Premier processato per «Concussione» & «induzione e sfruttamento Prostituzione Minorile»

Ultimo Aggiornamento: 29/02/2016 18:52
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13/04/2011 21:11

Re:
Etrusco, 4/13/2011 5:06 PM:


Il quale, «dopo l'ultima barzelletta sconcia si fece portare una statuetta di Priapo» (personaggio della mitologia classica simbolo dell'esuberanza sessuale) «e la fece girare tra le ragazze», chiedendo loro «un gioco sconcio al quale né io né Ambra ci prestammo».




Priapo, dio minore del fallo maggiore.
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Re: Re:
fabius039, 13/04/2011 21.11:




Priapo, dio minore del fallo maggiore.




... ma il Bunga Bunga si fa in Do Maggiore?
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16/04/2011 00:18

Ruby, Michelle: “Le diedero documenti
in bianco per una nuova identità”

Torna a parlare Michelle Conceicao, la escort brasiliana che
il 28 maggio 2010 andò a prendere la giovane marocchina fuori dalla questura di Milano.
All'Espresso racconta così nuovi pezzi di verità sul caso.
Tra i vari l'invito (poi rifiutato) di Mora a prostituirsi con un ministro


Di essere la testimone chiave del caso Ruby lei lo sa da sempre (Guarda la prima intervista video di Michelle al fattoquotidiano.it). E da mesi ormai sta svelando uno alla volta i segreti che custodisce, disseminandoli tra tv e giornali. Così, dopo aver dichiarato settimana scorsa a Exit di essere riuscita a imbrogliare i pm titolari dell’inchiesta a carico del premier e confermato al Fatto Quotidiano di tenere nascoste alcune verità “per proteggere qualcuno”, oggi consegna all’Espresso (in edicola domani) altri pezzi di un puzzle che sembra non avere mai fine. Michelle Conceicao Oliveira racconta di aver ricevuto dei soldi da Lele Mora per “allietare” le notti di un “politico molto importante, uno del governo” ma di aver rifiutato. Ma soprattutto svela che la sera del 29 maggio, dopo la notte che Ruby fu portata in questura e tornò con Michelle a casa, aveva una busta con 5 mila euro e dei documenti: “Erano moduli da compilare in italiano, con cui le avevano promesso di crearle una nuova identità. Li ha fatti a pezzi e buttati nel water”, racconta oggi Michelle. E aggiunge che la marocchina, ospitata per circa un mese, le raccontava i festini di Arcore e la invita a “prostituirsi con altri clienti a Milano”. Ma, riporta l’Espresso, ci sono anche altre storie.

Silvio Berlusconi che scherza su decine di ragazze che lo chiamano Papi già all’inizio del 2009, mentre è a cena con Giampaolo Tarantini, il quale ne approfitta per chiedergli “un aiuto per gli affari”. C’è pure “un politico del Pd pugliese” che ci prova: sesso in cambio di soldi. E altro, molto altro, lascia intendere la giovane, che al settimanale garantisce di essere intenzionata a raccontare tutto ai magistrati, in tribunale: “Lì dovrò giurare di dire tutta la verità. E il pm Ilda Boccassini non è una che si fa prendere in giro. Non rischierò il carcere per salvare altri”.

L’Espresso, inoltre, ricostruisce anche la vita di Michelle. In particolare del compagno della donna, figlio un imprenditore che fece affari con Berlusconi negli anni della prima accumulazione edilizia delle sue fortune. Michelle chiede di “non fare il nome”. Occhi neri, pelle ambrata – scrive l’Espresso – spiega perché ha taciuto con i pm tormentandosi i capelli: “Avevo paura. Ricevevo ogni notte telefonate e minacce anonime. Ora ho capito che sono davvero in pericolo solo finché resto l’unica a conoscere certi segreti”.

Alcune delle dichiarazioni di Michelle trovano conferma nelle carte degli inquirenti. In particolare quelle relative ai documenti. L’estate scorsa, ricostruisce l’Espresso, Ruby raccontò ai pm un dettaglio rovinoso per Berlusconi: il premier avrebbe saputo che lei era minorenne già dalla sua seconda nottata ad Arcore, cioè tra febbraio e marzo 2010. Stando a quei verbali che ora Ruby smentisce (aspettando di incassare “cinque milioni”, stando alle intercettazioni), il Cavaliere voleva donarle una casa in via Olgettina, accanto alle altre Papi-girls, ma lei rispose che non poteva intestarsela, vista l’età. E’ allora che il premier le suggerisce di spacciarsi per “nipote di Mubarak”. E le promette di sistemarla con “nuovi documenti”. Ora Michelle è la prima che può confermare: “Ho visto i falsi documenti in mano a Ruby”.

Sui rapporti con Berlusconi, dall’inchiesta giudiziaria finora emergeva solo che Michelle aveva i numeri telefonici del premier e probabilmente ha passato una serata ad Arcore, fino alle tre di notte. Lei non nega una frequentazione intensa: “Conosco il presidente Berlusconi da almeno cinque anni. E’ molto amico del mio ex fidanzato, ad Arcore ci andavamo insieme”. Quante volte: una, dieci, venti? Michelle si concentra: “Più di venti volte”.

E ancora, scrive l’Espresso: Nel febbraio 2009 ci va accompagnata da un imprenditore che lei registra come “Joao Paulo Berluscone”. Un nome che ora pronuncia così: “Giampaolo”. Insomma, proprio lui, “Tarantini”, l’affarista sanitario pugliese che riforniva di escort il premier nei mesi caldi del caso D’Addario. E di cosa parlavano, quella sera, Silvio e Giampi? “Di donne. Scherzavano sulle Mini regalate da Berlusconi alle ragazze: “E’ come avere 24 figlie”. Tarantini però voleva parlargli di lavoro, aveva portato documenti. Berlusconi ha dato un’occhiata: “Li leggerò dopo”". Affari di Giampi all’attenzione di Silvio: anche questa è una bella novità. Michelle – prosegue l’Espresso – non nega di sapere molto di più. “Ma finché posso, non dirò nulla contro il presidente. Lui è veramente buono ed è stato generoso con me”. Soldi? “Mi ha aiutato quando il mio ex mi ha lasciato”. Quanti euro? Michelle ride: “Segreto. Però mi ha fatto anche regali”.

L’ultimo segreto è che anche Michelle ha quantomeno assistito a qualche bunga bunga? “A questo risponderò in tribunale”. Ma tacere non è un rischio? “Ho paura solo di Lele Mora. Ma ho imparato a difendermi: se dovesse succedermi qualcosa, c’è qualcuno che tirerà fuori tutto”.

Fonte: ilfattoquotidiano

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16/04/2011 00:36

Ruby, Pdl: "Ispettori in Procura a Milano"
Bruti Liberati: "Basta paragoni tra toghe e Br"

Interrogazione dei capigruppo Gasparri e Quagliarello: "Ci sono state palesi violazioni". Il riferimento è anche alle intercettazioni che hanno coinvolto il premier. Nel capoluogo lombardo appare un manifesto che lega i magistrati ai terroristi. Fini: accertare responsabilità di quelle affissioni. Bersani: "Gli avvocati del premier ordinano, i parlamentari Pdl eseguono"


ROMA - Nuovo scontro tra il Pdl e i giudici di Milano. Oggi i capigruppo del Pdl, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello hanno presentato, in Senato, un'interrogazione urgente al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, perché valuti "l'opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di propria competenza" per verificare l'operato della Procura di Milano sul caso Ruby. Per i due senatori si sono verificate nell'azione della magistratura contro Silvio Berlusconi "palesi violazioni" della Costituzione.

LE CARTE

AUDIO: I VERBALI

Un clima teso in cui si inserisce il manifesto affisso a Milano a firma dell' 'associazione dalla parte della democrazia' che scandisce: "Via le Br dalle procure". Secca la replica del capo della procura milaese Edmondo Bruti Liberati: "Rammento che a Milano le Br in procura ci sono state davvero, per assassinare magistrati". Bruti Liberati non fa il nome ma tornano comunque alla memoria le recenti estermazioni di Silvio Berlusconi contro le toghe. "Le Br utilizzavano il mitra, i giudici usano il potere giudiziario, ma questo attacco è più pericoloso per la nostra democrazia" aveva tuonato il Cavaliere nei giorni scorsi.

LE FOTO DEI MANIFESTI

L'interrogazione. Nella lunga interrogazione, il Pdl chiede ad Alfano "se non ravvisi l'opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di propria competenza al fine di verificare la correttezza o meno dell'operato della Procura della Repubblica di Milano con particolare riguardo all'intercettazione indiretta di comunicazioni e all'acquisizione di tabulati telefonici" e "la regolarità della tempistica di iscrizione sul registro degli indagati di Berlusconi, così da accertare che pur in presenza di un'attività investigativa già chiaramente indirizzata, questa procedura di garanzia non sia stata ritardata al fine di consentire la praticabilità del rito immediato e agevolare la prosecuzione dell'attività intercettiva in violazione della legge".

