cos'accade negl'ultimi tempi???

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thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 18:52
X GMU
vista la passata discussione qui riporto i motivi delle mie osservazioni...
come gia c siamo detti fammi sapere, nn volermene!
il tono posso anche migliorarlo ma i fatti purtoppo rimangono [SM=x268921] [SM=x268921] [SM=x268921]
questi sono quelli più recenti e che dovrebbero toccare tutti!

intevista alla moglie di Aldo Bianzino antiproibizionista perugino ucciso da un vero plotone d'esecuzione in carcere! e i midia che hanno fatto hanno taciuto aquanto! perchè???
si potevano spendere altre due parole per uno che si sbatteva anche per i vostri\loro figli, no???

http://it.youtube.com/watch?v=-N3cNZCBDr4&feature=user

poi questo è un altro fatto che mi ha colpito ancor più da vicino e m'ha fatto capire come lavora lo stato e su chi vuol far passare per terroristi quando i veri terroristi li comandano loro(per me sono forse integrate dello stato)

ed è sempre per chi ha vogli d leggere... avrei da fare ma ormai...

del 23 ottobre publicano tutti più o meno questo tipo di testo...
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(AGI) Perugia, 23 ott. - Non sono state trovate armi, ma cinque coltelli di grandi dimensioni ai 5 arrestati nell'operazione "Brushwood". Sono tutti originari di Spoleto: un uomo di 42 anni, gli altri tra i 20 e 25 anni. Il reato contestato e' la violazione dell'articolo 270 bis del codice penale contro le "associazioni con finalita' di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico". "Penso che i loro programmi siano stati interrotti dal nostro intervento, e' stato bene, nell'opera di prevenzione che svolgono le forze di polizia, mettere in condizione questa cellula che si collegava con il piu' importante movimento nazionale di non nuocere". Lo ha detto Nicola Miriano, Procuratore della Repubblica di Perugia. "Sono emersi interessanti indizi a carico delle persone arrestate - ha aggiunto - ma l'indagine prosegue a tutto campo, nella domanda di sicurezza sempre piu' pressante della regione e del Paese la risposta data dall'impegno dell'intera Procura, che ha operato in stretta sinergia, e' particolarmente significativo".Come ha detto il vicecomandante nazionale dei Ros Giampaolo Ganzer, "pur non essendoci ipotesi concrete sugli obiettivi futuri del gruppo non era difficile prevedere l'innalzamento del livello di scontro, la cellula umbra, gia' strutturata, era in fase di crescita e l'apparente spontaneismo rientrava all'interno di una progettualita' piu' ampia". I cinque arrestati (tutti spoletini, tra i quali sembra il figlio di un noto esponente politico locale di estrema sinistra) sono stati definiti "giovani in fase di crescita e di formazione ideologico operativa che costituiscono una componente di una certa pericolosita', soltanto uno ha precedenti legati a reati riconducibili all'ordine pubblico, alcuni sono studenti altri lavoratori". .
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uno d loro veniva tutti i giorni a casa mia e se vi devo dire ho l'idee più chiare io d lui! gl'altri li conoscevo un p'ò tutti, perchè la città è piccola quindi bene o male tutti conoscono tutti e tutti sono "amici"...insomma c si vede con tutti...(più o meno)

l'unico a svolgere attività politica in campo ambientale è michele tutti gl'altri se ne sbattono della politica\partitica...
le uniche prove certe che la magistratura ha sono delle intercettazioni...alcune riguardanti delle scritte su un muro altre che si parla d'assegni e i ROS gl'attribuiscono il significato d soldi... e sono tutte cosi...poi di seguito spiega meglio...
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un altro articolo di giornale poi vi parlo di chi ha condotto i teatrini...sono tutte cose publicate dalle varie stame e siti(quali riporterò la fonte) nn voglio attaccare nessuno solo informare dei fatti accaduti.
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Un blitz del Ros all’alba per «disarticolare» un’organizzazione anarchico-ambientalista con finalità eversive, la «Coop/Fai: Contro ogni ordine politico/Federazione anarchica informale». Secondo la procura di Perugia, che ha coordinato l’operazione, si tratta di una cellula umbra organica alla Fai, la sigla che rivendicò i pacchi-bomba spediti a Romano Prodi nel dicembre 2003. Cinque gli arrestati, tutti italiani e originari di Spoleto, accusati di violazione del 270bis per aver costituito un’associazione «dedita al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico», mentre una sesta persona è stata denunciata a piede libero.

Nel corso delle perquisizioni, una delle quali compiuta a Firenze, sono stati sequestrati pc e numerosi documenti. I presunti componenti della cellula umbra sono i ventenni Michele Fabiani e Andrea Di Nucci, il 21enne Dario Polinori, il 26enne Damiano Corrias e il 42enne Fabrizio Reali Roscini, in gran parte studenti incensurati o con precedenti minori per reati contro l’ordine pubblico. Gli interrogatori di garanzia sono fissati per venerdì. La «Coop/Fai», per gli inquirenti, aveva già all’attivo un po’ di azioni dimostrative, tra cui danneggiamenti in cantieri a Spoleto, Orvieto e Città di Castello, un tentato avvelenamento di prodotti in un supermarket di Spoleto e le minacce di morte al sindaco di Spoleto. Eclatante, ad agosto scorso, l’invio di una busta con due proiettili e minacce di morte alla presidente della Regione, Maria Rita Lorenzetti. Per procura e carabinieri, il gruppo, che si riuniva nei boschi per stabilire le proprie strategie, era pronto a un salto di qualità, e aveva minacciato «un’accelerazione armata - spiega il procuratore capo di Perugia, Nicola Miriano - della guerra ecologica esplosa in Umbria, facendo riferimento a una campagna armata da realizzare nei prossimi mesi».

Ma i componenti di quella che per gli inquirenti è una «pericolosa cellula» pronta a colpire sono invece «senza dubbio estranei ai fatti» secondo il padre di uno di loro, Aurelio Fabiani, consigliere comunale comunista a Spoleto, che comunque riduce a «bravate» le azioni di cui sono accusati, e definisce il blitz un «atto spropositato» e un’«operazione politica».
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prosegue

Mentre non cessa l'attenzione intorno ai cinque "PRESUNTI" anarchici arrestati lo scorso 23 ottobre con l'accusa di terrorismo
a Perugia è stata fissata l'udienza presso il Tribunale del Riesame per il 12 novembre alle ore 9.
Udienza decisiva, in cui verrà stabilito se i cinque giovani spoletini verranno rilasciati o dovranno rimanere in carcere in attesa del processo.
Drammatica eventualità quest'ultima, e molto difficile da accettare per i familiari, per gli amici, per tutta la città di Spoleto, in considerazione della "presunzione di innocenza" e dei tempi lunghi della giustizia nel nostro bel paese.
--------------------------------------------- continua------------
thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 18:58
per poco nn perdevo tutto quello che avevo scritto... wuff sai che mattonata [SM=g1456025]
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ancora...
PERUGIAJOURNAL- DAVANTI AL CARCERE DI CAPANNE CAMPEGGIA UNO STRISCIONE “ARDATECE STI’ BARDASCI” SCRITTO IN DIALETTO TIPICO SPOLETINO

Interrogatorio di garanzia per i ragazzi spoletini coinvolti nell’arresto di qualche giono fa. Gli avvocati difensori Vittorio Trupiano e Carmelo Parente di Michele Fabiani e Fabrizio Roscini Reali pensano ad una esagerazione da parte dei Ros nel fare l’incursione perchè secondo quanto hanno dichiarato all’uscita del carcere di Capanne, l’inchiesta non presenta valori di pesanti accuse ma vacue ragioni tali da determinare un simile arresto.

Sempre secondo gli avvocati i ragazzi non c’entrano con la lettera con i proiettili inviata alla Presidente della regione Maria Rita Lorenzetti. E’ un’inchiesta che si regge soltanto su scritte sui muri. I due legali hanno quindi richiesto al pm Manuela Comodi e al gip Nicla Restivo la scarcerazione per Reali e il riesame per Fabiani, considerato una sorta di leader del gruppo su cui pendono più accuse. Quest’ultimo ha ammesso di essere anarchico ma contesta i reati di quanto gli è stato imputato.

Dario Polinori, difeso dall’avvocato Daria Fedeli Alianti ha ipotizzato che il suo assistito si potrà avvalere della facoltà di non rispondere. “Oggi - ha detto - nomineremo l’avvocato Francesco Falcinelli nel collegio di difesa e prenderemo visione degli atti per decidere cosa fare. Per quanto riguarda il mio assistito - ha aggiunto - il fatto contestato è molto lieve. Si parla di danneggiamenti. Fatti lievi rispetto all’imputazione principale. Noi non abbiamo mai parlato con i nostri assistiti. Nelle intercettazioni che ha avuto modo di visionare, non c’è una parola alcuna, e sono veramente poche, che si possa collegare ad intenzioni politiche o terroristiche”. Tacciono invece gli avvocati spoletini Mauro Minci e Paolo Feliziani che difendono rispettivamente Andrea Di Nucci e Damiano Corrias.

Un sit-in è stato organizzato davanti al carcere di Capanne realizzato dal Comitato di solidarietà per i giovani accusati che hanno manifestato in modo pacifico con numerosi striscioni, per respingere le pesanti accuse degli inquirenti nei confronti dei ragazzi di Spoleto.

La pm Comodi invece ha confermato le accuse per tutti, conseguentemente alle indagini dei carabinieri.
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chi si sbatte per lasciare il silenzio rivendica:

E' UN PROCESSO ALL'ANARCHIA, E' UN PROCESSO POLITICO A MICHELE, ALLE SUE IDEE E ALLE SUE LOTTE.

quello che era chiaro fin dall'inizio, la natura politica dell'operazione BRUSHWOOD, emerge ancor più nettamente dopo la sentenza del riesame.
la sentenza d oggi è stata sritta il 23ott, quando è stata inventata una BANDA TERRORISTA, al solo scopo d fermare l'attività politica d michele.
nn altrimenti si spiega una sentenza scritta in poche ore, a fronte della mole d memorie difensive e documenti cartacei prodotti dalle difese che certamente richiedevano molto più tempo nn solo ad essere valutate ma per essere lette.
LA LIBERAZIONE D FABRIZIO, I DOMICILIARI A DARIO E DAMIANO, dicono, che crolla la scena del giorno del complotto in cui si sarebbe deciso l'invio delle pallottole alla LORENZETTI e con essa il capo G delle accuse, asse portante al teorema terrorista; dall'altra confermano il poco rilievo penale delle scritte fatte su i muri d spoleto.
MA MICHELE E ANDREA rimangono in carcere. michele perchè obbiettivo d questa azione repressiva, con la quale si è voluto COLPIRE LE SUE IDEE, LE SUE BATTAGLIE PER L'AMBIENTE, LE SUE RELAZIONI POLITICHE CON IL MONDO ANARCHICO, trasparenti e leggittime come dimostrano tutti i documenti processuali; ANDREA perchè amico d michele e ostaggio d'un teorema che per poter funzionare ha bisogno d complici, tanto più dopo che l'operazione antiterrorismo del generale ganzer si è rivelata priva d alcun fondamento E SU BASA ESCLUSIVAMENTE SU: CONCORDANZE TERMINOLOGICHE e d'intercettazioni che parlano d soldi(assegni) CHE PER I ROS SAREBBERO PALLOTTOLE!!!in linguaggio cifrato!!!
la verità di un operazione cosi fallimentare nn può però presentarsi cosi presto, perchè sarebbe un danno per chi su quelle tesi ha speso la sua credibilità, parliamo della presidente Maria Rita Lorenzetti e del pm Manuela Comodi.
difronte uno spettacolo che ha fatto fiasco le luci vanno spente una la volta...
c domandiamo allora, QUANTO DOVRANNO STARE IN CARCERE MICHELE E ANDREA per consentire alla gente di SCORDARE QUESTO SBARCO senza trovare nessuna "arma d distruzione d massa".

IL SILENZIO UCCIDE
comitato 23 ottobre verità su brushwood
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ancora un cominicato del comitato del 23 ottobre

la sentenza del riesame conferma e definisce il modus operandi di ros e pm, LA PRESUNZIONE D COLPEVOLEZZA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

nn c sono prove ne indizzi, s rimane in carcere con sillogismi, con operazioni semantiche e affinità lessicali.
IL SILLOGISMO: la coop-fai è una sigla dell'anarchismo, michele e andrea sono individuati come anarchici, michele e andrea sono colpevoli.
L'OPERAZIONE SEMANTICA: michele e andrea parlano d soldi, i ros separano il significante della parola e gl'atribuiscono arbitrariamente un altro significato (pallottole) la cosa concreta d cui s parlava erano assegni.
L'OPERAZIONE LESSICALE: C'è corrispondenza terminologica tra quello che scrive il gruppo d difesa ambiente d cui fa parte michele e passaggi contenuti nella lettera d minacce alla presidente della regione.

DEFINISCE
si articolano le posizioni e si focalizzano gl'obiettivi. l'associazione terroristica nn c'è, quasi tutti tra loro nn s conoscono. questa realtà è di un'evidenza inconfutabile. le poco significanti azioni INDIVIDUATIVE danneggiamento e scritte su i muri sono ammesse sin dal primo interrogatorio.
nn può il riesame che allegerire le misure restritive per dario e damiano.
fabrizio è stato tirato dentro senza alcun motivo, la perquisizione a casa sua nn ha dato logo agl'effetti sperati, nn potevano far altro che scarcerarlo.
PERCHE' michele e andrea rimangono dentro???
perchè su due episodi rivendicati dalla coop-fai nn c'è nessuna prova e michele e andrea nn possono confessare quello che nn hanno fatto.
è il nn confessare quello che i giudici voglio che li tiene dentro. i giudici in tutta evidenza utilizzano la custodia cautelare per ottenere una confessione impossibile nella presunzione d colpevolezza che si sono fatti a prescindere dalle prove.
in uno stato d diritto democratico vige la presunzione d'innocenza nn d colpevolezza.
é un segno d'inciviltà e d mancanza di giustizia per agire in senso contrario.
NON CI SONO PROVE michele e andrea devono tornare liberi subito!

comitato verità su brushwood
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anche alcune autorità sono ancora con la giustizia(forse [SM=g27834])
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parliamo un pò di chi vogliono colpire...
michele fabiani è un ragazzo tranquillo normale con amici e una ragazza a 18 anni ha publicato un libro d filosofia(si trova cercando su google) e ha sempre svolto attività politico ambientali ed è a contatto con i vari gruppi anarchici italiani per le sue idee ma svolgendo tutto alla luce del sole in modo legale e pulito...scriveva su un blog era amico d paolo dorigo e molto interssato al suo caso...è solo un breve racconto che nn da neanche la minima idea di come fosse michele io l'ò conoscioto quendo eravamo più piccoli poi con il tempo c siamo persi d vista ma se cercate in giro per internet potete trovare publicate varie mail d un sacco d gente che lo conosceva bene nel privato e tuttè tranne che un terrorista.
i ragazzi accusati di far parte della banda insieme a michele nn si sono mai incotrati tutti insieme e anche l'intecettazioni nn hanno registrazioni d loro insieme, uno degl'arrestati quando alle 5 d mattina s'è visto 5 uomini incappucciati che gli chiedevano d'aprire la porta, ha telefonato hai carabinieri e di tutta risposta "genitale apri la porta". le uniche 2 intercettazioni che riguardano quello di 40 anni sono 1 che vomita addosso alla macchina d michele perchè ubriaco davanti ad un bar... la seconda che telefona ad un'altro arrabito perchè portava via delle ragazze ad una salsicciata d ferragosto s'un mote qua vicino...
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parliamo di chi ha condotto e chi conduce i giochi

in primis c'è la presidente dell'umbria maria rita lorenzetti che ricevendo delle lettere minatorie(che ne parlerò puù avanti) ha chiamato a condurre l'indagine il prestigioso generale dei ROS giampaolo ganzer [SM=x268937]
ora 2 cosine da sapere su questa bella faccia senza peli...(hai visto che se m'ipegno miglioro la forma???)
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quello che si trova in giro!

da anarchaos
Con le operazioni che hanno visto l'arresto di 5 compagni anarchici spoletini, a cui esprimo la mia personale solidarietà, abbiamo potuto vedere in televisione Giampaolo Ganzer, capo dei ROS di Perugia che hanno condotto l'operazione repressiva, con la sua stupenda pelata, intervistato parlare davanti alle telecamere dei telegiornali.
Forse questa immagine aulica avrà fatto venire voglia a molti di saperne di più su chi sia il soggetto in questione, e su quali credenzialità dispongano lui ed i suoi compari dei ROS di Perugia.

Da questo documento, emergerebbe che Giampaolo Ganzer sia noto alle cronache anche giudiziarie in relazione all'accusa di associazione per delinquere e di narcotraffico internazionale.

I ROS di Perugia, nell'ambito di un'inchiesta anti-sindacale, avrebbero disposto il sequestro dei pc ai componenti dell'AVae-m, Ad ogni pubblica iniziativa di rilievo dell'AVae-m (Dossier, sit-in, libri, Congresso), hanno fatto seguito azioni di intimidazione (9), ricoveri coatti (2), incidenti stranissimi (4), perquisizioni con motivi di comodo (Michele stesso, Trupiano, e adesso quelle contro SLAI Cobas per il sindacato di classe). Le iniziative, a parte l'inchiesta anti-sindacale, sono tutte state prese dai carabinieri oppure i carabinieri hanno contribuito a che non andassero avanti le indagini (es. attentato all'auto dei freni- di Paolo Sacchetto, incidente gomme- all'auto di Michele, distruzione dell'auto e persona lasciata andare via senza intervenire nè accertare dopo- di Paolo Dorigo, che ha poi denunciato penalmente l'atto come intenzionale e che ha dovuto fare casua anche all'assicurazione che non ha pagato nulla, infine il tentativo di confisca di un furgone di Paolo Dorigo, del tutto gratuito ed ingiustificato e nel merito del quale si è proceduto, che a livello psicologico rende difficili le operazioni di interferenza mentale).

L'articolo intero di Paolo Dorigo è su:
www.anarchaos.it/Comunicati/o...a_michele.html

Ecco poi un articolo di Repubblica, del 22 ottobre 2003, che traccia una splendita biografia dell'eroe Giampaolo Ganzer:

La Procura di Milano chiude il fascicolo sulle operazioni antidroga Sotto inchiesta il comandante e altri venti ufficiali
Il magistrati: "Associazione
criminale nel Ros dei Carabinieri"
Accuse per associazione per delinquere, abuso e peculato
di CARLO BONINI
Il comandante dei Ros
Giampaolo Ganzer MILANO - Questa è una storia nera di cui la Procura della Repubblica di Milano è venuta a capo dopo sette anni di indagini cui pochi desideravano mettere mano e che Repubblica è in grado di documentare. E' la storia di un'associazione per delinquere che ha vestito e veste la divisa del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri. Di venti manovali in divisa, agli ordini di un ufficiale che, oggi, del Ros è il comandante. Il generale Giampaolo Ganzer. Dal 1991 al 1997, le routine operative della sezione antidroga del reparto investigativo di eccellenza dei carabinieri sono state declinate in un grumo di abusi, malaffare, illecito arricchimento personale, peculati, provocazioni, istigazioni, ricatti.

Almeno venti militari, tra ufficiali e sottufficiali, hanno sistematicamente violato le norme e le prassi che disciplinano le operazioni antidroga sotto copertura, trasformandosi in trafficanti e raffinatori di stupefacenti in proprio. Arresti obbligatori di latitanti sono stati omessi, falsificando regolarmente i rapporti all'autorità giudiziaria che talvolta non ha visto e, spesso, quando ha visto ha preferito girarsi dall'altra parte. Centinaia di milioni di lire di denaro contante frutto di sequestri durante le operazioni sono stati sottratti alle regole della confisca per essere riciclati.

La pubblica e consapevole menzogna è stata moneta corrente per confondere e deviare l'opinione pubblica, per svuotare il diritto di difesa degli imputati. Il ricorso alle intercettazioni telefoniche spesso non ha trovato giustificazione nè formale nè sostanziale nelle indagini. E tutto questo, con un'aggravante, annota la Procura di Milano: "Essere l'associazione per delinquere armata".

A sollecitarne le mosse, ora il tornaconto personale, ora il lustro di rapide progressioni in carriera. A plasmarne prassi e metodo, dissimulandone la natura, la pianificazione attenta e personale del suo architetto, il generale Giampaolo Ganzer, oggi comandante del Ros, e di due consapevoli complici: l'ufficiale dell'Arma Mauro Obinu, già comandante della sezione antidroga del Ros e oggi nella divisione criminalit� organizzata del Sisde, il servizio segreto civile, nonchè il sostituto procuratore della Repubblica, Mario Conte, già pubblico ministero a Bergamo, oggi magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Brescia.

Ventisette informazioni di garanzia hanno già raggiunto gli indagati in questo affare. E con un atto istruttorio di 40 pagine che precede le richieste di rinvio a giudizio, a loro è stata comunicata la "chiusura delle indagini preliminari" e la contestuale "discovery" di una cinquantina di faldoni istruttori su cui la pubblica accusa si prepara a celebrare il processo.

Processo che sembrava non dovesse riuscire ad approdare ad un esito, quale che fosse. Istruito dal pm di Brescia Fabio Salamone, l'intero, monumentale incarto aveva infatti conosciuto un'avvilente navetta tra procure della repubblica, prima di approdare in Cassazione ed essere quindi assegnato, due anni or sono, a Milano. Dove ora a firmare i provvedimenti non sono solo i due sostituti titolari dell'inchiesta, i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Daniela Borgonovo e Luisa Zanetti, ma anche - a sottolinearne il peso - il procuratore aggiunto Ferdinando Pomarici. Un magistrato di robusta esperienza, dai modi equilibrati e certo libero, come racconta la sua storia professionale, da ogni possibile sospetto di inimicizia per l'Arma dei carabinieri.
Vediamo, dunque.

