascuno portava qualcosa (chi più aveva più portava) e dove mangiando e stando insieme si ricordava la cena del Signore. Solamente con il passare degli anni il pasto comune si ritualizzò fino a diventare l'eucarestia di oggi.

All'inizio, inoltre, vi erano due tradizioni presenti entrambe nei vangeli. Quella che poi predominò del pane e del vino (Mc 14,12-16. 22-26), di cui noi facciamo memoria in ogni eucarestia, e quella del pane con il pesce (cfr. moltiplicazione dei pani: Mc 6,30-44; 8,1-10 e Gesù sulle rive del lago di Tiberiade Gv 21,1-19).
Nella tradizione pane e pesce la cosa più evidente è l'eccedenza: si avanza sette o dodici ceste piene di pane e di pesce. Insomma: ce n'è per tutti e a sufficienza, se si condivide. Infatti il senso profondo del miracolo della moltiplicazione dei pani è proprio questo: più condividi e più il cibo o le risorse si moltiplicano.
Cosa succede quando si fanno queste cene dove ognuno porta qualcosa? C'è chi porta una torta salata, chi un dolce, chi un po' di pane e salame, chi un po' di pizza, chi il vino e chi l'acqua, chi il formaggio o la macedonia: ma se ne avanza sempre e tutti mangiano un sacco di cose.
Cosa succede quando c'è da fare un camposcuola? All'inizio tutto sembra impossibile! "Ma non abbiamo le forze! Ma cento ragazzi sono troppi! E chi li seguirà?". Allora le persone sono prese dallo sconforto. Ma basta iniziare a dire: "Tu cosa puoi dare?". "Due giorni". "Bene, prendiamo i tuoi due giorni!". "E tu?", si chiede ad un altro: "Tre giorni". "Ottimo prendiamo i tuoi tre giorni". E se ognuno dà quello che può la cosa riesce sempre.
Cosa succede quando c'è da fare un lavoro in parrocchia: "Trecentomila euro?!". La gente si spaventa. "Tu cosa puoi dare?" "Dieci euro al mese!". "Bene!". "E tu?". "Io quindici al mese!". "Ottimo!". "Ma non finiremo mai di pagarlo?". "Tu non ti preoccupare; se tutti danno qualcosa finiremo anche prima del previsto".
Cosa succede quando c'è un problema. Se ci si mette insieme, se ognuno dà quello che può, la cosa si fa. Alcune famiglie avevano il problema della scuola materna per i loro figli. Il costo era troppo elevato: così hanno condiviso quello che avevano. Uno aveva una grande taverna; due mamme che non lavoravano sono diventate le maestre; gli altri davano un contributo (così anche le mamme avevano la loro paga), ecc. Adesso hanno anche bambini di altre famiglie.
Cosa succede quando si condivide ciò che si ha nel cuore? Che l'amore si moltiplica! Il miracolo succede ogni volta: a persone che magari neppure si conoscono, le si invita e si propone loro di parlare di sé, dei propri bisogni profondi, della proprie paure, delle proprie ferite in amore, dei propri disagi, di ciò che le appassiona o che le fa vibrare o dei loro sogni. All'inizio è un po' difficile ma poi si aprono. Si accorgono che ciò che è più personale è universale (tutti più o meno abbiamo gli stessi problemi, le stesse paure e situazioni simili!) e condividendo si sentono unite, si sentono vicine; l'empatia fra di loro cresce e un sentimento d'amore si sviluppa fra di loro. Dopo l'incontro persone estranee sono diventate vicine. Questa è la legge incredibile per la mente ma reale per il cuore: più si condivide e più ce n'è.

Sentiamo dire in giro che sulla terra siamo in troppi. Ma non è vero perché la produzione degli alimenti attuale può sfamare non solo sei miliardi di persone (quelli che siamo) ma venti miliardi di persone.
Il problema è che il 20% dell'umanità dispone dell'80% delle risorse. Ai ragazzi faccio questo esempio: "Facciamo finta, a mo' di esempio, che un panino sia sufficiente per vivere (un bel panino grande!). Bene. Due di voi ne hanno quattro. Cosa succede?". E loro rispondono: "Che si mangiano il loro panino e che gli altri sei li buttano via perché non sanno che farsene". "Giusto!". "E gli altri otto?". Allora rispondo: "Succede che due mangiano e vivono e gli altri sei non hanno nessun panino e muoiono". "Perfetto! È proprio così!". Non siamo in troppi ma troppo ingordi!
Nel 1996 il vertice mondiale sull'alimentazione si proponeva di sradicare la fame dal pianeta per il 2015. Ma già due anni dopo la FAO doveva dichiarare irraggiungibile questo obiettivo. Nel 2008 i senza cibo sono saliti a 963 milioni, 40 milioni in più rispetto al 2007 e 115 milioni in più rispetto al 2003-2005. Ogni giorno muoiono 20.000 persone per denutrizione e 6.000 di sete: chi lo sa?
L'11 settembre 2001 quando i terroristi fecero schiantare due aerei contro le Torri Gemelle di New York morirono 3.000 persone. La cosa, giustamente, paralizzò l'umanità. Eppure in quello stesso giorno morirono esattamente 16.400 bambini, sotto i cinque anni, per fame e denutrizione. In quell'anno i morti furono dodici milioni. Nessuno però rimase esterrefatto.
Più si condivide e più ce n'è. Ma meno si condivide e più si muore. Se vuoi vivere, condividi: è la logica dell'amore, più dai e più ne hai. Se vuoi morire, tieniti tutto e sii geloso di ciò che hai: è la logica della morte, mi tengo tutto per non perderlo e invece lo perderò tutto.
Ogni volta che vengo all'eucarestia vi è un unico pane: ce n'è per tutti, per me e per te. Ogni volta che vengo all'eucarestia devo imparare che tutti hanno il mio medesimo diritto al pane. L'eucarestia mi insegna che devo condividere e allora è festa per tutti.
Noi escludiamo dall'eucarestia chi ha separazioni nel matrimonio, ma in realtà dovremo escludere chi non vuol condividere perché l'eucarestia è essenzialmente condivisione: un unico pane (Dio) che è per tutti.

Ma la tradizione pane e pesce non solo era importante per l'eccedenza, ma anche per il senso di risanamento che aveva l'eucarestia. Se prendiamo il vangelo troviamo che quando il Risorto mangia con gli apostoli c'è un fuoco di brace con del pesce sopra (Gv 21,9). Dov'è che troviamo un altro fuoco?
Durante la passione c'è Pietro (Gv 18,18) che si scalda attorno ad un fuoco acceso (perché faceva freddo!) insieme alla guardie che avevano arrestato Gesù. E attorno a quel fuoco gli diranno due volte: "Ma non sei anche tu dei suoi discepoli?". E una terza volta: "Sì, sì, sei proprio tu, quello che ha tagliato l'orecchio ad un mio parente!". Ma Pietro nega con tutte le sue forze (Gv 18,15-18. 25-27).
Se quel primo fuoco allora è il fuoco del tradimento (Pietro rinnega Gesù e lo abbandona al suo destino), il secondo fuoco (quello eucaristico) è il fuoco della guarigione e del perdono. Come se Gesù gli dicesse: "Pietro, va tutto bene. Non parliamone più. Sta' in pace, ti ho perdonato. Pietro, ti amo lo stesso". E, infatti, per tre volte, subito dopo, gli chiederà: "Pietro mi ami?" (Gv 21,15-19). Tre volte lo aveva rinnegato e tre volte professerà il suo amore: attorno al fuoco eucaristico Pietro torna ad amare il Signore, si perdona il proprio tradimento (dopo averlo ammesso) e la propria colpa.
E' un vero peccato che la tradizione pane e pesce si sia persa. Perché quel fuoco è un fuoco di riconciliazione, di guarigione, di risanamento, un fuoco per lasciar andare i propri errori, per poter ripartire. Pietro aveva fatto un errore enorme. Aveva giurato che sarebbe sempre stato vicino al suo maestro (Gv 13,36-38; Mc 14,29); gli aveva promesso fedeltà eterna e invece, alla prima difficoltà, ha rinnegato la sua promessa.
Allora: anch'io vengo al fuoco dell'eucarestia e ho bisogno di quel fuoco guaritore e purificatore per i miei tradimenti.
Prometto fedeltà a me ma poi mi tradisco. So che mi fa bene non lavorare troppo e stare di più con i miei figli. So che c'è bisogno di intimità, di gioco, di comunicazione e di parlarsi con mia moglie. Me lo prometto ma poi non lo faccio.
So di vergognarmi dei piccoli sotterfugi che faccio per produrre di più o per evadere un po' il fisco o per superare la concorrenza. Mi giustifico: "Lo fanno tutti", ma so che è ingiusto. Mi dico: "Questa è l'ultima volta"? ma sono tante le ultime volte.
Vorrei essere un uomo vero, piantato come un albero che non si sposta dai propri ideali e non piegarmi alla paura del giudizio, del restare da solo; vorrei avere il coraggio di seguire il mio cuore e ciò che so che dovrei essere e fare, ma poi a volte mi tradisco.
Vorrei essere in grado di dire le cose per quello che sono e, invece, per il quieto vivere, perché non sono problemi miei, perché non mi toccano, per paura della reazione, non dico niente.
Allora mi guardo allo specchio e so di tradirmi, so di non essere fedele a me stesso. Allora ho bisogno di quel fuoco guaritore per perdonarmi e per ripartire. Ho bisogno di quel fuoco dove Gesù mi dice: "Sì è vero mi hai tradito, ma so che mi ami, anche se a volte non riesci a farlo. Lasciamo stare, dai, ripartiamo!".

Prometto fedeltà al mio compagno (compagno, cum-panis: colui con il quale si condivide il pane!). A volte non lo vorrei proprio, sogno e fantastico di avere altre persone con me e affianco a me. Non gli sono infedele con il corpo ma con il cuore sì.
C'è una donna che quando "fa l'amore" con il suo compagno pensa sempre ad altri, solo così riesce a farlo. C'è un uomo che ha rapporti sia con la moglie che con l'amante. C'è una donna che sta insieme a suo marito perché "nessuno più la vuole" (dice lei), ma se potesse lo lascerebbe subito. Un'altra che, pur stando insieme, nel cuore si è già separata da quindici anni (e ne ha poco più di quaranta).
Ho promesso fedeltà, ma non l'ho mantenuta. Mi guardo allo specchio e mi faccio schifo. Tutte le mie illusioni cadono, tutte le mie idee "sull'eterno, sul per sempre" si sono infrante.
Allora ho bisogno di quel fuoco per risentirmi degno di vivere anche se sono stato infedele. E attorno a quel fuoco c'è Gesù che come ha perdonato la terribile infedeltà di Pietro può perdonare anche la mia e guarirmi in modo che io possa tornare ad amare di nuovo.

Una delle grandi rivoluzioni di Gesù fu questa sua prassi di condividere il cibo e di mangiare con tutti.
Gesù mangiava con gli esattori delle tasse, i pubblicani e i peccatori (Mt 9,10-13), ma anche con i farisei e gli uomini di legge (Lc 7,36-50; 11,37-54); mangiava con i lebbrosi (Mc 14,3), accolse durante uno di questi pasti donne di cattiva fama (Lc 7,36-37) e si invitava dai peccatori (Lc 19,1-10). Gesù mangiava sempre e con tutti.
Di che cosa è accusato Gesù? Dagli uni e dagli altri, di mangiare sempre e di mangiare troppo, di essere un beone e un mangione; di mangiare quando non si doveva mangiare (di sabato, ad esempio) e di non rispettare le regole religiose (di mangiare senza fare prima le abluzioni).
Ma perché tutti lo accusavano? Perché Gesù apriva la mensa a tutti.
Ecco cosa accadeva al tempo di Gesù. I peccatori erano quelli che non potevano seguire le norme religiose e per questo erano esclusi dalla religione. La maggior parte della gente non poteva che essere peccatrice: se non riusciva neppure a vivere come poteva pagare le decime, digiunare, non lavorare di sabato, evitare di fare certi lavori impuri? Come poteva seguire tutte le norme di purificazione, i codici degli obblighi e delle purità? Questi non potevano proprio partecipare alla mensa nel Regno finale.
Ma Gesù sconvolge il sistema perché ai suoi pranzi invita e va da tutti. Anzi sembra che più fossero peccatori e più Gesù ne fosse attirato ("Misericordia io voglio e non sacrificio: infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" Mt 9,13).
I suoi pranzi non erano per i perfetti, per quelli giusti e santi. No, no, al contrario erano proprio per tutti quelli bisognosi, peccatori, per quelli che tutti rifiutavano e che nessuno amava. La sua missione non era di fondare un'elite di salvati e di uomini "in grazia" ma di fondare un ospedale per tutti i feriti del cuore e della vita, per tutti gli esclusi e i reietti.
L'eucarestia non è un club per soci perfetti, puri e in grazia: è (per Gesù) l'assemblea dei non salvati. Non si capisce come nel corso dei secoli l'eucarestia, il pranzo dei peccatori, sia potuto diventare il pranzo dei puri.