Le reazioni. Fini è durissimo sulla vicenda dei manifesti: "E' un autentico delirio, basta pensare a quanti magistrati sono stati uccisi dai brigatisti". Per il presidente della Camera "se c'è un manifesto, ci sarà una paternità di questo, e anzichè alimentare polemiche mi auguro che chi di dovere accerti chi si è preso la responsabilità di stampare una così colossale idiozia".

"Quello del Pdl non è altro che un vile atto intimidatorio nei confronti dei giudici milanesi, un altro disperato tentativo di bloccare il processo sul caso Ruby che vede Berlusconi imputato per concussione e prostituzione minorile". Così il capogruppo dell'Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario. "Il fatto che un processo si sospenda quando c'è un conflitto di attribuzione è una prassi. Mi auguro che non ci sia bisogno di un emendamento perchè ciò avvenga" commenta il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri.

"Ormai siamo ridotti a questo: il Parlamento e i ministri che si mettono al servizio degli avvocati di Berlusconi". Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani attacca così la richiesta del Pdl al ministro della Giustizia di inviare gli ispettori al Tribunale di Milano. "Siamo ridotti così - afferma Bersani - gli avvocati dicono e il Parlamento e i ministri eseguono".

Secca la risposta a Bersani da parte dei senatori del Pdl: "Il gruppo del PdL al Senato non è al servizio di nessuno se non del Parlamento e dei suoi diritti, perchè in tal modo difende il potere legislativo e la sua autonomia. Ed è strano che l'onorevole Bersani svilisca una questione seria in polemica politica".

Fonte: Repubblica

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16/04/2011 15:03

Blocca-processo per salvare il premier
"Va sospeso per il conflitto Camera-pm"

L'emendamento della maggioranza era stato scartato alla Camera ma ora riemerge al Senato.
Gasparri: è la prassi. Invece quasi tutte le cause vanno avanti



L'ESTATE della giustizia, che si preannuncia caldissima, guadagna un'altra norma per tentare di mettere in sicurezza Berlusconi. Questa volta puntando al "bersaglio grosso", il processo Ruby. Vogliono bloccarlo con un articolo semplice: se c'è un conflitto d'attribuzioni, il processo deve fermarsi per forza. Volevano giocarsela subito alla Camera e infilarla nella prescrizione breve per gli incensurati. Era già scritta giovedì 17 marzo, quando il relatore Maurizio Paniz, nuovo astro nascente delle leggine "salva Silvio", e il capogruppo in commissione Giustizia Enrico Costa, presentano gli emendamenti al processo breve. Tardarono, quel pomeriggio, ad arrivare. Ci furono riunioni su riunioni. Telefonate frenetiche. Adesso se ne capisce il motivo. Oltre alla prescrizione scontata, nel pacchetto doveva esserci anche un altro articolo, poche righe, per stabilire una nuova regola. Questa: il giudice è obbligato a sospendere il processo se sul suo tavolo arriva un conflitto di attribuzioni.

Leggi: il tribunale di Milano "deve" fermare il dibattimento Ruby nel momento in cui la Camera si rivolge alla Consulta. Un intervento sull'articolo 37 della legge 87 del '53, quella che disciplina la vita della Consulta. Il gioco è fatto. Il Rubygate si congela per mesi e mesi. A stoppare Paniz e Costa sono state due questioni. Una tecnica e una politica. La prima: la (quasi) certezza che la coppia Fini-Bongiorno avrebbe bloccato l'emendamento come inammissibile per estraneità alla materia. La seconda, dirimente: il timore che la mossa avrebbe finito per bloccare il conflitto stesso, che in quel momento doveva essere ancora votato (lo sarà solo il 5 aprile).

I berlusconiani hanno rinunciato a giocarsi la carta della blocca-Ruby? Niente affatto. Lo scopre il Sole-24 ore, che trova traccia dell'emendamento, questa volta pronto per rispuntare al Senato. Il conflitto di attribuzione ormai è sulla via di arrivare alla Corte, l'avvocato Roberto Nania, incaricato dalla Camera, ne sta scrivendo il testo; il processo Ruby è in calendario per il 31 maggio; la prescrizione breve ha già superato la prima prova; ora si può sfidare l'opposizione con un'altra norma.

Per certo non andrà nel ddl sulla prescrizione. Quello resterà identico alla versione della Camera. Chiuso a qualsiasi miglioria anche se fosse suggerita (ma non lo sarà) dal Quirinale. Avanti fino al sì. E in caso di stop del Colle è "certo" un nuovo voto. La norma blocca-Ruby vogliono piazzarla nel "processo lungo". Già votato in commissione Giustizia, pronto per l'aula di palazzo Madama. Anche lì hanno ripescato l'armamentario caro ai giuristi del Cavaliere. Una norma per allargare le maglie delle difese, non "potare" le liste dei testi e le prove a discarico. Un'altra per tenere fuori le sentenze passate in giudicato e far perdere tempo ricercando le stesse prove. Se ne farà carico Franco Mugnai che già ha "sporcato" il ddl Lussana sul divieto di accedere al rito abbreviato per i reati da ergastolo. Di quello originario della Camera sono rimaste due righe, il resto è solo il "processo lungo". Lì finirà anche, con una modifica per l'aula, la norma blocca-Ruby, configurata in modo tranchant: il giudice ferma "subito" in processo non appena arriva il conflitto, senza attendere neppure la pronuncia di ammissibilità della Consulta. Le menti giuridiche di Berlusconi la giustificano come un tributo al principio della parità tra le parti: se il processo si ferma quando è il giudice a rivolgersi alla Consulta, del pari ciò deve accadere se il Parlamento interviene per l'imputato. Teoria che fa acqua, perché il giudice per legge è il dominus del processo.

Gasparri e Quagliariello, i capi del Pdl al Senato, si schermiscono sulla blocca-Ruby. Dice il primo: "Mi auguro che non ci sia bisogno di un emendamento: è prassi che un processo si sospenda se c'è un conflitto di attribuzione". Non è affatto così. I processi vanno sempre avanti. Mastella, Matteoli, anche Abu Omar. L'opposizione è incredula. Antonio Di Pietro parla di ipotesi "vergognosa". Massimo Donadi e Luigi Li Gotti sono inviperiti. Il primo: "Stiamo per passare dalla Repubblica parlamentare alla satrapia". Il secondo: "È possibile che una banda di cialtroni possa cambiare le norme che infastidiscono il sultano?". La Pd Donatella Ferranti: "L'arroganza dei berlusconiani non ha limiti". Il finiano Nino Lo Presti: "È una vergogna nazionale, così svelano il vero scopo del conflitto di attribuzioni". Proprio così. Ci hanno girato intorno. Hanno raccontato che era una mossa di civiltà contro lo strapotere dei giudici. Ma l'obiettivo era un'altra "salva Silvio".

Fonte: Repubblica

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06/05/2011 19:32

Minetti: un posto in Parlamento [SM=g1700005] per far pace con Berlusconi

Il premier convince Nicole a licenziare l'avvocato Daria Pesce dopo l'intervista ad Annozero
L’avvocata cacciata, l’assistita in Parlamento. Daria Pesce non ha più la difesa di Nicole Minetti, accusata di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile, nel processo Ruby. Minetti ha invece avuto la promessa da Silvio Berlusconi di un salto di carriera, da consigliera regionale a deputata, alla prossima tornata elettorale. Si è consumata così una svolta che promette di avere conseguenze nel processo sul caso della minorenne Karima El Mahroug.

Con una telefonata piena d’imbarazzo, Minetti ha comunicato al suo difensore di doverla revocare, benché con dispiacere. A sostituirla arriverà un legale di Rimini, ha spiegato Minetti al Corriere della Sera: “Per motivi personali preferisco orientarmi su un avvocato amico della mia famiglia da tempo”. In più la sua difesa sarà assunta anche dal professor Piermaria Corso, già legale di Silvio Scaglia nel processo Fastweb. La scelta di Nicole è arrivata dopo la memoria difensiva consegnata dall’avvocato Pesce alla procura di Milano e dopo una sua intervista al programma di Michele Santoro, Annozero.

