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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
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28/01/2012 08:07
 
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padre Lino Pedron


Il linguaggio vivo di questo racconto è come la sequenza di un film che coinvolge il lettore nell'evento. Pare incredibile che un passeggero se ne stia dormendo tranquillo durante una simile burrasca.
Il racconto richiama il Libro di Giona: "Il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio Dio e gettavano in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: "Che cos'hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo" (Gn 1,4-6).
Giona si dichiarò peccatore e si fece gettare in mare, e il mare placò la sua furia. Gesù è il Santo di Dio che domina il mare con la propria potenza divina.
Per comprendere la potenza dimostrata da Gesù in questa occasione, bisogna intenderla come un esorcismo della burrasca, e le parole con cui egli comanda al mare come un espulsione di demoni. Il potere di Gesù sul vento e sul mare dimostra che egli domina le potenze demoniache.
Gesù sgrida il vento come faceva con gli spiriti immondi (cfr Mc 1,25; 3,12). Con la stessa ingiunzione fa tacere il mare che contiene una moltitudine di demoni che ostacolano con tutte le loro energie l'andata di Gesù verso i territori pagani dove essi hanno il loro quartier generale.
L'uomo biblico considera il mare come il luogo dove si raccolgono le forze del male che solo Dio può dominare. I salmi, in particolare, contengono allusioni alla lotta vittoriosa di Dio contro il mostro marino del caos primitivo (cfr Sal 89,10-11; 93,3-4; 104,25-26), contro le acque del mare dei Giunchi o del fiume Giordano (cfr Sal 74,14-15; 77,17-21; 78,13) o, più semplicemente, contro i flutti che si accaniscono contro i naviganti (cfr Sal 107,23-30). L'azione di Gesù, come quella di Dio, è istantanea ed efficace.
I discepoli hanno paura di andare a fondo con Cristo, non hanno fede in lui. Il battesimo è andare a fondo con Cristo: essere associati a lui nella sua morte e risurrezione. Questo racconto è un'esercitazione battesimale per vedere se la Parola ha prodotto il suo frutto, cioè la fiducia di abbandonare la nostra vita nelle mani di Gesù che è morto e risorto.
Lo stesso giorno delle parabole, i discepoli falliscono l'esame. Ma l'esperimento non è inutile: li sveglia e suscita in loro la domanda: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?". E questa è la domanda fondamentale del vangelo.
Il discepolo è colui che, dopo aver ascoltato la Parola, si affida a Gesù che dorme, e sulla parola del Signore, accetta di andare a fondo (morire con Cristo) nella speranza-certezza di emergere con lui a vita nuova (risorgere con Cristo). "Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui" (2Tim 2,11). L'alternativa a questa proposta di Cristo non è stare a galla, ma andare a fondo senza di lui.
La fede consiste nel non temere di andare a fondo con Gesù e accettare di dormire con lui che dorme per stare con noi. E' affidare la nostra vita, la nostra morte e le nostre paure al Signore della vita, che si prende cura di noi proprio con il suo sonno (la sua morte che opera la salvezza).
Anche il particolare che descrive Gesù che dorme sulla poppa della barca non è secondario. La poppa è la parte della barca che va a fondo per prima. Gesù ci precede nel naufragio della morte e nel risveglio della risurrezione, per esorcizzare le nostre paure e suscitare in noi una fede fiduciosa e fattiva.

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29/01/2012 09:31
 
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don Luca Orlando Russo
Un insegnamento nuovo

Il testo della prima lettura di questa IV domenica del Tempo Ordinario ci pone davanti ad un Dio il cui desiderio è quello di stabilire con noi un rapporto amichevole, di collaborazione. Egli si interessa di noi, è nostro amico e ci considera non suoi schiavi, ma suoi figli. Vuole perciò stringere con noi una relazione fondata sulla fiducia reciproca. Contrariamente a quanto pensiamo, non intende imporci la sua amicizia, tiene molto alla nostra libertà, anche se ha la facoltà per poter fare di noi tutto ciò che vuole.
Ma Egli tiene molto alla nostra fiducia, perché solo questa fiducia gli consente di adoperarsi davvero per noi, per la realizzazione della nostra vita; e poiché sa che nessun uomo può fidarsi di chi non conosce, specie se si tratta di Dio, fa di tutto per conquistarsi la nostra fiducia.
A tal fine fa di tutto per entrare in relazione con noi e farsi conoscere, manifestandosi a noi in molti modi. Tra le tante, anzi infinite vie medianti le quali Egli si manifesta, il testo del Deuteronomio ci insegna che ne privilegia una in particolare: parlare, non solo al nostro cuore, alla nostra coscienza, ma - in modo diretto ed immediato - alle nostre orecchie, attraverso la mediazioni di uomini come noi, che accettano di collaborare con Lui e che la tradizione biblica chiama "profeti".
La mediazione profetica diventa così la vera peculiarità della tradizione biblica rispetto a qualsiasi altra esperienza religiosa. La prima lettura ci parla di un Profeta che più di ogni altro medierà la Parola del Signore al punto che Dio si riconosce pienamente in lui. È evidente il riferimento al testo evangelico nel quale l'evangelista Marco ci presenta Gesù, Profeta del Signore. La sua è una Parola efficace, che genera nuova vita, che comanda, una Parola che non passa inoperosa: è la Parola che agisce.
E che dottrina sarà mai la sua? Non è certamente una dottrina umana: una serie di insegnamenti solo umani, relativamente capaci di cambiare la vita. L'insegnamento di Gesù Cristo è allora il rendere visibile questa Parola efficace; è il risultato del parlare di Dio. Non è solo un'esortazione verbale che colpisce il nostro udito, ma è una potenza in atto, è una manifestazione di un agire portentoso. È una Parola la cui efficacia salta i limiti dello spazio e del tempo; è una Parola sempre fedele a se stessa e che perdura nei secoli. È la Parola che guarisce e che sana; la Parola, finalmente, liberatrice per una umanità altrimenti perduta e bisognosa di guarigione e di salvezza. La sua è una dottrina che rigenera ancora oggi perché è di origine divina, che ci apre ad una nuova realtà.
È una dottrina insegnata con autorità, con l'autorità che solo Gesù possiede. Rendiamo i nostri cuori, allora, pronti e disponibili per accogliere questa Parola che libera. Apriamo la nostra vita all'unica Parola che può guarirci e sanarci.
Buona domenica e buona settimana!

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30/01/2012 08:38
 
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Eremo San Biagio
Commento su Luca 2,29

Dalla Parola del giorno
?Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza.?

Come vivere questa Parola?
Nella bellissima liturgia odierna che evoca il momento in cui anche Gesù, come ogni bambino nato da poco viene presentato al tempio, campeggiano due figure di anziani: Simeone e Anna. Lui è un uomo che non solo vive secondo la legge ma ha un cuore colmo dell?attesa amorosa del Messia promesso dai profeti. Lei, dentro una vecchiaia serena e tutta dedita a Dio, ha sentore (un sentore tutto spirituale!) che il bambino presentato al tempio dalla povera vergine di Nazareth è il GRANDE ATTESO: Dio-con-noi.
Vogliamo soffermarci sulla preghiera di Simeone quando ha tra le sue braccia Gesù Bambino. È un sereno commiato da questa vita con le sue vicissitudini, le sue gioie, impegni e dolori. È un commiato non segnato da rimpianti e angoscia ma dalla pace di Dio che ? come dice S.Paolo ? supera ogni sentimento. La vita, questa vita è al tramonto ma continua a illuminarla la Parola del Signore: quella Parola da cui - appunto ? Simeone ha appreso ad attendere il Messia. Come è bello poi quello stupore che trapela dagli occhi quando il vegliardo dice: ?Questi miei occhi han visto la salvezza?.
E la salvezza è Gesù: Colui che la fede ci fa incrociare ad ogni istante della vita se crediamo, se ci apriamo, se ci fidiamo di lui.
A questo penso nella mia pausa contemplativa mentre chiedo allo Spirito di penetrarmi interiormente di questa certezza: Gesù è venuto e continua a venire. Mi vuole salvare!

Gesù, che io mi lasci salvare da tutto il non senso di questa società materialista. Salvami e dammi di essere e diffondere pace.

La voce di un dottore della Chiesa
"Ora" - disse - "lascia andare il tuo servo" (Lc 2,29). Vedi questo giusto, stretto quasi nel carcere del corpo, che desidera sciogliersene per cominciare a essere con Cristo, perché"sciogliersi ed essere con Cristo è molto meglio" (Fil 1,23). Ma colui che vuole essere liberato, venga a Gerusalemme, venga al tempio, attenda l'Unto del Signore, riceva nelle sue mani il Verbo di Dio e lo stringa fra le braccia della sua fede. Allora sarà liberato, e non vedrà piú la morte, egli che ha visto la vita.
S.Ambrogio

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31/01/2012 08:11
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio grande e misericordioso,
concedi a noi tuoi fedeli
di adorarti con tutta l?anima
e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te... 




2) Lettura del Vangelo 

Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43
In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all?altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: ?La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva?. Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: ?Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita?.
E all?istante le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: ?Chi mi ha toccato il mantello?? I discepoli gli dissero: ?Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?? Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: ?Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va? in pace e sii guarita dal tuo male?.
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: ?Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?? Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: ?Non temere, continua solo ad aver fede!?. E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: ?Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme?. Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina, le disse: ?Talità kum?, che significa: ?Fanciulla, io ti dico, alzati!? Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.



3) Riflessione

Nel vangelo di oggi, meditiamo due miracoli di Gesù in favore di due donne. Il primo in favore di una donna considerata impura a causa di un?emorragia che le durava da 12 anni. L?altro, in favore di una bambina di dodici anni, spirata da poco. Secondo la mentalità dell?epoca, chiunque toccasse il sangue o un cadavere era considerato impuro. Sangue e morte erano fattori di esclusione! Per questo, quelle due donne erano persone emarginate, escluse dalla partecipazione alla comunità.
Il punto di partenza. Gesù arriva in barca. La gente gli si unisce. Giairo, il capo della sinagoga, chiede per la figlia che sta morendo. Gesù va con lui e la gente li accompagna, spingendo da tutte le parti. Questo è il punto di partenza delle due guarigioni che seguono: la guarigione della donna e la risurrezione della bambina di 12 anni.
La situazione della donna. Dodici anni di emorragia! Per questo, viveva esclusa, poiché, in quel tempo, il sangue rendeva impura una persona, e chi la toccava diventava anche impuro/a. Marco informa che la donna aveva speso tutti i suoi averi con i medici. Ed invece di migliorare, era peggiorata. Situazione senza soluzione!
L?atteggiamento della donna. Sentì parlare di Gesù. Nacque in lei una speranza. Si disse: ?Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita?. Il catechismo dell?epoca diceva: ?Se io tocco il suo mantello, lui diventerà impuro?. La donna pensa esattamente il contrario! Segno che le donne non erano d?accordo con tutto quello che insegnavano le autorità religiose. La donna si mette in mezzo alla gente e, senza farsene accorgere, tocca Gesù, poiché tutti lo spingevano e lo toccavano. In quell?istante lei avvertì nel suo corpo l?avvenuta guarigione.
La reazione di Gesù e dei discepoli. Anche Gesù sentì che una potenza era uscita da lui e chiese: ?Chi mi ha toccato il mantello?? I discepoli gli dissero: ?Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?? Ecco apparire qui lo scontro tra Gesù ed i discepoli. Gesù aveva una sensibilità che non era percepita dai discepoli. Costoro reagirono come tutti gli altri e non capirono la reazione diversa di Gesù. Ma Gesù non fa attenzione e continua ad indagare.
La guarigione per la fede. La donna si rende conto che era stata scoperta. Fu per lei un momento difficile e pericoloso. Poiché, secondo la credenza dell?epoca, una persona impura che come lei si metteva in mezzo alla gente, contaminava tutti coloro che la toccavano. E tutti diventavano impuri davanti a Dio (Lv) (Lc 15,19-30). Per questo il castigo era la probabile lapidazione. Ma la donna ebbe il coraggio di assumere ciò che aveva fatto. ?Impaurita e tremante? cadde ai piedi di Gesù e raccontò tutta la verità. Gesù dice la parola finale: ?Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va? in pace e sii guarita dal tuo male?. (a) ?Figlia?, con questa parola Gesù accoglie la donna nella nuova famiglia, nella comunità, che si formava attorno. (b) Ciò che lei pensava avvenne di fatto. (c) Gesù riconosce che senza la fede di quella donna lui non avrebbe potuto fare il miracolo.
La notizia della morte della bambina. In quel momento il personale della casa di Giairo informa che la figlia è morta. Non c?era più bisogno di disturbare Gesù. Per loro, la morte era la grande barriera. Gesù non riuscirà a oltrepassare la morte! Gesù ascolta, guarda Giairo e applica ciò che aveva appena visto, cioè, che la fede è capace di realizzare ciò che la persona crede. E dice: ?Non temere, continua solo ad aver fede!?
In casa di Giairo. Gesù permette solo a tre discepoli di entrare con lui. Vedendo il trambusto provocato dalla gente che gridava e piangeva per la morte della bambina, dice: ?La bambina non è morta, dorme!? La gente attorno rideva. La gente sa distinguere quando una persona sta dormendo o quando è morta. E? la risata di Abramo e di Sara, cioè, di coloro che non riescono a credere che nulla è impossibile a Dio (Gn 17,17; 18,12-14; Lc 1,37). Anche per loro, la morte era una barriera che nessuno poteva oltrepassare! Le parole di Gesù avevano un significato molto profondo. La situazione delle comunità perseguitate al tempo di Marco sembrava una situazione di morte. Dovevano udire: ?Non è morta! Voi state dormendo! Svegliatevi!? Gesù non dà importanza alla risata ed entra nella stanza dove si trova la bambina, lui solo, i tre discepoli ed i genitori della bambina.
La risurrezione della bambina. Gesù prende per mano la bambina e dice: ?Talità kum!?Lei si alza. Grande trambusto! Gesù conserva la calma e chiede che le diano da mangiare. Due donne sono guarite! Una ha dodici anni di vita, e l?altra dodici anni di emorragia, dodici anni di esclusione! Ai dodici anni comincia l?esclusione della bambina, poiché cominciano le mestruazioni, comincia a morire! Gesù ha la potenza maggiore e risuscita: ?Alzati!?



