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Articoli sul Metodo Di Bella, o Multiterapia Di Bella

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    Madoc Comadrin
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    00 24/11/2011 00:34
    Io, guarita con la cura Di Bella

    di Gioia Locati - 23 novembre 2011, 15:41


    "La diagnosi mi è arrivata addosso come un treno: avevo 51 anni, 3 figli e un cancro. Mi avrebbero amputata, via tutto il seno comprese le ghiandole ascellari, i tumori erano tre nella stessa mammella".

    Era il 2006 Marina (il nome è di fantasia) è all’ospedale di Ferrara, in oncologia. Le dicono che ha un cancro triplo (tre focolai nella stessa mammella) che dovrà sottoporsi a mastectomia, rimuovere completamente i linfonodi ascellari. Poi, appena le ferite saranno cicatrizzate, dovrà affrontare sei cicli di chemioterapia più 30 giorni di radioterapia. Quando avrà terminato inizierà una cura farmacologica di almeno cinque anni, fra pastiglie e flebo.

    Oggi Marina è considerata guarita, del tumore originario non c’è più traccia. Ma non hai mai seguito il protocollo che le avevano suggerito i medici di Ferrara, non ha perso il seno ("neppure un pezzetto di ghiandola"), non ha tolto i linfonodi ascellari. Non ha fatto nessuno dei sei cicli di chemio, né la radio nè le flebo, tantomeno ha ingoiato le pastiglie raccomandate. Zero di zero. Ha seguito scrupolosamente, questo sì, la cura Di Bella. E oggi, assieme ad altre 13 italiane colpite da carcinoma mammario che come lei hanno rifiutato intervento e protocollo tradizionale, è un caso scientifico di rilevanza mondiale.

    La sua storia clinica è apparsa sulle più importanti riviste mediche (Neuroendocrinology Lecter, International Journal of Gynecological Cancer, banca dati scientifica www.pubmed.gov per dirne alcuni) e discussa al World Cancer Congress di Singapore nel 2010 e a quello di Dalian (Cina) lo scorso maggio oltre che al congresso di Ginecologia italiano che si è tenuto a Milano in settembre. Sono le prime donne considerate guarite - perché sono trascorsi almeno 5 anni dalle diagnosi - senza intervento chirurgico. Il loro cancro si è rimpiccolito man mano “sotto l’effetto dei farmaci, mica di zuccherini” scherza Marina precisando che la cura di Bella “non è una pozione preparata da un santone”.

    Al telefono trapela una voce dal timbro fermo, è quella di una donna determinata. “Non credo di essere stata coraggiosa, anzi, penso di essere stata più codarda delle altre…” “Avevo già l’appuntamento fissato, intervento congiunto: rimozione chirurgica e ricostruzione plastica, non mi sono presentata”.



    Cosa ha pensato prima di rifiutare l’intervento?

    “All’inizio nulla, ero frastornata. Poi ho cominciato a documentarmi. Ho vissuto da vicino il travaglio di amiche e conoscenti reduci da interventi al seno, c’era chi non riusciva più ad alzare il braccio, chi ha avuto brutte infezioni… certo davanti a un tumore non si va tanto per il sottile ma io mi sarei curata pur senza farmi amputare. Diciamo che ho seguito il mio istinto e non mi sono pentita.”

    I suoi figli, suo marito e i parenti cosa le hanno detto? “Ognuno ha avuto reazioni diverse, i miei figli sono tutti e tre adulti e laureati. In famiglia siamo abituati a rispettare le scelte di ciascuno. Certo, all’inizio erano contrari, hanno voluto vedere gli esami, capire perché rifiutassi quel protocollo, ma col tempo si sono tranquillizzati”.



    Come è arrivata a Di Bella?

    “Ne avevo sentito parlare perché la famiglia è di Modena, avevo seguito il discusso caso della sperimentazione nel 1998. Nel frattempo mi ero letta la metanalisi di Moss (una summa di lavori di oncologi e radiologi americani e australiani sull’inefficacia della chemioterapia nella cura dei tumori). Quando spiegai ai medici che non avrei fatto l’intervento ma mi sarei curata in un altro modo mi suggerirono una terapia sperimentale. Non mi parlarono di Di Bella, fui io a dire loro che avrei seguito quella cura…”



    Cosa successe poi?

    “Seguii le prescrizioni di Di Bella. Per 4 anni. Facevo i controllo periodici: Pet, mammografia, ricerca dei marcatori nel sangue, andavo sempre in centri diversi. Ogni volta i medici si informavano sulle medicine che prendevo, ogni volta restavano di stucco: il mio cancro rimpiccioliva progressivamente, a un certo punto è scomparso del tutto.

    La mia non è una guarigione spontanea, ho preso farmaci potenti che riducono su più fronti la proliferazione cellulare e provocano l’apoptosi (la distruzione) delle cellule maligne, c’era anche un chemioterapico classico, a bassi dosaggi, non ho mai perso capelli, non ho mai avuto nausee e vomito. Nessun danno agli altri organi, non ho sofferto per insufficienza renale o cardiaca. La stanchezza però l’ho avuta. Nonostante ciò non ho perso giorni di lavoro”.


    Si considera fortunata?

    “Sicuramente lo sono: sto bene, ho il mio seno e sono contenta per questo ma credo anche che la fortuna vada aiutata…” Si considera guarita? “Non dico ‘sono guarita’ perché non posso sapere quel che succederà in futuro ma dico che sto bene”.


    Che cura sta facendo adesso?

    “Una terapia di mantenimento senza effetti collaterali, per intenderci: non rischio tumori all’endometrio o tromboflebiti.”


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    Madoc Comadrin
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    00 24/11/2011 00:35
    Abbiamo chiesto al Professor Giuseppe Di Bella come cura i suoi pazienti

    di Gioia Locati - 23 novembre 2011, 09:36 -

    Marina, la donna che abbiamo intervistato, non è l’unica guarita da tumore al seno senza aver fatto l’ intervento chirurgico e seguendo la cura Di Bella. In tutta Italia ci sono altre 8 donne come lei (che stanno diventando 11). Pazienti dai 40 ai 60 anni che hanno scartato da subito il protocollo tradizionale.

    Il caso di Marina è stato pubblicato sulla rivista medica internazionale “Neuroendocrinology Letters” con il titolo Complete objective response to biological therapy of plurifocale breast carcinoma ed è stato recensito dalla banca data mondiale www.pubmed.gov.

    Ci sono altre 36 pazienti che, una volta ricevuta la diagnosi di cancro alla mammella, si sono sottoposte a intervento chirurgico ma non a radioterapia e chemioterapia. Non solo: queste donne hanno rifiutato anche le cosiddette terapie di mantenimento, a base di anticorpi monoclonali (quando il tumore esprime la proteina Her2) o di tamoxifene (quando le cellule maligne si nutrono di ormoni femminili). Stanno tutte bene; il cancro originario si è ridotto fino a scomparire nelle pazienti che non hanno fatto l’intervento e nelle altre, dopo almeno cinque anni dalla diagnosi, non c’è traccia del tumore originario o di metastasi in altre parti del corpo. Questi casi clinici, più altri affrontati al terzo e quarto stadio per un totale di 122 neoplasie della mammella, sono stati discussi sia al Bit’s 4th World Cancer Congress 2011, a Dailan, in Cina e pubblicati nella relazione congressuale, The Di Bella Method (DBM) Improves Survival, Objective Response and Performance Status in Breast Cancer (si trovano anche sul sito della Fondazione di Bella) sia al Congresso internazionale di oncologia ginecologica del 14 settembre 2011 a Milano. Da qui è stato prodotto un abstract apparso sull’International Journal of Gynecological Cancer vol 21, supp 3 October 2011



    Dottor Giuseppe Di Bella come sono state curate queste donne?

    “Con il cocktail di farmaci utilizzato anche da mio padre, l’efficacia di ogni singolo principio attivo è riconosciuta da anni: somatostatina, bromocriptina, soluzione ai retinoidi, vitamine E, C, D melatonina. Talvolta inserisco l’inibitore dell’aromatasi (blocca l’azione di estrogeni e progestinici) e bassissime dosi di chemioterapici tradizionali (ciclofosfamide e idrossiurea). Per ognuno di questi principi attivi esistono migliaia di pubblicazioni scientifiche: sono a disposizione di chiunque voglia consultare la banca dati mondiale ufficiale www.pubmed.gov. La somatostatina ne ha addirittura 28mila400. Alcuni lavori sulla somatostatina sono stati inseriti dal premio Nobel per la medicina Andrea Schally, il quale, 30 anni dopo gli studi di mio padre, ne ha confermato il deciso e atossico effetto antitumorale”.

    Se questi farmaci hanno una letteratura scientifica così estesa la cura Di Bella non dovrebbe essere una terapia “alternativa”…

    “Infatti non lo è. Il tumore è una deviazione dalla vita normale che il metodo Di Bella corregge esaltando le reazioni vitali. Non è una cura alternativa ma “integrativa” .

    Ci spiega come funziona?

    “Il tumore (tutti i tumori) hanno due caratteristiche. La prima: cresce, le sue cellule prolificano più velocemente di quelle sane, questa crescita può interessare un organo solo o diffondersi a distanza (metastasi). La seconda: nel moltiplicarsi le cellule tumorali selezionano tutti i vantaggi possibili, cercano l’immortalità, si trasformano e diventano man mano più resistenti e aggressive. Le cellule si sviluppano grazie all’apporto di un ormone, il GH e dei fattori di crescita ad esso collegati IFG1-2, NGF, FGF che sono potenzialmente oncogeni e sono un’infinità (c’è il fattore di crescita epidermico, quello vascolare, quello di derivazione piastrinica…) Senza GH non esiste nessuna proliferazione tumorale ”.



    E le mutazioni cellulari?

    “Avvengono nel Dna della cellula neoplastica per varie cause, infettive, fisiche o chimiche e le consentono di superare le condizioni avverse”.



    Dunque?

    “Usiamo tutti farmaci che arrestano la crescita. Su più fronti: stop alla proliferazione, all’angiogenesi (è la formazione dei vasi sanguigni che nutrono il tumore), alla prolattina (che fa riprodurre le cellule, le maligne si nutrono tutte di prolattina, su questo ci sono almeno 9mila pubblicazioni). In più, i minimi dosaggi di chemioterapici non intossicano l’organismo ma soffocano le cellule cancerose. I retinoidi hanno la capacità di trasformare le cellule maligne in benigne. E la vitamina E e la melatonina rafforzano l’azione di questi principi attivi. Visto che le cellule neoplastiche superano facilmente gli ostacoli, mettiamo in atto una serie di blocchi per impedire che queste riescano a difendersi mutando.”

    Il principio dell’arrestare la crescita delle cellule maligne è applicato con altrettanta enfasi nell’ oncologia tradizionale? “In modo diverso: l’oncologo esamina i recettori del tumore. Se questi sono positivi a estrogeni e progestinici somministra l’anti-estrogeno (è un modo per togliere il nutrimento al tumore e lo facciamo anche noi). Se il cancro alla mammella è positivo alla proteina Her2 si dà un anticorpo che la contrasta ma quando un tumore al seno non ha queste due caratteristiche e si chiama “triplo negativo”, gli oncologi vanno nel panico”…



    Lei no?

    “No. Test in vitro hanno dimostrato che anche se il tumore non ha i recettori degli estrogeni, l’antiestrogeno agisce comunque sul fattore di crescita perché è sempre l’estrogeno che nutre il fattore di crescita prodotto dal fegato…Ci sono numerosi studi che sostengono questo: l’estrogeno è interattivo sia con i fattori di crescita GH che con la prolattina nel promuovere la crescita tumorale.

    Applicando questi principi si può trovare la strada per affrontare il cancro al seno più aggressivo, il triplo negativo.”



    Questa è una scoperta di suo padre?

    “Assolutamente sì. La conferma della logicità e della razionalità della sua terapia l’abbiamo avuta anche di recente, Andrea Schally, l’endocrinologo polacco insignito del Nobel per la medicina nel 1977, ha avvalorato quello che lo ho appena spiegato nella pubblicazione Triple negative breast cancer express receptors for growth hormone-releasing hormone (GHRH) and respond to GHRH antagonists with growth inibition apparsa su Breast cancer Res Treat.2009 Jul; 116 (2): 273-9.



    Quando il cancro al seno è al terzo e quarto stadio?

    “Fra le mie pubblicazioni riporto anche le storie cliniche di 72 donne che hanno iniziato la Di Bella quando il loro tumore era già a uno stadio avanzato. Ossia con metastasi diffuse. La stima ufficiale di sopravvivenza a 5 anni del tumore alla mammella metastatico è del 14,8%, con la cura Di Bella è del 50%”.

    Quali tumori si curano con la Di Bella oltre a quello al seno? “Il metodo Di Bella agisce sui denominatori comuni a tutti i tumori (applichiamo un modulo fisso per ogni neoplasia e uno variabile specifico per le diverse varietà) Sono 553 i casi di tumori (22 tipi diversi) guariti con il metodo Di Bella dal 2003 a oggi. Li ho presentati al World Cancer Congress di Singapore nel 2010 (pubblicazioni su Neuro Endocrinol Lett.2010; 31 Suppl 1:1-42)”.

    C’è una storia particolare che ricorda?

    “Moltissime… C’è una ragazza di 29 anni, aveva un linfoma di Hodgkin. Dopo ripetuti cicli di chemioterapia – inefficaci - era debilitata, avrebbe dovuto sottoporsi al trapianto di midollo, non l’ha fatto e si è curata con me. È guarita da sei anni e ha fondato il gruppo Facebook degli amici di Di Bella con più di 7mila di iscritti. Aveva fatto ricorso, come centinaia di miei pazienti, per ottenere il rimborso delle cure dal sistema sanitario nazionale. E l’ha vinto: i periti del tribunale hanno condannato l’Asl a pagarle le cure con il Metodo Di Bella.”

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    Madoc Comadrin
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    00 26/11/2011 20:02
    Tutti questi articoli più un altro ancora, della stessa autrice, sul Metodo Di Bella per la cura dei tumori, sono stati pubblicati sul sito de "Il Giornale" dopo anni di silenzi e omertà...solo per poi essere rimossi dopo un giorno scarso.

    Ora questi articoli sono disponibili solo attraverso la diffusione diretta, grazie a chi li ha salvati e pubblicati altrove.

    Alle case farmaceutiche e agli oncologi "scuola Veronesi" queste cose fanno male!
    No alla Chemio!
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    "Chi conosce l'arte di colpire al fronte e ai fianchi, avrà la vittoria. Questo è il fondamento dello scontro armato"
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    Kiko-ALA
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    Utente Master
    00 26/11/2011 21:50
    Re:

    Posta tutti gli articoli che hai.
    Da anni seguo il caso Di Bella e ne sono un sostenitore.


    ----------------------------------------------
    Kiko

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    Madoc Comadrin
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    Utente Junior
    00 28/11/2011 18:03
    Vi ricordate il metodo Di Bella? Ecco perché ne riparliamo...


    Chi vive con una diagnosi di cancro è come un naufrago in cerca di un approdo sicuro le strade per raggiungere il quale sono più di una. Così nasce l’idea di questo dibattito. Vogliamo invitare i lettori a farsi un’idea, i malati a studiarsi le pubblicazioni affinchè possano trovare il loro approdo...

    di Gioia Locati - 28 novembre 2011, 10:33


    Da quando ho aperto il blog, nel febbraio scorso, ho ricevuto valanghe di mail di lettori che hanno condiviso con me l’esperienza del cancro.

