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..kiara
00giovedì 31 gennaio 2008 12:08
Le immagini di un mezzo corazzato dell'esercito italiano colpito da una mina nel deserto dell'Afghanistan svelano un particolare inquietante: i nostri soldati vanno in missione con la palma dell'Afrika Korps hitleriano dipinta sulle jeep


La jeep italiana colpita da una mina. Sulla portiera
si riconosce la palma simbolo dell'AfriKa Korps
In Afghanistan sognando El Alamein. Perché sembra proprio che i commandos delle forze speciali italiane vadano in missione con la palma dell'Afrika Korps dipinta sulle jeep. Sì, il simbolo inconfondibile dei reparti di Rommel che portarono la bandiera hitleriana alle porte del Cairo. E poi si ritirarono mollando proprio i parà italiani a coprirgli le spalle. Ora alcune foto di un attentato talebano contro le forze Nato hanno fatto nascere il giallo. Le immagini riguardano una jeep corazzata italiana e un blindato spagnolo colpiti da mine nel deserto afghano verso il confine iraniano. Sono foto sfuggite alla censura del nostro Stato maggiore, finendo sui siti web di Madrid e da lì nel forum di "Pagine di Difesa", la più attenta rivista telematica del settore. La buona notizia è che il veicolo blindato dell'Esercito, una delle nuove jeep speciali Iveco Vtlm, ha funzionato, salvando la vita dell'equipaggio. Il mezzo, progettato proprio per sopravvivere agli agguanti con ordigni nascosti nel terreno, sta venendo adottato da molte nazioni.
La cattiva notizia è quella palma dipinta sulla fiancata, che riproduce esattamente il simbolo dell'Afrika Korps: è stata omessa solo la svastica. Un'iniziativa di pessimo gusto: estanea alla tradizione militare italiana, ma soprattutto lontana da quei principi democratici che dovrebbero ispirare le missioni all'estero. Gli scatti non permettono di identificare a quale reparto appartenga il veicolo coinvolto nell'attentato: nella zona operano squadre di parà del Col Moschin e di incursori di marina del Comsubin. Nell'autunno 2006 i soldati tedeschi in servizio in Afghanistan vennero fotografati con un simbolo praticamente identico dipinto sulle loro jeep. Le immagini pubblicate sul settimale Stern spinse il ministero della Difesa ad aprire un'inchiesta e sospendere dal servizio sei militari.
IoAnnarella
00giovedì 31 gennaio 2008 12:42
Re:
..kiara, 31/01/2008 12.08:

Le immagini di un mezzo corazzato dell'esercito italiano colpito da una mina nel deserto dell'Afghanistan svelano un particolare inquietante: i nostri soldati vanno in missione con la palma dell'Afrika Korps hitleriano dipinta sulle jeep




Questa notizia è veramente agghiacciante.
Ancora più agghiacciante, per per me, è, però, il sospetto che quel simbolo sia piuttosto il frutto dell'ignoranza e dell'insipienza che di una "appartenenza".
Qualcuno, forse proprio tu, alcuni giorni fa scrisse a proposito della giornata della memoria, che ormai i sopravvissuti ai campi di sterminio sono sempre meno numerosi. Presto la lontananza nel tempo degli eventi e la scomparsa di tutti i testimoni laveranno anche le onte più terribili e un gesto grave come quello di dipingere simboli nazisti sulla fiancata dei mezzi blindati degli eserciti di paesi democratici sarà nella migliore delle ipotesi considerato solo di cattivo gusto.
Grave. Molto grave.


..kiara
00giovedì 31 gennaio 2008 12:57
Re: Re:
IoAnnarella, 31/01/2008 12.42:



Questa notizia è veramente agghiacciante.
Ancora più agghiacciante, per per me, è, però, il sospetto che quel simbolo sia piuttosto il frutto dell'ignoranza e dell'insipienza che di una "appartenenza".
Qualcuno, forse proprio tu, alcuni giorni fa scrisse a proposito della giornata della memoria, che ormai i sopravvissuti ai campi di sterminio sono sempre meno numerosi. Presto la lontananza nel tempo degli eventi e la scomparsa di tutti i testimoni laveranno anche le onte più terribili e un gesto grave come quello di dipingere simboli nazisti sulla fiancata dei mezzi blindati degli eserciti di paesi democratici sarà nella migliore delle ipotesi considerato solo di cattivo gusto.
Grave. Molto grave.





Io rabbrividisco... ma sono convinta anch'io che sia frutto di ignoranza..
lemiemanisudite2.
00giovedì 31 gennaio 2008 13:32
Re: Re: Re:
..kiara, 31/01/2008 12.57:



Io rabbrividisco... ma sono convinta anch'io che sia frutto di ignoranza..



Proprio perchè frutto di ignoranza rabbrividisco ancora di più, perchè l'ignoranza fa più proseliti della consapevolezza.
Rabbrividisco ancora di più sapendo che queste foto sono sfuggite alla "censura" ed è l'unico motivo che le ha fatte venire alla luce.
Pazzesco.








..kiara
00giovedì 31 gennaio 2008 13:38
Re: Re: Re: Re:
lemiemanisudite2., 31/01/2008 13.32:



Proprio perchè frutto di ignoranza rabbrividisco ancora di più, perchè l'ignoranza fa più proseliti della consapevolezza.
Rabbrividisco ancora di più sapendo che queste foto sono sfuggite alla "censura" ed è l'unico motivo che le ha fatte venire alla luce.
Pazzesco.











diciamo la stessa cosa ma forse non ho messo i puntini al posto giusto [SM=g27829]
lemiemanisudite2.
00giovedì 31 gennaio 2008 13:42
Re: Re: Re: Re: Re:
..kiara, 31/01/2008 13.38:



diciamo la stessa cosa ma forse non ho messo i puntini al posto giusto [SM=g27829]



No, scusa, non voleva essere una critica, anzi. Volevo ampliare il discorso, lo so che diciamo la stessa cosa [SM=g27838]






CorContritumQuasiCinis
00venerdì 1 febbraio 2008 12:25
Fecondazione, l'ultima sfida:

Presto sperma dal midollo osseo delle donne

Una ricerca ai primi stadi di scienziati britannici apre inquietanti scenari. Lo scrive il New Scientist

LONDRA - Scienziati inglesi dell’università di Newcastle Upon Tyne, avrebbero trovato un modo per trasformare le cellule staminali del midollo osseo femminile in spermatozoi. Alla

scoperta dedica spazio il settimanale britannico New Scientist. Il professor Karim Nayernia, che guida l’equipe, sarebbe pronto a iniziare gli esperimenti entro i prossimi mesi, a patto, ovviamente, di avere le necessarie autorizzazioni, e si dice certo di potere produrre le prime cellule spermatiche femminili entro due anni. Lo sperma maturo, capace di fertilizzare gli ovuli, richiederà invece almeno tre anni di esperimenti. Una sorta di «primo stadio» dello sperm da cellule midollari sarebbe già stato prodotto bombardando le staminali del midollo osseo di topi con vitamine e altri composti chimici. Secondo gli scienziati la scoperta potrebbe rappresentare una tappa fondamentale nella lotta contro l’infertilità. C’è solo un piccolo particolare che va tenuto presente: i bambini nati in questo modo potrebbero essere esclusivamente di sesso femminile, perchè nella riproduzione non entrerebbe in gioco il cromosoma Y, che è patrimonio esclusivo dei maschi.

PROSPETTIVE INQUIETANTI - Ma gli scenari aperti da questa scoperta, anche a livello etico, possono diventare inquietanti: le ricerche potrebbero consentire a una donna di aver un bambino «tutta da sola», grazie allo sperma prodotto dalle cellule del proprio midollo osseo e ai propri ovuli. E la cosa potrebbe verificarsi anche per un uomo, che potrebbe produrre similarmente le cellule uovo dal proprio midollo osseo. In entrambi i casi si tratterebbe di ipotesi ad lato rischio di anomalie genetiche.

(corriere.it)

[SM=g27829]

IoAnnarella
00mercoledì 13 febbraio 2008 11:57
Io non sono brava a cercare articoli e copincollarli, non ho neanche lo scanner.
Vorrei, però, sollevare l'attenzione sul fatto gravissimo avvenuto a Napoli dell'irruzione della polizia nell'ospedale dove era in corso un'interruzione di gravidanza.
Mi limito solo a dire che con tutti i problemi che ci sono a Napoli, impegnare la forza pubblica con ben 7 unità per verificare l'illegalità o meno di un aborto, dietro segnalazione di un anonimo è gravissimo. L'ex ministro della giustizia si è peritato di inviare le ispezioni a De Magistris. Vi sarà un'ispezione sul magistrato che ha ordinato il blitz?
7 poliziotti per un aborto mentre per anni il famoso boss della camorra del clan dei casalesi Sandokan viveva indisturbato in un bunker sotto la sua casa nel suo paese e non c'erano forze per stanarlo.
Per non parlare dell'intervento della CEI sulla scena di sesso in Caos Calmo, perché gli amanti fanno sesso di spalle senza guardarsi...

Io sono allibita. Vorrei che tutto non passasse come acqua inghiottita dai tubi.
lemiemanisudite2.
00mercoledì 13 febbraio 2008 12:39
Re:
IoAnnarella, 13/02/2008 11.57:

Io non sono brava a cercare articoli e copincollarli, non ho neanche lo scanner.
Vorrei, però, sollevare l'attenzione sul fatto gravissimo avvenuto a Napoli dell'irruzione della polizia nell'ospedale dove era in corso un'interruzione di gravidanza.




Aborto a Napoli, inchiesta interna
gli agenti sequestrano il feto


NAPOLI - Un'irruzione "immotivata", quella degli agenti del Commissariato Arenella, entrati ieri senza mandato al Policlinico II di Napoli dopo aver avuto notizia di un feticidio e trovatisi davanti invece un regolare aborto terapeutico, in pieno rispetto della legge 194. Ed una "grave intimidazione", denunciata in un comunicato dall'Udi, Unione delle donne in Italia, che ha stigmatizzato l'episodio che continua a far discutere.