Per chi è l'eucarestia? Per tutti quelli che si sentono sofferenti, bisognosi e vulnerabili. Vengo da Gesù non perché sono in regola o puro ma perché ho bisogno del suo amore.
Gesù mangia con me, anche se io sono come Zaccheo. In amore io rubo: chiedo tanto, pretendo dai miei figli obbedienza e rispetto, e da mia moglie tenerezza e disponibilità, ma non do niente.
Gesù mangia con me, anche se io sono come l'esattore Levi: "Per niente, niente". Ti do solo se tu mi dai. "Perché stai di più con gli altri che con noi? Perché dovremo farlo noi se gli altri non lo fanno? Io faccio tanto quanto gli altri! E tu cosa ci dai?".
Gesù mangia con me, anche se io sono come "la donna facile". Faccio finta di niente ma dentro di me so quali vergogne e quali squallidezze ci sono. Anche Lui le conosce ma lui viene lo stesso.
Gesù mangia con me, anche se io sono un peccatore per la società: gli altri mi rifiutano (magari giustamente), gli altri mi detestano, gli altri mi odiano, ma Lui non mi rifiuta.
Gesù mangia con me, anche se io sono come Giuda, anche se lo tradisco e lo vendo.
Ogni volta allora che io vado all'eucarestia, ci vado con le mie mani sporche e impure. Se non ci fosse Lui, sarei dannato. Ma Lui viene lo stesso e si posa sulle mie mani e sul mio cuore, non perché io lo meriti ma perché io ne ho bisogno. Allora sento che sono ancora degno di vivere; sento che posso ripartire; sento che posso girare pagina; sento che il suo amore è più grande del mio errore; sento che ciò che il mondo non può perdonare Lui lo fa. Per questo l'eucarestia è una festa: è la festa non dei giusti ma degli amati!
Ogni volta che vado all'eucarestia stendo le mie mani e Lui, nonostante tutto viene sulle mie mani: "Guarda che io ti amo lo stesso. Guarda che tu mi sei caro, che tu sei importante per me, che ti accolgo comunque, anche se tu non mi ami, anche se tu mi hai voltato le spalle".
Quand'ero piccolo e m'arrabbiavo con la mamma, magari dicendole di tutto, sapevo che lei mi accoglieva lo stesso. Per lei ero sempre il suo tesoro. Per lei ero sempre il suo amore anche se la deludevo. Gesù è così e molto di più.

Ogni volta che si celebra l'eucarestia il sacerdote dice: "Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue". So che parla di Gesù: Lui in quel pane viene a noi; quel pane è Lui.
Ma quelle parole sono anche le mie parole che dico agli amici, a coloro che amo, al mio compagno o al mondo intero: "Questo è il mio corpo e questo è il mio sangue". E' il mio donarmi al mondo.
Lo sposo dice alla sposa: "Questo è il corpo che tu ami, il corpo che tu incontri, che ti rassicura, che ti tranquillizza, il corpo che lavora, il corpo che si prenderà cura del giardino, dei tuoi figli e anche di te. Prendilo così com'è, mia sposa, con i suoi limiti e le sue difficoltà, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella sofferenza".
E lei dice a lui: "Prendi mio compagno, questo è il mio corpo. Questo è il corpo che tu tocchi, che tu baci, è il corpo dell'amore, è il corpo che ha bisogno di te, che ti sta vicino, che a volte s'arrabbia, è il corpo che tu hai scelto, che tu conosci. E' il corpo che ti darà dei figli, è il corpo della persona con la quale tu hai scelto di condividere la tua vita e anche ogni giorno, oggi, domani, martedì, mercoledì; è il corpo che stirerà, che laverà, che ti preparerà da mangiare, è il corpo di cui dovrai prenderti cura. Prendilo così com'è, compagno mio, con i suoi limiti e le sue difficoltà, con i suoi alti e i suoi bassi".
Lui dice a lei: "Prendi questo è il mio sangue, la passione, l'ardore, la forza, il coraggio, la stabilità. Questo è anche il mio dolore, sofferenza, pianto, fatica: prendi e bevi anche questo accoglilo, accettalo, amalo".
E lei dice a lui: "Prendi questo è il mio sangue, il sangue di ogni mese, la mia vita, il sangue di tuo figlio, la gioia di vivere, di conoscere e la tenerezza. Questo è anche il mio dolore, sofferenza, pianto, fatica: prendi e bevi anche questo, accoglilo, accettalo, amalo".
Madre Teresa: "Mi è difficile pensare che tu possa vedere Dio in un pezzo di pane e non nel volto del tuo fratello". Ma sarà più facile vederlo nel volto di tua moglie, di tuo marito, che in un pezzo di pane.
Allora ogni volta che io sento le parole del vangelo: "Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue" (Mc 14,22.24) so che non è solo il suo donarsi a me ma anche il mio donarmi alla mia compagna e al mondo intero.
Vivere una vita eucaristica non vuol dire andare in chiesa tutti i giorni. Vuol dire vivere facendo della propria vita un dono d'amore: mangia, abbeverati, riposati, curati, al mio corpo e alla mia casa.
Perché se non posso dire a nessuno: "Questo è il mio corpo per te", che vita è? Come si può vivere senza donarsi a qualcosa o a Qualcuno? Se non faccio della mia vita un dono, la mia vita è un dono inutile.
Perché se non posso dire a nessuno: "Questo è il mio sangue per te", la mia fatica, la mia lotta, la mia passione, il mio amore, che vita è? Se non posso donare, esprimere, dare ciò che ho di più profondo, intimo, mio, a che serve?
Il pane è fatto per essere mangiato. Tenuto in cassetto diventa duro e non serve a nessuno. Il vino è fatto per essere bevuto e assaporato. Tenuto in disparte, col tempo diventa aceto, vecchio e non serve a nessuno. La vita è fatta per essere spesa, donata, altrimenti tenuta per sé è inutile. La felicità non è donare ma donarsi: allora si ha chiara e certa la sensazione di essere utili e che la propria vita abbia un senso profondo per sé, per il mondo e per l'universo. La felicità è poter dire: "Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue": mangiatene e bevetene.

Pensiero della settimana

La vita "mi mangia".
Preferisco donarmi.
OFFLINE
11/06/2012 08:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino

Nell'Antico Testamento non si conosce la missione itinerante. Questa fu stabilita da Gesù. Tuttavia i profeti erano mandati da Dio di volta in volta ora in un luogo ora in un altro. Conosciamo però la generosità della gente che veniva in loro soccorso e aiuto, permettendogli così di svolgere bene la missione che il Signore aveva loro affidato. Ad Eliseo una donna facoltosa di Sunem mette a disposizione anche una piccola camera.

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era un'illustre donna, che lo trattenne a mangiare. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Facciamo una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere; così, venendo da noi, vi si potrà ritirare». Un giorno che passò di lì, si ritirò nella stanza superiore e si coricò. Egli disse a Giezi, suo servo: «Chiama questa Sunammita». La chiamò e lei si presentò a lui. Eliseo disse al suo servo: «Dille tu: "Ecco, hai avuto per noi tutta questa premura; che cosa possiamo fare per te? C'è forse bisogno di parlare in tuo favore al re o al comandante dell'esercito?"». Ella rispose: «Io vivo tranquilla con il mio popolo». Eliseo replicò: «Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia». Ella rispose: «No, mio signore, uomo di Dio, non mentire con la tua serva». Ora la donna concepì e partorì un figlio, nel tempo stabilito, in quel periodo dell'anno, come le aveva detto Eliseo. (2Re 4,8-17).

Nel Nuovo Testamento tutto cambia. Nasce la missione itinerante. Non vi è stabilità di luogo per l'Apostolo del Signore. Questi deve recarsi di villaggio in villaggio e di città in città per predicare il Vangelo. In questo suo continuo andare viene affidato da Gesù alla sola provvidenza del Padre. L'apostolo non dovrà portare nulla con sé. Dovrà essere libero da ogni preoccupazione per le cose di questo mondo. È come se lui con Dio avesse fatto un contratto di lavoro. Egli avrebbe lavorato a servizio del Signore e il Signore ogni giorno gli avrebbe dato il salario, non facendogli mai mancare qualcosa.

L'apostolo del Signore dovrà predicare il regno di Dio. Come segno della verità del suo messaggio dovrà guarire gli inferni, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi, scacciare i demòni. Altro segno che lui dovrà dare è la gratuità di ogni prodigio o miracolo da lui compiuto. Questo è un segno della sua verità e tale dovrà rimanere. La gratuità è la verità del missionario di Gesù Signore. Lui non lavora per un vile guadagno umano. Lui è pagato dal Signore, è al suo servizio ed è il Signore che sempre lo ricompenserà, sempre lo aiuterà, sempre gli darà quanto gli serve per continuare a svolgere con santità, giustizia, compassione, misericordia, pietà la missione di salvezza.

Per dare gratuitamente ogni cosa, per vivere in pienezza la povertà evangelica, per essere come gli uccelli dell'aria e i gigli dei campi, è necessaria una fede forte, robusta, solida. Una fede che ti fa superare tutte le difficoltà che la storia sempre ti pone dinanzi. È necessaria la stessa fede richiesta a Mosè dinanzi alla dura roccia dalla quale lui doveva fare sgorgare l'acqua. A volte la storia è più dura e per questo ci necessita una fede più forte, più robusta, più solida. Una fede infallibile. L'apostolo di Gesù è obbligato a possedere una simile fede, dal momento che lui deve rendere credibile il Vangelo.
OFFLINE
12/06/2012 08:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 5,13-16

Gesù paragona i discepoli al sale della terra e alla luce del mondo. Essi portano al mondo la felicità, trasfigurano la vita e danno sapore ad ogni realtà umana; se vengono meno non possono essere sostituiti da nessuno. Essi devono essere testimoni trasparenti della luce di Cristo che hanno in sé, perché tutti, dentro e fuori della Chiesa, vedano le loro opere buone e glorifichino il Padre loro che è nei cieli.

Il discorso in seconda persona (voi) collega il testo alla nona beatitudine (vv.11-12) ma anche a tutto il discorso successivo, che solo da 7,21ss ritorna allo stile impersonale e didattico. Con ciò in certo modo si dice che la comunità perseguitata e oltraggiata è particolarmente adatta ad essere il sale della terra e la luce del mondo. Il v.16 però riferisce il sale e la luce alle opere buone di ogni genere.

Il potere del sale è molteplice. Esso condisce, depura, protegge dalla putrefazione. Nell'Antico Testamento lo si usava per il sacrificio. Secondo Lv 2,13 è prescritto che in ogni sacrificio di oblazione si offra il sale. Nel mondo greco il sale simboleggia l'ospitalità. Il significato dei discepoli per il mondo corrisponde a quello del sale per il cibo: sono insostituibili. Ma l'accento non è posto su questo punto, ma sulla possibilità di fallire. Il sale può diventare senza gusto, e allora non c'è più nulla con cui si possa salare.

Se i discepoli falliscono, se mancano al proprio compito, non resta loro che attendere il giudizio che gli uomini pronunciano su di loro. Specialmente in Isaia il giudizio viene presentato come l'essere calpestati (Is 10,6). I cristiani sono il sale della terra se compiono le opere di misericordia sulle quali saranno giudicati (Mt 25,34ss).

Ai discepoli inoltre viene assegnata, senza limiti, la funzione di luce del mondo e di città sul monte. La città sopra il monte simboleggia la forza di attrazione della comunità cristiana. Ai discepoli è affidata la luce perché la facciano risplendere. Occultando la luce, si rendono colpevoli come il servo infingardo che ha nascosto il talento sotto terra (Mt 25,18ss). Far risplendere la luce è la manifestazione della propria fede davanti agli uomini (Mt 10,32-33) e ciò richiede sacrificio. Le direttive del discorso della montagna mirano a far sì che il comportamento degli uomini sia conforme al comportamento di Dio (Mt 5,48).