*

All'inizio degli Anni 90, l'Arma intravede nelle grandi indagini antidroga una frontiera professionale su cui misurare duttilità e intelligenza dei propri ufficiali e sottufficiali, ma anche un laboratorio in cui sperimentare routine eccentriche rispetto ad antiche e ossificate pratiche da caserma. Esportabili - se testate positivamente - anche nella lotta all'eversione o alla criminalità organizzata. La legislazione adegua le proprie norme, disegnando per i cosiddetti "agenti sotto copertura" una rete di norme "scriminanti" che li sottrae ad alcuni obblighi di legge, tutelandone l'incolumità e l'anonimato. Gli agenti possono infiltrare le organizzazioni nazionali e internazionali del narcotraffico. Chiedere e ottenere dalla magistratura di ritardare il sequestro di carichi di stupefacenti. Evitare l'arresto di pesci piccoli, se questo serve a individuare e catturarne di grossi. Sono norme che, se soltanto maneggiate con scrupolo, hanno alta incidenza operativa e non deragliano da un sistema equilibrato di garanzie.

Nel Ros, evidentemente, qualcuno fa altri pensieri. Quella improvvisa libertà operativa viene declinata, nella peggiore delle ipotesi, come nulla-osta all'abuso, a costituirsi come corpo separato. Nella migliore, come efficace strumento per liberarsi dei fastidiosi lacci e lacciuoli con cui le procure della Repubblica imbrigliano la "fantasia" del Reparto. A Roma - siamo nel 1993 - al comando di via Ponte Salario è arrivato un giovane ufficiale, Giampaolo Ganzer. Ha fretta di crescere e non ne fa mistero. Nel '94, dirige il II reparto investigativo, competente per le operazioni antidroga e, in meno di quattro anni, percorre l'intera catena gerarchica. Prima come comandante del Reparto analisi, coordinamento e osmosi operativa ('95-'97), quindi come vicecomandante del generale Mario Mori (oggi direttore del Sisde). Diventerà comandante del Ros nel 2001.

Ganzer ha un metodo. E il metodo - ricostruisce l'inchiesta della Procura di Milano - si fa "sistema". Il Ros istruisce le sue operazioni ottenendo una delega in bianco dall'autorità giudiziaria. Che serve a legittimare iniziative che di legittimo non hanno nè la premessa nè l'esito. Ma che rispondono a una routine.
Leggiamo dagli atti: "Il Ros instaura contatti diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni sudamericane e mediorientali dedite al traffico di stupefacenti senza procedere nè alla loro identificazione nè alla loro denuncia". Ordina quindi "quantitativi di stupefacente da inviare in Italia con mercantili o per via aerea, versando il corrispettivo con modalità non documentate e utilizzando anche denaro ricavato dalla vendita in Italia dello stupefacente importato. Denaro di cui viene omesso il sequestro". Che non si tratti di "operazioni di infiltrazione" lo capisce anche un bambino. "Si tratta - annota la Procura di Milano - di istigazione ad importare in Italia sostanze stupefacenti".

Fabbricato artificiosamente il reato attraverso l'istigazione, è ora necessario che su qualcuno ne venga schiacciata la responsabilità attraverso il falso, la menzogna, l'abuso. Scrivono i magistrati: "Il Ros rappresenta falsamente all'autorità giudiziaria e alla Direzione Centrale dei servizi antidroga inesistenti accordi tra le organizzazioni italiane acquirenti e i fornitori. Accordi asseritamente appresi grazie ad agenti infiltrati". E' una storiella buona per chi vuole o ha interesse a berla, ma necessaria a liberare la mossa successiva. "Il Ros prende in carico lo stupefacente al suo arrivo in Italia, omettendo ogni doverosa attività di controllo su quantità e qualità. Lo trasporta e lo detiene, anche per lunghi periodi di tempo, talvolta lasciandolo nella disponibilità incontrollata di trafficanti". Provvede dunque alla "installazione di laboratori per la affinazione", alla "ricerca degli acquirenti, attraverso la mediazione di mediatori pagati". "Istiga all'acquisto, diffondendo sul mercato la notizia della possibilità di acquisire stupefacente".

Il gioco è fatto. Il resto è banale dettaglio. Sul terreno, le operazioni vengono condotte a mano libera, forzando, aggirando ogni tipo di norma, falsificando verbali di sequestro e arresto, barattando il prezzo della libertà con i latitanti. Quel che conta è ostentare "la positiva conclusione di eclatanti operazioni". L'importante è mettere le manette a qualcuno per poi agitare un pugno di arrestati - quale che ne sia lo spessore - da consegnare al pubblico ministero e ad un verdetto di certa colpevolezza.

E' una giostra ad alta redditività penale (e per alcuni anche economica) in cui tutti guadagnano. Investigatore e pubblico ministero. Bisogna soltanto decidere se salirci o meno. Bisogna, soprattutto, che un magistrato presti la propria faccia e la propria firma, autorizzando il Ros a operare dalle Alpi alla Sicilia, aggirando le norme sulla competenza territoriale delle singole Procure e tenendo cos� lontani i ficcanaso.

*

Il sostituto procuratore Mario Conte, in quegli anni sconosciuto magistrato di provincia, sulla giostra decide di salire. A Bergamo, che non è neppure sede di una Direzione distrettuale antimafia, è lui l'interfaccia di Ganzer. Su sua indicazione, fa da ombrello, firmando quel che c'è da firmare, alle deleghe che gli presentano i sottufficiali del Ros in forza al nucleo di Brescia, Gilberto Lovato, Rodolfo Arpa, Gianfranco Benigni, Michele Scalisi, Alberto Zanoni Lazzeri, autorizzandoli a operare sull'intero territorio nazionale, di concerto con il comando Ros di Roma, e con gli ufficiali e sottufficiali delle sezioni antidroga che nel tempo vi si succedono (Mauro Obinu, Carlo Fischione, Costanzo Leone, Laureano Palmisano, Vincenzo Rinaldi).

Scrivono i magistrati di Milano: "Con Obinu e Ganzer, il sostituto procuratore della Repubblica Conte promuove, costituisce, dirige, organizza l'associazione a delinquere. Ne delinea il modus operandi. Gestisce la collaborazione dei trafficanti Enrique Luis Tobon Otoya (colombiano ndr.), Ajaj Jean Chaaya Bou (libanese ndr.) e Biagio Rotondo, agevolandone l'attività anche durante i periodi di detenzione. Fornisce un contributo rilevante con direttive e provvedimenti, emessi anche al di fuori della competenza territoriale. Partecipando personalmente, in più occasioni, ad interventi operativi".

Conte sembra dunque godere di assoluta extraterritorialità. E di una qualche sicumera. Quando infatti l'inchiesta lo investe, chiede e ottiene di essere trasferito a Brescia, nell'ufficio accanto a quello del pubblico ministero che su di lui ha avviato l'indagine, Fabio Salamone.

Il metodo Ros battezza almeno sei operazioni antidroga documentalmente minate da "falsi materiali e ideologici". Che la Procura di Milano individua e illumina come fonte di prova d'accusa: "Operazione Cedro" (1991); "Operazione Lido" (1994); "Operazione Shipping" (1994); "Operazione Hope" (1993); "Operazione Cobra" (1994); "Operazione Cedro Uno" (1997) (per il dettaglio, vedi le schede in queste pagine). Il Ros - annota in un suo bilancio la Procura - "si appropria di almeno 502 milioni di lire", "senza precisarne o documentarne la destinazione". E lo stesso accade per "65 chilogrammi di stupefacente" che, non solo non viene sequestrato, ma viene spacciato e dunque reintrodotto nel mercato per mano di uomini dell'Arma.

La giostra gira e molti - troppi - fingono di non vedere. Perchè? E come è stato possibile? Sono domande - lo vedremo - che meritano di non esser lasciate cadere e che offrono qualche sorprendente risposta.
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da Indymedia:

Alla sbarra anche un colonnello dei carabinieri ufficiale dei servizi segreti L'accusa è associazione a delinquere, traffico di stupefacenti e peculato Droga, generale dei Ros a giudizio "Sono tranquillo, non mi dimetto" Imputato insieme a 25 militari, il pm di Brescia Mario Conte

MILANO - Rinviato a giudizio il comandante del Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, generale Giampaolo Ganzer. Stessa sorte è stata riservata dal giudice di Milano al colonnello Mauro Obinu, ex Ros oggi ufficiale presso i servizi segreti Sisde, e al pubblico ministero bresciano Mario Conte. Insieme ad altri 26 ufficiali e sottufficiali dei carabinieri, sono accusati di associazione a delinquere, traffico di stupefacenti e peculato per presunte irregolarità nell'ambito di alcune operazioni antidroga compiute nei primi anni '90. Il processo si terrà il prossimo 18 ottobre. Per due imputati minori, il giudice ha già emesso sentenza con rito abbreviato. Fiorenzo Vismara è stato condannato a sei anni e otto mesi; Gabriella Casavola sconterà quattro anni di reclusione.

Il comandante dei Ros Giampaolo Ganzer, ha detto di avere "la coscienza a posto". "Affronterà serenamente il giudizio. Non ho intenzione di dimettermi. Se non avessi la coscienza a posto, l'avrei fatto anche prima. Ci penseranno i miei superiori".

I giudici dell'accusa sono convinti di aver messo le mani su una struttura deviata dei carabinieri che ha lavorato indisturbata per quasi sei anni. La conclusione raggiunta dagli inquirenti è che una parte consistente dei fondi a disposizione dell'Arma per l'acquisto di stupefacenti al fine di scoprire bande di trafficanti (e si parla di molti miliardi di vecchie lire) sia stata versata direttamente dai Ros nelle casse dei "cartelli" di narcotrafficanti colombiani e libanesi. La droga veniva poi fatta sbarcare in Italia e consegnata - senza nessun controllo - a trafficanti di fiducia in vista dei "blitz" presentati come brillanti operazioni di servizio. Che spesso, si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, si concludevano con l'arresto solo dei pesci piccoli e il recupero solo di parte della droga.

Mario Conte, il giudice rinviato a giudizio insieme all'alto ufficiale dei Carabinieri, è sospettato dai colleghi di Milano di aver fornito copertura agli affari illeciti dei Ros quando svolgeva il ruolo di pm a Bergamo (oggi è magistrato alla Direzione distrettuale antimafia di Brescia).

Sotto inchiesta anche la gestione economica dei fondi a disposizione dell'Arma. Il Ros - annota in un suo bilancio la Procura - "si appropria di almeno 502 milioni di lire, senza precisarne o documentarne la destinazione".
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e questo!
Qui, durante i fatti della Diaz, lo vediamo coinvolto nel formulare accuse di cospirazione per le quali non si trovarono neanche le prove:
But in two years it has not been found a video, a photography, a witness that prosecute some of them to take part to the riots and damaging although big efforts by the commission G8 of the Genoa police-headquarters, of Digos from other areas of Italy and from the Carabinieri from the Ros (and perhaps of some foreign police forces). This is the enquiry that on 4th December, excluding the conspiracy suggested
by Ros of General Giampaolo Ganzer
italy.indymedia.org/news/2003.7_comment.php

Qui lo vediamo più o meno in collegamento con il bos Felice Maniero:
Ganzer fu grande manovratore di documenti e pentiti (e relativi sostegni finanziari) anche in seno alle inchieste sulla colonna veneta delle Brigate Rosse prima di occuparsi della malavita organizzata del nord est. La sua spregiudicatezza lo portò a trovarsi spesso in posizioni scabrose, come quando risultò che il suo uomo più affidabile era in busta paga del bandito Felice Maniero. Si trovò a essere indagato per false dichiarazioni rese al pm di Verona o a rispondere di ingenti quantità di cocaina utilizzata per infiltrazioni o provocazioni senza consenso della magistratura. Al punto che la procura di Brescia, dopo la scoperta di una raffineria di cocaina gestita dal Ros, ipotizzò alla fine degli anni 90 una sorta di associazione a delinquere all'interno della sezione antidroga del Ros, finalizzata a fare del traffico di stupefacenti non il mezzo di indagine, ma il fine della propria attività.
All'interrogatorio il colonnello Ganzer si presenta con un microfono sotto il bavero della giacca, registrò le invettive fuori verbale del magistrato contro di lui, chiese ed ottenne il trasferimento di un'inchiesta ormai destinata a morire.
www.globalproject.info/art-2861.htm
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nn dico che sono tutti uguali ma chi è meglio d questa gente ne resta sempre soggiogato!
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thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:00
adesso un pò d legislatation [SM=g1456024] [SM=g1456025] (scusate ma c vuole) [SM=g1456024] [SM=g1456025]

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Avv. Vittorio Trupiano
Docente in diritto penale internazionale







TRIBUNALE DEL RIESAME DI PERUGIA


N. 673/07 R.M.C. PERS. FABIANI MICHELE
N.674/07 R.M.C. PERS. REALI ROSCINI FABRIZIO

Udienza del 12.11.07



Motivi a sostegno delle richieste di riesame pervenute il 27.10.07


La misura cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Perugia in data 18.10.07, e sostituita nei confronti del solo Reali Roscini con quella degli arresti domiciliari dallo stesso Gip Dr.ssa N.F. Restivo, va annullata in quanto al capo A) per i motivi di seguito dispiegati:

Insussistenza della fattispecie di cui art. 270 bis c.p. con riferimento al comportamento processuale degli indagati ed alla personalità degli stessi


Il Tribunale del Riesame deve, infatti, tener di conto anche dei fatti sopravvenuti all’emissione della oo.cc.
Orbene, trattandosi di reato c.d. “politico”, almeno per distinguerlo dai reati propri della criminalità comune, organizzata o meno che quest’ultima sia, è da evidenziare come entrambi gli indagati, accusati, con riferimento al capo di imputazione che stiamo esaminando, nello specifico di “azioni rivolte nei confronti delle Istituzioni dello Stato italiano”, sia pure in modo diverso, non si siano avvalsi della facoltà di non rispondere, prerogativa, quest’ultima, propria dei terroristi, di coloro, cioè, che hanno dichiarato guerra alla Stato ed alle sue Istituzioni democratiche con la finalità di un sovvertimento violento delle stesse.
Riconoscendo, pertanto, la Magistratura, sia quella Giudicante, sia quella Inquirente ( cfr.: doppio interrogatorio da parte del Gip e del P.M. ), quale loro interlocutore, essi hanno già manifestato di accettare incondizionatamente le regole dell’Ordinamento Giudiziario dello Stato italiano, e per ciò stesso lo Stato italiano.
Non si sono dichiarati prigionieri politici, hanno risposto, hanno contestato gli addebiti loro rivolti, non li hanno rivendicati.
Possono essere considerati tali indagati aderenti ad un gruppo anarchico-insurrezionalista?
E’ questa la loro “insurrezione”?
Se la fattispecie loro contestata è da rapportare nell’ambito dell’art. 270 bis c.p., se questi sono terroristi, potremo tirare finalmente un sospiro di sollievo ed affermare di aver domato la bestia terrorista non tramite il pentimento ( più o meno interessato che lo stesso possa essere essere ), bensì tramite il riconoscimento da parte dei presunti terroristi del loro nemico: lo Stato!
Ovviamente, queste considerazioni non possono non avere un riverbo anche sotto l’ottica della persistenza delle esigenze cautelari, esigenze che, da simile comportamento processuale posto in relazione alla accusa di eversione dell’ordine democratico, sono obiettivamente ed inequivocabilmente allo stato insussistenti.
Essi, pertanto, hanno il sacrosanto diritto di essere giudicati a piede libero, la qualcosa, posta in relazione al capo di accusa, consentirebbe un loro totale recupero del principio della legalità, mentre il protrarsi della carcerazione preventiva, aggravata dall’Alta Sorveglianza a cui gli stessi sono sottoposti, a giudizio dello scrivente che li ritiene innocenti, potrebbe produrre l’effetto contrario, e, cioè, l’astio da parte di due incensurati nei confronti delle Istituzioni.
Se processo politico è, come è, il Giudicante deve tener di conto anche delle finalità che l’esercizio dell’azione penale si propone e che non devono essere esclusivamente repressive in ossequio al principio della “giustizia sostanziale”.
Comunque, a scanso di equivoci, questo era il “salto di qualità” che la presunta cellula anarchico-insurrezionalista si riprometteva: dialogare con la Magistratura, riconoscere lo Stato e le sue Istituzioni?
E c’è chi, come Reali Roscini, lo ha dichiarato esplicitamente nel corso dell’interrogatorio da parte del Gip, depositando anche la ricevuta di versamento di 1 euro per aver partecipato alla votazione delle primarie del nuovo Partito Democratico, specificando di avere sempre esercitato il proprio diritto di voto, sempre!
Reali Roscini, anche se ciò non risulta dal verbale riassuntivo del suo interrogatorio, ha pure specificato di riconosce “soprattutto” la Costituzione della Repubblica Italiana.
Può essere costui annoverato fra i presunti fondatori di una cellula terroristica?
Il Fabiani, culturalmente profondamente preparato, studente universitario iscritto al 2° anno della Facoltà di Filosofia, elabora nel corso dei due interrogatori la sua contrapposizione allo Stato, ma essa è una contrapposizione concettuale alle Istituzioni, in senso critico delle stesse, e mai rivendicatrice del metodo violento e sovversivo dell’ordine democratico.
Allora qui si stanno processando, sia pure “travestite” dalla formulazioni di plurimi capi di imputazione, il suo libero pensiero, la sua ideologia, in buona sostanza, la filosofia ed il credo politico anarchico, e ciò è quanto di più incostituzionale possa esistere!
Nell’impugnata oo.cc., i riferimenti a Paolo Dorigo, alla associazione dallo stesso fondata in difesa delle presunte vittime di controlli mentali, l’Avae-m, al libro “La tortura nel bel paese” ( libro la cui prefazione porta la firma del Senatore Giovanni Russo Spena, nonché l’intervento dello scrivente Avv. Vittorio Trupiano ) sono continui, ripetuti e gratuiti ed alimentano il sospetto del Fabiani di essere stato destinatario di particolare attenzione da parte dell’Arma dei Carabinieri proprio nel momento in cui inizia a caldeggiare la protesta del detenuto comunista Paolo Dorigo.
Fabiani, infatti, partecipa a diversi sit-in all’esterno del carcere di Spoleto, scrive a Dorigo, sottoposto a censura e detenuto in E.I.V., e lo fa mentre oltre 40 fra Senatori e Deputati della Repubblica italiana, nonché Consiglieri regionali umbri, si avvicendano nel rendergli visita e manifestargli la propria solidarietà ( anche il Sindaco Brunini fù solidale )!
Ma chi è Dorigo e perché suscita tanto interesse nell’allora nemmeno diciottenne Michele Fabiani?
E’ opportuno porci questo quesito, esso è pertinente ai fatti oggetti del presente procedimento penale, perché Dorigo, così come la sua predetta associazione, al parti di diversi personaggi che gravitano nella sua orbita politica, come Maurizio Bassetti, e non solo, rappresentanto una costante fissa nelle informative dei ROS, trasumate integralmente nella oo.cc. e come tali costituenti parte integrante della stessa.
Di certo la sua storia, quella scritta con la privazione della sua libertà per ben 12 anni, scritta col suo sangue a causa delle molteplici violenze anche fisiche che ha dovuto sopportate durante la detenzione e fatte oggetto anche di inchiesta da parte del Comitato anti-tortura presso la Commissione europea, costituisce la pagina meno “gloriosa” dell’amministrazione della Giustizia italiana.
Condannato in Patria nel ’93 proprio per il reato di cui all’art. 270 bis c.p., nel ’98 la Corte europea gli riconosceva il diritto ad un giusto processo ( quello celebrato dalla Corte di Assise di Udine giusto non fù, dal momento che il suo accusatore si sotrasse al libero esame nel contraddittorio delle parti processuali, mentre le sue accuse entrarono nel processo e furono utilizzate ex art. 513 c.p.p. ).
Altri 8 anni (!) sono passati per vedere riconosciuto il suo diritto alla celebrazione di un nuovo processo in Italia.
Egli venne scarcerato nel 2006 in quanto la Corte di Appello di Bologna, competente per il giudizio di revisione, riconobbe fondata la eccezione, sollevata dallo scrivente avvocato Vittorio Trupiano, di illegitimità costituzionale dell’art. 630 lett. a) nella parte in cui non prevedeva la sentenza della Corte europea quale titolo per poter richiedere la revisione di sentenza di condanna in diritto interno.
Solo così è chiusa una interminabile fra lo Stato membro Italia ed il Comitato dei Ministri presso il Consiglio d’Europa ( Organo preposto alla esecuzione delle sentenze della Corte europea ).
E’ doveroso rappresentare tutto ciò in quanto le informative di carattere generale dei ROS, prodromiche alla misura cautelare, si sono occupate a lungo di Dorigo che però viene “presentato” quale terrorista, piuttosto che come vittima delle conseguenze di un non giusto processo.
Così come particolare attenzione è stata dedicata nella oo.cc. al fenomeno del gruppo della COOP/FAI, nella sua genesi e nella sua evoluzione, esattamente “ad colorandum” la contestata fattispecie criminosa che, al contrario, ricondotto l’operare del cinque indagati nella sua realtà, obiettivamente si appalesa lontana mille miglia da ogni forma di terrorismo ( pag. 74 oo.cc. MICHELE: “..io che ce sò state queste azioni l’ho saputo l’altro ieri..non sapevo niente prima, quindi niente..” ).