    In molti casi gli ammalati erano i loro parenti. Le loro domande diventavano le mie. E le mie le loro. “Avrò fatto la scelta giusta?” “Dovevo cambiare città?” “Potevo evitare gli effetti collaterali”? La loro disperazione mi contagiava: “Perché ci sono i tumori chemioresistenti?”. “Perché qualcuno guarisce e qualcuno muore, è solo una questione di diagnosi precoce?”.

    Ho trovato notizie di scoperte più o meno eclatanti e le ho segnalate sul blog, come fiori da cogliere: chi vive con una diagnosi di cancro è come un naufrago in cerca di un approdo sicuro. Non so quale sia questo approdo, sicuramente le strade per raggiungerlo sono più di una. Io ho scelto il protocollo tradizionale, dopo l’intervento e la radioterapia, ho affrontato quattro cicli di chemioterapia.

    Fra i lettori più assidui del mio blog (e anche fra chi si considera guarito) ci sono molti “dibelliani”, ossia persone che hanno scelto di curarsi con il metodo Di Bella messo a punto da Luigi Di Bella negli anni ’70 e ’80 e che oggi il figlio Giuseppe continua ad applicare.

    All’inizio, ammetto, ho fatto un po’ di fatica a riordinare le idee. Ricordavo una sperimentazione condotta dal Ministero della Sanità nel 1998 (il ministro era Rosy Bindi) che stabilì che queste terapie erano inefficaci. Ma continuavo a ricevere documenti e testimonianze che reclamavano la mia attenzione. Tipo: indagini dei Nas, successive alla sperimentazione, hanno dimostrato che molti farmaci furono somministrati scaduti, che in altri fu aggiunto dell’acetone e che per altri ancora vennero modificati posologie e quantità. La terapia così “alterata” fu testata su un gruppo di pazienti gravemente malati, alcuni terminali, altri all’ultimo stadio (quelli che l’oncologia tradizionale tratta con medicine palliative). Nonostante ciò è ancora viva nell’opinione pubblica l’immagine del professore dai capelli bianchi sbugiardato in televisione. Degli esiti dei Nas la gente non ricorda nulla. Molti miei colleghi, tutt’oggi, considerano l’anziano professore alla stregua di un santone. Ho visto che l’argomento “divide”, scalda gli animi – di mezzo c’è il bene più prezioso, la salute (e, ovvio, una marea di interessi economici) - e che su Facebook i dibelliani sono migliaia.

    La medicina ufficiale liquidò così il metodo Di Bella. Chi avesse voluto curarsi in quel modo avrebbe dovuto pagare tutto di tasca propria. Come in una terapia alternativa lo Stato non avrebbe rimborsato un centesimo.

    Tuttavia esistono fior di richieste di rimborso ordinate dai giudici . Com’è possibile? Sono centinaia i ricorsi presentati dai pazienti – guariti con la cura Di Bella e non con le chemioterapie, i trapianti di midollo o gli anticorpi monoclonali - e vinti. Carta canta come si sul dire, e infatti, i periti dei tribunali, dopo aver esaminato le cartelle mediche di questo esercito di persone hanno “condannato” lo Stato a pagar loro la cura dibelliana. Un assurdo? Giudicate voi…

    Così nasce l’idea di questo dibattito. Vogliamo invitare i lettori a farsi un’idea, i malati a studiarsi le pubblicazioni (per chi non ha avuto un cancro: durante le notti insonni, quando il tarlo del cancro si divora i pensieri, si studia e si legge…), chiediamo agli stessi oncologi di intervenire.

    Vi raccontiamo la storia di una donna guarita da un tumore al seno senza aver fatto l’intervento chirurgico (il suo caso è uno degli 11 guariti senza intervento e uno dei 523 tumori trattati con la terapia dibelliana, con buon esito, pubblicati su riviste scientifiche e presentati ai convegni mondiali). E vi presentiamo il parere di un oncologo tradizionale, Stefano Iacobelli, direttore della Scuola Oncologica di Roma, a cui abbiamo chiesto perché la medicina tradizionale non prende in considerazione il metodo Di Bella.

    Perché? Elementare: non porta denaro alle aziende farmaceutiche.

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    Madoc Comadrin
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    00 28/11/2011 18:29
    Guarire dal Cancro Si Può! Una Verità Nascosta. Perchè?

    1 settimana fa.
    di Leandro Riccini Margarucci0


    Luigi Di Bella.
    Dal CANCRO si può guarire, anche senza chirurgia, chemio o radioterapia ma non vogliono farcelo sapere. Perché? Noi di PromoBlog vogliamo ridare voce ad una verità nascosta perchè crediamo nella sacralità della vita e se questa azione può essere utile a salvarne anche una sola, ne saremmo infinitamente felici.

    Il 22 – 25 maggio 2011 si è tenuto a Dalian (Cina) il 4° Congresso Mondiale di Oncologia.

    A questo evento è stato invitato il Dott. Giuseppe Di Bella (figlio del noto professore che alla fine degli anno 90 salì alla ribalta della cronaca per via del movimento popolare che lo sosteneva e sulle cui metodologie terapeutiche il Ministero ufficialmente decretò in fretta e furia l’inefficacia in seguito ad una sperimentazione affrettata e pilotata).

    Se cliccate la pagina web della pagina del sito riguardante la puntata "Perchè la sperimentazione del Metodo Di Bella è Fallita?"
    della trasmissione Report vedrete che se provate a scaricare il video Real Player vi dirà che il fornitore (provider) del contenuto (video) non consente il download nè la registrazione. Perchè?

    Se non vedete il video della puntata di Report del 31/05/2000 potete andare a vederlo nella pagina dedicata alla sperimentazione nel sito web Sconfiggere il Cancro.

    Il figlio, il dott. Giuseppe Di Bella, continua però negli anni seguenti l’attività del padre (deceduto nel frattempo all’età di 92 anni) e inizia a raccogliere dati e cartelle cliniche, fondando per questa attività la Fondazione Di Bella, ufficialmente riconosciuta.

    Attraverso il proprio lavoro, e quello di collaboratori volontari, riesce a portare all’attenzione della comunità scientifica internazionale i risultati del suo metodo terapeutico (MDB = Metodo Di Bella), pubblicando diversi articoli su riviste scientifiche accreditate, che documentano guarigioni complete di pazienti con diverse tipologie neoplastiche.

    Ora, dopo aver suscitato l’interesse (all’estero) per i risultati e la concezione terapeutica (la cui validità concettuale nel frattempo è stata suffragata, dalla ricerca di base, con diverse migliaia di lavori scientifici ) viene invitato, nel 2010, ad un simposio internazionale, ove presenta ufficialmente il razionale terapeutico del Metodo, e alcune statistiche risalenti ai tempi della sperimentazione ministeriale del 1998, che ne contraddicono i risultati.

    Nel frattempo, alla Fondazione, vengono conclusi i lavori di raccolta, aggiornamento e archiviazione delle cartelle cliniche relative ai pazienti che si sono rivolti allo studio medico nel periodo 2004-2009, e, in particolare, il lavoro viene concentrato su una singola patologia tumorale (carcinoma del seno) per poter arrivare ad elaborazioni statistiche complete e raffrontabili a quelle ufficiali.

    Sul sito della Fondazione viene inserita una sezione (OSSERVATORIO STATISTICO) ove vengono resi pubblici i risultati ottenuti su TUTTI i pazienti curati , e aggiornati periodicamente, in modo da evidenziare l’assoluta trasparenza dei dati.

    TUMORE DEL SENO (trattato con MDB nel periodo 2004-6/2010) – Rilevazioni statistiche

    I risultati vengono presentati al 4° Congresso Mondiale di Oncologia – 2011 ove il Dott. Di Bella è invitato, oltretutto, conferendogli l’incarico di Presidente di una apposita sezione dedicata alle terapie più avanzate.

    Il dato più eclatante, la remissione della malattia sul 100% dei pazienti che avevano deciso di ricorrere al MDB come “terapia di 1^ linea”, ( e quindi rinunciando anche all’intervento chirurgico), dovrebbe a questo punto balzare agli onori della cronaca in maniera immediata e spontanea, se vivessimo in un paese “normale”. Ma non succede niente.

    Un silenzio assoluto e “colpevole”. Forse perché i “grossi calibri” che sovrintendono le istituzioni sanitarie italiane ( vedi Veronesi, Mandelli, Tirelli, etc.) sono gli stessi personaggi che, a suo tempo, decretarono l’inefficacia della terapia Di Bella, tendando di seppellirla definitivamente sotto alla polvere del loro tappeto?

    [Modificato da Madoc Comadrin 28/11/2011 18:30]
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    Madoc Comadrin
    Post: 76
    Registrato il: 28/08/2011
    Utente Junior
    00 28/11/2011 18:58

    Modulo per la raccolta di firme-petizione per far riconoscere come farmaco di Fascia "A" (erogato gratuitamente) la Somatostatina. (cliccare QUI sulla scritta)

    Modulo di raccolta firme per l'erogazione gratuita della Somatostatina in fascia A per tutte le patologie neoplastiche tumorali tramite prescrizione di un medico legalmente abilitato all'esercizio delle professione.
    Ciò in considerazione del suo elevato potere antitumorale evidenziato con ampio riscontro nella letteratura medica mondiale


    le firme raccolte vanno inviate alla Fondazione Di Bella, Via Marconi, 51 40122 Bologna (BO)

    Se raccogliete le firme ma non ve la sentite di metterci un francobollo e mandarlo voi, non appena ci vediamo potete lasciare a me i fogli.

    [Modificato da Madoc Comadrin 28/11/2011 18:59]
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    Ruggero Mancini
    Post: 277
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    00 01/12/2011 01:00
    Video sul Professor Di Bella

    Presentazione ricorsi per il rimborso dei Farmaci del Metodo Di Bella

    Buona parte dei farmaci rientranti nel metodo del Protocollo del Dr. Luigi di Bella non sono annoverati tra quelli cosiddetti di fascia A, sicché il cittadino che non intenda sopportare gli effetti tossici della cure convenzionali, ma opti per una cura biologica del cancro, è posto di fronte ad un impegno economico non indifferente.

    L’Ordinamento Giuridico italiano, tuttavia, tutela il diritto alla salute come bene primario di rilevanza costituzionale.

    Conseguentemente il Servizio Sanitario Nazionale, nell’assicurare i livelli essenziali ed uniformi di assistenza, deve uniformarsi al rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché della economicità nell’impiego delle risorse.

    L’art. 7 del Decreto Legislativo n. 502\1992, nella vigente formulazione, espressamente pone a carico del Servizio Sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano per specifiche condizioni cliniche o di rischio un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale collettivo, a fronte delle risorse impiegate.

    I principi sopra esposti consentono di apprestare un’adeguata tutela al fine di ottenere il rimborso dei farmaci essenziali alla tutela della salute del cittadino, intendendo quest’ultima nella sua accezione più ampia, comprensiva, pertanto, non solo della regressione della patologia, ma altresì nella sua non progressione e nel miglioramento della qualità di vita del paziente oncologico.

    La procedura per la rifusione dei costi della cura oggetto del protocollo MDB inizia con una bonaria richiesta di rimborso all’Asl di competenza, la quale talvolta decide in senso favorevole all’istanza.

    In difetto di spontanea adesione dell’Asl all’esigenza del paziente oncologico di essere sostenuto economicamente nella propria lotta per la vita, è possibile ricorrere al Tribunale del luogo di residenza con un procedimento d’urgenza, connotato da tempi brevi e forme semplificate, sì da apprestare quella tutela che i tempi di un giudizio ordinario, rischierebbero di pregiudicare.

    I costi della detta procedura in caso di esito vittorioso saranno poste a carico della ASL convenuta in giudizio.

    Ammonta ad oltre 2.000 il numero delle sentenze di condanna delle ASL al rimborso delle spese sostenute dai singoli cittadini per la cura del Dr. Di Bella (“Sentenze di vita” di Vincenzo Brancatisano, Travel Factory srl).

    Al fine di agevolare i pazienti oncologici nel percorso giudiziario volto al rimborso delle spese mediche previste dal protocollo del Metodo Di Bella, è stato costituito un pool di Avvocati, variamente dislocati nelle varie regioni di Italia, i quali nell’offrire le dette prestazioni professionali, s’impegnano:

    - a limitare il fondo spese necessario all’avvio del giudizio ad una somma strettamente necessaria, e comunque non superiore ad €500,00,

    - a quantificare le proprie spettanze discrezionalmente in caso di esito favorevole del procedimento, con condanna dell’Asl alla rifusione spese legali del ricorrente, e, per contro, nell’ipotesi di esito avverso del giudizio, ad impiegare i principi di cui all’istituto del Gratuito Patrocinio (minimi tariffari con riduzione del totale dovuto al 50%) e comunque non oltre €1.500,00.

    Segnaliamo inoltre l'esistenza dell'Istituto del Patrocinio a Spese dello Stato che consente ai titolari di un reddito annuo inferiore ai 10.600 € di essere assistiti in giudizio gratuitamente."

    Avv. Maria Rosa Quattrone

    (scusate l'uso di account diversi ma uso sempre quello che ho loggato al momento)


    [Modificato da Ruggero Mancini 01/12/2011 01:00]
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    Martino Delle Torri
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    00 04/12/2011 20:13
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    Martino Delle Torri
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    00 10/12/2011 00:41
    "Così sono guarita dal linfoma, senza subire trapianto"

    Vi raccontiamo la storia di Barbara, 39 anni, guarita da un linfoma di Hodgkin con la multiterapia Di Bella. Barbara a 30 anni ha affrontato 4 cicli di chemioterapia, ma dopo soli tre mesi si è ammalata di nuovo...

    di Gioia Locati - 09 dicembre 2011


    Barbara Bartorelli ha 39 anni e due figlie. E’ guarita da un linfoma di Hodgkin seguendo la multiterapia Di Bella. Non si nasconde dietro un nome di fantasia, vuole che la notizia della sua battaglia vinta arrivi a più gente possibile.


    Ha partecipato anche allo speciale tivù su Sky nel 2005, fra gli ospiti c’era Silvio Garattini.

    Barbara, quando si accorse del linfoma?


    “Avevo 29 anni, era appena nata la mia seconda figlia. Dopo il parto stavo malissimo: ebbi la febbre per 40 giorni. Ero al Sant’Orsola di Bologna, mi curarono con antibiotici e cortisone”.

    E poi?

    “La febbre non passò, avevo anche una brutta tosse. Il medico si insospettì, feci una lastra, gli esami del sangue, quindi la tac. Poi un intervento dolorosissimo: l’ asportazione del linfonodo sotto il collo…”

    La diagnosi?


    “Linfoma di Hodgkin, per fortuna, fra i linfomi, il meno aggressivo”.

    Cosa le dissero i medici?

    “Di fare 4 cicli di chemioterapia, accettai. Ma dopo soli tre mesi dall’ultimo ciclo ebbi una recidiva, ero disperata. In ematologia mi avevano spiegato che il protocollo sarebbe cambiato, che la cura che avevo fatto non era servita a nulla. Avrei dovuto togliere un altro linfonodo. E ricominciare…”

    L’ha tolto?

    “No, ero distrutta, non capivo, i medici cominciarono a parlare di un piano B.

    Mi dicevano che il linfoma avrebbe potuto trasformarsi in una leucemia e che avrei dovuto fare un autotrapianto di cellule staminali”.

    Perché non ha accettato?


    “Non mi fidavo più. Mi avrebbero abbassato completamente le difese immunitarie e riempito di antibiotici… Pensavo che sarei morta di questo, ero in preda al panico”.

    E poi cosa successe?