I cristiani sono sale della terra e luce del mondo quando realizzano una vita buona diversa, delle opere buone diverse da quelle del mondo, che mettano criticamente in questione la vita contraria a Dio nella società e nei singoli.
OFFLINE
13/06/2012 08:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Il compimento della legge

"Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento". San Paolo in una delle sue lettere aggiunge: "compimento della legge è l'amore". Poi, per farci meglio comprendere come sia avvenuto il compimento lo stesso apostolo afferma: "la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito". È evidente l'alternativa: o camminare secondo la carne o lasciarsi guidare dallo Spirito. È la via nuova tracciata da Cristo, che incarnandosi in Maria per opera dello Spirito Santo, ha assunto ed elevato la nostra natura umana, imprimendo in essa il sigillo della divinità. La legge calata nella carnalità dell'uomo era solo causa di peccato e ne definiva l'entità. Ora santificati in Cristo, irrorati dallo Spirito, siamo capaci di comprendere la legge non più come capestro che schiavizza, ma come luce e lampada ai nostri passi. Solo nell'Amore siamo capaci di convincerci che quanto il buon Dio ci comanda è la cosa migliore che si possa pensare per noi. Ecco perché Gesù, pur rinnovando la legge, facendola diventare il comandamento nuovo, asserisce: "In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto". Egli stesso, nella sua persona, nella sua missione, nella sua morte e risurrezione, sarà il compimento della legge. Lo dichiarerà esplicitamente dall'alto della croce, prime di esalare l'ultimo respiro: "Tutto è compiuto". In quel compiuto Egli ha poi inserito tutti noi, la sua Chiesa, sparsa nel mondo, dandoci il mandato di amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra mente e con tutte le nostre forze e il nostro prossimo come noi stessi. Così la legge, che all'inizio era solo causa di morte spirituale, non viene abolita, ma completata nell'amore a Dio e al prossimo e diventa così strumento di santificazione e via di salvezza.
OFFLINE
14/06/2012 08:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

Gesù con scienza e sapienza di Spirito Santo, con arte divina, con somma attenzione rilegge la Legge Antica, quella praticata dagli scribi e dai farisei, e le conferisce il pieno compimento. È questa la giustizia superiore cui ogni uomo deve sottomettersi, se vuole essere figlio del Regno di Dio.
Questa rilettura e questo compimento non li fa però in nome di Dio, non li svolge da Profeta dell'Altissimo, li opera in nome proprio. È Lui che legge, interpreta, compie, definisce. È Lui che si manifesta vero Signore della Legge e dei Profeti. È Lui che si rivela Autore della Nuova Legge, che è il compimento perfetto della Legge antica. Alla sua interpretazione e compimento nulla si dovrà più aggiungere, nulla togliere per l'eternità. Con Cristo Gesù la Legge entra nella sua definitività di perfezione.
Non basta non uccidere per essere a posto dinanzi a Dio e agli uomini. La vita dell'uomo è complessa, molto complessa. È vissuta in una molteplicità di relazioni, di significati, di eventi, di circostanze, si situazioni. Ebbene, ognuno di questi infiniti momenti deve essere vissuto nel rispetto più grande, nella carità più totale, nella giustizia più perfetta, nella grande delicatezza spirituale e morale, nella gentilezza e serenità della mente e del cuore. Anche lo stesso corpo deve partecipare a quest'azione di carità, di amore, di giustizia, di gioia, di pace verso il fratello. Perché questo avvenga anche le parole devono essere ponderate, pesate, devono essere gentili, sante, buone, vere. Una sola parola può uccidere l'uomo nel suo spirito. Una sola frase lo può ammazzare nella sua anima. Un solo gesto lo può ferire mortalmente nel suo cuore e nei suoi sentimenti. Una sola reazione può dare la morte.
Mai un discepolo di Gesù dovrà offendere in qualsiasi modo - parole, opere, omissioni, pensieri - un suo fratello, una sua sorella. Un discepolo di Gesù potrà però venire offeso. Ecco il giusto comportamento, la regola santa della giustizia e della carità, la perfetta misericordia che Gesù gli chiede: deve riconciliarsi con l'offensore prima di presentarsi dinanzi a Dio per fare la sua offerta, offerta di preghiera, offerta di sacrificio, offerta di lode, offerta di ringraziamento. Il discepolo di Gesù deve essere sempre uomo di riconciliazione, di pace, di bontà, di perdono, di misericordia, di grande amore.
Altra cosa che sempre deve fare il discepolo di Gesù è questa: essere persona saggia, accorta, diligente, capace di grande discernimento. Deve sapere in ogni istante qual è il più grande bene per lui e per gli altri e questo bene perseguire ad ogni costo, a costo di ogni rinunzia e sacrificio, a costo anche di perdere tutto ciò che è della terra.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Vergine Sapiente, insegnaci la vera sapienza, la vera obbedienza, la vera carità. Angeli e Santi di Dio, otteneteci la grazia di imitare Cristo Gesù che prima di offrire il suo sacrificio di redenzione al Padre, si riconciliò con i suoi fratelli chiedendo a Dio perdono per loro. Non sapevano quel che facevano.
OFFLINE
15/06/2012 06:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Monaci Benedettini Silvestrini
Il cuore che tanto ci ama

«Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini», così il nostro Redentore si rivelava ad una sua devota ed innamorata, Santa Margherita Maria Alaquoque. Oggi celebriamo quell?amore che è stato riversato nei nostri cuori, che ci ha meritato la salvezza, che ci ha liberati dal male, ci ha riconciliati con il Padre, ci ha fatto riscoprire la fraternità tra noi. Quando gli studiosi hanno esaminato il miracolo eucaristico di Lanciano hanno scoperto che l?ostia diventata carne umana, è una sezione del miocardio; hanno voluto dirci così che Gesù ci dona il suo cuore per stabilire una perfetta comunione con noi. L?evangelista Giovanni, che nell?Ultima cena posò il suo capo sul petto del Signore, ebbe il privilegio di sentirne il pulsare intenso mentre egli stava per celebrare la prima consacrazione e poi iniziare la sua crudelissima passione. Maria di Magdala sentì in lei i salutari effetti di quell?amore, si sentì amata, perdonata e convertita, e con lei una schiera di peccatori, di uomini e donne oppressi dal male fisico e spirituale. Chi di noi non ha sentito con la gioia del perdono l?intensità di quell?amore? Chi dopo una comunione eucaristica non si sentito amato, preso, coinvolto, immerso in quel cuore? La chiesa ha preso coscienza della perennità di quell?amore, legato al memoriale della sua passione, morte e risurrezione, legato alla fedeltà dei suoi, alla santità di tanti e tante, che lo hanno testimoniato con il martirio e con l?eroicità della virtù cristiane. Siamo certi che il cuore di Cristo pulsa ancora nel nostro mondo e non smette di amarci anche quando abbiamo la triste impressione che alte barriere siano state erette tra noi e Lui. Egli è venuto proprio per abbattere il muro di separazione che il peccato aveva innalzato. In quell?amore egli si rivela ai piccoli, da quell?amore siamo guidati verso il vero bene, in quel cuore troviamo conforto quando siamo affaticati ed oppressi, lì troviamo ristoro, lì pregustiamo i primi bagliori della nostra finale risurrezione. È santa energia per noi, è la forza di Dio in noi per portare i nostri pesi, per fare della fatica della nostra vita, l?offerta quotidiana del nostro volontario tributo di gratitudine e di lode a Cristo e in Lui alla Trinità beata. È un cuore aperto e radioso quello che Cristo ancora oggi ci si mostra, è trafitto dal peccato, ma irradia ancora la sua grazia che ci santifica, che ci purifica e ci rende santi. Oggi fissiamo quel cuore umano e divino, ci immergiamo in esso e ci specchiamo in esso per sorbirne lo splendore, per sintonizzarci con quei battiti, per fargli sentire la nostra infinita gratitudine nello sforzo quotidiano di ripeterne le virtù e di imitarne l?intensità.
OFFLINE
16/06/2012 08:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo

Gesù ha una sola volontà da compiere: quella del Padre suo. Anche ogni altro uomo ha una sola volontà da compiere: quella di Dio, del suo Creatore e Signore. Il Salmo così profetizza del Messia di Dio, del suo Cristo, del Redentore dell'uomo:

Beato l'uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli né verso chi segue la menzogna. Quante meraviglie hai fatto, tu, Signore, mio Dio, quanti progetti in nostro favore: nessuno a te si può paragonare! Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea. (Sal 40 (39), 5-11).

Anche nell'eternità il Verbo Eterno vive di obbedienza, di ascolto eterno della voce del Padre. È questo l'amore: dono della propria vita. Il Verbo dona la sua vita al Padre ascoltando ogni suo desiderio. Tutta la redenzione dell'umanità è il desiderio che il Padre comunica al Figlio e che il Figlio accoglie come risposta d'amore per il Padre. Il Verbo si fa carne. Si fa vero uomo. Anche come vero uomo dovette imparare l'obbedienza all'amore sino alla fine. Così la Lettera agli Ebrei.

Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchìsedek. (Eb 5,1-10).

Il Vangelo secondo Luca ci rivela che l'obbedienza di Gesù al Padre è immediata, sollecita, istantanea. Per obbedire al Padre Gesù non chiede il permesso alla Madre sua e neanche la informa. È la Madre che sempre deve seguire il Figlio, non il Figlio la Madre. È la Madre che deve prestare ogni attenzione, sapendo che in ogni istante il Figlio potrebbe essere sottoposto all'obbedienza al Padre suo che è nei cieli.

Quando non vi è alcuna obbedienza diretta da prestare a Dio, Gesù si sottopone in obbedienza indiretta, sottomettendosi in tutto a Maria e a Giuseppe.
OFFLINE
17/06/2012 06:29
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Roberto Rossi
Il Signore fa crescere il bene con la sua potenza

Gesù ci dona oggi due parabole dove in entrambe il protagonista è un seme che, con la sua forza cresce, porta frutto e diventa un grande albero! Potremmo dire che una delle caratteristiche di queste parabole è la sproporzione! Nella prima parabola infatti abbiamo una sproporzione di azioni tra quelle dell'agricoltore, che semina e compie la mietitura, a fronte delle tante azioni che invece il seme compie: germina - cresce - produce lo stelo - produce la spiga - produce il grano! Nella seconda parabola abbiamo invece una sproporzione di misura tra la condizione iniziale del granello di senape (il più piccolo!) che diventa un albero (il più grande!).

Gesù oggi ci incoraggia ad accogliere e continuare a vivere il vangelo nella nostra vita nonostante le nostre debolezze e i nostri scoraggiamenti, a cercare di far fruttificare la verità della sua Parola nella nostra storia. "Così è il regno di Dio, come un uomo che getta il seme sul terreno?". Troppo spesso ci imbattiamo in analisi frustranti e depressive della vita. Vorremmo vedere risultati basati sui nostri parametri di successo, vorremmo vedere frutti immediati e invece ci ritroviamo spesso avvitati su noi stessi in letture della realtà troppo umane? la parabola del seme che cresce spontaneamente ci ricorda invece che il nostro ruolo deve concentrarsi sul "continuare a seminare", continuare ad annunciare il vangelo, la Parola di Dio, aprirsi a continui tentativi ed iniziative ma poi ricordarsi, ed è qui il grande messaggio di fiducia e speranza, che non siamo soli, che la Parola che tentiamo di annunciare non è la nostra e che la buona riuscita dell'annuncio non dipende solo da noi ma soprattutto dalla potenza di Dio: "dorma o vegli l'agricoltore, il seme germoglia e cresce".

Non dobbiamo certamente per questo cadere in atteggiamenti di pigrizia o superficialità ma credere che noi siamo portatori di una Parola e di un messaggio che è Potenza di Dio. E' questa la nostra forza, la forza delle nostre comunità: la Parola che è Potenza di Dio! Ogni volta che non mettiamo al centro l'annuncio di questa Parola nelle nostre comunità rischiamo di annunciare tante cose, anche belle e buone, usare tanti mezzi efficienti ma probabilmente stiamo perdendo il fulcro della nostra missione: l'annuncio del vangelo!

Anche a livello personale il periodo estivo può diventare il momento per fermarsi e riflettere sulla propria vita. La parabola del granello di senape viene in nostro aiuto: basta un piccolo seme per riaprire la nostra vita a grandi cose! Con l'aiuto dalla Parola di Dio e della sua grazia basta un piccolo passo verso il bene e il vero per riaprire la nostra vita a frutti insperati! C'è sempre un tempo per ripartire, per riprendersi, per rialzarsi e questo comincia con l'accogliere e dare spazio in maniera umile alla parola di Dio! Sia il bene che il male cominciano sempre da un seme. Da principio non sono niente che un seme ma poi diventano alberi grandi!

