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    Slobodan
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    Tranquillo come un pupo
    00 24/12/2006 16:07
    GLI PSICANALISTI SUL LETTINO SCOPRONO CHE LA PSICANALISI E’ ENTRATA IN PARANOIA. di Edoardo Camurri.

    Arriva in Italia un libro nero dove i pazienti ingannati attaccano i terapeuti e dove gli studiosi mettono sotto accusa Freud e pure i freudiani. Il grande bluff del complesso di Edipo.

    E’del tutto plausibile che a fare introspezione,
    a vedere quello che
    si ha dentro, dico nell’intimo, venga
    fuori la sozzura a cui si è abituati e
    che corrisponde, più o meno, ai quei
    tre o quattro pensieri fissi che occupano
    l’umanità da sempre: sopravvivere,
    sopravvivere, sopravvivere, sopravvivere.
    La psicoanalisi sbaglia
    per un sovrappiù. E’ troppo generosa.
    Insomma, sopravvaluta. Già l’idea di
    possedere un’interiorità mi sembra
    esagerata, figuriamoci poi se questa
    interiorità debba strutturarsi in Ego,
    Super Ego, Es e se tutto questo debba
    poi caratterizzarsi come una pulsione
    a andare a letto con mia madre e a uccidere
    mio padre. Troppa grazia. Al
    massimo si tratta di esagerazioni greche
    vecchie come i capitelli e la
    moussaka. Non so se ci siamo capiti.
    La gente che conosco io è molto più
    semplice, non possiede nel profondo
    tutta quella roba che la psicanalisi si
    è inventata e che a un certo punto
    (ventesimo secolo) ha deciso che tutti
    noi avevamo. Vive. Bene o male. Poi
    muore. La gente. Detto questo potrei
    chiudere qui il discorso e dire buonanotte
    ai suonatori. Il problema è che
    vedo le ombre lunghe di tutti gli analisti
    di questo mondo che, tipo arpie,
    allungano i loro artigli e pretendono,
    da dietro le spalle, con la bava alla
    bocca, almeno uno straccio di argomentazione
    e di ragionamento. Per
    quanto mi riguarda, lo ammetto, non
    ne sono capace (sarebbe come rivelare
    il sole alle lucertole). Ma è una
    questione anche di pudore. La psicoanalisi
    è talmente abituata a impicciarsi
    (a pagamento) dei fatti altrui
    che mi verrebbe voglia di risponderle
    di attaccarsi. Ma questa non è buona
    educazione. Così val la pena rifarsi
    a un volume appena uscito in Italia
    per Fazi, “Il libro nero della psicanalisi”,
    un insieme di saggi selezionati
    sotto la direzione di Catherine Meyer,
    e trovare tra le sue pagine i ragionamenti
    e le argomentazioni necessari.
    Ce ne sono finché si vuole, e procederò
    a elencarli non prima, però, di
    aver svolto, per quanto mi è possibile,
    ancora una considerazione generale.
    Se vi siete mai sdraiati sul famoso lettino
    dell’analista vi sarete accorti di
    come procede la terapia. Concettualmente
    si snoda come una barzelletta
    famosa che si raccontava durante il
    fascismo per convincere i ragazzi che
    non c’era nessun pericolo a essere arruolati:
    “Se non ti chiamano sotto le
    armi, allora te ne freghi. Se ti chiamano
    i casi sono due: o ti lasciano al deposito,
    e allora te ne freghi; o non ti
    lasciano, e i casi sono due: o non ti
    mandano al fronte e allora te ne freghi;
    o ti mandano, e i casi sono due: o
    non vieni mai ferito, e allora te ne freghi;
    o vieni ferito, e i casi sono due: o
    ti pigli una ferita intelligente, e allora
    te ne freghi; o la ferita non è intelligente,
    e i casi sono due…”. Trattasi
    di psicopompa. Cioè di traghettamento
    di anime da uno stato all’altro per
    farle rimanere, con l’illusione dello
    spostamento, nello stesso luogo occupato
    precedentemente. Dicesi anche
    introspezione. (E non è, viene da chiedersi,
    l’attività analitica, nei suoi
    obiettivi, simile a quella svolta dalla
    clisopompa, cioè dal clistere? Senza
    citare la questione freudiana delle
    “fasi anali”, la psicoanalisi non svolge
    innanzitutto, per quanto riguarda
    lo spirito del paziente, una funzione
    eminentemente carminativa simile a
    quella raccontata da Casimir Delavigne
    nella “Découverte de la vaccine”
    quando scrive: “Non posso per calmare
    quei disordini ardenti, con mano
    compiacente e timida rinfrescare sotto
    l’umida rugiada le sue viscere in
    fuoco? E spingere in disparte, regolato
    con cautela, il tubo tortuoso da cui
    sgorga la salute?”). Ma è meglio non
    andare oltre e tornare al “Libro nero
    della psicoanalisi” dove, in mezzo a
    cinquantanove saggi, si trova uno
    splendido intervento di Aldous Huxley
    del 1925: “L’inganno del nostro secolo”.