4) Per un confronto personale

? Qual è il punto di questo testo che più ti è piaciuto o che ti ha maggiormente colpito? Perché?
? Una delle donne è stata guarita e integrata di nuovo nella convivenza della comunità. Una bambina è stata alzata dal suo letto di morte. Cosa ci insegna questa azione di Gesù per la nostra vita in famiglia e per la nostra comunità, oggi? 




5) Preghiera finale

Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
?Viva il loro cuore per sempre?.
 (Sal 21)

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01/02/2012 07:47
 
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padre Lino Pedron
Commento su Marco 6,1-6

La visita di Gesù nella sua patria è un avvenimento penoso che riprende il tema della mancanza di fede del popolo ebraico già sottolineata nell'insegnamento delle parabole e nella discussione su Beelzebùl.

I parenti di Gesù prima (cfr Mc 3,21.31-32), e la gente di Nazaret poi, tentano di impadronirsi di lui per impedirgli di illudersi e di nuocere agli altri, ma egli non accetta di lasciarsi circoscrivere entro i legami naturali. Ormai i legami umani si definiscono in rapporto a lui e non viceversa: i "suoi" sono coloro che vivono con lui, ascoltano la sua voce e fanno la volontà del Padre.

Gli abitanti del suo paese credono di conoscere Gesù meglio di chiunque altro. L'hanno visto crescere ed esercitare il suo mestiere. Incontrano ogni giorno sua madre e i membri della sua famiglia di cui conoscono nomi, vita e miracoli. Di fronte a lui si sentono turbati, imbarazzati, irritati. Rifiutano di lasciar mettere in discussione il loro piccolo mondo e la valutazione che si erano fatta sulla sua persona. Si fa fatica a cambiare parere e a ricredersi: è più facile e sbrigativo cancellare una persona dalla nostra vita che l'immagine o il giudizio che ci siamo fatto di lei. Gli abitanti di Nazaret non sanno aprirsi al Gesù reale, perché restano caparbiamente attaccati al ritratto che si erano fatto di lui.

L'episodio va al di là del rifiuto di un piccolo paese della Galilea: prefigura il rifiuto dell'intero Israele (cfr Gv 1,11). Che un profeta sia rifiutato dal suo popolo non è una novità: c'è perfino un proverbio che lo dice. E' un proverbio nato da una lunga esperienza che ha accompagnato tutta la storia d'Israele, che trova la sua più clamorosa dimostrazione nella storia del Figlio di Dio e che continuerà a ripetersi puntualmente nella storia successiva.

Dio è dalla parte dei profeti, eppure i profeti sono sempre rifiutati; gli uomini di Dio, i giusti, sono sistematicamente tolti di mezzo, salvo poi costruire loro sepolcri e monumenti tardivi (cfr Lc 11,47-48).

"E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì" (v.5). I miracoli di Gesù sono una risposta alla sincerità dell'uomo che cerca la verità; non sono il tentativo di forzare, in ogni modo, il cuore dell'uomo. Diversamente dagli uomini, Dio non usa la violenza per imporre i propri diritti. E neppure fa miracoli per permettere agli uomini di esimersi dal rischio e dalla fatica del credere.

Anche a Nazaret Gesù ha cercato i malati e i poveri; essi sono il buon terreno arato dalla sofferenza e irrigato dalle lacrime: il seme della Parola viene accolto da loro e produce frutto. Nella sua città purtroppo il bilancio è deludente, ma non fallimentare.

A Nazaret tutti si sono scandalizzati di Gesù. Tutti gli uomini inciampano e cadono davanti alla grandezza dell'amore di un Dio che si fa piccolo e insignificante. Tutti rifiutano un Dio la cui sapienza è la follia e l'impotenza dell'amore. Noi lo pensiamo e lo vogliamo diverso. La nostra mancanza di fede è così incredibile che il Signore stesso se ne meraviglia.

In Gesù ci troviamo davanti allo scandalo di un Dio fatto carne, che sottostà alla legge della fatica umana e del bisogno, del lavoro e del cibo, della veglia e del sonno, della vita e della morte. Lo vorremmo diverso. Ci piacerebbe condividere le sue caratteristiche divine, ma non ci piace che egli condivida le nostre prerogative umane, delle quali volentieri faremmo a meno.

Il cristiano e la Chiesa devono sempre misurarsi sulla carne di Gesù, venduta per trenta sicli, il prezzo di un asino o di uno schiavo.

La prima eresia - è e sarà sempre la prima! - non consistette nel negare la divinità di Cristo, ma nel minimizzare e trascurare l'umanità di Gesù che nella sua debolezza e stoltezza crocifissa è la salvezza per tutti. Il cardine della salvezza è la carne crocifissa e risorta di Cristo.

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03/02/2012 11:23
 
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padre Lino Pedron


I discepoli sono partiti e la scena è vuota. Marco la riempie con due brani che servono d'intermezzo: l'opinione di Erode su Gesù e l'assassinio di Giovanni Battista. Questo episodio, collocato tra l'invio in missione dei discepoli e il loro ritorno, acquista un significato preciso: è un segno premonitore dell'opposizione e del martirio riservati a Gesù e ai suoi discepoli.
Questo brano del vangelo ci dà la versione "religiosa" della morte del Battista. Flavio Giuseppe ci dà quella "politica". Leggiamo in Antichità giudaiche 18, 119: "Erode, temendo che egli con la sua grande influenza potesse spingere i sudditi alla ribellione (sembrando in effetti disposti a fare qualsiasi cosa che egli suggerisse loro), pensò che era meglio toglierlo di mezzo prima che sorgesse qualche complicazione per causa sua, anziché rischiare di non potere poi affrontare la situazione. E così, per questo sospetto di Erode, egli fu fatto prigioniero, inviato nella fortezza di Macheronte e qui decapitato".
Quando i profeti mettono il dito sulla piaga e arrivano al nocciolo della questione, sono tolti di mezzo senza scrupoli. La testa di Giovanni Battista su un vassoio, nel pieno svolgimento di un banchetto, può sembrare una "portata" insolita. A pensarci bene, non è poi un "piatto" tanto raro: quante decapitazioni durante pranzi, cene?!
Questo brano, posto dopo l'invio in missione dei Dodici, indica il destino del missionario, del testimone di Cristo. In greco, testimone si dice "martire".
La morte di Giovanni prelude la morte di Gesù e di quanti saranno inviati. Ciò può sembrare poco confortante, ma l'uomo deve comunque morire. La differenza della morte per cause naturali e martirio sta nel fatto che la prima è la fine, il secondo è il fine della vita. Il martire infatti testimonia fin dentro ed oltre la morte, l'amore che sta a principio della vita.
Il banchetto di Erode nel suo palazzo fa da contrappunto a quello imbandito da Gesù nel deserto, descritto immediatamente di seguito (Mc 6,30-44). Il primo ricorda una nascita festeggiata con una morte; il secondo prefigura il memoriale della morte del Signore, festeggiato come dono della vita.
Gli ingredienti del banchetto di Erode sono ricchezza, potere, orgoglio, falso punto d'onore, lussuria, intrigo, rancore e ingiustizia e, infine, il macabro piatto di una testa mozzata. La storia mondana non è altro che una variazione, monotona fino alla nausea, di queste vivande velenose.
Il banchetto di Gesù invece ha la semplice fragranza del pane, dell'amore che si dona e germina in condivisione e fraternità.

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08/02/2012 10:58
 
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padre Lino Pedron


Il far comprendere le cose ai discepoli è uno dei punti fissi che incontriamo nell'insegnamento di Gesù e costituisce un costante avvertimento a riflettere sulle sue parole e sulle sue azioni con una fede più profonda.
Gesù spiega ai suoi discepoli che alla base della parabola si trova l'immagine dei cibi, i quali vengono introdotti nell'uomo dall'esterno, andandosene per la loro via naturale. Il mangiare e l'eliminare i cibi non hanno nulla a che vedere con la "purità" intesa in senso morale e religioso.
Egli prende una posizione libera e coraggiosa di fronte agli ebrei, che coltivavano non pochi tabù, tra cui ideologie antiquate circa l'"impurità" di determinati cibi e animali e il contaminarsi con fatti naturali (nel campo sessuale) e col contatto con i lebbrosi e con i cadaveri.
L'insegnamento di Gesù viene ripreso dagli apostoli: "Tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie, perché esso viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera" (1Tm 4,4-5).
Pur valutando positivamente la creazione, pur apprezzando l'uomo e la sua rassomiglianza con Dio, l'esperienza del mondo ci dimostra che la creatura umana è affetta da un'oscura e misteriosa inclinazione al male, sorgente dell'immoralità, del peccato e di ogni vizio. E a questo punto del vangelo segue un lungo catalogo di vizi, la cui sorgente è il cuore dell'uomo.
Non è ciò che entra nell'uomo che lo contamina, ma quello che esce dal suo cuore. Ognuno deve dare importanza alla conversione radicale del cuore.
Per Gesù il cuore dev'essere pulito, libero, retto. Si tratta di creare una situazione interiore degna di Dio, perché è lì che egli si rivela e abita. "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" (Mt 5,8). L'autenticità della vita religiosa si misura dal cuore, cioè dalle scelte libere che escono dall'interno dell'uomo. La santità non consiste in fatti esterni e superficiali, ma nella purezza del cuore.
Il principio del bene e del male è il nostro cuore buono o cattivo, illuminato dall'amore o accecato dall'egoismo. La norma ultima di comportamento per fare la volontà di Dio viene dal discernimento del nostro cuore: siamo mossi da Dio o dal demonio?, dall'amore o dall'egoismo?. Sant'Agostino ha scritto: "Ama, e fa' quello che vuoi!".

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09/02/2012 06:55
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Marco 7,24-30

1) Preghiera

Custodisci sempre con paterna bontà
la tua famiglia, Signore,
e poiché unico fondamento della nostra speranza
è la grazia che viene da te,
aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro... 




2) Lettura

Dal Vangelo secondo Marco 7,24-30
In quel tempo, Gesù, partito da Genesaret, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, voleva che nessuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi.
Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, di origine siro-fenicia. Ed egli le disse: ?Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini?. Ma essa replicò: ?Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli?. Allora le disse: ?Per questa tua parola va?, il demonio è uscito da tua figlia?.
Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n?era andato.