Questa parabola ci mette di fronte alla grande occasione e responsabilità che ci offrono i nostri gesti: ci sono piccoli gesti di bene che dobbiamo continuare a fare con fiducia, continuare a seminare con pazienza e perseveranza sapendo che possono diventare un domani grandi alberi per la nostra vita o per quella degli altri, ma nello stesso tempo dobbiamo anche stare attenti a non lasciare che piccoli semi di male vengano seminati nella nostra vita, nella società, nelle nostre abitudini: all'inizio sembrano insignificanti e gestibili ma poi anche loro possono diventare grandi alberi.
OFFLINE
18/06/2012 08:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

O Dio, fortezza di chi spera in te,
ascolta benigno le nostre invocazioni,
e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo
senza il tuo aiuto,
soccorrici con la tua grazia,
perché fedeli ai tuoi comandamenti
possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 5,38-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: ?Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l?altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da? a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle?.



3) Riflessione

? Il vangelo di oggi fa parte di una piccola unità letteraria che va da Mt 5,17 fino a Mt 5,48, in cui si descrive come passare dall?antica giustizia dei farisei (Mt 5,20) alla nuova giustizia del Regno di Dio (Mt 5,48). Descrive come salire sulla Montagna delle Beatitudini, da dove Gesù annunciò la nuova Legge dell?Amore. Il grande desiderio dei farisei era vivere nella giustizia, essere giusti dinanzi a Dio. E questo è anche il desiderio di tutti noi. Giusto è colui o colei che riesce a vivere dove Dio vuole che viva. I farisei si sforzavano di raggiungere la giustizia mediante la stretta osservanza della Legge. Pensavano che con il loro sforzo potevano arrivare a stare dove Dio li voleva. Gesù prende posizione nei confronti di questa pratica e annuncia la nuova giustizia che deve superare la giustizia dei farisei (Mt 5,20). Nel vangelo di oggi stiamo giungendo quasi alla cima della montagna. Manca poco. La cima è descritta in una frase: ?Siate perfetti come il vostro Padre celestiale è perfetto? (Mt 5,48), che mediteremo nel vangelo di domani. Vediamo da vicino questo ultimo grado che ci manca per giungere alla cima della montagna, di cui San Giovanni della Croce dice: ?Qui regnano il silenzio e l?amore?.
? Matteo 5,38: Occhio per occhio, dente per dente. Gesù cita un testo dell?Antica legge dicendo: "Avete inteso che è stato detto: Occhio per occhio, dente per dente!? Abbreviò il testo, perché il testo intero diceva: ?Vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, colpo per colpo? (Es 21,23-25). Come nei casi precedenti, anche qui Gesù fa una rilettura completamente nuova. Il principio ?occhio per occhio, dente per dente? si trovava alla radice dell?interpretazione che gli scribi facevano della legge. Questo principio deve essere sovvertito, perché perverte e distrugge il rapporto tra le persone e con Dio.
? Matteo 5,39ª: Non restituire il male con il male. Gesù afferma esattamente il contrario: ?Ma io vi dico di non opporvi al malvagio?. Dinanzi a una violenza ricevuta, la nostra reazione naturale è pagare l?altro con la stessa moneta. La vendetta chiede ?occhio per occhio, dente per dente?. Gesù chiede di restituire il male non con il male, ma con il bene. Perché se non sappiamo superare la violenza ricevuta, la spirale di violenza occuperà tutto e non sapremo più cosa fare. Lamech diceva: ?Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette" (Gen 4,24). E fu proprio per questa terribile vendetta che tutto è finito nella confusione della Torre di Babele (Gen 11,1-9). Fedele all?insegnamento di Gesù, Paolo scrive nella lettera ai Romani: ?Non rendete a nessuno male per male; la vostra preoccupazione sia fare il bene a tutti gli uomini. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene" (Rom 12,17-21). Per poter avere questo atteggiamento è necessario avere molta fede nella possibilità di recupero che ha l?essere umano. Come fare questo in pratica? Gesù offre quattro esempi concreti.
? Matteo 5,39b-42: I quattro esempi per superare la spirale di violenza. Gesù dice: ?anzi (a) se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l?altra; (b) e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. (d) E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. (e) Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle?. (Mt 5,40-42). Come capire queste quattro affermazioni? Gesù stesso ci offre un aiuto per aiutarci a capirle. Quando il soldato gli colpì la guancia, lui non gli porse l?altra. Anzi, reagì con energia: "Se ho parlato male, dimostrami dove è il male, ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?? (Gv 18,23). Gesù non insegna ad essere passivi. San Paolo crede che ripagando il male con il bene ?tu ammasserai carboni ardenti sul capo dell?altro? (Rm 12,20). Questa fede nella possibilità di recupero dell?essere umano è possibile solo partendo dalla radice che nasce dalla gratuità totale dell?amore creatore che Dio ci mostra nella vita e negli atteggiamenti di Gesù.


4) Per un confronto personale

? Hai sentito dentro di te qualche volta una rabbia così grande da voler applicare la vendetta ?occhio per occhio, dente per dente?? Cosa hai fatto per superarla?
? La convivenza comunitaria oggi nella Chiesa favorisce in noi l?amore creatore che Gesù suggerisce nel vangelo di oggi?


5) Preghiera finale

Porgi l?orecchio, Signore, alle mie parole:
intendi il mio lamento.
Ascolta la voce del mio grido, o mio re e mio Dio,
perché ti prego, Signore. (Sal 5)
OFFLINE
19/06/2012 07:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano

Il Libro della Sapienza, operando una riflessione che è vera interpretazione, ermeneutica di tutto l'Antico Testamento, ci rivela che dietro ogni azione di Dio nella storia, anche quella che in apparenza sempre di punizione, vi è il suo immenso, divino, infinito amore per l'uomo creato a sua immagine e somiglianza. È l'amore, la carità, la compassione la chiave di comprensione di tutta la storia di Dio con gli uomini.

Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l'avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all'esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita.

Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore. Tu hai odiato gli antichi abitanti della tua terra santa, perché compivano delitti ripugnanti, pratiche di magia e riti sacrileghi. Questi spietati uccisori dei loro figli, divoratori di visceri in banchetti di carne umana e di sangue, iniziati in orgiastici riti, genitori che uccidevano vite indifese, hai voluto distruggere per mezzo dei nostri padri, perché la terra a te più cara di tutte ricevesse una degna colonia di figli di Dio. Ma hai avuto indulgenza anche di costoro, perché sono uomini, mandando loro vespe come avanguardie del tuo esercito, perché li sterminassero a poco a poco. Pur potendo in battaglia dare gli empi nelle mani dei giusti, oppure annientarli all'istante con bestie terribili o con una parola inesorabile, giudicando invece a poco a poco, lasciavi posto al pentimento, sebbene tu non ignorassi che la loro razza era cattiva e la loro malvagità innata, e che la loro mentalità non sarebbe mai cambiata, perché era una stirpe maledetta fin da principio; e non perché avessi timore di qualcuno tu concedevi l'impunità per le cose in cui avevano peccato. Tu, essendo giusto, governi tutto con giustizia. Consideri incompatibile con la tua potenza condannare chi non merita il castigo. La tua forza infatti è il principio della giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti l'insolenza di coloro che pur la conoscono. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Se infatti i nemici dei tuoi figli, pur meritevoli di morte, tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza, concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla loro malvagità, con quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi figli, con i cui padri concludesti, giurando, alleanze di così buone promesse! Mentre dunque correggi noi, tu colpisci i nostri nemici in tanti modi, perché nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati. (Cfr. Sap 11,21-12,27).

Il cristiano, chiamato a realizzare la vita di Cristo nell'oggi del tempo e della storia, sino alla consumazione dei secoli, deve anche Lui scegliere l'amore, la compassione, la carità, il perdono, la stessa preghiera, come segno e manifestazione della sua grande misericordia verso tutti. Nessuno dovrà mai essere escluso dal suo amore.

Non solo il cristiano non deve esclude nessuno dal suo amore, lui è chiamato a fare della sua vita un vero sacrificio di espiazione, un olocausto per la salvezza di ogni suo fratello e in modo particolare per tutti coloro che lo odiano e perseguitano.
OFFLINE
20/06/2012 06:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 6, 1-6.16-18

Il discorso riprende l'enunciato di 5,20; "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli". Il termine giustizia (sedaqah) è usato nella Bibbia per sintetizzare i rapporti dell'uomo con Dio, la pietà, la religiosità, la fede.

I rapporti con Dio, nostro Padre, devono essere improntati alla fiducia, alla confidenza e soprattutto alla sincerità.

L'autentica giustizia non ha come punto di riferimento gli uomini, ma va esercitata davanti al Padre che è nei cieli. Farsi notare dagli uomini è perdere ogni ricompensa presso il Padre.

Matteo sottolinea la vanità di un gesto puramente umano: gli ipocriti, che cercano l'approvazione, hanno già ricevuto la loro ricompensa.

L'ipocrisia consiste nel fatto che un'azione, che ha Dio come destinatario, viene deviata dal suo termine. L'elemosina, la preghiera e il digiuno devono essere fatti per il Padre che vede nel segreto.

Queste azioni fatte "nel segreto" non significano necessariamente azioni segrete: indicano ogni azione, anche pubblica, fatta per il Padre e non per essere visti dagli uomini. E' l'intenzione profonda che conta perché la ricompensa si situa a questo livello: la ricompensa è l'autenticità del rapporto con il Padre.

Il cristiano deve fare l'elemosina in modo da salvaguardare la rettitudine dell'aiuto prestato al fratello per amore del Padre.

La strumentalizzazione della preghiera è la deformazione più inspiegabile della pietà, perché mette a proprio servizio anche ciò che è essenzialmente di Dio.

Gesù nel suo intervento non si propone di modificare il rituale della preghiera giudaica, solo suggerisce un modo più retto di compierla, evitando l'ostentazione, il formalismo, l'ipocrisia. Gli stessi rabbini insegnavano: "Colui che fa della preghiera un dovere, che ritorna a ora fissa, non prega con il cuore".

Il richiamo di Gesù è sulla stessa linea della tradizione profetica e sapienziale e trova conferma nei suoi successivi insegnamenti e più ancora nella sua vita.

Il digiuno è un'altra importante pratica della vecchia e della nuova "giustizia". Esso è un atto penitenziale che completa e aiuta la preghiera.

Gesù, come i profeti, non condanna il digiuno ma il modo nel quale era fatto. Invece di esprimere la propria umiliazione, esso diventava una manifestazione di orgoglio.

Il digiuno cristiano, come l'elemosina e la preghiera, deve essere compiuto di nascosto. Il cristiano non deve fare ostentazione della sua penitenza; deve anzi nasconderla con un atteggiamento gioioso.

Il digiuno, come ogni altra sofferenza, è una fonte di gioia perché ottiene un maggior avvicinamento a Dio. L'invito di Gesù ad assumere un atteggiamento giulivo invece che tetro, sottolinea il significato definitivo della penitenza cristiana: poter soffrire è una grazia (cfr 1Pt 2,19).
OFFLINE
21/06/2012 06:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Voi dunque pregate così

Siamo invitati da Gesù a pregare. Ma cosa è esattamente la preghiera? Prima che richiesta e domanda di qualcosa, essa è verità. È verità dell'uomo ed è verità di Dio. È verità di colui che prega ed è verità di colui che viene invocato. Chi è allora Dio e chi è l'uomo secondo la verità che è insita nella preghiera rivolta al nostro Dio e Signore?
L'uomo è il niente, il povero, il misero, il bisognoso di ogni cosa. Dopo il peccato è anche il falso, il bugiardo, il superbo, l'arrogante, il prepotente, il calpestatore dei diritti dei suoi fratelli e prima ancora del suo Dio. L'uomo è l'invidioso, il concupiscente, l'avaro, l'usuraio, il molestatore, l'egoista, colui che non conosce la via della pace. È un sacco pieno di ogni peccato e trasgressione. L'uomo è lo stolto, l'insipiente, l'ignorante, il cieco, l'avvolto da una fondamentale stupidità. È questa la sua verità umana oggi.
Chi è invece il Signore suo Dio? È Colui che è il tutto, la ricchezza, l'abbondanza, la pienezza di ogni vita. È la verità, la pietà, la misericordia, la compassione, la giustizia, la carità, la vita eterna. Dio è il Signore che dona sempre dignità, eleganza, bellezza, splendore all'uomo da lui fatto a sua immagine e somiglianza.
La preghiera a questo deve giungere: a far sì che l'uomo veda la sua povertà interiore ed esteriore, del corpo e dello spirito, dell'anima e della mente, del tempo e dell'eternità. La veda, la riconosca, la confessi con atto di vera umiltà e chieda al suo Dio e Signore che la trasformi nella sua ricchezza, verità, santità. Se non c'è questo desiderio di trasformazione, di radicale modifica della nostra esistenza povera, misera, meschina, non vi sarà mai vera preghiera. Nella preghiera la nostra falsità si deve trasformare in verità di Dio, la nostra povertà in ricchezza di grazia, la nostra morte in vita eterna, la nostra stoltezza e stupidità in intelligenza e sapienza di Spirito Santo.
È questo il fine della preghiera: chiedere a Dio che la sua santità e bellezza divina brilli più che il sole attraverso la nostra vita, il nostro corpo, ogni nostra azione. Il cristiano in preghiera è un contemplatore della gloria di Dio, si innamora di essa e desidera ardentemente di essere lui, attraverso ogni grazia che discende dal cielo, manifestare e rivelare al mondo lo splendore del suo Signore. Per questo si prega: perché ognuno diventi sole di verità e di santità sulla terra, in mezzo agli altri suoi fratelli.
Tutto opera il Signore in colui che prega. Chi prega una cosa però la deve fare: presentarsi a Dio con il cuore ricco di perdono. Niente nel suo intimo deve essere contro i propri fratelli. Il fratello gli è dato al discepolo di Gesù perché lo ami e lo salvi riversando su di esso tutto il suo amore che è perdono, compassione, misericordia, pietà, consolazione, offerta della propria vita per la sua conversione.
La Vergine Maria, Madre della Redenzione, ci aiuti a conservare sempre puro il nostro cuore. È la via per l'esaudimento della nostra preghiera. Gli Angeli e i Santi di Dio ci insegnino ogni giorno a pregare in pienezza di conoscenza e di perdono.
OFFLINE
22/06/2012 08:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Lino Pedron
Commento su Matteo 6,19-23