    E’ il punto ab ovo di ogni critica
    alla psicoanalisi, l’intuizione dei
    suoi limiti e difetti prima del suo successo
    universale e, in più, la sintesi di
    molte argomentazioni decisive che le
    si possono muovere contro. Prima di
    arrivarci, prendiamo però il complesso
    di Edipo (d’ora in poi CDE). Per la
    psicoanalisi è una specie di pilastro
    fondante della personalità maschile,
    una delle leggi universali dell’inconscio.
    Bene. Ognuno, tanto per essere
    liberali, si sceglie i principi che vuole.
    La situazione diventa però più
    complicata quando, volendo comunicare
    al mondo la propria scoperta,
    Freud ha deciso che il CDE doveva
    essere verificabile empiricamente in
    modo da ottenere lo statuto di proposizione
    scientifica. Forse per troppo
    entusiasmo, forse per eccessivo zelo,
    Freud ha finito però con l’esagerare:
    ha stabilito cioè che il CDE è verificabile
    ovunque, a partire da qualsiasi
    fatto, anche da quelli che dovrebbero
    smentirlo. Non so se mi spiego. Se
    amo mia madre e odio mio padre, sono
    a posto e Freud non avrebbe problemi
    a dirmi bravo ragazzo continua
    così ok. Ma se per caso, come molti,
    dovessi odiare mia madre e amare
    mio padre, sarei un esempio vivente
    che il CDE non è un principio universale.
    Come se la cava Freud in questo
    caso? Fate bene attenzione. Mi direbbe:
    Caro Edoardo, hai semplicemente
    rimosso il CDE; l’odio per mammà
    non è altro che “l’espressione delle
    tendenze sadiche che producono un
    desiderio incestuoso” mentre l’amore
    per papà è soltanto una reazione al
    desiderio di ucciderlo. Questo si chiama
    paraculismo. Non mi sto inventando
    nulla. Propongo un quiz. Se doveste
    difendere il CDE e spiegare che
    anche le eccezioni, quella per esempio
    spiegata sopra, lo confermano,
    che giustificazione adottereste? Vi do
    tre possibilità: A) Odi tua madre e
    ami tuo padre perché è tua madre, in
    casa, a portare i pantaloni e quindi è
    lei a ricoprire il ruolo paterno; B) Odi
    tua madre e ami tuo padre perché tuo
    padre ti ha conquistato fin da piccolo
    regalandoti un’automobilina a pedali
    che tua madre, per ripicca, ha successivamente
    donato al tuo migliore amico;
    C) Odi tua madre e ami tuo padre
    perché in realtà tu, come tutti, sei un
    bisessuale e puoi fare confusione. La
    soluzione, tenetevi forti, non è la A e
    non è neppure la B, la soluzione, la
    più universale, è la C. Scrive infatti
    Freud ne “L’Io e l’Es”: “Si ha l’impressione
    che il complesso di Edipo
    semplice non corrisponde alla situazione
    più frequente. (…) Spesso un
    esame approfondito mette in luce la
    forma più completa del complesso di
    Edipo, che è doppia: una forma positiva
    e una negativa derivanti dall’originaria
    bisessualità del bambino. Ciò
    significa che il bambino non ha solo
    un’attitudine ambivalente verso il padre
    e una posizione di tenero oggetto
    nei confronti della madre, ma si comporta
    nello stesso tempo come una ragazza:
    manifesta l’attitudine femminile
    di tenerezza per il padre e la corrispondente
    ostilità gelosa verso la madre”.