Sull'aborto compiuto ieri nel reparto di ostetricia della struttura universitaria napoletana - che ha causato l'intervento delle forze dell'ordine ed il sequestro della cartella clinica della donna coinvolta - il direttore generale del Policlinico Giovanni Canfora ha avviato un'indagine interna. E anche il ministro della Salute, Livia Turco, ha commentato l'episodio: "Sono profondamente turbata, è il sintomo di un clima di tensione inaccettabile, attorno a una delle scelte più drammatiche per una donna come quella di rinunciare ad una maternità. Siamo arrivati al punto di fare e usare denunce anonime. Una caccia alle streghe".

Nella relazione del primario, Carmine Nappi, si legge che "il feto presentava un'alterazione cromosomica. Se la gravidanza fosse stata portata a termine ci sarebbe stato il 40% di possibilità di un deficit mentale. La donna ha presentato un certificato psichiatrico della stessa struttura universitaria sul rischio di 'grave danno alla salute psichica', che ha autorizzato l'intervento". Una misura terapeutica, quindi, nel pieno rispetto della legge 194, effettuata alla ventunesima settimana di gravidanza.

La donna che ha praticato l'aborto, espellendo per altro un feto morto, ha 39 anni ed è stata dimessa questa mattina. Oltre la cartella clinica della paziente, anche il feto - del peso di 460 grammi - è stato sequestrato dalla polizia, su disposizione del pm.

"Si è trattato di un aborto terapeutico. Una decisione difficile, sofferta", racconta oggi la donna, S. S., ascoltata ieri dalla polizia subito dopo l'interruzione volontaria di gravidanza. E ripete oggi quanto spiegato agli agenti, intervenuti nel reparto in seguito a una denuncia che informava la polizia di un aborto oltre i limiti di tempo previsti dalla legge.

"Mi è stato chiesto se per abortire avevo pagato - aggiunge la donna - ed ho spiegato che non era stato così. I risultati dell'amniocentesi, ritirata lo scorso 31 gennaio, avevano accertato che il feto soffriva della sindrome di Klineferter, un'anomalia cromosomica".

Per Rina Gagliardi, senatrice del Prc, si tratta di un "fatto gravissimo". "Si prova uno sgomento immenso nel leggere notizie come quella pubblicata oggi dai quotidiani on line", aggiunge Gagliardi". "Vogliamo conoscere i responsabili di questo gesto violento e irrispettoso e chiediamo che paghi per questa inqualificabile, disgustosa condotta" conclude la senatrice.





lemiemanisudite2.
00mercoledì 13 febbraio 2008 12:42
la differenza tra il grumo e i figli

Matteo Bordone


Qui si parla di 194, moratorie, figli e parti. Ne parlo io, che non ho figli e tendo al prolisso. Siete avvisati.

Cominciamo con una questione molto semplice. La moratoria è una sospensione straordinaria: la si chiede ai governi o ad altri enti e organizzazioni perché si astengano da una loro pratica o abitudine, generalmente in nome di un principio. Se l'ONU chiede la moratoria delle esecuzioni, sta dicendo agli stati che la pena di morte è sbagliata e che dovrebbero considerare l'idea di rinunciare alla pratica, in nome di bla bla bla. Loro se vogliono si astengono, se no ciccia (o meglio Cina). Chiedere una moratoria degli aborti non è la stessa cosa. Perché stai chiedendo a un singolo di rinunciare a un proprio diritto sancito per legge, in nome di valori tuoi, non suoi. Quindi non è una moratoria, è propaganda politica e morale, sacrosanta: si fanno dei picchetti, si scrivono dei libri, si rompono le palle, ma la moratoria proprio non c'entra.
Le donne hanno il diritto di abortire secondo la legge. Finisce lì. L'unica moratoria possibile sarebbe una fine dello stato di diritto, per cui Giuliano Ferrara smagrito dalla dieta liquida e i suoi sodali Bagnasco, Ruini e Binetti decidessero di far sospendere gli aborti in Italia in pia deroga alla legge dello Stato. (Sto scherzando: nessuno la vuole e non succederà mai. È tutto un trucchetto per mettere in discussione la 194. Bricconi!) L'accostamento tra la moratoria della pena di morte e quella degli aborti è il classico sgambetto ideologico di Ferrara su questi temi: una versione più scaltra e meglio scritta di infinite baggianate retoriche dei cattolici sul tema, tipo la vita, viva la vita, che bella la vita, io difendo la vita, quanto è bella la vita, la vita è vita, senza se e senza ma, chiedi al cardinale che te lo spiegherà. Prosecuzione ovvia del ragionamento è: come l'IRAN impicca la gente in piazza con la gru, così voi ammazzate i bambini nell'utero con la RU. Molto bene. Andiamo avanti.

Tutta la questione su quando abbia inizio la vita è stata affrontata già molti secoli e millenni fa. Delle tre religioni monoteiste mediorientali, solo una non si occupa di stabilire quando inizi la vita. Indovinate quale...BINGO: quella cattolica. Non se ne occupa, è vero, come invece fanno l'islam e l'ebraismo. Ma prevede tra i suoi massimi festeggiamenti quello della nascita del figlio di dio, tra i suoi sacramenti quello del battesimo, nelle sue simbologie migliaia di riferimenti al venire al mondo. Eppure, a sentire gli integralisti (medici, prelati, intellettuali e politici) che discettano da anni sull'argomento, non ci sarebbe nessun problema nel dire che il momento in cui nasce la vita sia quello del concepimento, quello delle due cellule invece di una, e basta. Con un certo fastidio ammettono che l'incubatrice santa e immacolata, l'organismo della madre – solo in alcuni casi è ammesso l'uso della parola donna, ma si preferisce limitarlo il più possibile per non offendere tutti quelli che non ci si riconoscono – possa decidere di interrompere la gravidanza per cosiddetti motivi fisiologici (egoismo laico, altroché), ma a parte quello, non sentono ragioni.
Ci fu poi tutta una questione relativa al ricciolo di vita, al batuffolo di sangue, al grumo di esistenza, la sputazza di figlio: tutta una serie di immagini di un lirismo petulante, che stanno a significare embrione ma la mettono giù dura. Chi le usa in genere non ha figli: o sono femministe attempate e confuse, o sono donne che non praticano né l'amore né la carne, o preti celibi per legge, oppure gente che non ha figli e basta. Per gli altri (per chi lava culi, seda capricci, scopre canne o magari accompagna le figlie ad abortire) sembrano più calzanti delle espressioni tipo quella che furoreggia nella mia città natale: i fieu i fann anca i gatt. Quando una donna aspetta un figlio e va in panico, c'è una sciura varesina che le dice "i fieu i fann anca i gatt", cioè i figli li fanno anche i gatti, li hanno fatti tutti, non metterla giù dura.
Prima di avere me, mia madre ne ha persi due. Mi spiace per loro, ma, come si dice, mors tua vita mea. Una volta è scivolata uscendo da una lavanderia, ha battuto il sedere ed è successo il patatrac. Perché anche battere il culo per terra può essere il motivo di un aborto spontaneo. Una cosa così bassa, banale, laica come battere il culo per terra, e il ricciolo di vita aggrappato alla vita stretto forte alla vita incistato alla vita, insomma 'sto coso si stacca e non nasce. Terribile contraccolpo psicologico, pianti e depressioni, e poi si va avanti. Sono milioni di anni che succede. È un meccanismo. Meraviglioso, ma un meccanismo. Nessun miracolo e nessun dono. Lo fanno i gatti, i ratti, gli elefanti, le blatte, qui sul pianeta Terra, e anche le scimmie nude come noi.
Potrei andare avanti a lungo e parlare degli anticoncezionali, o del diritto all'aborto senza se e senza ma, dello scandalo dell'obiezione di coscienza, della trafila vergognosa richiesta in Italia per avere la stessa pillola del giorno dopo che in altri paesi è gratis e si prende in farmacia senza ricetta, o anche del fatto che l'idea che una discepola della Binetti parli con una ragazza che vuole abortire per convincerla a non farlo mi fa orrore. Ma poi mi stufo da solo.
Solo una cosa. Abbiamo il tasso di natalità più basso del mondo occidentale, insieme al Giappone. Il numero degli aborti scende più o meno costantemente da anni. La gente quindi tende a non volere figli, più che ad abortire. Sono cattivi? Sono egoisti? Dovremmo puntare il dito contro il demoniaco lattice di gomma dei preservativi? La vita nasce con l'erezione? Mah. Forse tutti facciamo quello che ci pare, e siamo sensibili ai geni, alla cultura, alla storia e anche all'ambiente in cui viviamo.
Agli integralisti cattolici interessa la vita, concetto difficile anche solo da comprendere. A chi li vuole o vorrebbe interessano i figli. Per la prima ci vuole un rosario; per i secondi non basta. Ci vogliono amore, slancio, brivido e incoscienza, certo, ma non solo. Siccome la destra che si intorcina in queste scemenze è la stessa che in questi anni ha reso ridicola l'idea stessa di stato sociale; siccome durante gli anni in cui queste forze politiche e culturali sono state al governo o l'hanno sostenuto si è evitato orgogliosamente qualsiasi investimento per costruire strutture pubbliche e collettive (sì, collettive, arrivano i cosacchi) legate all'infanzia; siccome i bambini dalle altre parti sono i piccoli dell'uomo (educati, visibili, previsti) e da noi sembrano miracolose concessioni di Bagnasco in persona (onnipotenti, maltollerati, invisibili); alla luce del fatto che negli altri paesi d'Europa ci sono i kinderheim nelle aziende e in Italia né Confindustria né i governi sollevano anche solo l'argomento; insomma per tutte queste ragioni mi sentirei di suggerire un cambio di prospettiva e di argomento di discussione, se proprio si vogliono molti più bambini in giro: non riccioli di vita, cazzo, ma asili di nido.

CorContritumQuasiCinis
00mercoledì 13 febbraio 2008 13:27
Corriere della Sera - 19/01/1975


Sono contro l'aborto
di Pier Paolo Pasolini

Io sono per gli otto referendum del Partito radicale, e sarei disposto a una campagna anche immediata in loro favore.

Condivido col Partito radicale l'ansia della ratificazione, l'ansia cioè del dar corpo formale a realtà esistenti: che è il primo principio della democrazia.