I profili politico-giuridici dell’art. 270 bis c.p. nel diritto sostanziale

Si tratta dei reati di Associazione Sovversiva ( così come concepiti dalla dittatura fascista, che promulgò l’art. 270 nel 1930 ), associazione sovversiva con finalità terroristica ( art. 270 bis ) rivista e corretta, con aumento di pene, esclusione dai benefici e infinite possibilità preventive, dopo l’11 settembre 2001.
Questa involuzione è tutta in linea con le misure emergenziali oggi in voga in mezzo mondo, sulla fasa riga del Patriot Act americano.
Il reato associativo ex art. 270 c.p., proprio per la sua logica antidemocratica, doveva essere abrogato non appena l’Italia si liberò dalla dittatura, questo articolo rimase invece in vigore, anche se con scarsa applicazione, per ricomparire in grande stile nel corso del conflitto sociale e politico degli anni settanta.
Un’emergenza, che, poi, nel nostro Paese non è mai finita.
Attraverso l’art. 270 e derivati ( 270 bis, tir, quater, quinquies,essties… ), è possibile condannare il reo prima di avere compiuto il reato, in pratica il reato eversivo, così come concepito, si compone della sua, peraltro presunta, intenzione.
Carta bianca, dunque, ai più fantasiosi teoremi e ai manovratori dell’emergenza, per un nulla possono essere colpiti movimenti politici ( A Manca in Sardegna, Iniziativa Comunista e vari altri raggruppamenti colpiti da simili provvedimenti in questi anni ) o comunità nazionali, in generale è l’intera società e la possibilità stessa di una sua trasformazione a subire questa metafisica cappa repressiva.
La dinamica stessa della war on terrorism si è sovrapposta a questa emergenza infinita tutta italica, portando sia ad un peggioramento legislativo, riscontrabile oltre che nell’aumento delle pene anche nella sopressione, in vigore dal 2003, dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla detenzione altrimenti previste dalla legge Simeone.
Dal 2003 i detenuti condannati in via definitiva per art. 270 bis dovranno scontare per intero la pena in carcere, in barba ai principi di reinserimento sanciti dalla nostra Costituzione.
La pena, per questi reati marcatamente ideologici, è cioè esclusivamente afflittiva e punitiva, finalizzata a punire il compimento di un reato, cioè l’eversione e sovversione dell’ordine costituzionale, un reato che agli effetti della condanna è tutto nella coscienza dei soggetti perseguiti.
E’ abbastanza incontestabile, e tra l’altro ben analizzato da autorevoli esponenti degli apparati di controllo, che nella realtà delle cose non vi è alcun pericolo per la stabilità dell’ordine costituzionale e dunque questa emergenza, così concepita, sia destituita di ogni fondamento.
Ben altri sono i pericoli, e i condizionamenti terroristici ed eversivi operati dagli anni settanta in avanti, in quella che può essere definita una democrazia a metà: dalle troppe “stragi di stato”, ai progetti pidduisti, ai tentativi secessionisti del Nord Italia, tutti episodi che hanno condizionato sensibilmente la dialettica democratica, ma verso i quali è stata usata ben altra delicatezza.
Eppure è con questa strategia eversiva degli apparati che si è impedito l’accesso agli strumenti democratici a una parte del popolo italiano, che ne è rimasta così esclusa, ed è attraverso questo tipo di terrorismo che si è colpito a fondo lo sviluppo del movimento popolare e di classe nei decenni passati.
Non è un caso forse che negli ultimi tempi mentre aumentavano le pene per i reati associativi, peggiorando anche le condizioni di detenzione nei reparti speciali ad Elevato Indice di Vigilanza già dichiarati illegittimi dalla Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, si ponesse mano al codice per dare notevoli sconti e riduzione di pena per i reati a sfondo razziale e contro l’unità dello Stato.
E non è un caso che per lo stragismo e i disegni eversivi finalizzati alla stabilizzazione moderata non è mai stato individuato nessun mandante o serio colpevole.
Da notare infine che sia per episodi riguardanti atti legati all’estremismo di destra, anche di eclatante pericolo, che per disegni decisamente eversivi come l’ambigua vicenda del DSSA nel 2005, non sia stato applicato in questi ultimi anni il criterio dell’art. 270, ciò nonostante il rinvenimento di armi, esplosivi, pratiche eversive finalizzate a procurare allarme e destabilizzare il Paese con attività illecite entro le forze armate e di polizia (anche con l’accesso ai dati del Ministero degli Interni e complicità mai chiarite).
Come a dire che in pratica gli articoli di legge sono di parte nella loro applicazione, e l’art. 270-270 bis è “prerogativa” di chi non rinuncia a lottare per una trasformazione della nostra società, contro guerre illegali e violazioni di diritti di cui le nostre Istituzioni dovrebbero invece essere garanti.
Un dato sociologico piuttosto banale ma che è sempre bene ribadire è che il rapporto tra società e criminalità è caratterizzato da uno stretto dinamismo parallelo.
Così una società arretrata viene caratterizzata da forme arcaiche di criminalità, mentre a società avanzate e complesse corrispondono forme sempre più articolate di aggressione ai beni umani.
Per farvi fronte, il legislatore deve adottare mezzi di contrasto normativi e giudiziari che devono seguirne e mutarne necessariamente la complessità, senza indulgere a semplificazioni pericolose sul piano delle garanzie, che potrebbero far scivolare gli ordinamenti più avanzati verso l’ingiustizia e l’arbitrio.
Viceversa, un esempio di come il nostro legislatore possa esprimere, in momenti di particolare emotività connessa ad eventi straordinariamente traumatici, norme irragionevoli, vacuamente semplificatorie, di mero effetto simbolico e pertanto di difficile applicazione ( a meno di non piegare il diritto ad esigenze metagiuridiche conducenti a risultati opposti rispetto a quelli di giustizia ) è dato dalla modifica dell’art. 270 bis c.p. all’indomani della tragedia dell’11 settembre 2001.
Questa norma addirittura punisce le associazioni con finalità di terrorismo “anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno stato estero, un’istituzione e un organismo internazionale”!
Mentre non è ancora decollato il mandato di cattura europeo, osteggiato proprio dal nostro Paese, l’art. 270 bis c.p. e certe sue interpretazioni estreme non supportate da elementi probatori adeguati rischiano di introdurre surrettiziamente una sorta di mandato di cattura globale, in contrasto con i fondamentali principi costituzionali e ordinamenti di garanzia.
L’art. 270 bis c.p. è già espressione di una legislazione penale speciale, da stato d’eccezione, e l’unica tutela è costituita dal prudente apprezzamento interpretativo del giudice.
Ciò mentre le garanzie processuali appaiono essere sempre più nel nostro sistema “a geometria variabile” e orientabili a seconda di imputazioni e imputati: massimo grado per gli imputati eccellenti ( politica, finanza, alta criminalità organizzata ), azzerate per la devianza marginale e gli immigrati minori, meglio ancora se accusati di contatti con l’area dell’integralismo islamico.
Dovrebbe ancora essere ricordato che secondo l’art. 3 della Costituzione la legge è uguale per tutti i cittadini senza distinzioni di razza o religione o di credo politico, e che le garanzie processuali non sono enfatizzabili per sfuggire al processo quando serve, o azzerabili per condanne scontate, ma per un mezzo ordinario e tendenzialmente uguale per tutti, che serve a dare credibilità e affidabilità sociale alla decisione del giudice.
Soprattutto non devono essere a geometria variabile o politicamente orientabili a seconda delle convenienze e delle opportunità.

L’inconfigurabilità della fattispecie prevista dall’art. 270 bis c.p. nel caso di specie, la giurisprudenza al riguardo

a) natura giuridica

Il delitto di cui all’art. 270-bis c.p. va inserito nella categoria dei reati di pericolo e postula soltanto l’esistenza di un’associazione che abbia il fine di eversione dell’ordine democratico, con il compimento di atti di violenza, strumentalmente diretti, perciò, alla realizzazione di detta finalità e quindi del programma di sovversione che costituisce il pericolo previsto dalla norma incriminatrice: tale fine bene può essere desunto dalla convergenza di diversi elementi, quali la personalità degli associati con la loro accertata qualificazione ideologica ( Reali Roscini: quale? ), la disponibilità di appartamenti destinati alle riunioni clandestine ( non rinvenuti ), il possesso di armi occultate in detti appartamenti ( non rinvenute ), il rinvenimento di documenti falsi ( non rinvenuti ) o di altri arnesi o strumenti sintomatici di attività illegali, la detenzione di carte e stampanti e scritti vari, a contenuto chiaramente (?) sovversivo, destinati all’utilizzo ed alla diffusione, la disponibilità di somme non giustificate ( nemmeno rinvenute ) e da qualunque altro elemento logicamente utilizzabile, per una diagnosi tecnico-giuridica del tipo indicato. ( Cass., sez. II, 14 febbraio 1985 – 14 giugno 1985, n. 5831, GP 86,II, 85; CP 86, 1532; Cass., sez. I, 4 novembre 1987 – 15 giugno 1988,n. 6952,CP 87, 977 cit. Nel senso che il reato è di pericolo presunto, v, anche Cass., sez. I, 11 maggio 2000 – 20 giugno 2000, n. 3486, CP 01, 1996 ).

Il reato di cui all’art. 270-bis c.p. è un reato di pericolo presunto, per la cui configurabilità occorre, tuttavia, l’esistenza di una struttura organizzata ( ? ), che deve presentare un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l’attuazione del progetto criminoso, correlata alla idoneità della struttura al compimento di una serie di reati per la cui realizzazione l’associazione è istituita ( Cass., sez. I, 11 ottobre 2006 – 17 gennaio 2007, n: 1072, CED 235289 ).

b) elemento oggettivo

Il reato di cui all’art. 270-bis c.p., è un reato di pericolo presunto, per la cui configurabilità occorre, tuttavia, l’esistenza di una struttura organizzata, con un programma comune fra i partecipanti, finalizzato a sovvertire violentemente l’ordinamento dello Stato e accompagnato da progetti concreti ed attuali di consumazione di atti di violenza. Ne consegue che la semplice idea eversiva, non accompagnata da propositi concreti ed attuali di violenza, non vale a realizzare il reato, ricevendo tutela proprio dall’assetto costituzionale dello Stato che essa, contraddittoriamente, mira a travolgere. Analoghe considerazioni vanno fatte per il reato di cui all’art. 272 c.p. per il quale è necessario che l’azione sia idonea a suscitare consensi in un numero indeterminato di persone relativamente non ad un’idea bensì ad un programma violento di eversione ( ?! ) ( Cass., sez. I, 11 maggio 2000 – 20 giugno 2000, n. 3486; CP 01, 1196 ).

c) elemento soggettivo

La finalità di terrorismo e quella di eversione dell’ordine costituzionale sono concettualmente distinte. Costituisce finalità di terrorismo quella di incutere terrore nella collettività con azioni criminose indiscriminate, dirette, cioè, non contro le singole persone ma quello che esse rappresentano o, se dirette contro la persona, indipendentemente dalla sua funzione nella società, miranti ad incutere terrore per scuotere la fiducia nell’ordinamento costituito ed indebolirne le strutture. La finalità di eversione si identifica, invece, nel fine più diretto di sovvertire l’ordinamento costituzionale e di travolgere l’assetto prularistico e democratico dello Stato disarticolandone le strutture, impedendone il funzionamento o deviandolo dai principi fondamentali che costituiscono l’essenza dell’ordinamento costituzionale ( Cass., sez. I, 11 luglio 1987 – 5 novembre 1987, n. 11382, CED 176946 ).

d) circostanze

I cinque indagati, invero, non possono essere assolutamente definiti portatori né dell’una, né dell’altra finalità, nonstante che al capo a) vengano contestate loro entrambe le finalità ( ! ), senonaltro in relazione ai presunti singoli comportamenti criminosi dettagliatamente descritti nei reati fine.
D’altra parte, manca nei loro confronti la contestazione dell’aggravante del fine di terrorismo privista dall’art. 1 l. 6 febbraio 1980, n. 15.
Tale finalità, infatti, non è elemento costitivo del reato, ma circostanza aggravante dello stesso ( Cass., sez. VI, 10 febbraio 1998 – 13 marzo 1998, n. 3241, CP 99, 1104 ).


Il rapporto intercorrente tra la fattispecie dell’art. 270 bis c.p. e quella dell’associazione sovversiva ( art. 270 c.p. ): la non configurabilità, nel caso di specie, della fattispecie prevista dall’art. 270 bis c.p.


In seguito all’intervento riformatore del 2005 viene ad essere alterato, anche, il rapporto intercorrente tra la fattispecie dell’art. 270-bis c.p. e quella dell’associazione sovversiva (ex art. 270 c.p.), recentemente modificata dalla cd. legge sui reati di opinione.
In precedenza, pur presentando elementi comuni quali la struttura organizzativa ed il compimento di atti di violenza, si differenziavano per lo scopo ( in un caso la finalità di terrorismo o di eversione e, nell’altro, la volontà di sopprimere violentemente gli ordinamenti economici o sociali dello Stato ) e per la circostanza che la condotta dell’art. 270 c.p. doveva realizzarsi nel territorio dello Stato italiano.
Già sotto la vigenza della precedente normativa la giurisprudenza aveva affermato la configurabilità di un concorso apparente di norme, in quanto le due fattispecie presentavano la stessa obiettività giuridica ed aveva stabilito l’applicabilità del solo art. 270-bis c.p. in caso di associazioni operanti in Italia.
Tale soluzione avrebbe comportato un’abrogazione implicita dell’art. 270 c.p. ed un’interpretazione ampia e compatibile con i canoni europei della finalità di terrorismo, in cui sono ravvisabili elementi propri della sovversione e dell’eversione.
Con la riforma dei reati di opinione il nuovo art. 270 c.p. si sovrappone in maniera parziale all’art. 270-bis c.p., nell’ipotesi in cui entrambe le fattispecie incriminano le associazioni sovversive contro lo Stato italiano e l’art. 270-bis c.p. troverà applicazione in via esclusiva nel solo caso di associazioni con finalità di terrorismo internazionale. ( in: Criminalità organizzata trasnazionale e sistema penale italiano, a cura di Elisabetta Rossi )

Come è stato agevole rilevare, l’imputazione di cui al capo a) con riferimento all’art. 270-bis c.p. è assolutamente carente sotto il profilo della natura giuridica dello stesso e dei suoi elementi, oggettivo e soggettivo, oltre a non poter essere configurabile, come appena visto, nel caso de qua, il tutto comportando, tra l’altro, l’insussistenza dei gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza, o, nella peggiore delle ipotesi, l’insussistenza attuale della misura cautelare ( v. comportamento processuale degli indagati, loro personalità ).
In tal senso, quindi, l’oo.cc. va annullata

I precedenti giudiziari specifici:
Il precedente del Tribunale del Riesame di Bologna: la “FAI” ( informale ) non esiste, la Cassazione conferma

Con dispositivo reso all’udienza dell’11 giugno 2005 e motivazione depositata il 25 successivo 25 agosto, il Tribunale del Riesame di Bologna, presieduto dalla Dr.ssa Liliana Gabbi, annullò l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli anarchici, Bertoni Mattia, Speziale Valentina, Cremonese Danilo, Caroli Elsa, Tavarnese Tirteo, e Bisesti Carlo, tutti imputati del reato previsto e punito dall’art. 270-bis c.p., per aver costituito una associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico denominata “Cooperativa Artigiana Fuochi ed Affini”, aderente alla “F.A.I. INFORMALE”.
Gli imputati erano accusati, tra l’altro, di aver collocato un ordigno esplosivo nei pressi della Questura di Bologna, di aver inviato plichi espolisi ai Carabinieri, al Prefetto di Genova, al Tg4, alla Betton di Treviso e al sindacato degli agenti della polizia spagnola.
La FAI ( informale ) non esiste, motiva il Tribunale del Riesame:
“Non è dato sapere se la Fai abbia effettivamente preso vita né chi si celi dietro le sigle federate..non esistono indizi convergenti per poter affermare che detta federazione si sia dotata di una struttura stabile ed organizzata”.
“Il quadro indiziario resta ben lontano dallo standard normativo che legittimi l’emissione di una misura cautelare.. non sono stati rinvenuti mezzi o documenti sintomatici di attività illegali, né è stata accertata la stabile disponibilità di mezzi, di basi logistiche, di fonti di finanziamento..nonostante la serrata attività investigativa e l’attività captativa che dal gennaio 2004 ha interessato gli indagati e nonostante le plurime perquisizioni a loro carico non si è giunti ad acquisire un quadro indiziario idoneo a sostenere, con dovuta gravità, una qualche diretta partecipazione dei sodali a uno o più fatti delittuosi che vengono ricondotti alla Cooperativa prima e alla Fai dopo”.
Né, tantomeno, è stato accolto il ricorso per Cassazione presentato dalla Procura della Repubblica bolognese ( 21 dicembre 2005 ), anzi, allo stesso si è addirittura opposta proprio la Procura generale presso la Suprema Corte!

Se, quindi, l’accusa formulata nei confronti degli attuali ricorrenti al capo a) dell’oo.cc è quella di aver costituito, organizzato, un gruppo di ispirazione “anarchico-insurrezionalista” denominato COOP/FAI “aderente alla F.A.I.-FEDERAZIONE ANARCHICA INFORMALE”, tale accusa è minata di credilità e di riscontri proprio nel momento genetico della misura cautelare per la palese inesistenza, o quanto meno per la non dimostrata esistenza, di tale Struttura Federale.

L’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bologna, d'altronde, non fa altro che recepire integralmente l’orientamento giurisprudenziale del Supremo Collegio di legittimità, quanto ai presupposti indispensabili ( disponibilità di appartamenti clandestini per le rionioni degli aderenti, disponibilità da parte degli stessi di fonti di finanziamento, disponibilità di armi, disponibilità di basi logistiche) per potersi configurare l’esistenza di una associazione terroristica o eversiva che dir si voglia, come già abbondantemente trattato in precedenza.
In mancanza, infatti, di siffatti presupposti non è dato assolutamente di asserire e di configuare un gruppo avente finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, non può assolutamente sussistere l’ipotesi di reato di cui all’art. 270-bis c.p.

I precedenti giudiziari specifici, segue: Val di Susa, non basta un volantino per essere terroristi
Cassazione, I Sez. Pen., sentenza n° 5578 del 12.2.2002

La Cassazione ha stabilito che le azioni dimostrative contro l’Alta Velocità non si possono considerare atti terroristici, perché non avevano obiettivi che mirano al cuore dello Stato.
Le azioni dimostrative contro l’Alta Velocità in Val di Susa non sono punibili come atti terroristici, anche se gli “anarco-insurrezionalisti” le hanno apertamente rivendicate con un volantino.
La Cassazione ha dichiarato nulla la sentenza di condanna per terrorismo inflitta al gruppo anarchico che in Val di Susa aveva preso di mira il progetto dell’Alta Velocità incendiando enti locali e manomettendo l’impianto di illuminazione di una galleria autostradale ( gli attuali indagati, per la verità, anche a voler assecondare il teorema accusatorio, avrebbero fatto molto di meno.. ).
In sostanza la riflessione della Suprema Corte è la seguente: non possono essere condannati per terrorismo perché non avevano obiettivi che miravano al cuore dello Stato (lo è forse, a mò di campionatura, il quadro generale dell’impianto elettrico del cantiere edile dell’impresa di costruzioni Zaffini s.r.l.? Esso è il cuore dello Stato?)
Anche i volantini con le rivendicazioni che contenevano affermazioni eversive non sono sufficienti a dimostrare l’intento terroristico.
L’ipotesi di reato di terrorismo, spega la Cassazione rimproverando il dispositivo della sentenza del Tribunale di Torino, ricorre solo quando ad essere colpiti sono “specifici organi, istituzioni, organismi di portata nazionale, la cui incolumità e normalità ddi funzionamento è necessaria per la sopravvivenza dell’ordinamento democratico italiano”.
In caso contrario si tratta solo di gruppi delinquenziali con “velletarie intenzioni insurrezionali”.
La Cassazione ha colto l’occasione per invitare gli inquirenti a non “ingigantire” la portata di certe inchieste ( ! ! ! )
Questa conclusione è perfettamente in linea con il progetto della Commissione Grosso di riforma al codice penale.
Al secondo comma dell’art. 2 del progetto si legge che “le norme incriminatrici non si applicano ai fatti che non determinano una offesa al bene giuridico protetto” ( in questo caso lo Stato, tutelato dall’art. 270 bis del codice penale ).
L’accusa di terrorismo decade nel momento in cui lo Stato “centrale” non è stato toccato dalle azioni criminose.
I Supremi Giudici hanno ritenuto già applicabile “questo parametro di interpretazione essendo pienamente consonante con i principi costituzionalmente garantiti di libertà di associazione e di tipicità dei comportamenti sanzionabili penalmente”.
Quindi non basta a far sussistere il reato di terrorismo la sola intenzione proclamata dai membri di una organizzazione, di essersi associati per sovvertire violentemente l’ordinamento dello Stato.
Anche se gli aderenti all’associazione commettono illeciti penali violenti definendoli azioni eversive, questi atti restano “di per sé stessi, inidonei, a porre in pericolo il bene tutelato da detta norma”.
“Aldilà delle proclamate intenzioni ( peraltro miranti, con metodi illeciti, a sollecitare l’attenzione della pubblica opinione e a protestare in merito al degrado ecologico della Val di Susa per la progettata costruzione della linea ferroviaria al alta velocità ) le azioni contestate all’imputato, essendo rimaste circoscritte all’offesa di beni, di proprietà privata o di enti pubblici locali, situati soltanto nella zona circoscritta e periferica dello Stato e non avendo, invece, colpito specifici organi, istituzioni, organismi di portata nazionale, la cui incolumità e normalità di funzionamento è necessaria per la sopravvivenza dell’ordinamento democratico italiano, si sono dimostrate inidonee a produrre l’evento del reato in questione, di guisa che detto comportamento associativo non può essere assunto nell’illecito di cui all’art. 270 bis c.p.”

Può, ex converso, argomentarsi e sostenere che, al pari della ZAFFINI S.R.L., il cantiere edile “POSTERNA” sia un organismo nazionale necessario per la sopravvivenza del nostro ordinamento democratico?
Così come quelle scritta sulle mura, come i volantini, integrano gli estremi della citata norma?
Orbene, questa sentenza appena richiamata corrisponde, in tutta onestà intellettuale da parte dello scrivente, all’esatta fotografia del procedimento penale di cui all’impugnata oo.cc.

Si impone, pertanto, l’annullamento dell’oo.cc. relativamento al capo a).