In tv, il 21 aprile, l’avvocato Pesce era stata chiara. Aveva ribadito che la posizione processuale della sua assistita era più difficile (“Gli indizi ci sono”) per quanto riguarda il cosiddetto “capo a” dell’accusa, e cioè l’induzione e favoreggiamento della prostituzione ad Arcore delle ragazze maggiorenni.
Troppe intercettazioni provano, in effetti, che Nicole Minetti si dava da fare per convocare e “assistere” le ragazze.
[SM=x44458]
Per questo l’avvocato aveva pronta una strategia difensiva che non negava i fatti, non sosteneva la linea ufficiale, quella secondo cui i festini del bunga-bunga erano “serate eleganti”, ma spiegava invece i comportamenti di Minetti: una ragazza di 25 anni che dava una mano a Berlusconi per organizzare le sue serate, in quanto “compagna, donna, flirt del premier”. Daria Pesce prometteva però battaglia sul cosiddetto “capo b”, quello sulla prostituzione minorile, ovvero su Ruby: “Nicole non l’ha mai accompagnata ad Arcore, Karima non ha alcun aggancio con Minetti”. Era convinta così di fare il bene della sua assistita: puntando all’assoluzione per l’accusa più grave (quella del “capo b”), senza impegnarsi a difendere l’indifendibile.

Pesce, infatti, spiegava ad Annozero: “Noi avvocati abbiamo fatto il giuramento di difendere la persona che assistiamo. Di non venderla, né di fare pubblicità mediatica, ma di difenderla. Questo è lo scopo che ho io con Nicole Minetti”. Difenderla: anche a costo di differenziare le posizioni. Di rompere il fronte con il capo. Imperdonabile, per il capo. E anche per Emilio Fede, che si era sentito “scaricato” dalla ragazza.
Il direttore del Tg4, coimputato di Minetti e Lele Mora, era andato su tutte le furie quando l’avvocato Pesce aveva depositato, il 18 aprile, la memoria difensiva che puntava a smontare l’accusa per la sua assistita di aver indotto Ruby a prostituirsi con il presidente del Consiglio.
In quel documento sono citati atti d’indagine dei magistrati milanesi che coinvolgono Fede e Mora nell’ingresso di Ruby alla corte di Arcore. Immediate le reazioni. Per Fede “è una gara a ingraziarsi la Procura”:

Minetti e Pesce “hanno bisogno di un’assistenza psichiatrica”.
Il direttore del Tg4 chiama Berlusconi e gli chiede la testa di Daria Pesce. Berlusconi tergiversa per qualche giorno, ma la sera del 21 aprile riceve una nuova, allarmatissima telefonata di Fede: fuori di sé, lo avverte che sta andando in onda l’intervista ad Annozero. A questo punto, Berlusconi interviene: Minetti deve licenziare quell’avvocato. Prima di arrivare alla svolta, il presidente del Consiglio aveva tentato di “commissariare” Daria Pesce. Aveva fatto sapere a Minetti che sarebbe stato opportuno affiancarle l’avvocato Maurizio Paniz, il deputato Pdl venuto alla ribalta grazie al noto intervento alla Camera sul presidente del Consiglio davvero convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak. [SM=x44457]

Pesce, per nulla amata dai difensori di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, ha proseguito nel suo cammino, pronta però a farsi da parte se le avessero imposto un collega come codifensore. L’idea di incaricare Paniz è stata però accantonata, perché ritenuta troppo “sfacciata” perfino dall’entourage del presidente del Consiglio. Ora è arrivata la revoca secca. Pesce non commenta. Storico avvocato della Fininvest, fa parte dei collegi difensivi al lavoro nei processi Mediaset e Mediatrade ed è sempre stata un’ammiratrice del Cavaliere. Ammiratrice sì, dice chi la conosce bene, ma non tanto da abbracciare una linea che ritiene dannosa per un suo assistito. Stenta a riconoscere, nel Berlusconi di oggi, l’imprenditore e il politico che ha tanto ammirato fin qui.

Oggi o lunedì la Procura chiederà il rinvio a giudizio di Minetti, Fede e Mora. Poi si potrà capire quale sarà la strategia difensiva dei nuovi avvocati di Minetti, la quale comunque incassa la promessa che Berlusconi le ha fatto di un seggio alla Camera. Silvio l’ha portata in società, lunedì scorso, alla cena con gli industriali lombardi a villa Gernetto. Il “culo flaccido” che Nicole evocava in un’intercettazione, attribuendolo a Berlusconi, è ormai dimenticato. [SM=x44454]

da il Fatto quotidiano del 6 maggio 2011

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18/05/2011 01:09

Caso Ruby, depositato il ricorso
sul conflitto di attribuzione

La richiesta dalla Camera dei deputati alla Consulta, per il processo che vede imputato Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. La Corte Costituzionale dovrà ora fissare la camera di consiglio in cui deciderà sull'ammissibilità del conflitto.

ROMA - Depositato al palazzo della Consulta il ricorso votato dalla Camera dei deputati sul caso Ruby, che vede coinvolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il presidente facente funzioni della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena potrà ora fissare il giorno della camera di consiglio in cui sarà valutata l'ammissibilità del conflitto d'attribuzione fra poteri, che Montecitorio ha sollevato nei confronti della procura di Milano.

Intanto, sono entrate nel vivo le indagini della procura di Roma sulla vicenda dei due presunti emissari che, nello scorso febbraio, si sarebbero recati in Marocco e avrebbero tentato di corrompere un'impiegata dell'anagrafe per far retrodatare l'atto di nascita della 'Rubacuori' Karima El Mahroug. Questo per farla apparire maggiorenne all'epoca dei suoi presunti incontri col premier Silvio Berlusconi.
A dare il via libera agli accertamenti è la richiesta a procedere, firmata dal Guardasigilli Angelino Alfano, arrivata a Piazzale Clodio. Si tratta di un atto necessario per avviare accertamenti in presenza di reati commessi da italiani all'estero. Per il momento, il reato ipotizzato a carico dei due personaggi è tentata corruzione, dopo l'apertura del fascicolo processuale fatta il 14 marzo scorso in seguito alla denuncia presentata da Nicolò Ghedini e da Piero Longo, difensori del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il premier è attualmente sotto processo a Milano per sfruttamento della prostituzione proprio in relazione ai presunti festini nella sua villa di Arcore in cui partecipò Ruby.

Fonte: Repubblica

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02/06/2011 00:13

Ghedini: "Berlusconi sicuro
che fosse la nipote di Mubarak"

L'avvocato del premier ha presentato un elenco di testimoni che confermerebbero la convinzione del Cavaliere che la ragazza era effettivamente parente stretta dell'ex presidente egiziano. Per questo, ha chiesto ai giudici di rinviare al tribunale dei ministri tutto il procedimento, in quanto il cavaliere avrebbe agito nelle sue funzioni di presidente del Consiglio


MILANO - Nicolò Ghedini ha chiesto ai giudici di Milano davanti ai quali si sta celebrando il processo sul caso Ruby, qualora "si ritenesse che Berlusconi non fosse pubblico ufficiale di pronunciare una sentenza di proscioglimento immediato, oppure qualora si sostenesse che ha agito come pubblico ufficiale, cioè come presidente del consiglio, di inviare al Tribunale dei ministri di Milano gli atti". Così ha concluso il legale riguardo alla prima eccezione, cioè quella sull'incompetenza funzionale legata al reato di concussione contestato al premier.

TUTTI I PROCESSI DEL PREMIER

RUBY E LE SUE VERITA'

LE FESTE AD ARCORE

FEDE, MORA E MINETTI A GIUDIZIO


L'avvocato, nell' illustrare davanti ai giudici del processo la questione di incompetenza funzionale,
ha parlato del "convincimento chiaro e incontrovertibile" da parte di Silvio Berlusconi che la giovane marocchina fosse la nipote dell'ex presidente egiziano Hosni Mubarak. Questa, secondo la difesa, è una delle "ragioni" per cui gli atti devono essere trasmessi al tribunale dei ministri.

Il difensore del premier ha inoltre spiegato ai giudici che qualora volessero, potrebbero sentire anche le persone, ascoltate anche nell'ambito delle indagini difensive, che erano presenti quando Berlusconi incontrò Mubarak e manifestò il suo convincimento che Ruby fosse la nipote dell'ex presidente egiziano. Secondo la difesa, infatti, i giudici potrebbero sentire questi testimoni prima di decidere sulla questione di incompetenza funzionale. Tra le persone citate dall'avvocato Niccolò Ghedini, e già sentite nelle indagini difensive, ci sono i ministri Frattini e Galan, Paolo Bonaiuti e l'interprete che era presente all'incontro bilaterale. "Queste indagini difensive comprovano - ha spiegato l'avvocato - anche il collegamento funzionale del presunto reato".