Sono però traumatizzato dalla legalizzazione dell'aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell'omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano - cosa comune a tutti gli uomini - io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente. Mi limito a dir questo, perché, a proposito dell'aborto, ho cose più urgenti da dire. Che la vita sia sacra è ovvio: è un principio forte ancora che ogni principio della democrazia, ed è inutile ripeterlo.

La prima cosa che vorrei invece dire è questa: a proposito dell'aborto, è il primo, e l'unico, caso in cui i radicali e tutti gli abortisti democratici più puri e rigorosi, si appellano alla "Realpolitik" e quindi ricorrono alla prevaricazione "cinica" dei dati di fatto e del buon senso.

Se essi si sono posti sempre, anzitutto, e magari idealmente (com'è giusto), il problema di quali siano i "principi reali" da difendere, questa volta non l'hanno fatto. Ora, come essi sanno bene, non c'è un solo caso in cui i "principi reali" coincidano con quelli che la maggioranza considera propri diritti. Nel contesto democratico, si lotta, certo, per la maggioranza, ossia per l'intero consorzio civile, ma si trova che la maggioranza, nella sua santità, ha sempre torto: perché il suo conformismo è sempre, per la propria natura, brutalmente repressivo.

Perché io considero non "reali" i principi su cui i radicali e in genere i progressisti (conformisticamente) fondano la loro lotta per la legalizzazione dell'aborto?

Per una serie caotica, tumultuosa e emozionante di ragioni. Io so intanto, come ho detto, che la maggioranza è già tutta, potenzialmente, per la legalizzazione dell'aborto (anche se magari nel caso di un nuovo "referendum" molti voterebbero contro, e la "vittoria" radicale sarebbe molto meno clamorosa).

L'aborto legalizzato è infatti - su questo non c'è dubbio - una enorme comodità per la maggioranza. Soprattutto perché renderebbe ancora più facile il coito - l'accoppiamento eterosessuale - a cui non ci sarebbero più praticamente ostacoli. Ma questa libertà del coito della "coppia" così com'è concepita dalla maggioranza - questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi - da chi è stata tacitamente voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare, in modo ormai irreversibile, nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle esigenze di libertà, diciamo così, liberali e progressiste e, facendole sue, le ha vanificate, ha cambiato la loro natura.

Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un'ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. Insomma, la falsa liberalizzazione del benessere ha creato una situazione altrettanto e forse più insana che quella dei tempi della povertà. Infatti, primo: risultato di una libertà sessuale "regalata" dal potere è una vera e propria generale nevrosi. La facilità ha creato l'ossessione; perché è una facilità "indotta" e imposta, derivante dal fatto che la tolleranza del potere riguarda unicamente l'esigenza sessuale espressa dal conformismo della maggioranza. Protegge unicamente la coppia (non solo, naturalmente, matrimoniale): e la coppia ha finito dunque col diventare una condizione parossistica, anziché diventare segno di libertà e felicità (com'era nelle speranze democratiche).

Secondo: tutto ciò che sessualmente è "diverso" è invece ignorato e respinto. Con una violenza pari solo a quella nazista dei lager (nessuno ricorda mai, naturalmente, che i sessualmente diversi son finiti là dentro). E' vero; a parole, il nuovo potere estende la sua falsa tolleranza anche alle minoranze. Non è magari da escludersi che, prima o poi, alla televisione se ne parli pubblicamente. Del resto le "élites" sono molto più tolleranti verso le minoranze sessuali che un tempo, e certo sinceramente (anche perché ciò gratifica le loro coscienze). In compenso l'enorme maggioranza (la massa: cinquanta milioni di italiani) è divenuta di una intolleranza così rozza, violenta e infame, come non è ceto mai successo nella storia italiana. Si è avuto in questi anni, antropologicamente, un enorme fenomeno di abiura: il popolo italiano, insieme alla povertà, non vuole neanche più ricordare la sua "reale" tolleranza: esso, cioè, non vuole più ricordare i due fenomeni che hanno meglio caratterizzato l'intera sua storia.

Quella storia che il nuovo potere vuole finita per sempre. E' questa stessa massa (pronta al ricatto, al pestaggio, al linciaggio delle minoranze) che, per decisione del potere, sta ormai passando sopra la vecchia convenzione clerico-fascista ed è disposta ad accettare la legalizzazione dell'aborto e quindi l'abolizione di ogni ostacolo nel rapporto della coppia consacrata.

Ora, tutti, dai radicali a Fanfani (che stavolta, precedendo abilmente Andreotti, sta gettando le basi di una sia pur prudentissima abiura teologica, in barba al Vaticano), tutti, dico, quando parlano dell'aborto, omettono di parlare di ciò che logicamente lo precede, cioè il coito ...

______________________________________________________________


Per inciso:

Pasolini NON si schierò MAI contro chi lottava a favore di una legge che depenalizzasse l'aborto.


(...) Bisogna ricordare che Pasolini era assolutamente favorevole alla legge sull'aborto, e anzi la sua obiezione cominciava da lì: ci deve essere una depenalizzazione dell'aborto. Dopo di che, diceva, in questo caso sono più con il PCI che non con i Radicali, con cui viceversa si dichiarava d'accordo in altre circostanze, perché condurre in modo trionfalistico una battaglia per l'aborto era pazzia. (Adriano Sofri, da Micromega)


lemiemanisudite2.
00mercoledì 13 febbraio 2008 13:33

Hai per caso la risposta di Calvino a Pasolini? Era meravigliosa.


CorContritumQuasiCinis
00mercoledì 13 febbraio 2008 13:55
Re:
lemiemanisudite2., 13/02/2008 13.33:


Hai per caso la risposta di Calvino a Pasolini? Era meravigliosa.





Purtroppo no.
Ricordo, perché l'ho letta, la risposta al vetriolo di Giorgio Manganelli.

Che tempi quelli.
Ci si confrontava ch'era un piacere.

Si argomentava come non mai.

Certi intelletti, ho il timore, non li avremo più.


lemiemanisudite2.
00mercoledì 13 febbraio 2008 16:57
Re:
IoAnnarella, 13/02/2008 11.57:



Per non parlare dell'intervento della CEI sulla scena di sesso in Caos Calmo, perché gli amanti fanno sesso di spalle senza guardarsi...

Io sono allibita. Vorrei che tutto non passasse come acqua inghiottita dai tubi.




Annarè, è bellissima sta lettera!! [SM=g27828]





In questi giorni sarà proiettato nelle sale cinematografiche italiane un film durante il quale Nanni Moretti ed Isabella Ferrari interpretano una scena erotica pesante; ne hanno parlato tutti i giornali. Chiacchierando con un gruppetto di giovani è venuto fuori che la scena è già in versione integrale su YouTube e che già il TG nazionale che qualche sera fa ha dedicato pochi secondi alla guerra civile in Kenia e molti minuti alla presentazione del film e della scena in particolare; una giovane me ne ha parlato via e-mail definendola terribile: i due attori fanno l’amore in piedi, vestiti, senza guardarsi in faccia…

Capisco che la scena vada letta e inserita nel contesto del film, ma confesso che anch’io sono rimasto stupito e disturbato: da un bravo regista e coraggioso idealista come Moretti e da un volto sensibile e delicato come la Ferrari mi sarei aspettato una scena romantica, soffusa, tenera… magari un momento d’amore aperto alla vita, ad un figlio.
Sono convinto che gli attori, gli uomini di spettacolo abbiano un grande impatto culturale e quindi una grande responsabilità educativa verso i giovani. Spesso sono i più deboli, i più poveri culturalmente ad essere segnati da questi cattivi insegnamenti e vengono travolti da fantasie erotiche che diventano dipendenza e sfociano nella violenza. Sarebbe bello che qualcuno di questi professionisti facesse obiezione di coscienza e si rifiutasse di girare scene erotiche volgari e distruttive. Caro Nanni e cara Isabella contiamo sulla vostra passione educativa!
La riflessione che vorrei fare non vuole essere legata né al film né ai due attori che peraltro riconosco essere grandi professionisti; vorrei solo invitare a riflettere sull’argomento. Lo sappiamo bene: fare l’amore è il gesto più bello ed importante del mondo; voluto Dio, ha un che di sacro, di spirituale: tutti noi veniamo da lì, da quell’incontro d’amore fra papà e mamma. Moltissimi giovani lo considerano una cosa così grande che si impegnano alla verginità fino al matrimonio; tanti altri dopo avere vissuto con superficialità o debolezza la propria vita sessuale ritornano ad una vita casta; la Grazia del Sacramento del Perdono li ricrea e li rinnova totalmente.

La sapienza e la bontà di Dio hanno previsto anche dei periodi di non fecondità della donna perché, pur rimanendo aperti alla vita ed al dono di un figlio, i coniugi potessero scegliere il momento più adatto per dirsi il loro amore e per essere genitori responsabili.
Molte persone osservano che i consacrati non possono e non devono parlare di sessualità corporea perché non la vivono. Mi sento di poter dire che noi la conosciamo e la stimiamo così bella e importante che ogni giorno la offriamo sull’altare, doniamo a Dio ed alla nostra comunità il nostro celibato, con fatica e con gioia. Per questo preghiamo per chi svaluta questi gesti.
Il mondo a luci rosse è un business, è denaro. Gesù ci ricorda che non si può servire due padroni perché se si ama si odierà l’altro: non si può servire Dio e il denaro. In tempi di laicità, poiché Gesù è vero Dio e vero uomo, parafrasando il Vangelo si potrebbe affermare che non si può servire l’uomo e il denaro. Da che parte stiamo?

Tra pochi giorni sarà S. Valentino, festa degli innamorati… ed è appena iniziata la Quaresima, tempo di riflessione, di preghiera, di ritorno a Dio, di Grazia.

