Lo stato pontificio. Guerre pubbliche e vendette private
Intanto, con Gregorio Magno (590-604) i papi cominciano a governare una vasta proprietà e la giurisdizione papale comincia ad estendersi oltre Roma. Ciò accresce il loro coinvolgimento nelle vicende terrene e nelle guerre. Nel 717, ad esempio, Gregorio II fece intervenire l'esercito del duca di Napoli per impadronirsi di un castello. Successivamente prese lui stesso la guida dell'esercito dell'esarcato di Ravenna, represse la rivolta di Tiberio Petaso, lo uccise e ne inviò la testa all'imperatore di Costantinopoli (16).
Ma è soprattutto con la nascita dello Stato pontificio nel 756 e fino alla caduta del potere temporale dei papi nel 1870, ossia per oltre un millennio, che divenne costante il coinvolgimento del papato, e di molti se non tutti i papi, in guerre, omicidi, stragi, persecuzioni. Né si trattò soltanto di una pratica: le uccisioni furono teorizzate o giustificate dai papi e dai concili.
Subito dopo la formazione dello Stato pontificio esso fu oggetto di accanite dispute per il controllo del potere: Stefano III (768-72) viene eletto, secondo quanto scrivono Rendina (17) e il cattolico N. Fabretti (18) dopo una lotta lunga e feroce, con tumulti e delitti a catena.
Alla fine del secolo si delineò anche l'intreccio fra guerra giusta e “diritto d'evangelizzazione” con il massacro di circa 4.500 sassoni sottomessi e costretti a convertirsi da Carlo Magno che poco dopo Leone III incoronò imperatore del sacro romano impero. Questo autore di stragi, e per di più bigamo, ma "campione della fede", fu anche fatto santo dall'antipapa Pasquale III nel 1165 per volere del Barbarossa e seguita ad essere ancora oggi venerato, sia pure solo nella diocesi di Aachen. Quanto a Leone III, al centro di ripetute congiure, fu costretto alla “purgazione”, ossia a giurare di essere innocente dei crimini che gli venivano imputati, e una prima volta fece commutare la pena di morte in ergastolo per i suoi attentatori. Ma i responsabili di una congiura successiva alla morte di Carlo Magno furono da lui messi a morte. “il papa”, scrive perfino un sito agiografico come Santi e beati “agì di sua propria autorità senza ricorrere al successore dell’imperatore, Ludovico, dimostrando una severità che poco si addiceva al capo spirituale della cristianità…. La Sacra Congregazione dei Riti nel 1673, inserì il suo nome nel Martirologio Romano…, ma bisogna dire che nella revisione del 1963 la sua festa è stata eliminata” (19). Tuttavia resta venerato come santo.
Poco dopo di lui si distinse un altro santo papa, Pasquale I (817-24), che entrò in conflitto con l'imperatore Lotario quanto quest'ultimo diede ragione al convento di Farfa in una causa contro la Curia romana per l'appropriazione di alcuni beni. Tale contrasto indebolì il papa e spinse i nobili a meditare una rivolta. Ma la Curia reagì duramente e i due capi dei rivoltosi furono arrestati, accecati e decapitati. Il papa negò la sua responsabilità nell'episodio, dicendosi dapprima pronto a sottostare a un'inchiesta imperiale, ma poi affermando che bastava il suo giuramento dì innocenza, essendo inammissibile e contro ogni tradizione giudicare il primate di Roma. Nello stesso tempo maledìsse i giustiziati dichiarandoli colpevoli di alto tradimento (20). Anche A. Piazza scrive che Pasquale I “prese la difesa degli uccisori… sostenendo che di diritto avevano ucciso coloro che si erano macchiati del crimine di lesa maestà e contro questi emise la sua sentenza” (21).
Papa-guerriero fu Leone IV (847-55), santo. Nell'849 armò e guidò lui stesso una flotta contro i saraceni, invocando Dio per sconfiggere “i nemici della tua chiesa, affinché la vittoria conseguita torni a gloria del tuo santo nome presso tutti i popoli” e assicurando che “qualora uno di voi dovesse perdere la vita… avrà la mercede promessa” (22). Entrato più tardi in contrasto con l'imperatore, perché gli emissari imperiali avevano assassinato un legato pontificio, si recò a Ravenna “dove stavano gli assassini, li arrestò e condotti a Roma furono processati e condannati a morte” (23).