Nell'incontro con Mubarak, secondo Ghedini, Berlusconi manifestò un "convincimento chiaro e incontrovertibile", che "lo aveva guidato a fare dichiarazioni ufficiali in un pranzo formale". Secondo la difesa, inoltre, ci sono anche altri soggetti come "l'architetto Di Bernardo e la signora Fragata" che hanno avuto "indicazioni da Karima el Mahroug che ella sarebbe stata maggiorenne e parente del presidente egiziano". Ghedini, infine, ha citato anche una relazione "del sovrintendente capo Imperiale" sulla famose notte in questura, tra il 27 e il 28 maggio 2010, nella quale si parla dell'affidamento di Ruby a Nicole Minetti 6 "in quanto nipote del presidente egiziano Mubarak".

Sono in tutto sedici le eccezioni presentate dalla difesa del premier ai giudici del processo Ruby. Tra queste, oltre alle già menzionate, ci sono la competenza territoriale, cinque eccezioni relative al rito immediato, quattro alle intercettazioni, una sulla violazione della corrispondenza in merito all'esame di alcuni documenti bancari e due sul fascicolo dibattimentale.

Per quanto riguarda le intercettazioni, ha sostenuto l'avvocato Ghedini, Silvio Berlusconi "è stato
monitorato direttamente" con una "pacifica violazione dell'articolo 68 della Costituzione", che prevede che debba essere chiesta l'autorizzazione alle Camere per intercettare un parlamentare. "Tutte le richieste di intercettazioni e di tabulati che riguardavano altri soggetti coinvolti nell'inchiesta puntavano nella direzione di Silvio Berlusconi", ha spiegato il legale..

L'avvocato Ghedini ha chiesto dunque che i giudici dichiarino "l'inutilizzabilità radicale di tutte le intercettazioni e dei tabulati" dell'inchiesta e di conseguenza la nullità del decreto che ha disposto il giudizio. Secondo Ghedini, infatti, "non si può dire che ci siano state intercettazioni indirette che hanno riguardato il premier, ma bisogna dire che ci sono state intercettazioni dirette". Il legale ha parlato infatti di "ben 1.732 casi in cui sono state intercettate utenze riferibili a Berlusconi" e di "ben 6.113" indicazioni nei tabulati di utenze del premier contattate da altri soggetti.

Fonte: Repubblica

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INTERCETTAZIONI
I dialoghi tra Briatore e Santanchè su Ruby acquisiti dalla Procura di Milano
Dall'inchiesta genovese su irregolarità fiscale al fascicolo del «Bunga Bunga» di Mora, Fede e Nicole Minetti



Flavio Briatore si confida con Daniela Santanchè


MILANO - Sono entrate a far parte del fascicolo su Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti per il «caso Ruby» le intercettazioni trasmesse ai pm di Milano dalla Procura di Genova, che pochi mesi fa «ascoltava» Flavio Briatore lì indagato nell'inchiesta sulla regolarità o meno dell'inquadramento fiscale del suo yacht «Force blue». Il deposito di questi nuovi atti non risulta aver determinato né nuovi indagati né ulteriori addebiti agli stessi imputati.

«QUI CROLLA TUTTO» - Gli audio, depositati venerdì alle difese dei 3 imputati dell'udienza preliminare del 27 giugno ma già in parte segnalati nella loro esistenza giorni fa dal Secolo XIX e Il Fatto, non appartengono agli imputati, ma sono commenti che Briatore affida ad esempio alla Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Daniela Santanchè. Racconti da «bene-informato» che stupiscono e deludono la stessa deputata. «Va bè. Ma allora qua crolla tutto», commenta l'onorevole che si dice «senza parole» e chiede, come riferisce il quotidiano Repubblica che ha pubblicato alcuni dialoghi intercettati: «Ma perché?». La risposta la conosce Briatore: «È malato, Dani», dice. «Il suo piacere è vedere queste qui, stanche che vanno via da lui. Stanche, dicono. Oh, che poi queste ormai lo sanno. Dopo due botte cominciano a dire che sono stanche, che le ha rovinate». Lo scambio risale a due mesi fa.

«LEI CARISSIMA AMICA» - Nelle «chiacchiere» tra Flavio Briatore e Daniela Santanché intercettate si scambiando giudizi privati e spesso salaci sull'assetto psicologico e la situazione personale del Premier Berlusconi. Si parla di «economia» e affari. «Berlusconi ha fatto fare a me l'accordo», racconta l'onorevole Daniela Santanchè al suo amico Flavio Briatore. «Ho fatto l'accordo con Masi e quindi tra il 7 e il 9 aprile viene nominata Lei, perché sai, una mia carissima amica».

«L'UNICO CHE MI PUO' AIUTARE» -
E si fanno riferimenti a circostanze che l'affarista afferma essergli state riferite da Mora (come la pretesa vera natura dei rapporti patrimoniali tra lui e il direttore del Tg4, o l'asserita insistenza di Silvio Berlusconi con Mora per poter ospitare nuove ragazze in altre feste anche dopo l'esplodere dell'inchiesta sul bunga-bunga). «Lele è stato da me due ore, mi fa pena», racconta Briatore. «Dice: "Fla mi hanno messo in mezzo. E sono talmente nella merda che l'unico che mi può aiutare è Lui, sia con la televisione sia con tutto. Faccio quello che mi chiedono. E poi quella roba di Fede. È indecente».

«50 PER CENTO » - Ed è su Emilio Fede che Flavio Briatore continua: «Non ha più paralato con il Presidente», dice Briatore. «sembra che abbia comperato delle case alla Zardo con tutti 'sti soldi. Ma pensa che deficiente»... Le rivelazioni di Briatore all'amica onorevole continuano. E stupiscono la stessa Santanché: «Madonna mia» commenta il racconto di come sarebbero andate le cose del «prestito a Mora». «Era in estrema difficoltà e Fede gli ha preso il 50% dei soldi». «Che gentaglia» chiosa l'onorevole Santanché.

Fonte: Corriere della Sera - 11 giugno 2011

Tra Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti, Lassini e Berlusconi... [SM=x44463] [SM=x44468]
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Il processo Ruby aggiornato al 18 luglio

Boccassini: «Ci fu un attacco militare contro la questura di Milano»

Nella notte del rilascio della marocchina. Indagine non mirata contro Berlusconi

Ilda Boccassini (Ansa)
Ilda Boccassini (Ansa)
MILANO - Nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando la minorenne Karima el Mahroug, più conosciuta come Ruby Rubacuori, venne rilasciata in seguito alle telefonate di Silvio Berlusconi, alla questura di Milano si verificò «come un attacco militare», perché in successione negli uffici di via Fatebenefratelli si presentarono prima la consigliera regionale Nicole Minetti e poi la brasiliana Michelle Conceição. «Abbiamo avuto un accerchiamento militare e si è diretto tutto in questura», ha detto il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, replicando alle 16 eccezioni presentate dalla difesa del premier. Il processo è stato poi aggiornato al 18 luglio, quando i giudici scioglieranno la riserva sulle eccezioni preliminari.

NON INDAGINE MIRATA - Boccassini ha ricordato che non si è trattato di «un'indagine mirata contro Silvio Berlusconi. L'inchiesta iniziò con accertamenti sui rapporti tra Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede in relazione al reato di induzione alla prostituzione anche minorile». «Non troverete alcun atto in cui si dice che un elemento di prova è uno dei 64 contatti» di Ruby «con il presidente del Consiglio», ha aggiunto il magistrato, rispondendo ai legali del premier che hanno contestato l'uso di telefonate del premier nelle indagini, in violazione della legge sulle intercettazioni di parlamentari.

I LEGALI SAPEVANO - Boccassini inoltre aggiunge che non c'è stata alcuna violazione del diritto di difesa di Berlusconi, in quanto già in ottobre, prima ancora che il Premier fosse iscritto nel registro degli indagati (21 dicembre), i suoi legali hanno raccolto una serie di testimonianze di coloro che avrebbero partecipato alle serate ad Arcore. «È come se avessero avuto la palla magica, le domande che facevano erano proprio quelle su cui l'accusa ha fondato il capo di imputazione. Come si fa a dire che sono stati violati i diritti della difesa quando ai legali sono stati messi a disposizione tutti gli atti dell'indagine?».

PROCESSO RESTI A MILANO - Infine Boccassini afferma che sostenere che la competenza territoriale del reato di concussione contestato a Berlusconi è della procura di Monza «fa a cazzotti con la ricostruzione dei fatti e con le condotte». La difesa del premier ha sostenuto che la competenza territoriale è di Monza in quanto Berlusconi chiamo il funzionario della questura di Milano, Pietro Ostuni, nella sua casa di Sesto San Giovanni, nel distretto di competenza di Monza. Ma per Boccassini i fatti riguardano Milano, perché «tutto inizia a Milano e si conclude a Milano».

