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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2012 08:06
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26/10/2012 08:02
 
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Eremo San Biagio


Dalla Parola del giorno
Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?

Come vivere questa Parola?
Nel Vangelo di oggi, Gesù si amareggia perché mentre si è abbastanza bravi nel valutare le cose terrene, non si è affatto capaci di riconoscere il tempo del Signore che è ?l'oggi della salvezza'.
Questa osservazione vale anche per la nostra generazione. Gesù presente fisicamente nella Galilea e nella Giudea non era conosciuto da molti e anche questi, avevano idee sbagliate o almeno limitate circa la sua identità e la sua missione. Oggi, Gesù è presente tra noi in modo reale ma mistico nell'Eucaristia; è il mistero della fede e molti non lo riconoscono. Per chi lo conosce, Gesù Eucaristico ci rende contemporanei al grande mistero della sua vita, morte e risurrezione.
È un'esperienza che va sempre più penetrata per conoscere maggiormente Gesù, il Figlio del Dio vivente. È lui che dà motivazione, luce e forza di vivere al nostro presente; ci illumina a discernere e giudicare con rettitudine le decisioni quotidiane, per essere in comunione con Dio e con i fratelli.

Nella mia pausa contemplativa, oggi, desidero accogliere più a fondo la presenza di Gesù nella mia vita: presenza nella Parola, nelle persone e avvenimenti, nella preghiera e nell'Eucaristia.

Signore Gesù, aiutami ad unificare la mia vita interiore e il mio quotidiano intorno alla Tua Presenza per continuare a crescere nella conoscenza di te e per essere testimone di vita.

Un teologo-mistico dei nostri giorni
L'Eucaristia è il sacramento che ci nutre, il pane quotidiano che corrobora l'anima nostra perché non viene mai meno per via, ed è il sacramento nel quale il Cristo si dona tutto in atto di amore per divenire, in senso pieno, un solo Corpo con noi, realizzando quell'unione nuziale che è il termine e il fine di tutta l'economia divina, l'alleanza che Egli stringe immediatamente con ogni uomo.
Divo Barsotti
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27/10/2012 08:52
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,
crea in noi un cuore generoso e fedele,
perché possiamo sempre servirti con lealtà
e purezza di spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9
In quel tempo, si presentarono a Gesù alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.
Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".
Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci dà informazioni che ci sono solo nel vangelo di Luca e non hanno passaggi paralleli negli altri vangeli. Stiamo meditando il lungo cammino dalla Galilea fino a Gerusalemme che occupa quasi la metà del vangelo di Luca, dal capitolo 9 fino al capitolo 19 (Lc 9,51 a 19,28). In questa parte Luca colloca la maggior parte delle informazioni che ottiene sulla vita e l'insegnamento di Gesù (Lc 1,1-4).
? Luca 13,1: L'avvenimento che richiede una spiegazione. "In quel tempo, si presentarono a Gesù alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici". Quando leggiamo i giornali o quando assistiamo alle notizie in TV, riceviamo molte informazioni, ma non sempre capiamo tutto il loro significato. Ascoltiamo tutto, ma non sappiamo bene cosa fare con tante informazioni e con tante notizie. Notizie terribili come lo tsunami, il terrorismo, le guerre, la fame, la violenza, il crimine, gli attentati, ecc.. Così giunse a Gesù la notizia dell'orribile massacro che Pilato, governatore romano, aveva fatto con alcuni pellegrini samaritani. Notizie così ci scombussolano. Ed uno si chiede: "Cosa posso fare?" per calmare la coscienza, molti si difendono e dicono: "E' colpa loro! Non lavorano! E' gente pigra!" Al tempo di Gesù, la gente si difendeva dicendo: "E' un castigo di Dio per i peccati!" (Gv 9,2-3). Da secoli si insegnava: "I samaritani non dicono il vero. Hanno una religione sbagliata!" (2Rs 17,24-41)!
? Luca 13,2-3: La risposta di Gesù. Gesù ha un'opinione diversa. "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali cadde la torre di Siloe che li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo". Gesù aiuta le persone a leggere i fatti con uno sguardo diverso ed a trarne una conclusione per la loro vita. Dice che non è stato un castigo di Dio. Al contrario. "Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo". Cerca di invitare alla conversione ed al cambiamento.
? Luca 13,4-5: Gesù commenta un altro fatto. O quei diciotto, sopra i quali cadde la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? Deve essere stato un disastro di cui si parlò molto in città. Un temporale fece cadere la torre di Siloe uccidendo diciotto persone che si stavano riparando sotto di essa. Il commento normale era: "Castigo di Dio!" Gesù ripete: "No vi dico, ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo". Loro non si convertirono, non cambiarono, e quaranta anni dopo Gerusalemme fu distrutta e molta gente morì uccisa nel Tempio come i samaritani e molta più gente morì sotto le macerie delle mura della città. Gesù cerco di prevenire, ma la richiesta di pace non fu ascoltata: "Gerusalemme, Gerusalemme!" (Lc 13,34). Gesù insegna a scoprire le chiamate negli avvenimenti della vita di ogni giorno.
? Luca 13,6-9: Una parabola per fare in modo che la gente pensi e scopra il progetto di Dio. "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai". Molte volte, la vigna è usata per indicare l'affetto che Dio ha verso il suo popolo, o per indicare la mancanza di corrispondenza da parte della gente all'amore di Dio (Is 5,1-7; 27,2-5; Jr 2,21; 8,13; Ez 19,10-14; Os 10,1-8; Mq 7,1; Gv 15,1-6). Nella parabola, il padrone della vigna è Dio Padre. L'agricoltore che intercede per la vigna è Gesù. Insiste con il Padre di allargare lo spazio della conversazione.


4) Per un confronto personale

? il popolo di Dio, la vigna di Dio. Io sono un pezzo di questa vigna. Mi applico la parabola. Quali conclusioni ne traggo?
? Cosa ne faccio delle notizie che ricevo? Cerco di avere un'opinione critica, o continuo ad avere l'opinione della maggioranza e dei mezzi di comunicazione?


5) Preghiera finale

Chi è pari al Signore nostro Dio
che si china a guardare
nei cieli e sulla terra?
Solleva l'indigente dalla polvere,
dall'immondizia rialza il povero. (Sal 112)
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28/10/2012 08:16
 
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Ileana Mortari - rito romano
Va', la tua fede ti ha salvato

L'episodio evangelico di questa domenica si colloca in un punto assai significativo della struttura del testo di Marco, che si può così sinteticamente ricordare:

Introduzione Marco 1,1-13
I° parte
" 1,14 - 8,26 Gesù rivela la sua identità nella sua attività

Centro:
" 8,27-30 Pietro riconosce Gesù come il Cristo= il Messia

II° parte:
" 8,31 - 16,8 Gesù rivela la sua identità nella passione-morte-resurrezione

" 15,39 il centurione romano confessa Gesù come Figlio di Dio

Epilogo
" 16,9-20 è un aggiunta che non risale a Marco: apparizioni del Risorto


La guarigione di Bartimeo conclude la parte dei capp.8,31-10,45, caratterizzata dai tre successivi preannunzi della Passione (cfr. commento a Marco 9,30-7 24° domen.B) e dalla ostinata incomprensione dei discepoli; poi, col cap.11, c'è l'ingresso glorioso di Gesù in Gerusalemme e la sua attività e predicazione di tre giorni nella città santa, prima del tradimento di Giuda e dell'inizio della Passione.

Abbiamo già sottolineato più volte che il vangelo di Marco si propone di rispondere a due fondamentali domande: chi è Gesù e chi è il discepolo; ora, è nella risposta a quest'ultimo interrogativo che possiamo cogliere il significato dell'episodio in esame.

Il secondo evangelista ha cura di presentare sempre i discepoli accanto a Gesù: il discepolo è anzitutto colui che incontra Cristo e lo segue (cfr. cap.1,17.20;2,14), per stare con Lui, apprendere il suo insegnamento (cfr.cap.4) ed essere quindi inviato in missione, a predicare e scacciare i demoni (cfr. cap.6); ma purtroppo gli apostoli spesso e volentieri non capiscono le parole del Maestro ed è proprio Marco l'evangelista che più di tutti lo sottolinea, impostando in un certo modo la trama narrativa del suo vangelo.

Già nella prima parte troviamo vari indizi di ciò; dopo aver sedato la tempesta sul lago, Gesù dice ai discepoli ancora terrorizzati: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?" (Mc.4,40); in seguito alla prima moltiplicazione dei pani, quando il Nazareno va loro incontro camminando sulle acque, "erano enormemente stupiti in se stessi, perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito" (Mc.6,51-52).

Ma ancora più numerosi e duri sono i "rimproveri" nella successiva parte del vangelo; dopo la seconda moltiplicazione dei pani: "Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite????..non capite ancora?" (Mc.8,17-21); in seguito al secondo annunzio della Passione, i discepoli discutono su chi è il più grande tra di loro; poi vogliono allontanare i bambini da Gesù, suscitando l'indignazione del Maestro; e ancora non capiscono le sue parole né sul divorzio né sulle ricchezze; e pure dopo il terzo annunzio della Passione, troviamo Giacomo e Giovanni che si preoccupano di avere i primi posti nel regno (cfr. vangelo della scorsa domenica).
Arriviamo così all'episodio in questione, presente in tutti e tre i sinottici, ma con significative differenze: in Matteo (cap.20,29-34) i ciechi sono due e Gesù, per risanarli, tocca i loro occhi; in Luca (cap.18,35-43) il Signore ordina che gli conducano l'uomo e lo guarisce dicendogli "Abbi di nuovo la vista!". In Marco vari particolari della narrazione ci svelano l'intenzione dell'evangelista di far risaltare nel protagonista dell'episodio quell'atteggiamento difede nel Messia Gesù, di totale fiducia in Lui e di autentica disponibilità a seguirLo che Bartimeo mostra proprio dopo che Gesù, senza alcun gesto né alcuna parola, gli ha ridato la vista, fiducia e disponibilità che invece i discepoli facevano tanta fatica ad acquisire.

Ma vediamo altri dettagli. Il poveretto che stava seduto sulla via a mendicare, udito che c'era Gesù Nazareno, subito lo interpella gridando e chiamandolo"Figlio di Davide": è questo un titolo messianico (che Marco riporta solo qui e in 12,35-37), proprio dell'ambiente ebraico che riconosceva nel Nazareno il compimento della promessa di Dio fatta a Davide di abitare nella sua stirpe (cfr.2 Sam.7,14); tale appellativo implicava una concezione di regalità politica del Messia; e Gesù, che una regalità di questo tipo aveva decisamente rifiutato nel deserto, quando era stato tentato da Satana, ora accetta il titolo da parte di un povero del popolo: sia perché intuisce il valore più spirituale che terreno che il cieco vi annette, sia perché, ormai alla vigilia della Passione, il "segreto messianico" (cfr. commento al vangelo della 23° domenica B) non ha più ragion d'essere e anzi l'appellativo sta per trovare la sua piena verità in Lui che si mostrerà un re per nulla mondano, ma sulla croce!

Per ben due volte si sottolinea che il cieco "grida" verso Gesù; e questo evoca nel lettore della Bibbia altri momenti della storia di Israele, momenti di cosciente bisogno di aiuto rivolto al Signore con una forza e una serietà che conferiscono a quel grido la dignità di una preghiera. "Allora Gesù si fermò e disse:" (v.49); Marco, invece di dire (come Luca) che altri conducono l'uomo a Gesù, sottolinea intenzionalmente che Gesù lo chiama; un gesto che non può non ricordare la chiamata dei primi discepoli (cfr. Mc.1,16-20).

E qual è la reazione di Bartimeo? "Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù" (v.50); mentre la gente "lo sgridava per farlo tacere" (v.48), egli, udita la voce del Maestro, grazie alla finezza sensoriale propria dei ciechi, abbandonando tutto, si precipita verso l'unico che si è preoccupato di lui, e alla domanda del Nazareno risponde: "Rabbunì, che io riabbia la vista!". Gesù, a sua volta, "Va', la tua fede ti ha salvato" (vv.51-52).

Il greco ha un solo termine per significare sia "guarire" che "salvare" e qui si vede bene che sono avvenute entrambe le cose: "e subito riacquistò la vista" (v.52b) e "prese a seguirlo per la strada" (v.52c); il mendicante ora ci vede, ma soprattutto ha trovato il senso della sua vita nella sequela di Gesù. Non a caso il verbo usato è quell'"akolouthein", che nei vangeli è il verbo tecnico della "sequela" e che, ancora, nella lingua originale indica l'azione del seguire sia in senso fisico che spirituale.

Se poi ricordiamo che in un altro punto significativo della sua trama narrativa Marco aveva collocato un episodio analogo, la guarigione di un sordomuto (cap.7,31-37), ci rendiamo conto del nesso tra questi due episodi e la frase sopra riportata "Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?" rivolta da Gesù ai suoi discepoli: solo la piena consapevolezza della propria piccolezza e povertà e l'invocazione accorata al Salvatore può ottenere la grazia di una guarigione interiore, quella che, sola, consente al discepolo, al credente, a ciascuno di noi, di seguire con amore Gesù, anche sulla via della croce.
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29/10/2012 08:31
 
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Eremo San Biagio
Commento su Luca 13,11

"C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta".
Lc 13,11

Come vivere questa parola?

La donna curva nel Vangelo di oggi, è l'immagine di chiunque si trovi curvo sotto il peso del peccato e della propria umanità. Non si ha la forza di raddrizzarsi e guardare in alto, non si ha il potere (la fede) di vedere il Padre che si china verso di noi per abbracciarci.

Dio si è fatto uomo per venire incontro ad ogni persona; in Gesù, Dio ha sofferto con noi e per noi, fino alla morte in croce, salvandoci così dalle conseguenze distruttive del male. Il male esiste ma non è altro che la negazione del bene. Di solito noi lo sperimentiamo nella concretezza di una malattia, della violenza, delle calamità e cerchiamo di evitarlo a tutti i costi.

Gesù ha già vinto il male (Gv 16,33) e ci insegna che la realtà più pervertita, più rischiosa per l'uomo è la perdita della propria eredità da figlio di Dio: la vita eterna. La parola di Gesù risana e riempie il vuoto, il nulla con la bontà, l'amore misericordioso: "Donna, sei liberata dalla tua malattia".

Oggi nella mia pausa contemplativa, rileggo questo episodio in cui Gesù prende l'iniziativa, va incontro alla donna e la chiama a sé; Gesù mi guarda con amore, mi vede come sono nell'intimo, mi chiama a sé ?

Signore Gesù, davanti a Dio, sono cosciente dei miei peccati ma sono consapevole del Tuo amore per me. Toccami e risanami!

La voce di un grande psicologo del nostro tempo

Non bisogna sottrarsi alla sofferenza, ma relazionarsi con essa, cercando di capire che cosa Dio voglia da noi. Le sofferenze vengono per dirci qualcosa. Nascondono sempre un tesoro. Informazioni preziose e sconosciute su di noi. Sono portatrici di cambiamento. Ci offrono sempre la possibilità di crescere. Sono un'opportunità.
Valerio Albisetti
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30/10/2012 08:13
 
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Movimento Apostolico - rito romano
A che cosa posso paragonare il regno di Dio?

Lo stile di Dio è inconfondibile. Crea un solo uomo dal quale proviene tutto il genere umano. Quanto leggiamo nella Genesi è verità. Da un solo uomo tutti gli uomini.

Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». (Gen 1,26-28).

