milla4, 17/06/2016 23.42:
Ma, guarda, ti capisco: quando dico in giro che "Il nome della rosa" mi ha lasciata indifferente e, talvolta, annoiata, mi guardano come se fossi uno strano alieno analfabeta.
Come se perché considerato "classico" debba per forza "darti" qualcosa, mentre io l'ho letto e lo considero un comunissimo libro che oltretutto non mi ha fatto impazzire.
Bah...
Parli con una di cui uno dei romanzi preferiti è appunto “Il nome della rosa”... ^^”
Credimi, all’inizio neanche io riuscivo a digerirlo: le prime cento pagine sono state a tal punto monotone che ogni giorno declinavo i miei propositi di lettura e rinunciavo ad andare avanti. Dopo una settimana di strenuo diniego, mi sono inculcata in testa di finirlo il prima possibile e ho recuperato tutto il ritardo: nel giro di un paio d’ore avevo mantenuto la mia promessa e avevo terminato il libro. Inutile ribadire che, dalla metà in poi, l’ho trovato davvero stupendo: trama, finale, significato di fondo, ambientazione. Lo reputo uno dei capolavori della narrativa italiana e ha ritagliato un posto speciale nel mio cuore.
Non concepisco, a dire il vero, come un libro del genere possa lasciare “indifferenti”: scusami se ti sembrerò scortese (^^’) ma la trama thriller/bibliografica che Jorge si ostina a celare è senz’altro uno spunto interessante di riflessione ‒ al pari del ruolo che rivestivano le donne durante il Medioevo. Insomma, io ho amato il libro e ritengo che sia proprio degno di essere diventato un “classico” della narrativa...
La stessa cosa, purtroppo, non è accaduta per “La solitudine dei numeri primi”: l’ho letto in parallelo a “Il nome della rosa” e il contrasto si è rivelato eclatante. Non disprezzo la trama proposta dall’autore (due vite recise, un unico destino e tanti altri cliché però ben gestiti), tuttavia la resa narrativa verso il finale mi ha lasciato un po’ interdetta. Mi premetto di dire che ho amato la caratterizzazione di Mattia (che è proprio ben riuscito come “ragazzo disturbato”) e anche Alice non è male: forse è proprio la sua personalità a non essermi gradita, tuttavia riconosco che è l’“effetto collaterale” dovuto ai suoi vecchi problemi. Ho odiato, con tutta me stessa, il finale: okay, è intrigante la ricorrente allusione ai numeri primi ma l’ho detestato. È troppo brusco, affettato e repentino; non sono riuscita neanche a starci male. Insomma, tutto il discreto lavoro è stato demolito alla fine e non mi ha trasmesso alcunché a livello emotivo ‒ se non un vago senso di rammarico.
Sebbene questa sia una delle trame reputate più coinvolgenti dal punto di vista morale, devo ammettere che l’efficacia è molto meno clamorosa di altri bestseller quali “Mille splendidi soli” (lo dico perché, tra i romanzi di Khaled Hosseini, lo annovero come il mio preferito) o, ancora, di “Cime tempestose” o “Anna Karenina”.