3) Riflessione
? Nel vangelo di oggi vediamo come Gesù si occupa di una donna straniera, appartenente ad un?altra razza e ad un?altra religione, pur essendo ciò proibito dalla legge religiosa di quell?epoca. All?inizio Gesù non se ne vuole occupare, ma la donna insiste ed ottiene ciò che lei vuole: la guarigione della figlia.
? Gesù sta cercando di aprire la mentalità dei discepoli e della gente oltre la visione tradizionale. Nella moltiplicazione dei pani, lui aveva insistito nella condivisione (Mc 6,30-44), aveva dichiarato puri tutti gli alimenti (Mc 7,1-23). In questo episodio della donna cananea, supera le frontiere del territorio nazionale ed accoglie una donna straniera che non era del popolo e con cui era proibito parlare. Queste iniziative di Gesù, nate dalla sua esperienza di Dio Padre, erano estranee alla mentalità della gente dell?epoca. Gesù aiuta la gente ad uscire dal suo modo di sperimentare Dio nella vita.
? Marco 7,24: Gesù esce dal territorio. Nel vangelo di ieri (Mc 7,14-23) e dell?altro ieri (Mc 7,1-13), Gesù aveva criticato l?incoerenza della ?Tradizione degli Antichi? ed aveva aiutato la gente e i discepoli ad uscire dalla prigione delle leggi della purezza. Qui, in Marco 7,24, lui esce dalla Galilea. Sembra voler uscire dalla prigione del territorio e della razza. Trovandosi all?estero, lui non vuole essere riconosciuto. Ma la sua fama era giunta prima. La gente ricorre a Gesù.
? Marco 7,25-26: La situazione. Una donna arriva vicino a Gesù e comincia a chiedere aiuto per sua figlia che è malata. Marco dice in modo esplicito che lei appartiene ad un?altra razza e ad un?altra religione. Ciò vuol dire che era pagana. Lei si lancia ai piedi di Gesù e comincia a supplicare la guarigione della figlia che era posseduta da uno spirito immondo. Per i pagani non era un problema ricorrere a Gesù. Per i giudei vivere con i pagani era invece un problema!
? Marco 7,27: La risposta di Gesù. Fedele alle norme della sua religione, Gesù dice che non conviene togliere il pane ai figli per darlo ai cagnolini. Frase dura. Il paragone veniva dalla vita in famiglia. Ancora oggi, bambini e cani sono ciò che abbonda maggiormente nei quartieri poveri. Gesù afferma una cosa: nessuna madre toglie il pane dalla bocca dei figli per darlo ai cani. In questo caso, i figli erano il popolo ebreo e i cagnolini, i pagani. Al tempo dell? AT, a causa di rivalità tra i popoli, la gente soleva chiamare l?altro popolo ?cane? (1Sam 17,43). Negli altri vangeli, Gesù spiega il perché del suo rifiuto: ?Sono stato mandato solo per le pecore perdute della casa di Israele!? (Mt 15,24). Cioè: ?Il Padre non vuole che io mi occupi di questa donna!?
? Marco 7,28: La reazione della donna. Lei è d?accordo con Gesù, ma allarga il paragone e lo applica al suo caso: ?Gesù, è vero, ma anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dal tavolo dei figli!? E? come se dicesse: ?Se sono un cagnolino, allora ho il diritto dei cagnolini, cioè: le briciole mi appartengono!? Lei trae semplicemente conclusioni dalla parabola che Gesù aveva raccontato e dimostra che perfino nella casa di Gesù, i cagnolini mangiavano le briciole cadute dal tavolo dei figli. E nella ?casa di Gesù?, cioè, nella comunità cristiana, la moltiplicazione dei pani per i figli era talmente abbondante che erano rimasti dodici cesti pieni (Mc 6,42) per i ?cagnolini?, cioè per lei, per i pagani!
? Marco 7,29-30: La reazione di Gesù: ?Per questa tua parola, và. Il demonio è uscito da tua figlia!? Negli altri vangeli si esplicita: ?Grande è la tua fede! Sia fatto come tu vuoi!? (Mt 15,28). Se Gesù accoglie la richiesta della donna, è perché capisce che ora il Padre voleva che lui accogliesse la sua richiesta. Questo episodio aiuta a capire qualcosa del mistero che avvolgeva la persona di Gesù e la sua vita con il Padre. Osservando le reazioni e gli atteggiamenti delle persone, Gesù scopre la volontà del Padre negli eventi della vita. L?atteggiamento della donna apre un nuovo orizzonte nella vita di Gesù. Grazie a lei, lui scopre meglio il progetto del Padre per tutti coloro che cercano la vita e di liberarsi dalle catene che imprigionano la loro energia. Cosi, lungo le pagine del vangelo di Marco, c?è un? apertura crescente in direzione degli altri popoli. In questo modo, Marco porta i lettori ad aprirsi nei confronti della realtà del mondo che li circonda, ed a superare i preconcetti che impedivano la convivenza pacifica tra la gente. Questa apertura verso i pagani appare in modo molto chiaro nell?ordine finale dato da Gesù ai discepoli, dopo la sua risurrezione: ?Andate per il mondo intero e proclamate il Vangelo a tutte le genti? (Mc 16,15).



4) Per un confronto personale

? Cosa fai tu concretamente per vivere in pace con persone delle altre chiese cristiane? Nel quartiere dove abiti, ci sono persone di altre religioni? Quali? Parli normalmente con persone di altre religioni?
? Qual è l?apertura che questo testo richiede da noi, oggi, nella famiglia e nella comunità? 




5) Preghiera finale

Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.
Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza.
 (Sal 105)

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10/02/2012 08:11
 
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padre Lino Pedron


Nel territorio della Decapoli (che significa "dieci città") portano a Gesù un uomo sordo e muto, supplicandolo di imporgli le mani. Gesù conduce quest'uomo in disparte dalla folla, mette della saliva nelle orecchie e gli tocca la lingua; poi alzando gli occhi al cielo emette un sospiro e dice: "Effatà" cioè "Apriti". La citazione in lingua aramaica vuole riportarci la parola detta da Gesù, che parlava aramaico. Di fronte a questo avvenimento viene spontaneo il ricordo del testo di Isaia:" Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio. Allora si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi ai sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto" (Is 35,4-6).
L'uomo diventa la parola a cui presta ascolto e dà risposta. Se ascolta Dio diventa Dio, se ascolta il demonio diventa demonio. Eva ha ascoltato il maligno e ha partorito tutto il male del mondo. Maria ha ascoltato Dio e ha partorito tutto il bene dell'umanità.
Dio è parola, comunicazione e dono di sé. L'uomo è prima di tutto orecchio, e poi lingua. Ascoltando Dio è in grado di rispondergli: entra in dialogo con lui. La religione cristiana è la religione della parola e dell'ascolto, della comunicazione con Dio che ci parla. Per questo, essere sordi e muti (nel senso religioso) è il più grande dei mali.
Con questo miracolo Gesù ci fa capire che cosa vuole operare nei suoi ascoltatori. Noi tutti siamo spiritualmente sordi, chi più chi meno; anche coloro che ascoltano la parola di Dio rischiano di essere dei sordi selettivi, ossia ascoltano quello che fa comodo e eliminano automaticamente tutto quello che può turbare il loro placido sonno. Gesù è il medico venuto a ridarci la capacità di dialogo con Dio e con i fratelli. Il cristiano, forse come tutti, è un fenomenale divoratore di tante chiacchiere, ma risulta sovente sordo e muto davanti alla Parola che lo fa uomo e figlio di Dio.
Gesù è venuto per guarire il mutismo e la sordità dall'umanità per farla diventare il vero popolo di Dio, un popolo che ascolta e risponde a colui che gli dice:" Ascolta, Israele!" (Dt 6,4-5); " Ascoltate!" (Mc 4,3); "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!" (Mc 9,7).
Chi professa la fede cristiana è, di professione, un ascoltatore di Gesù.
A parlare non si impara nulla, ad ascoltare gli stupidi si diventa stupidi, ad ascoltare i saggi si diventa saggi, ad ascoltare Dio si diventa Dio.

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11/02/2012 09:33
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Custodisci sempre con paterna bontà
la tua famiglia, Signore,
e poiché unico fondamento della nostra speranza
è la grazia che viene da te,
aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro... 




2) Lettura

Dal Vangelo secondo Marco 8,1-10
In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: ?Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano?.
Gli risposero i discepoli: ?E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto??. E domandò loro: ?Quanti pani avete??. Gli dissero: ?Sette?.
Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli.
Così essi mangiarono e si saziarono: e portarono via sette sporte di pezzi avanzati. Erano circa quattromila. E li congedò.
Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanuta.



3) Riflessione

? Il testo del vangelo di oggi riporta la seconda moltiplicazione dei pani. Il filo di unione dei diversi episodi di questa parte del vangelo di Marco è l?alimento, il pane. Dopo il banchetto di morte (Mc 6,17-29), viene il banchetto della vita (Mc 6,30-44). Durante la traversata del lago, i discepoli hanno paura, perché non hanno capito nulla del pane moltiplicato nel deserto (Mc 6,51-52). Poi Gesù dichiara puri tutti gli alimenti (Mc 7,1-23). Nella conversazione di Gesù con la donna cananea, i pagani mangiano le briciole che cadono dal tavolo dei figli (Mc 7,24-30). E qui nel vangelo di oggi, Marco racconta la seconda moltiplicazione del pane (Mc 8,1-10).
? Marco 8,1-3: La situazione della gente e la reazione di Gesù. La moltitudine, che si riunisce attorno a Gesù nel deserto, non aveva cibo da mangiare. Gesù chiama i discepoli ed espone loro il problema: ?Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano!? In questa preoccupazione di Gesù spuntano due cose molto importanti: a) La gente dimentica la casa ed il cibo e va dietro a Gesù nel deserto! Segnale, questo, che Gesù destava molta simpatia, fino al punto che la gente gli va dietro nel deserto e rimane con lui tre giorni! b) Gesù non ordina di risolvere il problema. Esprime solo la sua preoccupazione ai discepoli. Sembra un problema senza soluzione.
? Marco 8,4: La reazione dei discepoli: Il primo malinteso. I discepoli pensano dopo ad una soluzione, secondo cui qualcuno doveva portare pane per la gente. Non passa loro per la testa che la soluzione possa venire dalla gente stessa. Dicono: ?E come si potrebbe sfamarli qui, nel deserto?? In altre parole, pensano ad una soluzione tradizionale. Qualcuno deve trovare il denaro, comprare pane e distribuirlo alla gente. Essi stessi percepiscono che, in quel deserto, questa soluzione non è vivibile, ma non vedono altra possibilità per risolvere il problema. Ossia: se Gesù insiste nel non rimandare la gente a casa, non ci sarà soluzione per sfamarla!
? Marco 8,5-7: La soluzione trovata da Gesù. Prima di tutto, chiede quanti pani hanno: ?Sette!? Poi manda la gente a sedersi. Dopo, Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.? E fece lo stesso con i pesci. Come nella prima moltiplicazione (Mc 6,41), il modo in cui Marco descrive l?atteggiamento di Gesù, ricorda l?Eucaristia. Il messaggio è questo: la partecipazione nell?Eucaristia deve condurci al dono ed alla condivisione del pane con coloro che non hanno pane.
? Marco 8,8-10: Il risultato. Tutti mangeranno, rimarranno sazi e avanzerà pane! Soluzione inattesa, nata all?interno della gente, con i pochi pani che avevano portato! Nella prima moltiplicazione, avanzarono dodici cesti. Qui, sette. Nella prima, servirono per cinque mila persone. Qui per quattro mila. Nella prima c?erano cinque pani e due pesci. Qui, sette pani e qualche pesce.
Il pericolo dell?ideologia dominante. I discepoli pensavano in un modo, Gesù pensa in un altro modo. Nel modo di pensare dei discepoli spunta l?ideologia dominante, il modo comune di pensare delle persone. Gesù pensa in modo diverso. Non è per il fatto di andare con Gesù e di vivere in una comunità che una persona è già santa e rinnovata. In mezzo ai discepoli, sempre di nuovo, spunta una vecchia mentalità, a causa del ?fermento di Erode e dei farisei? (Mc 8,15), cioè, l?ideologia dominante, aveva radici profonde nella vita di quella gente. La conversione richiesta da Gesù è una conversione di fondo. Lui vuole sradicare i vari tipi di ?fermento?:
* il ?fermento? della comunità rinchiusa in sé stessa, senza apertura. Gesù risponde: ?Chi non è contro è a favore!" (Mc 9,39-40). Per Gesù, ciò che importa non è se la persona faccia parte o meno della comunità, ma se si prodighi o meno nel fare il bene che la comunità deve fare.
* il ?fermento? del gruppo che si considera superiore agli altri. Gesù risponde: "Voi non sapete di quale spirito siete animati" (Lc 9,55).
* il ?fermento? della mentalità di classe e di competitività, che caratterizzava la società dell?Impero Romano e che si infiltrava già nella piccola comunità che stava appena cominciando. Gesù risponde: "Il primo sia l?ultimo" (Mc 9, 35). E? il punto su cui insiste di più e il punto più forte della sua testimonianza: ?Non sono venuto per essere servito, ma per servire? (Mc 10,45; Mt 20,28; Jo 13,1-16).
* il ?fermento? della mentalità della cultura dell?epoca che emarginava i piccoli, i bambini. Gesù risponde: ?Lasciate che i piccoli vengano a me!? (Mc 10,14). Lui addita i piccoli quali professori degli adulti: ?Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà? (Lc 18,17).
Come avveniva al tempo di Gesù, anche oggi la mentalità neoliberale rinasce e spunta nella vita delle comunità e delle famiglie. La lettura del Vangelo, fatta in comunità, può aiutarci a cambiare la vita e la visione e a continuare a convertirci ed essere fedeli al progetto di Gesù.



4) Per un confronto personale

? Possiamo sempre incorrere in malintesi con amici e nemici. Qual è il malinteso tra Gesù e i discepoli in occasione della moltiplicazione dei pani? Come affronta Gesù questi malintesi? Nella tua casa, con i tuoi vicini o nella comunità, ci sono stati malintesi? Come hai reagito? La tua comunità ha avuto malintesi o conflitti con le autorità civili o ecclesiali? Com?è andata?
? Qual è il fermento che oggi impedisce la realizzazione del vangelo e che deve essere eliminato? 