Chiama Abramo, lui solo. Da Lui nasce il popolo del Signore. All'inizio sono un piccolissimo numero. La storia non ha paura di esso, perché numero esiguo.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).

Il Salmo contempla la piccolezza del popolo di Dio, posta sotto la protezione di Dio.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate, a lui inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi, stirpe di Abramo, suo servo, figli di Giacobbe, suo eletto. È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell'alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a Isacco. L'ha stabilita per Giacobbe come decreto, per Israele come alleanza eterna, quando disse: «Ti darò il paese di Canaan come parte della vostra eredità». Quando erano in piccolo numero, pochi e stranieri in quel luogo, e se ne andavano di nazione in nazione, da un regno a un altro popolo, non permise che alcuno li opprimesse e castigò i re per causa loro: «Non toccate i miei consacrati, non fate alcun male ai miei profeti». (Sal 105 (104) 1.15).

Cambia la storia, evolvono mentalità e forme dell'esistenza della vita dell'uomo sulla terra. Ciò che rimane inalterato è sempre lo stile del Signore. Lui parte sempre dall'infinitamente piccolo per creare l'infinitamente grande. Inizia dal poco per far il molto. La parabola di Gesù, secondo questo principio, parla del Regno di Dio.

Il granello di senapa è piccolissimo. Eppure con il tempo diverrà un grande arbusto. Anche il lievito è ben poca cosa se paragonato alla grande massa della farina. Eppure ha tanta potenza in sé da fermentare ben tre misure di farina. Se non crediamo in questa verità, rendiamo vana tutta la nostra opera. Un solo discepolo di Gesù ha tanta potenza di Spirito Santo nel suo cuore da fermentare di verità evangelica il mondo intero. Uno solo, non due, non tre, non mille persone. Uno solo può essere luce per tutta l'umanità. Deve però comprendere che la trasformazione o la crescita non si compie in un attimo. Occorrono giorni, mesi, anni, prima che l'albero diventi maestoso, prima che il mondo si illumini di una luce nuova. Senza una fede forte in questa verità, ci si stanca, si abbandona, ci si vede perduti, si considera vano il proprio lavoro missionario e di apostolato. Senza una fede robusta nella Parola di Gesù, si rischia la depressione, a motivo dei frutti che non nascono all'istante. Invece con una fede forte si ha anche la pazienza di attendere la maturazione dei frutti.
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31/10/2012 07:57
 
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a cura dei Carmelitani
Commento Luca 6,12-19

1) Preghiera

O Dio, che per mezzo degli Apostoli
ci hai fatto conoscere il tuo mistero di salvezza,
per l'intercessione dei santi Simone e Giuda
concedi alla tua Chiesa di crescere continuamente
con l'adesione di nuovi popoli al Vangelo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 6,12-19
Avvenne che in quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.
Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.



3) Riflessione

? Il vangelo di oggi ci parla di due fatti: (a) descrive la scelta dei dodici apostoli (Lc 6,12-16) e (b) informa che una folla immensa voleva incontrare Gesù per ascoltarlo, toccarlo ed essere guarita (Lc 6,17-19).
? Luca 6,12-13: Gesù passa la notte in preghiera e sceglie i dodici apostoli. Prima della scelta definitiva dei dodici apostoli, Gesù sale sulla montagna e vi trascorre una notte intera in preghiera. Prega per sapere chi scegliere e sceglie i Dodici, i cui nomi sono registrati nei vangeli. E dà loro il titolo di apostolo. Apostolo significa inviato, missionario. Loro sono stati chiamati a svolgere una missione, la stessa missione che Gesù ha ricevuto dal Padre (Gv 20,21). Marco concretizza la missione e dice che Gesù li chiamò per stare con lui e mandarli in missione (Mc 3,14).
? Luca 6,14-16: I nomi dei dodici apostoli. Con piccole differenze i nomi dei Dodici sono uguali nei vangeli di Matteo (Mt 10,2-4), Marco (Mc 3,16-19) e Luca (Lc 6,14-16). Gran parte di questi nomi vengono dall'Antico Testamento: Simeone è il nome di uno dei figli del patriarca Giacobbe (Gn 29,33). Giacomo è il nome stesso di Giacobbe (Gen 25,26). Giuda è il nome dell'altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Matteo anche aveva il nome di Levi (Mc 2,14), l'altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Dei dodici apostoli, sette hanno il nome che viene dal tempo dei patriarchi: due volte Simone, due volte Giacomo, due volte Giuda, ed una volta Levi! Ciò rivela la saggezza e la pedagogia della gente. Mediante i nomi dei patriarchi e delle ?matriarché, dati ai figli ed alle figlie, la gente mantiene viva la tradizione degli antichi ed aiuta i propri figli a non perdere l'identità. Quali sono i nomi che oggi diamo ai nostri figli ed alle nostre figlie?
? Luca 6,17-19: Gesù scende dalla montagna e la gente lo cerca. Scendendo dalla montagna con i dodici, Gesù incontra una moltitudine immensa di gente che cercava di ascoltare la sua parola e di toccarlo, perché sapeva che lui sprigionava una forza di vita. Tra questa moltitudine c'erano giudei e stranieri, gente della Giudea ed anche di Tiro e Sidóne. Era gente abbandonata, disorientata. Gesù accoglie tutti coloro che lo cercano. Giudei e pagani! Questo è uno dei temi preferiti da Luca che scrive per i pagani convertiti!
? Le persone chiamate da Gesù sono una consolazione per noi. I primi cristiani ricordano e registrano i nomi dei Dodici apostoli e degli altri uomini e donne che seguiranno Gesù da vicino. I Dodici, chiamati da Gesù per formare con lui la prima comunità, non erano santi. Erano persone comuni, come tutti noi. Avevano le loro virtù ed i loro difetti. I vangeli informano molto poco sul temperamento e il carattere di ciascuna di loro. Ma ciò che dicono, anche se poco, è per noi motivo di consolazione.
- Pietro era una persona generosa e piena di entusiasmo (Mc 14,29.31; Mt 14,28-29), ma nel momento del pericolo e della decisione, il suo cuore diventa piccolo e fa marcia indietro (Mt 14,30; Mc 14,66-72). Giunge ad essere satana per Gesù (Mc 8,33). Gesù lo chiama Pietra (Pietro). Pietro di per sé non era Pietra. Diventa pietra (roccia), perché Gesù prega per lui (Lc 22,31-32).
- Giacomo e Giovanni sono disposti a soffrire con e per Gesù (Mc 10,39), ma erano molto violenti (Lc 9, 54). Gesù li chiama "figli del trono" (Mc 3,17). Giovanni sembrava avere una certa invidia. Voleva Gesù solo per il suo gruppo (Mc 9,38).
- Filippo aveva un modo di fare accogliente. Sapeva mettere gli altri a contatto con Gesù (Gv 1,45-46), ma non era molto pratico nel risolvere i problemi (Gv 12,20-22; 6,7). A volte, era molto ingenuo. Ci fu un momento in cui Gesù perse la pazienza con lui: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? (Gv 14,8-9)
- Andrea, fratello di Pietro ed amico di Filippo, era più pratico. Filippo ricorre a lui per risolvere i problemi (Gv 12,21-22). Andrea chiama Pietro (Gv 1,40-41), ed Andrea trovò il fanciullo con cinque pani e due pesci (Gv 6,8-9).
- Bartolomeo sembra essere lo stesso che Natanaele. Costui era di lì e non poteva ammettere che qualcosa di buono potesse venire da Nazaret (Gv 1,46).
- Tommaso fu capace di sostenere la sua opinione, una settimana intera, contro la testimonianza di tutti gli altri (Gv 20,24-25). Ma quando vide che si era sbagliato non ebbe paura di riconoscere il suo errore (Gv 20,26-28). Era generoso, disposto a morire con Gesù (Gv 11,16).
- Matteo o Levi era pubblicano, esattore, come Zaccheo (Mt 9,9; Lc 19,2). Erano persone impegnate nel sistema oppressore dell'epoca.
- Simone, invece, sembra che appartenesse al movimento che si opponeva radicalmente al sistema che l'impero romano imponeva al popolo giudeo. Per questo lo chiamavano anche Zelota (Lc 6,15). Il gruppo degli Zeloti giunse a provocare una rivolta armata contro i romani.
- Giuda era colui che si occupava del denaro nel gruppo (Gv 13,29). Tradisce Gesù.
- Giacomo di Alfeo e Giuda Taddeo, di questi due i vangeli non dicono nulla, salvo il nome.



4) Per un confronto personale

? Gesù trascorre tutta la notte in preghiera per sapere chi scegliere, e sceglie questi dodici! Quale conclusione trarre dal gesto di Gesù?
? I primi cristiani ricordavano i nomi dei dodici apostoli che erano all'origine della loro comunità. Tu ricordi i nomi delle persone che sono all'origine della comunità a cui appartieni? Ricordi il nome di qualche catechista o professore/ssa significativo/a per la tua formazione cristiana? Cosa ricordi maggiormente di loro: il contenuto che ti insegnarono o la testimonianza che ti dettero?



5) Preghiera finale

Buono è il Signore,
eterna la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione. (Sal 99)
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01/11/2012 07:17
 
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Wilma Chasseur
Abitati dalla gloria di Dio

1. Una moltitudine immensa
La festa di tutti i Santi ci ricorda le realtà ultime e il destino futuro che ci aspetta.
La prima lettura ci mostra la grande visione di Giovanni: quella "moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e all'Agnello, avvolti in vesti candide e portavano palme alle mani." Si parla anche dei centoquarantaquattromila segnati da ogni tribù dei figli d'Israele. Centoquarantaquattromila è un numero simbolico che significa numero perfetto (= 12000 per le dodici tribù d'Israele) quindi non indica una limitazione numerica - come affermano i testimoni di Geova - ma simboleggia la pienezza finale dei salvati.
Nella seconda lettura, san Giovanni, ci preannuncia lo straordinario destino di gloria destinato agli eletti: " Noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma CIO' CHE SAREMO NON è STATO ANCORA RIVELATO. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché LO VEDREMO COSI' COME EGLI E'". Promessa straordinaria: vedremo Dio faccia a faccia, Lo vedremo nella sua essenza quale Egli è. Avremo quel "lumen gloriae" che sopraeleverà le nostre facoltà intellettive, grazie al dono dello Spirito Santo, e ci permetterà di vedere Dio.

2. Elevati a livello di Dio
Per vedere Dio quale Egli è, avremo bisogno del dono dell'intelletto che ci renderà, per così dire, a livello di Dio. Altrimenti saremmo un po' come il gattino messo davanti a una stupenda opera d'arte: esso non è assolutamente in grado di apprezzarla per quello che è, perché non ha le facoltà intellettive adeguate. Ecco: il lume di gloria, potenziandola, renderà la nostra natura spirituale (intelligenza e volontà) capace di contemplare quella realtà suprema che è Dio e che in sé, ci supera infinitamente. Sarà un rifulgere del lume divino nella nostra anima, perché - come affermava già san Tommaso d'Aquino - "l'anima ha un doppio candore: il rifulgere del lume naturale della ragione e il rifulgere del lume divino" ( cf. Summa teologica, I- II, q. questione 86).
Questo corpo seminato nella miseria risorgerà nella gloria, in quel misteriosissimo ultimo giorno che solo Dio conosce. Se saremo stati fedeli alla volontà di Dio, risorgeremo con un corpo integro e perfetto che risplenderà come il sole. Ci muoveremo col semplice desiderio dell'anima. Ritroveremo quell'abito di gloria che avevamo perso col peccato originale. Dopo di allora infatti, le nostre facoltà spirituali, hanno perso la loro supremazia sul corpo e sulla materia, ma nel regime di gloria, le nostre facoltà spirituali saranno di nuovo padrone anche della realtà corporea. Basterà desiderare per muoversi. Basterà voler vedere Dio per vederlo e per godere di Lui. Le qualità dei corpi risorti saranno l'impassibilità (il corpo non soffre più ed è totalmente dominato dall'anima), l'agilità ( muoversi secondo il semplice desiderio), e lo splendore dovuto alla "ridondanza della gloria dell'anima sul corpo". (Ibidem, suppl., 85)

3. Santità: attributo divino
La festa di tutti i santi ci ricorda che dobbiamo desiderare diventare santi. E dobbiamo chiederlo perché è anzitutto dono di Dio. Ci vuole anche la nostra cooperazione, certo, ma sappiamo benissimo - come dice un adagio domenicano - che anche la corrispondenza alla grazia, è grazia.
Essere santi è partecipare alla santità di Dio. A rigor di termini, la santità è attributo esclusivo di Dio: "Tu solo il Santo, tu solo l'Altissimo, Tu solo il Signore". Noi diventiamo santi perché partecipiamo alla santità di Dio come il vetro partecipa alla luce del sole. Quando il vetro è totalmente investito dalla luce del sole, non si distingue più l'uno dall'altro, ma la luce è il sole, non
il vetro. E' così per la santità: noi saremo talmente investiti e, per così dire trapassati da Dio (così come la luce trapassa il vetro), da diventare come Lui, ma la santità è Lui. Noi siamo chiamati a diventare Dio per partecipazione.

4. Portata eterna delle nostre azioni
Ecco perché le nostre azioni di quaggiù, non hanno solo una portata temporale, ma hanno una portata eterna, cioè: non durano solo quel tempo materiale che ci mettiamo per farle (do un bicchiere d'acqua e ci metto 5 secondi, vado a trovare un ammalato e ci metto dieci minuti ecc.), ma
hanno una portata eterna, perché costruiscono il nostro destino eterno e ci seguiranno oltre i confini del tempo e dello spazio.
L'unico modo per far camminare la Chiesa e far avanzare Regno di Dio è quello di diventare santi: il motore della Chiesa è la santità. "Un atto di amore puro - diceva san Giovanni della Croce - è più utile alla Chiesa che tutte le opere riunite". Verità ribadita con forza dal Vangelo odierno delle beatitudini e dal versetto del Salmo: Beati i puri di cuore perché vedranno DIO.
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02/11/2012 08:14
 
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Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 6,40

Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Gv 6,40

Come vivere questa Parola?

Il giorno sacro alla memoria dei cari defunti, è consolante lasciare che si imprima nel nostro cuore questo annuncio-promessa di superamento e sconfitta della morte: la più acerrima nemica dell'uomo.

Gesù aveva appena detto che il Padre lo aveva mandato appunto per questo: non permettere la perdizione eterna dei suoi figli consegnati a lui per la salvezza.

Ma qual è, per così dire, il meccanismo che noi siamo chiamati a mettere in atto, perché il Signore Gesù possa operare in noi la salvezza? È chiarissimo! Si tratta di vedere e credere in lui (cf v.40).

Sì, vedo Gesù nel prossimo: quello che la pensa come me e quello che sta su tutt'altra sponda. Non allineo a volte col suo modo di pensare ma lo rispetto sempre.

Credo in Gesù: nella sua parola, nella sua presenza eucaristica e dentro la realtà fraterna. Sì, vedendo lui con gli occhi della fede e credendo in lui con l'esercizio costante e sereno della mente, riposo in una certezza che è il segreto della pace, perché è il senso dell'esistenza. Non morirò per sempre: questi miei occhi vedranno il Salvatore ed io godrò in lui di una pienezza di felicità inimmaginabile ed eterna.

Signore, ti prego, custodisci il mio cuore in questa promessa di luce. E mi sia pace, mi renda portatore di pace ovunque.