TRIBUNALE DEI MINISTRI - Per ultimo il procuratore aggiunto esamina la richiesta del trasferimento degli atti al Tribunale dei ministri. Boccassini spiega che il reato di concussione sarebbe stato effettuato nella qualità di presidente del Consiglio e non con l'abuso della funzione di Premier. Boccassini si è riferita alla decisione del gip, Cristina Di Censo, che aveva sottolineato come Berlusconi avesse abusato della sua qualità di presidente del Consiglio, ma al di fuori delle prerogative istituzionali e funzionali proprie del premier. In sostanza, il reato non può qualificarsi come «ministeriale» perché il presidente del Consiglio non aveva competenza sull'identificazione e sull'affidamento dei minori.

LA REPLICA DELLA DIFESA - «La tardiva iscrizione nel registro degli indagati determina l’inammissibilità del rito: se la procura avesse iscritto Silvio Berlusconi a luglio, non avrebbe potuto chiedere il giudizio immediato». Così l’avvocato Giorgio Perroni, sostituto processuale dei legali del premier Silvio Berlusconi, ribadisce a margine del processo sul caso Ruby perché ad avviso del collegio difensivo i giudici della IV sezione penale devono accogliere le eccezioni preliminari sollevate la scorsa udienza a cui oggi ha replicato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Secondo Perroni, la procura «ha voluto giustificare l’iscrizione tardiva di Berlusconi (il 21 dicembre 2010, ndr) nella propria ottica, ma quando Karima El Mahroug ha rilasciato le prime dichiarazioni agli inquirenti, non ha parlato solo di Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede, ma anche di Berlusconi. Per cui mi sembra naturale che la sua iscrizione avrebbe dovuto avvenire insieme agli altri indagati perché o ritieni che non ci sono riscontri, oppure iscrivi subito tutti».

Fonte: Corriere della Sera - Redazione online
14 giugno 2011
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30/06/2011 11:42

Dal Corriere della Sera - Redazione online
29 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA


Nell'udienza di lunedì 27 giugno 2011 per chiedere il rinvio a giudizio di Mora, Minetti e Fede
Nel racconto di Ruby
quel «bacio saffico con la Minetti»

Il pm Forno: «Premier interessato a questo tipo di condotte». Il giallo del termine «bordello»

MILANO - Ruby «racconta di essere stata coinvolta in un bacio saffico con la Minetti
, aperta parentesi, e sappiamo da tutta una serie di fonti assolutamente indipendenti che il fruitore finale aveva interesse per questo tipo di condotte, quindi non è una invenzione della ragazza». È quanto ha dichiarato il procuratore aggiunto Pietro Forno parlando della credibilità delle dichiarazioni della marocchina Karima El Mahroug nella discussione dell’udienza preliminare a carico del consigliere regionale Nicole Minetti, del giornalista Emilio Fede e dell’agente dei vip Lele Mora per induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile perché all’epoca dei fatti contestati El Mahroug aveva 17 anni. La discussione è stata trascritta e il verbale è stato depositato. Un attimo prima, sempre davanti al gup Maria Grazia Domanico, il pm Antonio Sangermano aveva spiegato che per la procura il «fruitore finale» è il premier Silvio Berlusconi, parlando di «serate organizzate presso le residenze del presidente del Consiglio, onorevole Silvio Berlusconi, quale fruitore finale in questa ipotesi accusatoria».

BORDELLO - Nel caso Ruby «abbiamo proprio tutti gli elementi di una struttura organizzativa, abbiamo l'arruolatore, abbiamo il fidelizzatore, e abbiamo, possiamo dire, l'amministratore del bordello, chi paga le dipendenti, chi si occupa della location».

Sono le parole usate dal procuratore aggiunto di Milano, Pietro Forno, lunedì scorso nel suo intervento con cui ha chiesto il rinvio a giudizio per Lele Mora, Nicole Minetti e Emilio Fede. Parole riportate nelle trascrizioni dell'udienza davanti al gup Maria Grazie Domanico, che oggi sono state depositate alle parti. Le trascrizioni, dunque, con la fedele riproduzione delle espressioni usate dal procuratore Forno, risolvono il «giallo» che si era creato attorno alla parole «bordello», che aveva suscitato anche molte polemiche e a cui era seguita una precisazione da parte dello stesso Forno. Il procuratore Forno lunedì scorso in serata aveva precisato: «Non ho mai detto che Arcore era un bordello. Il termine bordello è stato utilizzato come riferimento storico alla divisione dei compiti previsto dalla legge Merlin». Nelle trascrizioni dell'udienza si può leggere: «E qui abbiamo proprio tutti gli elementi di una struttura organizzativa, abbiamo l'arruolatore, abbiamo il fidelizzatore, e abbiamo, possiamo dire, l'amministratore del bordello, colui che paga le dipendenti, colui che si occupa della location, oggi si direbbe, della loro collocazione adeguata, che poi è anche una forma di retribuzione». Quindi, ha proseguito Forno, «un sistema strutturale e strutturato che spiega le imputazioni che sono state elevate agli indagati.
E queste imputazioni riguardano sia l'ipotesi di cui alla legge Merlin, sia al 600bis
, nella misura in cui riteniamo ampiamente provato che la minore El Mahroug Karima è stata coinvolta in atti sessuali». Poco prima il procuratore Forno aveva spiegato che Nicole Minetti aveva, nell'attività di induzione e favoreggiamento della prostituzione per i presunti festini a luci rosse ad Arcore, «un ruolo di tipo organizzativo»,
mentre Lele Mora era il «selezionatore» e Emilio Fede il «fidelizzatore».


Fonte: Corriere della Sera - Redazione online
29 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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06/07/2011 23:48

Ruby: Consulta ammette conflitto Camera-'toghe' Milano

Decisione è solo preliminare via libera:
conflitto sarà deciso nel merito tra qualche mese


ROMA - La Corte Costituzionale - secondo quanto si è appreso - ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni sollevato dalla Camera nei confronti della procura e del gip di Milano che, rispettivamente, hanno indagato e rinviato a giudizio immediato il premier Silvio Berlusconi con le accuse di concussione e di prostituzione minorile nell'ambito del caso Ruby.

La decisione di oggi è, però, solo un preliminare via libera: il conflitto sarà deciso nel merito tra qualche mese. Non prima del prossimo inverno, dunque, si saprà se la Consulta accoglierà o meno la richiesta votata a maggioranza dell'aula Montecitorio di annullare tutti gli atti di indagine sul caso Ruby e il decreto di giudizio immediato del premier.

''Nell'odierna camera di consiglio - e' scritto nella nota ufficiale di Palazzo della Consulta - la Corte ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e del Gip presso lo stesso Tribunale, a seguito della richiesta di giudizio immediato da parte della Procura e del decreto di giudizio immediato emesso dal Gip nei confronti del Presidente del Consiglio, membro della Camera dei deputati''.

I 13 giudici della Consulta (assente per motivi di salute Maria Rita Saulle e ancora non eletto dal Parlamento il giudice in sostituzione di Ugo De Siervo) avrebbero compiuto un'analisi molto veloce della questione, affidata al giudice relatore Giuseppe Tesauro. La decisione di stamane si è limitata alla verifica della legittimazione dei due poteri a presentare e a resistere al conflitto, oltre che alla sussistenza in astratto della materia del contendere, vale a dire la presunta violazione commessa dalla magistratura di Milano nell'aver escluso la ministerialità del reato di concussione attribuito a Berlusconi quando la notte del 26 aprile 2010 telefonò in questura per sollecitare la liberazione di 'Ruby', la giovane marocchina allora minorenne. L'ammissibilità era data per scontata, tenuto conto - si fa notare in ambienti di Palazzo della Consulta - del precedente rappresentato dal conflitto sollevato dal Senato nel 2010 sul caso dell'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, indagato dalla magistratura partenopea: a quell'analogo ricorso la Corte aveva concesso in marzo un preliminare via libera. Per conoscere invece il verdetto di merito sul caso Ruby, e cioé se la Consulta accoglierà o meno la richiesta della Camera di annullare tutti gli atti di indagine compiuti dalla procura di Milano e anche il decreto di giudizio immediato di Berlusconi emesso dal gip, si dovrà attendere qualche mese. Comunque non prima del prossimo inverno. I tempi tecnici prevedono infatti che, una volta dichiarato ammissibile, il conflitto sia notificato entro i successivi 60 giorni, mentre dall'avvenuta notifica scattano altri 30 giorni per il deposito in cancelleria e altri 20 per dare la possibilità alla controparte di costituirsi in giudizio. L'ipotesi che il ricorso su Ruby possa essere discusso dalla Corte assieme a quello su Mastella, già fissato per l'udienza pubblica del prossimo 18 ottobre, sembra dunque romota, proprio per i tempi troppo stretti. Più probabilmente, il verdetto sul caso Mastella, il prossimo autunno, farà da apripista alla decisione definitiva nel merito sul 'Ruby-gate'. Ma anche il solo via libera di stamane all'ammissibilità del conflitto gioca, per un verso, a favore dei legali del premier. Non è escluso infatti che i giudici di Milano decidano di sospendere il processo a carico del premier in attesa che la Consulta stabilisca se effettivamente, come reclamato da Pdl e Lega, spetti alla Camera l'ultima parola sulla natura ministeriale del reato di concussione contestato a Berlusconi. Si tratterebbe in ogni caso di una questione di mera opportunità: nessuna norma prevede la sospensione del giudizio, a meno che non sia l'autorità giudiziaria a sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Consulta (ma non è questo il caso, visto che il ricorrente è la Camera). Ragione per cui, nei mesi scorsi, tra i tecnici della giustizia del Pdl si era ipotizzato di presentare una norma 'ad hoc', ribattezzata 'blocca-Ruby', sottoforma di emendamento al ddl sul giudizio abbreviato, per sospendere i processi fintanto che la Corte non sentenzi nel merito. La norma non è stata ancora presentata. Resta da vedere se lo sarà nei prossimi mesi.