In questo brano Gesù ci dà due comandamenti: "Non accumulatevi tesori sulla terra...Accumulatevi invece tesori nel cielo". L'accumulare tesori, il diventare ricco è l'aspirazione di ogni uomo. Nella ricchezza egli cerca di manifestare la sua potenza, la sua superiorità, la sua vanagloria, la sua superbia, ma soprattutto in essa cerca la sicurezza contro tutti i pericoli, compresa la morte, e la possibilità di avere tutte le soddisfazioni che il benessere economico può dare. La ricerca egoistica dei beni materiali sottrae tempo ed energie all'acquisizione dei beni del cielo e rende l'uomo schiavo delle cose che possiede e desidera.

Ognuno deve avere qualcosa o qualcuno a cui dedicare le sue attenzioni e le sue forze. Il problema è la scelta di questo tesoro a cui attaccare il cuore. L'uomo diventa ciò che ama. Se ama le cose diventa come le cose, se ama Dio diventa come Dio.

L'uso delle cose è buono fino a quando non diventa ostacolo per seguire Cristo e amare i fratelli. Il cristiano non può essere schiavo di nulla e di nessuno perché "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" (Gal 5,1). Il cristiano dona l'avere per ottenere l'essere: essere come il Padre.

Il detto evangelico della lucerna del corpo ci presenta la necessità della chiarezza nell'orientamento della vita. La vera luce è Gesù (Mt 4,16; Gv 1,9; 8,12; ecc.). L'occhio buono è quello che accoglie la luce della rivelazione di Gesù; l'occhio cattivo, quello che la rifiuta. L'occhio che lascia entrare questa luce immerge tutta la persona nella luce, l'occhio che non lascia entrare questa luce immerge tutta la persona nelle tenebre.

L'occhio viene presentato come il simbolo del cuore, della mente. Il cuore dell'uomo dev'essere orientato a Dio e vivere nella ricerca dei tesori del cielo, allora tutto l'uomo è nella luce. Se invece si perde nella ricerca dei beni materiali diventa cieco e tutta la sua persona è immersa nelle tenebre.

Nella Bibbia l'occhio esprime l'orientamento spirituale della persona. L'occhio buono esprime la giusta relazione con Dio, dal quale l'uomo viene totalmente illuminato (Sal 4,7; 36,10). L'occhio cattivo esprime l'opposizione dello spirito dell'uomo nei confronti di Dio.

Nel vangelo di Matteo l'occhio cattivo è simbolo dell'invidia, dell'avarizia, dell'egoismo (20,15). L'occhio che non accoglie la luce della rivelazione di Gesù diventa ottenebrato. La tenebra totale e definitiva è la perdizione eterna.
OFFLINE
23/06/2012 08:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
E tutte queste cose vi saranno date in aggiunta

Oggi la Parola di Gesù ci dice che uno è il nostro cuore, una la nostra mente, uno il nostro corpo, una la nostra vita. Uno è anche il Padrone, o il Signore di essa. Uno è il Padre nostro celeste e noi apparteniamo interamente a Lui, senza alcuna possibilità di dividere o di spartire ciò che da Lui è stato creato in unità indivisibile.
Poiché il cuore è uno ed indivisibile, o lo si dona a Lui o al diavolo, o alle realtà del Cielo o a quelle della terra, o alla carità e alla comunione o al nostro egoismo e individualismo, o al servizio dei fratelli o a noi stessi. Le due realtà a cui noi possiamo dare il nostro cuore sono in eterna opposizione e di conseguenza inconciliabili.
Se il nostro cuore è donato a Dio, non può essere affidato alle ricchezze di questo mondo. Se è consegnato alla Parola di Dio mai potrà essere prestato alla parola di Satana. Se è orientato verso il bene, non potrà essere indirizzato verso il male e viceversa. All'uomo sarà possibile una sola scelta. Se il cuore è dato al vizio non potrà mai appartenere alla virtù e se è dato all'ozio mai potrà appartenere alla scienza, alla dottrina, all'apprendimento, alla crescita in sapienza e in ogni saggezza.
Chi dona la sua vita a Dio senza alcuna divisione o spartizione, da Dio questa vita sarà nutrita, custodita, difesa, protetta, dissetata, vestita, curata, condotta nel suo Regno eterno di gloria e di gioia senza tramonto. Se invece la si consegna alla ricchezza, ai beni di questo mondo, a Satana, alla tentazione, Dio non potrà intervenire su di essa. Sarà oggi e sempre del diavolo e dei suoi angeli, ai quali essa è stata consegnata, a meno che non si torni pentiti per donarsi interamente, senza alcuna divisione, al Signore Dio nostro. Come ci si consegna interamente al Signore? Cercando ogni giorno il Regno di Dio e la sua giustizia. Portando la nostra vita nella Parola di Cristo Gesù. Vivendo di Vangelo e per il Vangelo. Facendo delle Beatitudini la nostra veste spirituale. Osservando con scrupolosa attenzione i Comandamenti. Facendo della carità e dell'elemosina la nostra via verso il Paradiso.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, ottienici la grazia di essere come te: vergini per il nostro Dio, vergini nel cuore, nella mente, nei pensieri, nei desideri, nella volontà. Angeli e Santi del Cielo, venite in nostro soccorso, sostenendo il nostro impegno di camminare sempre liberi da ogni affanno per le cose di quaggiù.
OFFLINE
24/06/2012 07:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

padre Antonio Rungi
Il Precursore della misericordia e dell'amore di Dio, fonte di vita e di gioia

Oggi, domenica XII del tempo ordinario, coincidente con il 24 giugno, solennità della natività di San Giovanni Battista, la liturgia della parola e dell'eucaristia si concentra nella celebrazione di questa annuale ricorrenza con data fissa, per richiamare alla nostra attenzione di credenti il messaggio evangelico che il santo precursore del Messia con coraggio proclamò davanti al mondo di allora: è il messaggio della misericordia e dell'amore di Dio che in Cristo ci santifica e ci redime ed apre a tutti, anche ai peccatori più incalliti e lontani da Dio, la via della salvezza nel tempo e nell'eternità. Si perché il messaggio di gioia e di speranza portato da Giovanni Battista nel preparare la strada del Signore e al Signore è una strada della vera gioia e speranza cristiana. Quella gioia e quella speranza a cui tutti noi dobbiamo rifarci per vivere davvero come persone nel nostro tempo e nella nostra storia, contrassegnata da tante contraddizioni e da tanti problemi a livello personale, famigliare, nazionali, internazionali e mondiali. Un mondo che deve riprendere a sperare e a trovare la strada della conversione e del rinnovamento del cuore.

"Venne un uomo mandato da Dio, e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce e preparare al Signore un popolo ben disposto". (Gv 1,6-7; Lc 1,7). E' quanto leggiamo oggi nella messa del giorno in onore di San Giovanni, l'antifona d'ingresso.
Nel Prefazio di oggi ascoltiamo queste bellissime espressioni che ci aprono ad una visione altamente ascetiche di impegno nella vita cristiana di tutti i giorni: "Signore, noi ti lodiamo per le meraviglie operate in san Giovanni Battista, che fra tutti i nati di donna hai eletto e consacrato a preparare la via a Cristo Signore. Fin dal grembo materno esultò per la venuta del Redentore; nella sua nascita preannunziò i prodigi dei tempi messianici e, solo fra tutti i profeti, indicò al mondo l'Agnello del nostro riscatto. Egli battezzò nelle acque del Giordano lo stesso tuo Figlio, autore del Battesimo, e rese a lui la testimonianza suprema con l'effusione del sangue".

Troviamo la sintesi di una vita di fede concentrata su alcuni fondamentali caratteristiche per ogni vero credente: le meraviglie di Dio nella nascita di Giovanni Battista e di conseguenza di ogni uomo che viene in questo mondo. La gioia della nascita di ogni bambino è la gioia non solo di quella famiglia, ma dell'umanità intera. Giovanni Battista esultò di gioia nel grembo della sua madre Santa Elisabetta. Possano esultare di gioia tutti i bambini che oggi, come sempre, sono portati nel grembo delle proprie madri con amore e responsabilità di madre e padre. La solennità di oggi è la solennità della nascita di un bambino straordinario, come Giovanni Battista, ma è la festa della vita, in quanto nella nascita di ogni bambino noi vediamo il riflesso della luce e dell'amore di Dio, della sua infinita bontà e misericordia. Giovanni è profeta dei tempi messianici, noi con il battesimo siamo i profeti del nostro tempo, che dobbiamo rendere visibile con la santità della nostra vita la grazia santificante che con il battesimo continuamente ci mantiene ancorati a Dio come suoi figli e a Cristo come salvatore e maestro, guidato dallo Spirito Santo che agisce in noi e per noi. In questo cammino di testimonianza di fede siamo chiamati anche noi sull'esempio del precursore a vivere il nostro martirio quotidiano, senza scendere a compromessi di nessun genere, ma sempre fedeli alla nostra scelta battesimale e di vita cristiana. Quel martirio che ti porta ad avere coraggio della nostra fede e a parlare con la nostra vita lo stesso linguaggio di Dio. Uomini santi e coraggiosi che non indietreggiano davanti alle sfide del mondo, sempre più lontano da Dio e bisognoso di conversione.

In questa prospettiva si comprende tutta la ricchezza della parola di Dio che ascolteremo in questa solennità durante la messa del giorno della natività di San Giovanni. Un santo amato, stimato, un santo che con la sua vita ha affasciato ed affascina tutti coloro che sono fortemente convinti della propria scelta di vita totalmente per il Signore. Dal profesta Isaia leggiamo: "Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele - poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza - e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra».

L'umiltà di san Giovanni, la sua coscienza di essere solo il tramite per portare a Gesù, la certezza assoluta di non essere lui il messia attesa, insegna tre cose importanti, come possiamo capire dal brano degli atti degli apostoli di oggi, che riporta un breve testo di predicazione e di catechesi di San Paolo: l'umiltà, la propria identità, la lotta alla falsa profezia e ai falsi profeti che oggi pullulano dovunque nel mondo.

"In quei giorni, [nella sinagoga di Antiochia di Pisìdia,] Paolo diceva: «Dio suscitò per i nostri padri Davide come re, al quale rese questa testimonianza: "Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri".Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d'Israele.

Diceva Giovanni sul finire della sua missione: "Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali". Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza».
Nella nascita di San Giovanni come viene descritta dal Vangelo secondo Luca, che ascolteremo oggi troviamo quella dimensione più vera del dono della vita, che va sempre amata, rispetta, apprezzata e difesa dal concepimento al suo naturale termine: "Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.

Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele".

San Giovanni Battista è il termine paragone indispensabile per ogni cristiano se vuole essere davvero dalla parte di Dio e del bene o, all'opposto, dalla parte delle tenebre e del male. Lui che ha indicato la presenza della vera ed eterna luce di Dio nel mondo, il Verbo incarnato, l'agnello immolato per la nostra salvezza, ci faccia comprendere oggi e sempre quanto sia essenziale vivere nella luce, nella verità, nell'amore, nella fedeltà a Dio e alla propria scelta di vita. Amen.
OFFLINE
25/06/2012 07:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dona al tuo popolo, o Padre,
di vivere sempre nella venerazione e nell?amore
per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 7,1-5
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: ?Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell?occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell?occhio tuo c?è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall?occhio del tuo fratello?.