Don Nicolò Anselmi
don.nico@libero.it


IoAnnarella
00mercoledì 13 febbraio 2008 17:04
Re: Re:
lemiemanisudite2., 13/02/2008 16.57:




Annarè, è bellissima sta lettera!! [SM=g27828]





Io certe recrudescenze di oscurantismo non le seguo.
Perché, secondo te, non è accaduto lo stesso quando uscì il film di Veronesi, alla scena conturbante tra Monica Bellucci e quel bonazzo di Scamarcio?
Anche lì due sconosciuti, lei più grande di lui, la sua fisioterapista, lui semi immoblizzato sulla carrozzella, fanno sesso di spalle senza guardarsi in faccia.
Eppure la scena turbò i miei sogni e le mie fantasie non poco. Che scandalo. che impudicizia.
Bah!
lemiemanisudite2.
00mercoledì 13 febbraio 2008 17:42
Re: Re: Re:
IoAnnarella, 13/02/2008 17.04:



Io certe recrudescenze di oscurantismo non le seguo.
Perché, secondo te, non è accaduto lo stesso quando uscì il film di Veronesi, alla scena conturbante tra Monica Bellucci e quel bonazzo di Scamarcio?
Anche lì due sconosciuti, lei più grande di lui, la sua fisioterapista, lui semi immoblizzato sulla carrozzella, fanno sesso di spalle senza guardarsi in faccia.
Eppure la scena turbò i miei sogni e le mie fantasie non poco. Che scandalo. che impudicizia.
Bah!



Però Scamarcio si era tolto la maglietta. Forse un chiaro segno che desiderava un figlio(romanticamente) [SM=g27823]






IoAnnarella
00mercoledì 13 febbraio 2008 18:13
Re: Re: Re: Re:
lemiemanisudite2., 13/02/2008 17.42:



Però Scamarcio si era tolto la maglietta. Forse un chiaro segno che desiderava un figlio(romanticamente) [SM=g27823]




Scamarcio è bono con e senza maglietta. [SM=g27823]

E vogliamo parlare del verso "voglio praticare il sesso senza sentimenti"?
Io vado spesso in chiesa ma non ricordo l'ultima volta che mi sono confessata [SM=g27837]. Come farei a confessare che voglio che questo diventi il mio motto da tatuarmi sull'avambraccio? [SM=g27837]

lemiemanisudite2.
00giovedì 14 febbraio 2008 16:10
Re: Re:
CorContritumQuasiCinis, 13/02/2008 13.55:



Che tempi quelli.
Ci si confrontava ch'era un piacere.

Si argomentava come non mai.

Certi intelletti, ho il timore, non li avremo più.





Che tempi, si.

Gilles Deleuze - Dell'Eterna Infamia Universale [1/2]







NelMentre
00venerdì 22 febbraio 2008 10:20
Preso il Robin Hood di Rimini
dopo le rapine regalava i soldi

Incensurato e nullafacente, si presentava in giro come "il principe dei ladri"
Pochi giorni fa un altro colpo con la refurtiva donata ai barboni della stazione

RIMINI - Rubava ai ricchi per dare ai poveri, e fin qui il paragone con Robin Hood ci sta tutto. Ma a differenza del "principe dei ladri", Pasquale D'Angelo, 37 anni, di Ginosa (Taranto), si è fatto beccare al secondo colpo, mettendo subito fine alla sua bizzarra carriera criminale. I carabinieri lo hanno arrestato infatti in un bar di Rimini dove presentandosi come Robin Hood stava distribuendo ai clienti le banconote da 50 euro rapinate qualche minuto prima con una pistola giocattolo in una filiale della Bnl.

I militari, avvisati del colpo da 3.500 euro, si erano precipitati a caccia del rapinatore, ma non credevano certo di trovarsi davanti un personaggio tanto innocuo quanto eccentrico. D'Angelo, nullafacente, con un passato nell'esercito, celibe e con problemi di alcol, era tornato nel locale dove prima di svaligiare la banca si era fatto servire un cointreau per farsi coraggio.

Prima però aveva fatto in tempo a fare il giro dei commercianti della zona, presentandosi come Robin Hood, il ladro che ruba ai ricchi per dare ai poveri, regalando a tutti banconote da 50 euro. Qualcuno si è fatto poche domande e ha intascato l'inatteso regalo. Gli altri, sospettando che ci fosse qualcosa che non quadrava, hanno rifiutato la banconota.

Quando i carabinieri lo hanno individuato aveva appena recuperato la giacca dimenticata nel bar e stava aspettando il taxi fatto chiamare. Non voleva fuggire, ha poi spiegato ai carabinieri, ma fare un salto in chiesa per cercare di finire di distribuire i soldi appena rubati a qualche povero. D'Angelo è incensurato, ma qualche giorno fa, sempre a Rimini, aveva compiuto un'altra rapina, distribuendo l'intero bottino ai barboni della stazione. Subito dopo era corso dai carabinieri per confessarsi. In mancanza di flagranza di reato, i militari si erano limitati però a denunciarlo a piede libero.
lemiemanisudite2.
00martedì 27 maggio 2008 13:08
Le leggi speciali


STEFANO RODOTÀ
27-05-2008

Disse una volta il primo ministro inglese Margareth Thatcher: «La società non esiste». Simile l´impostazione del "pacchetto sicurezza", all´origine di quella "politica militarizzata" sulla quale ha richiamato l´attenzione Giuseppe D´Avanzo.Ma, inviato a Napoli con un ruolo a metà tra il Fassbinder di Germania in autunno (dove la madre del regista invoca un dittatore "buono e giusto") e il Tarantino di Pulp Fiction ("Il mio nome è Wolf, risolvo problemi"), il sottosegretario Bertolaso ha subito dovuto fare i conti proprio con la società, ha dovuto mettere tra parentesi gli strumenti autoritari e si è incontrato con i sindaci, i rappresentanti dei partiti e persino con i rappresentanti dei terribili centri sociali. Non è il caso di fare previsioni sull´esito di questa partita difficilissima. Registriamo uno scacco della logica militare, ma non lasciamoci fuorviare da un episodio e consideriamo con attenzione il nuovo modello di governo della società affermato con il "pacchetto". È accaduto qualcosa di nuovo, che mette alla prova i principi della democrazia e dello Stato costituzionale di diritto, ponendo l´eterna questione del modo in cui si può legittimamente reagire ad emergenze difficili senza travolgere quei principi. La storia è piena di queste vicende, molte delle quali hanno provocato trasformazioni che, in modo duro o "soffice", hanno alterato la natura della democrazia. Un punto è indiscutibile. È nato un diritto "speciale", fondato su una sostanziale sospensione di garanzie fondamentali. Una duplice specialità. Da una parte riguarda il territorio, poiché ormai in Campania vige un diritto diverso da quello di altre regioni. Dall´altra riguarda le persone, perché per lo straniero vige un diritto che lo discrimina e punisce in quanto tale, anche per comportamenti per i quali la sanzione penale è chiaramente impropria e sproporzionata o ingiustificatamente diversa da quella prevista per altri soggetti che commettono lo stesso reato. Colpisce la contemporaneità di provvedimenti che sembrano collocare nella categoria dei "rifiuti" sia le cose che le persone, la spazzatura da smaltire e l´immigrato da allontanare. E tuttavia una distinzione bisogna farla, non per attenuare la gravità di quanto è avvenuto, ma per analizzare ciascuna questione nel modo più adeguato. L´emergenza rifiuti in Campania ha una evidenza tale, una tale carica di pericolosità anche per la salute, da rendere indifferibili provvedimenti urgenti. Ma l´insieme delle nuove regole fa nascere un modello che produce una "eccedenza" autoritaria inaccettabile. In Campania, in materia di rifiuti, è stato cancellato il sistema del governo locale. Le aree individuate per la loro gestione sono dichiarate "di interesse strategico nazionale", con conseguente militarizzazione e attribuzione al sottosegretario Bertolaso della direzione di tutte le autorità pubbliche: a lui vengono subordinati "la forza pubblica, i prefetti, i questori, le forze armate e le altre autorità competenti", con una concentrazione di potere assoluto davvero senza precedenti. Un accentramento di potere si ha anche per la magistratura, con la creazione di una superprocura per i rifiuti, con la centralizzazione dell´esercizio dell´azione penale e dello svolgimento delle indagini preliminari. La stessa logica accentratrice è alla base dell´attribuzione al solo giudice amministrativo di tutte le controversie riguardanti la gestione dei rifiuti, anche per le "controversie relative a diritti costituzionalmente garantiti". Vengono creati nuovi reati, per il semplice fatto di introdursi in una delle aree "militarizzate" o per l´aver reso l´accesso "più difficoltoso": una formula, questa, di così larga interpretazione che può risolversi in inammissibili restrizioni di diritti costituzionalmente garantiti, come quello di manifestare liberamente. L´insieme di questi provvedimenti è impressionante. Nessuno, ovviamente, può spendere una sola parola a difesa di un sistema di governo locale assolutamente inefficiente. È essenziale, tuttavia, rimuovere anche le cause ambientali, camorristiche e affaristiche, che hanno accompagnato l´inerzia e la complicità degli amministratori locali: senza queste misure, il ritorno della mala amministrazione, magari in altre forme, rischia d´essere inevitabile e le misure prese rischiano di non funzionare (come si allenterà la presa camorristica sul trasporto dei rifiuti?). Inaccettabile, però, appare la manipolazione del sistema giudiziario. Il Governo si sceglie i magistrati che devono controllare le sue iniziative. Viene aggirato l´articolo 102 della Costituzione, che vieta l´istituzione di giudici straordinari o speciali. La garanzia dei diritti costituzionalmente garantiti è degradata. La legalità costituzionale è complessivamente incrinata. Interrogativi analoghi pone l´altro diritto "speciale", riguardante gli immigrati. A parte l´inammissibilità di alcune scelte generali, contrarie ai principi costituzionali riguardanti l´eguaglianza e la stessa dignità delle persone, siamo di fronte a norme destinate a far crescere inefficienza e arbitri, a perpetuare un sistema che genera irregolarità. Si è sottolineata l´impossibilità di applicare le nuove misure senza far saltare il sistema giudiziario e carcerario. Tardivamente ci si è resi conto che si possono provocare sconquassi sociali, e si è detto che si porrà rimedio al problema delle badanti, distinguendo caso per caso. Ma sarà davvero possibile fare accertamenti di massa, controllare centinaia di migliaia di persone? E ha senso limitarsi alle badanti o è indispensabile prendere in considerazione anche colf e altre categorie di lavoratori altrettanto indispensabili, come hanno sottolineato molte organizzazioni, Caritas in testa? Provvedimenti giustificati con la volontà di ristabilire l´ordine, si rivelano fonte di nuovo disordine e ulteriori irregolarità. Ma contraddizioni, difficoltà di funzionamento, smagliature, non possono far sottovalutare la creazione di un modello di governo della società che ha tutti i tratti della "democrazia autoritaria": centralizzazione dei poteri, abbattimento delle garanzie, restrizione di libertà e diritti, sostegno plebiscitario. Si affrontano questioni dell´oggi, ma si parla del futuro. Si coglie la società italiana in un momento di debolezza strutturale, e si modificano le condizioni dell´agire politico. Si lancia un messaggio che rafforza i pregiudizi e diffonde la logica della mano dura: non sono un caso le aggressioni romane a immigrati e gay. Qui è la vera riforma istituzionale, qui il rischio di uno strisciante mutamento di regime. Un virus è stato inoculato nel sistema politico e istituzionale. Esistono anticorpi che possano contrastarlo? In democrazia, questi consistono nel Parlamento, nel ruolo dell´opposizione, nel controllo di costituzionalità, nella vitalità dell´opinione pubblica. Ma una ferrea maggioranza annuncia il Parlamento come luogo di pura ratifica delle decisioni del Governo. L´opposizione sembra riservarsi quasi esclusivamente "un potere di emendamento", che la mette a rimorchio delle iniziative del Governo. Molto lavoro attende la Corte costituzionale, come accade nei tempi difficili di tutte le democrazie. I cittadini, l´opinione pubblica? Sulle capacità di reazione di un mondo reduce da una batosta elettorale si può sospendere il giudizio. Ma i disagi profondi e le insicurezze reali vengono ormai governati con l´accorta manipolazione dei sondaggi, con una presa diretta delle pulsioni sulla decisione politica, con una logica sostanzialmente plebiscitaria che li capitalizza a fini di consenso. Si imbocca così una strada vicina a quella che ha portato alla crisi di molte democrazie nel secolo passato. Certo, tempi e contesti mutano. L´Europa ci guarda e, per molti versi, ci garantisce. E tuttavia il populismo ci insidia tutti, sfrutta ogni debolezza della democrazia e dei suoi fedeli, ci consegna a logiche autoritarie. È una tendenza ormai irreversibile, come più d´uno ormai teme? O non bisogna perdere la fede, e cogliere proprio le occasioni difficili per continuare a lavorare sulla democrazia possibile?