5) Preghiera finale

Signore, tu sei stato per noi un rifugio
di generazione in generazione.
Prima che nascessero i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, Dio. 
(Sal 89)

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12/02/2012 09:17
 
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padre Paul Devreux


Oggi Gesù guarisce un lebbroso.

Erano considerati come dei morti ambulanti.
L'unico modo che la società aveva trovato per difendersi dal contagio era isolarli, ma visibilmente un qualche modo per rimanere in contatto con il mondo dei normali l'avevano, magari tramite qualche parente che furtivamente gli portava da mangiare, tanto è vero che uno di questi viene a sapere delle guarigioni operate da Gesù e cerca d'incontrarlo. Gesù sta evangelizzando tutta la Galilea, e quindi si sposta da un paese all'altro. Non potendolo avvicinare in città, il lebbroso avrà approfittato di uno di questi trasferimenti per avvicinarlo in campagna, e lo fa supplicandolo umilmente, in ginocchio. Dice: "Se vuoi, puoi purificarmi!".

Dice "purificarmi" e non guarirmi perché associavano la malattia ad un peccato. Questo era molto brutto perché oltre ad essere malato, sentiva che doveva scontare un qualche peccato spesso sconosciuto. Con questo senso di colpa addosso il povero lebbroso si avvicina a Gesù con lo stato d'animo di chi non può pretendere nulla.

Gesù sente compassione per quest'uomo, tanto che allunga la mano e lo tocca. Questo equivale a dire che lo fa entrare nella sua vita e accetta il rischio del contagio. Così lo salva e il lebbroso torna ad essere una persona normale che può reintegrarsi nella società dove si metterà ad annunciare la buona notizia di Gesù che viene a salvare l'uomo, come ha salvato lui, mentre Gesù dovrà starsene fuori delle città, in luoghi deserti, un po' perché tutti lo cercano, ma anche perché ormai è un impuro, è uno di loro. I ruoli si invertono e questo ci fa intuire quanto queste guarigioni costano a Gesù.

Oggi non sappiamo cosa sia la lebbra perché difficilmente incontriamo un lebbroso nei nostri paesi, ma di lebbrosi in senso figurato, cioè gente che non vogliamo né vedere né toccare né tantomeno essere toccati da loro, dalle loro situazioni, dal loro vissuto, ce ne sono tanti, e tutti sognano quella mano tesa che Gesù è riuscito a dare a quel lebbroso.

Anche noi abbiamo trovato dei sistemi per tenerli lontano da noi: i confini, le carceri, le case di riposo, gli ospedali, le porte e soprattutto i ragionamenti con i quali giustifichiamo il nostro comportamento per poterci sentire sempre la coscienza a posto.

Gesù non ha avuto paura di diventare uno di loro. Non ha avuto paura di essere avvicinato e di avvicinarli. Ha persino osato toccarli, dopo di che non poteva più toccare nessuno, non poteva più fare una carezza ad un bambino perché ormai era uno di loro e doveva rimanere fuori dalle citta.

Questo succede a chiunque accetta di condividere le situazioni dei poveri, per lo meno tutto il tempo in cui lo fa; stai con loro e diventi uno di loro. Gli altri ti diranno anche bravo, ma poi non li vedi più: è normale, sei dall'altra parte del muro. C'è tutt'oggi un confine che separa chi ha diritto alla vita da chi no, e abbiamo il terrore che qualcuno o qualcosa ci acchiappi e ci porti dall'altra parte del muro diventando anche noi come i lebbrosi, senza salute, autonomia, lavoro, documenti, dignità, diritti, libertà. Lebbroso è chiunque vive una realtà che non voglio vivere.

Immagina di essere un bravo volontario che accompagna un barbone incontrato per strada ad un centro di accoglienza. Come reagisci se il responsabile del centro, dove presenti il tuo assistito, ti domanda: "E' suo padre?"

Gesù non ha avuto paura di chiamarci fratelli.

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13/02/2012 05:42
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
"Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno?"

Come vivere questa Parola?
Il profondo respiro è sintomatico di qualcosa che fa soffrire Gesù. E quell'interrogativo che segue rende palese il motivo della sua disapprovazione.
La gente spesso, oggi come ieri, vuole un segno dall'Alto. Vuol mettere alla prova Dio e pretende d'interpretarne il volere. Se succede questo, vuol dire che Dio punisce. Se succede quest'altro, è segno che Dio benedice. Se a quel tale è venuto "un malaccio" (cancro, per esempio) è segno che Dio lo castiga, perché ha commesso questo male e quest'altro. Se la fabbrica di quel tale funziona a meraviglia e produce fior di quattrini, è segno che Dio lo benedice. È una "lettura" molto banale e fuorviante del modo di rapportarsi di Dio con noi. Anzitutto se entriamo un po' nella conoscenza di lui come mistero, non ci sogniamo affatto di chiedere segni. Sappiamo una cosa: Dio è pura trascendenza, fuori, del tutto fuori e superiore infinitamente alle nostre categorie. La certezza però di fondo è questa: Dio è AMORE. Ce lo ha rivelato Lui, soprattutto con l'incarnazione la passione e la morte del Signore Gesù. È questo il vero segno. Di qui si evidenzia che è presuntuoso e stolto chiedere altri segni. Può darsi che Lui voglia darcene: quando e come crede. Ce lo farà capire. A noi il fidarci con pieno abbandono.

Signore, ti prego, fammi semplice nel cuore. E aumenta la mia fede, in modo che io sappia vedere gli infiniti segni della tua bontà nel "segno" superiore: il segno per eccellenza che è Gesù crocifisso e risorto che sospinge la storia ad approdi di salvezza.

La voce di un Padre della Chiesa
L'occhio della fede, con la pupilla della semplicità, riconosce la voce di Dio appena questa si fa sentire. La luce della sua parola si fa strada nell'uomo: egli le va gioiosamente incontro e la accoglie in sé.
Filosseno di Mabbug,

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14/02/2012 06:12
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Andate a tutto il mondo... parlerò io

"Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi". I due di turno, inviati come i primi per la messe del Signore, con la stessa missione, come annunciatori del vangelo di Gesù Cristo e della sua pace, sono i fratelli santi, Cirillo monaco e Metodio vescovo. Fanno parte della schiera numerosissima dei missionari e degli apostoli della fede cristiana, ma la loro santità, che ulteriormente li affratella, è legata alla divina e umana sapienza con cui hanno espletato il loro ministero. Hanno compreso appieno che con la fede cristiana vanno coniugati altri valori di civiltà e di crescita, che mirabilmente concorrono ad elevare tutto l'uomo verso Dio. La sapienza cristiana, dono dello Spirito Santo, messa a servizio dell'uomo e di intere popolazioni, diventa motivo di crescita sia nel campo della fede, sia in tutto ciò che giova ad elevare la qualità della vita in tutti i suoi aspetti. Si diventa così, come è accaduto per due grandi, che oggi celebriamo, annunciatori della verità di Dio, costruttori di pace, animatori di un sano progresso. Gli strumenti sono quelli di sempre, quelli che, lo stesso Signore ha affidato ai suoi, cambia però il modo di porgerli e di realizzarli nella concretezza della storia, nel confronto con culture diverse, con tradizioni diverse, con lingue diverse. I popoli slavi, particolarmente hanno goduto della santità dei due eroi della fede, ma l'Europa intera, li venera e li ricorda con viva e perenne gratitudine. Per questo l'attuale pontefice nel 1980 li ha proclamati patroni del nostro continente, additandoli ad esempio per tutti coloro che hanno il compito di promuovere la crescita degli uomini del nostro tempo, sia nell'ambito religioso, sia in quello civile ed umano. Il Parlamento Europeo nella bozza di costituzione, proposta in questi giorni, sembra abbia dimenticato completamente la storia soprattutto misconosce l'influsso innegabile del cristianesimo sulla nostra civiltà. Cirillo e Metodio, patroni d'Europa, non fanno più parte del parlamento europeo, sono stati indebitamente espulsi e non solo loro due!

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15/02/2012 07:23
 
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padre Lino Pedron
Commento su Marco 8,22-26

Gesù vuole aiutare i suoi discepoli ad aprirsi all'ascolto della verità, a vederci chiaro nella propria vita, a rendersi abili, a parlare correttamente della propria fede. Finché non si vede distintamente, come il cieco guarito, finché non si vede Gesù nella vera luce della sua identità non si è ancora adatti per l'annuncio del vangelo.

Non credere significa diventare come i pagani, che somigliano ai loro idoli i quali "hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono..." (Sal 105,4-6).

In tutta questa sezione del vangelo Gesù rimprovera più volte i suoi discepoli perché non capiscono o non vogliono vedere chiaramente la realtà. Ma, mentre egli fa questi rimproveri, guarisce un sordo e un cieco, e la cosa diventa un segno della guarigione spirituale dei discepoli. Così essi diventeranno capaci di dire (finalmente!): "Tu sei il Cristo!" (Mc 8,29). Ma la loro guarigione non è completa. Infatti, si riveleranno altrettanto chiusi al nuovo insegnamento di Gesù sul cammino del Cristo verso la croce. Gesù avrà di nuovo a che fare con le loro orecchie tappate e i loro occhi ciechi, e la sua difficoltà a guarire fisicamente un sordomuto e un cieco manifesta appunto la difficoltà a guarire il cuore dei discepoli. Marco descrive questi due miracoli come segni di una guarigione interiore: guarigione della sordità e della cecità spirituale.

La guarigione del cieco di Betsaida avviene in due tempi, ed è un fatto unico in tutto il Vangelo: si presta a simboleggiare il viaggio della fede, che avviene progressivamente e non senza esitazioni.

Questa guarigione è un gesto profetico di Gesù e simboleggia lo schiudersi degli occhi dei suoi discepoli alla sua messianicità.

Gesù è l'unica luce che dà la vista, che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Il discepolo è un cieco che sa di esserlo, riconosce l'impossibilità di guarire da solo e lascia che il Signore agisca secondo la sua misericordia.

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16/02/2012 08:37
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Marco 8,27-33

1) Preghiera

O Dio, che hai promesso di essere presente
in coloro che ti amano
e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola,
rendici degni di diventare tua stabile dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo... 



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 8,27-33
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: "Chi dice la gente che io sia?" Ed essi gli risposero: "Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti". Ma egli replicò: "E voi chi dite che io sia?" Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo". E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.
Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi parla della cecità di Pietro che non capisce la proposta di Gesù quando costui parla della sofferenza e della croce. Pietro accetta Gesù messia, ma non messia sofferente. E' influenzato dal "lievito di Erode e dei farisei", cioè, dalla propaganda del governo dell'epoca per cui il messia era un re glorioso. Pietro sembrava cieco. Non si rendeva conto di nulla, ma voleva che Gesù fosse come lui voleva. Per capire bene tutta la portata di questa cecità di Pietro è bene inquadrarla nel suo contesto letterario.
Contesto letterario: Il vangelo di Marco ci trasmette tre annunci della passione e morte di Gesù: il primo in Marco 8,27-38; il secondo in Mc 9,30-37 ed il terzo in Mc 10,32-45. Questo insieme, che va fino a Mc 10,45, è una lunga istruzione di Gesù ai discepoli per aiutarli a superare la crisi prodotta dalla Croce. L'istruzione è introdotta con la guarigione di un cieco (Mc 8,22-26) e alla fine si conclude con la guarigione di un altro cieco (Mc 10,46-52). I due ciechi rappresentano la cecità dei discepoli. La guarigione del primo cieco fu difficile. Gesù dovette farla in due tappe. Anche difficile fu la guarigione della cecità dei discepoli. Gesù dovette procedere ad una lunga spiegazione riguardo al significato della Croce per aiutarli a capire, poiché la croce stava producendo in loro la cecità. Vediamo da vicino la guarigione del cieco.
? Marco 8,22-26: La prima guarigione del cieco. Portano davanti a Gesù un cieco, chiedendo a Gesù di guarirlo. Gesù lo guarisce, ma in modo diverso. Prima, lo porta fuori dal villaggio. Poi mette un poco della sua saliva sugli occhi del cieco, gli impone le mani e chiede: Vedi qualcosa? L'uomo risponde: Vedo persone; sembrano alberi che camminano! Notava solo una parte. Scambiava alberi per persone, o persone per alberi! Gesù lo guarisce solo nel secondo tentativo. Questa descrizione della guarigione del cieco introduce l'istruzione dei discepoli, in realtà il cieco era Pietro. Lui accettava Gesù messia, ma messia glorioso. Vedeva solo una parte! Non voleva l'impegno della Croce! Anche la cecità dei discepoli è guarita da Gesù, in più volte, non in una sola.
? Marco 8,27-30. La scoperta della realtà: Chi dice la gente che io sia? Gesù chiede: "Chi dice la gente che io sia?" Loro rispondono esponendo le diverse opinioni: "Giovanni Battista", "Elia o uno dei profeti". Dopo aver ascoltato le opinioni degli altri, Gesù chiede: "E voi, chi dite che io sia?" Pietro risponde: "Il Signore, il Cristo, il Messia!" Cioè il Signore è colui che la gente sta aspettando! Gesù è d'accordo con Pietro, ma gli proibisce di parlare di ciò con la gente. Perché? Perché in quel tempo tutti aspettavano la venuta del messia, ma ognuno a modo suo: alcuni aspettavano il re, altri il sacerdote, dottore, guerriero, giudice, profeta! Nessuno sembrava che stesse aspettando il messia servo e sofferente, annunciato da Isaia (Is 42,1-9).
? Marco 8,31-33. Primo annuncio della passione. Poi Gesù comincia ad insegnare dicendo che lui è il Messia Servo ed afferma che, come tale Messia Servo annunciato da Isaia, presto sarà condannato a morte nello svolgimento della sua missione di giustizia (Is 49,4-9; 53,1-12). Pietro si spaventa, chiama a parte Gesù per sconsigliarlo. E Gesù gli risponde:"Lungi da me satana. Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"Pietro pensava aver dato la risposta giusta. Infatti, lui dice la parola giusta: "Tu sei il Cristo!" Ma non le dà il senso giusto. Pietro non capisce Gesù. Era come il cieco. Scambiava la gente per alberi! La risposta di Gesù fu durissima: "Lungi da me, satana!" Satana è una parola ebraica che significa accusatore, colui che allontana gli altri dal cammino di Dio. Gesù non permette che qualcuno lo allontani dalla sua missione. Letteralmente il testo dice: "Allontanati da me, satana!" Pietro deve seguire Gesù. Non deve cambiare le carte e pretendere che Gesù segua Pietro.