La voce di un Dottore della Chiesa

Nessuno pianga, nessuno gema, nessuno critichi l'opera di Cristo. Egli infatti ha vinto la morte. Perché spargere lacrime inutili? La morte è diventata un sonno: perché gemere e piangere?
San Giovanni Crisostomo
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03/11/2012 09:39
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto

Gesù non è un uomo che vive nel cielo - anche lì vi è una gerarchia: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, la Vergine Maria, e poi via, via secondo il grado di santità e di beatitudine dovuto ai meriti di una vita interamente consacrata alla verità e all'amore - dove non vi è invidia, superbia, gelosia, culto di sé, altre cose che creano risentimento, dispiaceri, delusioni, divisioni, contrasti, inimicizie e cose del genere.
Gesù è uomo profondamente immerso nelle cose di questo mondo e sa che vi è un ordine sociale, civile, religioso da rispettare. La comunità degli uomini vive di regole umane. Queste non si possono abolire, abrogare, cancellare per legge, per decreto, per imposizione dall'alto. Poiché nessuno le potrà mai togliere, essa devono essere rispettate, osservate, vissute. Gesù non vuole i suoi discepoli arroganti, prepotenti, superbi, alla ricerca dei primi posti da occupare. Li vuole invece umili, sottomessi, servi di tutti, capaci di rispetto, onore, gloria da conferire a quanti vengono prima di loro o sono superiori a loro per cariche, mansioni, amicizie e altro.
Anche San Paolo dona questa regola di sano e giusto comportamento: "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell'ospitalità" (Rom 12,1-13). Turbare per superbia e arrivismo, invidia e gelosia, stoltezza ed insipienza, il cammino sociale e civile di una comunità non è cosa santa per un discepolo di Gesù. Non corrisponde alla sua vera natura.
Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cedigli il posto!". Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Ecco l'insegnamento di Gesù: il posto nella Chiesa e nella società lo assegna solo il Signore. Da Lui ognuno lo deve attendere. Il Signore è però imperscrutabile nel suo mistero. Ignoriamo tempi, momenti, luoghi della sua scelta. Se però noi ci mettiamo sempre all'ultimo posto, noi siamo sempre al posto che Dio ci ha assegnato e siamo sicuri di fare la sua volontà. Vivendo nel nostro posto, possiamo fare tutto il bene che Lui si attende. Se poi è sua volontà che veniamo messi in altri posti, di più grande responsabilità, nella Chiesa e nella società civile, sarà Lui a spianare la strada. Come? Anche questo fa parte del suo mistero imperscrutabile. Quando noi non abbiamo fatto nulla perché questo avvenga ed avviene, allora lì vi è il dito di Dio. In questo caso, e solo in questo caso, noi siamo certi che quanto stiamo vivendo è purissima volontà del Signore nostro Dio. Questa certezza il discepolo di Gesù deve sempre possedere.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci sempre l'ultimo posto.
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04/11/2012 07:34
 
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Wilma Chasseur
Dio è al primo posto?

Oggi vediamo uno scriba che interroga Gesù, non per metterlo alla prova, ma per udire la sua risposta e alla fine lo loda apertamente ("hai detto bene Maestro"). Gesù lo assicura che non è lontano dal regno di Dio.



Dove sta il problema?


Lo scriba chiede quale sia il più grande comandamento della legge e Gesù risponde: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. Il secondo è: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due dipende tutta la legge e i profeti". Così Gesù, con la sua risposta, ha risolto il problema del dottore della legge. Ma dove sta il problema? A noi non sembra un gran problema, ma per gli Ebrei lo era perché la legge l'avevano spezzettata in 613 comandamenti di cui 365 proibizioni e 248 precetti! Stabilire quale fosse il più importante era dunque un'impresa! Ma Gesù va dritto all'essenziale dicendo che i comandamenti più importanti sono solo due. Questi valgono più di tutti i 613 precetti, gli olocausti e i sacrifici.
Ma soffermiamoci un attimo su questo primo e massimo comandamento che mi ha sempre colpito per il suo radicalismo. Trovo che questo "shemà Israel", unifica in modo perfetto la nostra vita eliminando ogni dualismo. Infatti Gesù non dice: "Amerai il Signore tuo Dio con un po' di anima, un po' di cuore e un po' di forze, mentre con l'altro po' amerai il prossimo." Se così fosse dovremmo dividere il nostro cuore e le nostre forze e darne una prima metà a Dio e la seconda metà al prossimo. No! Gesù ci dice che dobbiamo occuparci ad amare Dio con tutto noi stessi, e solo così ameremo veramente il prossimo perché lo ameremo con lo stesso amore di Dio che circola in noi. E solo così ameremo "come io vi ho amato". La novità nella risposta di Gesù è che unisce quei due comandamenti che nell'Antico Testamento erano separati, (Dt 6, 4-5 e Lv 19, 18) e così unifica la volontà e il cuore dell'uomo e ci dice che amare è l'unica cosa necessaria.


Ma come fare per mettere Dio al primo posto? Eccovi la risposta di un saggio maestro.

La bicicletta di Dio


"In una calda sera di fine estate, un giovane si recò da un vecchio saggio: "Maestro, come posso essere sicuro che Dio è al primo posto nella mia vita?".
Il vecchio saggio sorrise compiaciuto e disse: "Una notte mi addormentai con il cuore turbato, anch'io cercavo, inutilmente, una risposta a questa domanda. Poi feci un sogno. Sognai una bicicletta a due posti. Vidi che la mia vita era come una corsa con una bicicletta a due posti: un tandem. E notai che Dio stava dietro e mi aiutava a pedalare. Ma poi avvenne che Dio mi suggerì di scambiarci i posti. Acconsentii e da quel momento la mia vita non fu più la stessa. Dio rendeva la mia vita più felice ed emozionante. Che cosa era successo da quando ci scambiammo i posti? Capii che quando guidavo io, conoscevo la strada. Era piuttosto noiosa e prevedibile. Ma quando cominciò a guidare lui, conosceva bellissime scorciatoie, su per le montagne, attraverso luoghi rocciosi a gran velocità, a rotta di collo. Tutto quello che riuscivo a fare era tenermi in sella! Anche se sembrava una pazzia, lui continuava a dire: «Pedala, pedala!». Ogni tanto mi preoccupavo, diventavo ansioso e chiedevo: «Signore, ma dove mi stai portando?». Egli si limitava a sorridere e non rispondeva. Tuttavia, non so come, cominciai a fidarmi. Presto dimenticai la mia vita noiosa ed entrai nell'avventura, e quando dicevo: «Signore, ho paura...», lui si sporgeva indietro, mi toccava la mano e subito una immensa serenità si sostituiva alla paura.



"Guido io"


Mi portò da gente con doni di cui avevo bisogno; doni di guarigione, accettazione e gioia. Mi diedero i loro doni da portare con me lungo il viaggio. Il nostro viaggio, vale a dire, di Dio e mio. E ripartimmo. Mi disse: «Dai via i regali, sono bagagli in più, troppo peso». Così li regalai a persone che incontrammo, e trovai che nel regalare ero io a ricevere, e il nostro fardello era comunque leggero. Dapprima non mi fidavo di lui, al comando della mia vita. Pensavo che l'avrebbe condotta al disastro. Ma lui conosceva i segreti della bicicletta, sapeva come farla inclinare per affrontare gli angoli stretti, saltare per superare luoghi pieni di rocce, volare per abbreviare passaggi paurosi. E io sto imparando a star zitto e pedalare. E quando sono certo di non farcela più ad andare avanti, lui si limita a sorridere e dice: «Non ti preoccupare, guido io, tu pedala!»".
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05/11/2012 07:10
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi

La legge della carità, misericordia, pietà, aiuto e sostegno ai fratelli ha un solo principio ispiratore: deve essere fatta a Dio nel più grande silenzio e la ricompensa sarà sempre il Signore a donarla. Mai la si deve attendere dall'uomo, pena la perdita della ricompensa eterna, nei cieli.
Ecco come Gesù proclama questa legge di amore: "State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Mt 6,1-4).
Gesù vuole che noi viviamo ogni relazione di carità, elemosina, conforto spirituale e materiale vedendo Lui in ogni povero, misero, derelitto: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,34-40).
Nelle relazioni di convenienza, opportunità, anche nella quotidianità sociale più spicciola, dobbiamo vivere questa legge di carità e di amore. Anziché invitare coloro che a loro volta inviteranno e così rimaniamo tutti senza ricompensa eterna, Gesù ci chiede di dare una svolta soprannaturale a questa abitudine umana. Invitando coloro che non ci possono invitare a loro volta e proprio perché non ci possono invitare, noi abbiamo una ricompensa grande nei cieli. Questa è la legge nuova di Cristo Signore.
Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
San Paolo ci insegna che quanti agiscono in questo modo non solo godranno di una ricompensa eterna. Saranno anche benedetti da Dio nei loro particolari momenti di bisogno durante la vita terrena: "Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù" (Fil 4,17-19). Noi abbiamo risolto un problema a Dio servendo i suoi poveri. Dio risolverà i nostri problemi, servendo noi suoi amici e benefattori. Dio non ricompensa secondo la misura della quantità ricevuta, bensì secondo le nostre necessità. Chi ci guadagna nelle opere di misericordia è sempre colui che le fa. Il guadagno è per la terra e per il cielo ed è un guadagno alto, altissimo, divino. Dio si pone interamente a servizio di chi lo serve nei suoi poveri.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli Santi, dateci questa purissima fede.
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06/11/2012 07:43
 
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Eremo San Biagio
Commento su Filippesi 2,5.7

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Fil 2,5.7

Come vivere questa Parola?

A mostrarci, incarnate in lui, le esigenze dell'amore è, quest'oggi, Gesù stesso. Nel suo essere Dio, avrebbe benissimo potuto far scendere su di noi, con benevola condiscendenza ma salvaguardando la propria dignità, le sue benedizioni e il suo aiuto. Sarebbe stato comunque un dono gratuito da apprezzare e accogliere con umile riconoscenza.

Ma è proprio dell'amore abolire le distanze, fare spazio in sé perché l'altro possa dimorarvi senza sentirsi allo stretto e stabilire rapporti di reciprocità. Ed ecco Dio "svuotarsi" fino ad assumere la condizione di servo, in tutto simile all'uomo.

Un abbassamento che non riusciremo mai a scandagliare fino in fondo: ne resteremmo sconvolti, beneficamente sconvolti! Ma finché non tenteremo di inoltrarci in questo mistero di annientamento volontario non capiremo la portata di quelle parole che ripetiamo con tanta leggerezza: Dio è amore, Dio mi ama! E l'amore resterà sempre per noi un mondo inesplorato di cui restiamo ai margini cercando di sostituirlo con surrogati che non appagano, anzi sviliscono e gettano in un'esistenza priva di senso.

Mi chiederò quest'oggi: quanto vuoto faccio in me perché l'altro possa abitarlo?

Fammi assaporare, almeno un poco, Signore, quel tuo svuotarti per condividere la mia situazione di precarietà fragilità incertezza, così da farti sentire vicino, veramente fratello amico e compagno di viaggio. Potrò così, non ripetere meccanicamente che tu mi ami, ma percepirlo nell'alito della tua vicinanza.

La voce di una carmelitana del XIX/XX sec

Dinanzi agli abbassamenti del Verbo, il nostro povero intelletto si smarrisce e altro non sa fare che abbassarsi, adorare, fra tanta luce emanante dal Mistero.
Madre Maria Candida dell'Eucaristia
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07/11/2012 08:14
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa' che camminiamo senza ostacoli
verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 14,25-33
In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.
Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi parla del discepolato e presenta le condizioni per essere discepolo o discepola di Gesù. Gesù è in cammino verso Gerusalemme, dove morirà presto in Croce. Questo è il contesto in cui Gesù colloca le parole di Gesù sul discepolato.
? Luca 14,25: Esempio di catechesi. Il vangelo di oggi è un bell'esempio di come Luca trasforma le parole di Gesù in catechesi per la gente delle comunità. Lui dice: "Molta gente andava con lui. Gesù si voltò e disse". Gesù parla a grandi folle, cioè parla a tutti, anche alle persone delle comunità del tempo di Luca e parla oggi per noi. Nell'insegnamento che segue Gesù pone le condizioni per colui che vuole essere suo discepolo.
? Luca 14,25-26: Prima condizione: odiare il padre e la madre. Alcuni attenuano la forza della parola odiare e traducono "preferire Gesù ai propri genitori". Il testo originale usa l'espressione "odiare i genitori". In un altro posto Gesù ordina di amare e di rispettare i genitori (Lc 18,20). Come spiegare questa contraddizione? Ma è una contraddizione? Al tempo di Gesù la situazione sociale e economica portava le famiglie a rinchiudersi in sé e impediva loro di compiere la legge del riscatto (goel), cioè di soccorrere i fratelli e le sorelle della comunità (clan) che erano minacciati di perdere la loro terra o di cadere nella schiavitù (cf. Dt 15,1-18; Lv 25,23-43). Chiuse in sé stesse, le famiglie indebolivano la vita in comunità. Gesù vuole ricostruire la vita in comunità. Per questo chiede di superare la visione ristretta della piccola famiglia che si chiude in se stessa e chiede alle famiglie di aprirsi e di unirsi tra loro in una grande famiglia, in comunità. Questo è il senso di odiare il padre e la madre, la moglie, i figli, le sorelle ed i fratelli. Gesù stesso, quando i genitori della sua piccola famiglia vogliono riportarlo a Nazaret, non risponde alla loro richiesta. Ignora o odia la loro richiesta ed allarga la famiglia dicendo: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" (Mc 3,20-21.31-35). I vincoli familiari non possono impedire la formazione della Comunità. Questa è la prima condizione.
? Luca 14,27: Seconda condizione: portare la croce. "Chi non porta la croce e non viene dietro a me, non può essere discepolo mio". Per capire bene la portata di questa seconda esigenza dobbiamo guardare il contesto in cui Luca colloca questa parola di Gesù. Gesù sta andando verso Gerusalemme per essere crocifisso e morire. Seguire Gesù e portare la croce dietro di lui significa andare con lui fino a Gerusalemme per essere crocifisso con lui. Ciò evoca l'atteggiamento delle donne che "lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme" (Mc 15,41). Evoca anche la frase di Paolo nella lettera ai Galati: "Quanto a me invece, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo" (Gal 6,14).
? Luca 14,28-32: Due parabole. Le due hanno lo stesso obiettivo: fare in modo che le persone pensino bene prima di prendere una decisione. Nella prima parabola dice: "Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro!" Questa parabola non ha bisogno di spiegazione. Parla da sé: che ognuno rifletta bene sul suo modo di seguire Gesù e si chiede se valuta bene le condizioni prima di prendere la decisione di essere discepolo di Gesù.
La seconda parabola: "Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace". Questa parabola ha lo stesso scopo della precedente. Alcuni chiedono: "Come mai Gesù si serve di un esempio di guerra?" La domanda è pertinente per noi che oggi conosciamo le guerre. La seconda guerra mondiale (1939 - 1945) causò la morte di ben 54 milioni di persone! In quel tempo, però, le guerre erano come la concorrenza commerciale tra le imprese di oggi che lottano tra di esse per ottenere maggiore guadagno.
? Luca 14,33: Conclusione per il discepolato. La conclusione è una sola: essere cristiano, seguire Gesù, è una cosa seria. Per molta gente, oggi, essere cristiano non è una scelta personale, e nemmeno una decisione di vita, ma un semplice fenomeno culturale. Non viene loro in mente di fare una scelta. Chi nasce brasiliano è brasiliano. Chi nasce giapponese è giapponese. Non deve scegliere. E' nato e morirà così. Molta gente è cristiana perché nacque così e così è morta, senza aver mai avuto l'idea di scegliere e di assumere ciò che già è per nascita.