IoAnnarella
00martedì 27 maggio 2008 15:56
Re: Le leggi speciali
lemiemanisudite2., 27/05/2008 13.08:



STEFANO RODOTÀ
27-05-2008

«La società non esiste».

È nato un diritto "speciale", fondato su una sostanziale sospensione di garanzie fondamentali. In Campania, in materia di rifiuti, è stato cancellato il sistema del governo locale. Le aree individuate per la loro gestione sono dichiarate "di interesse strategico nazionale", con conseguente militarizzazione e attribuzione al sottosegretario Bertolaso della direzione di tutte le autorità pubbliche: a lui vengono subordinati "la forza pubblica, i prefetti, i questori, le forze armate e le altre autorità competenti", con una concentrazione di potere assoluto davvero senza precedenti. Un accentramento di potere si ha anche per la magistratura, con la creazione di una superprocura per i rifiuti, con la centralizzazione dell´esercizio dell´azione penale e dello svolgimento delle indagini preliminari. La stessa logica accentratrice è alla base dell´attribuzione al solo giudice amministrativo di tutte le controversie riguardanti la gestione dei rifiuti, anche per le "controversie relative a diritti costituzionalmente garantiti". Vengono creati nuovi reati, per il semplice fatto di introdursi in una delle aree "militarizzate" o per l´aver reso l´accesso "più difficoltoso": una formula, questa, di così larga interpretazione che può risolversi in inammissibili restrizioni di diritti costituzionalmente garantiti, come quello di manifestare liberamente. L´insieme di questi provvedimenti è impressionante. Nessuno, ovviamente, può spendere una sola parola a difesa di un sistema di governo locale assolutamente inefficiente. È essenziale, tuttavia, rimuovere anche le cause ambientali, camorristiche e affaristiche, che hanno accompagnato l´inerzia e la complicità degli amministratori locali:

Inaccettabile, però, appare la manipolazione del sistema giudiziario. Il Governo si sceglie i magistrati che devono controllare le sue iniziative. Viene aggirato l´articolo 102 della Costituzione, che vieta l´istituzione di giudici straordinari o speciali. La garanzia dei diritti costituzionalmente garantiti è degradata. La legalità costituzionale è complessivamente incrinata.

È una tendenza ormai irreversibile, come più d´uno ormai teme? O non bisogna perdere la fede, e cogliere proprio le occasioni difficili per continuare a lavorare sulla democrazia possibile?





E' un articolo agghiacciante.
Proprio ieri, con una collega, mi chiedevo se l'incarico di sottosegretario a Bertolaso, avesse comportato le dimissioni da Capo del Dipartimento della Portezione Civile, nella logica della separazione tra potere politico e gestione amministrativa.
Ho fatto delle ricerche e non sono riuscita ad appurarlo.
Tutto è possibile, farà parte di una norma speciale anche questo ennesimo sberleffo al diritto.


..kiara
00venerdì 30 maggio 2008 12:02
C'è da stupirsi?






Salta la tregua Pd-Pdl. Franco (Pd): "Che fa il ministro Carfagna?"
Martella (Pd): "Scomparsi i soldi per fs e strade al sud". Lombardo (Mpa) contro il governo

di CLAUDIA FUSANI

La manifestazione a Roma contro la violenza contro le donne


ROMA - Il taglio della tassa sulla prima casa, lo sgravio fiscale sugli straordinari e un altro aiutino a Alitalia per tirare a campare. Vale tre miliardi di euro il decreto fiscale della nuova era Tremonti pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale e quindi in vigore. Soldi che tornano nella disponibilità delle famiglie ma che alle stesse famiglie vengono tolti in altri modi. La scure Tremonti infatti si è abbattuta su decine di fondi già stanziati, dal trasporto locale a quello per l'occupazione (165 milioni), dall'ammodernamento delle rete idrica nazionale a quello dedicato al recupero dei centri storici. Il ministro taglia, dove non serve, dove non c'è appeal, dove gli sembra uno spreco: fa scomparire il fondo anti violenza per le donne e quello per l'inclusione sociale degli immigrati, quello per l'abbattimento degli ecomostri e per il sostegno al trasporto ferroviario delle merci. E alla fine è difficile capire e trovare dove stia il vantaggio tra l'Ici recuperato e tutto il resto andato perduto. "Tremonti ha preso in mano la ramazza e ha spazzato via, alla cieca e in modo come minimo contraddittorio" denunciano al Loft. "Promette al sud il Ponte sullo Stretto che sarà pronto chissà quando e con quali soldi e intanto leva quegli interventi immediati su strade e ferrovie di cui Calabria e Sicilia hanno bisogno come dell'aria". L'opposizione alza la voce. Chiede conto dei tagli. E dopo lo scontro sul decreto salva Rete 4, i propositi di dialogo e larghe intese tra maggioranza e opposizioni saltano di nuovo.

I fondi contro la violenza contro le donne. Spazzati via venti milioni. Non che siano tantissimi ma certo erano moltissimo per gli oltre cento centri antiviolenza che in Italia si occupano di dare protezione e un tetto a donne sole, ragazze-madri maltrattante, per lo più straniere, con bambini piccoli. Storie di senza nome, poco performanti da un punto di vista mediatico, e però passa anche da questi Centri antiviolenza il livello di civiltà di un paese. "Il primo atto del governo contro la violenza sulle donne? Un bel taglio al Fondo istituito dalla Finanziaria 2008 con 20 milioni di euro per il sostegno alle vittime e la prevenzione" denuncia Vittoria Franco, ministro ombra del pd per le Pari Opportunità che chiama in causa il ministro Mara Carfagna: "Cosa intende fare il neo ministro? Se n'è accorta?". Il ministro potrà riflettere su cifre e dati. I numeri dicono che in Italia ci sono 14 milioni di donne vittime di violenza di cui ben tre milioni tra le mura domestiche, drammi vissuti nel silenzio e nell'indifferenza. Una risposta, un segnale di aiuto e di una possibile via di fuga, è arrivato in questo anni soprattutto dai Centri anti violenza. Che ora restano senza fondi. Che fare? Vittoria Franco ha già presentato un'interrogazione al governo.


Sicilia e Calabria, tagli a strade e ferrovie. Il decreto fiscale si mangia mille e 432 milioni di euro, fa i conti Andrea Martella ministro ombra del Pd alle Infrastrutture, destinati al grande capitolo "opere pubbliche urgenti per il Sud". Ma come, si chiede Martella, "Berlusconi annuncia il ritorno delle grandi opere pubbliche per rilanciare il sud e poi taglia proprio strade e ferrovie in Sicilia e in Calabria?". Per l'esattezza spariscono i fondi per il completamento della strada Ionica (350 milioni), per la metro leggera di Palermo (240 milioni), per la ferrovia circum-etnea (250 milioni), per la piattaforma logistica in Sicilia (247 milioni) e per la superstrada Agrigento e Caltanissetta (180). Lombardo, leader del Movimento per l'autonomia, socio esterno del Pdl, annuncia ricorsi alla Consulta e contro palazzo Chigi. "Prodi - spiega Martella - aveva recuperato questi soldi dai fondi per il ponte sullo Stretto perchè era più urgente dare subito strade e ferrovie alla Calabria. Berlusconi invece torna al ponte sullo Stretto ma quando? E dove prenderà i 4,7 miliardi di euro necessari". E ora, subito, come fanno in Calabria?
La scure su trasporti locali e per le merci - Spariscono dal bilancio nazionale 721 milioni di euro destinati a rafforzare il trasporto locale, pubblico e su ferrovia, quel pacchetto di misure necessarie per limitare l'uso di mezzi privati, aiutare i pendolari, far diminuire i camion. I tagli più clamorosi riguardano il "Fondo per la promozione del trasporto pubblico locale", 353 milioni di euro stanziati per il triennio 2008-2010. Cancellato anche quello, più modesto (12), che doveva servire a finanziare il trasporto verde nei centri storici. "Togliere i soldi per rinnovare autobus e trasporti rapidi di massa come metro e tramvie - denuncia Marcello Panettoni, presidente dell'Associazione che riunisce le aziende di trasporto pubblico locale - vuol dire condannare un sistema già in gravi difficoltà". Michele Meta, capogruppo del Pd in Commissione Trasporti, parla di "un vero e proprio colpo di mano".