3) Riflessione

? Nel vangelo di oggi continuiamo a meditare sul Discorso della Montagna che si trova nei capitoli da 5 a 7 del vangelo di Matteo. Durante la 10a e l'11a Settimana del Tempo Ordinario abbiamo visto i capitoli 5 e 6. Durante questi giorni vedremo il capitolo 7. Questi tre capitoli, 5, 6 e 7 offrono un?idea di come si faceva la catechesi nelle comunità dei giudei convertiti nella seconda metà del primo secolo in Galilea ed in Siria. Matteo unisce ed organizza le parole di Gesù per insegnare come deve essere il modo nuovo di vivere la Legge di Dio.
? Dopo aver spiegato come ristabilire la giustizia (Mt 5,17 a 6,18) e come restaurare l?ordine della creazione (Mt 6,19-34), Gesù insegna come deve essere la vita in comunità (Mt 7,1-12). Alla fine, presenta alcune raccomandazioni e consigli (Mt 7,13-27). A continuazione, ecco uno schema di tutto il Discorso della Montagna:
Matteo 5,1-12: Le Beatitudini: apertura solenne della nuova Legge
Matteo 5,13-16: La nuova presenza nel mondo: Sale della terra e Luce del mondo
Matteo 5,17-19: La nuova pratica della giustizia: rapporto con l?antica legge
Matteo 5, 20-48: La nuova pratica della giustizia: osservando la nuova Legge
Matteo 6,1-4: La nuova pratica delle opere di pietà: l?elemosina
Matteo 6,5-15: La nuova pratica delle opere di pietà: la preghiera
Matteo 6,16-18: La nuova pratica delle opere di pietà: il digiuno
Matteo 6,19-21: Il nuovo rapporto con i beni materiali: non accumulare
Matteo 6,22-23: Il nuovo rapporto con i beni materiali: visione corretta
Matteo 6,24: Il nuovo rapporto con i beni materiali: Dio o il denaro
Matteo 6,25-34: Il nuovo rapporto con i beni materiali: aver fiducia nella Provvidenza
Matteo 7,1-5: La nuova convivenza comunitaria: non giudicare
Matteo 7,6: La nuova convivenza comunitaria: non disprezzare la comunità
Matteo 7,7-11: La nuova convivenza comunitaria: la fiducia in Dio genera la condivisione
Matteo 7,12: La nuova convivenza comunitaria: la Regola d?Oro
Matteo 7,13-14: Raccomandazioni finali: scegliere il cammino sicuro
Matteo 7,15-20: Raccomandazioni finali: il profeta si conosce dai frutti
Matteo 7,21-23: Raccomandazioni finali: non solo parlare, ma anche praticare
Matteo 7,24-27: Raccomandazioni finali: costruire la casa sulla roccia
? Il vissuto comunitario del vangelo (Mt 7,1-12) e la prova essenziale. É dove si definisce la serietà dell?impegno. La nuova proposta di vita in comunità abbraccia diversi aspetti: non osservare la pagliuzza nell?occhio del fratello (Mt 7,1-5), non gettare le perle ai porci (Mt 7,6), non aver paura di chiedere cose a Dio (Mt 7,7-11). Questi consigli culminano nella Regola d?Oro: fare all?altro ciò che ti piacerebbe che l?altro facesse a te (Mt 7,12). Il vangelo di oggi presenta la prima parte: Matteo 7,1-5.
? Matteo 7,1-2: Non giudicate e non sarete giudicati. La prima condizione per una buona convivenza comunitaria è non giudicare il fratello o la sorella, ossia, eliminare i preconcetti che impediscono la convivenza trasparente. Cosa significa questo concretamente? Il vangelo di Giovanni dà un esempio di come Gesù viveva in comunità con i discepoli. Gesù dice: ?Non vi chiamo servi, perché il servo non sa cosa fa il padrone; io vi chiamo amici perché vi ho comunicato tutto ciò che ho udito dal Padre mio? (Gv 15,15). Gesù è un libro aperto per i suoi compagni. Questa trasparenza nasce dalla sua totale fiducia nei fratelli e nelle sorelle ed ha la sua radice nella sua intimità con il Padre che gli dà la forza di aprirsi totalmente agli altri. Chi vive così con i suoi fratelli e sorelle, accetta l?altro come è, senza preconcetti, senza imporgli condizioni previe, senza giudicarlo. Mutua accettazione, senza finzioni. E? una trasparenza totale! Ecco l?ideale della nuova vita comunitaria, nata dalla Buona Novella che Gesù ci porta: Dio è Padre e Madre e, quindi, tutti noi siamo fratelli e sorelle. E? un ideale difficile ma molto bello ed attraente come l?altro: ?Siate perfetti come il Padre del cielo è perfetto? (Mt 5,48).
? Matteo 7.3-5: Vedi la pagliuzza e non la trave. Subito Gesù dà un esempio: ?Perché osservi la pagliuzza nell?occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell?occhio tuo c?è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall?occhio del tuo fratello?. Nell?udire questa frase siamo soliti pensare ai farisei che disprezzavano la gente considerandola ignorante e loro si consideravano migliori degli altri (cf. Gv 7,49; 9,34). In realtà, la frase di Gesù serve a tutti noi. Per esempio, oggi molti di noi cattolici siamo meno fedeli al vangelo che i non cattolici. Osserviamo la pagliuzza nell?occhio dei nostri fratelli e non vediamo la trave di orgoglio prepotente collettivo nei nostri occhi. Questa trave fa sì che oggi molte persone hanno difficoltà a credere nella Buona Novella di Gesù.

4) Per un confronto personale

? Non giudicare l?altro ed eliminare preconcetti: su questo punto qual è la mia esperienza personale?
? Pagliuzza e trave: qual è la trave in me che rende difficile la mia partecipazione alla vita in famiglia e in comunità?

5) Preghiera finale

Signore, dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno. (Sal 118)
OFFLINE
26/06/2012 08:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita

Vi sono cose che razionalmente si possono comprendere, certe altre cose sono impossibili da giustificare per qualsiasi mente umana. Una cosa che la mia mente non riesce né a comprende né a giustificare è questa: se tutta la Scrittura poggia, si fonda, sulla differenza tra il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, ciò che è santo e ciò che è profano, ciò che merita lode e ciò che merita biasimo, premio e castigo, benedizione e maledizione, salvezza e perdizione eterna, perché la moderna riflessione biblica e teologica afferma, sostiene che tutti siamo salvati, giustificati, condotti in paradiso al momento della nostra morte? E ancora: se tutto il Vangelo è un invito alla conversione, alla più alta obbedienza a Dio, a vivere secondo lo spirito delle Beatitudini, a rendere testimonianza a Cristo anche con il dono della vita - ed è testimonianza al Vangelo rifiutarsi di compiere il male - perché molti moderni teologi dicono che siamo già perdonati, redenti, salvati, anche senza il pentimento e il ritorno nella Parola della Salvezza? Ecco come l'Antico Testamento annunzia questa verità, che è di Dio e dell'uomo:

Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna? Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore, non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore. Anche se ha giurato a proprio danno, mantiene la parola; non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre. (Sal 15 (14) 1-5).

Sul monte di Dio mai potrà salire chi ha il cuore impuro chi è senza mani innocenti, chi si rivolge agli idoli, chi giura con inganno. Dio è luce eterna. Il male è tenebra.

Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l'ha fondato sui mari e sui fiumi l'ha stabilito. Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno. Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoroso in battaglia. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. (Sal 24 (23) 1-10).

Gesù oggi insegna ai suoi discepoli e al mondo intero che la via che conduce alla salvezza nel tempo e nell'eternità è stretta, angusta. Insegna anche che sono pochi quelli che si incamminano su di essa. Questa via è il suo Vangelo, la sua Parola. È il suo perdono, la sua misericordia, la sua pietà, la sua compassione, la sua croce.

Un teologo, un esegeta, un moralista, un maestro di ascetica, un catechista, un ministro della Parola mai potrà insegnare il contrario di ciò che insegna Cristo Gesù. La sua onestà dovrebbe consentirgli di affermare e testimoniare: questo lo insegno io. L'insegnamento di Gesù è ben diverso dal mio. Voi potete scegliere: tra il mio pensiero e quello di Gesù. Altra onestà da testimoniare è questa: sappiate che io vivo nel grande peccato e per questo lo giustifico per me e per voi. Cristo Gesù il peccato non lo ha mai conosciuto. Lui fu tentato e respinse sempre la tentazione. Lui il Vangelo lo ha vissuto in ogni sua Parola. Lui visse sempre per fare la volontà del Padre. Lui salì sulla croce per condurre in cielo la sua anima e poi anche la nostra.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci onesti mente e cuore.
OFFLINE
27/06/2012 06:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Movimento Apostolico - rito romano
Dai loro frutti li riconoscerete

Chi sono i falsi profeti? Tutti coloro che dicono bene il male e male il bene, falso il vero e vero il falso, giusto l'ingiusto e l'ingiusto giusto, la parola di Dio parola dell'uomo e la parola dell'uomo parola di Dio, la moralità immoralità e l'immoralità moralità.
Come facciamo a sapere chi è vero annunciatore della Parola del Signore e quindi vero profeta da chi è invece un falso predicatore di Dio e quindi un falso profeta, un profeta che è bugiardo e menzognero? Gesù dona un principio che è infallibile. Lui ci insegna che è la vita di un uomo che dobbiamo sempre osservare. Se la sua vita è moralmente ineccepibile, giusta, vera, santa, caritatevole, misericordiosa, ricca di compassione e di pietà, carica di buoni frutti di elemosina e di aiuto o sostegno verso i suoi fratelli, allora costui mai potrà trasformarsi per noi in un falso profeta. La verità della sua vita attesta per la verità della sua parola.
Scribi e farisei del tempo di Gesù era falsi profeti a causa delle loro opere che erano meschine, cattive, malvagie, spietate, carenti anche di ogni più piccola misericordia o pietà: "Mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dagli scribi, che vogliono passeggiare in lunghe vesti e si compiacciono di essere salutati nelle piazze, di avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti; divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa»" (Lc 20,43-47). Sono questi frutti cattivi che attestano la falsa profezia di un uomo. I frutti sono sempre visibili. Si possono nascondere per un giorno, mai per sempre. Nulla rimarrà nascosto per sempre. Tutto viene in piena luce.
Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete.
Come il frutto nasce dal cuore dell'albero, così la parola nasce dal cuore di un uomo. Così come è il cuore, è la Parola. Se il cuore è cattivo, pessimo, di pietra, malvagio, maligno, ingannevole, traditore, mentitore, tale sarà anche la parola nella sua finalità. Quando nel cuore vi è il peccato, inquinate sono anche le labbra che parlano di Dio. Possiamo non cadere nell'inganno del male. Gesù ci ha avvisato. Siamo prudenti.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci puri di cuori.
OFFLINE
28/06/2012 06:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