    Se ne deduce che ogni fatto è in
    grado di confermare il CDE al punto
    tale che il CDE diventa così un principio
    indistruttibile. Peccato che, come
    ha spiegato il filosofo della scienza
    Karl Popper, questo modo di ragionare
    non è scientifico perché, per dirsi
    tale, ogni proposizione deve essere
    in linea di principio confutabile da
    qualche dato dell’esperienza. Insomma,
    se dico che il Sole ruota intorno
    alla Terra, anche se è una castroneria,
    faccio della scienza perché è possibile,
    come di fatto Copernico ha mostrato,
    immaginare un dato dell’esperienza
    in grado di smentire la mia osservazione.
    E’ esattamente quanto
    aveva osservato Huxley nel saggio citato
    sopra: “La psicoanalisi è durata
    e, ne siamo certi, durerà ancora molto
    a lungo, per la semplice ragione
    che la sua falsità non può essere definitivamente
    provata tramite un singolo
    esperimento”. E’ la sua forza. Ma è
    anche e soprattutto la sua debolezza.
    In questo la psicoanalisi assomiglia
    alla paranoia. E’ tipico del paranoico
    e del complottista presentarsi con
    delle visioni del mondo onnicomprensive
    dove ogni singolo dettaglio
    serve a tenere in piedi la sua teoria.
    Parlate con uno di quelli che dicono
    che l’11 settembre è stato orchestrato
    dagli americani, e scoprirete che non
    c’è nulla, nessun elemento, nessuna
    osservazione, nessun ragionamento in
    grado di smentirlo. “C’è l’ipotesi –
    scrive ancora Huxley – che i bambini
    piccoli abbiano desideri e impulsi
    sessuali. I neonati allattati al seno, ci
    assicura Freud, sperimentano un vero
    e proprio piacere sessuale; e per
    provarlo ci invita a guardare le loro
    facce che, mentre succhiano, mostrano
    quell’espressione di appagamento
    totale che, nella vita adulta, si ripresenta
    solo a conclusione di un rapporto
    sessuale. Questa è una dimostrazione
    altamente scientifica. Potremmo
    allora dire che l’espressione di
    profonda saggezza e rapita contemplazione
    che spesso vediamo sulle
    facce dei bambini mentre giacciono
    sereni nelle loro culle è la prova che
    sono dei grandi filosofi e stanno pensando
    ai problemi del libero arbitrio,
    della predestinazione e alla teoria
    della conoscenza. O c’è ancora l’ipotesi
    che la maggioranza degli esseri
    umani sia in qualche modo sia eterosessuale
    che omosessuale. C’è l’ipotesi
    che un gran numero di bambini
    sperimenti l’erotismo anale. E così
    via. Nessuna di queste ipotesi è confermata
    da prove; però sono tutte trattate
    come dati di fatto”. Punto. Fine.
    Ciao. Nessuna persona per bene, dopo
    un brano come questo, avrebbe ancora
    dei dubbi. Una persona per bene,
    adesso, telefonerebbe al suo analista
    e gli direbbe: “Dottore, grazie di
    tutto, ma ho altro da fare, non verrò
    più ai nostri appuntamenti, li disdica
    tutti, interrompo la terapia, vado da
    un neurologo”. Ma le cose non sono
    così semplici. Uno degli elementi che
    rendono attraente la psicoanalisi è
    infatti un trucco da venditore di tappeti
    vecchio come il mondo. Il sesso.