399 milioni in meno per l'ambiente. E' vero che i Verdi non sono più in Parlamento. Ma i tagli di Tremonti alla voce ambiente sono destinati a scatenare un putiferio. Spariscono i 30 milioni per il "recupero dei centri storici", i 60 per le isole minori e altri spiccioli per le biotecnologie e per le filiere Ogm free. Cassato anche il "Fondo per la demolizione degli ecomostri", 45 milioni destinati ad abbattere le pustole tipo Punta Perotti che infestano coste e zone di pregio. Aboliti i Fondi per "l'ammodernamento delle rete idrica nazionale" (70 milioni) e per le "forestazione e riforestazione" (150 milioni).

Tecnologie, sport, immigrati, università e cultura: le altre Cenerentole.
Forse in pochi piangeranno il taglio alle celebrazioni per la nascita di Giacomo Puccini (un milione e mezzo), al Fondo ordinario delle Università (48 milioni) e alla Formazione artistica e culturale (27). Sono però, questi, soldi che servono anche a tenere in vita le scuole di quartiere e per dare un'alternativa sociale e culturale a chi non se la può pagare di tasca propria. La scure Tremonti spazza via i milioni (95) per "la promozione dello sport di cittadinanza", la cassa per organizzare gare e manifestazioni a livello base e per lo più amatoriale, per dare la scosa a una popolazione, come quella italiana, dove solo il 30 per cento fa attività sportiva e tende all'obesità. Tagli anche per i Campionati mondiali di pallavolo 2010 e per quelli di ciclismo. Spariti anche i soldi per lo sviluppo della banda larga (50) e il passaggio al digitale terrestre (20) e per il potenziamento dell'informatizzazione pubblica (31). Che fine fanno la semplificazione burocratica e il passaggio dalla carta a un clic? Preoccupa la cancellazione del Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati (50), un altro pezzetto di uno stato sociale che non deve scomparire.
pescetrombetta
00lunedì 16 giugno 2008 13:19
l' eccezione è la regola
di Giuseppe D'Avanzo

Berlusconi è intenzionato a dimostrare che - per governare la crisi italiana, come vuole che noi l' immaginiamo - è costretto per necessità a separare lo Stato dal diritto, la decisione dalla legge, l' ordine giuridico dalla vita. Come se il Paese attraversasse una terra di nessuno. Così critica, oscura e sinistra da rendere urgente e senza alternative un potere di regolamentazione così esteso da modificare e abrogare con decreti le leggi in vigore. Con il «decreto sicurezza» (alla voce immigrati) e con il «decreto Napoli», è stato chiaro che Berlusconi intende muoversi in uno «stato di eccezione». Ha deciso di esercitare il suo potere secondo un tecnica che gli impone di creare - volontariamente e in modo artefatto - una necessità dopo l' altra, giorno dopo giorno, quale che siano le priorità più autentiche e dolorose del Paese. Nonostante quel che si può pensare, infatti, la necessità non è una situazione oggettiva, implica soltanto un giudizio o una valutazione personale. In fondo, sono straordinarie e urgenti soltanto le circostanze definite tali: quel che, come tali, definisce il Cavaliere. Il quinto consiglio dei Ministri del Berlusconi IV ha dichiarato l' assoluta necessità di ridimensionare l' azione dei giudici; di limitare il diritto di cronaca; di declinare le ragioni dello Stato con l' esibizione, la forza, le armi dell' Esercito. E' finora il caso più emblematico ed esplicito di quel che abbiamo definito la «militarizzazione della politica». Non è mai avvenuto in Italia che i soldati fossero chiamati a far fronte all' ordine pubblico o al controllo delle città. Nemmeno nei terribili mesi che seguirono alla morte di Falcone e Borsellino, all' aperta sfida lanciata contro lo Stato dalla Cosa Nostra di Totò Riina. In quell' occasione, l' Esercito si limitò a proteggere, con "posti fissi", gli edifici pubblici e i luoghi "sensibili" liberando dall' impegno non investigativo le forze di polizia. La decisione del governo di «parificare» 2.500 soldati «agli agenti di pubblica sicurezza» con «compiti di pattugliamento e perlustrazione» delle città inaugura una nuova, inedita stagione. Evocando ragioni (necessità) di «ordine pubblico» e «sicurezza» avvicina, sovrappone il diritto alla violenza. Assegnata all' Esercito, altera il suo segno la funzione amministrativa della polizia, chiamata a rendere esecutivo il diritto. Quella funzione e presenza si fa intimidazione. Non solo per chi trasgredisce, ma per tutti coloro che non credono «democratico» che il governo sostenga le sue decisioni con la violenza. Nello slittamento del legittimo esercizio del potere verso un arbitrario diritto della forza, come non avvertire il rischio che chiunque dissenta sia considerato un "criminale" perché avversario di una «decisione assoluta» che sola può assicurare la «governabilità» e l' uscita dalla crisi? Non è questa l' idea politica, il paradigma di governo, addirittura il fondo sublogico che consiglia a Berlusconi di intervenire anche contro la magistratura limitando l' uso delle intercettazioni o contro l' informazione, promettendo il carcere a chi pubblica il testo o il riassunto di "un ascolto"? Magistratura e informazione, i due ordini che, in un' equilibrata architettura di checks and balances, sono le istituzioni di controllo dei poteri, diventano in questo quadro i pericolosi agenti attivi e degenerati del declino da affrontare. «Nemici», perché impediscono al sovrano di governare, perché sorvegliano le sue decisioni e quella vigilanza è un ostacolo che crea uno status necessitatis, l' urgenza di un provvedimento legislativo che Berlusconi avrebbe voluto con immediata forza di legge. E' stato costretto a una marcia indietro dal capo dello Stato e, dalla Lega, a una correzione che autorizza le intercettazioni anche per i reati contro la pubblica amministrazione. Ma il disegno di legge, se non sarà corretto in Parlamento, dissemina l' iter investigativo e la sua efficacia di intralci, intoppi, legacci, esclusioni, vuoti, bizzarri obblighi (se l' indagato è un vescovo bisognerà avvertire il segretario di Stato vaticano, cioè il ministro di un altro Stato). Sono ostacoli che salvaguardano le pratiche più spregiudicate dei colletti bianchi, rendono più fragile la sicurezza dei più deboli, senza proteggere davvero alcuna privacy. I corifei del sovrano diffondono numeri farlocchi sul passato, mai spiegano perché non chiudono le falle nella rete dei gestori di telefonia, venute alle luce con l' affare Telecom. Né svelano all' opinione pubblica come e se daranno mai conto dell' uso delle «intercettazioni preventive» che oggi, al di fuori del processo penale e di ogni tipo di controllo giurisdizionale, possono essere effettuate dalle polizie e, dal 2005, anche dai servizi segreti su delega del presidente del Consiglio con l' autorizzazione del procuratore presso la Corte d' Appello. Non è la privacy del cittadino che interessa a Berlusconi. Gli interessa soltanto la sua privacy e la sua immagine, l' annullamento di un paio di conversazioni con Agostino Saccà, l' oblio di altre in cui di lui si parla. Intende creare una sorta di «diritto positivo della crisi» che impone al giudice di che cosa occuparsi in ossequio alla funzionalità della decisione politica, presentata come necessaria e univoca. Vuole giornalisti silenziosi, intimiditi dalla minaccia del carcere. Vuole editori spaventati dalle possibili, gravi penitenze economiche. Il soldato come questurino, il giudice come chierico, il giornalista come laudatore sono le tre figure di una scena politica che minaccia di trasformare radicalmente la struttura e il senso della nostra forma costituzionale. Sono i fantasmi di un tempo sospeso dove il governo avrà più potere e il cittadino meno diritti, meno sicurezza, meno garanzie.

(Repubblica — 14 giugno 2008
fonte
lemiemanisudite2.
00mercoledì 1 ottobre 2008 13:32
Stefano Rodotà: L’incubatrice del razzismo

“la Repubblica”, 23 settembre 2008

Colonia, 20 settembre: divieto di una manifestazione razzista. Venezia, 15 settembre, esempi di oratoria all’annuale raduno della Lega: “Macché moschee, gli immigrati vadano a pregare e pisciare nel deserto” (Giancarlo Gentilini, che rivendica la primogenitura come "sindaco-sceriffo" d’Italia); “Non ci rompete più i coglioni con gli immigrati, vecchie facce di merda” (Mario Borghezio, parlamentare). Le storie parallele possono essere ingannevoli, e vanno maneggiate con cautela. Ma questo accostamento mostra il diverso senso di responsabilità di chi governa, dietro il quale vi è una diversa sensibilità delle opinioni pubbliche. Le parole dette a Venezia sono il segno d’un degrado pericoloso, e non del parlar schietto di cui i leghisti si vantano. Nella loro brutalità, dovrebbero aiutare a comprendere meglio che cosa sta diventando questo Paese. Il linguaggio anticipa, accompagna, spiega.
Invece, viene ormai ignorato (silenzio di quasi tutto il sistema dell’informazione sulla qualità dell’oratoria veneziana), mentre offre una traccia preziosa, seguendo la quale si chiariscono fenomeni che vanno ben al di là del mondo leghista.

1) La Lega e il territorio.