LONGO,VEDREMO SE CHIEDERE SOSPENSIONE PROCESSO PREMIER - Dopo la decisione della Consulta che ha ammesso il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera i difensori di Berlusconi stanno valutando attentamente se chiedere ai giudici della Quarta Sezione Penale la sospensione del processo in attesa del verdetto finale della Corte Costituzionale. Lo ha spiegato il professor Piero Longo, uno dei legali del premier, che a proposito dell'istanza di sospensione del procedimento, ha spiegato che "ne discuteremo, vedremo, e sarà una decisione valutata con attenzione". Il legale ha inoltre aggiunto: "Eravamo sicuri che il conflitto venisse ammesso". L'ammissione del conflitto, secondo il codice, non ferma il processo, a meno che i giudici non accolgano una precisa richiesta delle difese o di qualsiasi delle parti.

Fonte: ANSA

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07/07/2011 00:04

Dal Marocco una pornostar accusa:
“Berlusconi mi ha violentata”

ROMA – Spunta dal Marocco una nuova Ruby. Marocchina come “l’originale” ma, a differenza di Karima El Mahroug, maggiorenne. Si tratterebbe, ma il condizionale è d’obbligo proprio per l’assenza di riscontri di Mouna Rajli, pornostar con il d’arte nome di Aurora Barzatta. La donna, sui giornali marocchini, lancia un’accusa da brividi: “Berlusconi mi ha violentato e mi ha segregato per due settimane”.

Così, proprio nel giorno in cui la Corte Costituzionale fa tirare un piccolo sospiro di sollievo a Silvio Berlusconi giudicando ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera, dal Maghreb arriva un’altra sorpresa.

Per ora, spiega il Tg La7 di Enrico Mentana, la notizia avrebbe trovato eco solo sulla stampa marocchina e nessuna conferma in Italia. Il fatto, poi, che la ragazza in questione sia maggiorenne, rende diversa la storia.

Tutto parte da due giornali marocchini, il primo quotidiano nazionale, “Liberation Maroc” e un sito, Maroc News, rivolto alla comunità marocchina in Italia.

Il caso, scrive Maroc News, risalirebbe al 16 marzo 2008, quando la ragazza spiega di essere stata invitata al compleanno di un amico produttore di film pornografici. Lì ci sarebbe stato anche un manager italiano attivo nel campo delle modelle, un certo “Carrlozzo”. (Il nome è evidentemente sbagliato, precisa il Tg La7, non risulta). Per evitare lo scandalo, riporta il sito, il premerie avrebbe offerto alla donna 100.000 euro e un lavoro nell’agenzia dello stesso “Carrlozzo”. Che, tra l’altro, non avrebbe gradito l’interferenza. Il racconto, obiettivamente, sembra presentare più di una falla. Due anni dopo, continua il giornale, Berlusconi avrebbe di nuovo fatto sesso con la donna salvo poi tagliare tutti i contatti dopo lo scoppio del caso Ruby.

A quel punto la donna avrebbe fatto denuncia. “Gli avvocati di Silvio Berlusconi – scrive Maroc News – si sono affrettati a negare le accuse, definendole “assurde e prive di fondamento”.

Evidente che qualcosa non torna. Innanzitutto della presunta pornostar sul web non esiste traccia. Sarebbe l’unico caso di pornostar ignota su internet. Non solo: è sbagliato il nome del presunto manager italiano e una “istituzione” in materia, come Riccardo Schicchi, intervistato da La7, non sembra averla mai sentita nominare. La sensazione, insomma, è che per portare il premier in tribunale, servano delle accuse un po’ più solide.

Fonte: blitzquotidiano

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08/07/2011 00:27

Dal Pdl nuova legge ad personam per
spostare il processo Ruby a Monza


ROMA – Il Pdl tenta una nuova legge ad personam: un emendamento al trattato di Lanzarote grazie al quale il processo Ruby potrebbe essere trasferito da Milano a Monza. La proposta, come scrive Liana Milella su ‘Repubblica’, è al momento al Senato e prevede che il reato di prostituzione minorile venga trattato dalle procure “circondariali”, quelle delle piccole città come Monza, anziché da quelle distrettuali che coincidono con i capoluoghi.

Questo avrebbe, appunto, effetto sul processo Ruby, in cui è indagato Silvio Berlusconi. Perché, dei due reati contestati a Berlusconi, la concussione e il sesso con la minorenne Ruby, il secondo non sarebbe più di competenza di Milano, ma di quella di Monza. E subito i legali del Cavaliere ne chiederebbero il trasferimento.

Il Pdl aveva già tentato di inserire questa norma a gennaio. Ora ci riprovano con l’emendamento alla ratifica del trattato di Lanzarote a firla Laura Allegrini. Una proposta che ipotizza che i reati a danno dei minori debbano essere spalmati in tre differenti uffici. Proprio così. Quelli che comportano un possibile reato associativo, il 416, vengono incardinati presso le procure distrettuali antimafia. Gli episodi che riguardano Internet finirebbero nelle procure distrettuali semplici. Tutti gli altri reati sui minori, prostituzione compresa, verrebbero trattati dalle piccole procure, le circondariali.

Fonte: blitzquotidiano

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19/07/2011 23:50

Caso Ruby, il processo resta a Milano
Giudici: "No al Tribunale dei Ministri"

Respinte tutte le 16 riserve sulle eccezioni presentate da Ghedini e Longo, compresa quella sull'incompetenza a favore del Tribunale di Monza. "A decidere è il reato più grave". In questo caso quello di concussione avvenuto nel capoluogo lombardo. Rinviata al 3 ottobre l'udienza sul caso. Ghedini: "Ordinanza fuori da ogni logica"

ROMA - I giudici della IV Sezione Penale di Milano hanno deciso. Il processo Ruby a carico di Silvio Berlusconi, accusato di concussione, resta nel capoluogo lombardo. Hanno bocciato tutte le 16 eccezioni dei difensori del premier, compresa quella che voleva trasferirlo al Tribunale dei Ministri. Nella lunga ordinanza, letta per circa un'ora, il collegio ha sottolineato "la propria competenza funzionale" nel giudizio e ha rigettato la tesi difensiva "che avrebbe voluto sovrapporre la qualità e la funzione".

Nel respingere le eccezioni presentate, la IV Sezione ha anche più volte sottolineato che non è stato "violato o compresso" il diritto di difesa del presidente del Consiglio. Sono state poi ricordate le modalità dei fatti contestati riguardo al reato di concussione aggravato dal fatto di avere agito "per coprire la prostituzione della minore e salvaguardare la propria immagine". Il premier oggi non era a Milano. E' stato ricevuto al Quirinale dal capo dello Stato per discutere della manovra economica appena approvata.

Respinta la tesi della difesa. Riguardo all'ormai famosa telefonata di Berlusconi alla questura per il rilascio di Karima el Mahroug, detta Ruby, avvenuta nella notte tra il 27 e 28 maggio 2010, la difesa aveva sottolineato il "convincimento chiaro e incontrovertibile" da parte di Berlusconi che la ragazza fosse la nipote di Mubarak. Chiedendo quindi il proscioglimento o, "qualora si sostenesse che ha agito come pubblico ufficiale", che "gli atti vengano inviati al Tribunale dei Ministri".