4) Per un confronto personale

? Tutti crediamo in Gesù. Ma alcuni credono che Gesù sia di un modo, altri di un altro. Qual è oggi l'immagine più comune che la gente ha di Gesù? Qual è la risposta che la gente darebbe oggi alla domanda di Gesù? Ed io che risposta do?
? Cosa ci impedisce oggi di riconoscere in Gesù il messia?





5) Preghiera finale

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino. 
(Sal 33)

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17/02/2012 08:09
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui

Mostrare la propria fede un tempo era un onore, una via per il martirio, per essere in tutto conformi a Cristo Gesù. Oggi invece ci si vergogna non solo di essere cristiani, ma addirittura di professare una qualche idea morale. Si viene subito ridicolizzati se una persona dovesse asserire di credere in questo o in quell'altro comandamento della Legge del Signore, oppure di non voler trasgredire qualche altra legge morale.
Il Salmo ci rivela che è sempre possibile vergognarsi della Legge del Signore. Per questo viene insegnata la preghiera per liberarsi da ogni vergogna: "Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore. Guidami sul sentiero dei tuoi comandi, perché in essi è la mia felicità. Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti e non verso il guadagno. Distogli i miei occhi dal guardare cose vane, fammi vivere nella tua via. Con il tuo servo mantieni la tua promessa, perché di te si abbia timore. Allontana l'insulto che mi sgomenta, poiché i tuoi giudizi sono buoni. Ecco, desidero i tuoi precetti: fammi vivere nella tua giustizia. Venga a me, Signore, il tuo amore, la tua salvezza secondo la tua promessa. A chi mi insulta darò una risposta, perché ho fiducia nella tua parola. Non togliere dalla mia bocca la parola vera, perché spero nei tuoi giudizi. Osserverò continuamente la tua legge, in eterno, per sempre. Camminerò in un luogo spazioso, perché ho ricercato i tuoi precetti. Davanti ai re parlerò dei tuoi insegnamenti e non dovrò vergognarmi. La mia delizia sarà nei tuoi comandi, che io amo. Alzerò le mani verso i tuoi comandi che amo, mediterò i tuoi decreti" (Salmo 119 (118) 33-48). Questa preghiera va fatta ogni giorno, perché facile cadere nella vergogna e per rispetto umano disobbedire alla Legge santa del nostro Dio e Signore.
Cosa significa per noi discepoli di Gesù non vergognarci di Lui? Significa che con fermezza di mente e di cuore, con profondo convincimento del nostro spirito, con la verità piena che abita nel nostro intimo, dobbiamo proclamare dinanzi al mondo intero che Lui è il solo, l'unico, il vero Redentore, Salvatore dell'umanità. Non ve ne sono altri. Solo Lui è stato costituito dall'unico vero Dio, suo unico e solo Mediatore di verità e di grazia. Solo in Lui si conosce il vero Dio e solo per Lui il vero Dio viene e prende dimora nel nostro cuore. Dove Cristo è assente, anche il vero Dio è assente e noi siamo nella nostra idolatria ed empietà che consuma e distrugge la nostra vita.
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».
Riconoscere Cristo Gesù dinanzi agli uomini significa altresì che la sua Parola è la sola di vita eterna. Tutte le altre: filosofiche, teologiche, psicologiche, antropologiche, rituali, occasionali, momentanee, sono tutte parole che devono trovare la verità in quella di Gesù Signore. Gesù ci chiede di scegliere sempre la sua Parola, senza alcuna vergogna o rispetto umano. Se noi ci vergogniamo di Lui sulla terra, perché non lo abbiamo testimoniato come il nostro unico e solo Redentore e Salvatore, anche Lui si vergognerà di noi dinanzi al Padre suo che è nei cieli e per noi non ci sarà posto nel suo Paradiso. Saremo condannati alla morte eterna. Se invece lo avremo testimoniato e avremo scelto sempre la sua Parola come norma di vita, il Paradiso sarà nostro.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni di Gesù.

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18/02/2012 08:04
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Come sta scritto del Figlio dell'uomo?

L'Antico Testamento contiene nelle sue pagine tutta la vita di Gesù Signore. Ecco come il Salmo parla della sua fine: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido! Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c'è tregua per me. Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d'Israele. In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti; a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi. Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente. Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere, a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. Non stare lontano da me, perché l'angoscia è vicina e non c'è chi mi aiuti. Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tori di Basan. Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce. Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere. Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte. Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Essi stanno a guardare e mi osservano: si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l'unico mio bene. Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali" (Cfr Sal 22 (21) 1-32). Tutto ciò che è scritto di Lui, Gesù dovrà compierlo nella sua carne, in ogni sua parte. Nulla dovrà essere tralasciato. Tutto dovrà essere portato a compimento.
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell'uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».
La croce è scandalo per un giudeo come Pietro che attendeva il regno di Dio venire con travolgente potenza. Oggi Mosè, Elia, lo stesso Padre Celeste dicono a Pietro che la verità del Messia è quella proclamata da Cristo Gesù. A questa verità lui dovrà convertirsi. È in questa verità la vita del mondo intero. Pietro è però duro d'orecchio. Non sente per il momento. Comprenderà dopo, quando lo Spirito Santo si sarà posato sopra di lui. Anche se non comprende, una cosa è giusto che la sappia fin da subito: i pensieri del mondo, i suoi pensieri, non sono i pensieri della Scrittura e neanche quelli di Dio. Dio e la Rivelazione sono con Gesù, non sono con lui. Questa scienza che Gesù gli dona sul monte dovrà farlo meditare, pensare, riflettere. Il dono della verità piena è la prima e fondamentale via per la salvezza di una persona. Se la verità viene taciuta, nascosta, non rivelata, quale salvezza vi potrà mai essere? Nessuna. Mai.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la più pura verità.

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19/02/2012 06:43
 
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mons. Gianfranco Poma
Figlio, i tuoi peccati sono perdonati!

Nella VII domenica del tempo ordinario, iniziamo la lettura del secondo capitolo del Vangelo di Marco (Mc.2,1-12), con la prima delle cinque controversie nelle quali Gesù comincia a sperimentare i contrasti con i responsabili religiosi, scribi e farisei, che lo condurranno alla Croce. Queste controversie riflettono i forti dibattiti sostenuti dalla prima comunità cristiana, che riguardano le relazioni esterne con la comunità ebraica e pure le polemiche interne tra tendenze diverse tra cristiani. Solo ricollocando le pagine evangeliche nel contesto della vita che le ha generate, possiamo comprenderne la sorprendente attualità. La lettura del Vangelo ci invita a prendere atto sinceramente di quanto le situazioni della nostra comunità cristiana assomiglino a quelle della prima comunità: rimangono le nostre tensioni, legalismi e fariseismi, le nostre fragilità, e rimane Lui che continua a condividere la nostra fragilità, a prenderci per mano, a scuoterci, ad amarci.
"Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao". Nel primo capitolo Marco ha descritto la giornata tipica di Gesù, a Cafarnao, nella casa di Simone e Andrea: già sono presenti i grandi temi del Vangelo con al centro l'identità di Gesù, il mistero della sua potente autorevolezza, che si manifesta discendendo sino a "contaminarsi" con il lebbroso.
Adesso di nuovo, "in casa", riprende la narrazione degli eventi e con essa, la manifestazione dell'identità di Gesù e l'iniziazione alla relazione autentica con Lui.
Ancora una volta, Marco ci avverte della presenza della folla: ormai sappiamo che la sua fama si è diffusa.sono accorsi talmente in tanti che tutto lo spazio è esaurito, persino di fronte alla porta della casa e "diceva a loro la parola". "Nella casa" tutto è bello, entusiasmante! Come quando riescono bene le "nostre" iniziative: bene la programmazione, bene la realizzazione, bene il risultato! Ma il giudizio di Gesù qual è?
"E vengono portando a Lui un paralitico, sollevato da quattro, ma non potendo portarlo fino a Lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto dove Lui stava.": dunque la folla che riempie la casa, lo rinchiude; la parola che dice a loro non può essere ascoltata da chi sta lontano. Tutto ciò che è narrativo, diventa simbolico: il paralitico diventa il simbolo dell'uomo che non può reggersi da solo e dai quattro (forse i quattro discepoli) è portato a Lui, ma non può incontrarlo perché il perimetro chiuso della "casa" impedisce, la folla ostacola e nessuno si sposta. Una "casa" diventata autoreferenziale, preoccupata di se stessa e della propria riuscita, annuncia il Vangelo o lo ostacola?
"Scoperchiarono il tetto dove Lui era.". Deve avere un significato intenso questo, se Marco dice: "Vedendo Gesù la loro fede, dice al paralitico: Figlio, sono perdonati i tuoi peccati". Nel gesto compiuto perché il paralitico sia collocato presso di Lui, Gesù vede la loro fede, il bisogno che l'uomo ha di Dio, la ricerca personale di Dio che va oltre l'entusiasmo della folla, il coraggio di liberarsi da ogni sovrastruttura con cui l'uomo si difende, per trovarsi, alla fine, di fronte a Colui che lo aspetta per dirgli: "Figlio, sono perdonati i tuoi peccati". La fede è il cammino che l'uomo compie per arrivare a sperimentare "dove è Gesù" e in Lui accogliere il dono del senso nuovo della vita.. Nell'incontro con Lui, l'uomo sperimenta di essere figlio di un Padre che gli dona la vita libera da tutto ciò che lo allontana dal bene e gli impedisce la piena realizzazione di sé. Cercavano la guarigione per il paralitico: Gesù gli dona il perdono, un amore che raggiunge la radice della sua esistenza umana e la cambia svelandogli di essere figlio di un Padre che gli dona la vita di Dio.
Certamente Gesù è cosciente di toccare il cuore del sistema teologico degli scribi presenti e di sconvolgerlo. Essi infatti pensano: "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati se non l'uno, Dio?" Seduti come giudici, la loro contestazione riguarda la sua parola, diventa un'accusa di bestemmia giustificata dalla loro teologia. Certo, la sua Parola ha proclamato una novità che solo Dio può operare: fare della creatura umana un figlio il cui Padre è Dio stesso. Come può un uomo proclamare una realtà che appartiene solo a Dio? O è una bestemmia oppure è una verità che sconvolge il normale modo di concepire Dio, l'uomo, e la loro relazione. Certamente gli scribi hanno percepito l'importanza essenziale della Parola di Gesù, la sua forza liberante per l'uomo: il problema è ascoltare la sua Parola con un cuore aperto e libero per sperimentarne la verità oppure rimanere chiusi nei propri dubbi, nelle proprie concezioni razionali di un Dio gestito da ideologie anche teologiche che non lasciano spazio alla freschezza di un Dio di relazione, fonte di vita per l'uomo in ricerca.
Ed è meravigliosa questa figura di Gesù che Marco descrive stabilendo un netto confronto con gli scribi: da una parte ci sono loro, chiusi in se stessi, nella cerchia dei loro ragionamenti, dall'altra c'è Lui, che parla con loro, abbatte la barriera, entra in relazione, mostra, suscita libertà e attende una risposta.
Direttamente a loro pone due domande: "Perché tenete questi ragionamenti nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire al paralitico.?" E li spinge ad una spietata sincerità con se stessi e riguardo la scala di valori che essi dicono di difendere.
E poi di nuovo dice la sua Parola: "Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha l'autorità di perdonare i peccati, dico a te - dice al paralitico -: 'Alzati e va' a casa tua'". Il cuore della controversia e di ciò che il Vangelo vuole annunciare è la rivelazione dell'autorità del Figlio dell'uomo. Marco nei capitoli successivi, continuerà a precisare il senso misterioso di questa figura: l'essenziale, ora, è l'identificazione del Figlio dell'uomo di cui parla il profeta Daniele, con Gesù, con la carne di questo uomo nella quale è presente ed agisce la forza di Dio.
Gesù proclama la grande, sconvolgente novità: Dio non è una onnipotenza da temere, irraggiungibile da parte dell'uomo in balia del male, chiusa in uno spazio sacro difeso da regole inviolabili. Dio è Padre che ama il Figlio e gli dona tutto, perché condivida il suo amore con il mondo fragile, perché il mondo creda che tutto, anche la fragilità è amore e cominci così, libero da ogni paura, a vivere l'amore. La Parola di Gesù è autorevole perché è Parola piena dell'Amore del Padre. La Parola di Gesù perdona i peccati perché comunica all'uomo la forza, l'Amore, che vince la paura, il sospetto, che l'uomo conserva dentro di sé quando non crede e non si abbandona all'Amore.
"Alzati e va' a casa tua": la Parola di Gesù rimette in piedi il paralitico, il perdono guarisce. Dio non fa più paura all'uomo: Dio è dentro il mondo, nella carne dell'uomo, nella carne amata da Dio, assunta da Lui, condivisa sino alla morte per poter essere pienamente con Lui. La Parola di Gesù libera, non lega, non crea dipendenze: manda "a casa" in piedi, perché l'uomo cominci a vivere. Dio è una forza di perdono immersa nel mondo con la carne di Gesù.
Tutto si chiude in un canto di gioia, di ringraziamento e di lode al Padre.
Il vangelo di Marco, nello sfondo, riflette la vita, le tensioni, i dibattiti della prima comunità, e, oggi, riflette la nostra vita: Gesù ci scuote, ci provoca. Sappiamo noi cantare di gioia per la libertà che Egli ci dona e scuotere il mondo perché si unisca al nostro canto?