I risultati delle ultime elezioni politiche ci hanno consegnato la Lega come vera vincitrice. E si è improvvisamente scoperto che la ragione forse più importante del suo successo sta nel rapporto che i leghisti e i loro amministratori hanno saputo stabilire con il "territorio". Da qui molte considerazioni: non è vero che servono soltanto partiti "leggeri"; non è vero che tutto può essere affidato alle pure strategie comunicative; non è vero che i cittadini possono essere considerati solo come carne da sondaggio; non è vero che l’amministrazione oculata non paga. Indicazioni in sé importanti, se non altro perché mostrano come non esista solo il modello berlusconiano di raccolta del consenso, e dunque la vanità e l’insensatezza della corsa verso una indistinta postmodernità che consegnerebbe i partiti "popolari" soltanto all’archeologia politica (altra cosa, evidentemente, sono le tecniche nuove di costruzione d’un partito popolare nel terzo millennio). Ma l’esperienza e il successo leghista sono fatti anche di altre cose, esattamente quelle che danno radici locali agli spiriti che i leader affidano, e non è la prima volta, alle alate parole citate all’inizio. Non siamo solo di fronte ad una esasperazione dell’intolleranza. Si sta costruendo anche un territorio in senso "etologico", rispondendo appunto a quell’"imperativo territoriale" di cui parlava Robert Andrey, che spinge molte specie a marcare confini, invalicabili anche se fisicamente invisibili, all’interno dei quali nessuno può penetrare e, se lo fa, scatta istintivamente una reazione anche violenta. Andate altrove, ripetono ossessivamente i leghisti all’"altro" - immigrato, rom, omosessuale - riprendendo (inconsapevoli?) i paradigmi terribili del razzismo. Su questo s’innesta una identità esasperata che, in molte situazioni, diviene il più forte collante sociale. Di questo fenomeno profondo, di quest’idea premoderna impastata di terra e sangue, regressiva, lontanissima dal modo in cui i partiti popolari storici avevano costruito il rapporto con il territorio, vogliamo riconoscere l’esistenza, discuterne seriamente e mettere a punto strategie politiche per contrastarlo?



2) Un Paese mitridatizzato.
Se questo non avviene, è perché si è creata nel tempo un’abitudine, un’assuefazione, in definitiva una rassegnazione. Uno storicismo da quattro soldi induce a pensare e ad agire registrando un successo della Lega di cui non resterebbe che prendere atto realisticamente. Di fronte a questo dato dovrebbe tacere la lotta politica, quella vera, che va alle radici culturali e sociali dei fenomeni. Ecco, allora, le debolezze delle varie sinistre, che si sono mosse senza essere capaci di sciogliere l’intreccio tra la nuova dimensione del localismo, ben individuata dalla Lega, e una serie di manifestazioni che non possono essere derubricate come folklore. A questo si è aggiunta la narrazione berlusconiana, che va avanti da anni e che, quali che siano le "intemperanze" di Bossi e dei suoi, blandisce, rassicura, ammicca, dice che in fondo sono ragazzate che avranno un epilogo rassicurante nelle bicchierate del lunedì ad Arcore. Si coglie qui una furberia politica ed un messaggio rassicurante. Vi garantisco che la Lega può essere addomesticata, che i leghisti non impugneranno mai i fucili di cui parlano. Si legittima così la politica della Lega in tutte le sue manifestazioni che, proprio perché appaiono paganti, finiscono per divenire un modello per alleati e concorrenti. Inoltre, fino a quando la Lega continua ad esibire anche questa faccia, finisce in qualche modo con il dipendere dalla mediazione, politica o personale, di qualcun altro. Ma, in questo modo, nulla si fa per arrestare il degrado civile, l’involgarirsi generale del linguaggio che rivela l’abbandono di criteri fondativi della democrazia, l’eguaglianza e il rispetto della dignità delle persone in primo luogo. E non è soltanto la Lega a portare la responsabilità della situazione che si è determinata.

3) Europa.
Altri Paesi hanno conosciuto fenomeni simili ma, per intelligenza politica e consapevolezza culturale, hanno fatto in modo che potessero essere circoscritti. Questo spiega l’attenzione preoccupata dell’Unione europea per una serie di vicende italiane: assistiamo all’accelerarsi di dinamiche politiche e sociali che rendono evidenti non il rischio, ma la realtà di pratiche discriminatorie e di vere e proprie aggressioni razziste. La risonanza europea di quel che sta accadendo non può essere attenuata esibendo qualche modifica di norme inizialmente più aggressive. È il contesto che, giustamente, inquieta. Vi è una preoccupazione delle istituzioni europee per il modo in cui le norme vengono concretamente applicate, e permangono i giudizi negativi sull’aggravante prevista per i reati commessi dagli immigrati. Una delegazione della Commissione per le libertà pubbliche del Parlamento europeo ha appena concluso una sua visita in Italia proprio per acquisire direttamente elementi per valutare la situazione dei rom. L’Agenzia europea per i diritti fondamentali ha pubblicato un rapporto sull’assalto al campo rom di Ponticelli. Da qui vengono le contestazioni a rappresentanti del Governo italiano nel corso di una conferenza a Bruxelles: e i nostri diplomatici, invece di levare inutili proteste, dovrebbero aiutare il Governo a comprendere le reazioni europee, il clima che ormai avvolge le politiche italiane in materia di immigrazione, e non solo.

4) Immigrati buoni e cattivi.
Questa distinzione ricorre continuamente nelle discussioni, per mettere in evidenza che le politiche ispirate alla sicurezza pubblica non devono essere temute da chi è venuto nel nostro paese con buone intenzioni, e qui lavora e si comporta correttamente. Ma chiunque conosca la realtà di molte prefetture e questure, delle modalità dei controlli di polizia, sa che troppo spesso le cose vanno in modo diverso. Mi riferisco ai casi in cui è certo che ci si trova di fronte ad immigrati regolari, a situazioni in cui non esiste alcun pericolo. Molte volte, parlando con immigrati regolari alle prese con le estenuanti e inutili trafile per i continui rinnovi del permesso di soggiorno, ho sentito questa frase: “ci trattano come animali”. Vorrei che il ministro Maroni impartisse disposizioni severe perché ogni persona venga rispettata, soprattutto quando si trova nella condizione di non poter nemmeno protestare, non dico abbozzare una reazione. No, allora, alle urla, agli atteggiamenti intimidatori, all’uso del tu come se ci si rivolgesse ad esseri inferiori, agli apprezzamenti sui tratti del viso o sulle donne, all’insofferenza verso qualsiasi richiesta di spiegazioni. Lì, in quei luoghi, l’immigrato incontra lo Stato. Solo se lo vedrà accogliente riuscirà a rispettarlo.

5) Razzismo?
La parola spaventa, ma dev’essere pronunciata. Di fronte a vicende drammatiche, e spaventosamente eloquenti, ecco subito l’esorcismo: Milano non è razzista, Roma non è razzista e via elencando paesi e città. Che cosa vuol dire? Vi è una specie di immunizzazione territoriale per cui qualsiasi cosa accada in certi luoghi il contagio razzista è impossibile? Sappiamo che non è così. I razzisti sono tra noi, non in Italia soltanto, ma noi dobbiamo chiederci se stiamo facendo abbastanza non solo per combatterli, ma per evitare che si sentano i veri rappresentanti del tempo.




















IoAnnarella
00mercoledì 1 ottobre 2008 15:44
Troppo lavoro al pc fa venire le rughe?

Cattive notizie per chi passa ore ed ore davanti al pc. "Il computer, se usato tutti i giorni e per molte ore, invecchia il viso. Fa venire le borse sotto gli occhi, spegne il colorito della pelle e i segni dell'invecchiamento sono più visibili". Insomma, oltre alla fatica, la beffa.
Parola di Giulio Basoccu, chirurgo estetico e docente all'Università La Sapienza di Roma. Secondo lo specialista, a lasciare il segno sul viso di una donna non è solo un lavoro particolarmente stressante, "con un capo poco carino sempre sul collo, il pensiero delle responsabilità e delle scadenze. A dare una aspetto stanco, occhiaie e colorito giallastro - spiega Basoccu - contribuisce anche l'effetto-computer". "Dall'osservazione di un campione di 300 donne tra i 30 e i 40 anni che si sono rivolte al nostro studio - dice infatti l'esperto - abbiamo notato che due su tre passavano ogni giorno dalle cinque alle otto ore fisse davanti a un pc. E tutte lamentavano gli stessi problemi. Profonde occhiaie, rughe più accentuate intorno e tra gli occhi, pelle disidratata, colorito giallastro. Il desiderio comune - prosegue Basoccu- era quello di dare nuova luce a un viso stanco e opacizzato". "Trascorrere molte ore davanti a un computer - afferma ancora Basoccu- rappresenta comunque uno stress fisico, anche se si sta seduti. Gli occhi si stancano, c'è bisogno di concentrazione e quindi si assumono involontariamente posizioni di alcune parti del viso che contribuiscono a segnare la pelle. Quando ci concentriamo aggrottiamo la fronte e, senza volerlo, forziamo le rughe tra gli occhi e quelle della fronte stessa. Il fatto di stare a lungo in un luogo chiuso, d'estate con aria condizionata e d'inverno con il riscaldamento, aumenta la disidratazione della pelle". Tutti fattori che contribuiscono ad appesantire il viso. "Le nostre pazienti, forzate del computer - continua il chirurgo - sono prevalentemente segretarie e impiegate, che alzano la testa dallo schermo solo per la pausa pranzo. Per loro usiamo un mix di sostanze che contribuiscono a ridonare luminosità e freschezza". Si tratta di "infiltrazioni di acido ialuronico non cross-lincato, più liquido - descrive l'esperto - che servono a richiamare acqua nei tessuti e quindi a dare maggiore idratazione; micropunture a base di agenti ricostituenti ed antiossidanti, vitamina A, E, C e coenzimi che aumentano il tono e l'elasticità della pelle, e microiniezioni di botulino per appiattire le rughe della glabella (prominenza dell'osso frontale, al di sopra della sutura naso-frontale, tra le arcate sopracciliari), quelle che spuntano tra gli occhi. Ma anche per quelle sulla fronte". "Il tutto - conclude - accompagnato da massaggi linfodrenanti profondi sempre sul viso".
redittatore
00venerdì 7 novembre 2008 11:26
fonte: Ondarock
Tutti pazzi per la italo-disco. Tranne gli italiani



di Livia Fagnocchi



Stiamo indossando panni nuovi, ora che parliamo di italo-disco. Non è né la nostra passione e neppure ciò di cui andavamo più fieri negli anni 80 a stelle e strisce. Tuttavia, l’italo-disco, noi italiani, l’abbiamo nel sangue, perché ci ha coinvolto attraverso colonne sonore (da quelle di Claudio Simonetti per i film di Dario Argento a "Midnight Express" di Giorgio Moroder) e hit assortiti fin dalla più tenera età. Dunque, come dice bene il detto “nemo propheta in patria”, mentre noi l’abbiamo oscurata per almeno due decadi, all’estero continuava a proliferare, a seminare adepti e affascinare estimatori. Tanto che, negli ultimi anni, una vera e propria “italo-renaissance” sta coinvolgendo le piste da ballo di mezza Europa (specialmente al Nord): serate a tema, caccia ai 45 giri, recupero di strumenti d’epoca simbolo di una generazione (tecnologie Moog e Korg sopra tutti).
Se per noi italo-disco tende ancora a far rima con canzoni da classifica di dubbio gusto, c’è tuttavia una zona oscura, più vera e originale, che merita di essere riscoperta e rivalutata, sia per la genialità di certi artisti (Giorgio Moroder in primis), sia per l’enorme influenza che ha poi avuto negli sviluppi della musica dance (ne sono dichiarati debitori i “tipi” della scena house di Chicago, gli antesignani della techno e trance music, ma anche i Chemical Brothers, e si sente).

