atto secondo - il viaggio
e così un bel venerdì pomeriggio, opportunamente scelto in modo che coincidesse col giorno di paga degli operai: questo faceva sì che a partire dalle 14.00 non un'anima vivente fosse presente e soprattutto cosciente di quello che avveniva nell'impianto essendo tutti a bere e gozzovigliare...
dicevo un bel venerdì pomeriggio, ricaricati i telefonini e preso il minimo indispensabile (costume da bagno, maglietta extra e ricambio), l'allegra brigata di viaggiatori (6 giovani esploratori) si dirigeva alla volta di Ciudad Bolivar, fremendo nell'attesa dell'avventura che s'andava a cominciare...
si giunge all'Aeropuerto Internacional senza intoppi (quella strada era troppo conosciuta da tutti per fornire sorprese) davanti al quale si trova l'aereo con cui l'aviatore americano Jimmy Angel, avventuriero e cercatore d'oro, a causa di un atterraggio di fortuna, negli anni 20 scoprì la famosa cascata...
entrammo dunque nell'aeroporto (uno stanzone torrido) e cercammo il banco della nostra linea aerea che brillava per la sua assenza... chieste opportune informazioni ad un rappresentante di una delle altre compagnie ci dissero di rivolgerci al bar dell'aeroporto stesso...:-/
trovammo finalmente un omino che, con ampio sorriso e deferente cortesia, ci condusse in un altro stanzino, ancora più caldo del precedente ed affollato con una cinquantina di presunti turisti...
egli prese i nostri biglietti e dopo veloce controllo ce li restituì assieme ad una targhetta di plastica lurida pomposamente chiamata "boarding pass" dicendoci di aspettare circa un quarto d'ora che si sarebbe partiti...
fantastico...!!
sulla pista, accanto ad un altro, immancabile DC3 (di una altra compagnia però...
) faceva bella mostra di sè un bel DC9 scintillante... che, a occhio avrebbe dovuto trasportare noi e il resto della vociante comitiva nel cuore più selvaggio ed inestricabile della selva...
(avevo omesso di dire prima che, comunque, l'aereo è l'unico modo per raggiungere la zona della cascata, chianmata Canaima, visto che non vi sono nè strade nè piste nè nulla d'altro...)
dopo una decina di minuti, una hostess in immancabile minigonna chiamava i passeggeri invitandoli ad imbarcarsi perchè la partenza era ormai prossima...
WOW! ci accodammo e, saliti a bordo, la ragazza chiese il nostro boarding pass (il pezzetto di plastica lercia...), lo guardò e con un sorriso da far sobbollire gli ormoni ad un pezzo di marmo ci disse che quello non era il nostro volo... ma come? ci avevano detto di aspettare che ci avrebbero chiamato per imbarcarci, essendo quello l'unico aereo della compagnia quello DOVEVA essere il nostro aereo per Canaima... intanto era giunto anche il pilota che, molto affabilmente, ci disse che quell'aereo stava per andare all'isola Margarita e che mai e poi mai avrebbe potuto andare a Canaima, neanche volendo perchè non avrebbe potuto atterrare...
un veloce sospetto attraversò la nostra mente... ci avevano subaffittato alla compagnia del DC3 lì accanto...
inatanto, con breve conciliabolo via radio, il pilota aveva chiamato un assistente di terra che ci prese in consegna, scusandosi per l'equivoco e dicendo che stavano aspettando uno dei piloti ma i nostri aerei sarebbero stati pronti entro poco...
un po' frastornati, all'inizio non cogliemmo appieno il significato di quel plurale buttato lì e, indicandogli il solito DC3 chiedemmo se per caso quello sarebbe stato il nostro aereo... "Claro que no, señores!" rispose sorridente... "aspettate pure al bar, solo pochi minuti" e scomparve...