Per quanto, viceversa, attiene agli altri capi di imputazione, per i quali tutti pure è stata disposta l’estrema misura cautelare e nei quali tutti risulta essere indagato Michele Fabiani, nel capo g) unitamente anche a Reali Roscini, viene contestualmente depositata altra memoria difensiva sottoscritta da entrambi i difensori ai cui motivi ed alle cui conclusioni espressamente ci si riporta.
Qui basterà evidenziare come in tutti i detti capi sia sempre trascritto: “perché, in concorso fra di loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno cirminoso, perseguendo le finalità eversive di cui al precedente capo A”
Ciò nonostante, particolare attenzione sarà dedicata al capo g).
Disegno criminoso?
L’art. 270-bis c.p., che, come detto, è già reato di pericolo “presunto”, non prevede l’ammissibilità della forma tentata.
Proprio perché reato di pericolo presunto non è dato all’interpetre di operare un ulteriore arretramento della soglia di rilevanza penale.
In effetti, sussiste un rapporto di genus ad speciem tra il disposto di cui all’art. 270 bis e quello contenuto nell’art. 270, per il quale il tentativo è solo astrattamente ipotizzabile.
Ciò penalizza ulteriormente l’approccio difensivo con una fattispecie che di per sé è gia figlia della legislazione penale “speciale”.

S I C O N C L U D E
Pertanto, per l’annulamento totale dell’impugnata oo.cc.
In via subordinata:
Fabiani Michele: per la sostituzione della impugnata misura cautelare con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari;
Reali Roscini Fabrizio: per la sostituzione dell’attuale misura degli arresti domiciliari con quella meno affliitiva dell’obbligo di dimora nel comune di Spoleto e/o con quello giornaliero della firma presso organo di P.G.

Deposita: estratto da internet di parte della motivazione del Tribunale del Riesame di Bologna.
Perugia, lì 12 novembre 2007

( Avv. Vittorio Trupiano )
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00venerdì 28 dicembre 2007 19:03
quella dopo...
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TRIBUNALE DEL RIESAME DI PERUGIA
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PROC. N. 673/07 R.M.C. PERS. FABIANI MICHELE
PROC. N. 674/07 R.M.C. PERS. REALI ROSCINI FABRIZIO
***
Proc. Pen. 6088/07 RG GIP DDA Perugia
Proc. Pen. 3526/07 RG NR DDA Proc. Rep. presso il Tribunale di Perugia
***
Memoria difensiva con indicazione dei motivi del riesame
Ex art. 309, comma 9, c.p.p.

I sottoscritti Avv.ti Vittorio Trupiano del Foro di Napoli (con Studio in Napoli Centro Direzionale Isola A-5 - Tel. 081 – 787 55 22, fax 081 - 787 5448, Tel. 339 - 7245521) e Carmelo Parente del Foro di Spoleto (con Studio collegato in Spoleto Via G. Elladio 8, Tel. 0743 – 224986 Fax 0743 – 207477), quali difensori di fiducia di Fabiani Michele nato a Spoleto il 16.02.1987 e residente a Spoleto in Piazza Sordini n. 2 e di fatto domiciliato in Via Monterone n. 42, in relazione al Proc. Pen. n. 6088/07 RG GIP DDA n. 3526/07 RG NR imputato per i reati di cui agli artt. 270bis, 110, 81cpv, 414, 424, 425 n. 2), 658 c.p., 1 L. 6.2.1980 n. 15, 336, 339 co. 1, 635 co. 3 c.p., 594, 697 c.p. di cui all’Ordinanza di custodia cautelare del 18.10.2007; nonché di Fabrizio Reali Roscini nato a Spoleto il 25.1.1965 e residente a Spoleto Loc. Monteluco n. 39, in relazione al Proc. Pen. n. 6088/07 RG GIP DDA n. 3526/07 RG NR imputato per i reati di cui agli artt. 270bis, 110, 81cpv, 336, 339 co. 1, 594, 697 c.p., 1 L. 6.2.1980 n. 15, di cui all’Ordinanza di custodia cautelare del 18.10.2007;
PREMESSO CHE
- con istanze inviate a mezzo posta celere in data 26/10/2007 presso la Cancelleria di Codesto Tribunale del Riesame, hanno chiesto, facendo espressa riserva di presentarne i relativi motivi nei termini di legge, la revoca e/o l’annullamento, o, in subordine la sostituzione e/o la modifica dell’ordinanza del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Perugia del 18.10.07 notificata all’indagato in data 23.10.07 ed eseguita in pari data, con la quale veniva disposta nei confronti dei predetti la misura cautelare della custodia in carcere;
- che è stata fissata per il giorno 12.11.07 l’udienza in Camera di Consiglio per esaminare e decidere in ordine alle predette istanze;
- che nelle more è stata disposta dal GIP di Perugia la scarcerazione dell’indagato Roscini Reali Fabrizio, e disposta la misura degli arresti domiciliari;
Ciò premesso, i predetti difensori espongono i seguenti
MOTIVI DI RIESAME
1. Insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza:
La lunga e particolareggiata ordinanza impugnata prende le mosse con una dettagliata, ed in effetti allarmante, ricostruzione dell’attività eversiva svolta a livello nazionale dalla Federazione Anarchica Informale, salvo poi non offrire, nel prosieguo delle ben 193 pagine, alcun elemento di prova che colleghi gli indagati alla medesima FAI.
Su tali aspetti gli inquirenti farebbero desumere l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza unicamente da asserite analogie linguistiche e contenutistiche tra gli scritti di rivendicazione della Coop – FAI ed alcuni, numerosi (come meglio si analizzerà nel prosieguo della presente memoria), scritti di carattere politico realizzati e diffusi pubblicamente (a mezzo volantini, manifesti murali, comunicati a mezzo stampa e a mezzo Internet) dagli indagati ed in particolare dal Fabiani.
E’ bene ricordare che il procedimento nei confronti di Fabiani e degli altri coindagati non deve e non può essere un processo alla Federazione Anarchica Informale.
Vorremmo a tale proposito riportare un passo del Manuale Procedura Penale di Franco Cordero (Giuffrè Milano 1993, cfr. pag. 222 - si allega estratto - doc. 1), in cui l’illustre autore spiega, a suo modo, i principi di cui all’art. 27 della Costituzione e artt. 40 e ss. c. p.:
“25.4 L’imputato come “persona”: Cominciamo da qualche paradosso didattico. Sarebbe un finto processo se il pubblico ministero perseguisse fantasmi intellettuali (ad esempio quel sillogismo composto da tre enunciati generali affermativi che i dottori medievali chiamavano “Barbara” o il secondo principio della termodinamica o “Madame Bovary”), diavoli ovvero santi (perché scatenano temporali o non mandano la pioggia), cose inanimate (l’albero cadendo dal quale N è morto), bestie (ogni tanto finivano sul patibolo), persone giuridiche, enti collettivi (anonime, rackets, confraternite, sette, logge, cupole, famiglie, stirpi, quinte colonne et similia), cadaveri (l’inquisitore ecclesiastico condannava anche i defunti, rappresentati all’auto de fe da simulacri). Bisogna che l’imputazione evochi una persona fisica (qualunque animale umano vivo, sopra o sotto i 14 anni, inclusi gli abnormi), esista o no in carne ed ossa: può darsi che sia soltanto un nome (fabbricato da qualcuno, come succede nelle detectives stories) o esistesse ma non esista più; risultando tali eventi la sentenza dichiara “non doversi procedere”, ma se ne fosse emessa una irrevocabile sul merito, non sarebbe “inesistente”, sebbene ineseguibile. Stiamo parlando dei presupposti (a parte rei) mancando i quali il processo sarebbe pura apparenza”.
Purtroppo nel quadro accusatorio sembrano invece emergere molti dei paradossi stigmatizzati dall’autorevole dottrina sopra citata. Dalla lettura della lunga ordinanza (e dalla Richiesta del PM nonché dalle informative del Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri di Perugia, ampiamente riportate nell’ordinanza stessa) il procedimento nei confronti di Fabiani e degli altri coindagati sembra essere, a tratti, un procedimento nei confronti dell’universo (perché di universo si tratta, tanto è complesso e variegato) anarchico/”insurrezionalista”, più che nei confronti dei singoli indagati.
E’ innegabile poi, che l’ordinanza fondi l’esistenza degli asseriti gravi indizi di colpevolezza su una serie di discutibili ed arbitrari sillogismi.
Data una premessa maggiore (tutti gli appartenenti all’area anarchica sono indiziati), e una premessa minore (gli indagati sono appartenenti all’area anarchica), si giunge inesorabilmente ad una conclusione (gli indagati sono indiziati).
Se il sillogismo, poi, si restringe all’area anarchica spoletina, il GIP giunge a fondare l’esistenza di inconfutabili prove di colpevolezza: gli anarchici spoletini sono i principali indiziati, gli indagati sono noti anarchici spoletini, gli indagati sono colpevoli. Oppure, con una forzatura ancor più evidente: le rivendicazioni degli attentati contengono riferimenti a tematiche e contenuti analoghi a quelli propri del movimento ecologista spoletino, gli indagati fanno parte del movimento ecologista spoletino ed hanno realizzato e diffuso documenti sulle stesse tematiche e contenuti, gli indagati sono senza dubbio colpevoli.
Si consenta a questa difesa l’iperbole dal momento che è la stessa ordinanza a dare atto di voler fondare sulle suddette “analogie di linguaggio e di contenuti” l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Ma allora è la stessa ordinanza ad indicare i motivi che la rendono irrimediabilmente viziata. Nessuno, alla luce dei principi costituzionali e dell’ordinamento penale, può essere incriminato, o tenuto in carcere, sulla base di un mero sillogismo o sulla base di una “analogia”.
Venendo ai fatti specifici contestati, in effetti, nessuno degli elementi di prova indicati vale a configurare una responsabilità o un indizio (men che mai “grave”) nei confronti dell’indagato, relativamente all’appartenenza alla FAI e ai reati rivendicati dalla medesima FAI.
Ripercorrendo i singoli fatti contestati si espone quanto segue:
A) Attentato del 9 marzo 2007 in Spoleto.
In relazione al primo dei singoli episodi contestati i “gravi indizi di colpevolezza” sarebbero desunti, in primo luogo, dal rinvenimento sul luogo dell’incendio, di contenitori di alcool acquistati nell’esercizio commerciale Euro Spin, e dalla carta del giornale usato come innesco dell’incendio, nella specie copia del quotidiano “Il Vicenza” edizione del 17 febbraio 2007. “Gli elementi investigativi raccolti hanno consentito di acquisire più che significativi elementi che riconducono agli indagati Fabiani Michele e Di Nucci Andrea quali autori della predetta azione criminosa” recita l’ordinanza. In particolare dalle intercettazioni telefoniche risulta inequivocabile la presenza degli indagati, il giorno 17 febbraio 2007, alla manifestazione tenuta a Vicenza contro l’ampliamento della base militare USA, che, sempre stando all’ordinanza “ha visto la partecipazione di una cospicua rappresentanza della sinistra antagonista, tra cui quella aderente all’area anarchica, anche umbra”.
La circostanza della presenza a Vicenza dell’indagato il giorno 17 febbraio 2007, del resto, è stata confermata dallo stesso Fabiani in sede di interrogatorio del P.M., salvo poi aggiungere, rispondendo alle domande, che in quella occasione c’erano circa 100.000 persone se non più, tra cui evidentemente numerosi “aderenti all’area anarchica”, e che diversi pullman erano partiti dall’Umbria, con a bordo decine di spoletini.
In merito alle confezioni di alcool etilico acquistate pochi giorni prima presso l’esercizio commerciale Euro Spin significativa sarebbe la circostanza secondo la quale il Fabiani nel corso della conversazione tra presenti intercettata in data 12.9.07 (6 mesi dopo l’episodio) avrebbe testualmente affermato “… io non compro la roba della Coop … la compro all’Euro Spin… (inc.)… con quello che costa la roba alla Coop…”.
Ebbene, mentre riteniamo opportuno evitare ogni commento relativamente a tale secondo “indizio” relativo alla convenienza economica del supermercato Euro Spin, con riguardo alla copia del giornale Il Vicenza del 17.2.07, l’ordinanza opera un primo forzato ed arbitrario sillogismo, che non può in nessun modo configurare un indizio, e ciò per le stesse premesse poste dall’ordinanza nel capo in esame.
Se Fabiani e Di Nucci, il 17 febbraio 2007, si fossero recati a Vicenza ad una manifestazione di boy scout, certamente sarebbe stato un indizio (peraltro non grave, per mille eventuali altri motivi), il rinvenimento del giornale edito nella stessa data sul luogo di un attentato anarchico.
Essendosi invece recati ad una manifestazione che ha visto la partecipazione di circa 100.000 persone, tra cui gran parte anarchici, tra cui una parte umbri, e tra essi una parte spoletini, la “coincidenza” in esame potrebbe riguardare decine se non centinaia di persone: si tratta di un sospetto e non di un indizio.
Si tratta anzi del primo di numerosi e meri sospetti circa l’asserita appartenenza degli indagati alla fantomatica Coop/Fai su cui, a ben vedere, si basa l’intera ordinanza. Tali sospetti, nonostante la dovizia di mezzi impiegati (intercettazioni telefoniche, ambientali, perquisizioni, acquisizioni documentali, informative di ogni genere), per mesi e mesi nella lunga attività di indagine, non si tramutano mai in vero indizio, lieve o grave che sia.
Sempre con riferimento all’attentato del 9 marzo 2007 l’ordinanza impugnata espone una serie di analogie linguistiche e contenutistiche tra il volantino di rivendicazione a firma COOP / FAI rivenuto sul luogo del delitto ed un comunicato apparso su Internet redatto dal Fabiani in collaborazione con altre persone “Contro Michele atteggiamento squadrista e paramilitare”, e con il documento programmatico dal titolo “C’era una volta la neve” del Gruppo Difesa Ambiente di Spoleto.
Ebbene il primo dei documenti (“Contro Michele atteggiamento squadrista e paramilitare”) verte su temi completamenti differenti dal quelli contenuti nel volantino COOP/FAI. Il comunicato era apparso in relazione ad alcuni fatti riferiti dallo stesso Fabiani, poi indicati anche nel corso degli interrogatori del GIP e del PM, relativi a denunciati maltrattamenti subiti da parte di un maresciallo dei C.C. di Spoleto in occasione di una perquisizione per droga priva di risultanze.
Come si spiegherà nel prosieguo della presente memoria le scritte sui muri di cui il Fabiani ha riconosciuto la paternità e la colpevolezza, sono collegate a tale episodio di violenza che il Fabiani sostiene di aver subito, e che ha di fatto denunciato al momento degli interrogatori.
Tale circostanza è molto importante perché, ad una attenta analisi, si vede come alcune delle condotte illecite commesse dal Fabiani (nella specie i reati collegabili alle scritte sui muri) siano senz’altro da ricondurre, quanto alle motivazioni, a tale sorta di risentimento personale nei confronti del Maresciallo Biagioli dei c.c. di Spoleto, e non certo ad un disegno eversivo nei confronti delle Istituzioni.
Tale aspetto (sottolineato non certo per sminuire in maniera elementare e semplicistica le gravi accuse di cui il Fabiani è chiamato a rispondere, ma perché si ritiene sia un fondamentale elemento di valutazione dell’elemento psicologico relativo all’indagato), risulta in maniera molto evidente dall’intero impianto delle indagini e dall’intera ordinanza: i timori e le preoccupazioni del Fabiani nei confronti del Corpo dei Carabinieri si risolvono in realtà in una vera e propria ossessione nei confronti del Maresciallo Biagioli e del carabiniere Venanzi dei c.c. di Spoleto e in una sorta di atteggiamento di “sfida” personale con il primo, “sfida” che il medesimo Maresciallo Biagioli sembra a tratti voler accettare (cfr. pag. 38 e ss. dell’ordinanza che riporta la conversazione tra presenti intercettata in data 6 maggio 2007: in tale circostanza il Fabiani, peraltro, dimostra di temere e in qualche modo rispettare a suo modo il maresciallo Biagioli, dicendo “però è fine capito?... non è stupido insomma…” pag. 40).
Tornando al comunicato “Contro Michele atteggiamento squadrista e paramilitare” è notorio poi che il simbolo “smile” (☺), contenuto alla fine del comunicato, presente anche nel volantino di rivendicazione, ed oggetto di specifiche domande nel corso dell’interrogatorio del P.M., è il simbolo più diffuso in assoluto tra quelli usati dai giovani nella videoscrittura, negli e-mail, o negli sms telefonici.
Le asserite inequivocabili analogie indicate a pag. 21 dell’ordinanza tra l’espressione “macchia (…) sede della Resistenza e della Guerriglia” (volantino rivendicazione 9 marzo 2007) e l’espressione “le allegre ragazze della boscaglia spoletina” (comunicato redatto in parte dal Fabiani) - analogia che in sostanza ha dato l’altisonante nome Brushwood a tutta l’indagine - sinceramente non si comprendono.
Non si comprende nemmeno come possano essere considerati indizi le analogie relative alle seguenti espressioni quali “le nostre montagne…” “le nostre campagne…” “le nostre foreste…” contenute sia nel volantino di rivendicazione Coop/Fai del 9 marzo, sia nel documento dal titolo “C’era una volta la neve” del Gruppo Difesa Ambiente di Spoleto. Anche tralasciando la scontata osservazione che si tratta di espressioni comunissime, e che, peraltro, nei due documenti sono disposte in un ordine diverso, segnaliamo che digitando le tre espressioni unitariamente sul motore di ricerca Google (visto che molti degli elementi di indagine riguardano materiali e testi diffusi sulla rete Internet) appaiono, anche ad con una veloce e sommaria ricerca, significative analogie, oltre che con i comunicati del gruppo difesa ambiente di Spoleto, con espressioni speculari usate in altri testi, che indurrebbero a sospettare quanto meno anche di: Umberto Mazzantini, responsabile di Lega Ambiente per le Isole Minori Italiane (cfr. doc. 2 allegato - evidentemente le citate espressioni sono care a tutto il movimento ambientalista), alcuni dimostranti di Orgosolo (cfr. doc. 3), l’Ente del Turismo Svizzero (cfr. doc. 4) e Marino Cattaneo, critico cinematografico autore di una recensione del film “Il grande Nord” (cfr. doc. 5).
Giova sottolineare, infine, come nel corso degli interrogatori resi sia al G.I.P. che al P.M. il Fabiani ha segnalato come sia venuto a conoscenza dell’accaduto del 9 marzo 2007 avendolo saputo dal giornalista di un quotidiano locale Daniele Minni, presso il locale spoletino “Mesina” alcuni giorni dopo l’accaduto.
Per quanto attiene la sigla COOP (Contro Ogni Ordine Politico), evidenziatasi nel volantino di rivendicazione dell’attentato, mai reso pubblico, gli inquirenti sostengono che la “riconducibilità della sigla al gruppo di affinità facente capo al Fabiani emergerebbe con chiarezza, tra le tante altre (cfr. pag. 22 ordinanza, salvo poi non indicare, nel corso delle successive 170 pagine, in nessun modo quali) dalla intercettazione della conversazione tra presenti del 6.5.07”.
L’intera conversazione è trascritta nell’informativa ROS Volume III Allegato n. 23 Progressivo n. 28): Fabiani dice a Corrias “La Coop siamo solo noi”.
Allo stesso Fabiani, nel corso dell’interrogatorio al PM, è stato fatto riascoltare il nastro registrato relativo alla suddetta intercettazione. Nel corso della conversazione i due progettano il testo di una scritta (poi non realizzata) su un cartellone del Supermercato Coop. Il medesimo Fabiani ha spiegato che l’unico riferimento – peraltro evidente – è allo slogan “la Coop sei tu” scritto sul cartellone originario che intendevano imbrattare. Tale è il senso della frase, e l’intento degli indagati, come del resto si desume dall’ascolto o dalla lettura della intera conversazione (“… sul coso dello striscione Coop… vergogna… una cosa così… sulla pubblicità della Coop…” dice Fabiani).