a cura dei Carmelitani
Commento Matteo 7,21-29

1) Preghiera

Dona al tuo popolo, o Padre,
di vivere sempre nella venerazione e nell'amore
per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 7,21-29
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande".
Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi presenta la parte finale del Discorso della Montagna: (a) Non basta parlare e cantare, bisogna vivere e praticare (Mt 7,21-23). (b) La comunità costruita sul fondamento della nuova Legge del Discorso della Montagna rimarrà in piedi nel momento della tormenta (Mt 7,24-27). (c) Il risultato delle parole di Gesù nelle persone è una coscienza più critica, riguardo ai leaders religiosi, gli scribi (Mt 7,28-29).
? Il finale del Discorso della Montagna presenta alcune opposizioni o contraddizioni che sono attuali fino al giorno d'oggi: (a) Le persone che parlano continuamente di Dio, ma che non fanno la volontà di Dio; usano il nome di Gesù, ma non traducono in vita il loro rapporto con il Signore (Mt 7,21). (b) Ci sono persone che vivono nell'illusione di lavorare per il Signore, ma nel giorno dell'incontro definitivo con Lui, scopriranno, tragicamente, che non l'hanno mai conosciuto (Mt 7,22-23). Le due parole finali del Discorso della Montagna, della casa costruita sulla roccia (Mt 7,24-25) e della casa costruita sulla spiaggia (Mt 7,26-27), illustrano queste contraddizioni. Per mezzo di esse Matteo denuncia e, nello stesso tempo, cerca di correggere la separazione tra fede e vita, tra parlare e fare, tra insegnare e praticare.
? Matteo 7,21: Non basta parlare, bisogna praticare. L'importante non è parlare in modo bello di Dio o saper spiegare bene la Bibbia agli altri, bensì fare la volontà del Padre e, così, essere una rivelazione del suo volto e della sua presenza nel mondo. La stessa raccomandazione la fece Gesù a quella donna che elogiò Maria, sua madre. Gesù rispose: "Beati coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica" (Lc 11,28).
? Matteo 7,22-23: I doni devono stare al servizio del Regno, della comunità. C'erano persone con doni straordinari, come per esempio il dono della profezia, dell'esorcismo, delle guarigioni, ma usavano questi doni per loro, fuori dal contesto della comunità. Nel giudizio, loro udiranno una sentenza dura da parte di Gesù: "Allontanatevi da me voi che praticate l'iniquità! " L'iniquità è l'opposto alla giustizia. E' fare con Gesù ciò che i dottori facevano con la legge: insegnare e non praticare (Mt 23,3). Paolo dirà la stessa cosa con altre parole ed argomenti: "E se avessi il dono della profezia e conoscessi i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi gioverebbe." (1Cor 13,2-3).
? Matteo 7,24-27: La parabola della casa sulla roccia. Aprirsi e praticare, ecco la conclusione finale del Discorso della Montagna. Molta gente cercava la sua sicurezza nei doni straordinari o nelle osservanze. Ma la vera sicurezza non viene dal prestigio o dalle osservanze. Viene da Dio! Viene dall'amore di Dio che ci amò per primo (1Gv 4,19). Il suo amore per noi, manifestato in Gesù supera tutto (Rom 8,38-39). Dio diventa fonte di sicurezza, quando cerchiamo di praticare la sua volontà. Lì lui sarà la roccia che ci sostiene nei momenti di difficoltà e di tempesta.
? Matteo 7,28-29: Insegnare con autorità. L'evangelista chiude il Discorso della Montagna dicendo che la moltitudine rimase ammirata dell'insegnamento di Gesù, "come uno che ha autorità, e non come gli scribi". Il risultato dell'insegnamento di Gesù è una coscienza più critica della gente rispetto alle autorità religiose dell'epoca. Le sue parole semplici e chiare scaturivano dalla sua esperienza di Dio, dalla sua vita donata al Progetto del Padre. La gente rimaneva ammirata ed approvava l'insegnamento di Gesù.
? Comunità: casa sulla roccia. Nel libro dei Salmi, spesso troviamo l'espressione: "Dio è la mia roccia e la mia fortezza... Mio Dio, roccia mia, mio rifugio, mio scudo, la forza che mi salva..." (Sal 18,3). Lui è la difesa e la forza di colui che cerca la giustizia (Sal 18,21.24). Le persone che hanno fiducia in questo Dio, diventano a loro volta, una roccia per gli altri. Così, il profeta Isaia invita la gente in esilio dicendo: "Voi che siete in cerca di giustizia e che cercate il Signore! Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo, vostro padre, e a Sara vostra madre." (Is 51,1-2). Il profeta chiede alla gente di non dimenticare il passato. La gente deve ricordare che Abramo e Sara, per la loro fede in Dio, diventarono roccia, inizio del popolo di Dio. Guardando verso questa roccia, la gente doveva acquistare coraggio per lottare ed uscire dalla schiavitù. E anche così Matteo esorta le comunità ad avere come base la stessa roccia (Mt 7,24-25) per poter essere, così loro stessi, roccia per rafforzare i loro fratelli e sorelle nella fede. E' questo il senso del nome che Gesù dà a Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,18). Questa è la vocazione delle prime comunità, chiamate ad unirsi a Dio, pietra viva, per diventare loro stesse pietre vive, perché ascoltino e metta in pratica la Parola (Pd 2,4-10; 2,5; Ef 2,19-22).

4) Per un confronto personale

? La nostra comunità come cerca di equilibrare preghiera e azione, lode e pratica, parlare e fare, insegnare e praticare? Cosa deve migliorare nella nostra comunità, in modo che sia roccia, casa sicura ed accogliente per tutti?
? Qual è la roccia che sostiene la nostra Comunità? Qual è il punto su cui Gesù insiste di più?

5) Preghiera finale

Aiutaci, Dio nostra salvezza,
per la gloria del tuo nome,
salvaci e perdona i nostri peccati
per amore del tuo nome. (Sal 78)
OFFLINE
29/06/2012 07:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

don Marco Pedron
Ciò che vive, vive per sempre

Oggi la chiesa celebra la festa dei santi Pietro e Paolo, che furono le colonne della prima chiesa. Pietro fu il primo Papa, il garante della continuità e della fedeltà della chiesa al messaggio di Gesù. Paolo fu l'annunciatore, il predicatore, colui che portò in tutto il mondo del tempo la notizia: "Lui è vivo, Lui è la Vita, solo Lui ti farà vivo".
Negli Atti troviamo più volte questi due grandi personaggi che s'incontrano, a volte in modo cordiale, a volte scontrandosi. Paolo stesso si scontrò apertamente con Pietro (Gal 2,11-12).
Vengono associati perché morirono nello stesso tempo: Paolo nel 67 d.C. fu decapitato a Roma presso la località Tre Fontane, mentre Pietro fu crocefisso, sempre a Roma, con la testa all'ingiù sul Colle Vaticano.
Pietro e Paolo furono accomunati da due grandi rivelazioni. Fecero, cioè, un'esperienza forte, profonda, sconvolgente, avvolgente, dirompente, del Signore. Ed è solo partendo da questa profonda esperienza, intima e interiore, che possiamo capire la loro posizione di preminenza nella chiesa di quel tempo. La loro forza fu quell'incontro personale sulla via di Damasco o sulle strade della Galilea: lo videro di persona e lo incontrarono.
Pietro e Paolo furono due innamorati di Dio. Per incontrare Dio bisogna cercarlo, averne bisogno, ritenere prioritario il suo incontro. Ritenere di non poter stare senza di Lui perché Lui è la Vita, perché Lui è Tutto.
Il motivo principale per cui non troviamo Dio è che non lo desideriamo ardentemente. Le nostre vite sono piene di troppe cose altre, sono affollate da altri pensieri e, non nascondiamocelo, tutto sommato ce la caviamo bene anche senza Dio. Per molte persone in fondo, nella quotidianità dell'esistenza, che Dio ci sia o che non ci sia, non è poi così importante, non cambia poi molto, non ha molto peso. Diventa importante solo nelle situazioni limite: quando si sta crollando o si è ammalati, quando si sta soffrendo, quando muore qualcuno a noi vicino, quando si è vuoti o depressi. E prima? Dov'era prima?

Il vangelo ci presenta la professione di Pietro. Ad un certo punto della sua vita, Gesù pose ai suoi discepoli una domanda centrale: "Ma chi sono io per voi?". Ci possiamo chiedere tante cose su Gesù: "Cosa dice il catechismo su di Lui?"; "Cosa dicono gli esperti e i preti su di Lui?"; "Cosa se ne dice in giro?". Possiamo giustificarci dicendo che non abbiamo studiato, che non siamo esperti, che non ne sappiamo molto. Ma sono appunto giustificazioni, perché la domanda di Gesù vuol dire: "Tu, quanto vuoi lasciarti coinvolgere da me?". E' una domanda che non vuole tanto una risposta "Tu sei Giovanni Battista, Elia, Geremia, un profeta", delle risposte teologiche, da catechismo, giuste e corrette; vuole una scelta.
Vuole che io mi lasci coinvolgere, contagiare: "Tu sei il Figlio di Dio, quello Vivente". Cioè: "Tu sei colui che dà vita, senso, significato, pienezza, unità alla mia vita. Senza di te nulla ha senso. Tu sei ciò che mi rende vivo. Sono morto senza di te".
Quando il vostro amore vi dice: "Chi sono io per te?", non vi chiede dei dati anagrafici: "Sì tu sei Lucia, abiti in via"; oppure: "Sì l'amore è un sentimento che richiede rispetto, unione fedeltà ecc". Vi chiede: "Mi ami? Mi puoi prendere per quello che sono?". E poi soprattutto: "Ti và di stare con me? Ti và di fare insieme a me la strada della tua vita? Ti và di coinvolgerti con me?".
Gesù non chiede a nessuno: "Cosa sai di me? Sai i sette vizi capitali? E le opere di misericordia corporale?". Ma: "Vuoi sposarmi? Vuoi stare con me? Ti va di seguirmi? Ti va di mettere in gioco tutto insieme a me?".
Pietro, Paolo, e gli apostoli possono dire: "Guarda, noi non sappiamo neppure bene chi tu sia. Cosa voglia dire che tu sei Figlio di Dio, che tu conosci il Padre, non lo capiamo poi così tanto. E neppure sappiamo bene come mai fai tutti questi miracoli. Noi sappiamo solo che prima eravamo morti e adesso viviamo. Prima ci trascinavamo e adesso ci sentiamo pieni di vita, vibranti, intensi. Prima eravamo pieni di paura e adesso con te siamo disposti ad affrontare ogni cosa. Prima temevamo il giudizio della gente, ma adesso con te non ci fa più paura niente. Secondo noi tu vieni da Dio, perché solo Dio può fare questo. In ogni caso noi vogliamo vivere con te perché tu ci fai vivere veramente".

Questa risposta non è frutto di "carne e di sangue, cioè frutto di ragionamenti, di sofismi, di elucubrazioni mentali, dell'aver studiato molto o dall'aver fatto molto incontri. Questa risposta è il frutto di un uomo che ha scelto, che si è messo in gioco: Pietro, per Gesù, lasciò le sue reti, la sua casa, sua moglie, la sua famiglia e si fidò.
Quando il tuo amore ti dice: "Mi sposi?", a pensarci bene c'è da tremare. Se inizi a pensarci è la fine. Perché a ben pensarci come puoi dire "per sempre" a qualcosa che non sai ancora. "E se poi non sarò più innamorato? E se poi troverà un altro? E se non sarà come pensiamo? Tutti pensano di amarsi per sempre, ma quanti si lasciano: perché dovremo essere diversi noi? E ce la farò?, ecc". Tutti ragionamenti umani (carne e sangue) veri e reali. Ma le grandi scelte non sono logiche. Sono a-logiche (non illogiche, cioè contro la logica): si pongono su di un altro piano, sul piano del cuore, della passione, dell'amore e dell'intensità. Quando il tuo amore ti dice: "Mi sposi", il cuore dice: "Sì", la paura e la mente dicono: "Pericolo!".
Quando Iddio ti chiama, il cuore dice: "Sì" e si slancia con tutto l'entusiasmo che ha dentro. Ma la mente: "Pericolo! E se ti sbagli? E se poi non ce la fai? E chi ti dice che sia la scelta giusta, ecc?". Quante volte stiamo a calcolare tutte le possibilità di errore e i rischi di una cosa. Ma il cuore non ragiona così: se si sente attratto, il cuore và. Poi troverà la strada per arrivarci. E la trova! Noi siamo sempre preoccupati di trovare l'obiettivo, la meta, perché questo ci garantisce sicurezza, il sapere dove andare. Ma il cuore non segue la strada ma un impulso, una spinta, uno slancio, perché questa è la sua strada: "Per di qua". Lui va, come percorrerla ci penserà dopo; e siccome vuole andarci a tutti i costi, la farà fino in fondo.
Qualche anno fa a San Francisco c'era un ragazzo povero, affetto da rachitismo dovuto a malnutrizione, con le gambe arcuate e i polpacci così atrofizzate che lo chiamavano "Stecchino". Aveva un amore viscerale per il football americano ed era innamorato del leggendario Jim Brown, running back dei Browns di Cleveland. Non aveva soldi e si accontentava di vedere gli ultimi minuti delle partite quando aprivano il cancello. Un giorno ebbe la fortuna di incontrare nella gelateria vicino allo stadio proprio il suo mito Jim Brown. "Mr Brown, sono un suo grandissimo ammiratore". "Va bene, va bene, ragazzino". "Mr Brown, io conosco tutti i suoi record e tutti i suoi touchdown". "Bene", disse seccato l'altro. "Mr Brow, Mr Brown", e Mr Brown si voltò, seccato: "Che c'è adesso?". E il ragazzino: "Sa Mr Brown, io batterò tutti i suoi record". "Va bene", disse. "Senti un po', come ti chiami tu, ragazzino?". "Mi chiamo Orenthal, signore, Orenthal James Simpson... ma gli amici mi chiamono O.J". E fu così!
Ad un certo punto, Pietro riconobbe in quell'uomo chiamato Gesù, qualcosa di grande, di immenso, di divino. Non si trattava più di pensarci, di valutare, di pianificare, di fare un bilancio guadagni/perdite: si trattava di fidarsi, di seguire l'intuizione e la vibrazione del cuore e di seguirlo. Non fu una scelta logica seguire Gesù. A rigor di logica, cioè dal punto di vista degli altri, questi erano pazzi scatenati. Pensateci un attimo: seguivano uno che si credeva Dio! Ma noi oggi li interneremo tutti. Lasciavano casa, lavoro e famiglia per andare dietro ad uno con idee rivoluzionarie e che aveva tutti contro. Perché ci andarono? Perché Lui era il Vivente. Perché lì sentivano che si viveva, che c'era passione. Pietro si buttò e non fu mai più lo stesso. Mai più. Quella fu la svolta della sua vita. Pietro puntò tutto su di Lui.