4) Per un confronto personale

? Essere cristiano è una cosa seria. Devo calcolare bene il mio modo di seguire Gesù. Come avviene questo nella mia vita?
? "Odiare i genitori", comunità o famiglia! Come combino le due cose? Sono capace di armonizzarle?


5) Preghiera finale

Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore? (Sal 26)
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08/11/2012 08:33
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte

Sempre il Signore aveva insegnato il suo amore per la conversione del peccatore. Tutti i profeti sono un coro unanime, una voce celeste che invita l'uomo a tornare nella fedeltà all'alleanza stipulata. Dio per questo si affatica, lavora, combatte, lotta: perché il peccatore si allontani dal male e torni a fare il bene, lasci la via dell'ingiustizia, della falsità, della menzogna, dell'inganno, della frode, dell'omicidio e viva di Comandamenti.

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all'insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? - dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l'incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo - dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato». (Cfr. Is, 1,1-31).

Se tutto il messaggio dei profeti è un invito alla conversione, perché questa totale deformazione della religione al tempo di Gesù? Perché i farisei sono come un anti - Dio, che con ostinazione, caparbietà, totale chiusura mentale, oscuramento del cuore e dell'anima, lottano e combattono Cristo Gesù che accoglieva i peccatori e dava loro la dolce speranza del perdono, dopo il loro pentimento e il loto ritorno a Dio? Cosa fa distruggere la vera fede in un cuore, in una mente, in un'anima?

Distruttore della verità è il peccato, che come virus letale, elimina dal nostro corpo tutti i segni della verità di Dio. Se poi il peccato diviene struttura del nostro essere, allora Dio viene totalmente eliminato nella sua verità. Satana con la sua falsità ci governa, ci schiavizza, ci riduce a suoi strumenti per la distruzione di Dio nel cuore di ogni fratello che in qualche modo entra in relazione con noi. Ogni nostra parola, decisione, pensiero, azione hanno un unico fine: distruggere Dio nella sua verità, bontà, misericordia, pietà, compassione, perdono. Lo si distrugge nei suoi inviati. Lo si annienta nei destinatari del messaggio di pace attraverso una martellante calunnia, falsa testimonianza, minaccia verso gli inviati di Dio. Costoro però sono pieni di Spirito Santo, ricchi di amore e di misericordia verso l'uomo, e continuano la loro missione, sapendo la fine che li attende: l'eliminazione spirituale e sovente anche quella fisica. Dio e Satana sono in una guerra perenne. Inviati di Dio e schiavi di Satana vivono una lotta che non conoscerà fine, se non quando verranno i cieli nuovi e la terra nuova. Chi non è pronto a dare la vita per il Vangelo, mai potrà dirsi vero inviato di Dio.
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09/11/2012 08:02
 
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Il pane della domenica
La chiesa-tempio: segno di un sogno

I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità

Narra un midrash - racconto parabolico con lo scopo di indagare il senso profondo della Scrittura - che un giorno un pagano si recò da rabbi Jeoshua ben Korba per porgli questa domanda: "Perché il Santo, benedetto egli sia, parlò a Mosè dal luogo di un cespuglio di spine?" (=roveto ardente: cfr. Es 3). Il rabbi rispose: "Se avesse parlato dal luogo di un carrubo o di un sicomoro tu avresti fatto la stessa domanda. Ciononostante non ti lascerò senza risposta. Perché dal luogo di un cespuglio? Per insegnarti che nessun luogo, neppure un cespuglio di spine, è privo della presenza di Dio".

1. A selezionare i passi della Bibbia relativi al tema del tempio, si riempirebbero varie pagine fitte di citazioni, ma la conclusione - provocante e consolante insieme - è sempre la stessa: nessun luogo è privo della presenza di Dio, anzi il Dio della Bibbia mostra per il tempio di pietra una allergia sdegnosa, si direbbe istintiva. La cosa può sconcertare solo chi non lo conosce. L'ardente YHWH del Sinai è un Dio diverso: non ci sta a fare la parte di un Giove comodamente installato a presiedere un pantheon di idoli bizzarri e ricattabili. L'uomo non potrà mai sequestrarlo dal mondo e imbalsamarlo in un recinto saturo del fumo di sacrifici e d'incensi.
Così, a Davide che progetta l'idea di costruire una "casa" all'Altissimo, il Signore Dio contrappone una scelta inattesa: non Davide costruirà una casa di pietra a Dio, ma Dio darà una casa di carne, cioè un "casato", a Davide (2Sam 7). Il tre volte Santo, l'Essere assolutamente immateriale che, come confessa Salomone nella consacrazione del tempio di Gerusalemme, è colui che "i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere" (1Re 8,27) è come irresistibilmente attratto da ciò che è materiale, corporeo, storico. YHWH, il Signore, ama abitare non nel cerchio stretto dello spazio sacro, ma nella linea aperta della storia. Al tempio Dio preferisce il tempo.
E quando giunge la pienezza dei tempi, si realizza il sogno a lungo coltivato: Gesù, il figlio di Maria, è la tenda di carne dove Dio pone la sua dimora (cfr. Gv 1,18), è il tempio vivo in cui Dio e l'uomo si incontrano in modo talmente unico da costituire una sola persona.
La fede nell'incarnazione spinge il cristianesimo nascente non a costruire chiese, ma ad impiantare comunità vive. Dopo il martirio di Stefano, quando la rottura col tempio giudaico si è fatta irreversibile, il luogo di riunione più usuale per la comunità è la casa (cfr. At 12,12); i primi cristiani vengono chiamati anche "quelli della strada" (cfr. At 9,2 e pass.): se questa denominazione non va presa alla lettera, è però certo che il vero tempio dove Dio si lascia incontrare non è fatto da mani d'uomo, è la stessa comunità: "Voi - dice Paolo ai corinzi - siete il tempio di Dio" (1Cor 3,16). L'edificio materiale è così relativizzato che Celso arriverà a bollare i cristiani di ateismo perché non si curavano dei templi. E quando con l'editto di Milano del 313 d.C. la libertà di azione religiosa diede sviluppo grandioso alla costruzione delle chiese, rimase costante la consapevolezza che la vera chiesa "non è la basilica che contiene il popolo, è il popolo stesso" (Agostino). Al riguardo il focoso Girolamo si esprime con parole sferzanti: "Parietes non faciunt christianos! Non sono le mura a fare i cristiani!".

2. È davvero paradossale: quando ormai il tempio di Gerusalemme non c'era più e i templi cristiani non c'erano ancora, assistiamo - sia negli scritti neotestamentari sia in quelli dei padri della chiesa dei primi secoli - a tutta una raffinata speculazione teologica sulla chiesa-comunità, in chiave di metafora della pietra e delle pietre, al punto che qualche esegeta ha parlato di una petralogia.
Cristo è "la pietra scartata dai costruttori e divenuta testata d'angolo" (cfr. Mt 21,42-44; Sal 118,22-23); Pietro è la prima roccia di basamento (cfr. Mt 16,18-20) e insieme agli apostoli costituisce le fondamenta su cui sono edificati i cristiani (cfr. Ef 2,20-22) che, come "pietre vive", formano "il tempio dello Spirito Santo" (1Pt 2,4-5).
Questa immagine così nitida e vivace della comunità cristiana come di un tempio ritorna spesso nei padri della chiesa. S. Ignazio di Antiochia la rielabora con finezza intrecciandola al paradigma trinitario-soteriologico: i cristiani sono "come pietre del tempio, preparate in anticipo per l'edificio di Dio Padre, sollevate in alto dalla macchina di Gesù Cristo, che è la croce, usando per corda lo Spirito Santo".
Ai tempi di s. Agostino ormai i cristiani avevano libertà di culto: ecco allora come l'immagine dell'edificio viene da lui ripresa: "Mediante la fede gli uomini divengono materiale disponibile per la costruzione; mediante il battesimo e la predicazione sono come sgrossati e levigati; ma solo quando sono uniti insieme dalla carità divengono davvero casa di Dio. Se le pietre non aderissero tra di loro se non si amassero, nessuno entrerebbe in questa casa".

3. Riprendendo un'antica leggenda rabbinica secondo la quale quello spezzone di roccia da cui scaturì l'acqua si mise a camminare e seguì il popolo ebreo lungo i tornanti assolati dell'esodo, fino alla terra promessa, s. Paolo commenta: "quella roccia era il Cristo" (1Cor 10,4). Ecco un'immagine smagliante e provocante della parrocchia: un popolo in marcia verso la terra della libertà, dietro Cristo, la pietra che cammina. "Parrocchia" significa letteralmente "gruppo dei pellegrini" che si attenda presso le case di un centro abitato. Ecco il sogno rappresentato dal segno liturgico della chiesa-tempio: realizzare una parrocchia-tenda che si arrotola di tappa in tappa, dietro Cristo-Pietra che cammina. Giovanni Paolo II in un discorso quaresimale ai parroci di Roma ebbe a definire la parrocchia una comunità che "cerca se stessa fuori di se stessa".
Questa è la missione: cristiani che escono dall'accampamento per mettersi in marcia e andare a dire al mondo l'unica notizia decisiva e liberante: Cristo è risorto! Il che significa: la storia del mondo non va verso il baratro del nulla, ma ha ormai imboccato il rettilineo di arrivo che porta al traguardo del "continente-Dio", alla patria trinitaria dove non è più né lutto né dolore né pianto, ma pace e gioia nello Spirito Santo.
Questo significa allora celebrare l'eucaristia, tutti circumstantes, diritti, in piedi attorno all'unico altare, come gli ebrei con il bastone in mano e i sandali ai piedi, pronti per scattare e andare ad annunciare la Pasqua, il passaggio del Signore. Pietra-che-cammina: ecco la vera identità della parrocchia, non un club di intellettuali che si parlano addosso, né un circolo chiuso per pochi intimi, ma una comunità in cammino che difende la fede diffondendola.
Questa idea della diversità nell'unità, plasticamente raffigurata nel simbolo-chiesa, la trovo efficacemente rappresentata in una preghiera del compianto card. Ballestrero, intitolata: Quale il mio posto?

"Quale sarà il mio posto nella tua casa, Signore? Lo so: non mi farai fare brutta figura, non mi farai sentire creatura che non serve a niente, perché tu sei fatto così: quando ti serve una pietra per la costruzione, prendi il primo ciottolo che incontri, lo guardi con tenerezza e lo rendi la pietra di cui hai bisogno: ora splendente come un diamante, ora opaca e ferma come una roccia, ma sempre adatta al tuo scopo. Cosa farai di questo ciottolo che sono io, di questo piccolo sasso che tu hai creato e che lavori ogni giorno con la potenza della tua pazienza, con la forza invincibile del tuo amore trasfigurante? Tu farai cose inaspettate, gloriose. Getti le cianfrusaglie, ti metti a cesellare la mia vita. Se mi metti sotto un pavimento che nessuno vede, ma che sostiene lo splendore dello zaffiro, o in cima ad una cupola che tutti guardano e ne restano abbagliati, ha poca importanza. Importante è trovarmi ogni giorno là dove tu mi metti, senza ritardi. Ed io, per quanto pietra, sento di avere una voce: voglio gridarti, o Dio, la mia felicità di trovarmi nelle tue mani malleabile, per renderti servizio, per essere tempio della tua gloria".

Commento di mons. Francesco Lambiasi
tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Anno C
Ave, Roma 2009
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10/11/2012 07:34
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa' che camminiamo senza ostacoli
verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 16,9-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Procuratevi amici con l'iniqua ricchezza, perché quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
Se dunque non siete stati fedeli nella iniqua ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona".
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui. Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio".


3) Riflessione

? Il vangelo di oggi riporta alcune parole di Gesù attorno all'uso dei beni. Sono parole e frasi isolate, di cui non conosciamo l'esatto contesto in cui furono pronunciate. Sono state messe qui da Luca per formare una piccola comunità attorno all'uso corretto dei beni di questa vita e per aiutare a capire meglio il senso della parabola dell'amministratore disonesto (Lc 16,1-8).
? Luca 16,9: Usare bene il denaro ingiusto. "Procuratevi amici con la iniqua ricchezza, perché quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne". Nell'Antico Testamento, la parola più antica per indicare il povero è "ani" che significa impoverito. Viene dal verbo "ana", cioè opprimere, ribassare. Questa affermazione evoca la parabola dell'amministratore disonesto, la cui ricchezza era iniqua, ingiusta. Qui appare il contesto delle comunità del tempo di Luca, cioè, degli anni 80 dopo Cristo. All'inizio le comunità cristiane sorsero tra i poveri (cf. 1Cor 1,26; Gal 2,10). Poco a poco ne entrarono a far parte persone più ricche. L'entrata dei ricchi portò con sé problemi che appaiono nei consigli dati nella lettera di Giacomo (Gi 2,1-6;5,1-6), nelle lettera di Paolo ai Corinzi (1Cor 11,20-21) e nel vangelo di Luca (Lc 6,24). Questi problemi si aggravarono verso la fine del primo secolo, come attesta l'Apocalisse nella sua lettera alla comunità di Laodiceia (Ap 3,17-18). Le frasi di Gesù che Luca conserva sono un aiuto per chiarire e risolvere questo problema.
? Luca 16,10-12: Essere fedele nel piccolo e nel grande. "Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella iniqua ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?" Questa frase chiarisce la parabola dell'amministratore disonesto. Lui non fu fedele. Per questo, fu tolto dall'amministrazione. Questa parola di Gesù suggerisce anche come dar vita al consiglio di farsi amici con il denaro ingiusto. Oggi avviene qualcosa di simile. Ci sono persone che parlano bene della liberazione, ma in casa opprimono la moglie e i figli. Sono infedeli nelle cose piccole. La liberazione comincia nel piccolo mondo della famiglia, della relazione giornaliera tra le persone.
? Luca 16,13: Voi non potete servire Dio e il denaro. Gesù è molto chiaro nella sua affermazione: "Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona". Ognuno di noi dovrà fare una scelta. Dovrà chiedersi: "Chi metto al primo posto nella mia vita: Dio o il denaro?" Al posto della parola denaro ognuno può mettere un'altra parola: macchina, impiego, prestigio, beni, casa, immagine, etc. Da questa scelta dipenderà la comprensione dei consigli che seguono sulla Provvidenza Divina (Mt 6,25-34). Non si tratta di una scelta fatta solo con la testa, ma di una scelta ben concreta di vita che comprende gli atteggiamenti.
? Luca 16,14-15: Critica dei farisei cui piace il denaro. "I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui. Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio". In un'altra occasione Gesù menziona l'amore di alcuni farisei verso il denaro: "Voi sfruttate le vedove, e rubate nelle loro case e, in apparenza, fate lunghe preghiere" (Mt 23,14: Lc 20,47; Mc 12,40). Loro si lasciavano trascinare dalla saggezza del mondo, di cui Paolo dice: "Considerate, infatti, la vostra chiamata, fratelli; non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono" (1Cor 1,26-28). Ad alcuni farisei piaceva il denaro, come oggi a alcuni sacerdoti piace il denaro. Vale per loro l'avvertimento di Gesù e di Paolo.


4) Per un confronto personale

? Tu e il denaro? Che scelta fai?
? Fedele nel piccolo. Come parli del vangelo e come vivi il vangelo?