    “Piano piano cominciai a informarmi, volevo andare a fondo, capire cosa fosse andato storto. Un giorno piansi davanti a mia madre e le dissi ‘se ci fosse ancora Di Bella…’. Lei mi strinse forte, mi rassicurò. Disse che mi avrebbe accompagnata dal figlio del professore (non sapevo neanche che il figlio continuasse ad applicare il metodo del padre).

    Poi?

    “Portai la mia cartella a Di Bella, lo ascoltai. Era un martedì, il giovedì avevo già iniziato la cura. In ospedale mi diedero della cretina e della pazza, ma in senso affettuoso, si erano affezionati a me, si era creata confidenza…

    Che tipo di cura?

    “Alcuni farmaci sono uguali per tutti i tumori, la maggior parte no. Capii perché la chemioterapia non era stata efficace nel mio caso”.

    Per quanto tempo?

    “La tac che feci dopo i primi tre mesi dimostrò che ero guarita, non c’era traccia del linfoma. Ne feci un’altra dopo altri sei mesi, risultato identico”.

    Smise la terapia?

    “Sì, da allora solo controlli. Non avevo ancora 32 anni, oggi ne ho 39”.

    Quanto le è costata la cura Di Bella?

    “In otto mesi ho speso 15mila euro, quasi duemila euro al mese”.

    Rimborsi?

    “Ho fatto ricorso alla Asl di Bologna, l’azienda sanitaria impugnò la sentenza. Presentai altre carte, l’avvocato dimostrò che le cure oncologiche tradizionali erano state un fallimento (infatti mi avevano consigliato di fare un autotrapianto) a quel punto vinsi ma non sono riuscita a recuperare tutta la cifra…”

    Però ora sta bene.


    “Ringrazio Dio. E Di Bella”

    [Modificato da Martino Delle Torri 10/12/2011 00:42]
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    Madoc Comadrin
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    00 13/12/2011 00:45
    I concetti che stanno alla base del Metodo

    Intervista al Professor Giuseppe Di Bella from Antromedia on Vimeo.

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    Madoc Comadrin
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    00 15/12/2011 00:06
    "Ecco come sono sparite le mie 14 metastasi"
    Continuiamo l'antologia dei pazienti curati con la terapia Di Bella, vi raccontiamo la storia di Michela Rolfo, 45 anni, biologa. Un anno e mezzo fa, a 10 anni dal tumore al seno - curato con intervento, radioterapia e ormonoterapia - ha avuto una recidiva: 14 metastasi sparse in tutto il corpo...

    di Gioia Locati - 14 dicembre 2011


    Michela Rolfo, 45 anni, biologa. Ha lavorato dal 1990 al 2000 al laboratorio di biochimica dell’istituto dei tumori di Genova, reparto ematologia. Dal 2001 si è trasferita a Sanremo.

    È sposata e ha due figli in affido. Ha avuto un tumore al seno dodici anni fa, quando di anni ne aveva appena 33. Per questo non ha avuto figli suoi… Per dieci anni il cancro era sembrato sconfitto con la quadrantectomia (asportazione di parte della ghiandola mammaria) affrontata all’ospedale dove lavorava, l’Ist di Genova. Lì aveva fatto anche la radioterapia ed era stata seguita durante la terapia ormonale per quattro anni.

    Ma un anno e mezzo fa il mondo le si è rovesciato addosso con più violenza: “Avevo male alla schiena e non vedevo molto bene”, lo sconquasso è arrivato con la tac “total body”: metastasi ossee (sei sulle vertebre), cinque metastasi cerebrali, una in entrambi i polmoni, una massa al mediastino (è la cavità tra i polmoni e il cuore).Ecco le parole di Michela:

    "Avevo paura, sapevo bene cosa mi stava succedendo: non avrei avuto scampo, le donne con la malattia a questo stadio tirano a campare, ne avevo viste all’Ist…. Nessuno avrebbe potuto raccontarmi bugie”…

    Cosa ha fatto?
    “All’inizio mi sono chiusa in me stessa, sono diventata egoista… poi grazie a mio marito e ai ragazzi ho trovato la forza di reagire. Da quando ho lasciato il lavoro in laboratorio faccio l’informatore scientifico, sapevo che a Monza c’è un medico molto bravo, Giovanni Lucio Rocca, che è anche professore a Tor Vergata ed è stato allievo di Luigi Di Bella…”

    Continui…
    “E’ stato un incontro che mi ha cambiato la vita, ho cominciato la terapia Di Bella nel marzo 2010, in abbinamento facevo l’ipertermia che è una tecnica di riscaldamento del corpo con radiofrequenza che aumenta le difese del sistema immunitario (agisce come la febbre e ti rilassa come una sauna). A maggio 2011 la Pet rilevava che le metastasi nel corpo erano sparite, ne avevo ancora due cerebrali, se pur ridotte di dimensioni. Ma i miglioramenti li abbiamo visti subito dopo i primi 4 mesi di terapia…”

    Che farmaci ha preso e sta prendendo?
    “Somatostatina, inibitore della prolattina (bromocriptina), sciroppo ai retinoidi, più ciclofosfamide e idrossiurea (gli ultimi due si inseriscono anche nelle chemioterapie ufficiali ma con altri dosaggi, ndr)

    Ci può dire con che dosaggio ha assunto chemioterapici e se ha avuto effetti collaterali?
    “Ciclofosfamide 50 mg al mattino, idrossiurea 500 mg… poca nausea, non ho perso i capelli. I primi viaggi Sanremo-Monza li facevo sdraiata in macchina per il mal di schiena (dovuto alle metastasi), oggi quando rientro mi sento una leonessa. Devo ringraziare anche il professor Rocca, mi ha sempre spronata, mi invitava a fare ‘programmi di vita’, ‘vada in palestra’, ‘faccia un viaggio’ e cosi via…”

    Sta continuando la cura?
    “Sì. Ho fatto una risonanza magnetica alla testa, due settimane fa: ho metastasi cerebrali puntiformi, al momento in fase di regressione”.

    Si sente una miracolata?
    “Affatto. Mi sento forte, testarda, caparbia. Le dirò: sono diventata così grazie alla malattia, mi dico: sono andata avanti per la mia strada, sono stata capace di farlo, sono sicuramente ‘cresciuta’”.

    Ha rimpianti?

    “Uno sì. Dopo la diagnosi di tumore a 33 anni, il professore dell’Ist con il quale lavoravo e tutti i miei colleghi mi convinsero a fare il test genetico (fra le miei familiari ci sono stati casi di tumori alla mammella e alle ovaie). Lo mandammo a Seattle, l’indagine rivelò che avevo una mutazione al gene BRCA2 e che avrei rischiato anche un cancro alle ovaie… Avevo una paura matta e accettai di togliere le ovaie in via preventiva. Oggi, col senno di poi, non l’avrei fatto. Anche se ho due meravigliosi ragazzi che considero ‘veri figli’…

    Quanto le sono costate le cure?

    “Per la Di Bella spendo 900 euro al mese”.

    Farà ricorso?

    “Senz’altro, ha tutto in mano l’avvocato”.



    __________________________________________________________________



    La verità del Dott. Di Bella (video messo in evidenza sul Blog di Grillo, non ricordo quando)





    [Modificato da Madoc Comadrin 15/12/2011 00:07]
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    Martino Delle Torri
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    00 15/12/2011 19:00
    Un dottore illustra due casi di Linfomi maligni di tipo Non-Hodgkin curati da lui usando il Metodo Di Bella (CLICCARE QUI)

    Presenti foto documentarie della regressione della malattia.

    [Modificato da Martino Delle Torri 15/12/2011 19:01]
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    Martino Delle Torri
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    00 17/12/2011 13:13
    TESTIMONIANZA DI TERESA PERAGINE (CONTATTO FB http://www.facebook.com/profile.php?id=100001091919325&ref=ts) per Carcinoma mammario.

    in "MDB (Metodo Di Bella) DAL CANCRO SI PUO' GUARIRE!!!"

    Ciao a tutti , ho iniziato Il MDB a Febbraio 2011 per un k mammario sinistro scoperto a Dicembre 2010.

    La mia storia inizia verso Luglio quando un giorno noto una ghiandola ingrossata, alla quale non avevo dato peso poiché avevo notato che si gonfiava e sgonfiava con l’arrivo del ciclo mestruale. A Settembre decido di prenotare un ecografiasolo per stare più tranquilla, anche in regime di solvenza.

    I tempi sono lunghi mi fissano l’eco per metà Ottobre, poi slitta a fine Novembre. Alla prima ecografia si vede la famosa ghiandola e sino qui niente di allarmante, poi sotto la ghiandola un nodulo ben nascosto del diametro di 10,5X11,7!

    Capisco che c’è qualcosa che non va, il dottore mi sottopone subito a mammografia. Il mio seno sinistro è interessato, oltre che dal nodulo, anche da microcalcificazioni ,che non fanno presupporre a nulla di buono.

    Il 1 Dicembre mi fanno un agoaspirato, risultato positivo a CTM, mentre il giorno dopo mi sottopongono a risonanza magnetica per vedere se era vascolarizzato, ed ovviamente non lo era.

    Il mio seno sinistro presentava un nodulo di 1,4 cm estensione massima, un area focale di 2,5 cm e un nodulo retroareolare di 7 mm. Intervento chirurgico con asportazione seno sinistro, seguito da chemio e radio. Prenoto la visita per il 23 Dicembre presso uno dei migliori centri di Milano, o per lo meno questa è la sua fama, ma non appena vi ci metto piede, dico a mio marito: '' non mi piace questo luogo!’’ ...chiamatelo sesto senso .


    Mentre attendo il parere del "figlio" dell’oncologia italiana, compilo un modulo dove fra le tante cose mi chiedono se avessi problemi economici; rispondo negativamente, anche se non capivo a cosa si riferisse la domanda e la sua pertinenza. Il responso del consulto si rivela identico a quello avuto all’ospedale di Bari per quanto concerne l’intervento chirurgico. Ma dalla visita viene fuori un ingrossamento di due linfonodi sovraclaveari, per cui mi sottopongono a un agoaspirato ed ecografia al collo, ma non emerge niente di preoccupante eccetto un linfonodo di 1 cm con morfologia un po’ strana.


    Stesso giorno effettuano anche un agobiopsia al nodulo. Mi chiamano dopo una settimana per comunicarmi l’ora dell’appuntamento con l’oncologa e finalmente la incontro: anche lei a pelle non mi piaceva e non appena iniziò ad aprire bocca ne ebbi conferma.



    Ovviamente prima di recarmi dalla PIVELLINA mi ero ben documentata sulla tanto famosa chemio, chi non ha avuto un amico o un parente affetto dal male moderno? Con il suo bel fare mi espone la situazione ‘’ Signora abbiamo riscontrato delle cellule di provenienza mammaria nel suo linfonodo sovraclaveare non possiamo procedere all’intervento poiché dobbiamo prima arginare la malattia con dei cicli di chemio poi procedere a intervento chirurgico e successivamente a radio terapia ‘’ Le dico chiaramente che la chemio io non la faccio, lei con quell’aria di onnipotenza mi risponde:‘’ tutti così dicono ‘’; ma purtroppo aveva fatto i conti senza l’oste.



    La sua priorità era inserirmi in un piano di studio di donne della mia età, tipologia di K, e altre caratteristiche comuni. La Pet, evidenzia una neoplasia alla mammella sinistra con interessamento linfonodale sovra-sottoclaveare,pettorale, con tenue captazione nel terzo segmento laterocervicale( entro i limiti della diagnostica). Dopo aver ascoltato le sue c.......e, la freddezza e la mancanza di tatto di cui era immensamente dotata (non sono da meno quando si tratta di difendermi ) la mandai velocemente ma con educazione a quel paese.



    NON HO MAI CAPITO PERCHE MI INSEGUISSE CON LE TELEFONATE,INSISTENDO SUI PROTOCOLLI DA UTLIZZARE, SPEGANDOMI SE FOSSE CHIARA LA MIA SITUAZIONE….. e se lei fosse stata abbastanza chiara, le dissi ''chiarissima''.



    Cambio centro mi reco a un terzo consulto ( PRECISO CHE AVEVO GiA’ PRESO APPUNTAMENTO CON IL PROF. GIUSEPPE DIBELLA PER IL 15 FEBBRAIO 2011) stessa cosa: chemio,intervento e radio .



    Il primario della senologia mi visita e controlla più volte gli esami fatti nel centro di fama europea e con fare garbato e gentile afferma ‘’ non smetto mai di imparare e meravigliarmi ‘’: mi fa notare i farmaci alla quale mi volevano sottoporre per il loro studio, farmaci di seconda scelta cosi li chiamò se non ricordo male, ‘’ Non vanno bene per la sua età ‘’ afferma.



    Mi richiedono una TAC per avere una situazione chiara dei miei linfonodi,accetto e.. conclusione medica? I MIE LINFONODI NON AVEVANO NULLA DI STRANO, eccetto un linfonodo laterocervicale di 1 cm e uno di 2 cm sotto l’ascella ma avente forma normale, dal radiologo evidenziato con niente di patogeno.



    Una cosa accomunava le due oncologhe: si guardarono bene dal dire gli effetti collaterali della chemio! Ricordo che posi mille domande, alla fine risposi ‘’ io non faccio chemio,se non mi uccide una cosa mi uccide l’altra!".

    "Lei non ha il raffreddore" mi sento dire, "e la chemio non è aspirina!" controbatto io; "Certo mi risponde la dottoressa".



    Rifiuto la chemio e mi propongono in primis l’intervento: ma come non era necessario arginare il male??? L’oncologa mi dice ‘’ SIGNORA MOLTE PERSONE STANNO BENE DA DIVERSI ANNI CON IL SOLO INTERVENTO, MA IO LE PROPORRO NUOVAMENTE LA CHEMIO’’



    Inizio la terapia del prof Dibella il 22 febbraio 2011, sono già quattro mesi che la seguo con i suoi effetti collaterali sopportabilissimi,a distanza di due mesi dalla terapia il mio nodulo di 10,8x11,7 è passato a 6,6x6,8, mentre quello retroareolare di 5mm non compare piu eco graficamente, esami ematocrici e markers nella norma, solo un lieve calo dei globuli rossi e un aumento di zuccheri.



    Ecografia al collo ed ascelle: linfonodo ascellare sx passato da 2 cm iniziali a 1,7 cm. Ecografia 8 giugno 2011: addome superiore tutto ok; controllo seno sinistro: il nodulo non si riesce nemmeno a vedere a livello ecografico!



    Il dottore lo cerca con la mano, riesce a trovarlo, punta la sonda direttamente in quell' area, l’immagine è cosi chiara che non si vede, mi fa notare la consistenza del nodulo e la differenza di immagine rispetto alle volte precedenti, effettua l’ecografia da diverse angolazioni ‘" è questo non ho dubbi, ricordo bene il suo caso’’ afferma.



    Nodulo passato da 6,6x6,8 a 6 x 3,8, del nodulo di 5 mm non c’è ombra, LINFONODO ASCELLARE DIAMETRO MASSIMO 1 CM( era di 2 cm inizialmente) LINFONODO AL COLLO DI 1 CM SCOMPARSO, i miei linfonodi non sono ingrossati. Globuli biachi passati da 5000 a 8400 ( difese immunitarie).

    IO STO BENISSIMO, MORALMENTE E FISICAMENTE!

    Vado persino in palestra...



    Pet fine giugno è stata negativa.....k in fase di remissione. Il 10 agosto eco mammaria, ulteriore riduzione del nodulo. Il 23 settembre consulto con dottor Giuseppe Di Bella a Bologna '' per qualche altro mese ha deciso di lasciare la terapia inalterata, poi si procederà a ridurre i farmaci ecc....''

    Ovviamente vi terrò aggiornati passo per passo.