    Freud una volta confessò al celebre
    psichiatra Ludwig Binswanger: “Ho
    sempre pensato che a gettarsi per primi
    sulla mia teoria saranno i porci e
    gli speculatori”. Ottima osservazione,
    ma imprecisa. Occorreva aggiungere
    anche i francesi. Infatti, tra la prima e
    la seconda guerra mondiale, quando
    Freud si recò in Francia, un giornale
    sensazionalista pubblicò una sua foto
    con il titolo: “Il Maestro dell’amore è
    a Parigi”. Non vorrei sembrare anch’io
    paranoico. Ma tutto torna. Nel
    “Libro nero della psicoanalisi”, nel
    saggio di Jean Cottraux “Letteratura,
    cinema, psicoanalisi: un gioco di
    specchi”, si legge un episodio che, a
    proposito, vale la pena raccontare per
    intero. Si tratta dell’incontro tra Lacan
    (tornerò a parlare di lui), il più
    importante studioso di psicoanalisi
    francese, e Margherite Duras, la scrittrice
    piena di languido erotismo, di
    buchi della memoria e di afa esotica
    che, assomigliando a una portinaia
    che ha letto Racine, riscuoteva successo
    soprattutto tra le nonne. Immaginate
    la scena. Lacan e Duras si incontrano
    per parlare di un libro di
    quest’ultima, “Il rapimento di Lol V.
    Stein”. Scrive Cottraux: “Lacan convocò
    Margherite Duras a mezzanotte
    in un bar per dirle tutto il bene che
    pensava di lei. La V del titolo non poteva
    che significare le forbici della
    castrazione e l’estasi dell’orgasmo
    colpito da amnesia della donna che si
    confronta con l’ombra di un pene
    mancante”. Non è solo aneddotica. E’
    sostanza. Ma a questo punto si potrebbe
    obiettare: va bene, le cose staranno
    anche così, però la psicoanalisi
    guarisce, fa stare meglio le persone,
    non si possono ignorare i suoi risultati.
    (C’è da dire che, in un certo senso,
    l’obiezione non ha significato; parecchie
    discipline, a cui non si riconosce
    nessun valore scientifico, ottengono
    ugualmente guarigioni e soluzioni:
    penso all’omeopatia, alle pratiche
    sciamaniche e magiche, persino agli
    interventi miracolosi di santi o di spiriti,
    eccetera). In ogni caso, “Il libro
    nero della psicoanalisi” non ignora
    questi risultati, ma li tratta a modo
    suo. Pubblica per esempio sei testimonianze
    di pazienti delusi e arrabbiati,
    poi discute dei fallimenti, degli
    errori e delle mistificazioni effettuate,
    in alcuni casi storici, direttamente
    da Freud. Prendo un saggio a caso,
    “Freud cocainoterapeuta” di Hans
    Israëls, dove subito si mette in chiaro
    un problema metodologico: “Cosa
    sappiamo dell’efficacia dei trattamenti
    condotti da Freud? Nella maggior
    parte dei casi, non possiamo controllare
    la veridicità delle sue affermazioni
    riguardo al successo delle terapie:
    Freud, ovviamente, non rivela
    il vero nome dei suoi pazienti. E anche
    se conoscessimo la loro vera
    identità, potremmo difficilmente valutare
    la loro evoluzione”. Il primo
    caso affrontato dalla psicoanalisi è
    quello di una paziente isterica conosciuta
    con il nome di Anna O. Freud
    ha sempre detto che la donna è guarita
    grazie all’analisi, ma, così racconta
    Israëls, nella corrispondenza privata
    con il medico che l’aveva in cura, il
    dottor Breuer, si legge che Anna O. interruppe
    la terapia non perché era
    guarita, ma perché fu necessario ricoverarla
    in ospedale. “Nelle rare occasioni
    in cui è stato possibile controllare
    le affermazioni di Freud riguardo
    ai suoi successi – conclude Israëls
    – si è constatato che non diceva la verità”.