Ad un certo punto bisogna decidere cosa fare della propria vita. Perché anche non decidere niente è comunque una decisione. Ad un certo punto bisogna decidere se seguire il cuore o la mente. Se seguire gli ideali e lottare per loro, pagandone il prezzo, o seguire la ragione comune. Ad un certo punto bisogna avere il coraggio di partire per il mare aperto, con il pericolo di perdersi, altrimenti si rimarrà per sempre nel porto.
Dio è un incontro, un'esperienza che ti coinvolge, travolge, stravolge, avvolge. Non sei più tu. Dopo l'incontro con Lui nessuno può essere mai più lo stesso. Saulo divenne Paolo; Simone, Pietro.
E' per questo che, credo, molte persone temono incontri profondi con Dio. E' più facile "dare qualcosa" a Dio: dire una preghierina, un'offerta, un gesto, una buona azione. Ma darsi (cioè dare tutta la propria vita) è un'altra cosa. Seguirlo, beh, questo è ben altro!

Gesù dice: "Beato te Simone, perché il Padre mio, che sta nei cieli, te l'ha rivelato".
La fede di Pietro non è il frutto di uno studio approfondito, sistematico, analitico. Queste risposte non si danno perché si è intelligenti; si danno perché si è entrati dentro al mistero. L'amore ha ragioni, risposte, modi di vita che la mente non conosce e non ha.
Tutti noi conosciamo il famoso episodio dove due donne si contendevano un figlio. Entrambe dicevano: "E' mio". Allora Salomone avrebbe detto: "Se è di entrambi, lo tagliamo in due e ne diamo una parte a testa". Una disse di sì, mentre, la vera madre, lo lasciò all'altra. E da questo Salomone capì chi era la vera madre. L'amore arriva, ovviamente, lì dove la mente non può arrivare.
Un giorno, Gesù stesso, amareggiato per il continuo rifiuto che riceveva, ha detto ì+ai suoi amici: "Volete andarvene anche voi?". E sarà proprio Pietro a rispondere: "Ma dove vuoi che andiamo, Signore. Tu hai parole di vita eterna. La vita è qui" (Gv,6,68ss).
Pietro gli dice: "Tu mi fai vivere; tu sei la Vita; dove vuoi che io vada? La vita è qui!". La fede di Pietro è frutto dell'amore: "Io ti amo; tu mi fai vivere; sei la mia aria; io sono innamorato di te".
Questa fede è una fede sicura, una roccia e per questo Gesù può fondare la sua chiesa su Pietro. E guardate che Pietro tradirà più volte il Signore. Proprio tre versetti dopo questo vangelo Gesù dirà a Pietro: "Lungi da me satana! Tu mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini" (16,23). E quando Gesù gli chiede di camminare sulle acque, Pietro non si fiderà del Signore e affonderà (14,22-31). Durante la passione lo tradirà tre volte e poi lo abbandonerà. E Gesù per tre volte dovrà fargli la domanda: "Pietro mi ami?" (Gv 21,15-17). E Pietro dovrà riconoscere che sì lo ama, ma che nel suo amore c'è molto di personale, di gratificazione, di paura, di codardia.
Perché allora Pietro è roccia? Perché lui "sapeva", cioè aveva sperimentato chi era il Signore. Gesù ha sentito tutta la passione, l'intensità, la frequenza del cuore di Pietro.
Nel corso degli anni abbiamo ridotto la fede ad una pratica religiosa: confessarsi tot volte all'anno, soprattutto prima delle grandi feste; fare la comunione a certe condizioni; sapere le risposte giuste alle domande (i nostri genitori studiavano il catechismo con domanda e risposta); per essere cristiani bisogna fare o non fare questo o quello (la morale diceva tutto quello che bisognava fare), ecc. Sarebbe come dire (cosa che purtroppo a volte ancora avviene): "Il matrimonio è sacrificio, fedeltà difficile, compromesso, accontentarsi perché c'è anche l'altro, limite alla tua libertà, conflitto, ecc". Ma sì, è anche questo, ma il matrimonio è soprattutto gioia, emozione, innamorarsi, trovare sostegno, fiducia, presenza, affetto, condividere, sentirsi realizzati, generare.
Come dire: "Fare un figlio è un impegno; ti fa perdere la serenità, non hai più la tua vita e ti fa dormire poco". Ma sì!; ma è anche gioia, estasi, commozione, risa, sorriso, realizzazione, completezza, ecc.
Dio è stato ridotto ad una mucca da mungere: "Hai un problema?". "Preghi Dio". Dio è stato ridotto ad un duce da temere: "E' meglio che ti confessi perché non si sa mai!". Dio è stato ridotto ad un genitore severo: "Non si ride; non si chiacchiera; non si danza, non si balla; niente chitarre in chiesa e niente percussioni; niente abbracci e smancerie melense". Dio è stato ridotto ad un giudice: "Chi non è in regola, non può accedere alla mensa. E chi non professa tutta la fede e il credo, fuori di qui".
Ma chi insegna un Dio così non ha mai incontrato il Dio di Gesù: la fede è prima di tutto danza, canto, festa, piacere, poesia, sorrisi, liberazione.
Vado in chiesa perché lì sto bene; vado in chiesa perché mi ritrovo; vado in chiesa perché è la mia aria; vado in chiesa perché ritrovo vitalità; vado in chiesa perché ritrovo la forza per vivere.
La fede è un'esperienza che ti riempie la vita, che ti fa libero, che ti fa uomo vero, uomo e donna fino in fondo. La fede è fiducia in sé, nella Vita e negli altri. La fede ti porta ad aprirti, a superare i tuoi limiti, ad andare là dove hai paura di andare e ad affrontare ciò che hai paura di affrontare. La fede è vibrazione, intensità; la sensazione di essere nel flusso della corrente della vita, nelle grandi mani di Dio, al centro dell'universo, che nulla ci può spaventare, che si è dentro ad un senso.
Alexander Lowen, il padre della Bioenergetica, un giorno decise di parlare a suo figlio di Dio. Dopo un po' che tentava di parlarne, usando tutte le immagini che un bambino di sette anni può comprendere, suo figlio gli disse: "Ma papà, io lo vedo Dio!". Allorché sbalordito Lowen gli disse: "E dov'è?". "E' lì papà, in quel fiore". E commenta Lowen: "Aveva molto più Dio di me! Io avevo concetti, lui lo toccava!".
Leonardo Boff racconta un episodio della sua vita, quando la madre gli disse: "Tu che sei teologo, hai mai visto Dio?". "Mamma, nessuno vede Dio!". "Ma come tanti anni che sei prete e non hai mai visto Dio? Che vergogna!". Allora il figlio: "Ma tu mamma lo vedi?". "Chiaro che lo vedo. Ogni mattina e ogni sera, quando le nuvole si mettono in certo modo io vedo che Lui c'è".
A Frossard, filosofo francese, ateo e poi convertitosi, un giorno dissero: "Ma perché si è convertito?". "Perché ho incontrato Dio". "Ma Dio non lo si può incontrare come una persona normale?". "Vede, questo mi dice che lei non lo ha mai incontrato". Il giornalista non capiva. Allora lui riprese: "Lei ha mai incontrato l'amore?". "Sì!". "Cioè lei ha incontrato una persona che si chiama "amore"?". "No!". "E come fa a dire di aver incontrato l'amore?". "Perché mi sono innamorato, ho incontrato una donna che mi ha fatto cambiare la vita, mi ha reso felice, e per la quale il cuore mi batte ancora. Non so se mi capisce?". Frossard lo guarda: "Certo che capisco: Dio è così".
Per questo Gesù gli dice: "Tu Pietro, sei proprio una pietra solida. Sento proprio la tua fede".
Pietro, primo Papa, non è qui il segno della fedeltà al credo, all'ortodossia, che non sbaglia mai. E ' il segno della fede viva (vivente), vitale, che pulsa, che ha fatto esperienza, innamorata. E' su questa fede (che Lui è il Vivente) viva, vitale che Gesù fonda la chiesa.

In 14,33 i discepoli gli avevano già detto: "Tu sei il Figlio di Dio". Dov'è la novità di Pietro? E' proprio quella parola: "Vivente". La fede ti fa vivere, è vitalità, forza, energia, potenza. E se tu hai questa fede allora Dio può fare di tutto con te: "Tu sei Pietro e su di te edificherò la mia chiesa".
Mettiamo il nostro nome al posto di Pietro: "Se tu hai questa fede Marco, io posso edificare di tutto con te". Dio non ci ha mica creati così perché non sapeva cosa altro fare! Dio ci ha creati per qualcosa di grande!
Diventa consapevole della potenza che c'è in te e della missione che Dio ti ha affidato.

"Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". Chi ha incontrato Dio veramente, anche solo per una volta, l'ha incontrato per sempre. Dio non si può dimenticare.
Si dice che il primo amore non lo si dimentica più. E' vero. Figurarsi, Dio che è l'Amore. Le difficoltà verranno, ma chi ha incontrato Dio sa che niente è più forte di Lui. Quindi non c'è da temere.
Sbagli? C'è Lui! Ti perdi? C'è Lui! Fallisci? C'è Lui! Muori? C'è Lui!
Chi ha trovato la Vita sa che non esiste la morte. Sa che esistono i passaggi, le separazioni, gli "arrivederci" ma non le fini.

"Questa è la chiave del regno dei cieli": la morte è un illusione. La realtà è che nulla finisce. Se puoi osare, rischiare, provarci, allora trovi il segreto della felicità. E puoi provarci perché tanto sai che se anche dovesse andare male poi c'è Lui.
La chiave del regno dei cieli è il "Vivente". Chi è che conosce la montagna? Chi l'ha studiata sui libri? Chi ci va in elicottero? Solo chi l'ha sperimentata, solo chi ha dormito nel suo freddo e sotto il suo vento, solo chi l'ha percorsa, solo chi ne conosce la grandezza e con rispetto la ama, può dire di conoscerla.
Il mistero della Vita è semplice per chi ha incontrato Dio e complesso per chi ne è fuori. Dio è tanto e-vidente in questo mondo per chi lo vede, quanto oscuro per chi non l'ha mai visto. Dio è Tutto per chi si lascia riempire e niente per chi ne ha paura. Dopo aver incontrato Dio capirai la vita, le persone, te stesso; troverai il senso di ogni cosa e tutto ti sembrerà chiaro. Sarà come aprire una porta o una finestra e vedere ciò che prima non avevi mai visto.

"Ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli". Tutti i legami veri, profondi, pieni e d'amore che avrai vissuto sulla terra, rimarranno anche in cielo. Nulla di ciò che di vero, buono, umano, abbiamo intessuto sulla terra, andrà perso in paradiso, nei cieli. Perché tutto ciò che è "divino" rimane per sempre.
Il resto, che non lo è, non esiste e non esisterà mai. Da questo punto di vista non si perde niente: la Vita rimane, il resto passa. Ma il resto non c'è, quindi non passa niente.
A volte le persone si chiedono. "Ritroverò mio marito, mia moglie? E come sarà di là?". Come sarà non lo sa nessuno ma tutto ciò che è "vita, verità, Dio" di qua, ci sarà, ovviamente, anche di là.
Non aver paura di intessere legami e relazioni forti, vere, appassionate, intense, perché tutto ciò che costituirà un legame vero, rimarrà. L'amore che hai vissuto, non andrà perso. La verità, la libertà, la fede vera, rimarranno vere per sempre.

"E tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". Tutte le liberazioni, i passaggi dalla morte alla vita, le paure vinte, i traguardi raggiunti, le conquiste dell'anima, rimarranno veri anche di là.
Tutta la vita, la verità che viviamo, liberiamo, sprigioniamo di qua sarà anche di là. Ciò che è verità, liberazione, amore, sarà per sempre. Perché tutto ciò che è divino, lo sarà per sempre, oggi e domani. E ciò che non lo è, non sarà mai.

Pensiero della settimana
Se hai paura di morire non puoi vivere.
Ma se puoi vivere non hai paura di morire.
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:06. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com