    [Modificato da Martino Delle Torri 17/12/2011 13:18]
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    Martino Delle Torri
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    00 17/12/2011 13:17
    TESTIMONIANZA CARCINOMA DUTTALE DI TIPO INFILTRANTE E ORMONODIPENDENTE TRATTATO CON MDB

    in "MDB (Metodo Di Bella) DAL CANCRO SI PUO' GUARIRE!!!"

    DI WILFRIDA ROSE ( Contatto FB: www.facebook.com/profile.php?id=100003238747633)


    Tutto è iniziato nel gennaio 2009 a seguito di uno dei consueti screening mammografici a cui mi sottoponevo regolarmente.

    Non avrei mai sospettato che in febbraio mi richiamassero per aver trovato ben 3 noduli sospetti di cui 2 a destra ed 1 a sinistra.

    Durante la visita mi dicono di farmi una risonanaza magnetica che conferma il sospetto. Seguono una nodulectomia e 2 agobiopsie.

    Esito: carcinoma duttale di tipo infiltrante e ormonodipendente.

    Mi sentivo confusa, smarrita e fortemente depressa.

    Consulto un oncologo e ben 2 chirughi che mi prospettano tutti la medesima cosa:mastectomia bilaterale più 8 cicli di chemioterapia.

    Non me la sento di affrontare un percorso così devastante.Non ho fiducia nelle cure tradizionali. Alcuni miei parenti compresi i miei genitori lo hanno fatto e sono morti in preda a dolori lancinanti.Che fare?

    A questo punto mi torna in mente il professor Luigi di Bella e decido di contattare via mail il figlio per fissare una visita presso il suo studio a Bologna.

    Così iniziò la mia "grande avventura" sostenuta solo dalla mia famiglia ed oltraggiata da tutti i miei parenti che facevano di tutto pur di convincermi che stavo sbagliando e che così avrei finito prematuramente i miei giorni.

    I mesi passavano e la consolazione stava nel leggere e rileggere le testimonianze di coloro che grazie a Di Bella ce l'avevano fatta, che avevano vinto la loro battaglia.

    Finalmente già dopo soli 6 mesi le indagini strumentali confermano la regressione del tumore: a sx non vi erano più tracce e a dx era diventato quasi della metà.

    Alla notizia mi son riaffiorate le speranze nonostante il continuo senso di colpa per le ingenti spese economiche che continuavamo a gravare per causa mia sulla mia famiglia.

    A novembre rifeci una ecografia con esito strabiliante: del tumore rimaneva soltanto una traccia piccolissima.

    Seguirono altre indagini e tutte hanno confermato l'esito positivo della cura.

    A quasi 3 anni mi rimangono soltanto delle microcalcificazioni nel seno destro che il dott. Di Bella definisce non gravi, soltanto ciò che rimane della mia malattia verso la completa guarigione.

    Per del tempo ho dovuto sospendere la cura,ma grazie al vostro aiuto sono felice di poterla portare avanti in modo tale che del mio male non resti più nessuna traccia.

    E' una fortuna avervi conosciuto. Non finirò mai di ringraziarvi per tutto il bene che mi state facendo. In voi ho trovato quasi una seconda famiglia. Delle persone che come me hanno compreso il grande valore delle scoperte del professor Luigi Di Bella e che hanno superato mille ostacoli pur di curarsi in base alla sua terapia.

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    Martino Delle Torri
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    00 19/12/2011 23:10
    Tumore al fegato trattato con MDB


    Di Pierpaolo Molinaro (http://www.facebook.com/molinarodibiandrate)

    ECCO COME RICHIESTO L'ESPERIENZA DI MIO PADRE.
    1997 anno in cui e' scoppiato il mega caso Di Bella, a mio papa' vengono diagnosticate 3 masse tumorali al fegato. Viene ricoverato e tentano di bombardargli il fegato con chemio tramite un sondino, ma non riescono a causa di una "strozzatura" che impedisce di arrivare al fegato (mi scuso per i termini usati ma non sono medico). Lo dimettono dopo una ventina di giorni, che pesava sui 45 Kg ( mio papa' era alto 175 e sempre avuto un fisico invidiabile), dicendomi che se era fortunato gli

    rimanevano 15 -20 gg di vita. Chiedo, visto che era il periodo che si discuteva della terapia Di Bella cosa ne pensano i medici a riguardo (Ospedale Gradenigo di Torino) come risposta ho avuto al seguente: "Terapia Di Bella? E' solo acqua fresca" .Lo portiamo a casa debilitatissimo, non mangia piu', max qualche omogeinizzato e 2 di numero tortellini! Passava le giornate a letto persche' spossato. Mi reco all'ospedale Molinette di Torino per un consulto con il Prof. Salizzoni "luminare" per i trapianti di fegato, faccio vedere le tac, la cartella clinica ecc... propongo anche di effettuare un trapianto essendo io donatore compatibile con mio papa', ma come risposto ho avuto...Non rovino un fegato sano per un intervento di cui non so la riuscita, e poi tuo papa' ha gia 65 anni!! Gli rispondo...perche' uno a 65 anni non ha piu' diritto di vivere?? Chiedo cosa pensa del MDB, stessa risposta...acqua fresca!! Ma non voglio arrendermi...comincia ad informami su internet e trovo un medico di Lariano (RM) ( Dott. Lerone) che crede in questa terapia. Lo contatto e prendo un appuntamento e vado giu' portando con la documentazione, mio papa' era intrasportabile! Trovo ad accogliermi un medico fantastico, sia sul piano morale che medico, mi spiega come agisce un tumore e come si comporta la terapia Di Bella, con parole semplici, ma che mi facevano capire molto bene come agiva la cura. Purtroppo in quel periodo ero ostacolato da tutti i medici che non volevano prescrivermi i farmaci, l'infusore era impossibile trovarlo se non pagandolo cifre astronomiche!! Il prezzo della somatostatina ricordo che era di 600 mila lire per 3 fiale, il complesso galenico ai retinoidi 100 mila lire...c'era una mega speculazione. Nonostane tutto questo non mollo.. insisto e cominciamo la terapia... Dopo il secondo giorno vedo mio papa' riprendersi, inizia l'appetito, migliora come umore, tante' che vuole alzarsi dal letto e ci riesce bene...Ricordo che era entusiasta, positivo e forse anche questo lo incentivava a continuare. Dopo 2 mesi mio papa' riprendeva a guidare l'auto a fare una vita normale, seppur continuava la cura. Alle TAC effettuate successivamente le mass tumorali regredivano lasciando tutti i medici basiti, e nonostante gli evidenti miglioramenti continuavano a snobbare e boicottare la cura Di Bella. Mio papa' stava sempre meglio tante che conduceva una vita normalissima.. usciva in auto andava al mare in montagna , stava con gli amici...praticamente era GUARITO! I medici che lo vedevano a distanza di mesi che andava ai controlli da solo..rimanevano stupiti, alcuni medici cretini gli hanno anche detto...ma lei e' ancora vivo? E mio papa' che era anche ironico gli rispondeva...se continua cosi' mi sa che vengo io al suo funerale!!! Risultato e' vissuto altri 10 ANNI benissimo, guarito...vita normalissima. Purtroppo e' mancato 4 anni fa...per altri fattori...lo curavano per il Diabete che non ha mai avuto!!! Pazzesco!!
    Posso ringraziare pertanto il Dott. Di Bella che ha passato la vita a studiare questa cura e il Dott. Lerone che mi ha seguito con attenzione e professionalita'!!
    CREDETECI IN QUESTA CURA..... MI SCUSO SE SONO STATO PROLISSO... MA QUANDO PARLO DELLA GUARIGIONE DI MIO PAPA' MI CARICO DI ADRENALINA!!!
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    Martino Delle Torri
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    00 21/12/2011 00:51
    Quo usque tandem abuteris… patientia nostra

    Giuseppe Di Bella - 17 Giugno 2011

    Hanno fatto ogni tentativo iniziando dalla pseudosperimentazione del 1998, per relegare il MDB tra le terapie alternative. La progressiva conferma del Metodo Di Bella nella letteratura scientifica e in congressi mondiali sta inasprendo la censura, disinformazione e diffamazione del MDB in Italia. Appena tornato a Bologna ho cercato, attraverso i miei pochi canali informativi, di portare all’attenzione della stampa nazionale il risultato ottenuto. Ho dovuto constatare però un’immediato e inaspettato blocco, attuato sicuramente attraverso intimidazioni o censure, nei confronti di quei pochi giornalisti che erano ancora disponibili a concedermi qualche spazio all’interno delle loro testate. Il messaggio ora è chiaro. Hanno ricevuto una generalizzata e convincente consegna del silenzio. Non è più il caso quindi di parlare di Metodo Di Bella, almeno in Italia. Il vero pericolo per i santoni della medicina, gli artisti del falso, i circoli di potere che gestiscono la medicina e la più ricca di tutte le malattie, il cancro, non è costituito da terapie alternative, ma dall’unica cura razionalmente scientifica e clinicamente efficace documentata nelle banche dati mondiali, e in grado di affrontare il pubblico dibattito in vaste e prestigiose assemblee scientifiche internazionali. Non preoccupano, se non marginalmente, bicarbonato, tossina difterica, veleno di scorpione, pseudovitamina B 17, polvere di diamante, aloe, decotti miracolosi, pozioni magiche, cristalloterapia, tisane, elisir, elucubrazioni hammeriane, pozioni tibetane, sovradosaggi di Vitamina C, clisteri fantozziani, ascorbato di potassio. Queste scelte infastidiscono perchè ogni paziente sottratto a terapie ufficiali comporta perdita di fatturato.


    Se la comunità scientifica internazionale avesse ritenuta valida la pseudosperimentazione ministeriale del MDB del 1998, nel 2010 non sarei stato invitato al 3° Congresso Mondiale di Oncologia di Singapore, né nel 2011 al 4°, a Dalian (Cina). Né diverse riviste internazioni accreditate sulla massima banca dati scientifica www.pubmed.gov avrebbero pubblicato centinaia di casi neoplastici che con MDB hanno ottenuto risposte ampiamente superiori ai migliori risultati ufficiali dell’oncologia.

    Sono stato invitato dagli organizzatori del BIT'’s 4th World Cancer Congress 2011 a presiedere una sezione del 4° Congresso Mondiale di Oncologia, tenutosi dal 22 al 25 maggio al World EXPO Center di Dalian, Cina. Digitando www.bitlifesciences.com/cancer2011/ si accede al programma e a tutti i dati scientifici del congresso. Il comitato scientifico che ha selezionato le relazioni (Referies) e i relatori che hanno dato avvio al congresso (Keynote, Renowned Speakers), provengono da alcuni dei più prestigiosi centri di ricerca, università, cliniche internazionali. Sono state presentate e pubblicate agli atti centinaia di relazioni sullo stato dell’arte nella ricerca e terapia delle patologie neoplastiche. In estrema sintesi, da una revisione degli abstract e dalle discussioni e dibattiti seguiti alla presentazione delle comunicazioni si può concludere:

    1) Ad oggi la chemioterapia non è in grado di guarire alcun tumore solido

    2) I costosissimi farmaci biologici intelligenti, gli anticorpi monoclonali, non solo non guariscono alcun tumore, ma incrementano le mediane di sopravvivenza di alcuni mesi, non di anni. Non fanno eccezione i numerosi anticorpi monoclonali, vaccini, e nuove molecole presentate al congresso. Si tratta invariabilmente o di farmaci sperimentali in corso di studio su colture di cellule tumorali, oppure su animali. Il meccanismo d’azione, razionale ed effetti antitumorali, riproducono esattamente quelli già in uso, senza alcun significativo progresso. Non sono state presentate nuove molecole di pronto impiego ma solo diverse combinazioni di chemioterapici, oppure di anticorpi monoclonali variamente associati a chemioterapici, o l’uso contemporaneo di due diversi anticorpi monoclonali, senza alcun reale e significativo incremento delle mediane di sopravvivenza né della qualità di vita, né della tollerabilità.

    I temi congressuali sono stati suddivisi in 9 sessioni. Ho presieduto la Trak 5-4 del congresso, in cui sono state presentate 3 relazioni sull’applicazione del metodo Di Bella nei tumori della mammella, polmone e leucemie linfatiche:

    Track 5-4: Clinical Update on Combination Cancer Therapy (terapie antitumorali innovative e integrateTime: 15:25-17:05, May 25, 2011, Wednesday; Place: Meeting Room 11, 2nd Floor, DWEC Chair Dr. Giuseppe Di Bella, (Di Bella Foundation, Italy)

    15:50-16:15 Dr. Giuseppe Di Bella, Title: The Di Bella Method (DBM) Improves Survival, Objective Response and Performance Status in Breast Cancer (Il Metodo Di Bella consente un incremento della sopravvivenza, l’eliminazione del tumore, un miglioramento della qualità di vita)

    16:15-16:40 Dr. Mauro Todisco, Title: Chronic Lymphocytic Leukemia: Long-Lasting Remission with Di Bella Multitherapy (Il MDB ottiene remissioni a lungo termine, oltre 10 anni, praticamente la guarigione, di leucemie linfatiche croniche).

    16:40-17:05 Dr. Achille Norsa, Title: Somatostatin, Retinoids, Melatonin, Vitamin D, Bromocriptine, and Cyclophosphamide in Chemotherapy-naïve or Chemotherapy-Pretreated Patients with Advanced Non–Small-Cell Lung Cancer (Somatostatina, Melatonina, Vitamina D, Bromocriptina, Ciclofosfamide, il MDB, in tumori polmonari chemiotrattati o non chemiotrattati, incrementa la sopravvivenza dal 200% al 300% rispetto ai dati ufficiali delle mediane di sopravvivenza relative allo stesso stadio del tumore polmonare).

    Relazione e riflessioni maturate durante il Congresso:

    Ho voluto presentare personalmente i risultati ottenuti dallo studio osservazionale retrospettivo riguardante 122 casi di carcinoma mammario, 92 dei quali riguardanti pazienti giunti in cura allo studio medico della Fondazione, di cui abbiamo valutato caratteristiche istologiche, immunoistochimiche, grado nucleare, differenziazione, esami ematochimici, efficacia terapeutica (valutando Remissione/Stabilità/Progressione) performance status, e sopravvivenza a 5 anni rapportata alla stadiazione - secondo l’American Joint Committee on Cancer Staging 7 th. Sono state valutate anche 30 cartelle cliniche di ammalati che hanno ottenuto da tribunali l’erogazione gratuita del MDB per perizie giurate di CTU che avevano certificato risultati superiori, con MDB, rispetto alle terapie tradizionali, nelle stesse patologie e stadi.

    I nostri dati rappresentano significativi miglioramenti sia della sopravvivenza per ogni stadio, sia della risposta obiettiva e della qualità di vita, rispetto ai parametri riscontrabili in letteratura per gli stessi stadi, istotipi e gradi, trattati con chemio-radioterapia-anticorpi monoclonali.

    I risultati sono sintetizzati nella schede pubblicate sul sito della Fondazione :

    Presentazione al "BIT’s 4th World Cancer Congress 2011, World EXPO Center, Dalian (Cina).

    Un dato significativo: la 5 years Survival Rate (sopravvivenza osservata a 5 anni dalla diagnosi) per tumori al IV stadio (metastatici), risulta del 50% con MDB rispetto al 14,8% diffuso dal National Cancer Institute attraverso il progetto SEER relativo al periodo 1988-2001.