Capo B) Attentato incendiario del 21 aprile 2007: Venendo al secondo dei fatti contestati è lo stesso Fabiani, nel corso dell’interrogatorio del PM, ad aver ammesso la partecipazione all’evento delittuoso. Tuttavia alcune importanti considerazioni sono doverose riguardo alla colpevolezza del Fabiani, soprattutto in merito ad ogni asserita riconducibilità dell’evento ad un “disegno eversivo”: lo stesso Fabiani ha precisato che i due (Fabiani e Polinori) si trovavano in grave stato di ebbrezza dovuta all’alcool. Gli stessi inquirenti hanno di fatto riconosciuto, anche nel corso dell’interrogatorio, che il contenitore con liquido infiammabile si trovava sul posto del cantiere e non era stato condotto dall’esterno. Il Fabiani ha riferito di aver personalmente tracciato al suolo non già la frase (che sarebbe stata scritta dal Polinori) ma solo la A cerchiata di anarchia (non COOP o FAI dunque…). Le circostanze relative ai danneggiamenti ed al pericolo di incendio sono ancora tutte da chiarire, ed è giusto che gli autori ne rispondano, ciascuno per le proprie personali responsabilità, all’esito del dibattimento, nel quale potrà emergere con evidenza ogni particolare della vicenda. Per ora, dovendo essere valutati i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, è evidente che tale episodio non può inserirsi in un contesto eversivo o terroristico (lo stesso Fabiani lo dichiara nell’interrogatorio), ed è evidente altresì che tale episodio non può valere a configurare alcun indizio di appartenenza degli indagati alla Coop / FAI.
Alcuni particolari dimostrano anzi il contrario: pur in un folle e maldestro gesto di danneggiamento si nota quanto sia lontana la condotta degli indagati dall’atteggiamento di un autentico “terrorista anarchico” e come l’episodio sia tutt’altro che premeditato. Il Fabiani, e il suo amico, compongono la scritta di rivendicazione quasi per caso (rinvenendo un bastone per scrivere sul terreno ed intingendolo in un secchio con vernice lì rinvenuto), non dispongono di volantini o comunicati di rivendicazione, si firmano con la A di Anarchia (nessun accenno a Coop/Fai pur essendo, anche questo del Giro della Rocca, come quello di Colle San Tommaso, un cantiere “contestato” dagli ambientalisti), non premeditano alcunché (il Polinori avverte la mamma via sms che non sarebbe tornato a casa a dormire solo alle 5.21 del mattino, cfr. pag. 27 ordinanza), lo stesso Fabiani parla tranquillamente e maldestramente con una amica dell’accaduto pur essendo stato sorpreso ed inseguito dalla Polizia durante la notte (“…semo sbucati all’API eh!!!... Ci siamo fatti tutto il fiume sotto il ponte de… Delle Torri, fino all’API…”. La medesima ordinanza sottolinea la valenza “autoaccusatoria” del racconto, cfr. pag. 29).
Tali elementi valgono in realtà a confermare una considerazione, valida per la comprensione della personalità e della figura dell’indagato: le prove della colpevolezza di ciò che ha fatto, ivi incluse le scritte sui muri, confermate dalle sue stesse ammissioni, sono evidenti.
Ancor più evidente e notoria è l’attività politica dello stesso, pubblica, completamente esposta, e la sua fede anarchica (dichiarata in ogni scritto e rivendicata più volte addirittura in sede di interrogatori del GIP e del PM).
Tali elementi (evidentissimi) contrastano in modo palese con le innumerevoli forzature operate dagli inquirenti volte a configurare gravi indizi di colpevolezza (tutt’altro che evidenti, anzi assenti) su ciò che invece il Fabiani non ha fatto (gli attentati rivendicati dalla Coop/Fai; l’organizzazione o la partecipazione di una associazione con finalità di terrorismo).
Il Fabiani è in sostanza un libro aperto: ha già detto confessato tutto quello che ha fatto, in sostanza lo ha confessato ancor prima di essere incarcerato. Ma non può confessare ciò che non ha fatto.
In numerosi passi dell’ordinanza può rilevarsi come il Fabiani fosse letteralmente terrorizzato ed ossessionato per una presunta denuncia per diffamazione sporta dal Maresciallo Biagioli dei c.c. di Spoleto nei suoi confronti a causa di comunicati apparsi su Internet. Anche il sottoscritto legale Avv. Parente può testimoniare di essere stato più e più volte contattato al telefono dal Fabiani in merito al timore di tale denuncia per diffamazione, poi mai effettivamente verificatasi. Ebbene la smodata preoccupazione del Fabiani per una denuncia per diffamazione non sembra proprio conciliabile con la figura di un pericoloso terrorista, né la maldestra attività, pubblica e comunque nota, di “sfida” personale al Maresciallo Biagioli, può sembrare conciliabile con una pericolosa e preordinata attività clandestina di carattere eversivo.
Quanto al capo C dell’ordinanza si è già detto che il Fabiani ha ammesso la paternità delle scritte. Analizzando i commenti e le spiegazioni rese dallo stesso nel corso degli interrogatori emerge che l’elemento psicologico relativo alle scritte è tutt’altro che riconducibile ai reati contestati. Tanto meno riteniamo che sia possibile configurare lo stesso elemento oggettivo dei reati contestati.
In merito alla scritta “Biagioli e Venanzi 3 M. sotto terra” le stesse conversazioni intercettate testimoniano come l’animo del Fabiani sia quello di fare una battuta di spirito per mezzo di un contrasto ironico con il titolo noto film (e libro) “Tre metri sopra il cielo” (cfr. pag. 40 dell’ordinanza, in fondo “…su sta battuta ci ha acchiappato…”). Che non si fosse trattato di una minaccia il Fabiani lo ha confermato anche in sede di interrogatori.
Per quanto attiene la scritta “Tersilio 1 di noi” relativa all’uomo ottantenne che nell’agosto 2006 ha accoltellato il Sindaco di Spoleto (fatto che ha avuto grande rilevanza all’epoca su tutti i media nazionali) potrà essere facilmente dimostrato, nel corso del futuro dibattimento, che nella città di Spoleto moltissime persone, una volta saputo che il sindaco era comunque illeso, hanno scherzato sull’accaduto, ivi incluso lo stesso interessato Sindaco Massimo Brunini. L’accaduto è stato addirittura oggetto di uno spettacolo teatrale satirico degli studenti spoletini (allegato dvd – v. Sketch “sporta a porta” - caricatura Sindaco Brunini – doc. 6), nel corso del quale veniva affermato che era stata la pancia particolarmente prominente del sindaco ad aver fermato la lama (tale commento viene riferito anche dal Fabiani nel corso dell’intercettazione del 3.6.07 cfr. pag. 50 ordinanza).
Non vi può essere, onestamente, alcuna matrice eversiva o apologia di reato in tali commenti riguardanti il Tersilio Corinti, trattandosi di un argomento di “gossip”, anche pubblico, molto diffuso nella città di Spoleto.
Ancorché in effetti oltremodo offensiva e diffamatoria, analoghe considerazioni possono essere fatte con riferimento alla scritta “Brunini brucia grasso di merda”. Ampi strati della popolazione scherzano sulla mole del Sindaco, anche in virtù dell’annuale spettacolo satirico sopra citato, ed è lo stesso Sindaco a ridere di tali sfottò. Ben più grave, invece, è l’augurio di “bruciare”, veramente deplorevole, ma anche esso non inquadrabile in alcun modo in un contesto eversivo o di minaccia.
La scritta “- alberi tagliati + cantieri incendiati (con A cerchiata)” è l’unica in realtà che possa configurare un apologia di reato, ed è giusto che di tali aspetti il Fabiani sia chiamato a rispondere in dibattimento, ma, riteniamo, non in stato di detenzione in carcere.
Anche a proposito di tale ultimo evento delittuoso va peraltro rilevato come il Fabiani “si firmi” ancora una volta con la sola A di anarchia (e non COOP o FAI), e come tale evento non possa in alcun modo essere riconducibile ad un disegno eversivo, o alle ipotesi delittuose di cui all’art. 270bis c.p. o di cui all’art. 1 L. 6.2.1980 n. 15.
Le stesse considerazioni valgano con riferimento al capo F) dell’ordinanza, relativo alla scritta, risalente al 10 agosto 2006, “Dalla Coop a Collerisana Spoleto sfregiata invoca la lama no ai lotti W Tersilio Brunini crepa”, anche essa firmata unicamente con la A di anarchia e della quale peraltro non si è chiarita la paternità non essendo nemmeno stata oggetto di domande nel corso degli interrogatori.
Con riferimento al capo D - Attentato incendiario del 24 luglio 2007 in Spoleto: il Fabiani ha più volte ribadito e confermato nel corso degli interrogatori di essere stato, la serata tra il 23 e il 24 luglio 2007, a cena nelle taverne organizzate nell’ambito della Festa dei Comunisti presso i giardini di Via Matteotti (luogo che in realtà si trova a circa tre chilometri dal luogo del cd. Ecomostro e che non è collegato all’altro attraverso vicoli come erroneamente indicato nell’ordinanza, cfr. pag. 44), e di essersi trattenuto presso detta Festa fino a tarda ora, alla presenza di numerosi testimoni (indicati nominativamente dallo stesso Fabiani al PM). Tale circostanza è confermata dalle intercettazioni telefoniche del 24 luglio 2007 (cfr. pag. 44 ordinanza) che attestano la presenza del Fabiani alla Festa dei comunisti fino a tarda ora.
E’ chiaro che nell’ottica degli inquirenti Fabiani è il principale sospettato quale autore dell’evento delittuoso. Forse, per assurdo, lo stesso Fabiani, se fosse nei panni degli inquirenti, sospetterebbe di sé stesso. Ma non è stato lui il colpevole, né vi è alcun indizio che sia stato lui.
Il Fabiani aveva addirittura organizzato, unitamente ad altri ecologisti, un presidio permanente di fronte al cd. Ecomostro (come dichiara di voler fare nella telefonata del 5.5.07, cfr. pag. 42 – 43 ordinanza), ed alla fine organizzerà nel pieno rispetto delle norme di occupazione di suolo pubblico, preoccupandosi di provvedere alla richiesta scritta per le relative autorizzazioni (cfr. ordinanza pag. 155 in fondo). Era stato poi promotore di una campagna di stampa e di denunce alla magistratura per tale costruzione (in un documento del Gruppo difesa ambiente scrive, in merito alle notizie apparse di indagini della magistratura sul cd. Ecomostro, scrive come quella sia “la strada giusta” - doc. 7 allegato), dimostrando di condurre una battaglia perfettamente civile e lecita nei confronti del “caso Ecomostro”.
E’ importante sottolineare il seguente aspetto: il “caso” del cd. Ecomostro, così come le altre tematiche oggetto anche della intensa attività del Gruppo Difesa Ambiente di Spoleto, lungi dall’essere prerogativa dello stesso Gruppo, o della “sinistra antagonista” o “anarco - ecologista”, erano e sono oggetto di enorme scalpore, a livello sia locale che nazionale, in ogni ambito politico, sociale, istituzionale, e financo giudiziario.
Esse hanno suscitato grande attenzione sia in ambito locale che nazionale, a livello mediatico e di stampa (doc. da 8 a 16), a livello sociale e politico (doc. da 17 a 22), con interventi di figure istituzionali nazionali (Folena, Sodano, Ripa di Meana – doc. 23), ed iniziative parlamentari quali atti di indirizzo (a firma degli On.li Pietro Folena, Mario Pescante, Luciano Rossi, Fabio Garagnani; doc. 24 e 25), interrogazioni parlamentari (On. Belillo; doc. 26), interventi e comunicati di figure istituzionali locali e nazionali di ogni credo politico (doc. 27, 28, 29), iniziative giudiziarie (doc. 30), appelli del Presidente Nazionale di Legambiente ai Ministri Rutelli e Pecoraro Scanio (doc. 31), e dure prese di posizione di politici di ogni partito, ivi incluse soprattutto Forza Italia ed Alleanza Nazionale (doc. 32, 33, 34), esposti presentati dalle associazioni ambientaliste di ogni estrazione politica ed indirizzati ai Ministri competenti, alla Soprintendenza per i Beni archeologici ed ambientali, nonché alla stessa Presidente della Giunta Regionale Maria Rita Lorenzetti (doc. 35), fino ad interessare un servizio televisivo del programma Le Iene in onda su Italia 1 (documentazione e dvd allegati – doc. 36).
Evidentemente, peraltro, quelli che gli inquirenti hanno individuato come temi unicamente locali e/o localistici (il cd. Ecomostro, le contestazioni relative alle opere edilizie pubbliche a Spoleto, l’accoltellamento del sindaco da parte dell’ottantottenne Tersilio Corinti) sono stati oggetto di attenzione da parte degli organi di stampa nazionali e se ne è dibattuto addirittura in Parlamento. L’episodio relativo all’accoltellamento del Sindaco è stato diffuso dai TG nazionali (doc. 37 - Rassegna video telegiornali nazionali TG1, TG5, Studio Aperto Italia 1).
Tali considerazioni sono di estrema importanza anche come chiave di lettura delle tesi degli inquirenti con riguardo all’episodio della busta con i proiettili inviata al Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti.
Non necessariamente, e non automaticamente, come farebbero desumere gli inquirenti, l’autore della lettera di rivendicazione deve essere uno spoletino, essendo trattati temi riguardanti la città di Spoleto e temi già affrontati dal movimento ecologista.
Si tratta dell’ennesimo e più grave e censurabile sillogismo operato dagli inquirenti, sillogismo che non può in alcun modo configurare un grave indizio di colpevolezza e che non può giustificare la detenzione in carcere degli indagati. Capo E) Le minacce gravi al Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti e la contestuale rivendicazione del 20 agosto 2007.
Con riferimento, dunque, a quello che gli stessi inquirenti qualificano come il più grave dei fatti contestati, e che forse ha in massima parte provocato le forti attenzioni mediatiche sul presente procedimento, iniziate con la conferenza stampa presso la Procura di Perugia il 24 ottobre scorso, analizzeremo i vari “elementi di prova” raccolti, sempre che sia corretto definirli così.
Leggendo la lettera di rivendicazione si nota innanzitutto come non corrisponde al vero che “la tematica ambientalista riferita alla realtà spoletina è assunta quale principale campagna di lotta” (cfr. pag. 47 ordinanza). La lettera contiene numerosi riferimenti a tematiche ambientalistiche relative a tutta l’Umbria, nonché di carattere nazionale.
Il riferimento, giudicato “non comune”, a Tersilio Corinti, l’ottantottenne accoltellatore del Sindaco di Spoleto, sarebbe “un ulteriore e significativo elemento che consente di ricondurre a Fabiani Michele ad al suo gruppo il volantino destinato al Presidente della Regione”: ebbene si è già sottolineato come la vicenda dell’accoltellamento del Sindaco sia stata ampiamente riportata dai TG e dai quotidiani nazionali, nonché, per quasi un anno, uno dei leit motiv della stampa locale spoletina ed umbra, e argomento principe del gossip spoletino.
Si è già detto che l’accaduto è stato addirittura oggetto di uno spettacolo teatrale satirico degli studenti spoletini (doc. 6 allegato citato con allegato dvd – v. Sketch “sporta a sporta” - caricatura Sindaco Brunini), nel corso del quale veniva affermato come fosse stata la pancia particolarmente prominente del sindaco ad aver fermato la lama (tale commento viene riferito anche dal Fabiani nel corso dell’intercettazione del 3.6.07 cfr. pag. 50 ordinanza).
Non si comprende poi come il riferimento nel volantino al tema delle acque del Rio Fergia sia un nuovo ed ulteriore elemento a carico del Fabiani (cfr. pag. 51 ordinanza), e non invece, per gli stessi motivi “geopolitici” posti dagli inquirenti, un possibile elemento a carico di elementi anarchici di Gualdo Tadino, o comunque umbri in genere.
thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:04
l'ho dovuto spezzare continua cosi...
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Le medesime considerazioni valgono per i riferimenti al tema del sistema carcerario, dei GOM, delle fabbriche inquinanti, del connubio tra comunisti e verdi nel governo regionale umbro.
Tutti argomenti, questi, evidentemente cari all’universo anarchico e/o ecologista, come la medesima ordinanza impugnata sottolinea ripetutamente (principalmente riportando le lunghe informative ROS trascritte da pag. 85 in poi dell’ordinanza, in cui sono elencate e schedate decine, decine e decine di persone appartenenti all’area anarchica ed ecologista, italiane ed umbre) (PREMESSA MAGGIORE).
E’ chiaro, nonché ampiamente dimostrato dalle sue stesse parole e dai suoi stessi scritti, che si tratta di temi cari anche al Fabiani, essendo anarchico ed ecologista dichiarato (PREMESSA MINORE).
Ergo: Senza ombra di alcun ragionevole dubbio Fabiani avrebbe inviato la busta al Presidente del Consiglio Regionale Lorenzetti (CONCLUSIONE).
Ecco dunque formulato il perfetto sillogismo che mantiene un incensurato ventenne in carcere.
Tuttavia nel prosieguo dell’ordinanza, pur essendo ritenuti più che sufficienti, quali elementi indiziari, “affermazioni inequivocabilmente sovrapponibili” (cfr. pag. 47 ordinanza), “citazioni sicuramente non comuni” (cfr. pag. 51 ordinanza), “espliciti richiami a tematiche” (cfr. pagg. 52 – 53 ordinanza), “contenuti politico – ideologici” (cfr. pag. 54 ordinanza), si aggiungono ulteriori riscontri investigativi acquisiti nei giorni precedenti all’invio della missiva (cfr. pag. 55 ordinanza).
Le conversazioni telefoniche intercettate tra il 9 ed il 16 agosto sono oltremodo illuminanti sulla reale “pericolosità” degli indagati e sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Si invitano anzi vivamente i giudici dell’Ecc.mo Tribunale del Riesame a riascoltare i nastri registrati, come ha avuto modo di fare questa difesa nel corso dell’interrogatorio del P.M., per capire davvero quale sia la vera personalità degli indagati.
In sede di interrogatorio il Fabiani ha spiegato, con dovizia di particolari, come il Di Nucci gli abbia consegnato, in data 15 agosto 2007, la somma di tre mila euro in assegni (di cui alcuni dell’importo di 300 euro ed altri di importo maggiore), assegni poi risultati non validi.
Nella specie il Fabiani, con riferimento all’ intercettazione ambientale del 15.8.07, progressivo n. 3059, che, secondo le tesi degli inquirenti, individuerebbe il momento della consegna di tre proiettili di arma da fuoco, chiariva invece che la consegna indicata era relativa ai suddetti assegni poi risultati non validi.
Ha anche spiegato come non fosse la prima volta che riceveva delle somme dal Di Nucci, suo caro amico, in quanto, essendo stati i due divisi a causa della decisione del padre del Di Nucci di portarlo via da Spoleto, ed avendo disponibilità di denaro, voleva in qualche modo aiutare Fabiani sia per le spese personali sia per le spese relative alla sua attività politica (stampa manifesti etc.).
Il Fabiani nella specie ha dichiarato la circostanza secondo la quale aveva, precedentemente al 15 agosto 2007, depositato un assegno di euro 300,00 presso il conto personale di deposito sociale COOP Centro Italia.
Ha riferito poi che che, successivamente al 15 agosto 2007 (momento della consegna di altri nuovi assegni) era stato ricontattato dagli operatori Coop Italia i quali gli segnalavano che l’assegno depositato non era incassabile, e che la corrispondente somma veniva quindi stornata dal conto.
Tali circostanze risultano dall’elenco dei movimenti stampato sul libretto di prestito sociale Coop del Fabiani che si allega in copia (doc. 38), libretto in cui in cui figura un versamento A/C di euro 300,00 in data 4 agosto 2007, e successivamente al 20 agosto 2007, uno storno relativo alla medesima cifra (maggiorata probabilmente delle spese) di euro 316,34, retroattivo con valuta al 4 agosto 2007.
Questa difesa ha già notificato, a mezzo Ufficiali Giudiziari (doc. 38 bis allegato), richiesta di investigazioni difensive finalizzate ad acquisire più dettagliate informazioni e documentazione relativa all’operazione di conto sopra descritta (nella specie copia del relativo assegno di euro 300,00).
Non è chiaro, allo stato, se e come tali riferite circostanze potranno configurare eventuali ipotesi di reato in capo al Fabiani.
E’ chiaro però che in data 15 agosto 2007 il Fabiani non ha ricevuto alcun proiettile in regalo.
Del resto non si comprende, davvero, come possa essere individuato nella intercettazione ambientale sopra citata, il momento della consegna di tre proiettili da Di Nucci al Fabiani, data addirittura per scontata dall’ordinanza (cfr. tra le altre pag. 81 ordinanza “E se non v’è alcun dubbio sul coinvolgimento del Fabiani e del Di Nucci, il cui ruolo di formitore delle pallottole è stato adeguatamente illustrato attraverso le argomentazioni del R.O.S. (…)”.
Riportiamo l’estratto del punto chiave del dialogo per facilità di consultazione:
MICHELE: che regalo m’hai fatto… (incomp.)…?
ANDREA: soldi… (incomp.)…
MICHELE: soldi?
ANDREA: si! Tre o quattro mila euro… (incomp.).