La IV Sezione Penale ha fatto anche riferimento all'articolo 3 della Costituzione, parlando di "uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge". Il collegio, presieduto da Giulia Turri, ha spiegato che non si può giungere alla "errata conclusione" che i reati commessi da un membro del governo, ma con abuso della sua qualifica, sono commessi nell'esercizio delle funzioni di governo.

Respinta anche l'eccezione di incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Monza. A decidere la competenza sarebbe il reato più grave. In questo caso quello di concussione, contestato al premier per avere fatto pressioni sui dirigenti della questura al fine di indurli a rilasciare Ruby e affidarla al consigliere regionale Nicole Minetti. Questo reato, è la tesi del Tribunale, sarebbe stato commesso a Milano visto che la minore venne rilasciata nel capoluogo lombardo.

Il conflitto con la Camera. I giudici hanno fatto notare che per affrontare la questione della ministerialità o meno del reato, "permangono tutti i rimedi" previsti dall'ordinamento, come le prerogative attribuite alle Camere. In questo senso, hanno aggiunto, "questo tribunale non può che prendere atto" del conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera davanti alla Consulta, su cui la Corte Costituzionale si dovrebbe pronunciare a fine anno. L'appuntamento ora è per il prossimo 3 ottobre, alle 9.30, data dell'udienza sul caso Ruby. A deciderlo sono stati sempre i giudici della IV Sezione del Tribunale di Milano.

La reazione della difesa. Dura, anzi durissima, la reazione di Niccolò Ghedini. L'avvocato del presidente del Consiglio ha definito l'ordinanza "fuori da ogni logica". Il legale ha poi aggiunto di non essere sorpreso: "saremmo stati sconvolti - ha ironizzato - se fosse stata diversa". I giudici, secondo Ghedini, non hanno affrontato le violazioni di legge segnalate dalla difesa dalle intercettazioni telefoniche ai pedinamenti.

Ai cronisti che gli chiedevano se la difesa avrebbe fatto valere nella prossima udienza una richiesta di sospensione in attesa del pronunciamento della Consulta, l'avvocato ha risposto: "Non credo, se potessi questo processo lo farei 'per saltum' in Cassazione". Per il legale, infatti, il processo andrebbe fatto direttamente in Cassazione viste le "gravi violazioni di legge".

Processo Mills. Silvio Berlusconi non parteciperà nemmeno all'udienza del processo in cui è imputato per la presunta corruzione dell'avvocato inglese David Mills. La notizia è stata data da uno dei legali del premier, Piero Longo. Sabato i difensori del presidente del Consiglio avevano garantito che oggi il loro assistito sarebbe stato in aula per ascoltare alcuni testimoni sentiti per rogatoria dalla Svizzera. A far saltare la presenza di Berlusconi, l'appuntamento in agenda per metà mattina con il presidente della Repubblica al Quirinale.

Quello del processo Mills non è l'unico appuntamento giudiziario della giornata per il premier. E' infatti in programma anche l'udienza del processo sul caso Ruby, con le tre componenti del collegio giudicante della quarta sezione penale che dovranno pronunciarsi sulle 16 eccezioni presentate dai legali del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Piero Longo. La presenza di Berlusconi a questa udienza era stata esclusa già nei giorni scorsi.

Che il presidente del Consiglio non si sarebbe fatto vedere a palazzo di Giustizia era apparso chiaro fin dalle prime ore del mattino: il servizio di sicurezza non era stato rafforzato, nelle strade che circondano la cittadella giudiziaria milanese c'erano numerosi carabinieri e poliziotti, ma non era stata predisposta nessuna zona transennata come in occasione delle ultime 'visite' di Berlusconi.

Fonte: Repubblica

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04/10/2011 01:19

SILVIO BERLUSCONI È IMPUTATO DI CONCUSSIONE E PROSTITUZIONE MINORILE

Ruby, no alla sospensione per il premier
I giudici: «Il processo va avanti»

Bocciata la richiesta della difesa.
Il pm Boccassini si era opposta: «Non vale un principio di opportunità politica»


MILANO - I giudici del tribunale di Milano hanno respinto la richiesta della difesa di Silvio Berlusconi, imputato a Milano per il caso Ruby, di sospendere il processo fino al prossimo 15 febbraio in attesa della decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il processo in cui Silvio Berlusconi è imputato per concussione e prostituzione minorile va avanti.
I giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano, dopo circa cinque ore di camera di consiglio, hanno respinto la richiesta avanzata dalla difesa del premier di sospendere il dibattimento in attesa di una pronuncia della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, sollevato dal Parlamento. Inoltre, il tribunale ha respinto la questione di legittimità costituzionale presentata dagli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo, i quali ipotizzavano l'incostituzionalità della legge nella parte in cui non prevede l'obbligatorietà della sospensione del giudizio in casi come questo. Secondo i giudici, la questione, pur essendo rilevante, è «manifestamente infondata».

LA DIFESA - Secondo la difesa ad indagare il Presidente del consiglio è competente il Tribunale dei ministri. Inoltre - ha spiegato il difensore di Berlusconi - non c'è urgenza nel celebrare il processo perchè non ci sono imputati detenuti e testimoni molto anziani. L'avvocato Longo ha infine ricordato che la stessa quarta sezione penale (altri giudici) avesse sospeso il processo per la vicenda Abu Omar quando era stato sollevato il conflitto di competenza. La difesa di Silvio Berlusconi, nel chiedere la sospensione del processo fino al prossimo 15 febbraio «perché il 7 si discute - ha aggiunto Longo - e i conflitti vengono risolti in tempi brevi», ha parlato anche di «una ovvia questione di opportunità» sospendere il procedimento anche perché il tempo è «abbastanza contenuto» da oggi all'udienza in cui si discuterà davanti alla Corte Costituzionale. Inoltre è stato ripetuto che senza la sospensione si affermerebbe «la perentoria superiorità della giurisdizione - ha detto Longo - nei confronti di un altro potere dello Stato» e cioè il Parlamento.

BOCCASSINI - Il pm Ilda Boccassini si era opposta alla sospensione del processo in cui per il caso Ruby Silvio Berlusconi è imputato di concussione e prostituzione minorile. «Non è previsto dal Codice - spiega il pm - si deve decidere solo se rientra in un caso di opportunità. Ma la Costituzione impone rapidità del processo penale e questo vale per tutti mentre non può valere in aula un principio di opportunità politica».

Redazione Online

Fonte: CorrieredellaSera

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04/10/2011 01:19

L'UDIENZA

Ruby 2: Fede, Mora e Minetti a giudizio

La consigliera regionale a sorpresa in aula.
Il Gup: «No alla trascrizione delle telefonate del premier»


MILANO - Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora sono stati rinviati a giudizio per il caso Ruby. Lo ha deciso il Gup di Milano Maria Grazia Domanico. Tutti e tre sono accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile. Il processo inizierà il prossimo 21 novembre. In mattinata a Milano è ripartito il cosiddetto processo Ruby 2, con l'udienza preliminare a carico dei tre coinvolti nell'inchiesta sui festini ad Arcore. La Minetti si è presentata a sorpresa in aula. Con lei presenti anche altre tre ragazze Imane Fadil, Chiara Danese e Ambra Battilana. La consigliera regionale, in giacca scura e jeans, è arrivata al settimo piano del palazzo di giustizia di Milano. «Non ho dormito per l'agitazione, sono a pezzi», ha spiegato la Minetti, chiacchierando con i cronisti. «Sono qui perché volevo farmi vedere dal giudice», ha aggiunto lasciando il tribunale. È la prima volta che uno degli imputati si presenta per l'udienza davanti al Gup Maria Grazia Domanico.

ANCHE IMANE IN AULA - In aula, come si diceva, anche Imane Fadil, una delle trentadue ragazze maggiorenni che sarebbero state indotte a prostituirsi nel corso dei presunti festini ad Arcore, si è presentata in tribunale a Milano. «Sono qua perché mi ritengo parte offesa e per guardare in faccia chi mi ha dato della bugiarda», ha detto la giovane. Modella marocchina di 27 anni, la Fadil si è presentata come «osservatore» e valuterà se costituirsi come parte civile, dopo eventuale rinvio a giudizio dei tre. Fadil si era presentata in procura il 9 agosto scorso e aveva raccontato altri particolari delle presunte feste a villa San Martino.