    Grafico comparativo della sopravvivenza a 5 anni del National Cancer Institute (SN) e del MDB




    Particolarmente rilevante il dato nei casi clinici (9) allo Stadio I e II (stadio iniziale) che in precedenza non avevano subito alcun trattamento, né terapeutico, né chirurgico, unicamente trattati con MDB (terapia di prima linea): il 100 % ha registrato una risposta positiva (remissione). Nella letteratura scientifica non esistono casi di tumori solidi risolti unicamente con terapie mediche:








    Oltre all’importanza del risultato in sé, unico nel suo genere, un’ulteriore valenza potrebbe essere acquisita dalla considerazione che tale trattamento, se adottato come terapia di prima linea nella prassi clinica, consentirebbe praticamente di azzerare i rischi di disseminazione neoplastica, potenzialmente insiti nella pratica chirurgica, ed evitare infine alle pazienti un intervento di asportazione che viene vissuto, nella stragrande maggioranza dei casi, come una vera e propria amputazione.

    Analogamente, il gruppo di pazienti (39) allo stadio iniziale che ha utilizzato il MDB come terapia adiuvante (quindi dopo l’intervento operatorio, e a scopo preventivo di recidive) ha registrato il 94% di remissioni (38 casi su 39). L’unico caso di progressione si è verificato in una paziente che, dopo due anni di cura, ha interrotto bruscamente, e di propria iniziativa, il trattamento terapeutico, vanificando i risultati fino a quel momento ottenuti ed esponendosi così alla ripresa della malattia.

    I dati ottenuti rivelano risultati indiscutibilmente positivi e statisticamente superiori alle medie documentate dai diversi archivi statistici nazionali e sovranazionali.








    Anche considerando il fatto che gli indicatori e gli indici statistici, in quanto tali, sono affetti da una loro variabilità ed imprecisione (tanto più quanto ristretto risulta il numero delle singole rilevazioni su cui sono basati), risultano comunque rilevanti gli scostamenti rispetto alle diverse medie statistiche ufficiali per tutti i parametri analizzati e, in maniera ancora più evidente e rilevante, per i risultati terapeutici ottenuti. Alla presentazione dei nostri risultati clinici abbiamo osservato oltre ad un attento interesse, una evidente sorpresa e un manifesto sconcerto per dati ottenuti completamente al di fuori dei paradigmi dominanti della ricerca e della clinica. Un’occasione di reciproci scambi positivi, anche extracongressuali, e della quale posso ritenermi personalmente soddisfatto, se non altro per la curiosità scientifica che le nostre relazioni hanno destato e la disponibilità ottenuta ad allacciare ulteriori rapporti collaborativi.



    SST=Somatostatina. Paziente che ha rifiutato l’intervento, chemio e radio per il MDB. Alla risonanza magnetica nucleare CAD Strem (ultima generazione) riduzione in 7 mesi del 90% di un voluminoso carcinoma invasivo della mammella di oltre 6 cm. e macroscopico decremento dell’angiogenesi tumorale.



    Nei carcinomi metastatici della mammella i trattati di oncologia escludono la possibilità di guarigione e definiscono palliative le cure. In questo caso plurimetastatico presentato al congresso, come documenta la CT-PET ( TAC+PET) si è ottenuta un’evidente eliminazioni della disseminazione metastatica in 6 mesi.

    Spero che il nostro impegno contribuisca a risvegliare la coscienza di questa umanità addormentata dall’ipnosi indotta dai perversi meccanismi commerciali. In conclusione l’oncologia è in fase di stallo, è all’affannosa quanto vana ma lucrosissima ricerca di interventi mirati su singoli e marginali meccanismi di genetica cellulare, e quindi estremamente limitati. Non sono ricercati e valorizzati i concetti basilari, generali, i denominatori comuni della biologia neoplastica, gli interruttori generali da spegnere, e quindi le modalità terapeutiche da contrapporvi, che stanno alla base della genesi (mutazioni) e dello sviluppo successivo (proliferazione) delle popolazioni neoplastiche. La frattura tra medicina clinico-scientifica e quella speculativo-commerciale è la causa di questo ovvio fallimento, in quanto tutta la ricerca è pianificata e finanziata dalle multinazionali farmaceutiche al solo scopo di sviluppare brevetti. Da decenni ormai vengono presentati solamente lavori scientifici su nuovi farmaci (pochi) o diverse loro associazioni nei trattamenti, che suggeriscono potenziali miglioramenti terapeutici che si traducono sostanzialmente in un prolungamento della sopravvivenza solo di qualche mese.

    E’ ormai evidente la frustrazione, la sfiducia, e come nell’inconscio collettivo del clinico, o del ricercatore, sia stata ormai abbandonata l’idea della guarigione. Si stanno disperdendo su spazi immensi come è emerso dalle desolate conclusioni della ricerca delle mutazioni delle sequenze delle basi azotate del DNA in cellule del tumore della mammella attuato dalla Washington University in uno studio multicentrico. Il titolo dell’articolo è significativo: Scoperta shock: in 50 DNA del seno 1.700 storie diverse. Hanno mappato il DNA in 50 donne con carcinoma al seno e hanno scoperto ben 1.700 mutazioni di cui quelle ricorrenti sono solo 5. I dati sono stati comunicati a Orlando, in Florida, al 120° meeting annuale dell’American Association for Cancer Research (Aacr).

    Teoricamente, secondo la mentalità corrente, dovrebbero sviluppare 1.700 utopistiche costosissime contromisure terapeutiche specifiche. Anche per i non addetti ai lavori è chiaro che hanno sbagliato strada. Gli interruttori generali da spegnere nelle cellule tumorali sono i due ormoni della crescita interattivi e coespressi, il GH e la Prolattina, unitamente al meccanismo delle mutazioni. Abbiamo fatto emergere al Congresso l’assoluta rilevanza clinica e scientifica, il dato totalmente innovativo in oncologia, dei primi casi di tumori solidi scientificamente documentati di guarigione completa e stabile ottenuta unicamente con il metodo Di Bella, senza alcun intervento chirurgico, chemioterapia o radioterapia.

    Può essere significativa e chiarificatrice a proposito questa notizia pubblicata da Uniti contro la multinazionale del cancro il 1 giugno 2011 alle ore 15.53:

    Oncologo americano rifiuta la chemioterapia per la moglie; non la sottopone a nessuna chemioterapia o radioterapia, ma si affida alla somatostatina (quella di Luigi Di Bella). E la moglie guarisce! ... www.facebook.com/notes/uniti.../205829269454455. Sidney Winawer è un oncologo direttore del Laboratorio di Ricerca per il Cancro al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di NewYork, uno dei centri più importanti del mondo. Per decenni ha praticato la chemioterapia a tutti i pazienti… ben consapevole dei danni catastrofici e dell’inutilità assoluta di quel tipo di cura (come ammetterà più tardi nel suo libro Dolce è la tua voce, Positive Press). I gravi e noti limiti delle attuali terapie mediche oncologiche, la pesante tossicità, anche mortale, gli effetti collaterali non di rado irreversibili, stanno inducendo la fuga di un numero crescente di ammalati (oltre un terzo) dalle cure istituzionali di provata efficacia alla ricerca di soluzioni alternative.

    Se anche l’efficacia di questi trattamenti può essere discutibile, almeno non uccidono l’ammalato prima di quanto non faccia il tumore, e generalmente sono tollerati. A volte possono dare qualche transitorio beneficio, sicuramente un effetto placebo, comunque non peggiorano la patologia e certamente hanno l’indiscutibile merito di sottrarre i malcapitati ad inutili e drammatiche sofferenze. Le rarissime pubblicazioni di terapie alternative non trattano mai statistiche omogenee di singole neoplasie ma sporadici casi isolati; manca pertanto il fondamentale dato delle mediane di sopravvivenza, del calcolo statistico, della qualità di vita, dell’intervallo libero da malattia, della standardizzazione della diagnostica ematochimica e strumentale, pertanto del confronto con le statistiche ufficiali per ogni patologia, grado istologico, nucleare, stadio.

    Pubblicando con colleghi che prescrivono il MDB circa seicento casi di ammalati trattati con MDB su riviste internazionali recensite da www.pubmed.gov, e comunicandoli a congressi internazionali, ho risposto a questa legittima richiesta della comunità scientifica adeguandomi ai parametri di verifica e valutazione richiesti dalla medicina scientifica (le cure alternative sono sottoposte ad appositi e differenti criteri di valutazione più empirici e sommari). Nessuno può pretendere di essere creduto per fede. Queste modalità di certificazione e documentazione scientifica universalmente accettare e sottoscritte sono in gran parte ignorate e vanificate dalle scelte terapeutiche imposte dalla burocrazia sanitaria e ufficializzate dalle varie commissioni ministeriali.

    Hanno fatto ogni tentativo iniziando dalla pseudosperimentazione del 1998, per relegare il MDB tra le terapie alternative. La progressiva conferma del Metodo Di Bella nella letteratura scientifica e in congressi mondiali sta inasprendo la censura, disinformazione e diffamazione del MDB in Italia. Appena tornato a Bologna ho cercato, attraverso i miei pochi canali informativi, di portare all’attenzione della stampa nazionale il risultato ottenuto. Ho dovuto constatare però un’immediato e inaspettato blocco, attuato sicuramente attraverso intimidazioni o censure, nei confronti di quei pochi giornalisti che erano ancora disponibili a concedermi qualche spazio all’interno delle loro testate. Il messaggio ora è chiaro. Hanno ricevuto una generalizzata e convincente consegna del silenzio. Non è più il caso quindi di parlare di Metodo Di Bella, almeno in Italia. Il vero pericolo per i santoni della medicina, gli artisti del falso, i circoli di potere che gestiscono la medicina e la più ricca di tutte le malattie, il cancro, non è costituito da terapie alternative, ma dall’unica cura razionalmente scientifica e clinicamente efficace documentata nelle banche dati mondiali, e in grado di affrontare il pubblico dibattito in vaste e prestigiose assemblee scientifiche internazionali. Non preoccupano, se non marginalmente, bicarbonato, tossina difterica, veleno di scorpione, pseudovitamina B 17, polvere di diamante, aloe, decotti miracolosi, pozioni magiche, cristalloterapia, tisane, elisir, elucubrazioni hammeriane, pozioni tibetane, sovradosaggi di vitamina C, clisteri fantozziani, ascorbato di potassio. Queste scelte infastidiscono perchè ogni paziente sottratto a terapie ufficiali comporta perdita di fatturato.

    Questi prodotti alternativi generalmente non creano danni, a volte come l’ascorbato di potassio, esistono solo sulla carta, sono farmaci teorici, in quanto appena l’ascorbato di potassio è ingerito, a contatto dei succhi digestivi, si scinde immediatamente in ac Ascorbico (vitamina C) da una parte e Potassio dall’altra. Non esiste pertanto l’azione della molecola ascorbato di potassio come tale.

    Relativamente a sovradosaggi progressivi e ciclici di vitamina C in vena come monoterapia antitumorale, non sono documentati rilevanti danni o particolari tossicità. Da oltre 40 anni il professor Di Bella aveva inserito la vitamina C nella sua multiterapia essendo uno degli obiettivi del MDB il recupero di ottimali condizioni fisiologiche. Le modalità e la posologia sono però molto diverse. Nel MDB, come pubblicato nella mia monografia Il Metodo Di Bella, Mattioli Editore, 3° edizione, 2005, nel volume Come prevenire I tumori, Marconi Editore, 2002, e nella pubblicazione The Di Bella Method (DBM). Neuro Endocrinol Lett. 2010;31 Supplemento 1:1-42, la vitamina C è un componente necessario, ma ben lontano da essere sufficiente in oncoterapia.

    Sintetizzo alcune funzioni antitumorali e meccanismi d’azione della vitamina C riportate nelle suddette pubblicazioni:

    - L’acido ascorbico è uno dei più importanti agenti riducenti presenti nei tessuti viventi, è un forte agente anti-ossidante, che reagisce direttamente con atomi di ossigeno singoli, idrossidi e radicali superossidi (Sauberlich 1994).

    - I linfociti umani normali hanno la capacità di concentrare intracellularmente la vitamina C, che aiuta a proteggere tali cellule dai danni ossidativi (Levine e altri, 1996; Ozturk e altri, 2001).

    - Previene i danni cellulari indotti da prodotti ossidativi, inclusi i radicali liberi (Padh, 1991).

    - È documentata una relazione inversa statisticamente significativa tra la quantità di vitamina C, caroteni, verdure ed agrumi consumati e l’incidenza di linfoma non-Hodgkin (Ward e altri, 1994).

    - Può avere un ruolo preventivo e terapeutico nel cancro (Bendich and Langseth, 1995).

    - Inibisce gli effetti carcinogenici prodotti da sostanze mutagene (Aidoo e altri, 1994; Lee e altri, 2002).

    - Preserva l’integrità del tessuto connettivo in funzione antiblastica (Bendich and Langseth, 1995).

    - Esercita attività angiostatica sulla proliferazione delle cellule endoteliali (Ashino e altri, 2003).

    - Cellule-T di linfoma NH sono sensibili alla vitamina C. Concentrazioni minori di 50 micromol/l uccidono le cellule nel giro di poche ore (Helgestad et altri, 1990).

    - Linee cellulari di tumori linfoblastici sono inibite dalla vitamina C (Kao e altri, 1993).

    - Esercita attività antineoplastica con diversi meccanismi d’azione (Cameron e altri, 1979; Head, 1998).

    - Esercita attività antimetastatica mediante la sintesi di collagene (Pinnel e altri, 1987; Peterkofsky, 1991).

    - Esercita attività antimetastatica attraverso l’inibizione della ialuronidasi (Cameron e altri, 1973).

    - Esercita attività antimetastatica diminuendo la permeabilità di cellule endoteliali alle popolazioni cellulari neoplastiche (Utoguchi e altri, 1995)

    - Migliora il performance status nei pazienti neoplastici (Head, 1998).

    - Incrementa la sopravvivenza dei pazienti neoplastici terminali (Cameron e altri, 1974; Cameron e altri, 1976; Cameron e altri, 1978; Cameron, 1991).

    - Potenzia l’efficacia di farmaci antineoplastici in cellule di linfoma (Michel e altri, 2003; Nagy e altri, 2003; Lee e altri, 1994; Prasad e altri, 1994; Kurbacher e altri, 1996; Nagy e altri, 2003; Prasad e altri, 1992; Sarna e altri,1993).

    - Riduce la tossicità di agenti chemioterapici come l’adriamicina (Fujita e altri, 1982; Shimpo e altri, 1991).

    Questi e tanti altri meccanismi d’azione antiblastici della vitamina C sono sinergizzate dagli altri componenti del MDB, che prevede la somministrazione di 2 cucchiaini al giorno, superando generalmente i 4 grammi/die (il dosaggio varia con le dimensioni e il grado di riempimento del cucchiaino) modeste variazioni, per la tollerabilità del prodotto non incidono. Ciò in funzione terapeutica e preventiva non solo antiblastica ma anche immunomodulante, vasoprotettiva, e antigenerativa di tutta la matrice extracellulare e di funzioni vitali. Ovviamente non si possono effettuare giornalmente e per tempi lunghi endovenose con megadosi di vitamina C. Nel MDB la sostanziale differenza con la infusione ciclica in vena sta nella somministrazione giornaliera e costante, in quanto la cellula neoplastica non concede tregua, nè periodi di sosta; pertanto la somministrazione di tutti i farmaci che concorrono all’azione antitumorale deve essere costante. Il MDB è terapia scientifica, non alternativa nell’accezione comune del termine.