Appare a dir poco evidente che parlino di soldi, e non di proiettili, e non si comprende davvero come mai l’ordinanza (cfr. pag. 57) riporti solo le parole si! tre o quattro in grassetto e sottolineato, se poi la frase continua con “mila euro”.
Le altre “sottolineature” contenute nell’ordinanza, nelle trascrizioni conversazioni intercettate, sono, poi, a dir poco, iperboliche.
Fabiani ha spiegato che con la frase “questa è una cosa grossa” si riferiva proprio all’entità della somma.
Le frasi “politicamente (inc.)… per il resto va bene…” (Reali cfr. pag. 60 e 63 ordinanza) e “no anche politicamente… ognuno… (inc.)” (Fabiani) che indicherebbero “il chiaro riferimento a un gesto di sicura connotazione politica” (cfr. pag. 63 ordinanza) sono state pronunciate, la stessa serata della “consegna dei proiettili”, alle ore 3.51 del 16.8.07, dopo che gli stessi indagati avevano affermato testualmente “ce bevevo ‘na bottiglia ce famo du canne e se ne annamo a casa” e si erano solennemente ubriacati per la notte di ferragosto.
Nel prosieguo dell’audio dell’intercettazione, peraltro, si dovrebbe sentire distintamente il Reali che vomita accanto alla macchina, circostanza segnalata ampiamente dal Fabiani durante l’interrogatorio.
Non sembra, pertanto, così tanto evidente che gli indagati, la notte di ferragosto 2007, stessero progettando, anzi ultimando ormai, l’organizzazione dell’attentato terroristico al Presidente del Consiglio Regionale dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti, e che “l’analisi delle conversazioni intercettate, messe in diretta relazione con l’evento in esame, evidenziano la presenza di convergenti elementi gravemente indiziari che riconducono al gruppo indagato nella presente indagine la paternità dell’episodio delittuoso” (pag. 61 ordinanza)...
Del resto il giorno seguente il Reali, nel corso della conversazione telefonica del 16.8.07 progr. N. 3079, ascoltata per intero nel corso dell’interrogatorio del PM, si pente dell’accaduto della sera precedente, quando aveva discusso, peraltro nemmeno animatamente, con Dario Polinori (a causa di una ragazza), dando la colpa al fatto di essere solennemente ubriaco (tutto ciò naturalmente nei momenti cruciali della progettazione dell’attentato al Presidente della Regione Umbria).
Dal momento che “l’analisi delle conversazioni intercettate, messe in diretta relazione con l’evento in esame, evidenziano la presenza di convergenti elementi gravemente indiziari che riconducono al gruppo indagato nella presente indagine la paternità dell’episodio delittuoso” (pag. 61 ordinanza) questa difesa chiede sin d’ora che, in sede di riesame, vengano riascoltate le registrazioni originali, oltremodo illuminanti sulla “paternità dell’episodio delittuoso”, relative alle intercettazioni sopra citate, nonché che venga acquisita copia delle trascrizioni integrali degli interrogatori del Fabiani e del Reali resi al PM, in massima parte relativi proprio alle intercettazioni in esame.
L’ordinanza riporta poi altre intercettazioni “per la loro estrinseca valenza indiziaria”, tra cui la conversazione tra presenti del 9.9.07 (prog. N. 1690) in cui si fa riferimento “agli ultimi episodi successi” e con la frase “…però (Michele ride) sai benissimo che non c’hanno le prove” (inc.).
Si segnala innanziutto che la registrazione originale in parola è quasi totalmente incomprensibile. Lo stesso PM, nel corso degli interrogatori ha commentato come non si capisse niente.
Sempre ammesso che il Fabiani abbia realmente e testualmente detto “sai benissimo che non c’hanno le prove”, lo stesso ha precisato le medesime circostanze già descritte dai medesimi inquirenti: alcuni amici avevano sospettato di lui come autore dell’attentato al Pres. Lorenzetti e tale sospetto chiaramente lo innervosiva particolarmente (vista la sua particolare esposizione nel mondo anarchico, diremmo noi) . Nel corso della conversazione con l’amica Rachele, ha precisato il Fabiani, commentava proprio il fatto di essere totalmente estraneo all’accaduto e particolarmente infastidito dai sospetti dei conoscenti. Tale atteggiamento è poi confermato dalla dura reazione del Fabiani nei confronti dei sospetti da più parti sollevati su di lui e sul gruppo ecologista di cui fa parte, dimostrando, come recita la stessa ordinanza (cfr. pag. 67) un comportamento teso a definire, nei rapporti con terze persone (ma soprattutto nei rapporti tra gli stessi indagati o stretti familiari degli indagati, aggiungiamo noi), l’episodio come una “provocazione” nei loro confronti, per strumentalizzare la loro lotta.
Nelle pagine da 68 a 81 dell’ordinanza sembrano emergere, in effetti, chiari indizi di innocenza, anziché di colpevolezza, nei confronti del Fabiani.
Tale atteggiamento, secondo l’ordinanza, non sarebbe altro che una “sorta di recita ideata ad hoc per chi, in ragione di quanto successo, dovesse eventualmente ascoltare i loro colloqui” (cfr. pag. 67 ordinanza).
In sostanza quando Fabiani dice qualcosa anche solo lontanamente riconducibile alle tesi accusatorie è un “convergente elemento indiziario”; quando invece dice qualcosa che dimostra in realtà in modo in equivoco la sua estraneità ai fatti, si tratta di una recita ad hoc (si consenta stavolta a noi il grassetto sottolineato).
Nella conversazione del 21.8.07 progr. 1374, dopo la diffusione sulla stampa della notizia della busta con i proiettili, Michele è particolarmente arrabbiato con un suo amico che aveva fatto allusioni in relazione al fatto (lo stesso Edoardo D’Atanasio nominato nella ultima conversazione sopra citata del 9.9.07, prog. N. 1690, pag. 66 ordinanza), anche se poi continua parlando di alberi tagliati (cfr. pag. 69); anche tale elemento degli alberi sembra essere (in quanto riportato in grassetto e sottolineato) degno di rilevanza indiziaria (???), così come una intervista “che fa ridere” fatta al sindaco Brunini (???).
Aurelio Fabiani (padre dell’indagato e consigliere comunale comunista) era stato contattato dal giornalista Massimo Sbardella (cfr. pag. 69 ordinanza, ove viene riportato un dialogo tra il Fabiani Michele ed il padre Aurelio) per avere un parere sulla vicenda dell’attentato alla Presidente Lorenzetti.
L’indagato, Fabiani Michele, ha riferito nel corso degli interrogatori di essere stato anche lui contattato dal giornalista Sbardella e tale circostanza risulta anche dagli atti (cfr. Verbale intercettazione ambientale 24.8.07 progressivo 1419 Allegato III informativa ROS).
Non si comprende però come nell’ordinanza venga omessa tale intercettazione che invece contiene importanti elementi a discarico del Fabiani: il giornalista Sbardella voleva il parere di un anarchico circa gli avvenimenti, anche quelli del 9 marzo 2007, e lo stesso Fabiani riferisce come ci fosse stato un documento, che prende le distanze in maniera dura dagli avvenimenti, anche attribuendo la colpa alla Polizia stessa (tesi cd. “Complottista” sostenuta da alcuni anarchici umbri), da parte del movimento anarchico umbro “Santa Utopia” (al quale il Fabiani è molto vicino, tanto che il circolo stesso organizza una cena in suo favore, come dimostrato nella stessa ordinanza – cfr. pag. 126).
Lo stesso 24 agosto vi è una conversazione, anche essa omessa nell’ordinanza, tra il Fabiani ed una sua amica in cui racconta che il giornalista Sbardella gli ha fatto leggere il documento (la lettera al Presidente Lorenzetti) per fare una valutazione (cfr. Allegato II Informativa ROS – Scheda informativa di Michele Fabiani pag. 107), anche essa non riportata nell’ordinanza.
In linea con le suddette osservazioni “complottiste” (sulle quali, peraltro, il Fabiani ha dichiarato nel corso dell’interrogatorio del PM di non essere pienamente d’accordo) è la telefonata ricevuta da Tosi Aldo (aderente appunto al circolo anarchico Santa Utopia) – prog. 3209 del 21.8.07, pag. 70 ordinanza - in cui i due riflettono sulla possibilità di un complotto di strumentalizzazione in danno del movimento anarchico e del Circolo Santa Utopia in particolare.
Stessi rilievi per le successive intercettazioni: 22.8.07 (prog. 3235 pag. 71-72 ordinanza), Fabiani è indignato per i sospetti (“sarebbe da denunciarli per diffamazione” dice, e “è un attacco gravissimo”, ); 23.8.07 (prog. 3281 pag. 73 ordinanza) riferendosi all’accaduto dice “non è venuto in un momento utile”..).
In data 25.8.07 (prog. n. 1454 – pag. 77 ordinanza), riferendosi ai contenuti di un documento di solidarietà alla Lorenzetti redatto dal coordinamento difesa ambiente di Spoleto, ed essendo in disaccordo interno con una componente del gruppo medesimo, dice “si vergognoso… dice che siamo stati noi st’infame” nonché “de distanze me va bene, ma solidarizzi con ‘sta stronza” (riferito al Presidente Lorenzetti).
Che il Fabiani sia un acerrimo oppositore della Lorenzetti non ne fa mistero nemmeno lui stesso, avendolo più volte confermato nel corso dell’interrogatorio del PM, e risultando agli atti, rinvenuto nei materiali sequestrati, addirittura il testo di un discorso tenuto dallo stesso Fabiani in Piazza Collicola a Spoleto, in data 4 ottobre 2007, in cui definisce la Lorenzetti “assassina”, essendosi a sua detta resa responsabile di omissioni relative a letali sostanze cancerogene presenti nella fabbrica Pozzi di Spoleto.
Ma allora tale comportamento sembra tutt’altro che “una recita ideata ad hoc” per sviare sospetti.
Il 28.8.07 (prog. 3460 pag. 78 ordinanza) il Fabiani, intercettato al telefono con Del Bello Marina, sostiene che nel documento (del cordinamento cittadino difesa ambiente, ndr), loro (il gruppo del Fabiani) “pretendevano che venissero prese le distanze dall’episodio, senza però dimenticare le porcate fatte dalla Lorenzetti, mentre gli altri hanno voluto solidarizzare amorevolmente con lei, quando è probabile che se le fa anche da sola (riferite all’invio della lettera minatoria) (testuali parole dell’ordinanza, cfr. pag. 78).
Si allega a tale proposito un documento, non presente agli atti, che si ritiene abbia una estrema valenza probatoria (doc. 39): si tratta del testo di due e-mail (concatenate) redatte il 25.8.07 e il 26.8.07 dallo stesso Fabiani, che, in relazione ai dissidi sorti circa il comunicato di solidarietà alla Lorenzetti scrive: “(…) così si spiega come mai non si è voluta accettare la proposta mediatoria fatta dal comitato contro lo svincolo sud di sostituire i termini “sedicenti anarcoecologisti” con i termini Coop-Fai, in modo da non offendere gli anarchici VERI e gli ecologisti VERI che queste cose non le fanno e sanno bene che chi le fa gioca a favore del potere” ed ancora parole di “ferma condanna del gesto che non appartiene al movimento ecologista”.
Crediamo che tali passi, e tutto il documento allegato (testo e-mail del 25.8.07) spieghino in maniera molto chiara quale sia la posizione del Fabiani nei confronti della Coop / Fai.
L’originale di tale documento e-mail sarà di sicuro in uno dei computer sequestrati al Fabiani (o ai gentori) durante la perquisizione, che si trovano attualmente nelle mani dei carabinieri del ROS, ma probabilmente esso non verrà in alcun modo ritenuto degno di nota, essendo espressione di una “recita ideata ad hoc”.
A tal fine si produce altresì una serie di interventi in un blog locale in cui si evincono chiare prese di posizione in favore del Fabiani (doc. 40).
D’altra parte, se il Fabiani voleva addirittura continuare ad attaccare la Lorenzetti in un documento di “presa di distanze”, non sembra proprio il comportamento di chi sta ideando una recita ad hoc per sviare sospetti.
Con riferimento ai citati sospetti che si erano verificati intorno al Fabiani, ci si consenta infine la seguente riflessione: è comprensibile e naturale che molti, ignari, potessero sospettare di Fabiani, essendo un noto e attivo anarchico spoletino e comunque umbro.
Ciò che invece non è comprensibile e naturale è che proprio i carabinieri del ROS possano tuttora sospettare di lui, essendo stati gli unici ad aver avuto la disponibilità di numerosi ed ingenti mezzi per dimostrare la sua colpevolezza, nel corso delle costanti e plurime intercettazioni telefoniche ed ambientali, prive di alcun reale esito sul punto in esame, ed anzi infarcite di riscontri oggettivi che dimostrano piuttosto il contrario.
Si sottolinea altresì come, per converso, in appena una settimana di lavoro questa difesa abbia già prodotto una serie di elementi ed informazioni utili a dimostrare l’estraneità del Fabiani alla Coop/Fai. Pur con la scarsità di mezzi a nostra disposizione crediamo di poter fare molto di meglio nelle more dell’attesa del dibattimento, ritenendo però assolutamente illegittima, allo stato, la custodia in carcere disposta per Fabiani.
Venendo al lunghissimo e particolareggiato paragrafo dell’ordinanza intitolato “La qualificazione giuridica” (cfr. da pag. 84 a pag. 186) , il Giudice, dopo aver sentenziato in dieci righe che “è logica e provata la conclusione” che gli indagati sono pericolosi terroristi i quali “perseguono il progetto di sovvertire l’ordine istituzionale costituzionalmente previsto, attraverso azioni violente destinate a trasformarsi in vera e propria lotta armata”, fonda la qualificazione giuridica (in venti righe) sul fatto che gli indagati, e per lo più il Fabiani, hanno “intrattenuto contatti” con gruppi di ispirazione anarco-insurrezionalisti e, per meglio evidenziare tali contatti e collegamenti, riporta per intero i capitoli n. 5, 6 e 7 della informativa ROS (per ben 102 pagine).
Ebbene, visto che di fatto la qualificazione giuridica dell’ordinanza rinvia per intero all’informativa dei ROS, possiamo commentare che non pensavamo che l’Arma dei Carabinieri fosse depositaria del potere e della funzione giudiziaria; credevamo, avendolo studiato sui libri, sulla Costituzione, e sui codici, che fosse una prerogativa della Magistratura.
Pur tuttavia la lunghissima trascrizione dell’informativa dei ROS (pagine da 85 a 85 a 187 ordinanza) non contiene nemmeno un indizio che attesti l’appartenenza degli indagati alla COOP/FAI.
Da pag. 85 a pag. 170 dell’ordinanza, anzi, viene nominata unicamente, tra i contatti e i collegamenti del Fabiani, la FAI “intesa come Federazione Anarchica Italiana” (come segnala la stessa ordinanza per distinguerla dalla Federazione Anarchica Informale, cfr. pag. 122) che è una organizzazione pienamente legittima con tanto di sito internet e di sedi e filiali ufficiali (doc. 41) e che, come si è detto, ha condannato duramente l’attività, nonché la subdola “usurpazione di sigla”, da parte della sedicente Federazione Anarchica Informale, sia a livello locale, sia a livello nazionale (doc. 42).
La trascrizione dell’informativa ROS (pag. da 85 a 170 ordinanza), analizzata riga per riga, contiene unicamente riferimenti a: incontri e dibattiti pubblici (pagg. da 86 a 92), cene sociali – benefit (pag. 93), manifestazioni pubbliche (pag. 94), sit-in di solidarietà (pag. 95), cortei slogans e cartelli (pag. 96), assemblee ed incontri (pag. 98), manifesti, presidi permanenti e manifestazioni (pag. 101 – 117), organizzazione di una cena (!) (da pag. 119 a 126) peraltro nell’ambito della FAI Federazione Anarchica Italiana (appunto!), volantini e striscioni (pag. 128), ed ancora, nell’ambito del Coordinamento cittadino difesa ambiente di Spoleto (che, si ricordi, raccoglie soggetti quali WWF, Legambiente, Italia Nostra, Sindacati di base), volantinaggi, manifestazioni, riunioni, documenti, riunioni, manifestazioni, (pagg. 142 – 148), “lotte popolari” intese come assemblee (pag. 149), riunioni, comunicati stampa, volantinaggi (pagg. 150 – 152), manifestazioni (per le quali addirittura Fabiani è l’unico che si preoccupa per la richiesta per le relative autorizzazioni! Cfr. pag. 155 in fondo, dimostrando un atteggiamento chiaramente eversivo dell’ordinamento costituzionale…), conversazioni con la nonna sulle dannose conseguenze del progresso sull’ambiente (pag. 156), servizi giornalistici, manifestazioni alle quali partecipa addirittura l’On. Pietro Folena (pag. 158 e 163), volantinaggi e manifestazioni con striscioni “eversivi” quali “Bush Prodi Berlusconi giù le mani dall’ambiente” (pag. 159), “battaglie” intese nel senso di manifestazioni (pag. 162), intenti di fare “qualcosa di concreto” riferendosi ad un assemblea (pag. 168) e di “rilanciare l’attività” sempre riferito ad un’assemblea (pag. 168 e 169; sarà forse questo il punto a causa del quale gli inquirenti hanno voluto scongiurare un temuto “salto di qualità ed accelerazione armata della cellula terroristica”?), e per finire pubblicazioni sul periodico Umanità Nova (organo della Federazione Anarchica Italiana, appunto!) e conferenze (pag. 170).
Nel corso delle ben 85 pagine trascritte dall’informativa, e poste a base della “qualificazione giuridica”, l’unico reato forse ravvisabile è forse l’apologia commessa da un vecchio di ottanta anni che ad una riunione dice “ah… mettemoce il tritolo” (cfr. pag. 150).
Si riportano poi, da pag. 170 a 186, le schede informative relative agli indagati (sempre trascritte dall’informativa ROS).
L’incipit della parte in questione è il seguente: “Il gruppo di affinità anarchico Coop / Fai: Nel seguente capitolo si cercheranno di delineare in maniera più particolareggiata le attività, il legame relazionale tra i soggetti coinvolti nell’inchiesta nonché il modello organizzativo del gruppo indagato” , poi definito “gruppo di affinità” e denominato Coop/Fai.
Peccato che nel prosieguo del capitolo non si dimostri nemmeno lontanamente l’esistenza di alcun “gruppo di affinità” (figuriamoci di una associazione o di una struttura o di una organizzazione) - tanto è vero che alcuni degli indagati si sono visti per la prima volta alla caserma dei ROS il 24.10.07 - né vi sia alcun indizio che ricolleghi il “gruppo di affinità” alla Coop/Fai.
Valgano tutte le considerazioni sin qui esposte dal momento che nelle sintesi delle “schede informative personali” l’ordinanza ripercorre solo le tesi (ed i sillogismi) già commentati.
In particolare si vuole solo aggiungere che, con riferimento alla conversazione tra presenti del 2.5.07 (pagg. 174 – 176, per la quale però non è neppure indicato il numero progressivo e che all’interrogatorio non è stato possibile riascoltare), nella quale gli inquirenti avrebbero individuato il momento della progettazione di una rapina a mano armata, il Fabiani consiglia al Di Nucci, per non farsi riconoscere durante “la rapina”, di “mettersi la parrucca e le lenti a contatto colorate”. La trascrizione è costellata di inc. ma è chiaro che i due stanno scherzando (Di Nucci dice testualmente al Fabiani: “Ma che cazzo ridi?”) e lo stesso Fabiani ha descritto la scena, in sede di interrogatorio, come un’imitazione di una scenetta di Totò e Peppino.
Gli approfondimenti relativi all’art. 270bis c.p. poi, indicati da pag. 186 a 191 dell’ordinanza) contengono in sé stessi la medesima confutazione delle tesi accusatorie. I cinque ragazzi di Spoleto non possiedono nessuno dei requisiti previsti dalla lettera della norma, né i requisiti indicati nella interpretazione della Suprema Corte. Non si è in presenza di alcuna struttura organizzata, né di un embrionale statuto, né, del resto, i cantieri edilizi o i supermercati sono l’interesse tutelato dalla norma.
Si rinvia, per una più completa confutazione della configurabilità dell’art. 270bis, all’ulteriore memoria difensiva prodotta da questa difesa, alla quale integralmente ci si riporta.
Per quanto attiene i gravi indizi di colpevolezza, infine, questa difesa vuole operare alcune considerazioni su alcuni aspetti a nostro parere molto importanti.
Abbiamo notato che, nell’impianto degli atti di indagine, nonché nel corso degli interrogatori, gli inquirenti purtroppo non ammettono nemmeno lontanamente la possibilità che ci sia più di un ragionevole dubbio sulla reale appartenenza del Fabiani alla Coop/Fai, tanto da distorcere forzatamente anche la enorme mole di indizi presenti invece a suo discapito.
Partendo di nuovo dalle premesse di fatto è evidente, di certo, che “qualcuno” ha incendiato il cantiere di Colle S. Tommaso a Spoleto (episodio del 9 marzo 2007 rivendicato dalla Coop/Fai) e che “qualcuno” ha inviato la busta dei proiettili alla Lorenzetti (episodio del 20.8.2007 rivendicato dalla Coop/Fai). Ebbene gli inquirenti sembrano non potersi capacitare che questo qualcuno possa essere altri che il Fabiani.
Si sottolinea che questa difesa non crede in nessun modo alla citata tesi cd. “complottista”. Né, a ben vedere, vi crede lo stesso Fabiani, come ha anche dichiarato nel corso dell’interrogatorio del PM, pur se una parte del movimento anarchico umbro, come si è spiegato, sembra invece aderire a tale tesi.
Non spetta a questa difesa indicare chi possa essere il colpevole di quei fatti, per dover dimostrare l’innocenza del Fabiani.
Pur tuttavia, essendo dato praticamente per scontato dagli inquirenti che il colpevole sia il Fabiani – anche in assenza di reali ed autentici riscontri indiziari, e, in definitiva, solo sulla base di analogie semantico/ contenutistiche - si rendono necessarie delle considerazioni circa il quanto e il come possa essere ampia la “rosa” dei possibili colpevoli.
Si allega a tal fine una scheda di sinossi del saggio di un criminologo, tratta da una rivista on – line di psicologia, (Marco Boschi, Criminologia del terrorismo anarco insurrezionalista, Aracne, Roma 2005 – doc. 43).
Questa difesa ha provveduto a ordinare copia del saggio in una libreria giuridica di Roma, ma sembrano esserci ritardi dovuti alla difficile reperibilità del libro, richiesto direttamente alla casa editrice.
Tuttavia, nell’attesa di leggere l’intero testo, già la scheda riassuntiva allegata pone importanti temi di riflessione, che potrebbero e dovrebbero essere oltremodo utili agli inquirenti, nonché ai Giudici dell’Ecc.mo Tribunale del Riesame.
Del resto numerosi dei concetti ivi riportati sono ampiamente citati nelle stesse informative dei carabinieri del ROS, che forse dispongono del suddetto manuale e che hanno comunque posto a fondamento dell’intera indagine molti degli elementi ivi descritti: il concetto di organizzazione anarchica informale, basata sull’affinità e l’azione, e la necessità di interventi preventivi e repressivi basati sul lavoro di intelligence, attraverso la cd. soft – power, ovvero la raccolta metodica e costante di carattere informativo che permette il monitoraggio del territorio, e l’individuazione dei cd. “gruppi di affinità”.
(E’ evidente, per inciso, che nonostante la valenza e l’importanza di un lavoro svolto a tal fine dalle forze dell’ordine, siamo convinti che nel caso di specie tali tecniche di contrasto siano state inutilmente o comunque sproporzionatamente indirizzate nei confronti di Fabiani e degli altri indagati, non esistendo, in capo ad essi, alcun vero “gruppo di affinità”, né alcun reale fenomeno di terrorismo anarco-insurrezionalista).
Tornando tuttavia all’analisi dei concetti indicati nel documento in esame, si nota che gli inquirenti hanno tralasciato invece alcuni importantissimi elementi di valutazione, secondo noi fondamentali per una realistica ed autentica chiave di lettura degli attentati della Coop/Fai in Umbria.
Marco Boschi segnala come la forza della sedicente FAI terroristica, organizzazione informale, sta nell’assenza di una struttura verticale interna, facilmente attaccabile dal potere. Essa è priva di centro decisionale, e la comunicazione si basa sul dibattito orizzontale ed anonimo, prodotto dalla pratica stessa (rivendicazione delle azioni).
La comunicazione avviene attraverso l’azione e le rivendicazioni.
Alla luce di tali concetti è possibile, anzi probabile, allora, che quel “qualcuno” (autore degli attentati a firma Coop / Fai) abbia individuato una “campagna rivoluzionaria” degna di nota (come la definisce lo stesso Boschi), quale potrebbe essere apparsa, nel dedalo delle decine di siti, blog e circuiti anarchici, l’attività del Fabiani (pubblica, lecita, ed oltremodo esposta) e di altri anarchici e/o ecologisti spoletini, ed abbia tentato una comunicazione, un dialogo, con il Fabiani.
Ciò non significa però che il Fabiani abbia risposto a tale “comunicazione” della Fai, né che abbia aderito a tale dialogo tra anonimi.
E’ logico allora che l’autore dell’attentato alla Lorenzetti non debba per forza essere un anarchico di Spoleto, o di Gualdo Tadino, essendo nella lettera di rivendicazione trattati temi a sfondo “anarco- ecologista” relativi a queste due città (ma anche molti altri temi, abbiamo visto).
Per lo stesso principio, anche l’attentatore del 9 marzo 2007 presso il cantiere di Colle San Tommaso a Spoleto potrebbe benissimo non essere spoletino, anzi tutt’altro.
Si segnala del resto che i temi, gli argomenti, i contenuti e le stesse analogie semantiche e linguistiche, si ripetono a ragnatela nel dedalo dei siti, blog, forum e circuiti di carta stampata anarchici, e che “argomenti di lotta” o “campagne rivoluzionarie” “degne di nota” possano essere state individuate ovunque e da chiunque, sia in ambito umbro che italiano.
Si precisa che si è deciso di affrontare tali considerazioni in quanto frutto di una riflessione fatta dallo stesso indagato Fabiani, che, peraltro, non conosceva il documento del criminologo prodotto da questa difesa, e che ha dedotto tali spunti dalla lettura di un testo pubblicato negli anni ‘70 dall’anarchico Alfredo Maria Bonanno.
L’aver, nel corso delle ricerche e dell’attività di documentazione svolte da questa difesa, rinvenuto l’esistenza di un saggio di criminologia che sottolinea gli stessi aspetti, ci ha spinto a segnalarli all’Ecc.mo Tribunale del riesame.
La forte esposizione del Fabiani nell’universo anarchico, e la incessante diffusione in pubblico, da parte sua, di alcuni temi di carattere anarchico ed ecologista, anziché dover per forza far desumere la sua colpevolezza in merito agli attentati Coop/Fai (anche in assenza di reali indizi), potrebbe allora far desumere la circostanza che uno o più anarchici della Coop / Fai, umbri o italiani, abbiano voluto “dialogare” o “comunicare” con lui attraverso azioni dimostrative, reputando le sue “campagne” “degne di nota”.
Ciò non significa, tuttavia, si ribadisce, che Fabiani abbia risposto a tale “dialogo” e accettato tale “comunicazione”, né che Fabiani faccia parte della Coop/Fai, e, a ben vedere tutti i riscontri oggettivi dell’indagine dimostrano la sua estraneità e diffidenza verso la sedicente Coop/Fai, anziché il suo coinvolgimento.
* * *
La totale estraneità dell’altro indagato, Fabrizio Reali, con i fatti contestati (attentato al Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti) è, d’altra parte, oltremodo evidente.
Il Reali, la cui presenza “ad una superficiale analisi - come recita l’ordinanza (cfr. pag. 82) - potrebbe essere considerata penalmente “neutra”, attesi i pochi interventi, peraltro adesivi e di approvazione, del Reali Roscini nelle discussioni”, sarebbe invece colui che avrebbe confermato (?) l’opportunità politica dell’attentato.
Ciò, in sostanza, si ricordi, la notte di ferragosto 2007 nel corso di una colossale sbornia.
Ebbene l’ascolto delle conversazioni intercettate, nonché le risultanze degli interrogatori, hanno dimostrato che il Reali non ha nemmeno lontanamente parlato né di attentati, né di anarchia, né di politica, la notte del ferragosto 2007 (tanto meno nei giorni precedenti o successivi).
Si è dimostrato altresì, dai precisi riscontri, che al momento della consegna degli assegni dal Di Nucci al Fabiani (sempre il 15 agosto 2007), il Reali è stato tenuto in disparte, tanto che lo stesso credeva che i due si fossero scambiati sostanze stupefacenti.
Nel corso degli interrogatori lo stesso Reali ha dimostrato di non essere nemmeno anarchico, avendo prodotto la ricevuta del pagamento di 1 Euro per l’elezione delle primarie del Partito Democratico (documento presente agli atti), dichiarando di riconoscere lo Stato e la Costituzione, definendosi tutto al più a volte “anarcoide”, nel senso di “stanco della politica come tanti italiani”.
Ha confermato inoltre di non conoscere nemmeno alcuni degli indagati, avendo visto per la prima volta il Corrias alla caserma dei c.c. a Perugia al momento dell’arresto, e di conoscere superficialmente gli altri (avendo incontrato il Di Nucci per la prima volta il 15 agosto 2007 ed avendo visto una o due volte il Polinori, ancorché si fosse piccato con quest’ultimo a causa di una ragazza).
Anche l’amicizia con il Michele Fabiani risale solo a questa estate, essendo tuttavia conoscente di vecchia data del padre Aurelio Fabiani.
Nella scheda informativa personale del Reali (pagg. 184 – 186 ordinanza) vengono indicati elementi indiziari a dir poco “iperbolici”.
Circa la sua frase (riportata a pag. 185 dell’ordinanza) “sembra che li chiama sbirri” (riferito ad un rumore della marmitta) ha tenuto a precisare a questa difesa che tale termine viene usato anche nel Vangelo, da Nostro Signore Gesù.
La macchina “per fare una cosa” (cfr. pag. 185 ordinanza) era riferita ad una gita notturna in un luogo di campagna, con una tanica di vino (5 litri bianco, ha tenuto a precisare al sottoscritto legale) e un po’ di hashish, e soprattutto alcune ragazze, successiva a quella fallita (e per questo motivo di litigio con Polinori) di qualche sera prima.
Circa il furto del cartello stradale, il Reali ha confermato nell’interrogatorio come lo stesso non fosse un cartello della segnaletica pubblica ma in dotazione a cantieri privati (riferendo di aver lavorato per due anni in cantieri simili e di averne sistemati tanti per le strade) e come lo stesso fosse piegato e rovinato (come si trova tutt’ora essendo stato sequestrato nel corso delle perquisizioni) ed abbandonato in Piazza del Duomo a Spoleto senza alcun cantiere vicino.
Circa le risultanze dei sequestri avvenuti presso la sua abitazione e la casa dei genitori al momento dell’esecuzione dell’ordinanza, lo stesso ha confermato come il “passamontagna” sequestrato sia in realtà un sottocasco (v. documentazione prodotta in sede di interrogatorio del PM), come la scritta apposta sul cartello sia un inciso della canzone “Addio a Lugano” del 1895 (v. documentazione prodotta in sede di interrogatorio del PM), come le scritte sul retro dei quadri e il timbro “ufficio sanitario – Comune di Spoleto” siano del padre Bruno Reali, ex comandante dei Vigili Urbani di Spoleto (v. documentazione prodotta in sede di interrogatorio del PM).
Ha tenuto inoltre a precisare a questa difesa che nel computer che gli è stato sequestrato potranno essere rinvenute molte e-mail e scritti nei quali difende sempre il governo di centro sinistra, ed anche scritti in difesa del carabiniere Placanica (che, in servizio per i fatti del G8 di Genova, esplose il colpo d’arma da fuoco mortale per Carlo Giuliani).
Circa i 5 coltelli precedentemente sequestrati (in data 6.10.07) ha confermato come li avesse acquistati a Perugia (difatti si trovava alla stazione per rientrare a Spoleto) e come egli stesso sia un collezionista di coltelli.
Si produce a questo proposito documentazione fotografica (docc. 44 e 45) - purtroppo di pessima qualità (e ne chiediamo venia) in quanto realizzata con la funzione “foto” del telefonino - lo stesso giorno della perquisizione domiciliare del 23.10.07 (poco dopo il termine della stessa), nella quale si notano diversi coltelli, non sequestrati dai c.c., e fotografati da questa difesa probabilmente nella stessa posizione in cui erano stati lasciati dagli agenti che hanno provveduto alla perquisizione, non asportati in quanto tutti di possibile e lecita detenzione in casa.
Anche in relazione al Reali si rinvia, per una più completa confutazione della configurabilità dell’art. 270bis, relativo al capo A dell’imputazione, all’ulteriore memoria difensiva prodotta da questa difesa, alla quale integralmente ci si riporta.
Insussistenza delle esigenze cautelari ed inosservanza dei principi di adeguatezza e proporzionalità.
Anche alla luce di tutto quanto fin qui esposto, si evidenzia come non esistano le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p..
In particolare non esistono esigenze attinenti alle indagini, e ciò è dimostrato dallo stesso comportamento processuale degli indagati: essi hanno già reso lunghi, dettagliati e circostanziati interrogatori, indicando circostanze e riscontri oggettivi, ed ammettendo anche numerosi addebiti a loro carico.
In sostanza il Fabiani ha già detto tutto quello che ha fatto e non può, ormai, in alcun modo “inquinare” le prove di ciò che ha già confessato.
Si consideri del resto che, essendo in massima parte accusato di reati di carattere “ideologico”, tutti i materiali – informatici e cartacei – di cui lo stesso disponeva, in casa sua ed in casa dei genitori, sono stati già sequestrati al momento dell’esecuzione della o.c.c. e si trovano nelle mani ed al vaglio degli inquirenti.
Non esiste alcun pericolo di ”accelerazione armata”, come recita l’ordinanza impugnata, dal momento che l’indagato non è né un terrorista né un organizzatore di associazioni eversive.
Si ricorda che nel corso delle perquisizioni non è stato rinvenuta alcuna arma, o munizione, o esplosivo o liquido infiammabile o ordigno di alcun genere.
Né esistono, a bene vedere, pericoli di reiterazione dei reati.
Possiamo sostenere che al Fabiani, appena ventenne, è già bastata, purtroppo, la lezione di quasi un mese di carcere, e si guarderà bene dal provocare nuovi danneggiamenti quali quelli del “Giro della Rocca” a Spoleto, o dal tornare ad imbrattare muri con scritte contro il Maresciallo Biagioli.
Continuerà probabilmente la sua instancabile attività in omaggio all’ideale anarchico ed ecologista, ma ciò, in un ordinamento democratico, non gli può essere impedito trattenendolo in carcere.
La detenzione in carcere potrebbe avere, anzi, gravi ripercussioni sulla stessa personalità dell’indagato, che di certo “terrorista” o “eversore” non è.
Alla luce di quanto finora esposto risulta con tutta evidenza che se il GIP di Perugia avesse sottoposto le risultanze istruttorie ad un vaglio più rigoroso, con molta probabilità sarebbe pervenuto ad una diversa determinazione.
Con una più attenta analisi delle reali risultanze probatorie il GIP si sarebbe convinto che non vi era alcuna necessità di applicare la misura della custodia cautelare in carcere che notoriamente rappresenta l’extrema ratio (tanto più per un ragazzo incensurato di venti anni), potendo questa essere disposta solo quando ogni altra misura risulti inadeguata a soddisfare le esigenze cautelari con specifico riguardo al caso concreto.
O, altrimenti, avrebbe potuto ritenere sufficienti anche altre misure cautelari meno gravose come gli arresti domiciliari.
La misura del carcere è in concreto eccessiva e, comunque, sovradimensionata rispetto alla inconsistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari che evidenziano le risultanze istruttorie.
E’ evidente, poi, la totale assenza di ogni esigenza cautelare in capo al Reali, il quale, peraltro, ha già reso dettagliate deposizioni anche in relazione ad i rapporti con gli altri indagati.
Tutto ciò premesso i sottoscritti difensori
CHIEDONO
Ai sensi dell’art. 309 c.p.p. che l’Ill.mo Tribunale adito voglia riesaminare l’impugnata ordinanza, ed accogliere, con ordinanza resa in camera di consiglio, le seguenti conclusioni:
1) Annullare l’ordinanza del G.I.P. di Perugia del 18.10.07, per violazione degli artt. 272, 273, 274, 275, 280 c.p.p., non sussistendone i presupposti;
2) In subordine, modificare la predetta ordinanza, sostituendo la misura della custodia cautelare in carcere con altra meno gravosa e venga così applicata la misura degli arresti domiciliari o altre meno afflittive.
3) Con riferimento al Reali revocare la misura degli arresti domiciliari restituendo allo stesso lo stato di libertà o in subordine sostituire la misura con altra meno afflittiva.
Spoleto/Napoli, 10 novembre 2007
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thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:06
LA CONTROINCHIESTA...
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CONTROINCHIESTA SU BRUSHWOOD – COMITATO 23 OTTOBRE