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20/02/2012 08:26
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Il tuo aiuto, Padre misericordioso,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere
ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo... 




2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco 9,14-29
In quel tempo, Gesù sceso dal monte e giunto presso i discepoli, li vide circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro.
Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: ?Di che cosa discutete con loro?? Gli rispose uno della folla: ?Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti?. Egli allora, in risposta, disse loro: ?O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me?. E glielo portarono.
Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: ?Da quanto tempo gli accade questo?? Ed egli rispose: ?Dall?infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell?acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci?. Gesù gli disse: ?Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede?. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: ?Credo, aiutami nella mia incredulità?.
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: ?Spirito muto e sordo, io te l?ordino, esci da lui e non vi rientrare più?. E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: ?È morto?. Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.
Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: ?Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?? Ed egli disse loro: ?Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera?.



3) Riflessione 

? Il vangelo di oggi informa che i discepoli di Gesù non furono capaci di scacciare il demonio dal corpo di un ragazzo. Il potere del male fu più grande della loro capacità. Anche oggi, ci sono molti mali che superano la nostra capacità di affrontarli: violenza, droga, guerra, malattie, mancanza di impiego, terrorismo, ecc. Ci sforziamo molto nella vita, ma sembra che invece di migliorare, il mondo peggiori. A che scopo lottare? Con questa domanda in testa, leggiamo e meditiamo il vangelo di oggi.
? Marco 9,14-22: La situazione della gente: disperazione senza soluzione. Scendendo dalla montagna della Trasfigurazione, Gesù incontra molte persone attorno ai discepoli. Un padre era disperato, poiché uno spirito immondo si era impossessato di suo figlio. Con molti dettagli, Marco descrive la situazione del ragazzo posseduto, l?angoscia del padre, l?incapacità dei discepoli e la reazione di Gesù. Colpiscono in particolare due cose: da un lato, la confusione e l?impotenza della gente e dei discepoli dinanzi al fenomeno della possessione, e dall?altro, il potere della fede in Gesù davanti al quale il demonio perde tutta la sua influenza. Il padre aveva chiesto ai discepoli di scacciare il demonio dal ragazzo, ma loro non ne furono capaci. Gesù si spazientisce e dice: ?O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me?. Gesù chiede informazioni sulla malattia del ragazzo. E dalla risposta del padre, Gesù sa che il ragazzo, ?fin da piccolo?, è affetto da una grave malattia che mette in pericolo la sua vita. Il padre chiede: ?Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci!? La frase del padre esprime la situazione ben reale della gente: (a) è incredula, (b) non è in condizioni di risolvere i problemi, ma (c) ha tanta buona volontà.
? Marco 9,23-27: La risposta di Gesù: il cammino di fede. Il padre aveva detto: ?Se puoi fare qualcosa,....!? A Gesù non piacciono queste parole: ?Se il signore può...?. Non è possibile mettere questa condizione, poiché ?tutto è possibile a chi ha fede!? Il padre risponde: Credo, Signore! Ma aiutami nella mia incredulità! La risposta del padre occupa il posto centrale dell?episodio. Indica come deve essere l?atteggiamento del discepolo, che malgrado i suoi limiti e dubbi, deve essere fedele. Vedendo che veniva molta gente, Gesù agì rapidamente. Ordinò allo spirito di uscire dal ragazzo e di non ritornare ?mai più!? Segno del potere di Gesù sul male. Segno anche del fatto che Gesù non voleva una propaganda populista.
? Marco 9,28-29. Approfondimento con i discepoli. In casa, i discepoli vogliono sapere perché non erano stati capaci di scacciare il demonio. Gesù risponde: Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera! Fede e preghiera vanno insieme. Non esiste l?una senza l?altra. I discepoli erano peggiorati. Prima loro erano capaci di scacciare i demoni (cf. Mc 6,7.13). Ora, non più. Cosa manca? Fede o preghiera? Perché manca? Sono domande che escono dal testo ed entrano nella nostra testa in modo da procedere anche noi ad una seria revisione della nostra vita.
L?espulsione dei demoni nel vangelo di Marco. Nel tempo di Gesù, molte persone parlavano di Satana e dell?espulsione dei demoni. La gente aveva paura, e c?erano persone che sfruttavano la paura della gente. Il potere del male aveva molti nomi: Demonio, Diavolo, Belzebù, Principe dei demoni, Satana, Dragone, Dominazioni, Potestà, Sovranità, Bestia-fiera, Lucifero, ecc. (cf. Mc 3,22.23; Mt 4,1; Ap 12,9; Rm 8,38; Ef 1,21). Oggi, tra di noi il potere del male ha anche molti nomi. Basta consultare il dizionario e cercare la parola Diavolo o Demonio. Anche oggi, molta gente disonesta si arricchisce, sfruttando la paura che la gente ha del demonio. Orbene, uno degli obiettivi della Buona Novella di Gesù è, precisamente, aiutare la gente a liberarsi da questa paura. La venuta del Regno di Dio significa la venuta di un potere più forte. L?uomo forte era un?immagine che indicava il potere del male che manteneva la gente imprigionata nella paura (Mc 3,27). Il potere del male opprime le persone e le aliena da sé. Fa in modo che vivano nella paura e nella morte (cf. Mc 5,2). E? un potere così forte che nessuno riesce a frenarlo (cf. Mc 5,4). L?impero romano con le sue ?Legioni? (cf. Mc 5,9), cioè, con i suoi eserciti, era lo strumento usato per mantenere questa situazione di oppressione. Ma Gesù è l? uomo più forte che vince, afferra e scaccia il potere del male! Nella lettera ai Romani, l?apostolo Paolo enumera tutte le possibili potenze o demoni che potrebbero minacciarci e riassume tutto in questo modo: ?Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun?altra creatura potrà mai separarci dall?amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore!? (Rom 8,38-39) Nulla di tutto questo! E le prime parole di Gesù dopo la risurrezione sono: ?Non abbiate paura! Gioite! Non abbiate paura! La pace sia con voi!? (Mc 16,6; Mt 28,9.10; Lc 24,36; Gv 20,21).



4) Per un confronto personale

? Hai vissuto qualche volta un?esperienza di impotenza davanti al male o alla violenza? E? stata un?esperienza solo tua o anche della comunità? Come l?hai vinta?
? Qual è il tipo di potere del male che oggi si vince solo con molta preghiera? 




5) Preghiera finale

Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi. 
(Sal 18)

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21/02/2012 08:44
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Per la via i discepoli avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora Gesù, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".

Come vivere questa Parola? 
"Parlava a dei sordi" ? dice sant'Agostino commentando il vangelo odierno a proposito dei discepoli che "non comprendevano" l'annunzio del tradimento, della passione, della morte e risurrezione del Signore. Questa loro incapacità tuttavia non deve stupire più di tanto. Ciò che invece appare strano è il loro timore di chiedere spiegazioni. A ben riflettere, tuttavia, anche questa è una reazione comprensibile. Qui non tratta di parabole da chiarire in privato, ma del mistero di Dio che passa attraverso la croce, di una prospettiva che cozza contro il buon senso umano. Di più, è una prospettiva che stride con i meschini immediati interessi dei discepoli: "Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande". Ecco perché non osano chiedere spiegazioni: il tema della loro discussione è in netta contraddizione con l'annuncio di Gesù!
Qual è il messaggio per noi? Non ci accada, come ai discepoli, di essere sorpresi nei lacci dell'arrivismo, del voler essere i primi e i migliori, a tutti costi. Soprattutto non ci capiti di spezzare il filo del dialogo con il Signore, diventando sordi alla Sua Parola, per non essere scomodati, messi in discussione, scrollati dal nostro egoismo.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, faccio in preghiera una sorta di esame audiometrico per verificare il mia sensibilità uditiva in ordine alle provocazioni del Vangelo: Qual è il posto che ambisco nel consesso degli uomini: l'ultimo o il primo? Mi faccio servo di tutti?

Rendimi libero, Signore, da ogni forma di avidità e pretesa: primeggiare sugli altri, voler dire sempre l'ultima parola, essere servito. Purifica il mio cuore perché sappia essere semplice e puro nel girotondo dei bambini del regno.
.
La voce dei maestri Zen
Nan-in, un maestro Zen, ricevette un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il thè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il thè, poi non riuscì a contenersi. "E' ricolma. Non c'entra più!". "Come questa tazza", disse Nan-in, "tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?"

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22/02/2012 08:33
 
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Gaetano Salvati
La sana inquietudine

L'itinerario quaresimale si offre ogni anno come un'occasione per rientrare al proprio cuore, e, dopo essere rientrati in se stessi, fare ritorno al Padre. La Quaresima, quindi, è il tempo della purificazione, della preparazione in vista dell'incontro con Cristo risorto. Lo sforzo che la Chiesa propone al credente sta proprio nel rendere possibile la compenetrazione fra il mistero del Signore Gesù e il mistero dell'uomo. Per concretizzare l'incontro con Cristo è necessario trasformare l'intimo, convertirsi. La Quaresima rinnova la possibilità di riandare alle sorgenti della nostra vita di fede e di estirpare, mediante la preghiera e il digiuno, tutto ciò che occlude i pozzi della grazia (Gen 26,15).
La Chiesa, oggi, ci introduce in questo cammino mediante parole e gesti particolari.
La liturgia della Parola ci illumina sul senso e sul modo di vivere la Quaresima. Il profeta Gioele, anticipando il messaggio evangelico, invita il credente a lacerarsi il cuore, più che le vesti (Gl 2,13); a prendere coscienza che Dio è misericordioso e perdona il peccatore pentito. È l'esperienza saggiata dal salmista: "pietà di me, o Dio, nel tuo amore? cancella la mia iniquità" (Sal 50,3); vale a dire, provato dalle delusioni dell'esistenza, Davide si è reso conto che solo Dio desidera ardentemente il suo bene; ma, per tornare a Lui, ha bisogno di cambiare vita (convertirsi), di mutare le abitudini, di volgere lo sguardo verso alti orizzonti. Questo procedimento di fede, che porta il cuore ad unirsi con il Creatore, è illuminato da san Paolo. Egli, pur rivolgendosi ai corinzi, esorta ciascuno di noi a lasciarsi "riconciliare" (2Cor 5,20) con Dio. Non dice "ritornate a lui con le vostre forze"; bensì, affidatevi a Cristo Signore: "perché in lui possiamo diventare giustizia di Dio" (v.21), otteniamo la salvezza. Egli è la ragione per cui è possibile iniziare il percorso di ritorno a Dio. Il Maestro, infatti, desidera che noi apriamo il cuore alla speranza, alla gioia offerta dal suo sacrificio. Dunque, il nostro impegno a crescere, a maturare e a migliorare, non avviene mediante rinunce, ma attraverso la riqualificazione della persona: nel suo nome, l'uomo è capace di riflettere sulle proprie azioni e di ritornare sui suoi passi. In questo senso, il rinnovamento del cuore, portato avanti con la preghiera (Mt 6,5), la pratica della giustizia (v.1), il digiuno (v.16), le opere di carità (v.2), va compiuto nella forma della sana inquietudine (v.17), che ci fa stare distanti dal peccato e in ascolto della verità.
La liturgia odierna ci mostra anche un gesto significativo per il nostro cammino quaresimale: l'imposizione delle ceneri. Tale azione non vuole richiamare la morte, o la tristezza del tempo che scorre inesorabile. Piuttosto, è il simbolo dell'unica realtà che non viene dispersa da alcun vento: la misericordia del Padre. La Chiesa impone le ceneri per ricordare all'uomo che, se vuole vedere Dio, è necessario non ricercare se stessi, ma, con il capo piegato e deterso dall'amore infinito della Trinità, vivere in comunione con tutti i fratelli e sorelle.
Sentiamo, allora, la quaresima come una questione di cuore: il Signore vuole salvarci e cerca la nostra collaborazione. Affidandoci a Colui che solo può mutare l'esistenza, riusciremo a mettere in questione il nostro intimo: chi amo? Chi da senso e letizia alla mia esistenza? Solo se chiudiamo la "porta della stanza", cioè senza farci distrarre dal frastuono del mondo, riusciremo ad ascoltare il Signore: io ti amo, io do senso e letizia al tuo cuore, a tutta la tua persona. In quest'amore, iniziamo la Quaresima. Amen.