    Nessuna terapia alternativa è stata ed è osteggiata, odiata, diffamata e censurata come il MDB, che ebbe l’onore di decreti legge ad personam per vietare l’uso di componenti essenziali, si attirò gli anatemi e comunicati stampa di ministri e delle maggiori istituzioni sanitarie, sanzioni, ammonizioni, scomuniche di ordini di medici (quasi nessun medico MDB, a iniziare da mio padre e dal sottoscritto, ne è andato esente). Questo Metodo non insidia solo il fatturato delle multinazionali, ma costituisce un’inaccettabile mancanza di rispetto verso i grandi benefattori dell’umanità, delegittima e ridicolizza i soloni della medicina, i kols (key opinion leader) che con tanta fatica e soldi le multinazionali impongono ossessivamente alla pubblica opinione. Il rifiuto delle linee guida e dei prontuari che zelanti commissioni ministeriali di carica politica impongono, è visto come un sacrilegio, un delitto di lesa maestà verso i venerabili maestri della medicina. Il Cancro costituisce una patologia sistemica drammatica, mutevole, multifattoriale, complessa, che coinvolge anche se in misura, tempi, modalità diverse, tutte le funzioni, organi, apparati, tessuti, parenchimi, strutture portanti su cui poggia la vita. Rappresenta una vita diversa, una biologia più evoluta e prevalente su quella fisiologica, ha un metabolismo diverso, un più favorevole rendimento.

    L’insorgenza di un tumore si realizza per insufficienza dei vari e complessi meccanismi omeostatici (l’insieme dei meccanismi biologici di difesa, stabilità ed equilibrio organico) che coinvolgono tutto un organismo per l’asinergia tra oncogeni e oncosopressori, (molecole che attivano la crescita e proliferazione cellulare e altre che la inibiscono) oltre che per squilibrio dei meccanismi intimamente integrati psico neuro immuno endocrini. È pertanto quantomeno ingenuo, illusorio, sicuramente puerile, illudersi di modificare l’intero ed efficientissimo sistema biologico neoplastico con un singolo farmaco, anche se potenzialmente dotato di attività antitumorale. È necessario ricondurre all’equilibrio fisiologico quelle alterazioni delle funzioni vitali che hanno consentito l’insorgenza e la progressione tumorale, interdire alle popolazioni neoplastiche l’accesso alle fonti energetiche rappresentate dai due ormoni chiave della vita e della crescita fisiologica e patologica, l’ormone della crescita (GH) e la prolattina (PRL) e dalla cascata dei fattori di crescita correlati e dipendenti. GH e PRL sono prodotti in stretta contiguità nell’ipofisi anteriore, recettorialmente coespressi sulle membrane cellulari e fattorialmente interattivi, come ormai sta emergendo con assoluta evidenza da numerose e recenti pubblicazioni, ad ennesima e definitiva conferma dell’esattezza delle intuizioni scientifiche e cliniche del professor Di Bella. L’ormone della crescita e la Prolattina, oltre che agire potentemente su vie di segnalazione cellulare, sulla trasduzione e amplificazione del segnale proliferativo dalla membrana cellulare al nucleo, attivano una cascata di potenti induttori della crescita cellulare, i fattori di crescita. L’interdizione alla cellula tumorale di questi ormoni comporta, di riflesso, quello dei fattori di crescita che l’oncologia si ostina ancora a cercare di inibire singolarmente (sono oltre 40). Anche queste fondamentali misure terapeutiche sarebbero gradualmente e progressivamente superate dalla più pericolosa, ma ancora ignorata dall’oncologia, caratteristica della cellula neoplastica, la mutazione. È scientificamente evidente che qualsiasi terapia medica del tumore è fallita in partenza se non vengono conseguiti i 3 obiettivi basilari del MDB:

    a) la difesa dell’organismo dall’aggressione neoplastica

    b) l’inibizione della proliferazione neoplastica

    c) il contrasto della spiccata tendenza mutagena del fenotipo neoplastico.

    La cellula tumorale è caratterizzata da una frequenza di mutazioni crescente e segue, nella sua progressione, un programma predefinito di sopravvivenza ereditato dai batteri (Radman e altri, 1975) (cui è stato trasferito dai procarioti) definito da Radman SOS, che è presente ma represso nella cellula sana, ed al quale essa accede in condizione di stress acuto.

    Questo programma di sopravvivenza, dà avvio a un percorso predefinito che consente alla cellula, divenuta neoplastica, di adattarsi con grande rapidità ed efficacia alle condizioni avverse con una progressione modulata da un meccanismo evolutivo predeterminato. Il paradigma ancora dominante, i canoni ufficiali dell’oncologia, non hanno ancora recepito questo essenziale aspetto dell’evoluzione neoplastica, ormai necessario per una comprensione della biologia oncologica e per dare una lettura in termini evoluzionistici della progressione della malattia tumorale (da non confondere con una concezione darwinista). I protagonisti dell’evoluzione in realtà sono la selezione naturale e la variazione genetica. La selezione naturale agisce sulla variazione genetica conferendo un vantaggio evolutivo a fenotipi e genotipi che meglio si sono adattati all’ambiente.

    La fonte della diversità genetica è la mutazione nelle sequenze del DNA, e la mutazione è un fenomeno, per definizione, totalmente casuale, integralmente gestito dal caso. Quindi nell’ambito dell’evoluzione, in cui agiscono le mutazioni e la selezione naturale, è chiaro che tutto viene pilotato dal caso.

    Naturalmente anche il cancro segue questa prassi evolutiva, e sicuramente è un processo di evoluzione somatica totalmente pilotato dal caso quello che porta alla carcinogenesi. Nell’uomo essa è un processo genetico, la cui dinamica è regolata dall’interazione fra mutazione, selezione, e i meccanismi di omeostasi antiblastica dell’organizzazione tissutale, propria degli organismi complessi pluricellulari superiori e ovviamente ad essi limitata. L’evoluzione di una cellula verso la malignità ha inizio con una o più mutazioni casuali. Queste mutazioni conferiscono ovviamente alla cellula un vantaggio in termini proliferativi e dunque vengono in qualche modo trattenuti dalla selezione. Quindi la lettura attuale della malattia tumorale è in termini evolutivi. Naturalmente l’accumulazione di mutazioni produrrà ondate successive di espansioni clonali.

    Secondo il paradigma prevalente della visione ortodossa del cancro, esso è una malattia genetica, originata soprattutto dalla mutazione di 2 classi di geni, gli oncogeni e gli oncosoppressori, pertanto da mutazioni dei geni che regolano la differenziazione e la crescita, direttamente coinvolti nell’evoluzione, e di quelli preposti a mantenere l’integrità del DNA, deputati alla sorveglianza della fedeltà della sintesi del DNA, e alla sua riparazione mediante i molteplici meccanismi apparsi nel corso dell’evoluzione. Tra i geni che regolano l’omeostasi antiblastica un ruolo fondamentale è svolto da quelli che generano l’apoptosi. Ogni qualvolta si presenti una mutazione in questi geni, una o più mutazioni, si assiste ad una progressione della malattia tumorale. Così quando si verifica una mutazione soprattutto nei geni di riparazione del danno del DNA, si verifica quella che è stata definita instabilità genetica, cioè il fenotipo mutante. Una semplice mutazione di una cellula sana, non riuscirebbe a spiegare questo accumulo di mutazioni e quindi si invoca la presenza di un fenotipo molto più instabile.

    Probabilmente c’è un errore di posizione sul concetto di instabilità genetica. Nella concezione di Radman (basata sul sistema di sopravvivenza definito SOS e sostenuta da Israel e altri) i due attori fondamentali sono il gene LexA e il gene RecA e le relative proteine. Il gene LexA è un repressore trascrizionale, mentre il gene RecA è invece un regolatore positivo. Rimando alle pubblicazioni citate per approfondimenti. In condizioni di stabilità il programma di sopravvivenza SOS non è attivo, esso è represso dal gene LexA. Il sistema SOS comprende circa una ventina di geni e quindi quando il DNA viene danneggiato o comunque la sopravvivenza della cellula è in pericolo, la proteina LexA in qualche modo viene inattivata dalla produzione di un’altra proteina, la RecA, ed è a questo punto che si attivano i geni. Sicuramente questo programma è stato messo a punto da mutazioni casuali, selezionate favorevolmente e trattenute dalla cellula che ha accesso a questa informazione in condizioni particolari. Vi sono forti indizi per ritenere, con gli A.A. citati, che questo programma che è stato trattenuto dall’evoluzione, ed è presente negli eucarioti, sia stato trasmesso alle nostre cellule.

    La ricerca di un programma SOS nelle cellule eucariote e negli organismi multicellulari come il nostro, ha già dato risultati positivi. Gli studi del professor Israel, portano a ricercare omologie, tra le proteine e i geni del sistema SOS batterico e quelli trattenuti nelle nostre cellule (Israel, 1996).

    Uno di questi geni è stato già identificato. C’è un’omologia molto marcata tra la proteina batterica RecA e una proteina presente nelle nostre cellule, la Rad 51. Dunque abbiamo fondate ragioni di ritenere che il sistema SOS, anche in una sua versione molto più evoluta, possa esistere anche nelle nostre cellule. Ad un approfondito esame l’attuale paradigma dominante della visione della progressione maligna come totalmente gestita dal caso, cioè interamente prodotta da una somma di mutazioni successive, ma sempre casuali, non regge, per il carattere piuttosto prevedibile della progressione maligna. Ad eccezione degli eventi iniziali, sicuramente gestiti da casuali mutazioni, la progressione della malattia tumorale è sicuramente molto stereotipata, è la recita di un copione.

    Le cellule tumorali acquisiscono con gradualità e progressione, crescenti proprietà e caratteristiche, ed imparano a svolgere tutta una serie di attività. Un fenotipo così caratterizzato, necessita di circa un migliaio di generazioni. Considerando che un tempo di generazione è di circa 48 ore, in un periodo così relativamente breve le cellule tumorali sono in grado di produrre una serie di fattori di crescita che le loro omologhe, non endocrine, non sanno sintetizzare. Le cellule tumorali esprimono dei recettori a questi fattori, che influenzano la proliferazione selettiva, limitata alle stesse popolazioni neoplastiche. Esse inoltre acquisiscono sempre maggiori motilità e formabilità per meglio raggiungere i capillari e aumentare il proprio potenziale di metastasi, sanno inoltre acquistare capacità di sopravvivenza e di proliferazione in parenchimi anche diversi, e ricoprirsi di molecole che le mascherano al sistema immunitario. Successivamente sono in grado di secernere delle proteasi che, lisando le membrane, permettono una invasione per contiguità, oltre a indurre angiogenesi e immunodepressione locale e sistemica. In un lavoro pubblicato nel 2003 su Nature si documenta come una cellula di melanoma attaccata da un linfocita, sia in grado di produrre apoptosi nel linfocita; quindi le popolazioni neoplastiche raggiungono progressivamente la capacità di eliminare le cellule del sistema immunitario che tentano l’aggressione.

    Per ultimo la cellula tumorale è in grado di modificare l’ambiente cellulare circostante, inducendo le cellule vicine a sostenere la propria proliferazione. Il fatto stesso che siano agevolmente in grado di codificare i passaggi essenziali della progressione verso la malignità e di acquisire un graduale incremento di aggressività, proliferazione, adattamento, contraddice una visione evolutiva strettamente casuale della malattia tumorale. Ci sono ulteriori aspetti che danno conforto a questa posizione, le sindromi paraneoplastiche, una sorta di cartina al tornasole della progressione verso la malignità. Un dato significativo è costituito dal fatto che, se queste mutazioni fossero gestite dal caso, o meglio se la progressione fosse totalmente gestita dal caso, dovremmo assistere sia a mutazioni favorevoli, che sfavorevoli, o comunque neutre, rispetto all’evoluzione tumorale. In realtà questo non succede. Le sindromi paraneoplastiche documentano come la produzione di sostanze anomale, da parte della cellula tumorale, mostri sempre un’utilità biologica per il tumore, che produce soltanto sostanze che gli tornano utili (Israel, 1996). Ciò è fortemente in contraddizione con l’idea oncologica ufficiale di una progressione casuale, del genoma instabile perché in questo caso dovremmo assistere anche a produzione di sostanze (se è il caso che gioca) neutre, o comunque anche sfavorevoli, rispetto alla progressione tumorale. Esistono alcuni eventi genetici, caratterizzanti la progressione tumorale, che non corrispondono a delle mutazioni, ma sono semplici riattivazioni e repressioni o amplificazioni di geni, non mutati, ma silenti. Questo inevitabilmente ci porta a concludere che sicuramente gli organismi multicellulari più evoluti, come il nostro, hanno ereditato parti di genoma dai batteri, come emerge chiaramente nei recenti lavori di genetica molecolare in cui si documenta che certi geni batterici si sono assolutamente conservati nelle nostre cellule.

    Nell’evoluzione degli organismi pluricellulari verso una sempre maggiore complessità, il destino di ogni cellula si lega a quello della collettività a cui appartiene. L’evoluzione verso la complessità, verso un organismo pluricellulare prevede una sorta di cooperazione della collettività cellulare e dunque l’introduzione di nuove regole; in questo senso l’evoluzione ha messo a punto una sorta di controprogramma o comunque di sistema, che controlla l’omeostasi tissutale, cosa che ovviamente non è possibile e necessaria in un ambiente batterico o unicellulare. Questo è il sistema degli oncosopressori, che assicura l’omeostasi cellulare antiblastica, impedendo ad ogni singola cellula di affrancarsi e acquistare una propria autonomia, che potrebbe mettere a rischio l’intera collettività tissutale. L’evoluzione ha prodotto questo sistema, sicuramente più giovane e quindi più imperfetto e con delle lacune, che è il sistema degli oncosoppressori. Conseguentemente la ricerca non ha evidenziato negli eucarioti gli omologhi degli oncosoppressori, quindi abbiamo ragione di ritenere che gli oncosoppressori siano dei geni emersi evolutivamente più tardi. Tra gli oncosoppressori è di particolare interesse il gene p53, guardiano del genoma, direttamente coinvolto nell’attivazione di un programma cellulare fondamentale per l’omeostasi antiblastica, quello dell’apoptosi.

    Mi sono dilungato sul programma di sopravvivenza di Radman per evidenziare, anche alla luce di queste acquisizioni, la razionalità dei criteri, dei meccanismi molecolari, degli obiettivi del MDB. Le ricerche di Radman, recepite e sviluppate dal professor Israel, ed esposte dal prof. Truc al I° Congresso Nazionale MDB del maggio 2004 (Di Bella, 2005), e qui riportate, hanno dato maggiore consapevolezza del fatto che la proteiforme capacità di adattamento della cellula tumorale, la sua formidabile vitalità, capacità mutagena e di recupero, sconosciute alla biologia umana fisiologica, sono state gravemente sottovalutate. L’esatta e realistica valutazione dei pressoché illimitati potenziali biologici neoplastici porta ad una logica terapeutica esattamente conforme ai postulati e al razionale del MDB: solo un precoce attacco multiterapico sinergico e concentrico, senza discontinuità spazio-temporale può tenere testa, contenere e prevalere su una forma di vita diversa e drammaticamente superiore alla fisiologica, con altissime capacità di adattamento, e di superamento, ad ogni singola condizione avversa la medicina possa opporle. La cellula neoplastica supera facilmente qualsiasi singolo ostacolo, per quanto efficace, pertanto solo la contemporanea attivazione di tutta una serie di blocchi alle mutazioni neoplastiche può impedire il più micidiale meccanismo di difesa della cellula tumorale, la mutazione. Solo l’effetto fattoriale sinergico dei componenti multiterapici differenzianti, citostatici e antiproliferativi del MDB, può contrastare ad un tempo la proliferazione esponenziale del fenotipo neoplastico e la sua elevatissima capacità mutagena, efficientissimo sistema difensivo difficilmente penetrabile.