5) Preghiera finale

Beato l'uomo che teme il Signore
e trova grande gioia nei suoi comandamenti.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza dei giusti sarà benedetta. (Sal 111)
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11/11/2012 07:21
 
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don Marco Pedron
Scegli la vita non la morte

Siamo nel capitolo 12 di Mc. Gli evangelisti non solo erano dei teologi ma anche dei grandi letterati e usavano gli strumenti dell'epoca per dirci delle cose. Uno di questi strumenti si chiama "trittico".
Il trittico, come dice la parola, è formato da tre parti. C'è una prima parte che è il discorso di denuncia di Gesù (Mc 12,38-40); c'è una seconda parte che è sempre la più importante, la centrale: la povera vedova che getta tutto quello che ha (Mc 12,41-44); e c'è una terza parte che noi purtroppo non abbiamo letto ma che completa il trittico: la distruzione di Gerusalemme (Mc 13,1-2).
Un altro trittico lo troviamo in Mc 11: c'è il racconto del fico secco (Mc 11,12-14), poi c'è Gesù che scaccia i venditori del tempio (Mc 11,15-19), la parte centrale e la terza parte dove Gesù risponde a Pietro dicendo: "Abbiate fede in Dio" (Mc 11,20-23).
Era un modo di raccontare per dire delle cose.

Gesù si trova nel tempio di Gerusalemme (Mc 12,35) e la gente lo ascolta volentieri (Mc 12,37). E Gesù inizia a dire: "Guardatevi dagli scribi" (Mc 12,38).
Chi erano questi scribi? A noi il termine scriba ci fa pensare a degli scrivani, ma non è così. Gli scribi erano i teologi, il magistero infallibile, la Dottrina della Fede del tempo. Studiavano la Scrittura tutta la vita e a quarant'anni ricevevano lo stesso Spirito di Mosè: da quel momento erano la Parola del Dio vivente. E se vi era contraddizione tra la parola di Dio e lo scriba bisognava dar retta allo scriba. La loro autorità era maggiore dei re e del sommo sacerdote.

Il grande problema degli scribi, a quel tempo, era Gesù.
Infatti, la prima volta che Gesù insegna è nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,21-28) e la gente è meravigliata, sconvolta, entusiasta del suo insegnamento e si dicono: "Oh, questo sì che viene da Dio!" (Mc 1,27). "Queste parole si capiscono! Queste parole parlano al cuore, vengono da Dio! Non quelle degli scribi!".
E dicono: "Questa è una nuova dottrina insegnata con autorità" (Mc 1,27): nuova non perché un'altra ma perché è di una qualità totalmente superiore a quella precedente. E qual'era quella precedente? Era quella degli scribi!

Così un giorno gli stessi scribi giungono da Gerusalemme (Mc 3,22). Vengono per controllare l'ortodossia di questo uomo, Gesù. Quelli che scendono da Gerusalemme sono la Santa Sede dell'epoca: non sono dei semplici preti ma il fior fiore dei cardinali, dei teologi: gente intelligente.
E cosa vedono? Vedono che Gesù quello che dice lo fa. Non possono dire alla gente: "Gesù vi mente" perché tutti hanno occhi. Con Gesù i ciechi tornano a vedere e gli zoppi a camminare, i paralitici si rialzano e i morti tornano a vivere. Ora tutto questo lo vedono tutti. Mica possono dire: "Non è vero!". Allora dicono: "Sì, lo fa', ma sapeste in nome di chi lo fa! Lo fa in nome del diavolo!". E ancora: "Gesù!? E' un indemoniato, è un eretico! Bestemmia! E' posseduto da Beelzebul, il capo dei demoni" (Mc 3,22).
Chi era questo Beelzebul? Baal=signore e zebub sono le mosche, quelle mosche di campagna che stanno sugli escrementi. Era il Dio che proteggeva da queste mosche, cioè dalle malattie.
Siccome la gente andava in questo santuario dedicato a Baalzebub, i farisei (astuti!) avevano trasformato il nome da Baal Zebub in Baal Zebul (zebul=letame). Cos'è il letame: è ciò che attira le mosche. Era un modo per diffamare questa divinità.
Cosa dicono allora gli scribi di Gesù: "Sì, è vero che lui guarisce (mica potevano dire il contrario!), ma lo fa per infettarvi ancora di più! Fa il vostro bene per portarvi ancor di più nella perdizione".
E qui Gesù pronuncerà le parole più dure della sua vita: "Tutti i peccati saranno perdonati e anche le bestemmie eccetto chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo che sarà reo di colpa eterna, senza nessun perdono" (Mc 3,28-29). E Gesù dice questo, dice il vangelo, perché "loro dicevano: "E' posseduto da uno spirito immondo". " (Mc 3,30).
Questa cosa ha fatto tanta paura e tutti si sono chiesti: ma cos'è questo peccato contro lo Spirito Santo? Tranquilli!: voi non lo farete mai! Lo farò io e lo faremo noi preti, ma voi no! Perché il peccato contro lo Spirito Santo è il peccato che fa l'autorità religiosa (qui gli scribi a cui Gesù si riferisce) quando dice che ciò che fa bene all'uomo (ciò che Gesù fa) è male ("è posseduto da Beelzebul; bestemmia; è posseduto da uno spirito immondo"; Mc 3,22-30).
Non puoi essere perdonato perché tu chiami "male" (e ne sei convinto) ciò che è "bene". Per Gesù questo è intollerabile, la cosa più grave possibile.
La vita dei santi, di coloro che hanno portato "il bene", è piena di "scribi" che li hanno identificati come il massimo "male". S. Giovanni della Croce, dottore della Chiesa, è stato rinchiuso, imprigionato, sottoposte a torture fisiche, morali, spirituali dai suoi stessi fratelli frati, abbandonato da tutti. Sembrava essere il "male" in persona! E Teresa d'Avila, dottore della Chiesa, fu accusata di essere posseduta dal demonio, le venne impedita la comunione e fu esorcizzata.

Gesù allora dice: "Guardatevi dagli scribi" (Mc 12,38). Lett. è: "State attenti!". Non fatevi fregare! Gesù dice: "State attenti, evitateli! Non andateci vicini! State alla larga da questa gente!". "Non fatevi ingannare dall'immagine, dal ruolo, da ciò che la gente mostra, fa vedere". E come si può riconoscerli questi scribi di ieri e di oggi?

"Amano passeggiare in lunghe vesti" (Mc 12,38). Lett. non è "amano" ma "thelo=vogliono". Loro non sono come tutti gli altri: loro sono "di più, superiori" agli altri; loro hanno un rapporto particolare con Dio e per mostrare chi sono si mettono dei vestiti (stolè) particolari per diversificarsi dagli altri.
Chi veste così vuole essere ammirato, visto. Ma il vestito che diversifica nasconde la miseria interiore. Lc 16,19 ricorda che il ricco vestito di porpora e di bisso era un poveraccio nel cuore, senza misericordia, senza amore, pieno dentro solo di inferno e di insensibilità. Più uno è povero dentro e più cercherà di compensare e nascondere con l'abito la sua miseria.
Quando sono in mezzo alla gente gli scribi vogliono che sia chiaro che: "Io non sono come voi".

"Ricevere i saluti nelle piazze" (Mc 12,38). I saluti non sono: "Buongiorno signore; buona sera signora, come sta?".
I saluti sono gli onori, gli ossequi, i titoli, è l'essere riveriti: "Lo scriba? il dottore? il monsignore? la laurea in? il presidente di?": poiché dentro sono vuoti (non c'è la persona) vivono di questo. Poiché si sentono nessuno hanno bisogno dei titoli e del ruolo per sentirsi qualcuno. Così la gente può dire: "Che studiato! Oh che persona importante!". Non cadeteci!
Quando si relazionano con gli altri vogliono sentirsi dire: "Tu non sei come noi! Tu sei di più!".

"I primi seggi nelle sinagoghe" (Mc 12,39): nella sinagoga c'erano dei gradini per cui i primi seggi stavano in altro, sopra gli altri, ben in vista, mentre gli altri erano sotto. Vogliono esser visibili, sopra, più degli altri.
Anche quando pregano hanno bisogno di dire: "Io non sono come voi".

"I primi posti nei banchetti" (Mc 12,39: è il posto vicino al padrone di casa, il posto migliore per essere serviti per primi, per essere considerati importanti.
Questo è quello che dimostrano, ma cos'è che invece hanno dentro?

"Divorano le case delle vedove" (Mc 12,40). Nella Bibbia le vedove e gli orfani sono la categorie che, poiché non hanno un uomo che le difenda, sono le meno protette da tutte. Per questo, si dice, è Dio stesso che le difende. E cosa fanno loro? Non hanno nessuna pietà per questa gente che dovrebbero difendere.
"Non hai soldi? E' un problema tuo!". "Hai peccato? Potevi pensarci prima! Fuori!".

"Ostentano di fare lunghe preghiere" (Mc 12,40). Lett. è: "fanno vedere di pregare a lungo". Tante preghiere, tanti rosari, tante funzioni, tanti segni di croce ma per Gesù è tutto un "bla, bla, bla?".
Lo aveva già detto il profeta Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano" (Is 29,13; Mc 7,6).

Poi il vangelo ci mette di fronte il secondo quadro del trittico, quello centrale. Gesù si trova nel tempio di fronte al tesoro.
Dobbiamo sapere una cosa: quando peccavi, per ricevere il perdono dovevi "pagare" in denaro o portando degli animali. I sacerdoti del tempio, quindi, erano felici quando la gente peccava. Perché più peccava e più loro si ingrassavano!
Cos'era questo tesoro? Erano tredici grandi cassette, fatte a forma di tromba, ognuna delle quali portava un nome: "Per l'incenso? per i paramenti? per i piccioni? per il fuoco?". Erano le offerte date per il tempio.
Bisogna pensare che il tempio, che era la vera banca del Medio Oriente, era il posto più sicuro per depositare beni o oro perché vi erano duecento poliziotti in servizio, giorno e notte. Pensate che quando il tempio venne distrutto, dopo il 70 d.C., e l'oro custodito preso, aumentò molto quello in circolazione, tanto che il suo prezzo calò del 50%.

E cosa vede di fronte al tesoro? Tutti arrivano e gettano del loro superfluo. Questa donna, invece, vi getta due spiccioli, che era la moneta più piccola, cioè tutto quello che aveva per vivere. Gli altri hanno messo dei soldi, magari molti, ma avranno di che mangiare e di che vivere. Questa donna, invece, no! Lei ha dato al tempio ciò che le serviva per vivere. E cosa mangerà domani?
La domanda di Gesù è: "Ma è questo che Dio vuole?". Dio vuole che una donna dia al tempio tutto ciò che ha? Dio vuole la morte delle persone? Dio vuole i suoi sacrifici?

Ed ecco il terzo quadro, che noi purtroppo non abbiamo letto. Subito dopo questa scena Gesù esce dal tempio e un discepolo gli dice: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!" (Mc 13,1). Il discepolo dice: "Che meraviglia il tempio! Che splendido! Che bello!". Bello? E Gesù: "Vedi tutte queste costruzioni? Non rimarrà pietra su pietra che non sia distrutta" (Mc 13,2). Cioè: tutto questo deve finire. Tutta questa religione che vuole la morte dell'uomo, il suo sacrificio, il suo rinnegamento, com'è il tempio, deve finire e finirà.
E così sarà! Il tempio sarà proprio distrutto e non sarà una grande sventura perché la sua distruzione permetterà l'ingresso dei pagani nel regno di Dio.

Cosa mi dice questo vangelo? Mi dice: "Vivi!". Dio non vuole la morte ma la vita.
Cosa ha fatto Gesù in tutte le pagine del vangelo? Aiutava la gente a vivere per davvero. Se uno era cieco gli diceva: "Apri gli occhi non nasconderti la verità". Cioè: "Puoi vivere di più". Se uno era paralitico gli diceva: "Smettila di piangerti addosso, alzati in piedi, affronta le difficoltà e fai la tua strada. Vivi in prima persona, perché ne sei capace". Se uno era morto (tipo l'amico Lazzaro) gli diceva: "Vieni fuori. Smettila di morire: vivi, senti, emozionati, slegati da ciò che ti fa morire, esprimiti, realizzati". Se uno era imprigionato dai sensi di colpa per la sua vita, come la peccatrice, Lui diceva: "Vivi. Avrai sbagliato, ma tu sai amare. Adesso torna ad amare perché tu lo puoi". Se uno era ingabbiato da tristi e ottuse leggi religiose, Lui gli diceva: "Vivi! La religione, il sabato, le regole religiose sono fatte per l'uomo e non l'uomo per il sabato". Se uno era insoddisfatto, Lui gli diceva: "Vivi! Seguimi! Se vuoi la vera felicità devi trovare un senso alla tua vita e un modo per spendere ciò che sei e metterlo a servizio degli altri". Se il tuo rapporto con Dio ti spegne, questo non è il Dio del vangelo.

Nella Bibbia ci sono cinque leggi ontologiche, leggi che Dio ha messo nel cuore dell'uomo e che l'uomo "deve" rispettare per essere felice. Sono leggi progressive.
1. Scegli la vita e non la morte. Tu sei vita.
2. Scegli te stesso così come sei. Tu sei questo. Accetta la tua storia, le tue origini, la tua infanzia, le tue radici. Se vuoi essere qualcos'altro da quello che sei non potrai che fallire. Parti dalla tua realtà.
3. Scegli di diventare te stesso. Tu sei unico. Tu non sei come tuo padre, né come tua madre, né come gli altri: il tuo compito è fare il tuo viaggio verso di te per esser ciò che veramente sei (come Dio cioè ti ha creato).
4. Scegli l'amore. Fai vivere il tuo amore. L'amore di Dio vive in te: conoscilo, sperimentalo e poi usalo verso di te (sii buono con te) e verso gli altri (usa la misericordia, la tenerezza, la compassione).
5. Scegli di donarti. Realizzati nel dono di te. La vita ha bisogno di essere data, versata, spesa per una grande causa: allora ci si sente al servizio del mondo e di Dio, allora si è utili e ha un forte senso vivere.


Pensiero della Settimana
Preoccupati
non tanto di dare anni alla vita
ma di dare vita agli anni.
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12/11/2012 08:26
 
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Commento su Luca 17, 1-6
padre Lino Pedron
Lunedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Vangelo: Lc 17,1-6

La misericordia è l'anima della comunità cristiana nei suoi rapporti interni ed esterni. Essa non è composta da impeccabili, e quindi tutti possono essere motivo di scandalo verso tutti. Il cristiano deve stare attento a non dare scandalo a nessuno. La dura condanna di Gesù verso coloro che danno scandalo ci fa pensare che gli scandali possono essere frequenti e anche gravi sia all'interno che all'esterno della comunità cristiana. L'invito a scomparire nel profondo del mare manifesta con forza l'amarezza e l'indignazione con cui Gesù si scaglia contro coloro che scandalizzano i piccoli. Lo scandalo travolge sempre una determinata categoria di persone: i piccoli, cioè i deboli, coloro che non hanno una sufficiente maturità spirituale. E gli scandali sono più deleteri quando provengono da persone più influenti e altolocate.

Per eliminare gli scandali Dio dovrebbe togliere la libertà agli uomini. L'inevitabilità dello scandalo corrisponde alla necessità della croce, con cui chi ama porta su di sé il male dell'amato. Il cristiano non è un perfetto e la salvezza è un esercizio costante di misericordia. La comunità cristiana non è un luogo dove non si pecca, ma dove si perdona.