OSTAGGI DI UN TEOREMA

IPOTESI DI REATO PER TUTTI
a) ART. 270 BIS, del codice penale, costituivano, organizzavano, partecipavano, a un gruppo di ispirazione “anarchico-insurrezionalista” denominato COOP-FAI, in Spoleto, dal marzo 2007 ad oggi.
L’”Associazione terroristica” Spoletina è così organizzata “fin dal marzo 2007”.
1) Damiano e Fabrizio si conoscono per la prima volta nella caserma dei carabinieri dopo l’arresto.
2) Andrea e Fabrizio si conoscono a metà agosto, il giorno della famosa intercettazione in cui si parla di soldi, in realtà assegni ( per la fantasia dei ROS, proiettili in linguaggio cifrato ).
3) Fabrizio conosce Michele a fine luglio, alla XVII Festa dei Comunisti.
4) Andrea conosce in modo assolutamente superficiale e del tutto occasionale Dario e Damiano; Andrea non si è mai interessato di politica e tanto meno di anarchia.
5) Fabrizio ha incontrato Dario 2 volte in tutto; in una delle due occasioni si lasciano un po’ in malo modo, perché Dario , invece di portare due amiche che erano con lui a fare una salsicciata nella “famosa” boscaglia, decide di andare a dormire e le porta via.

Insomma, praticamente non si conoscono, l’unico che conosce tutti ( in realtà Fabrizio non lo conosce ) è Michele.
La banda viene inventata per fermare l’attività politica di anarchico militante di Michele, assolutamente legittima e sfacciatamente pubblica.

INOLTRE SONO ACCUSATI DI:
DAMIANO è accusato di avere fatto alcune scritte sui muri. ( solo per questo viene arrestato, e tutta qui è la sua attività “terroristica” ). Sostanzialmente Damiano viene chiamato a concorrere a formare la “banda”.
FABRIZIO è accusato del reato di minacce gravi e ingiurie alla Presidente Lorenzetti, attraverso l’invio di una busta contenente 2 proiettili da arma da sparo.
L’intercettazione ci presenta un Fabrizio “alticcio” che vomita addosso alla macchina di Michele.
Altro non c’è. E allora perché Fabrizio viene arrestato ?
Un elemento per riflettere su questo punto c’è; un fatto che parla della convinzione con la quale i ROS si sono mossi. Il fatto di cui si parla avviene nel corso della perquisizione a casa di Fabrizio, presenti i genitori. I ROS cercano insistentemente armi che a loro avviso Fabrizio dovrebbe avere, perché così a loro risulta, e a nulla valgono le risposte di Fabrizio che ripetutamente spiega di averle, rese, vendute, 15 anni prima, e tutto con tanto di certificazione della Polizia.( chi ha mandato i ROS non può non sapere dell’impossibilità che possa reggere alla prova dei fatti la farneticante ipotesi delle munizioni che vengono dall’Albania attraverso Andrea contenuta nelle accuse, non a caso totalmente smontata dal suo difensore ).
E’ solo alla caserma dei carabinieri di Perugia, dove Fabrizio transita dopo l’arresto, che gli dicono va bene , abbiamo verificato, per le pistole tutto a posto.
Fabrizio serve quindi ad “armare” la banda. Fabrizio serve, al pari di Damiano a concorrere a sostenere i numeri necessari a parlare di associazione terroristica e di 270 bis.
ANDREA non è anarchico, anzi non sa neanche cosa sia la politica. Se qualche volta è con Michele è solo perché essendo amici, come Michele si trova in situazioni proprie di Andrea, Andrea si trova in situazioni proprie di Michele.
Andrea non conosce Fabrizio.
Costretto a lasciare la casa dove vive con Michele, per decisione del padre; lascia, suo malgrado, Michele in una situazione di precarietà, anche economica, l’affitto, le altre spese per la casa, che si ripercuotono per forza di cose anche sugli studi e l’attività politica di Michele.
Andrea che non è tipo di accettare questa situazione, pur da lui non dipesa, aiuta nei modi che può il suo amico. La loro amicizia è veramente importante come emerge dagli stessi atti di accusa.
Così viene tirato dentro anche lui, sempre nel tentativo di “armare” la “banda”. I proiettili,”li ha portati lui” scrivono i ROS, con una logica pregiudiziale verso questo ragazzo veramente inaccettabile. Si farnetica appunto, su un viaggio in Albania fatto con il padre, dal quale sarebbero arrivati i proiettili, una fantasia smontata, pezzo per pezzo, dal difensore di Andrea.
Con questo pregiudizio gli assegni che Andrea porta a Michele in più di una occasione, una di queste è anche riscontrabile da un deposito presso la COOP, diventano attraverso una intercettazione ambientale, (quella in cui chi accusa ritiene si sia organizzato l’invio della lettera alla Presidente della Regione), i proiettili indirizzati alla Lorenzetti ( per i ROS soldi in linguaggio cifrato significano proiettili!!!!!).
Purtroppo per chi indaga però, dagli interrogatori fatti in stato di isolamento totale ( anche dagli avvocati ), che di assegni si tratti viene fuori in totale evidenza dal racconto dei due ragazzi, una evidenza segnata da un racconto non fotocopia ma in cui la prospettiva e il segno della diversa identità dei due ragazzi emerge come dato che rende oltremodo vero e reale ciò che i due giovani riferiscono.
Per la necessità di sostenere un teorema che zoppica e con logica retroattiva, ma senza nessuna prova, ad Andrea viene anche attribuito, insieme a Michele, il tentativo di incendiare la centralina di un cantiere edile a Colle San Tommaso, il 9 marzo 2007.

DARIO è amico di Michele da lunga data, hanno giocato per anni insieme a basket, nella squadra del padre di Dario.
Insieme vengono accusati di aver danneggiato un mezzo utilizzato per realizzare il percorso meccanizzato della mobilità alternativa. Un fatto ammesso da entrambi, ma attenzione, siglato, sarebbe meglio dire vergato, con la degli anarchici, attraverso un bastone sulla rena. Dario non compare in nessuna altra accusa, ma si becca come gli altri il capo di imputazione A, l’associazione terroristica, denominata COOP-FAI., anche se come detto nell’episodio del Giro della Rocca, non c’è nessuna COOP-FAI, nessun volantino di rivendicazione.

Una domanda si pone a questo punto come necessaria. Come mai, non possiamo non domandarci, ogni qual volta c’è un volantino di rivendicazione a firma COOP-FAI ( Colle San Tommaso, Lorenzetti ) non c’è nessun riscontro, mentre quando queste rivendicazioni non ci sono ( episodi marginali e minori ) non c’è nessuna COOP-FAI e alcun volantino di rivendicazione?
Come mai questa “banda terrorista” dovrebbe nelle sue azioni, utilizzare e dismettere sigla e volantino di rivendicazione di volta in volta, in coincidente sincronia con i riscontri di prova dati dalle intercettazioni ?
Chi accusa i 5 ragazzi di Spoleto di Associazione Terroristica lo deve spiegare, perché questa è una situazione evidentemente non realistica.