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23/02/2012 08:28
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Luca 9,22-25

1) Preghiera

Ispira le nostre azioni, Signore,
e accompagnale con il tuo aiuto,
perché ogni nostra attività
abbia sempre da te il suo inizio
e in te il suo compimento.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 9,22-25
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".
E, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?"

3) Riflessione

? Ieri abbiamo incominciato il tempo della Quaresima. Finora la liturgia quotidiana seguiva il vangelo di Marco, passo a passo. A partire da ieri fino al giorno di Pasqua la sequenza delle letture del giorno sarà data dalla tradizione antica della quaresima con le sue letture, già fisse, che ci aiuteranno ad entrare nello spirito della quaresima e della preparazione alla Pasqua. Fin dal primo giorno, la prospettiva è quella della Passione, Morte e Risurrezione e del senso che questo mistero ha per la nostra vita. E' quanto ci viene proposto nel testo assai breve del vangelo di oggi. Il testo parla della passione, morte e risurrezione di Gesù ed afferma che seguire Gesù vuol dire caricarsi la croce dietro Gesù.
? Poco prima, in Luca 9,18-21, Gesù chiede: "Chi dice la gente che io sia?". Loro risposero indicando le diverse opinioni: "Giovanni Battista, Elia o uno degli antichi profeti". Dopo aver ascoltato le opinioni degli altri, Gesù chiese: "E voi, chi dite che io sia?" Pietro rispose: "Il Cristo di Dio!", ossia il signore è colui che è atteso dalla gente! Gesù era d'accordo con Pietro, ma proibì di parlarne alla gente. Perché Gesù lo proibisce? Perché in quel tempo tutti aspettavano il messia, però ciascuno a modo suo: alcuni come re, altri come sacerdote, dottore, guerriero, giudice o profeta! Gesù pensa in modo diverso. Lui si identifica con il messia servo e sofferente, annunciato da Isaia (Is 42,1-9; 52,13-53,12).
? Il primo annuncio della passione. Gesù comincia ad insegnare che lui è il Messia Servo ed afferma che, come il Messia Servo annunciato da Isaia, presto sarà messo a morte nello svolgimento della sua missione di giustizia (Is 49,4-9; 53,1-12). Luca è solito seguire il vangelo di Marco, ma qui lui omette la reazione di Pietro che sconsigliava Gesù di pensare al messia sofferente ed omette anche la dura risposta: "Lontano da me, Satana! Perché non pensi le cose di Dio, ma degli uomini!" Satana è una parola ebraica che significa accusatore, colui che allontana gli altri dal cammino di Dio. Gesù non permette che Pietro si allontani dalla sua missione.
? Condizioni per seguire Gesù. Gesù tira conclusioni valide fino al giorno d'oggi: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". In quel tempo la croce era la pena di morte che l'impero romano imponeva ai criminali emarginati. Prendere la croce e caricarla dietro Gesù era lo stesso che accettare di essere emarginato dal sistema ingiusto che legittimava l'ingiustizia. Era lo stesso che rompere con il sistema. Come dice Paolo nella Lettera ai Galati: "Il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo" (Gal 6,14). La croce non è fatalismo, nemmeno è esigenza del Padre. La Croce è la conseguenza dell'impegno liberamente assunto da Gesù di rivelare la Buona Novella che Dio è Padre, e che quindi tutti e tutte dobbiamo essere accettati e trattati/e da fratelli e sorelle. A causa di questo annuncio rivoluzionario, lui fu perseguitato e non ebbe paura di dare la propria vita. Non c'è prova d'amore più grande che dare la vita per il fratello.

4) Per un confronto personale

? Tutti aspettavano il messia, ognuno a modo suo. Qual è il messia che io aspetto e che la gente di oggi aspetta?
? La condizione per seguire Gesù è la croce. Come reagisco davanti alle croci della vita?

5) Preghiera finale

Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte. (Sal 1)

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24/02/2012 08:38
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
"Gesù disse loro: possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno."

Come vivere questa Parola?
Può sembrare un insegnamento contraddittorio. Ma dunque il digiuno, per Gesù, non ha ragion d'essere? Non è così. Il Signore vuol portarci a comprendere che i suoi seguaci sono chiamati a raggiungere quella pienezza della gioia che sarà nel "dopo" dell'eternità. È la sua persona, il suo "esserci" che illumina anche la questione che fa problema in questo momento. È la sua presenza che "plenifica" l'esistenza. Non a caso Gesù si arroga un'identità che già nei profeti era apparsa come l'identità di Dio: quella dello sposo. Non ha forse strettoun'alleanza sponsale Iddio col suo popolo? I profeti hanno previsto il relazionarsi di questa alleanza col tempo in cui sarebbe venuto in terra il Messia. Eccolo qui, è Gesù in persona: sposo di Israele, sposo di ogni uomo che compie la volontà di Dio. Ma in che senso il testo dice che lo sposo sarà tolto? L'espressione riguarda il fatto che Gesù è stato presto "tolto di mezzo" e sottoposto a una passione e a una morte crudele. Il digiuno dei suoi seguaci è la loro partecipazione, in qualche misura, a questo mistero che è un "toglier di mezzo" ma redentivo per noi. E questa partecipazione chiaramente non si può paragonare a una festa ma piuttosto a un digiuno. Non sarà comunque un segno di lutto ma di attesa e di radicale apertura a Dio, dal quale aspettiamo tutto.

Nella nostra vita c'è un momento di dolorosa assenza dello sposo-Signore. È tempo propizio al digiuno. E c'è un tempo in cui balena, a sprazzi, la gioia che sarà piena in cielo. È tempo di godere spiritualmente.

Signore Gesù, fammi cantare la vita, ora lamentando la tua assenza, ora esultando nel sentimento della tua presenza. Fammi cantare la vita!

La voce di un Padre della Chiesa
Anche il nostro Signore pianse su Lazzaro, quantunque sapesse che sarebbe risorto; con quelle sue lacrime volle manifestare il suo amore, come con la risurrezione di lui volle mostrare la sua onnipotenza. Così mostrate anche voi in questi giorni la vostra tristezza, perché in questi giorni il dolore della dipartita è più forte, più profondo, e deve manifestarsi più del consueto.
Isacco di Antiochia

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25/02/2012 08:11
 
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Commento a cura di Cristoforo Donadio ? P. Antonio Izquierdo, LC
Al banco delle imposte...

Lettura
Gesù dopo aver guarito un paralitico, si trova per strada e, mentre cammina, incontra un pubblicano di nome Levi. È un peccatore "riconosciuto", e potrebbe essere da tutti considerato non adatto al Vangelo. Ma per Gesù non c'è nessuno inadatto al Vangelo, neppure il peggiore dei peccatori. Appena lo vede, Gesù lo chiama ed egli, subito, come hanno fatto i primi discepoli, si alza, lascia il suo banco e si mette a seguire Gesù.

Meditazione
È una gioia grande essere guardati e chiamati da Gesù, perché i suoi occhi e la sua voce dicono un amore senza confini, eterno, fedele. Levi ne ha fatto l'esperienza, non dopo la conversione, ma mentre ancora si trovava al banco delle imposte, impegnato in un lavoro poco pulito. Ha capito quello che poi avrebbe compreso san Paolo: "Dio dimostra il suo amore per noi perché, mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). Questo mentre, così importante, non è stato accettato dai farisei e dagli scribi. Si domandavano: "com'è possibile che un maestro nella fede ami una persona ancora immersa nel suo peccato?". E non era poi difficile, per loro, fare il passo successivo: "Allora ama il peccato". Al contrario, Gesù con Levi ha mostrato l'atteggiamento di Dio, che non ci ama nonostante il peccato, ma ci ama nel nostro peccato, per portarcene fuori. Levi l'ha intuito e per questo prepara un grande banchetto: vuol celebrare la misericordia del Signore. L'errore dei farisei non consisteva, quindi, solo nel giudicare i pubblicani, ma nel definire quale doveva essere il modo di fare di Dio: aspettare il cambiamento per dare amore. Spesso il nostro sguardo su noi stessi e sul prossimo non assomiglia a quello di Cristo, ma a quello degli scribi. Vediamo il peccato solo come ciò che ci separa da Dio e non come una realtà ? che è parte di noi, perché nessuno può dirsi sano ?, nella quale il Signore non teme di entrare per guarire. In questo caso, Dio non sa aspettare: gli basta un cuore disponibile, anche se ancora malato, per entrare. Come diceva qualcuno: Dio non ci ama perché siamo buoni, ma ci rende buoni perché ci ama.

Preghiera
Donami, Signore, di fare l'esperienza di Levi, donami di capirti nella verità, di percepirmi amato, voluto, cercato da te sempre e di non aspettare di cambiare per buttarmi tra le tue braccia.

Agire
Metto a confronto la mia vita con quella di Levi e lascerò che il suo coraggio di abbandonare tutto per il Signore mi interpelli. Programmerò quindi i miei tempi e modalità di preghiera per questa Quaresima.


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26/02/2012 06:41
 
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don Giovanni Berti
Anche noi nel deserto con Gesù

Questa è una di quelle occasioni nelle quali andare a leggersi il testo completo del Vangelo aiuta a capire meglio il senso del messaggio.
Andando al versetto 12 del primo capitolo del Vangelo di Marco troviamo così: "Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto?".
Subito dopo cosa?
E' chiaro che l'evangelista, nello stendere il suo racconto, lega questa esperienza del deserto con quella che immediatamente la precede, cioè il battesimo di Gesù nel fiume Giordano. L'espressione "In quel tempo?" è messa qui nel brano da coloro che hanno redatto il libro delle letture per la messa, ma non è questo il vero inizio scritto da Marco.
Facciamo allora un doveroso passo indietro nel racconto, e vediamo Gesù che inizia la sua missione con un evento rivelatore della sua identità e della sua vocazione. Subito dopo che Gesù è uscito dall'acqua del Giordano, Dio si rivela nella sua pienezza con lo Spirito che scende e la voce del Padre che conferma questo Figlio: "Tu sei il Figlio mio, il prediletto, in te ho posto il mio amore".
E' questo quello che Gesù sente con i suoi orecchi umani; con questa forza inizia il suo cammino che lo porterà apparentemente alla rovina sulla croce, ma che nella Resurrezione avrà l'ultima parola. Gesù è l'Amato; Gesù ha depositato dentro, in tutto quel che è, in quel che dirà e farà, l'amore di Dio. Dio ama attraverso l'umanità di Gesù, e l'umanità di Gesù parla di Dio!
E' così che Gesù intende la sua missione, e noi possiamo leggerla in ogni singola pagina del Vangelo che ci parla di Lui.

"E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto?"
La vocazione è legata alla tentazione, la missione è messa alla prova dalla vita. Gesù conosce subito il prezzo di quello che sta per fare. E la cosa da sottolineare è che è proprio lo stesso Dio che porta Gesù in mezzo alle prove. Detto in altri termini, l'esperienza di fede è anche esperienza di prova, di dubbio, di paura, di vacillamento? Proprio perché si sta in alto, si avvertono le vertigini della vocazione ricevuta.
Gesù esce vittorioso da questa prova, che caratterizzerà tutta la sua esperienza. Infatti questi 40 giorni nel deserto sono la sintesi di tutta la sua vita, fatta di grandi gesti e grandi parole, e fatta anche di prove, tradimenti, fame, sete e dolore fisico.