«NO ALLA TRASCRIZIONE DELLE TELEFONATE» - Nell'udienza preliminare sul caso Ruby, la difesa di Emilio Fede ha chiesto che vengano trascritte tutte le telefonate, anche quelle che non sono mai state trascritte come alcune intercettazioni che riguardano Silvio Berlusconi e un altro parlamentare. I pm si sono opposti a garanzie delle prerogative dei parlamentari. E il Gup di Milano ha bocciato la richiesta. Il giudice ha accolto infatti la linea dei pm i quali, riguardo alle intercettazioni di Berlusconi e alle altre dell'eurodeputato Ronzulli, avevano invocato le prerogative a tutela dei parlamentari e chiesto che non venissero trascritte. Restano dunque, tra le telefonate che il perito dovrà trascrivere in vista di un eventuale processo, solo quattro che riguardano il premier ed alcune ragazze, che erano già state trascritte in passato. Il Gup poi ha accolto tutte le richieste della procura che ha indicato le telefonate da trascrivere e ha respinto alcune richieste di opposizione delle difese.

«NO ALLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO» - Nell'ambito del processo Ruby, quello a carico del premier Berlusconi, imputato di concussione e prostituzione minorile, i giudici non hanno accolto la richiesta della difesa di sospendere il processo in attesa del giudizio della Consulta sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Redazione Online

Fonte: CorrieredellaSera

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15/02/2012 01:20

La Consulta boccia il ricorso della Camera, il processo va avanti
Il Parlamento sosteneva la competenza del Tribunale dei ministri



ROMA - Il processo Ruby, che vede imputato a Milano Silvio Berlusconi di concussione e prostituzione minorile, puo' andare avanti. La Corte costituzionale ha tolto un macigno che rischiava di far ripartire tutto da zero, bocciando nel merito il conflitto di attribuzione che era stato sollevato dalla Camera dei deputati contro i pm di Milano e contro il gip che aveva disposto il giudizio immediato per l'allora premier. La richiesta di Montecitorio alla Consulta era, infatti, quella non solo di dichiarare che ''non spettava'' ai magistrati di Milano procedere, mentre avrebbero dovuto trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, ma soprattutto di annullare tutti gli atti compiuti, compreso il decreto con cui un anno fa il gip aveva disposto il giudizio immediato per l'ex premier.

Piu' che soddisfatta percio' la procura di Milano: ''finalmente ha prevalso la forza del diritto su quella del denaro'', commenta il professore Federico Sorrentino, che davanti alla Consulta ha sostenuto le ragioni dell'ufficio giudiziario guidato da Edmondo Bruti Liberati. Molto critico invece il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, che vede nella sentenza la conferma che ''ci troviamo in una democrazia dimezzata''. Mentre il Pd parla di ''sentenza ineccepibile'' (Rosy Bindi), ''esito scontato (Felice Casson) e della dimostrazione che ''Berlusconi ha usato il Parlamento'' (Marilina Samperi). Secondo la Camera - che oggi alla Consulta era rappresentata dal professore Roberto Nania - dunque, i pm avrebbero dovuto subito inviare gli atti del procedimento al tribunale dei ministri: non avendolo fatto avrebbero leso le sue prerogative costituzionali, impedendole di valutare la natura ministeriale del reato di concussione contestato a Berlusconi (per la ormai famosa telefonata alla Questura di Milano in cui chiese il rilascio di Ruby, fermata per un furto, sostenendo che fosse la nipote di Mubarak), ed eventualmente di negare l'autorizzazione a procedere. Una tesi respinta dalla procura di Milano, secondo cui la legge non stabilisce che per "qualunque reato" a carico di un esponente del governo si debbano trasmettere gli atti al tribunale dei ministri e quello contestato a Berlusconi e' un reato ''comune''. Per sapere perche' i giudici costituzionali hanno bocciato le ragioni della Camera bisognera' aspettare il deposito delle motivazioni della sentenza, che potrebbero essere pronte tra venti giorni o al massimo un mese (relatore Giuseppe Tesauro).

Ma, respingendo la tesi della Camera, secondo cui sarebbe del tribunale dei ministri la ''competenza primaria'' a valutare se il reato commesso dal premier o da un altro componente del governo sia di natura ''ministeriale'' , la Consulta non potra' che dire che ''spetta'' invece all'autorita' giudiziaria ordinaria compiere questa qualificazione, come sostenuto dalla procura di Milano. E che tutto questo e' garantito dal meccanismo dei controlli che ci sono all'interno del processo penale. Seppure rapida (in due ore la Corte ha bocciato questo ricorso e un analogo conflitto sollevato dal Senato nei confronti dei magistrati di Napoli nell'ambito di un procedimento a carico dell'ex ministro Mastella), la decisione di dire no alla Camera sarebbe stata presa a maggioranza.

Fonte: ANSA

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17/02/2012 16:00

Il 'processo Ruby' resta a Milano
Respinte le eccezioni delle difese su compentenza di Messina o Monza


MILANO - Il processo sul caso Ruby che vede imputati Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora, resta a Milano. Oggi, infatti, i giudici della quinta sezione penale, hanno respinto tutte le eccezioni delle difese, tra cui quella che indicava come competenti o il tribunale di Messina, citta' dove si e' svolto l'ormai noto concorso di bellezza del settembre 2009 a cui partecipo' la minorenne marocchina, o in via subordinata il tribunale di Monza, perche' ad Arcore sarebbero avvenuti i presunti festini.

Stamani, all'inizio dell'udienza, alla quale e' presente solo una delle cinque ragazze che sono parti civili contro gli imputati, ossia la modella marocchina Imane Fadil, il presidente del collegio Annamaria Gatto ha letto l'ordinanza con cui ha respinto tutte le questioni poste dalle difese. Le difese hanno anche preso atto del provvedimento del presidente del tribunale Livio Pomodoro, depositato gia' nei giorni scorsi, con cui era stata respinta la richiesta dei difensori di riunire il processo ai tre imputati con quello a carico di Silvio Berlusconi, che si svolge sempre oggi in contemporanea. Il collegio ha ritenute infondate le eccezioni sulla nullita' dell'avviso di chiusura delle indagini e di altri atti, sollevate dalle difese che lamentavano il mancato deposito di alcuni documenti e anche la parziale secretazione dei verbali di Ruby. ''Con la secretazione - ha spiegato il giudice Gatto - l'accusa ha interesse a salvaguardare eventuali altri sviluppi investigativi e altri filoni di indagine e il diritto alla riservatezza delle persone citate''. In piu', ''le dichiarazioni di Ruby sono solo uno degli innumerevoli elementi prodotti dall'accusa''. Per quanto riguarda la questione dell'incompetenza territoriale dei giudici milanesi, il giudice Gatta ha spiegato che ''in questa fase'' il collegio deve basarsi solo sul capo d'imputazione e non puo' valutare nel merito le condotte avvenute nel settembre 2009 nel corso del concorso di bellezza a Messina. Quindi, e in sostanza, i giudici si debbono basare sulla ricostruzione dell'accusa che indica che le condotte di induzione alla prostituzione si sono realizzate a Milano.

L'accusa e le difese sono contrari alle riprese televisive nel processo, mentre le parti civili, che rappresentano cinque ragazze che sarebbero state presenti ad alcune serate nella villa dell'ex premier Berlusconi, si sono rimesse sul punto alla valutazione dei giudici, che decideranno nella prossima udienza, fissata per il prossimo 2 marzo. Oggi i lavori d'aula si sono conclusi in breve tempo e i giudici hanno ridotto il calendario delle udienze gia' fissate.

Oggi il collegio della quinta sezione penale di Milano, presieduto da Annamaria Gatto, ha 'bocciato' tutte le eccezioni sollevate dai difensori, tra cui anche quella di incompetenza territoriale di Milano a favore di Messina o Monza. Dopo la lettura dell'ordinanza, l'avvocato Gaetano Pecorella, uno dei legali di Fede, ha annunciato pero' che nella prossima udienza presentera' un'altra eccezione. Poi il giudice Gatto ha chiesto alle parti di interloquire sulle richieste di riprese delle udienze avanzate da molte emittenti tv. Il procuratore aggiunto Pietro Forno, cosi' come i difensori, si sono limitati a rispondere con un ''siamo contrari''. Mentre gli avvocati delle ragazze (Ambra Battilana, Chiara Danese, Imane Fadil, Barbara Guerra, Iris Berardi) non si sono opposti alle riprese, rimettendosi ai giudici. Il 2 marzo, il collegio decidera'. Causa poi la presenza nella stessa sezione di altri processi con detenuti, i giudici hanno ridotto il calendario delle udienze che erano state fissate per tutti i venerdi'. Quasi dimezzate.

Ecco le nuove date: 2-16-30 marzo; 13-27 aprile; 4-11 maggio; 15-22 giugno; 6-20 luglio; dal 28 settembre al 21 dicembre tutti i venerdi', tranne il 2 novembre e il 7 dicembre.

Fonte: ANSA

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