Pochi anni dopo Giovanni VIII (872-82) scomunicò, poi fece acciecare e condurre prigioniero a Roma, il duca di Napoli Sergio II, organizzò leghe, guidò campagne militari uccidendo musulmani e altri nemici. Né si comportò meglio qualche anno più tardi Adriano III (884-85), legato alla fazione del suo predecessore Giovanni VIII, che non si peritò di combattere con ferocia la fazione avversa. “Per ordine di Adriano venne acciecato un alto dignitario del Palazzo lateranense”, si legge nella Enciclopedia dei papi. “Ancora per ordine di Adriano una donna dell'aristocrazia romana legata da parentela con i potenti del Laterano, Maria…, subì la pena oltraggiosa di essere tratta nuda a ludibrio e fustigata attraverso tutta Roma” (24). L'autore scrive che Adriano morì poco dopo, ucciso forse dal marito della donna offesa. E fu fatto santo.
Formoso (891-96) fu coinvolto in guerre e intrighi e il suo cadavere fu riesumato e sottoposto a un macabro processo da Stefano VI (896-97), poi riabilitato, poi di nuovo processato da Sergio III (904-11), che strangolò l'antipapa Cristoforo e si fece papa.
Dal 914 al 928 fu papa Giovanni X, amante di Teodora, che conquistò con la violenza l'arcivescovado di Ravenna e guidò leghe militari contro i saraceni. Giovanni XII (955-64), che elesse vescovo un suo amante di 10 anni ed era famoso per lussuria, fu accusato di omicidio e fece una crociata contro i signori di Benevento mentre Giovanni XIII (965-72), costretto a fuggire da una rivolta, tornato a Roma si abbandonò a sanguinose vendette. Altri papi, nello stesso periodo di massima decadenza, furono a loro volta assassinati, come il papa-mago Silvestro II (999-1003), mentre poco prima di lui Gregorio V (996-99) processò, mutilò e mise alla gogna l'antipapa Giovanni XVI.
Scontri armati portarono al pontificato Benedetto VIII (1012-24) mentre, caso unico nella storia del papato, fu per tre volte papa Benedetto IX, definito ladro e assassino da un altro pontefice, Vittore III. Papa giovanissimo dal 1032 al 1044, Benedetto IX vendette il titolo a Silvestro III che poi rovesciò, tornando papa per 20 giorni (1045). Rivenduto subito dopo il titolo, tornò papa per la terza volta dal 1047 al 1048, forse avvelenando Clemente II. Gli succedette Damaso II, anche lui morto avvelenato, si pensa sempre per opera dell’infaticabile Benedetto.
Dopo di lui divenne papa un altro santo assassino: Leone IX Noto per l'intolleranza dottrinale e la rivendicazione della supremazia del papato, che provocò lo scisma ancor oggi non sanato con la Chiesa d'oriente, fece ammazzare molte persone nelle battaglie da lui guidate per delle terrene esigenze di espansione territoriale. “Il suo nome da laico era Brunone di Dagsburg”, racconta Borrelli, “negli anni 1025-1026 il giovane canonico si trovò a servire il suo vescovo e il suo imperatore alla testa dei cavalieri germanici, che operavano nelle pianure lombarde. Ciò costituiva sicuro merito per accedere ad un episcopato … Dopo aver trascorso il Natale celebrato a Toul, prese la via per Roma in abito da pellegrino e così, a piedi nudi, entrò nella Città Eterna, accolto favorevolmente da tutti, fu intronizzato il 12 febbraio 1049 prendendo il nome di Leone IX, aveva 47 anni… nel maggio 1053 dovette affrontare, in uno scontro militare, i Normanni che pur essendo cristiani volevano ampliare il loro dominio tra Napoli e Capua. Leone IX come sovrano di Benevento, città concessagli dall’imperatore, dovette affrontarli con poche truppe, fu una disfatta e alla sera fu fatto prigioniero e condotto a Benevento, dove fu trattenuto per oltre otto mesi; alla fine ricevute tutte le soddisfazioni richieste, i Normanni lo lasciarono libero…” (25) Anche lui è venerato come santo, e perciò additato ad esempio ai fedeli.
Ma se fino intorno al Mille i papi si dedicarono all'assassinio privato o a piccole guerre d'espansione, è dopo il Mille che cominciò la stagione dei grandi papi i quali, anche in fatto di stragi e di omicidi, cominciarono a operare e a pensare in grande.
Le crociate. Dio lo vuole
Alessandro II si limitò a benedire numerose guerre, approvando quella intrapresa dal duca normanno Guglielmo per conquistare l'Inghilterra, quella di Roberto il Guiscardo contro gli arabi in Sicilia e i tumulti dei patarini contro i vescovi anticelibatari e simoniaci a Milano. Ma il suo successore, il tirannico Gregorio VII (1073-1085), autore del famoso Dictatus papae e “formidabile organizzatore di eserciti” come lo definisce P. Partner (26), si fece promotore in proprio non solo della lotta per le investiture contro Enrico IV ma delle guerre di liberazione dei cristiani d'Oriente, con un Appello ai fedeli e una successiva Lettera all’imperatore Enrico IV, entrambe del 1074, in cui esprime il desiderio di porsi lui stesso a capo di quanti ”vogliono levarsi in armi contro i nemici di Dio” (27). L'anno dopo, essendo stato costretto a rifugiarsi a Salerno per sfuggire all'imperatore, incita ancora alla guerra promettendo: “Accorrete in aiuto se volete avere remissione dei peccati, benedizione e grazia in questa e nell'altra vita.” (28).