In questa storia di Gesù possiamo benissimo vedere anche la nostra. Anche noi abbiamo grandi obiettivi nella vita, grandi progetti nel campo delle relazioni e del lavoro. Dio stesso ha in mente per noi grandi obiettivi, e ci ama come ama il Figlio in terra.
Ma anche per noi c'è il deserto, dove siamo tentati di lasciar perdere e di cedere alle paure più profonde e paralizzanti.
Un amico in questi giorni mi ha scritto che la sua prova più grande è la "?tremenda paura interiore di essere debole e non amato?"
Gli ho scritto che questa paura è anche la mia e penso di ogni essere umano. Siamo tentati continuamente di pensare che non saremo mai più forti delle nostre debolezze e che non siamo amati realmente dal prossimo e da Dio (che avvertiamo tanto distante in certi momenti? quelli più difficili).
Gesù nel deserto è subito tentato di pensare che quel che ha sentito durante il battesimo nel Giordano ("Tu sei il Figlio mio, il prediletto, in te ho posto il mio amore") non è vero. E ritroverà questa tentazione ogniqualvolta vedrà fermarsi la sua azione e predicazione. Anche sulla croce questa paura tentatrice lo assalirà.
E' così anche per noi.
Ma anche noi possiamo mettere le belve feroci delle nostre paure ai nostri piedi (come è descritto nel Vangelo) e sentire la confortante assistenza interiore di Dio (gli angeli che servono Gesù).
I 40 giorni della quaresima sono quindi preziosi per imparare ad accettare la tentazione come inevitabile della nostra esperienza, e anche per sperimentare almeno un po' di quel conforto interiore che lo Spirito è capace di accendere nel nostro cuore.


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27/02/2012 08:42
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna

La più grande eresia che oggi divora la mente credente è la professione di una fede senza morale. Questa fede apre le porte ad ogni trasgressione, ogni violazione dei Comandamenti, ogni ignoranza delle esigenze etiche che nascono dal Vangelo. Figlio di questa eresia è il pensiero che tutti saranno salvati, tutti andranno domani in Paradiso. Anche l'Antico Testamento dichiara falsa questa diceria: "Mentre lei ancora parlava, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. Noi, in realtà, soffriamo per i nostri peccati. Se ora per nostro castigo e correzione il Signore vivente per breve tempo si è adirato con noi, di nuovo si riconcilierà con i suoi servi. Ma tu, o sacrilego e il più scellerato di tutti gli uomini, non esaltarti invano, alimentando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo, perché non sei ancora al sicuro dal giudizio del Dio onnipotente che vede tutto. Già ora i nostri fratelli, che hanno sopportato un breve tormento, per una vita eterna sono entrati in alleanza con Dio. Tu invece subirai nel giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. Anch'io, come già i miei fratelli, offro il corpo e la vita per le leggi dei padri, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu, fra dure prove e flagelli, debba confessare che egli solo è Dio; con me invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira dell'Onnipotente, giustamente attirata su tutta la nostra stirpe» (2Mac 7,30-38). I martiri hanno trovato la forza di superare ogni tortura proprio in virtù della ricompensa eterna che li attende nel Paradiso. Tutta l'opera di evangelizzazione della Chiesa è fondata sulla necessità della salvezza dei nostri fratelli. Se tutti si salvano, buoni e meno buoni, giusti ed ingiusti, pii ed empi, ladri ed onesti, ubriaconi e sobri, viziosi e virtuosi, religiosi ed idolatri, a che serve l'evangelizzazione e sopratutto la conversione alla fede in Cristo Gesù? Questa eresia sta minando la Chiesa in ogni suo dono di verità, grazia, giustizia, santità, speranza eterna .
Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato". Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?". gli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me". E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
La salvezza eterna è data dal nostro amore a Cristo Gesù da servire nei poveri della terra. Per amare Cristo in essi è necessario che tutto il suo amore viva in noi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci l'amore di Gesù.

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28/02/2012 08:05
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
"Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata".

Come vivere questa Parola?
Leggendo questo passo di Isaia viene in mente la parola da cui tutto ha tratto origine all'alba della creazione. "Dio disse" ed ecco emergere dal nulla ciò che viene chiamato per nome. Un'immagine carica di afflato poetico, certo, ma non solo. Quella parola che rompe il silenzio e accende fremiti di vita, è una parola che "chiama". Sì, soprattutto chiama. Crea relazioni. È l'impronta trinitaria impressa nella natura, anche quella inanimata che, comunque, obbedisce a delle leggi che la mettono in relazione con il resto. Questa impronta assurge al massimo livello nell'uomo, data la sua capacità di accogliere e rispondere liberamente all'appello divino.
In fondo, quella che noi chiamiamo santità non è altro che il libero e gioioso espandersi nella relazione con Dio e con gli altri, e, quindi, la nostra piena realizzazione.
Una meta ambita, ma di cui conosciamo la scabrosità. Si corre il rischio di lasciarsi andare sfiduciati, quasi che la santità sia un lusso riservato a pochi eletti mentre è una chiamata rivolta a tutti. A rilanciarci in questa avventura, ci viene incontro consolante l'oracolo di Isaia: la parola di Dio non ritorna a lui senza effetto. Quando ha pronunciato il mio nome, chiamandomi a una relazione di amore con lui e con gli altri, in quella parola era la premessa e la promessa della sua realizzazione, a una sola condizione: che io lo voglia.

Manda, Signore, la tua Parola su di me, sulla mia famiglia, sull'intera umanità, perché, grazie ad essa, si realizzi il tuo sogno di una fraternità universale.

La voce di un testimone
Se la Parola di Dio è presso di me, anche fuori della patria trovo la mia via, nell'ingiustizia trovo il mio diritto, nell'incertezza il mio sostegno, nel lavoro la forza, nel dolore la pazienza
Dietrich Bonhoeffer

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29/02/2012 08:15
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
I segni di Dio

Verranno da oriente e da occidente e ci passeranno avanti nel regno dei cieli? Già per la generazione di Gesù la salvezza è perenne, ma tanti non la vogliono riconoscere. Ed egli ha un nome proprio per loro: ?generazione perversa e malvagia? che non coglie i veri segni della manifestazione di Dio pur così chiari. È Cristo stesso il segno per eccellenza del Padre, con la sua vita, la sua passione e la sua risurrezione. La cecità dinanzi alle manifestazioni di Dio è resa ancora più evidente dal fatto che i ?lontani? invece sanno riconoscere la grandezza di quei segni i vicini invece no. L?evangelista Luca ci dimostra le grandi mancanze del popolo di Israele. È un popolo cieco, sordo, muto?, un popolo che sta camminando nelle tenebre, nel buoi. Guarda ma non vede, sente ma non ascolta, parla ma non dice, chiede ma non sa che cosa? Sembra rappresentare una vera confusione, un disordine. Chiede un ulteriore segno, vuole portare Gesù a livello dei maghi per, un?altra volta, illudersi e non per fidarsi, non per credere. Tanti oggi cercano questa illusione. E spesso la trovano. Nella ricchezza pongono lo scopo della loro vita. Nella droga tanti giovani si fidano? L?alcool e il sesso diventino i segni chiari di ricerca ma sbagliata, di illusione, di non vita ma di morte. Dio ha dato ad ogni uomo un segno di vita indelebile, un soffio di vita. Con questo dono l?uomo è chiamato a collaborare, a lavorare, a costruire il regno di Dio, a portare la buona notizia ovunque per salvare le anime lontane o smarrite. Dio non vuole la morte dell?uomo ma ch?egli si converta e viva. Il rifiuto, la fuga, la disobbedienza, l?egoismo, la chiusura di Giona, della prima lettura di oggi, è stato trasformato dalla misericordia del Padre al suo perdono. ?Dio vide le loro opere che cioè si erano convertiti e si impietosì?. La Quaresima è il tempo favorevole, il tempo di conversione, della confessione. E? il momento di lasciarsi interpellare da Dio, che spesso trova in noi una risposta indifferente, mediocre, dinanzi alla grandezza del suo amore. È il tempo di cogliere appieno ?il segno di Giona?, cioè il passaggio di Dio, misericordioso, che vuole trasformare la nostra vita e portarla definitivamente verso la strada della santità e della piena realizzazione.

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01/03/2012 13:20
 
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Movimento apostolico
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Questa infatti è la Legge e i Profeti


Gesù oggi pone il cuore dell'uomo come misura di ogni carità, amore, compassione, pietà, giustizia, solidarietà. Non però secondo il pensiero vigente allora nel mondo pagano: "Ciò che non vuoi sia fatto a te, non lo fare neanche agli altri". Va persino oltre lo stesso dettato del Levitico: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Uno si potrebbe anche non amare e porre il suo non amore come metro per relazionarsi con i fratelli. Gesù è infinitamente oltre il mondo pagano e lo stesso Antico Testamento. La Legge di Gesù è di una novità sorprendente.
Gesù vuole che ognuno di noi si metta al posto dell'altro. Non però nei suoi panni, nella sua vita, nelle sue difficoltà, o bisogno e urgenze, restando sempre un altro, anche se pieno di commiserazione e di pietà, di compassione e di carità. Questa non è la Legge di Cristo Gesù. Gesù chiede che noi ci "incarniamo" nell'altro così come Lui si è incarnato in noi, divenendo realmente, fisicamente, umanamente, uno di noi e non solamente in modo spirituale, nella carità, misericordia, compassione.
L'incarnazione abolisce la distanza, la separazione, l'alterità. L'altro diventa me stesso. Tutto ciò che faccio all'altro lo faccio a me stesso. La sua fame è la mia fame e la sua povertà è la mia povertà. Anche il suo peccato è mio e lo espio come mio personale peccato, anche se non l'ho commesso nel mio personale corpo, perché commesso nel corpo che ho assunto come mio. Secondo questa modalità di incarnazione ha amato Cristo Gesù l'umanità intera e l'amerà fino alla consumazione dei secoli.
A volte però l'uomo si rifiuta di vivere la legge dell'amore che nasce dal nuovo comandamento di Cristo Gesù. Se il mondo intero, del Cielo e della terra, degli Angeli e degli uomini, dovesse venire meno alla Legge dell'amore, noi sappiamo che una sola Persona mai verrà meno a quest'amore. È Lui stesso a rivelarci questa verità: "Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono a te. «Com'è vero che io vivo - oracolo del Signore -, ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa». (Is 49,13-18).
Dio mai dimenticherà l'uomo. L'uomo però mai dovrà dimenticarsi del suo Dio. Lui dovrà invocare, pregare, ascoltare, benedire, ringraziare. A Lui si dovrà rivolgere per chiedere ogni cosa. Chi avrà Dio come Padre non mancherà di niente, perché il Signore sarà il suo Pastore, la sua ricchezza, il suo nutrimento, il suo tutto. Per questo Gesù è venuto sulla nostra terra: per darci il Padre suo come nostro vero Padre, nostra Provvidenza, nostra Carità, nostro Amore, nostro tutto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, aiutateci a ritrovare il Padre.

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02/03/2012 08:45
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
Ma io vi dico?

«Se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commessi e osserva tutti i miei decreti e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticata». Il profeta ci rivela una grandissima verità che sgorga dal cuore stesso di Dio: la sua propensione al perdono totale ed immediato quando scorge il vero pentimento nel cuore dell'uomo peccatore. La tentazione ricorrente, che sfigura l'immagine stessa del nostro Padre celeste, è quella di presentarlo come giudice spietato, sempre pronto a scagliare le sue saette e ad infliggere i suoi castighi. Dio solo sa quanti sono stati allontanati dalla vera fede a causa di una severità tutta umana, indebitamente attribuita a Dio! Capita spesso, ancora ai nostri giorni, di voler paragonare e confondere l'agire di Dio, e quindi anche la sua giustizia, con quella degli uomini. È per questo che Gesù ci ripete solennemente: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». La giustizia, quando viene disancorata dalla misericordia e dal perdono, diventa misera e riprovevole vendetta. Da quando la nostra Chiesa è stata segnata dal mistero della redenzione, dal patto della nuova ed eterna alleanza, non può più ignorare la legge del perdono. Non può più negare ad alcuno la misericordia, se la implora con cuore pentito. Sussiste ancora il rischio di far prevalere il "diritto" sull'Amore, anche se tutti siamo ben consapevoli dei comportamenti ben diversi di Gesù. Egli arriva ad essere accusato di eversione, di essere sprezzante della legge, di essere persino un bestemmiatore quando deve proclamare e dimostrare agli uomini l'avvento della misericordia e la gioia del perdono. Sono ancora troppi coloro che vengono a bussare alle porte delle nostre chiese, dopo aver bussato al cuore stesso di Cristo, e si sentono respinti, cacciati fuori in nome della legge. Che responsabilità! «Avevo fame, avevo sete di giustizia e mi è stata negata?», È come negare la risurrezione ad un morto! È come voler rinchiudere di nuovo Gesù nel suo sepolcro. La via che Gesù ci ìndica è diametralmente opposta: «Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stùpido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geènna». E perfino ogni nostra offerta deve essere prima purificata con il perdono e la riconciliazione: «Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono».

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