Quando un fratello smarrisce la retta via non lo si può abbandonare a se stesso: ognuno deve sentirsi in dovere di intervenire e di soccorrerlo. Il peccatore è un ammalato spirituale che ha bisogno di cure urgenti e tutti gliele devono somministrare. Non si può rimanere indifferenti verso il fratello che pecca, perché si tratta della sua salvezza. La prima cosa che bisogna fare è questa: "Rimproveralo" (v.3). Chi lo lascia fare e non si cura del suo peccato, si rende colpevole: "Rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per causa sua" (Lv 19,17). Il rimprovero non è disapprovazione del fratello (cfr Lc 6,37-38), ma del male che è in lui. Esso suppone l'accettazione incondizionata di chi pecca (cfr Lc 15). Prima di spalancare la bocca per sgridare, bisogna aprire il cuore per accogliere e perdonare. La correzione fraterna è il più alto grado di misericordia, non lo sfogo peggiore della nostra cattiveria e del nostro rancore.

La correzione fraterna è in gesto scomodo da cui ognuno vorrebbe essere dispensato, ma il vero bene del fratello deve far passare in second'ordine il proprio disagio per liberare chi è in pericolo.

La comunità dei discepoli sarà veramente cristiana se un fratello perdona all'altro, se perdona sempre, nonostante le ricadute. Se il cristiano perdona al fratello, il Padre perdona a lui i suoi peccati (cfr Lc 11,4). Il popolo di Dio diventa santo con la sollecitudine di tutti per la salvezza di ciascuno e col perdono di ogni offesa personale e di ogni dispiacere ricevuto.

Il perdono dev'essere radicale, totale, senza riserve e senza limiti. Bisogna sempre venire incontro a chi cerca comprensione e aiuto. Il perdono deve accordare nuovamente al fratello la nostra fiducia, la simpatia e l'amicizia. Perdonare significa lasciar cadere ogni risentimento, malanimo, rivendicazione, diritto. Bisogna condonare, non addebitare, non esigere nulla. Spesso siamo magnanimi nel perdonare il male fatto agli altri, quasi mai nel perdonare quello fatto a noi.

Il perdono è reso possibile dalla forza della fede: per mezzo di essa possiamo superare anche le più grandi difficoltà. Un minimo di fede in Dio è sufficiente per operare i più grandi prodigi, perché la fede, anche quando è poca, è sempre una comunione con Dio, quindi una partecipazione alla sua onnipotenza. Con la fede si ottiene tutto (cfr Mc 11,23-24). Tutto è possibile a chi crede (cfr Mc 9,23). Nulla è impossibile a Dio (cfr Lc 1,37; 18,37). Credere è smettere di confidare in se stessi e lasciare che Dio agisca in noi.
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13/11/2012 07:01
 
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Commento su Luca 17,7-10
a cura dei Carmelitani
Martedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Vangelo: Lc 17,7-10
1) Preghiera

Dio grande e misericordioso,
allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te,
perché, nella serenità del corpo e dello spirito,
possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 17,7-10
In quel tempo, Gesù disse: "Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".



3) Riflessione

- Il vangelo di oggi narra la parabola che si trova solo nel vangelo di Luca, senza parallelo negli altri vangeli. La parabola vuole insegnare che la nostra vita deve essere caratterizzata dall'attitudine di servizio. Inizia con tre domande ed alla fine Gesù stesso dà la risposta.
- Luca 17,7-9: Le tre domande di Gesù. Si tratta di tre domande tratte dalla vita di ogni giorno, per cui gli uditori sono spunti a pensare ciascuno alla loro esperienza e dare una risposta a partire da essa. La prima domanda: "Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?" Tutti risponderanno: "No!" Seconda domanda: "Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?" Tutti risponderanno: "Sì! Chiaro!" Terza domanda: "Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?" Tutti risponderanno: "No!" Dal modo in cui Gesù porge le domande, la gente si rende conto verso quale direzione vuole orientare il nostro pensiero. Vuole fare di noi servi gli uni degli altri.
- Luca 17,10: La risposta di Gesù. Alla fine, Gesù stesso trae una conclusione che era già implicita nelle domande: "Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". Gesù stesso ci ha dato l'esempio quando ha detto: "Il Figlio dell'uomo non è venuto ad essere servito, ma a servire" (Mc 10,45). Il servizio è un tema che piace a Luca. Il servizio rappresenta il modo in cui i poveri nel tempo di Gesù, gli anawim, aspettavano il Messia: non come un re e messia glorioso, sommo sacerdote o giudice, bensì come il Servo di Yavè, annunciato da Isaia (Is 42,1-9). Maria, la madre di Gesù, disse all'angelo: "Ecco la serva del Signore. Si compia in me secondo la tua parola!" (Lc 1,38). A Nazaret, Gesù si presenta come il Servo, descritto da Isaia (Lc 4,18-19 e Is 61,1-2). Nel battesimo e nella trasfigurazione, fu confermato dal Padre che cita le parole rivolte da Dio al Servo (Lc 3,22; 9,35 e Is 42,1). Ai suoi seguaci Gesù chiede: "Chi vuole essere il primo sia il servo di tutti" (Mt 20,27). Servi inutili! E' la definizione del cristiano. Paolo parla di ciò ai membri della comunità di Corinto quando scrive: "Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere" (1Cor 3,6-7). Paolo e Apollo non sono nulla; solo semplici strumenti, "servi". Ciò che vale è Dio, solo Lui! (1Cor 3,7).
- Servire ed essere servito. Qui, in questo testo, il servo serve il signore, e non il signore il servo. Ma nell'altro testo di Gesù si dice il contrario: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. In verità vi dico: si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli" (Lc 12,37). In questo testo, è il Signore che serve il servo, e non il servo il signore. Nel primo testo, Gesù parlava del presente. Nel secondo testo, Gesù sta parlando del futuro. Questo contrasto è un altro modo per dire: trova la vita colui che è disposto a perderla per amore a Gesù e al Vangelo (Mt 10,39; 16,25). Chi serve Dio in questa vita presente, sarà da Dio servito nella vita futura!

4) Per un confronto personale

- Come definisco la mia vita?
- Mi rivolgo le stesse tre domande di Gesù. Vivo forse come un servo inutile?

5) Preghiera finale

Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino. (Sal 36)
[Modificato da Coordin. 13/11/2012 07:02]
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14/11/2012 07:40
 
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Movimento Apostolico - rito romano
E gli altri nove dove sono?

In ogni atteggiamento, parola, gesto, risposta, reazione di Gesù è rivelato il mistero di Dio e dell'uomo. Niente di quanto opera Gesù è senza un contenuto di mistero. Tutto invece racchiude un mistero insondabile, che è giusto che noi scopriamo, con l'aiuto dello Spirito Santo, in modo che noi impariamo a vivere secondo il mistero di Dio, perché questa è la nostra vocazione. Possiamo affermare che oggi la nostra fede sta quasi abolendo il mistero. Alla sua abbondante, a volte soffocante ritualità, non corrisponde la ricchezza del mistero e quindi è una ritualità senza verità che non genera verità in chi la vive o la pratica. Senza verità, una religione è assai misera, perché non cambia la vita di chi la esercita.
Gesù è il Mediatore unico tra Dio e gli uomini. È Mediatore unico nella grazia, nella verità, in ogni dono di grazia e di verità, sia per l'anima che per il corpo e lo spirito. È Mediatore unico non solo nella preghiera di richiesta, ma anche in quella del ringraziamento per ogni dono ricevuto. È Cristo che chiede al Padre ed è Cristo che è obbligato a ringraziare il Padre. Come noi andiamo da Cristo Gesù per chiedergli di pregare il Padre affinché ci conceda il miracolo o la guarigione del nostro corpo o della nostra anima così dobbiamo recarci da Lui per comunicargli che la grazia ci è stata accordata, in modo che Gesù possa innalzare al Padre l'inno di ringraziamento.
I lebbrosi che chiedono a Gesù di domandare al Padre la grazia della loro guarigione sono ben dieci. Di questi dieci solo uno ritorna per ringraziare Cristo Gesù e far sì che Cristo Gesù possa benedire, lodare, esaltare il Padre suo per l'ascolto che ha dato al suo grido di aiuto. Per di più colui che ritorna è uno straniero, un samaritano. Altra distinzione si impone: nella religione, nella fede, ci sono sempre degli obblighi rituali e degli obblighi morali. L'obbligo morale viene prima di ogni obbligo rituale. L'obbligo rituale si può sempre rinviare a momenti più opportuni. L'obbligo morale si deve assolvere subito, proprio perché è morale e non rituale.
Per un sano principio di ritualità era giusto che i lebbrosi si presentassero ai sacerdoti. Per un santo principio di moralità era prioritario che essi facessero ritorno da Gesù e offrissero a Dio, per mezzo di Gesù, il loro inno di ringraziamento, di benedizione, di lode, di esaltazione. L'obbligo morale non è mai rinviabile. Esso esige che venga adempiuto all'istante. Sempre però nella religione e nella fede si conoscono di queste storture mostruose. Si dona priorità agli obblighi rituali. Quasi sempre si ignorano o si disconoscono gli obblighi morali. Ci si scandalizza per un pezzo di carne mangiato per necessità di venerdì. Non ci si scandalizza per nulla per un aborto, un tradimento, un furto, una frode, una calunnia, una menzogna, una falsa testimonianza. Ci si scandalizza per un segno di croce non fatto per assolvere alla ritualità e si dorme con la coscienza tranquilla dinanzi ad orrendi misfatti come la distruzione di una persona.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, liberate il nostro cuore da ogni insipienza e stoltezza. Fateci persone dalla più pura e più santa moralità.
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15/11/2012 09:01
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio grande e misericordioso,
allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te,
perché, nella serenità del corpo e dello spirito,
possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 17,20-25
In quel tempo, interrogato dai farisei: "Quando verrà il regno di Dio?", Gesù rispose: "Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!"
Disse ancora ai discepoli: "Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete.
Vi diranno: Eccolo là, o eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e sia ripudiato da questa generazione".


3) Riflessione

- Il vangelo di oggi ci riporta la discussione tra Gesù e i farisei sul momento della venuta del Regno. I vangeli di oggi e dei prossimi giorni trattano la venuta della fine dei tempi.
- Luca 17,20-21: Il Regno in mezzo a noi. "Quando verrà il regno di Dio?", Gesù rispose: "Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!" I farisei pensavano che il Regno potesse venire solo dopo che la gente fosse giunta alla perfetta osservanza della Legge di Dio. Per loro, la venuta del Regno, sarebbe la ricompensa di Dio al buon comportamento della gente, e il messia sarebbe venuto in modo ben solenne come un re, ricevuto dal suo popolo. Gesù dice il contrario. La venuta del Regno non può essere osservata come si osserva la venuta dei re della terra. Per Gesù, il Regno di Dio è venuto già! E' già in mezzo a noi, indipendentemente dal nostro sforzo o merito. Gesù ha un altro modo di vedere le cose. Ha un altro modo di leggere la vita. Preferisce il samaritano che vive con gratitudine ai nove che pensano di meritare il bene che ricevono da Dio (Lc 17,17-19).
- Luca 17,22-24: Segni per riconoscere la venuta del Figlio dell'Uomo. "Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete.
Vi diranno: Eccolo là, o eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno". In questa affermazione di Gesù ci sono elementi che vanno dalla visione apocalittica della storia, assai comune nei secoli prima e dopo Gesù. La visione apocalittica della storia ha la caratteristica seguente: in epoche di grandi persecuzioni e di oppressione, i poveri hanno l'impressione che Dio perda il controllo della storia. Loro si sentono persi, senza orizzonte e senza speranza di liberazione. In questi momenti di apparente assenza di Dio, la profezia assume la forma di apocalisse. Gli apocalittici, cercano di illuminare la situazione disperata con la luce della fede per aiutare la gente a non perdere la speranza e continuare ad avere coraggio nel cammino. Per mostrare che Dio non perde il controllo della storia, essi descrivono le diverse tappe della realizzazione del progetto di Dio attraverso la storia. Iniziato in un determinato momento significativo nel passato, questo progetto di Dio va avanti, tappa dopo tappa, attraverso le situazioni vissute dai poveri, fino alla vittoria finale alla fine della storia. In questo modo, gli apocalittici collocano il momento presente come una tappa già prevista nell'insieme ampio del progetto di Dio. Generalmente, l'ultima tappa prima dell'avvento del fine è rappresentata come un momento di sofferenza e di crisi, di cui molti hanno cercato di approfittarsi per illudere la gente dicendo: "Vi diranno: Eccolo là, o eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno". Avendo lo sguardo di fede che Gesù comunica, i poveri possono percepire che il regno è già in mezzo a loro (Lc 17,21), come il lampo, senza ombra di dubbio. La venuta del Regno porta con se la propria evidenza e non dipende dai pronostici degli altri.
- Luca 17,25: Per la Croce fino alla Gloria. "Ma prima è necessario che egli soffra molto e sia ripudiato da questa generazione". Sempre la stessa avvertenza: la Croce, scandalo per i giudei e follia per i greci, ma per noi espressione della saggezza e del potere di Dio (1Cor 1,18.23). Il cammino verso la Gloria passa per la croce. La vita di Gesù è il nostro canone, è la norma canonica per tutti noi.


4) Per un confronto personale

- Gesù dice: "Il regno è in mezzo a voi!" Hai trovato già qualche segno del Regno nella tua vita, nella vita della tua nazione o nella vita della tua comunità?
- La croce nella vita. La sofferenza. Come vedi la sofferenza, cosa ne fai?


5) Preghiera finale

Il Signore è fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. (Sal 145)
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16/11/2012 08:21
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Dio grande e misericordioso,
allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te,
perché, nella serenità del corpo e dello spirito,
possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 17,26-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo: mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti.
Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma nel giorno in cui Lot uscì da Sodoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti. Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà.
Vi dico: in quella notte due si troveranno in un solo letto; l'uno verrà preso e l'altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo, l'una verrà presa e l'altra lasciata".
Allora i discepoli gli chiesero: "Dove, Signore?" Ed egli disse loro: "Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi".