ci guardavamo in giro cercando di vedere e di capire quale sarebbe stato il nostro mezzo di trasporto ma, a parte due vecchi catorci di una presunta "Fuerza Aerea Venezolana" non c'era altro in vista...
concludemmo che probabilmente il nostro volo doveva ancora atterrare...
cosí andammo a farci una bella birra fredda e poco dopo soggiunse nuovamente il nostro omino che, felice, ci comunicó che il nostro volo era pronto sulla pista e che potevamo dare a lui i boarding pass...
uscimmo sulla pista e l'unica cosa che vedemmo erano due aeroplanini, tipo Piper, monomotore adatti al trasporto di 4 passeggeri l'uno... il nostro volo... altro che Dakota traballante... quei cosi non li avrebbe voluti nemmeno uno sfasciacarrozze abusivo...
uno dei colleghi disse "ragazzi, guardate il carrello..." due tubi del gas da 3/4 di pollice tenuti insieme da un paio di bulloni ed una fascetta tenavano assieme quella che aveva tutta l'aria di essere la ruota di un carrello del supermercato...
"omadonninadeidolori..." fu l'esalazione che ci uscí... ma ormai eravamo in ballo, i piloti, Pancho Villa e Rodolfo Valentino, con un gran sorriso ed una sudaticcia stretta di mano ci dissero di salire a bordo, 3 per apparecchio, che saremmo partiti subito...
era quel subito che ci terrorizzava... avremmo voluto dilazionare diciamo di una ventina d'anni, ripensarci, tornare indietro e prendere il vituperato Dakota, cosí tanto piú grande, solido e robusto...
ma ormai eravamo in ballo e toccava partire..
e cosí, sobbalzon sobbalzoni, con inquietanti cigolii e ancor piú inquietanti pacche del pilota sulla strumentazione di bordo, si decolló... durata del volo 90 minuti, altezza media stimata 300 metri sopra la cima degli alberi, sopra di noi il cielo equatoriale in tutto il suo azzurro dvanatio a noi il miraggio di Canaima sotto e per centinaia di chilometri tutto attorno solo alberi, selva, e null'altro che selva ed alberi...
qualcuno di noi giá vedeva i titoli sui giornali "tecnici italiani dispersi nel cuore della selva amazzonica - senza esito le ricerche", altri tentavano di informarsi sulla fauna sottostante ed il pilota, felicissimo, diceva "oh, sí... ci sono tutti gli animali, soprattuto giaguari, scimmie e serpenti... di qui non passa mai nessuno, neanche gli indios vivono qui perché non c'é abbastanza acqua..."
finalmente il mare verde sottostante cominció ad ondularsi ed il pilota ci comunicó che ormai mancava poco, infatti dopo circa un quarto d'ora vedemmo i primi "tepuy" (le tipiche montagne della zona, con le pareti quasi verticali e dalla cima piatta, come si puó vedere dalle foto) edun piccolo spiazzo, praticamente uno slargo nella foresta... "l'aeroporto" disse il pilota...
in effetti c'era un'area sgombra dagli alberi, con una striscia di asfalto affiancata da due strisce di terra battuta ed una casupola...
con perizia da kamikaze il pilota si tuffó verso la pista esibendosi in uno splendido atterraggio "a canguro" che distrusse completamente i giá provati stomaci dei non piú troppo allegri turisti... ci saluto cordialmente dicendoci che doveva ripartire subito perché non poteva viaggiare col buio non avendo fari e disse che sarebbe tornato a prenderci dopo due giorni...
in un modo o nell'altro eravamo arrivati nel cuore della foresta...
giá... ma ora?
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"Se si vivesse senza motivi, nè paradisi per cui soffrire, semplicemente perchè siamo vivi, sapendo sempre di morire, la Matematica della Risata, la Gaia Scienza dell'Ironia alla speranza naufragata potrebbe ancora mostrare una via, a questa vita navigata potrebbe ancora mostrare..."
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[Modificato da Gugovaz 02/07/2002 17:17]