    Ho cercato di chiarire per quali reali e documentate cause una monoterapia, una singola molecola, anche se dotata di effetto antitumorale, sia matematicamente destinata, anche dopo un iniziale e transitorio successo, al sicuro fallimento. Circa 5 mesi fa la rivista internazionale Neuroendocrinology letters ha pubblicato integralmente il mio articolo sul MDB, comprensivo anche della documentata descrizione di quel micidiale sistema di mutazione neoplastico che ancora l’oncologia si ostina a ignorare, ancorata all’ormai tramontata e irrazionale teoria del genoma instabile. Prima, le immacolate, sacre e disinteressate Vestali che gestiscono la Sanità italiana, accusavano il MDB di non avere documentazione scientifica, adesso che sono pubblicati centinaia di casi da varie riviste medico-scientifiche internazionali (accreditate sulla banca dati mondiale Med-Line, pertanto da tutti consultabili), sono indispettite, scagliano anatemi contro le riviste che li hanno pubblicati. Un parlamentare ha inviato ad un alto esponente delle istituzioni sanitarie italiane la recente pubblicazione The Di Bella Method. La risposta, dopo diversi mesi di consultazioni (ampiamente scontata per chi conosce la burocrazia sanitaria italiana), non entra assolutamente e minimamente nel merito del dato scientifico, nè clinico, nè di alcun componente del MDB nè dell’impiego sinergico, nè è in grado di muovere una contestazione specifica motivata e documentata sull’inefficacia o tossicità di un singolo componente della terapia e del suo insieme. Si limita alla forma, non entra nel merito. Non un solo riferimento alle banche dati scientifiche mondiali, sintesi e base della ricerca che ormai con ventottomila pubblicazioni sulla somatostatina, tra cui quattro studi recenti del premio Nobel Schally, evidenzia con certezza matematica l’efficacia antitumorale di quella somatostatina che si ostinano a non voler erogare nelle patologie neoplastiche.

    La protervia nel rifiuto dell’evidenza è sconcertante e giunta a livelli inaccettabili, possibili solo nell’ambito del tramonto della civiltà che stiamo vivendo, di una società asservita alla dittatura del falso, plagiata da artisti della menzogna, inebetita da un’informazione farisaica, integralmente gestita da un potere globale e centralizzato, che si regge su un’ossessiva e demagogica retorica di disinformazione, mistificazione e falsificazione. Tanto meno l’illustre personaggio entra nell’aspetto decisivo e primario di ogni terapia: Il risultato, (sul quale ovviamente sorvola, limitandosi a generiche, gratuite, contestabili e non documentate affermazioni sulla metodologia e la forma della ricerca). Una casistica di 553 casi, la guarigione completa, stabile, accertata e documentata con MDB di tumori maligni non operati, nè chemio o radio trattati, (guarigioni totalmente ignote alla chemioterapia come da tutti verificabile attraverso una revisione della letteratura scientifica mondiale) per Sua Eccellenza sono dati insignificanti. L’esimio Personaggio ignora del tutto, come se fosse un dato trascurabile, un incremento delle mediane di sopravvivenza col MDB di oltre il 200% nel peggiore dei casi, quando invece assistiamo, nei congressi internazionali, ad annunci trionfali di rarissimi incrementi del 2-3%. Questi signori rispondono con sprezzante arroganza, come se avessero il monopolio della verità, come se fossero veramente in possesso di cure di provata efficacia, di farmaci innovativi, biologici e intelligenti.

    Nella risposta non una parola sul totale, definitivo, logico e noto fallimento della chemio, di cui la mia pubblicazione ha esaminato e dimostrato ogni causa, con relativo riferimento ai dati ufficiali della letteratura. Ho documentato che i trattamenti chemioterapici possono ottenere in molti tumori una transitoria, palliativa, e pertanto illusoria riduzione volumetrica, anche considerevole a volte, ma essi rappresentano la causa primaria di successive recidive e progressioni tumorali disseminate e inarrestabili. La lettera del Luminare si limita unicamente alla forma dello studio, omettendo e dimenticando che anche essa, oltre ai risultati, è stata ritenuta pienamente valida da una rivista internazionale di alta credibilità come evidenzia l’Impact Factor di Neuroendocrinology Letters, che ha pubblicato The Di Bella Method. Pertanto chi gestisce in Italia la Sanità è radicalmente smentito non solo da una delle massime riviste mondiali, ma anche dal comitato scientifico, del più alto livello, quello di Med-Line (di proprietà degli USA), che ha revisionato e confermato la pubblicazione. Il giudizio dogmatico-politico sul MDB è radicalmente vanificato da istituzioni internazionali della ricerca di incontestabile autorità clinica e scientifica. Ciò porta ad una considerazione triste e desolante sul livello etico-scientifico e clinico della nostra sanità. È stato comunque molto importante che un parlamentare abbia costretto, con l’invio della pubblicazione The Di Bella Method questi signori a prendere atto di questa sgradita realtà. Nella pubblicazione è anche evidenziata la totale mancanza di scientificità della sperimentazione del 1998, inoltre essendo i dati pubblicati nel lavoro assolutamente antitetici alle conclusioni della sperimentazione stessa, ne rappresentano la pietra tombale, con ulteriore, gravissima perdita di credibilità e prestigio delle nostre istituzioni sanitarie.

    Questo spiega anche il tono indispettito, stizzoso e rabbioso della risposta. Le conferme del MDB sono crescenti e avvalorate anche dai citati inviti a relazionare a congressi mondiali e dalla pubblicazioni agli atti delle relazioni. I ricercatori e clinici che compongono il comitato scientifico di Neuroendocrinology Letters che decide le pubblicazioni, sono di alto livello, appartengono a università americane, europee e asiatiche, ben superiori alle nostre commissioni di nomina politica. Inoltre la stampa di un supplemento, contrariamente a quanto scrive il politico, non scredita, ma avvalora la pubblicazione, (infatti il supplemento è recensito da Med-Line), perchè il supplemento si è reso necessario in quanto, invece delle 5-10 pagine di una normale pubblicazione, The Di Bella Method comprende 42 pagine in formato più ampio del solito, A4 con 410 voci bibliografiche. Quando una pubblicazione supera i normali limiti, la banca dati scientifica, Med-Line-www.pubmed.gov di proprietà degli USA, dopo una prima pubblicazione, ritira il lavoro, e lo sottopone ad un’accurata revisione da parte di esperti governativi per accertare il livello scientifico ed eventuali conflitti d’interesse ideologici e/o finanziari. Dopo un periodo di sospensione di poco più di un mese The Di Bella Method ha superato anche questa seconda verifica ed è stato riammesso in www.pubmed.gov a totale smentita di quanto affermato dalla burocrazia sanitaria italiana (ricordiamo sempre, di nomina politica). Il mio tanto disprezzato articolo The Di Bella Method Neuro Endocrinol Lett. 2010; 31 Suppl 1:1-421, che una così indispettita e indignata reazione aveva suscitato nei burocrati della Sanità italiana, nella parte relativa al sistema di mutazione neoplastica, è stato ripreso e riproposto avvalorandone la rilevanza e le basi molecolari, dalla prestigiosa Nature Reviews Cancer, volume 11, maggio 2011, Lambert G. e altri, An Analog betweenthe evolution of drug resistance in bacterial communties and malignant tissues (ovviamente senza citare il sottoscritto che lo aveva pubblicato 5 mesi prima. In questi giorni scriverò alla rivista per ricordare che ho anticipato di 5 mesi queste nuove e realistiche interpretazione delle mutazioni neoplastiche).

    Ai luminari, lampadari e riflettori che ci illuminano con il loro immenso sapere e gigantesco ingegno, parafrasando Sant’Agostino potremmo dire «Contra factum non valet argomentum», (nessuna argomentazione può smentire una realtà, un dato di fatto); pertanto possono disquisire sugli aspetti formali, su tutti i sofismi, le argomentazioni e i bizantinismi, mentre invece il dato di fatto sostanziale, essenziale, reale, è che con MDB i malati guariscono e/o possono vivere molto più e meglio che con le attuali terapie mediche dei tumori, senza le gravissime, tragiche, inutili, sofferenze e tossicità (anche mortali a volte) e gli altissimi costi, non solo finanziari, ma umani e sociali della chemio e di tutti i farmaci indotti. Per una sopravvivenza del 2% a 5 anni il contribuente italiano ha il piacere di spendere 1.470 milioni di euro, pari al 32% dell’intera spesa ospedaliera per farmaci. Tutto questo per chiarire l’estrema complessità, l’intergioco multifattoriale, la continua e mutevole interazione di una quantità di meccanismi biologici che consentono l’insorgenza e la progressione della malattia neoplastica e vanificano ovviamente qualsiasi approccio monoterapico a questa proteiforme patologia.

    Nell’ammalato neoplastico coesistono e interagiscono variamente sofferenze spirituali, morali, psicologiche e organiche. Ho potuto osservare che spesso anche personalità eminenti, uomini colti, d’ingegno, di fronte a gravi e profonde sofferenze, al rapido decadimento fisico, all’improvviso declino delle energie, alla perdita della speranza, sentendo prossima la fine, sperimentano la perdita del discernimento e della capacità di giudizio. Sono disorientati, insicuri, terrorizzati, incapaci di scelte ragionate e razionali, plagiabili, si aggrappano disperatamente a false sicurezze.

    Un esempio significativo: Il Precursore, San Giovanni Battista, fu il primo ad avere non solo la piena e profonda consapevolezza della divinità di Gesù Cristo, ma la certezza assoluta che Gesù Cristo fosse il Messia, il Figlio di Dio, (Vangelo di Giovanni1, 19-10,42). Privato della speranza, della libertà, in uno stato di profonda sofferenza e prostrazione sente prossima la morte e perde il discernimento, le sicurezze, la capacità critica, la fede, prima assoluta, nella divinità di Gesù Cristo, manda i suoi apostoli a chiedergli, «Sei tu quello che deve venire o dobbiamo attendere un altro» (Matteo, 11,2).

    Se colui di cui Gesù Cristo dice «Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista» (Matteo 11,3) sperimenta nella sofferenza questo buio della fede, quest’oscuramento dell’intelletto, quest’ecclissi delle capacità, dobbiamo avere la consapevolezza che in simili situazioni ad una preghiera incessante allo Spirito Santo dovremmo unire ogni sforzo per vincere paura, panico e stato confusionale, e conservare dominio di sè e capacità di ragionamento e di discernimento. Solo così potremo evitare scelte irrazionali e autolesionistiche divenendo facilissima preda di interessati cantastorie istituzionali o alternativi.

    «Ne ultra valeat captivos tenere homines».

    Giuseppe Di Bella
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    00 29/12/2011 01:41
    "Vi racconto il mio linfoma guarito al quinto tentativo"

    Ecco la storia di Marco, ingegnere milanese di 38 anni, sposato e con due figli. Ci racconta il suo calvario iniziato nel 2005 all'ospedale San Carlo di Milano...

    di Gioia Locati - 27 dicembre 2011

    "Mi chiamo Marco C, ho 38 anni. Faccio l’ingegnere, sono sposato e ho due bambini. Vi racconto come ho affrontato la mia malattia, un linfoma di Hodgkin (stadio IIA sottodiaframmatico). La diagnosi risale al febbraio 2005, ospedale San Carlo di Milano, avevo 32 anni.


    Il mese successivo inizio una chemioterapia secondo lo schema ABVD (quella proposta per i linfomi), a luglio, al termine dei primi 4 cicli, il risultato è deludente, le adenopatie sono diminuite di volume del 50% ma ci sono ancora. Mi propongono altri 2 cicli di chemioterapia, vado avanti fino a settembre 2005.

    A fine settembre le mie condizioni fisiche sono pessime. Il quadro è invariato rispetto a luglio, la Pet dimostra che la malattia persiste. I medici mi propongono una chemio di “salvataggio” secondo lo schema IGEV e, se possibile, autotrapianto di midollo. Scartano la radioterapia data la mia giovane età e la localizzazione.

    Inizio a perdere la fiducia nella soluzione che in ospedale mi era stata presentata come la migliore disponibile, applicata in tutto il mondo (‘le sue adenopatie si scioglieranno come neve al sole’ mi dicevano).

    Scopro che per combattere i linfomi non-Hodgkin tipo B sembra efficace un anticorpo monoclonale, il rituximab. Mi rivolgo all’istituto Ieo di Milano (anche se il mio è un linfoma di Hodgkin). Lì mi vien detto che anche al mio caso di può applicare l’anticorpo e che è meglio rimandare il trapianto.

    Faccio i salti di gioia, nell’ottobre 2005 inizio il ricovero allo Ieo, per quattro settimane filate entro il venerdì ed esco la domenica. Mi somministrano l’anticorpo in 4 infusioni con medicazione e cortisone. Tocco il cielo con un dito perché l’efficacia del farmaco si fa subito sentire, al tatto i linfonodi mi appaiono più morbidi e piccoli: a conferma la Pet di dicembre 2005 rivela la scomparsa della malattia.

    Purtroppo è soltanto una tregua: nell’ottobre 2006 le adenopatie riaffiorano. Prendo tempo, voglio valutare con calma ma la calma non ce l’ho, so anche che non sarei in grado di sopportare altro: ricoveri, chemio, trapianto… La risonanza magnetica è impietosa: il mio linfoma è tornato più maligno di prima, ora ha un’ aggressività impressionante. Torno allo Ieo sperando di poter testare altri anticorpi monoclonali ma le speranze – queste sì - si sciolgono subito come neve al sole: per me non c’è altro da fare che il trapianto.

    Precipito nello sconforto. Sento diversi medici, c’è chi mi sconsiglia il trapianto perché “non porterebbe a risultati”, c’è chi mi dice che avrei dovuto fare un’altra chemio invece dell’ABVD… comincio a credere che ognuno vada a tentoni e io non ce la faccio più di tentativi. Decido di andare a Genova da un medico privato che, partendo dalla terapia Di Bella, ha messo a punto un suo protocollo.

    Perché non sono andato a cercare la ‘pura’ terapia Di Bella? Per me questa era morta e fallita, tutti ne parlavano così e anch’io ricordavo quello che dicevano i telegiornali alla fine degli anni Novanta (poi non feci più caso a questa storia, vedevo il cancro distante da me anni luce…) . Lo specialista di Genova mi mostra la razionalità della terapia Di Bella da lui riveduta e corretta. Ammetto che durante il mio peregrinare da un medico all’altro rimanevo spiazzato quando pretendevo spiegazioni e mi sentivo rispondere che ‘la medicina non è una scienza esatta perché deve fare i conti con la variabile biologica’.

    Tuttavia nemmeno questa si rivelò la mia ‘cura’.

    Le Pet fino a gennaio 2008 mostrano un lento ma progressivo peggioramento.

    E io volevo guarire e non vivacchiare…

    Continuo a documentarmi, studio le pubblicazioni di Di Bella sulle malattie linfoproliferative, nel frattempo tento un’altra strada ufficiale. Mi presento all’istituto dei tumori di Milano: 15 minuti di visita e 240 euro di parcella, il dottore mi fa firmare la cartella sull’autotrapianto. Domando: che percentuale c’è di guarigione? Risposta: il 70%. Chiedo: ma 70% riferita ai linfomi di Hodgkin in generale o nel caso del mio sottotipo a predominanza linfocitaria che tutti, dall'inizio, mi hanno detto essere un po' particolare? Risposta: ‘Le statistiche sono fatte a livello generale, il suo linfoma potrebbe essere mutato in qualcosa di diverso, di misto’.

    Stavo già dubitando di poter rientrare nel 70% di guarigione e chiedo: ‘Non sarebbe sensato fare prima una biopsia a un linfonodo per capire di cosa si tratta e poi decidere la strada terapeutica? Risposta: ‘Forse poi lo faremo ma adesso mi ascolti, morire alla mia età non è bello ma alla sua direi che non è il caso…’ Mi dice quindi che c'è un posto libero per la settimana successiva.