3) Riflessione

- Il vangelo di oggi continua la riflessione sulla venuta della fine dei tempi e ci presenta parole di Gesù su come prepararsi per la venuta del Regno. Era una faccenda che, in quel tempo, scatenava molte discussioni. Chi determina l'ora della venuta della fine, è Dio. Pero il tempo di Dio (kairós) non si misura secondo il tempo del nostro orologio (chronos). Per Dio, un giorno può essere uguale a mille anni, e mille anni uguali a un giorno (Sal 90,4; 2Pt 3,8). Il tempo di Dio corre invisibile nel nostro tempo, ma indipendentemente da noi e dal nostro tempo. Noi non possiamo interferire nel tempo, ma dobbiamo essere preparati per il momento in cui l'ora di Dio si fa presente nel nostro tempo. Può esser oggi, può essere da qui a mille anni. Ciò che dà sicurezza non è sapere l'ora della fine del mondo, ma sì la certezza della presenza della Parola di Gesù presente nella vita. Il mondo passerà, ma la parola di Dio non passerà mai (cf Is 40,7-8).
- Luca 17,26-29: Come nei giorni di Noé e di Lot. La vita trascorre normalmente: mangiare, bere, sposarsi, comprare, vendere, piantare, raccogliere. La routine può avvolgerci tanto che non riusciamo a pensare a null'altro. Ed il consumismo del sistema neoliberale contribuisce ad aumentare in molti di noi questa totale disattenzione alla dimensione più profonda della vita. Lasciamo entrare le tarme nella trave della fede che regge la dimensione più profonda della vita. Quando la tormenta distrugge la casa, molti di noi danno la colpa al falegname: "Fatto male!" In realtà, il crollo è dovuto alla nostra disattenzione prolungata. L'allusione alla distruzione di Sodoma, quale figura di ciò che avverrà alla fine dei tempi, è un'allusione alla distruzione di Gerusalemme dai romani negli anni 70 dC (cf Mc 13,14).
- Luca 17,30-32: Così sarà nei giorni del Figlio dell'Uomo. "Così sarà nei giorni in cui il Figlio dell'Uomo si rivelerà". Difficile per noi immaginare la sofferenza ed il trauma che la distruzione di Gerusalemme causano nelle comunità, sia dei giudei sia dei cristiani. Per aiutarli a capire e ad affrontare la sofferenza, Gesù si serve di paragoni tratti dalla vita: "In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro". La distruzione avverrà con una tale rapidità che non vale la pena scendere per andare a cercare qualcosa in casa (Mc 13,15-16). "Ricordatevi della moglie di Lot" (cf. Gen 19,26), cioè, non guardate indietro, non perdete tempo, prendete la decisione e andate avanti: è questione di vita o di morte.
- Luca 17,33: Perdere la vita per salvarla. "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà". Solo la persona che è stata capace di darsi completamente agli altri si sente realizzata nella vita. Perde la vita chi la conserva solo per sé. Questo consiglio di Gesù è la conferma della più profonda esperienza umana: la fonte della vita si trova nel dono della vita. Dando si riceve. "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Importante è la motivazione che aggiunge il vangelo di Marco: "per causa mia e del vangelo" (Mc 8,35). Dicendo che nessuno è capace di conservare la propria vita con il suo sforzo, Gesù evoca il salmo in cui si dice che nessuno è capace di pagare il prezzo del riscatto della vita: "Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba". (Sal 49,8-10).
- Luca 17,34-36: Vigilanza. "Vi dico: in quella notte due si troveranno in un solo letto; l'uno verrà preso e l'altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo, l'una verrà presa e l'altra lasciata". Evoca la parabola delle dieci vergini. Cinque erano prudenti e cinque stolte (Mt 25,1-11). Ciò che importa è essere preparati. Le parole "L'uno verrà preso e l'altro lasciato" evocano le parole di Paolo ai Tessalonicesi (1Tes 4,13-17), quando dice che con la venuta del Figlio dell'uomo, saremo rapiti in cielo accanto a Gesù. Queste parole lasciati dietro" fornirono il titolo ad un terribile e pericoloso romanzo dell'estrema destra fondamentalistica degli Stati Uniti: "Lefted behind!" Un romanzo che non ha nulla a che vedere con il senso reale delle parole di Gesù.
- Luca 17,37: Dove e quando? "I discepoli chiesero: "Dove Signore?" E Gesù rispose: Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno anche gli avvoltoi". Risposta enigmatica. Alcuni pensano che Gesù evochi la profezia di Ezechiele, ripresa nell'Apocalisse, in cui il profeta si riferisce alla battaglia vittoriosa finale contro le forze del male. Gli animali rapaci o gli avvoltoi saranno invitati a mangiare la carne dei cadaveri (Ez 39,4.17-20; Ap 19,17-18). Altri pensano che si tratti della valle di Giosafat, dove avverrà il giudizio finale secondo la profezia di Gioele (Gal 4,2.12). Altri pensano che si tratti semplicemente di un proverbio popolare che significava più o meno ciò che dice il nostro proverbio: "Dove c'è il fumo, c'è anche il fuoco!"


4) Per un confronto personale

- Sono del tempo di Noè o del tempo di Lot?
- Romanzo di estrema destra. Come mi pongo dinanzi a questa manipolazione politica della fede in Gesù?


5) Preghiera finale

Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore. (Sal 118)
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17/11/2012 07:28
 
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Movimento Apostolico - rito romano
Io vi dico che farà loro giustizia prontamente

Il Padre nostro celeste vuole che tutto discenda a noi dal suo trono di grazia e di misericordia per la nostra preghiera. Lui vuole che sempre gli manifestiamo il nostro cuore, i nostri desideri, la nostra fame e sete di giustizia e di verità, la nostra volontà di pace e di perdono, il nostro spirito proteso verso la più grande santità.
Questa manifestazione della nostra anima e del nostro spirito non deve avvenire per qualche minuto o per qualche ora soltanto, una o due volte durante l'anno. Non possiamo poi fare come se tutto dipendesse da noi, tutto fosse nelle nostre mani, tutto sorgesse dalla nostra opera. Niente è da noi, perché tutto è da Dio.
Se tutto è da Dio, tutto a Dio si deve chiedere. Poiché noi sempre manchiamo di tutto, sempre dobbiamo innalzare al Signore la nostra invocazione, la nostra richiesta, la nostra preghiera. Gesù oggi ci dice che la nostra invocazione deve essere ininterrotta, diuturna, senza soste. Ci dice che dobbiamo pregare senza mai stancarci. Il nostro grido deve salire giorno e notte presso il trono dell'Altissimo, se desideriamo che la nostra preghiera venga ascoltata. La parabola che Gesù ci racconta dona una luce di speranza a tutte le nostre preghiere.
Con la preghiera l'impossibilità diviene possibilità, l'incertezza certezza, la disperazione speranza, ciò che è lontano si fa vicino, ciò che è enorme diviene piccolo e afferrabile, ciò che è nel cielo discende sulla terra, ciò che è nel profondo del mare entra nella nostra casa, si trasporta nella nostra dimora. Con la preghiera l'irraggiungibile diventa raggiungibile e l'inafferrabile afferrabile. Tutto è possibile per colui che prega senza stancarsi, senza mai perdere la fede nel Dio al quale la sua preghiera è rivolta.
Chi noi invochiamo non è un giudice disonesto, senza alcun timor di Dio e senza paura degli uomini, un giudizio arbitrario, distante dalla verità della giustizia che lui è chiamato a servire. Chi noi preghiamo è il Padre nostro celeste. È il Padre pietoso, misericordioso, pieno di carità e di compassione, pronto ad esaudire ogni desiderio dei suoi figli. Chi noi preghiamo è Colui che sempre ci precede in ogni nostra invocazione, desiderio, richiesta. È Colui che attende già per farci pietà. Che aspetta per esaudirci. Che è pronto ad ascoltare ogni grido del nostro cuore. Lui però sempre mette a prova la nostra fede. Vuole sondare, scandagliare le profondità del nostro amore per Lui e della nostra filiale pietà. Per questo attende prima di concederci la grazia. Desidera sperimentare quanto noi gli siamo devoti, sinceri, veri, obbedienti. Anche pregare senza mai stancarsi entra nel mistero della nostra obbedienza. Abbiamo fede se non ci stanchiamo nel chiedere. Se ci stanchiamo non abbiamo fede, non siamo veri adoratori del nostro Dio, perché non crediamo nel suo comandamento sulla preghiera. Vergine Maria, Madre della Redenzione, la tua preghiera è sempre ascoltata dal tuo Figlio Gesù. Fatti nostra voce, insieme agli Angeli e ai Santi. Per voi il Signore ci ascolterà. Ci esaudirà. Le grazie saranno nostre e noi vi benediremo in eterno.
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18/11/2012 07:28
 
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padre Paul Devreux


Marco scrive questo capitolo in un momento di grande sofferenza per tutti, per via di guerre, persecuzioni e calamità, per cui i cristiani sono sconcertati e si domandano il senso di tutte queste sofferenze. Qualcuno si sta già allontanando.

Marco desidera rincuorarli. Scrive con il linguaggio apocalittico, che per i contemporanei era chiarissimo e non enigmatico come sembrerebbe a noi.

Ricorda che Gesù diceva che dopo le tribolazioni, o dolori, come dice nel testo che precede questo, il sole si oscurerà, etc...; significa che le divinità pagane cadranno, tutti vedranno che sono falsi dei. Ci sono momenti di dolore, purtroppo, prima di arrivare a questo, ma sono come i dolori del parto, che sono preludio ad una nuova nascita e una grande gioia, quella di vedere venire il Signore.

Egli manderà i suoi angeli, cioè i suoi discepoli più fedeli, per radunare i suoi eletti. Oggi succede uguale; siamo sconvolti dalla crisi, dalle calamità, da guerre infinite, ma il Signore ci chiama qui a pregare, e ognuno di noi è invitato a sollecitare i fratelli smarriti a tornare a pregare perché si riaccenda in loro il lumicino della speranza e la capacità di vedere i segni di una rinascita, come può essere semplicemente l'assemblea domenicale, che è un miracolo della provvidenza.

Vedendo questi segni possiamo dire che il Signore è vicino, alle porte.
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19/11/2012 07:06
 
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Eremo San Biagio
Commento su Apocalisse 1,3

Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino
Ap 1,3

Come vivere questa parola?

Le ultime due settimane del tempo liturgico ci propongono la lettura del libro della Rivelazione, quel libro misteriosamente affascinante che di per sé ci invita a riflettere sulle ?cose ultime', ma che talvolta rischiamo a non comprenderlo nella sua portata pedagogica . L'Apocalisse, infatti, è un libro destinato ad accompagnare e a guidare il cristiano di ogni tempo nel suo cammino attraverso la storia. Ed è Gesù stesso a metterci accanto a noi, a camminare insieme a noi, a guidarci su sentieri luminosi, sul sentiero delle beatitudini.

È proprio una beatitudine ad aprire questa lettera inviata sì alle sette Chiese dell'Asia, ma anche a ciascuno di noi: beato chi legge, beato chi ascolta, beato chi custodisce . Le beatitudini ci inseriscono in quella schiera degli uomini e delle donne che nella storia della salvezza hanno saputo ascoltare e mettere in pratica la parola del Signore, anche nelle situazioni più difficili; suppongono la perseveranza in quei atteggiamenti quotidiani che implicano il ricordo continuo dei tempi del primo amore (cf Ap 2,2-4), dal quale talvolta le prove e la stanchezza ci allontanano, o ci fanno anche cadere e non compiere più le opere di prima. Sarà beato invece, chi resta nella via dei giusti, chi riesce ad innalzarsi dalla caduta, chi nella legge del Signore ri-trova la sua gioia (cf Salmo responsoriale, Sal 1), la legge, la ascolta, la custodisce .

La vede! Come il cieco mendicante seduto lungo la strada percorsa da Gesù che si avvicina a Gerico: sono gli occhi della fede che gli fanno leggere quel momento storico e salvifico che la vita gli presenta; sono le orecchie affinate all'ascolto dei suoni sottili che gli fanno percepire la grazia che passa; è il cuore fedele che custodisce il ricordo delle opere gloriose di Dio compiute nella storia e che gli fa gridare, sempre più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Il Signore si ferma, guarisce e salva: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato» (cf Lc 18,35-43).

«Signore, che io veda di nuovo!»

La voce di un poeta:

Quando con brividi di freddo la paura mi assale ed io credo di non farcela più,
una voce intima mi infonde coraggio, pronta ad aiutarmi mi tende la mano ?
ed è di nuovo luce nella mia anima, di nuovo luce dentro i miei occhi ?
E spariscono le tenebre, fuggono da me fantasmi e demoni; è sconfitto il serpente.
Solo luce, luce, e per sempre luce.
Ed io ora so che non smetterai mai di illuminarmi.
Claudio Cisco
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20/11/2012 09:17
 
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a cura dei Carmelitani


1) Preghiera

Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 19,1-10
In quel tempo, Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".
In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!"
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".
Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".


3) Riflessione

- Nel vangelo di oggi, stiamo giungendo alla fine del lungo viaggio che iniziò nel capitolo 9 (Lc 9,51). Durante il viaggio, non si sapeva bene dove andasse Gesù. Si sapeva solo che si dirigeva verso Gerusalemme! Ora, alla fine, la geografia era chiara e definita. Gesù giunse a Gerico, la città delle palme, nella valle del Giordano. Ultima fermata dei pellegrini, prima di salire verso Gerusalemme! Fu a Gerico dove terminò il lungo cammino dell'esodo di 40 anni lungo il deserto. Anche l'esodo di Gesù era terminato. All'entrata di Gerico, Gesù incontra un cieco che voleva vederlo (Lc 18,35-43). Ora, all'uscita della città, si incontra con Zaccheo, un pubblicano: anche lui vuole vederlo. Un cieco ed un pubblicano. I due erano esclusi. I due scomodavano la gente: il cieco con le sue grida, il pubblicano con le sue imposte. I due sono accolti da Gesù, ognuno a modo suo.
- Luca 19,1-2: La situazione. Gesù entra a Gerico ed attraversa la città. "Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco". Pubblicano era la persona che riscuoteva le imposte pubbliche sulla circolazione della merce. Zaccheo era il capo dei pubblicani della città. Soggetto ricco e molto legato al sistema del dominio dei romani. I giudei più religiosi argomentavano così: "Il re del nostro popolo è Dio. Per questo, il dominio romano su di noi è contro Dio. Chi collabora con i romani, pecca contro Dio!" Così, i soldati che servivano nell'esercito romano e gli esattori, come Zaccheo, erano esclusi ed evitati, perché considerati peccatori e impuri.
- Luca 19,3-4: L'atteggiamento di Zaccheo. Zaccheo vuole vedere Gesù. Essendo piccolo, corre davanti, sale su un albero e aspetta che Gesù passi. Ha proprio voglia di vedere Gesù! In precedenza, nella parabola del povero Lazzaro e del ricco senza nome (Lc 16,19-31), Gesù indicava che era veramente difficile per un ricco convertirsi ed aprire la porta che lo separa dall'accogliere il povero Lazzaro. Ecco qui il caso di un ricco che non si chiude nella sua ricchezza. Zaccheo vuole qualcosa di più. Quando un adulto, persona di spicco nella città, sale su un albero, è perché non gli importa molto dell'opinione degli altri. Qualcosa di più importante lo muove dentro. Vuole aprire la porta per il povero Lazzaro.
- Luca 19,5-7: Atteggiamento di Gesù, reazione della gente e di Zaccheo. Giungendo vicino e vedendo Zaccheo sull'albero, Gesù non chiede né esige nulla. Risponde solo al desiderio dell'uomo e dice: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua!" Zaccheo scese e ricevette Gesù a casa sua, con molta gioia. Tutti mormoravano: "E' andato ad alloggiare da un peccatore!" Luca dice che tutti mormoravano! Ciò significa che Gesù stava rimanendo solo nel suo atteggiamento di accogliere gli esclusi, sopratutto i collaboratori del sistema. Ma a Gesù non importano le critiche. Va a casa di Zaccheo e lo difende dalle critiche. Invece di peccatore, lo chiama "figlio di Abramo" (Lc 19,9).
- Luca 19,8: Decisione di Zaccheo. "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto!" Questa è la conversione, prodotta in Zaccheo per l'accoglienza che Gesù gli riserba. Restituire quattro volte era ciò che la legge ordinava di fare in alcuni casi (Es 21,37; 22,3). Dare la metà dei beni ai poveri era la novità che il contatto con Gesù produceva in lui. Avveniva, di fatto, la condivisione.
- Luca 19,9-10: Parola finale di Gesù. "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo". L'interpretazione della Legge per mezzo della Tradizione antica escludeva i pubblicani dalla razza di Abramo. Gesù dice che venne a cercare e salvare ciò che era perduto. Il Regno è per tutti. Nessuno ne può essere escluso. La scelta di Gesù è chiara, ed anche il suo richiamo: non è possibile essere amico di Gesù e continuare ad appoggiare un sistema che emargina ed esclude tanta gente. Denunciando le divisioni ingiuste, Gesù apre lo spazio ad una nuova convivenza, retta dai nuovi valori della verità, della giustizia e dell'amore.
- Figlio di Abramo. "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo!" Mediante la discendenza di Abramo, tutte le nazioni della terra saranno benedette (Gen 12,3; 22,18). Per le comunità di Luca, formate dai cristiani sia di origine giudaica che di origine pagana, l'affermazione di Gesù che chiama Zaccheo "figlio di Abramo", era molto importante. In essa troviamo la conferma del fatto che in Gesù, Dio stava compiendo le promesse fatte ad Abramo, dirette a tutte le nazioni, sia giudei e gentili. Anche loro sono figli di Abramo ed eredi delle promesse. Gesù accoglie coloro che non erano accolti. Offre uno spazio a coloro che non ne hanno. Riceve come fratello e sorella le persone che la religione ed il governo escludevano e consideravano:
- immorali: prostitute e peccatori (Mt 21,31-32; Mc 2,15; Lc 7,37-50; Gv 8,2-11),
- eretiche: pagani e samaritani (Lc 7,2-10; 17,16; Mc 7,24-30; Gv 4,7-42),
- impure: lebbrosi e posseduti (Mt 8,2-4; Lc 17,12-14; Mc 1,25-26),
- emarginate: donne, bambini e malati (Mc 1,32; Mt 8,16;19,13-15; Lc 8,2-3),
- lottatori: pubblicani e soldati (Lc 18,9-14;19,1-10);
- povere:la gente della terra e i poveri senza potere (Mt 5,3; Lc 6,20; Mt 11,25-26).