    (Nelle testimonianze dei delusi
    dalla pratica analitica, nel “Libro nero
    della psicoanalisi” si trova un fatterello
    delizioso. Una paziente di nome
    Marie-Christine Lorentz racconta:
    “La terapia iniziò con alcune sedute
    rimborsate dalla mutua, ma a poco a
    poco la dottoressa B mi spinse verso
    il lettino e verso la famosa terapia
    che deve costare. (…) Ricordo ancora
    lo stupore che provai quando (…) mi
    domandò se non mi desse fastidio che
    ci fosse un terzo tra noi. La guardai
    sbalordita. Di fronte alla mia chiara
    incomprensione, si affrettò a precisare
    che il terzo era la mutua”). Ma
    adesso basta guardare dal buco della
    serratura. Gli storici delle idee salvano
    la psicoanalisi sostenendo che è
    stata una rivoluzione culturale di
    grandissima portata. La paragonano
    a altre espressioni dell’ingegno contemporanee,
    alla teoria della relatività,
    al surrealismo, sostengono insomma
    che Freud abbia espresso
    quello che si chiama, anche se nessuno
    lo ha mai visto né gli ha mai parlato,
    “lo spirito dei tempi”. Va benissimo,
    ma come scriveva Giovanni Papini
    occorre ricordare cosa diceva Gesù
    a proposito degli alberi: che bisogna
    giudicarli dai frutti. Papini ce l’aveva
    contro i discepoli di Hegel, colpevoli
    di aver prodotto degli scritti
    pedanteschi, impenetrabili e meaningless.
    Lo stesso si può dire di Freud e
    dei freudiani. Poco fa avevo ricordato
    Lacan. Ecco, Lacan è un esempio
    eloquente di questo discorso. In “Perché
    Lacan è così oscuro”, Filip
    Buekens si diverte a raccogliere le
    giustificazioni che i lacaniani hanno
    trovato per difendere il gergo del loro
    maestro (che di solito si presenta
    come un groviglio di logica formale,
    esistenzialismo, fisica e strutturalismo,
    con alcune frasi a effetto come
    “Il locatore non è padrone della lingua
    che parla” e così via). C’è da ridere.
    L’argomento che ricorre ossessivamente,
    e ripeto è un argomento sostenuto
    e difeso da rispettabilissimi studiosi
    e psicoterapeuti a cui molti pazienti
    depressi e malati si affidano
    per cercare di capire qualcosa di loro
    stessi, è che i testi di Lacan sono
    così confusi perché esprimono direttamente
    l’inconscio, perché l’Es si
    pronuncia attraverso quegli scritti. Ci
    sarebbero gli estremi per truffa. Ma è
    meglio lasciare perdere. Resta il fatto
    che, a memoria d’uomo, c’è stata
    solo un’occasione in cui Lacan ha
    parlato chiaro. Fu durante una conferenza
    tenuta a Bruxelles il 26 febbraio
    del 1977. Vale la pena recuperarne
    un brano. Così, per chiudere il
    discorso e lasciare una testimonianza
    inattesa: “La nostra professione è una
    truffa, bluffare, stupire la gente, impressionarla
    con delle parolone,
    quello che normalmente viene chiamato
    un bluff. (…) Dal punto di vista
    etico, la nostra professione è indifendibile;
    è proprio per questo d’altronde
    che ne faccio una malattia, perché
    ho un Super Io come tutti. (…) Si tratta
    di sapere se Freud è o meno un
    evento storico. Credo che abbia fallito
    il colpo. Come me, in molto poco
    tempo, il mondo intero se ne infischierà
    della psicoanalisi”.





  • .lauri.
    00 09/01/2007 23:22
    to'
    vedo adesso 'sto coso

    l'ho letto un po' veloce. dalla psicanalisi mi tengo rigorosamente lontana e non ho mai visto un film di vudi allen.

    d'altronde tempo fa ho letto sull'unità [SM=x584458] un articolo di cancrini che spiegava come il complesso di edipo sia stato rottamato da mo'

    in generale freud è stato messo fra i padri nobili della nostra cultura, ma è considerato sorpassato in tutto