    Firmo l'assenso al ricovero ma già cullo l'idea che non mi presenterò.

    E’ domenica 8 febbraio 2009 quando mando una mail all’indirizzo trovato su internet. Mi risponde Giuseppe Di Bella, il 24 febbraio sono nel suo studio.

    Dopo una lunga visita esco con la testa un po' frastornata e un lungo elenco di farmaci, alcuni galenici altri farmaceutici, da prendere a dosi e tempi ben stabiliti.


    Sono pieno di dubbi e paure. Nella mia testa il tarlo si sta facendo largo ‘forse sto sbagliando, forse devo tornare in ospedale… qui così sono solo".

    La prima volta che mi infilo l'ago della somatostatina nella pancia mi chiudo in bagno, da solo, mentre i miei figli e mia moglie sono a letto. Per la tensione, dopo essermi punto l'addome, mi sento svenire, mi devo sdraiare a terra per qualche minuto. Poi mi riprendo, vado a letto ma rimango sveglio tutta notte. L’angoscia mi sale dallo stomaco, penso ai miei figli, a mia moglie, ai miei genitori…piango mentre rifletto: chi mi perdonerebbe se dovesse finire tutto nel peggiore dei modi, io non mi perdonerei…

    I giorni passano, dopo un mese mi sento già meglio. Dopo tre faccio la prima Pet. Quando il radiologo sente che cura sto facendo mi dà del pazzo, mi dice: ‘Io non me ne intendo ma per i miei colleghi oncologi, con i quali pranzo spesso, Di Bella è la Vanna Marchi della medicina’.

    Con questo commento nella testa mi infilo nella Pet. A fine esame il radiologo dice testuale: ‘Non so che dirle, se per lei fosse il primo esame di questo tipo le direi di stare tranquillo, non ha niente (in realtà avevo ancora qualche linfonodo ingrossato, ma tre mesi prima ne avevo molti di più, più grossi e ‘captanti’, ossia pericolosi). Il radiologo prosegue: ‘Forse il suo non era un linfoma, o forse tutte le terapie che ha fatto si fanno sentire ora…’ Penso: chissenefrega se non riconosce che sto bene per la Di Bella, io mi sento in paradiso.

    Sono cauto (già una volta ero stato bene per un intervallo di nove mesi) ma comincio a sentirmi forte e fiducioso. Continuo la cura Di Bella, nel dicembre 2009 gli esami confermano un’ ulteriore regressione della patologia.

    Dentro di me si fa largo una considerazione: ‘allora c’è un rimedio al mio cancro…’

    Oggi, siamo al dicembre 2011, sono ancora in cura, ma i dosaggi dei farmaci sono sempre più leggeri, faccio una risonanza magnetica ogni sei mesi che accerta ogni volta un progresso.

    Mi sono ripreso in mano la vita, il cancro è una brutta bestia che forse ho trovato il modo di addomesticare, non soffro più da due anni, sono tornato spensierato, lavoro, mi godo la mia famiglia e il tempo libero. Ci tenevo a dirvelo”.

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    Martino Delle Torri
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    00 08/02/2012 02:05
    "La cura Di Bella? Andrebbe fatta in ospedale"

    Achille Norsa, chirurgo dell'ospedale Maggiore di Verona, ha trattato più di 2.000 pazienti con il metodo Di Bella, ecco cosa dice...

    di Gioia Locati - 02 febbraio 2012, 18:17


    Achille Norsa, specialista in chirurgia generale, toracica e cardiovascolare, ha lavorato alla Divisione di chirurgia toracica all’ospedale Maggiore di Verona dal 1973 al 2004 diventandone dirigente nel 1995. Oggi ha 70 anni, è in pensione ma continua a curare i malati di tumore nel suo studio privato applicando il metodo Di Bella.


    Da studente ha frequentato la facoltà di medicina all’università di Modena e i corsi di fisiologia del professor Luigi Di Bella. Otto anni fa è stato vicepresidente della Sibor, la società di bioterapia oncologica razionale nata con l'intento di rilanciare la terapia dibelliana, che, sei anni fa è diventata parte della Fondazione Di Bella. I suoi lavori scientifici sui malati di cancro al polmone sono apparsi sulla rivista Cancer Biotherapy & Radiopharmaceuticals (vol 21, n n° 1, 2006 e vol 22 n° 2, 2007).

    “Ho osservato nel tempo, per otto anni, due gruppi di pazienti in fase avanzata al III e IV stadio (alcuni erano stati coinvolti nella sperimentazione del ’98). Il primo gruppo di 28 malati con metastasi a distanze (mediastino, fegato, surrene, cervello e ossa) non aveva fatto né intervento, né radio, né chemio: per loro la Di Bella era cura di ‘prima linea’; il secondo invece aveva seguito diverse terapie, dagli interventi alla radio, alla chemio. La letteratura scientifica rivela che la mediana di sopravvivenza di malati come quelli del primo gruppo è di appena 3,7 mesi, con la terapia Di Bella questo indice di sopravvivenza (la mediana) è diventato di quasi 18 mesi. Ossia, non solo questi pazienti sono sopravvissuti più a lungo ma hanno avuto anche condizioni di vita accettabili. L’altro gruppo, quello composto da malati che avevano fatto chemio e radio, ha avuto la mediana di sopravvivenza di poco più di tre mesi perché le terapie cui sono stati sottoposti hanno danneggiato l’organismo in maniera irreversibile, in questo caso la terapia Di Bella ha soltanto potuto migliorare la loro qualità di vita”.

    Lei è un chirurgo che ha scelto di applicare il metodo Di Bella, come mai?

    “Nel ‘95 un’amica della mia famiglia, con tumore alla vescica inoperabile, si rivolse a Luigi Di Bella. In un anno guarì. Del mio professore di università conservavo un ottimo ricordo, tutti lo consideravano un genio. Sono andato da lui per cercare di capire, devo ammettere che sono rimasto letteralmente colpito…”

    Da cosa?
    “Dal razionale scientifico. Il professore mi fece una lezione di un’ora e mezza, mi parve di esser tornato studente.”

    Dunque?
    “Il professore mi affidò un fascicolo di lavori scientifici. Il fisiologo è uno scienziato puro, che studia il funzionamento di tutti gli organi. Mi sforzai di entrare nell’argomento il più possibile. Per due anni andai da lui a ‘ripetizioni’, mi presentavo alle 6,30 del mattino perchè poi arrivavano i pazienti”.

    Quando cominciò a curare i malati con la Di Bella?
    “Proprio in quel periodo, dal ’98 al 2004 facevo il chirurgo in ospedale e ai pazienti parlavo di questa cura. Portavo periodicamente da Di Bella le cartelle mediche di chi accettava la terapia”.

    Quanti pazienti ha curato?
    “A oggi più o meno duemila”.

    Di quali tumori?
    “Dalle leucemie ai linfomi, ai tumori solidi ma per favore non scriva che venivano curati tutti allo stesso modo. La Di Bella ha un modulo fisso e tantissime varianti, quanti sono i tumori e le stadiazioni”.

    D’accordo. Ma i pazienti guarivano?
    “Dipendeva dallo stadio della malattia e dal fatto che la Di Bella fosse o meno applicata subito (e non dopo chemio e radio)”.

    Qualche esempio?
    “Il tumore al polmone al primo stadio, inferiore a tre centimetri, può guarire in due anni senza intervento. Al secondo stadio, quando supera i tre centimetri si può operare e curare. Al terzo e quarto stadio, quando non è più possibile fare l’intervento, suggerisco soltanto la terapia biologica Di Bella. Fra i miei pazienti al primo e secondo stadio il tumore è regredito o si è stabilizzato nel polmone. In alcuni casi il tumore viene incapsulato da una cotenna fibroso-calcifica e quindi ‘sequestrato dall’organismo’ e i pazienti convivono con la malattia conducendo una vita normale”.

    Lei curava gratis i pazienti in ospedale con la Di Bella?
    “Sì, poi quando hanno cominciato a occuparsene i giornali avevo il reparto bloccato, c’era gente dapperttutto, l’amministrazione mi comunicò che non avrei più potuto occupare gli spazi per consulenze gratuite”.

    E si aprì un suo studio. Cura ancora i tumori così? “Certamente, ho riportato anche alcuni casi nel libro ‘La multiterapia biologica razionale dei tumori: il metodo Di Bella (ed. Mattioli)’”.

    Chi le manda i pazienti?
    “Con il mio portale su internet è tutto più facile (www.achillenorsa.com), arrivano da soli o tramite conoscenze, anche dall’estero…”

    Perché negli ospedali nessuno parla di questa terapia, lei pensa che i suoi colleghi sappiano e tacciano?
    “Me lo chiedo anch’io: il medico dovrebbe essere curioso e rivestirsi di umiltà per capire. Conosco anche alcuni giovani disposti a seguire questa linea ma temono l’ostracismo del mondo della sanità”.

    Addirittura? Qual è l’ostacolo principale?
    “Il dio denaro. Sono le multinazionali che dettano le regole, nessuno si arricchisce con la Di Bella: per curarsi si spendono 15-20 euro al giorno, nei casi in cui c’è bisogno dell’octeotride (un derivato della somatostatina) si arriva a 60 euro al dì. Nulla a confronto di un ciclo di chemioterapia che può costare 50mila euro senza l’indotto (per ciascun malato di cancro lo Stato spende 200mila euro) e comunque…”

    Comunque?
    “Anche se non è un gran costo, dispiace che siano i pensionati a doversi pagare di tasca propria una cura anticancro”.

    Ma la chemioterapia è efficace?
    “In 48 anni di ospedale raramente ho visto un tumore solido guarire con la chemioterapia a meno che non sia stato associato l’intervento chirurgico. Le spiego come funziona…”

    Prego…
    “La chemioterapia ha un’azione di debulking, ossia di riduzione della massa tumorale. Un tumore è liquido per l’80%: chemio e radio diminuiscono la parte liquida del tumore. Però può succedere che l’attività proliferativa del tumore riprenda con più intensità proprio perchè l’ambiente biologico non è in equilibrio dal punto di vista immunitario. Inoltre la radioterapia ha come effetto quello di rendere insensibili le cellule cancerose (quelle sopravvissute) a qualsiasi altra terapia”.

    Ma lei che cosa chiede?
    “Vorrei che questo metodo fosse applicato negli ospedali. È una cura che funziona anche se non è ancora definitiva. Il professor Di Bella ci ha indicato un binario che andrebbe seguito da chi fa ricerca. Si tratta di un percorso che, come diceva lui stesso, farebbe ‘risparmiare tempo, denaro e vite umane’. E poi vorrei aggiungere un’altra cosa: si è visto che quando la malattia è all’ultimo stadio, la Di Bella allevia le sofferenze rispettando la dignità della persona. Mi creda: non è poco…”.

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    Martino Delle Torri
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    00 08/02/2012 02:10
    "Ho ottantotto anni e sono sopravvissuto a un tumore inoperabile"

    Duilio ex geometra, scopre nel 1995 di avere un tumore all'esofago al quarto stadio, dopo chemio e radioterapia, i medici del Policlinico di Roma lo dimettono prospettandogli quattro mesi di vita. Invece Duilio è ancora vivo...

    di Gioia Locati - 26 gennaio 2012, 16:41


    Duilio ha compiuto 88 anni in settembre. Vive a Roma con la moglie Maddalena e tutte le mattine, con la scusa di fare la spesa, cammina per almeno tre ore. Eppure diciassette anni fa lo avevano dato per morto.

    Aperto e chiuso, come si dice quando non c’è più speranza. Aveva un tumore all’esofago al quarto stadio con metastasi diffuse. Quando lo hanno operato, al Policlinico di Roma, era il 1995 e di anni ne aveva 71: i medici avrebbero voluto asportargli completamente l’esofago e inserirgli un pezzetto di colon per permettergli le funzioni vitali. Doveva essere un intervento lungo sette ore, invece…“ è durato 20 minuti, lo hanno aperto e poi ricucito immediatamente ” ricorda Maddalena. Che in questa storia di malattia e cura è stata contrappeso e pilastro. Duilio e Maddalena sono una coppia inossidabile, di quelle che il tempo non scalfisce. La storia dell’uno è la vita dell’altro. Parlano insieme anche al telefono.

    “Era il febbraio del ’95, digerivo male, avevo forti dolori alle spalle e al torace – se li sente ancora i disturbi, Duilio, mentre racconta - Il primo marzo mi ricoverano al Policlinico di Roma, terza clinica medica. Da quel giorno parte la trafila, le gastroscopie, i prelievi. L’intervento è fissato per maggio”. Maddalena ricorda il volto e i modi del chirurgo: “Si chiamava Di Matteo, ci spiegò nei dettagli l’operazione: via l’esofago per sradicare il cancro. Poi una parte del colon avrebbe sostituito l’esofago. Ma di fatto quell’intervento non si potè eseguire: la massa era voluminosa, toccava il diaframma, lo stomaco e il pancreas”.

    Cosa vi disse il chirurgo?
    “Di trattare il tumore con chemio e radio. E così iniziammo: 8 cicli della prima e 28 applicazioni della seconda, ma Duilio non concluse la cura, perdeva sangue, era molto sofferente. Il cancro si era ridotto ma non era sparito, in ottobre ci dimisero con una scatola di antidolorifici”.

    E poi quale altra terapia?
    “Nessuna. Mi dissero che con un tumore come quello, al quarto stadio, l’aspettativa di vita sarebbe stata di 4 mesi..”

    Una tragedia…
    “Non le dico… anche perché io ci credevo che Duilio ce l’avrebbe fatta, è un uomo forte. Durante la sua permanenza in ospedale io mi presentavo in reparto alle nove del mattino e uscivo alle nove di sera. Arrivavo con i termos, gli portavo il cibo passato, non poteva deglutire nulla. Non aveva più ferro, preparavo le lenticchie ma dovevo eliminare tutte le pellicine, anche le fragole: le passavo e le filtravo…”

    Quando Duilio iniziò la cura Di Bella?
    “Appena dimessi dall’ospedale. Fu mia figlia Paola a interessarsi. Conoscemmo il professore a Modena, poi però ci affidammo a un medico di Roma, Mauro Madarena, che tutte le settimane portava le cartelle cliniche e i referti dei pazienti a Luigi Di Bella e correggeva i dosaggi. Sentimmo ancora il professore al telefono, prima di morire, era il 2002 ci disse di non smettere la terapia”.

    E voi?
    “Non l’abbiamo mai interrotta dal dicembre del ’95 a oggi. Ora però Duilio prende solo la somatostatina, la terapia è diventata di mantenimento, il suo brutto cancro è rimasto immobile, senza energia e senza nutrimento…”

    In compenso suo marito l’energia ce l’ha.
    “Eccome se ce l’ha, gli esami vanno bene. Lui cammina tutti i giorni, si muove più di me che ho la sciatica. L’unica cosa che non deve fare è mangiare in fretta, deve masticare lentamente e poi ha le vene un po’ fragili, è lo strascico di tutte le medicine che ha preso”.

    Quanto vi è costata la cura?
    “E chi se lo ricorda più? L’abbiamo sempre pagata noi, con i nostri risparmi (mio marito ha fatto il geometra).

    Ultimamente ci costava solo 200 euro al mese perché la somatostatina (una siringa temporizzata è venduta a 1.700 euro e ne serve una al mese) la riceviamo gratis dalla Asl, dopo la pronuncia del giudice. I periti del tribunale esaminano le cartelle cliniche e se vedono che il tumore regredisce con questo farmaco ti permettono di avere l’esenzione, lo sa?”.

    Lo so.
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