4) Per un confronto personale

- Come accoglie la nostra comunità le persone disprezzate ed emarginate? Siamo capaci, come Gesù, di percepire i problemi delle persone e prestare loro attenzione?
- Come percepiamo la salvezza entrando oggi nella nostra casa e nella nostra comunità? La tenerezza accogliente di Gesù produce un mutamento totale nella vita di Zaccheo. La tenerezza della nostra comunità sta producendo qualche mutamento nel quartiere? Quale?


5) Preghiera finale

Con tutto il cuore ti cerco, Signore:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato. (Sal 118)
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21/11/2012 07:56
 
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Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi

Nell'uomo peccatore che supera i limiti del peccato, il male gli cambia la natura e da natura che cerca Dio, perché ha sete di Lui, si trasforma in natura che si oppone a Dio, che lo avversa, lo contrasta, combattendolo e opponendosi al diritto di sottomissione che per creazione il nostro Dio gode sull'uomo. La sottomissione dell'uomo alla divina volontà è un diritto che nessuno potrà mai togliere al nostro Dio. È Lui che ci ha creati ed è sempre Lui che ci mantiene in vita. È Lui il nostro presente e la nostra eternità.
Nessun uomo, nel pieno della sua naturale sapienza ed intelligenza potrà mai dire: "Non voglio che il Signore regni sopra di me". Neanche il più grande peccatore perde la verità di Dio nel suo cuore. La perde quando va ben al di là dei limiti del male, consentiti alla sua umanità, e si abbandona al peccato contro lo Spirito Santo. In questo caso la natura si è totalmente corrotta, si è così fortemente insuperbita, da pensare di poter gridare a Dio: "Non ti servirò". Quando si giunge ad una tale cecità, è la fine della salvezza, perché non c'è salvezza se non in Dio, da Lui, con Lui, per Lui.
Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d'oro, dicendo: "Fatele fruttare fino al mio ritorno". Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: "Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi". Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate dieci". Gli disse: "Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città". Poi si presentò il secondo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate cinque". Anche a questo disse: "Tu pure sarai a capo di cinque città". Venne poi anche un altro e disse: "Signore, ecco la tua moneta d'oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato". Gli rispose: "Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi". Disse poi ai presenti: "Toglietegli la moneta d'oro e datela a colui che ne ha dieci". Gli risposero: "Signore, ne ha già dieci!". "Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me"». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Il giudizio contro l'umanità perversa, impenitente, superba ed arrogante è di morte eterna. Oggi noi cristiani non crediamo più nelle verità che il Vangelo ci propone e che sono a fondamento della nostra fede. Noi cristiani siamo i più grandi traditori e rinnegatori del Vangelo. Vogliamo ad ogni costo epurare il Vangelo dalle verità scomode alla nostra sensibilità di peccato e di immoralità. In nome di un falso umanesimo e di una errata concezione della misericordia e della carità in Dio, pensiamo che Dio debba pensare con i nostri pensieri di peccato ed agire con la nostra volontà malata di giustizia, diritto, somma verità. Per la nostra falsità nella fede stiamo condannano l'umanità intera all'immoralità, all'amoralità, alla superbia, al vizio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli Santi, dateci la verità del Vangelo.
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22/11/2012 09:36
 
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Commento su Luca 19,42

Dalla Parola del giorno
"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace".

Come vivere questa Parola?
Le parole del Vangelo di oggi, stringono il cuore. Sono parole cariche di dolore per Gerusalemme che non ha compreso il tempo di Dio che salva. Non ha accettato Colui che porta la pace, Gesù il Messia. Dal monte degli ulivi, Gesù vede il panorama meraviglioso della Città santa; una vista che suscitava canti di gioia e di lode in tutti i pellegrini. Ma Gesù piange. Piange perché la Città amata lo rigetta; preferendo il buio alla luce, si lascia risucchiare nel vortice della violenza e della paura, mentre Gesù le vuole donare la Pace.
Gesù piange perché l'uomo, nella sua libertà è capace di rifiutare la salvezza, di scagliarsi contro Dio. Piange perché prevede il momento storico in cui Gerusalemme sarebbe stata distrutta dai Romani nell'anno 70: "Non lasceranno in te pietra su pietra".
Possiamo chiederci qual è la pace portata da Gesù. Gesù offre la ?Sua' pace:"Vi do la mia pace".
La pace di Gesù, il vero ?shalom', significa ?pienezza di vità. ? un dono che trasforma l'uomo nell'intimo, nel cuore. Infatti, Gesù ha portato un nuovo modo di gestire la libertà umana; un'alleanza personale con lui; un'amicizia con Dio che l'uomo sperimenta come una forza interiore, là dove l'essere umano tocca l'Essere divino, in una pace indicibile e invincibile.

Oggi nella mia pausa contemplativa chiedo a Gesù di aiutarmi a conoscerli meglio e ad essere vigilante per riconoscere le sue visite. Vorrei saper esercitare bene la mia libertà per giungere alla sua pace.

Grazie, Signore, perché sempre scommetti su di noi: "? a vostro riguardo ho fatto progetti di pace per concedervi un futuro di speranza". Che il tuo progetto si realizzi nella mia vita e per tutti i miei fratelli e sorelle.

La voce di un Santo
Mi hai chiamato, hai gridato, e hai trapassato la mia sordità. Hai brillato, hai rifulso, e hai vinto la mia cecità. Hai emesso il tuo profumo, l'ho respirato e ora anelo a te. Ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio della tua pace.
Sant'Agostino
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23/11/2012 07:44
 
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a cura dei Carmelitani

1) Preghiera

Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura

Dal Vangelo secondo Luca 19,45-48
In quel tempo, Gesù entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori, dicendo: "Sta scritto: ??La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!'".
Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


3) Riflessione

- Il vangelo di oggi descrive l'entrata di Gesù nel Tempio e come ne espelle i venditori. La religione era usata per sfruttare la gente ed arricchire un piccolo gruppo.
- Luca 19,45: L'espulsione dei venditori ambulanti dal tempio. Nel giungere al tempio, Gesù fa un gesto violento: "Cominciò a scacciare i venditori". Nel vangelo di Marco si dice che "rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio" (Mc 11,15-16). E nel vangelo di Giovanni arrivò perfino ad usare una corda per minacciare le persone (Gv 2,15). Secondo il gesto simbolico compiuto da Gesù, descritto da Marco (Mc 11,12-14), il Tempio di Gerusalemme, così come stava funzionando, era come un albero frondoso, bello, pieno di foglie, ma non offriva frutti alla gente affamata alla ricerca del Dio della vita. Per questo, nel gesto violento dell'autorità, Gesù dichiara chiuso l'espediente del Tempio e pone fine al culto così come era praticato. Non aveva più senso: "Nessuno mangi più di questo frutto!" (Mc 11,14.20).
- Luca 19,46: Cosa era sbagliato nel culto del Tempio? E disse: "Sta scritto: ?La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!'. Gesù cita due profeti: Isaia e Geremia. Isaia diceva che il Tempio doveva essere una casa di preghiera per tutte le genti (Is 56,7). Ma la realtà era un'altra. Stranieri, donne e persone considerate impure non potevano entrare nel tempio. Ne erano escluse. Per mezzo di questo testo di Isaia, Gesù insegna che il Tempio non deve essere un luogo di esclusione, ma di inclusione. Deve essere aperto a tutti. Geremia diceva che il Tempio era stato trasformato in una "spelonca di ladri" (Ger 7,11). Lo stesso stava succedendo al tempo di Gesù. Così, citando Geremia, Gesù denuncia il cattivo uso del Tempio. La religione non poteva essere usata per sfruttare la gente, né per sostenere e legittimare i privilegi della classe dirigente.
- Luca 19,47-48: Le autorità decidono di uccidere Gesù. I capi dei sacerdoti, i dottori e gli anziani, infastiditi dal gesto di Gesù, decidono di ucciderlo. Ma hanno paura della gente che era affascinata dall'insegnamento di Gesù. Nel pomeriggio, dinanzi alle minacce delle autorità, Gesù esce di nuovo dalla città e ritorna a Betania, il cui nome significa Casa della Povertà.
- La contraddizione del Tempio: casa di preghiera e spelonca di ladri. Nella festa di Pasqua, la gente pellegrina si recava dai luoghi più distanti verso il tempio per incontrarsi con Dio. Il tempio si trovava su un piccolo monte della città a nordest, zona chiamata Monte Sion. La gente osservava la bellezza del tempio, la stabilità delle mura e la grandezza delle montagne attorno. Questo insieme imponente faceva ricordare la protezione di Dio. Per questo pregava dicendo: "Chi confida nel Signore è come il monte Sion: non vacilla, è stabile per sempre. I monti cingono Gerusalemme: il Signore è intorno al suo popolo ora e sempre". (Sal 125,1-2). A Gerusalemme si trovava anche la sede del governo, il palazzo dei capi e la casa dei sacerdoti e dei dottori. Tutti loro dicevano di esercitare il potere in nome di Yavé, ma in realtà, molti di loro sfruttavano la gente con tributi e imposte. La religione serviva loro da strumento per arricchirsi e per rafforzare il loro dominio sulla coscienza della gente. Trasformarono il Tempio, la Casa di Dio, in una "spelonca di ladri" (Ger 7,11; cf. Lc 19,46; Mc 11,17). Una contraddizione pesava sul tempio. Da un lato, luogo di incontro, in cui la coscienza e la fede erano alimentate. Dall'altro, fonte di alienazione e di sfruttamento della gente. Anche oggi esiste la stessa contraddizione: da un lato dobbiamo contribuire alla conservazione delle chiese e ad una degna manutenzione del culto. Dall'altro, c'è gente che si approfitta di questo per arricchirsi. L'espulsione dei venditori aiuta a capire come mai gli uomini del potere decidono di uccidere Gesù. Il tempio, quel fico bello e frondoso, dovrebbe dare frutti, ma non li sta dando perché un gruppo elitario di sacerdoti, anziani e scribi se ne era impadronito e lo avevano trasformato in una fonte di guadagno e in uno strumento di dominio delle coscienze (cf. Mc 11,13-14). Il commercio degli animali, destinati ai sacrifici nel tempio, era controllato dalle famiglie dei Sommi Sacerdoti ad un prezzo molto alto. Il commercio degli animali, destinati ai sacrifici nel Tempio, era controllato dalle famiglie dei Sommi Sacerdoti ad un prezzo molto più alto di quello del mercato della città. Solamente la notte di Pasqua erano immolate migliaia e migliaia di pecore! Con questo guadagno ingiusto loro facevano la carità ai poveri! Il Regno annunciato da Gesù mette un punto finale a questo sfruttamento, simbolizzato dai venditori, dai compratori e dai cambiavalute del tempio: "Nessuno mai mangi i tuoi frutti!" Gesù presenta un nuovo tipo di religione, in cui l'accesso a Dio avviene mediante la fede (Mc 11,22-23), la preghiera (Mc 11,24) e la riconciliazione (Mc 11,15-26). Per questo, ai capi non piacque l'azione di Gesù e decisero di eliminarlo.


4) Per un confronto personale

- Conosci casi di persone o di istituzioni che approfittano della religione per arricchirsi o per condurre una vita più facile? Quale è stata la tua reazione dinanzi a questi abusi?
- Se Gesù apparisse oggi ed entrasse in una chiesa o in un tempio della nostra comunità, cosa direbbe e farebbe?


5) Preghiera finale

Signore, nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti. (Sal 118)
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24/11/2012 07:54
 
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padre Antonio RungiEremo San Biagio
Commento su Luca 20,38

Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui.
Lc 20,38

Come vivere questa Parola?

Con questa solare affermazione Gesù chiude la bocca ai Sadducei: una setta ebraica che negava la resurrezione dei morti. L'obiezione era stata posta da loro, che ritenevano per legge che la vedova doveva sposare il fratello del marito defunto. Ma l'argomentare sulla vedova sopravvissuta a ben sette mariti, quel chiedere di chi sarà la donna nella risurrezione ultima è intriso di dura ironia!

È in questo contesto che Gesù proclama che nell'economia della resurrezione, tutto sarà diverso, anche il rapporto uomo e donna che, quaggiù, ha il suo perno significativo nella complementarietà del sesso. Vale la pena di riflettere. L'essere "come angeli di Dio" nella vita eterna esprime il superamento di quella dialettica tra corpo e spirito che è la connotazione e anche la fatica del nostro essere uomini e donne quaggiù. Tutto questo sarà superato ma bisogna che fin d'ora noi viviamo da "figli della resurrezione".

Figli della risurrezione - dice Gesù - si diventa, vivendo da figli di Dio: uomini e donne che non lasciano sedimentare in sé segni di morte, ma si aprono ad aaccogliere e curare la vita.

Oggi, nel mio rientro al cuore, chiedo allo Spirito Santo di entrare nella mia identità di figlio della resurrezione e quindi di assaporare e diffondere quel "gusto della vita" che è "vita nuova" in Cristo Gesù.:

Signore, che sei risorto dai morti perché fossimo con te conrisorti in speranza, dacci di aprirci a pensieri e sentimenti di pace, di progresso nella bontà, nella gentilezza, nella promozione di chi ci sta accanto.

Le parole di un Padre della Chiesa

Si semina il frumento, se piace, o qualsiasi genere di semi. Appena cade, come se morisse, va in putrefazione ed è inutile al nutrimento. Ma quello putrefatto risorge verdeggiante e caduto piccolo risorge bellissimo. Il frumento è fatto per noi. Per il nostro uso il frumento e i semi sono fatti, non per se stessi. Quelle cose che per noi sono state create, morte rivivono, e noi, motivo per i quali esse vivono, morti non risorgeremo?
S. Cirillo di Gerusalemme
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