MICHELE viene accusato di tutto, attraverso sillogismi, deduzioni, pregiudizi,, trasposizioni di fatti senza riscontri in idee mai negate e pubblicamente espresse.
Il 9 marzo avrebbe attentato a un cantiere di Colle San Tommaso. Il ragionamento che fanno i ROS e che il PM accoglie è questo. A Colle San Tommaso si è cercato di bruciare un quadro elettrico, con una sostanza infiammabile e attraverso un “innesco”, che sarebbe il giornale “Il Vicenza”.
Michele è stato a Vicenza il 17 febbraio alla manifestazione contro la Dal Molin, Michele è anarchico, Michele è colpevole. Null’altro che questo. Un sillogismo degno di Torquemada. Basti pensare che dall’Umbria, a Vicenza, il 17 febbraio 2007 siamo andati in almeno 300 ( tre pullman e decine di macchine ), molti da Spoleto.
Stesso atteggiamento per la lettera alla Lorenzetti. Le accuse per Michele, estese ad Andrea e Fabrizio, sono basate su: “corrispondenze terminologiche” tra il linguaggio dei volantini del Gruppo Ambiente a cui Michele appartiene e alcune delle frasi contenute nella rivendicazione e l’ ”interpretazione” arbitraria di una discussione che ha per oggetto soldi ( per l’esattezza assegni ) che nella mentalità dietrologica dei ROS vengono “tradotti” in pallottole.
Tutto questo senza contare che ben poco credibile appare un ecoterrorista che fa del tutto per farsi individuare, “utilizza il giornale che ha preso alla manifestazione per lasciarlo sul posto dell’attentato del 9 marzo, utilizza gli scritti dei propri volantini pubblicamente diffusi su internet e li riutilizza per rivendicare le minacce alla Lorenzetti”. Molto più credibile che si tratti un copia incolla di informazioni e di semina di giornali a disposizione di chiunque, e quindi anche di avesse un qualche interesse a utilizzarli per gli scopi più diversi.
Nell’uno e nell’altro caso, gli unici rivendicati dalla COOP-FAI, non solo nessuna prova, ma nessun indizio.
La volontà persecutoria verso Michele e verso le sue idee emerge in modo clamoroso, nell’attribuirgli qualsiasi fatto, anche a fronte di zero indizi come sono costretti ad ammettere gli stessi ROS negli atti. Gli vengono attribuite le scritte a Colle Risana, senza nessuna prova, gli viene attribuito un principio d’incendio a un quadro elettro del cantiere del cosiddetto “ecomostro”, non solo con nessuna prova, ma con la certezza, che possiamo riaffermare in questo stesso momento, che Michele si trovava fino a tardissima ora ( più o meno le tre del mattino ) insieme a noi,alla Festa dei Comunisti, fin dal tardo pomeriggio di quel 23 luglio e tanti sono quelli che lo possono giurare.
Quello che c’è di “pericoloso” in questa storia sono le sue idee, il suoi scritti, il suo libro.
Evidentemente per i reparti speciali dei carabinieri un anarchico che scrive un trattato di filosofia a 18 anni è più pericoloso di chi realmente compie azioni violente.
Dovrebbero però sapere che pensare e scrivere, non solo è legale, ma è garantito dalle legge fondamentale dello stato, la costituzione italiana, che dovrebbero servire.
Per i politici più in vista della nostra Regione presentarsi come sotto attacco del terrorismo è certamente utile; molto, molto, meno utile sarebbe sapere di essere attaccati da gruppi “camorristici” e affaristi, con il problema che qualcuno si domandi perché
Vogliamo Michele, Andrea, Dario e Damiano liberi, sono innocenti, non appartengono a nessuna Associazione Terroristica denominata COOP-FAI, non hanno inviato nessuna lettera di minacce alla Lorenzetti.
COMITATO 23 OTTOBRE – PER LA VERITA’ SU BRUSHWOOD






LA SENTENZA DEL RIESAME CONFERMA E DEFINISCE IL MODUS OPERANDI DI ROS E PM, LA PRESUNZIONE DI COLPEVOLEZZA.
CONFERMA
Non ci sono prove e neppure indizi, si rimane in carcere con sillogismi, con operazioni semantiche e affinità lessicali.
Il sillogismo: la COOP-FAI è una sigla dell’anarchismo, Michele e Andrea sono individuati come anarchici, Michele e Andrea sono colpevoli.
L’operazione semantica: Michele e Andrea parlano di soldi, i ROS separano il significante ( la parola ) soldi dal significato (la cosa concreta di cui si parla) assegni, e gli attribuiscono arbitrariamente un altro significato, pallottole.
L’operazione lessicale, “c’è corrispondenza terminologica” tra quello che scrive il Gruppo di Difesa Ambiente di cui Michele fa parte e passaggi contenuti nella lettera di minacce alla Presidente della Regione.
DEFINISCE
Si articolano le posizioni e si focalizzano gli obiettivi. L’associazione terroristica non c’è, quasi tutti tra loro praticamente non si conoscono. Questa realtà è di una evidenza inconfutabile. Le poco significative “azioni” individuate, scritte sui muri e un danneggiamento, sono ammesse fin dal primo interrogatorio.
Non può il riesame che alleggerire le misure restrittive per Dario e Damiano.
Fabrizio è stato tirato dentro senza alcun motivo, la perquisizione a casa sua non ha dato luogo agli effetti sperati, non può che essere scarcerato,
Perché Michele e Andrea rimangono dentro ?
Perché sui due episodi che sono rivendicati dalla COOP-FAI non c’è nessuna prova e Michele e Andrea non possono confessare quello che non hanno fatto.
E’ il non confessare quello che i giudici vogliono che li tiene dentro. I giudici in tutta evidenza utilizzano la custodia cautelare per ottenere una confessione impossibile nella presunzione di colpevolezza che si sono fatti di Michele e Andrea, a prescindere dalle prove.
In uno stato di diritto, democratico, vige la presunzione di innocenza non di colpevolezza. E’ un segno di inciviltà e di mancanza di giustizia agire in senso contrario.
Non ci sono prove Michele e Andrea devono tornare liberi subito.
COMITATO 23 OTTOBRE – PER LA VERITA’ SU BRUSHWOOD
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thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:08
SECONDA CONTR'INCHIESTA
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CONTROINCHIESTA 2° PARTE – L’”ATTENTATO” DEL 9 MARZO.
L’OMBRA DELLA PROVOCAZIONE

Dalle motivazioni del Riesame emerge un fatto da noi finora non conosciuto che riteniamo prezioso al fine di capire meglio una vicenda che rimane oscura, ma attraverso la quale, sulla base di un sillogismo privo di qualsiasi riscontro nella realtà dei fatti, si tengono prigionieri Michele e Andrea.
Il fatto è che nelle motivazioni del riesame appare un mittente anche sulle lettere che hanno rivendicato l’episodio del 9 marzo a Colle San Tommaso. Il mittente a cui fanno riferimento i giudici del riesame è: M.G. Via Cacciatori delle Alpi 43, ovvero la sede del WWF della città di Spoleto.
Molto, molto strano, e per parecchie ragioni, perché Michele, che insieme ad Andrea viene accusato di quel fatto, dovrebbe aver messo come mittente l’indirizzo del WWF, una sede dell’ambientalismo più tradizionale dove tra le altre cose è “leader storico” da 25 anni suo zio, con il quale ha un ottimo rapporto personale ? Non ha alcun senso.
Certo chi ha messo il mittente, WWF, via Cacciatori delle Alpi 43, conosce il posto ( che non è sull’elenco telefonico ) e quindi si può pensare che conosce bene la situazione di chi frequenta quell’ambiente, tutte persone assolutamente inadatte a qualsiasi forma di azione non legale.
Allora il senso volutamente equivoco di mettere questo mittente è una questione centrale da risolvere, un atteggiamento sibillino che immette un elemento di provocazione.
Chi è che cerca la provocazione, chi è dietro la regia di questa pensata ? Quale mente può immaginare di rivendicare un attentato con una sigla, COOP-FAI, che si autodefinisce appartenente all’anarco-insurrezionalismo e poi come mittente mettere la sede del WWF di Spoleto; non funziona proprio, sembra il lavoro di un mitomane o di un esperto in provocazioni.
Il significato di mettere come mittente le iniziali MG e l’indirizzo della sede del WWF di Spoleto va ragionato in relazione a chi viene pensato come “responsabile” della rivendicazione dell’incendio doloso del 9 marzo.
Gli anarchici insurrezionalisti. Sembra assai improbabile che utilizzino un mittente riconoscibile per le loro azioni e ancora più improbabile che utilizzino l’indirizzo di una associazione ambientalista come il WWF, che nella logica irriducibile che in qualche modo gli è propria, è certamente considerata come sostanzialmente coerente con il sistema.
L’Anarchico Michele. Se pensare che a utilizzare il WWF Spoleto come mittente della lettera di rivendicazione del tentato incendio di un quadro elettrico il 9 marzo 2007, sia stato qualche “insurrezionalista” sia altamente improbabile, pensare che ad averlo fatto sia stato Michele Fabiani è semplicemente assurdo, per i legami di affetto che legano Michele ad alcuni degli ambientalisti che vi si ritrovano, a partire da suo zio, e per l’elemento oggettivo di rintracciabilità che il fatto di per se comporta.
Un mitomane. Non è da escludere, anzi, l’ambiguità della seconda “firma” delle tre presenti, cioè l’indirizzo del mittente, può portare a pensare ad una mente che si muove spontaneamente e con precipitazione mentale, oppure all’azione di qualche apripista.
L’esperto in provocazioni. Aprire più piste, o all’inverso depistare, è un’esercitazione che richiede un alto grado di specializzazione. La presenza di “tre mittenti” 1) MG, 2) WWF Spoleto via Cacciatori delle Alpi 43, 3) Coop-Fai, se non è un’operazione di una mente complicata è una operazione mentalmente complessa , e la cui equivocità può essere letta anche come messaggio inquietante verso i soggetti chiamati in causa, protagonisti di campagne di difesa ambientale che certamente sono state di disturbo a una serie di interessi di peso che insistono sul territorio cittadino e regionale.
Per meglio capire l’insieme è anche importante capire da quando Michele viene seguito dall’ “antiterrorismo”, se prima o dopo il 9 marzo.

E’ IN OGNI CASO UN FATTO IMPORTANTE CHE DEVE FAR RIFLETTERE.
PERCHE’ IL FATTO CHE LA RIVENDICAZIONE DELL’ “ATTENTATO” DEL 9 MARZO CI SIA COME MITTENTE IL WWF SPOLETO, NON COMPARE SUI GIORNALI CHE PUBBLICANO, SEPPURE CON MOLTO RITARDO, LA NOTIZIA, PUR ESSENDO STATI I DESTINATARI DELLE MISSIVE DI RIVENDICAZIONE, NON COMPARE NEGLI ATTI DEL PM, NON COMPARE NEGLI ATTI DEL GIP, MENTRE IN TUTTI E’ BEN EVIDENZIATO IL MITTENTE ( UNA PERSONA DI COLLEPEPE ), DELLA LETTERA DI MINACCE INVIATA ALLA LORENZETTI, E SI VIENE A SAPERE DI QUESTO SOLO NELLE MOTIVAZIONI DEL TRIBUNALE DEL RIESAME ?
E PERCHE’ NEGLI ALLEGATI AGLI ATTI NON C’E’ ALCUNA FOTO DI QUESTE BUSTE CONTENENTI IL MITTENTE, MENTRE VE NE SONO IN ABBONDANZA PER QUANTO RIGUARDA LA BUSTA CONTENENTE I PROIETTILI INVIATI ALLA PRESEDENTE DELLA REGIONE DELL ’UMBRIA ?
PERCHE’ QUESTO COMPORTAMENTO AMBIVALENTE ?
PERCHE’ UN MITTENTE ( “ATTENTATO” 9 MARZO )RIMANE NASCOSTO E UN ALTRO ( LETTERA DI MINACCE ALLA LORENZETTI ) INVECE NO ?

Comitato 23 Ottobre
thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:12
acuni aventi organizzati che nn sono usciti al difuori dell'ambito regionale! perchè neanche gl'ultimi svoglimenti nn sono stati seguiti dalla stampa???
ricordando che sono state fatte menifestazioni anche con il caso bianzino!
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Il silenzio annienta le persone e la verità. Libertà per Michele e Andrea.
L’intera città di Spoleto, il suo Consiglio Comunale, parlamentari ed esponenti della società civile hanno chiesto una soluzione rapida, due mesi di carcerazione senza prove l’ hanno negata.
Sono ormai quasi due mesi che Michele Fabiani e Andrea Di Nucci sono tenuti imprigionati nel carcere di Capanne a Perugia, accusati senza nessuna prova di far parte di una Associazione terrorista denominata Coop-Fai e di avere mandato una lettera di minacce alla Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti.
Il Consiglio Comunale di Spoleto, l’onorevole Bellillo, i senatori Russo Spena, Zuccherini, Emprin, Ferrante, Boccia, esponenti politici di vari Consigli Comunali dell’Umbria, affermando fiducia nella magistratura, hanno concordemente auspicato una soluzione rapida della vicenda.
Tutto questo non sta avvenendo, anzi, al contrario è accaduto fino alla settimana passata che la reclusione sia stata accompagnata dall’isolamento totale.
Una misura disumana, ma Michele e Andrea, venti anni l’uno e venti anni l’altro, si sono dimostrati forti come rocce.
Le rocce non si piegano ma si scavano e scavandole si distruggono, così come fa l’acqua, anche una sola goccia d’acqua che ogni giorno cade sullo stesso punto della stessa roccia.
C’è il pericolo concreto della loro distruzione psicologica.
La legge italiana, concede ad un magistrato di poter privare della libertà fino ad un anno, sulla base di un teorema accusatorio senza riscontri, basato esclusivamente sul pregiudizio politico. Il 270 bis, che discende dal codice fascista del 1930, permette di arrestare cittadini che si presume possano commettere, associandosi, azioni contro lo stato.
Ma non c’è associazione, non ci sono armi, non ci sono basi, non ci sono finanziatori, non c’è la Coop-Fai, le accuse si sono dimostrate senza fondamento, sono state costruite su sillogismi, affinità lessicali, alterazioni semantiche
I magistrati stanno utilizzando il carcere per ottenere una confessione che non ci potrà essere. Michele e Andrea non possono confessare quello che non hanno fatto.
La mancanza di prove conferma che Michele è in carcere perché di idee anarchiche e Andrea perché è il suo più caro amico.
Questa situazione è inaccettabile, l’isolamento totale durato 50 giorni è stato un fatto disumano, la devastazione psicofisica che esso ha prodotto ha lasciato i suoi segni.
Ciò che la città di Spoleto, deputati democratici e garantisti hanno chiesto invano, una soluzione rapida, è negata.
Ognuno si prenda le sue responsabilità, la presunzione di colpevolezza non è degna di un paese civile ma di un paese che pratica l’ annientamento di quanti non riesce a inserire in modo subordinato nei suoi meccanismi di potere.
Per questo il Comitato 23 Ottobre chiama ad una rinnovata mobilitazione, per ottenere l’immediata liberazione di Michele e Andrea e per salvaguardare la loro integrità psichica e fisica. Per questo prepara nuove manifestazioni a Perugia e Spoleto.
INDICE A TAL FINE, PER SABATO 22 DICEMBRE, SOTTO IL CARCERE DI CAPANNE, A PARTIRE DALLE ORE 15, UN PRESIDIO DI SOLIDARIETA’ E DI LIBERTA’.

COMITATO 23 OTTOBRE
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thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:15
il 22 dicembre e la sera della vigilia si è allestito un presidio sotto il carcere d capanne per solidarità a michele e andrea che sono gl'unici a rimanere in carce e per ribadire la loro scarcerazione visto che nn ci sono prove!

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Il silenzio annienta le persone e la verità. Libertà per Michele e Andrea.
L’intera città di Spoleto, il suo Consiglio Comunale, parlamentari ed esponenti della società civile hanno chiesto una soluzione rapida, due mesi di carcerazione senza prove l’ hanno negata.
Sono ormai quasi due mesi che Michele Fabiani e Andrea Di Nucci sono tenuti imprigionati nel carcere di Capanne a Perugia, accusati senza nessuna prova di far parte di una Associazione terrorista denominata Coop-Fai e di avere mandato una lettera di minacce alla Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti.
Il Consiglio Comunale di Spoleto, l’onorevole Bellillo, i senatori Russo Spena, Zuccherini, Emprin, Ferrante, Boccia, esponenti politici di vari Consigli Comunali dell’Umbria, affermando fiducia nella magistratura, hanno concordemente auspicato una soluzione rapida della vicenda.
Tutto questo non sta avvenendo, anzi, al contrario è accaduto fino alla settimana passata che la reclusione sia stata accompagnata dall’isolamento totale.
Una misura disumana, ma Michele e Andrea, venti anni l’uno e venti anni l’altro, si sono dimostrati forti come rocce.
Le rocce non si piegano ma si scavano e scavandole si distruggono, così come fa l’acqua, anche una sola goccia d’acqua che ogni giorno cade sullo stesso punto della stessa roccia.
C’è il pericolo concreto della loro distruzione psicologica.
La legge italiana, concede ad un magistrato di poter privare della libertà fino ad un anno, sulla base di un teorema accusatorio senza riscontri, basato esclusivamente sul pregiudizio politico. Il 270 bis, che discende dal codice fascista del 1930, permette di arrestare cittadini che si presume possano commettere, associandosi, azioni contro lo stato.
Ma non c’è associazione, non ci sono armi, non ci sono basi, non ci sono finanziatori, non c’è la Coop-Fai, le accuse si sono dimostrate senza fondamento, sono state costruite su sillogismi, affinità lessicali, alterazioni semantiche
I magistrati stanno utilizzando il carcere per ottenere una confessione che non ci potrà essere. Michele e Andrea non possono confessare quello che non hanno fatto.
La mancanza di prove conferma che Michele è in carcere perché di idee anarchiche e Andrea perché è il suo più caro amico.
Questa situazione è inaccettabile, l’isolamento totale durato 50 giorni è stato un fatto disumano, la devastazione psicofisica che esso ha prodotto ha lasciato i suoi segni.
Ciò che la città di Spoleto, deputati democratici e garantisti hanno chiesto invano, una soluzione rapida, è negata.
Ognuno si prenda le sue responsabilità, la presunzione di colpevolezza non è degna di un paese civile ma di un paese che pratica l’ annientamento di quanti non riesce a inserire in modo subordinato nei suoi meccanismi di potere.
Per questo il Comitato 23 Ottobre chiama ad una rinnovata mobilitazione, per ottenere l’immediata liberazione di Michele e Andrea e per salvaguardare la loro integrità psichica e fisica. Per questo prepara nuove manifestazioni a Perugia e Spoleto.
INDICE A TAL FINE, PER SABATO 22 DICEMBRE, SOTTO IL CARCERE DI CAPANNE, A PARTIRE DALLE ORE 15, UN PRESIDIO DI SOLIDARIETA’ E DI LIBERTA’.

COMITATO 23 OTTOBRE
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thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:18
AGGIORNAMENTI DI QUESTI GIORNI [SM=x268921] [SM=x268921] [SM=x268921]
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DOPO QUELLA PER ANDREA RESPINTA L’ISTANZA DI SCARCERAZIONE ANCHE PER MICHELE
L’ istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati di Michele Fabiani, Parente e Trupiano è stata respinta, così come era stata respinta pochi giorni fa quella presentata dalla difesa di Andrea Di Nucci, confermando l’accanimento ingiustificabile che finora ha guidato i magistrati alla ricerca di riscontri al loro teorema accusatorio ancora privo di prove. Questo configura ancora una volta una scelta dei magistrati di natura politica e non giuridica. Politica perché in mancanza di prove la scarcerazione è un fatto doveroso.
La linea della presunzione della colpevolezza e l’utilizzo della carcerazione come forma di pressione per ottenere una confessione impossibile continua ad essere esercitata su due ragazzi di venti anni, colpevoli di essere anarchico l’uno e amico di un anarchico l’altro. Questo uso all’inverso della legge sta già minando nel fisico e nella psiche i due giovani prigionieri e noi non siamo disposti a farli spegnere come larve.
L’abbiamo scritto nel nostro ultimo comunicato stampa, in troppi sono interessati a fare dei giovani spoletini il capro espiatorio di una situazione ormai per loro insopportabile. Ci sono responsabilità enormi se siamo a questo punto e a partire dalle dichiarazioni incaute, frettolose e prevenute della Lorenzetti al momento degli arresti, i condizionamenti ambientali che hanno sbarrato le porte delle celle a Michele e Andrea sono stati potenti.
Contro questo sistema di fare giustizia che imprigiona due ventenni senza una prova si levino le voci degli uomini che credono nella libertà. Ognuno si prenda le sue responsabilità e prima che sia tardi faccia la sua parte.
COMITATO 23 OTTOBRE
Spoleto 27 12 2007
thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:18
SESSANTASEISIMO GIORNO DI ISOLAMENTO, ANDREA STA SEMPRE PIU’ MALE,ORA BASTA !
Dopo 66 giorni di isolamento le condizioni fisiche e psichiche di Andrea sono notevolmente peggiorate.
Denunciamo con forza il pericolo grave che incombe sulla salute del ragazzo, provatissimo, a cui non è stato tolto l’isolamento. Perché questo trattamento differenziato, cosa vogliono tirar fuori dal suo fisico.
La situazione precipita nascosta dietro i muri di Capanne.
Andrea l’unico dei ragazzi arrestati a non aver mai avuto alcun impegno politico, è colui che sta subendo il trattamento più inumano, quale la ragione di tutto questo ?
Che nessuno si faccia complice di questa situazione, la linea politica della giustizia ha deciso per Andrea questo trattamento, la coscienza civile della collettività si levi a difendere il presente e il futuro di questo ragazzo, troppo solo e dimenticato, scrivete ad Andrea, fatevi sentire dai giudici.
COMITATO 23 OTTOBRE
Spoleto 28 dicembre 2007
thc_master
00venerdì 28 dicembre 2007 19:22
se vi sembra poco posso postare altri casi...

bianzino era un antiproibizionista...
michele un "anarchico" ambientalista...

questa è la fine d chi lotta per la salvaguardia del popolo e dell'ambiente!

PEACE
thc_master
00lunedì 31 dicembre 2007 01:42
GMU
00martedì 1 gennaio 2008 12:59
Spero sempre venga fatta chiarezza su quanto accaduto a Genova...

...e su tutti quelli che ci hanno speculato sopra...

Purtroppo questi episodi ci portano indietro di 50 anni...
come potremmo ami costruire una società se ci diviamo ancora per queste cose al punto da farci del male...

La Verità arriverà...
thc_master
00giovedì 3 gennaio 2008 16:55
speriamo presto!
c'è chi è morto, chi in prigione per cose che nn ha fatto e chi invece è l'autore sta spaparanzato sul divano a guardare l'andamento della borsa...o come vanno i suoi nuovi investimenti... [SM=x268921] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g1456036] [SM=g1456040]

[SM=x268955]
thc_master
00sabato 5 gennaio 2008 02:03
Re:
GMU, 01/01/2008 12.59:

Spero sempre venga fatta chiarezza su quanto accaduto a Genova...

...e su tutti quelli che ci hanno speculato sopra...

Purtroppo questi episodi ci portano indietro di 50 anni...

La Verità arriverà...



approfitto per tenere in evidenza
il fatto è che questo nn accadeva 50ani...anni fa accade da più di 2000anni e 2miglioni d'ani fa... basta leggere in giro girotto quel che scrivevano all'epoche...(guardare cristo)

intanto 2 ragazzi di 20anni sono sottoposti al carcere preventivo in attesa d prove\confessioni!
ma che ricordo, in italia, uno era innocente fino a prova contraria! o no?!!

eroine democrazie via tutte insieme alle pilizie!

oggigiorno c sono cose ben più drastiche nel mondo... ma se uno nn sà cosaccade fuori dalla finestra d casa che gli frega cosa fanno dall'atra parte del mondo?????????????????

LIBERTA' IMMEDIATA A MICHELE E ANDREA nn sono teeroristi tantomeno una banda...FINIAMOLA CON LE FARSE a scopo SPERIMENTALE!!!!!!!!!!!!!!!!!

LiviaGloria
00sabato 5 gennaio 2008 13:55
LiviaGloria
00sabato 5 gennaio 2008 13:56
http://it.wikipedia.org/wiki/Associazioni_con_finalit%C3%A0_di_terrorismo_anche_internazionale_o_di_eversione_dell'ordine_democratico
LiviaGloria
00sabato 5 gennaio 2008 14:19
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