E' il preannuncio della crociata che verrà bandita alla fine del secolo da Urbano II (1088-1099), con il celebre discorso di Clermont del 1095 in cui concluse: “Quando andrete all'assalto dei bellicosi nemici, sia questo l'unanime grido di tutti i soldati di Dio: 'Dio lo vuole! Dio lo vuole!'”: “uccidere era consentito”, nota Partner “con l'autorità di Dio” (29).
Val la pena di ricordare che Urbano II chiese ai cristiani di combattere e uccidere anche in altra occasione, e sempre promettendo indulgenze ai crociati: “Per la città e la Chiesa di Taragona [Spagna] vi preghiamo vivamente e vi comandiamo, per la remissione dei vostri peccati, di imporre in tutti i modi il suo ristabilimento [contro gli arabi]…Chi, per amore di Dio e dei suoi fratelli, cade in questa campagna, non dubiti che troverà l'indulgenza… e godrà la vita eterna per la misericordia di Dio” (30). Per tale incitamento alla guerra, o nonostante esso, fu beatificato, quasi ai giorni nostri, cioè nel 1881, dal papa “progressista” Leone XIII.
Sull'entità della meritoria impresa e di come riuscisse gradita a Dio, ci informa il cronista Raimondo di Aigiles che scrive a proposito della conquista di Gerusalemme, il 15 luglio 1099: “Taluni dei nostri uomini…hanno tagliato la testa ai loro nemici. Altri li hanno colpiti con le frecce…Altri ancora li hanno torturati più a lungo gettandoli nelle fiamme. Cumuli di teste, di mani e di piedi si potevano scorgere per le vie della città… nel tempio e nel portico di Salomone gli uomini cavalcavano nel sangue fino alle ginocchia e alle briglie. In verità è un giusto e magnifico giudizio di Dio che questo posto sia colmo del sangue degli infedeli dopo che ha sopportato così a lungo le loro bestemmie. Ora che la città è stata presa, il vedere la devozione dei pellegrini al Santo Sepolcro ci ricompensa di tutte le nostre fatiche e delle pene passate. I pellegrini si rallegrano ed esultano e cantano al Signore il Salmo nono…la nostra fede è rinnovata…in questo giorno l'Eterno si è rivelato al suo popolo e l'ha benedetto” (31).
Si stima che i morti siano stati 60.000, cui devono aggiungersi i caduti nelle battaglie che avevano accompagnato la marcia crociata verso la terra santa, dalle stragi in Ungheria e nella città turca di Nikaia, dove i morti furono complessivamente molte migliaia, compresi vecchi e bambini bruciati vivi, alla conquista di 40 capitali e 200 fortezze fino ad Antiochia, dove caddero da 10.000 a 60.000 musulmani. Sempre il cronista cristiano Raimondo di Aigiles scrive. “Sulle piazze si accumulano i cadaveri a tal punto che, per il tremendo fetore, nessuno poteva resistere a restare: non vi era nessuna via, in città, che fosse sgombra di corpi in decomposizione” (32).
Vittime dei crociati, specie della cosiddetta “crociata dei pezzenti” di Pierre l'Eremite, che aveva preceduto quella regolare, furono anche gli ebrei: “a seguito delle crociate”, scrive Aruffo, “l'antigiudaismo religioso accademico assunse un diffuso carattere popolare. Le inaudite violenze perpetrate contro gli ebrei rientravano nel contesto di fanatismo religioso e nella cornice dell'ostracismo psicologico collettivo, legato al mito della 'riconquista della terra santa'” (33). Lo stesso Aruffo cita qui ad esempio la strage degli ebrei di Colonia e Magonza nel 1096, riferita dal cronista del tempo Alberto Aix. I massacri che causarono migliaia di vittime ebbero luogo in città diverse. Nelle città attraversate dai crociati, scrive il cronista Frutolf, “essi uccidevano o costringevano al battesimo quel che restava degli empi Ebrei” (34). Solo in Germania furono allora uccisi 50.000 ebrei (35).
“Il 28 giugno 1098”, si legge in Vittime della fede cristiana (tr. Franceschetti), che collaziona varie fonti, “furono ammazzati altri centomila turchi musulmani, donne e bambini compresi. Negli accampamenti turchi - narra il cronista cristiano - i crociati trovarono non solamente ricco bottino, tra cui ‘moltissimi libri in cui erano descritti con esecrandi segni i riti blasfemi di turchi e saraceni’, ma bensì anche ‘donne, bambini, lattanti, parte dei quali trafissero subito, e parte schiacciarono sotto gli zoccoli dei loro cavalli, riempiendo i campi di cadaveri orribilmente lacerati’. [WW 33-35]. Il 12 dicembre 1098, nella conquista della città di Marra (Maraat an-numan), furono ammazzate altre migliaia di infedeli. A causa della carestia che ne seguì, ‘i corpi già maleodoranti dei nemici vennero mangiati dalle schiere cristiane’, come testimonia il cronista cristiano Albert Aquensis [WW 36]... Nella battaglia di Ascalon, il 12 agosto 1099, vennero abbattuti 200.000 infedeli...[WW 45]” (36).
Più difficile fornire dati sul numero complessivo delle vittime, che furono certo moltissime: secondo alcuni circa un milione nella I crociata, venti milioni. alla fine delle otto crociate, nel 1291. A giustificazione dei massacri, nota il già citato Partner, si diffuse l'idea, rilevabile anche dal racconto sopra riportato di Raimondo di Aigiles relativo alla conquista di Gerusalemme, che si trattasse di una giusta “vendetta” per le offese fatte ai cristiani dai musulmani. “E tra tutti” aggiunge Partner, “era Gesù Cristo colui che più di ogni altri doveva essere vendicato sugli infedeli” (37). Si giustificò così la faida di sangue.
Continuatori della prima crociata o promotori di spedizioni militari contro gli antipapi e contro i Normanni furono Pasquale II, Onorio II, Innocenzo I, Lucio II, Eugenio III, che si succedettero dal 1099 al 1153. Lucio II morì in battaglia; Eugenio III, beato, fallì nel tentativo di organizzare la II crociata, fece imprigionare a vita il predicatore itinerante Eudo de Stella, ritenuto infermo di mente, e condannò al rogo, in quanto sani di mente, i suoi seguaci. Ad Adriano IV (1154-59) si deve invece l'uccisione di Arnaldo da Brescia.
Ebrei: omicidio rituale e massacri reali
Allo scontro con gli infedeli si accompagnò nel XII-XIII secolo anche l'inasprimento delle posizioni contro gli eretici e altre minoranze presenti nella società medioevale, a partire dagli ebrei. In questo periodo nasce la leggenda che gli ebrei pratichino l'omicidio rituale, uccidendo e crocifiggendo dei bambini cristiani, di solito nella settimana santa, per ripetere la crocifissione di Cristo. Il primo caso di accusa in questo senso, scrive Mannucci, “avviene nel 1144 a Norwich, in Inghilterra”, dopo che si trova ucciso un giovane apprendista. “Il secondo caso ha luogo in Germania, nel 1147, e provoca il massacro di alcuni ebrei"” (38). Tre anni dopo, a Colonia, un altro ebreo viene accusato di aver profanato un'ostia, altra accusa divenuta poi abituale. Nel 1171 38 ebrei vengono processati e uccisi per omicidio rituale a Blois, nel 1191 un centinaio a Bray-sur-Siene ecc.
Una cronaca di Riccardo di Deviez racconta che nel 1189, il giorno dell'incoronazione di Riccardo Cuor di Leone in Inghilterra , “nell’ora solenne in cui il Figlio fu immolato al Padre, nella città di Londra si cominciò a immolare gli ebrei al loro padre, il diavolo. E ci volle così tanto tempo per celebrare un così grande sacrificio che l’Olocausto fu terminato soltanto il giorno seguente. Altri centri, altre città del paese imitarono l’atto di fede dei londinesi e mandarono all’inferno, con la stessa devozione, tutte quelle sanguisughe e il sangue di cui si erano rimpinzate”(39). E Philippe Bourdrel scrive, nel XIII secolo, che “A Béziers, la domenica delle Palme, era in uso tirare le pietre agli ebrei e aggredirli, per ‘vendicare il signore’ mentre a Tolosa, il giorno di Pasqua, gli ebrei ricevevano da un notabile della città, che aveva la mano ricoperta di un guanto di ferro, uno schiaffo in pieno viso, per ricordare coloro che oltraggiarono Cristo sul Calvario”(40). Ma, naturalmente, si tratta solo di alcuni esempi, perché “la storia degli ebrei in Europa”, scrive E. Saracini, “è tutta costellata di massacri” (41). Persecuzioni, processi ed esecuzioni per omicidio rituale continueranno, fino alle espulsioni degli ebrei da vari paesi europei, fra il XV e il XVII secolo.
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