Dici italo-disco a un dj di Berlino o di Londra e gli verranno in mente canzoni dance che coniugano una melodia vocale calda e ripetitiva (spesso “effettata” dal vocoder) a un suono futuristico, “spazioso” e tremendamente ballabile, creato da effetti di prima generazione prodotti da sintetizzatori, drum machine e vocoder. Una banalità, a prima vista, ma una vera svolta, a guardar bene. Mentre i futuristi tedeschi creavano musica più fredda e meccanica e gli sperimentatori francesi giocavano con l’avantgarde, gli italiani davano vita a un mondo cibernetico perfetto per il dancefloor, per il missaggio dei pezzi, e dal caratteristico gusto latino per la melodia e il romanticismo decadente.

Riassumiamo le tappe: alla fine degli anni 70 esplode la dance-music (dai tedeschi già titolata italo-disco) che presto prende due direzioni: quella dance commerciale che vende milioni di copie, e quella dance (poi di “culto”) che al riscontro importante sulle vendite preferisce far ballare anche le zeppe più alte sotto alla palla stroboscopica. Se la prima scompare in fretta (come tutti i fenomeni di massa), l’italo-disco di culto trova adepti ed estimatori (soprattutto fra l’Inghilterra e la Germania) che ne fanno un hobby esclusivo da week-end alternativo, e mantengono vivo quell’interesse per almeno un paio di decenni. Data la rarità e i prezzi astronomici che i dischi originali avevano poi raggiunto, e dati i doverosi segnali di riconoscenza da parte di dj e produttori internazionali, negli anni 00 l’italo-disco riemerge sotto la veste di culto e torna a occupare le consolle di club importanti per far ballare il nuovo pubblico facendo leva sul fascino di quei “suoni dimenticati".

A suggellare il momento ci pensa la compilation “Disco Italia – Essential italo-disco classics 1977-1985”, uscita a fine maggio per Strut Records, etichetta inglese che meriterebbe un articolo a parte. Potendovi dedicare solo un paragrafo, scegliamo l’essenziale: la Strut Records nasce nell'anno 2000 su iniziativa di Quinton Scott (già Harmless) per dare luce e vigore al background musicale al quale attingono i successi di oggi. Ottimo intento filologico, se si somma al metodo di compilazione (con una competenza straordinaria) e alla puntuale qualità del booklet (storie e foto d’epoca, artwork, note d’autore).

Con tali presupposti l’interesse sembra assicurato (quantomeno in Gran Bretagna), invece, nel 2003 la Strut chiude. La vediamo ora rinascere grazie alla berlinese !K7 Records, che, a discapito del momentaccio del music business, ci crede e ne fa un vanto. Nei primi cinque mesi del 2008 vengono pubblicate le ottime compilation “Disco not Disco: Post Punk, Electro & Leftfield Disco Classics 1974-1986”, “Funky Nassau: The Compass Point Story 1980-1986”, “The August Darnell Years 1974 -1982”, “Nigeria 70 Lagos Jump: Original Heavyweight Afrobeat, Highlife & Afro Funk”.

Stesso procedimento dunque per “Disco Italia: Essential Italo Disco Classics 1977-1985” (giugno 2008, distribuita in Italia da Audioglobe), dove i pezzi selezionati vanno a ricomporre la genuinità di un’epoca luccicosa che oggi vive la sua seconda e più timida giovinezza.
La compilation accoglie classici originali e b-side di una rarità imbarazzante di alcuni dei produttori più conosciuti del tempo, da Claudio Simonetti e Giancarlo Meo (aka Kasso e Easy Going) a Peter Micioni e Balearic Favourite, fino a Tullio De Piscopo e l’Olandese Volante.
Le 13 tracce dell’album (alcune appaiono per la prima volta su cd) sono state selezionate da uno che di musica dance se ne intende alquanto, Steve Kotey, parte del collettivo di dj/produttori Chicken Lips e boss dell’etichetta Bear Entertainment.

Anche noi ne abbiamo parlato con un dj italo-disco che ha vissuto un’intera vita dietro alla consolle dei migliori club d’Europa, e ancora oggi lo fa (per cachet astronomici). È Salvatore Cusato, in arte Casco (quello del successo “Cybernetic Love” del 1983), che sulla nuova uscita Strut commenta “è una compilation dove brani originali storici vanno a braccetto con pezzi di secondo piano dove però emergono i migliori artisti dell’epoca, dal grandissimo Simonetti e Micioni ai mitici D.D.Sound e Malavasi. Una compilation consigliata sia per il ballo che per l’ascolto perché raccoglie rarità che esprimono l’originalità del genere”.

Dato il parere così lusinghiero su “Disco Italia”, abbiamo pensato di continuare la chiacchierata con Casco per raccontare il fenomeno italo-disco attraverso gli occhi di un suo protagonista.
Con Salvatore abbiamo parlato del ruolo del dj negli anni 70 (i suoi esordi e la sua storia), della nascita dell’italo-disco e del suo contesto sociale, e della “italo disco renaissance” a cui stiamo assistendo. Questi sono i tre temi della lunga conversazione.

Essere un dj negli anni 70

Salvatore, la tua storia è lunghissima e ci piacerebbe raccontarla tutta, ma, conoscendoti un po’, tutto lo spazio web non basterebbe. Raccontaci, a tappe, come si è sviluppata la tua carriera, perché tu - fino ad oggi - hai vissuto una vita da dj. Cosa significa?
Aver passato un’infanzia a seguire il mio unico giocattolo: un grammofono di quelli del logo de “La Voce del Padrone”. A giocare ad accelerare la manovella per fare la voce di Paperino o del grande Caruso. Mio padre era un fanatico del bel canto e il suo unico lusso era quel grammofono che faceva toccare solo a me (tra gli 8 figli che eravamo). Cominciai presto a capire che quello sarebbe stato l'unico divertimento di tutta la mia vita. Infatti ho vissuto l’evoluzione della professione del dj sin dagli albori. A 16 anni cominciai a imparare il repertorio da ballo dalle orchestre. Con pazienza certosina mi segnavo su un taccuino tutti i titoli da ballo che riuscivo a sbirciare dagli spartiti degli orchestrali, poi li andavo a comprare per il gestore dai fornitori di juke-box e li suonavo nei break dell'orchestrina. Vedevo che la gente ballava ugualmente. Questo lo notò anche il gestore e fu cosi che dal break dell'orchestra iniziai ad avere più spazio.
La mia prima sera da dj di una vera discoteca (l’Ovest Danze di Genova) fu quando un dj furbetto, che aveva l’abitudine mollare la consolle durante i lenti, mi lasciò una bella serie di lenti da suonare e, al termine, non si ripresentò: fu così che il 4 ottobre del 1971 mi ritrovai al ponte di comando della consolle della mia prima vera discoteca. Da quel momento in poi non ho più smesso.

Com’è nata la “musica da discoteca”?
Già nel ’72 i giovani prediligevano le novità: l'ondata dei 45 giri “for djs only” o “discotheque specials” fu vera manna per i pionieri dj.
La musica da ballo si divise in “musica da discoteca” e “hit parade”. L’acquisto divenne più facile poiché sulla copertina del 45 giri appariva l'indicazione “musica da discoteca” sotto varie forme (immagini ammiccanti di corpi in movimento e di riferimenti alla sensualità del nascente fenomeno). Si ascoltava il disco nelle cabine del negozio e si decideva per l’acquisto. Chi creava la grafica delle copertine rivestì un’importanza basilare facendo in modo che la musica da ballo potesse essere prima un oggetto di tentazione visuale per poi finire nella “mano del dj” e divenire uno strumento di ballo. Non esistevano punti di riferimento come riviste specializzate, classifiche specializzate, radio libere o quant’altro, quindi quei loghi a cui ho accennato furono una grande invenzione e furono il trait d'union tra due forze nascenti: il dj da discoteca e la musica da discoteca.

Cosa suonavi in quegli anni?
Premessa: il pubblico si divideva in due categorie, quello delle orchestre che impazziva per ritmi misti e classici evergreen, e il pubblico delle discoteche, dove a volte si esibiva un complesso, sì ma underground (che suonava brani di Vanilla Fudge, Brian Auger and Trinity, Janis Joplin, Jimi Hendrix). In discoteca mi è capitato spesso di alternarmi sul palco con gruppi storici della scena musicale genovese, vedi i nascenti Trolls (poi divenuti New Trolls), i New Jet (poi divenuti Matia Bazar), i mitici Garybaldi, Nuova Idea, Gleemen, Latte Miele e tanti altri divenuti celebri per il loro rock progressive.
Finita la loro esibizione psichedelica, si riprendeva con Sex Machine o i più sofisticati Thomas Booker and Mg’s, Isaac Hayes, Stevie Wonder e tutto il sound Tamla-Motown. C'era pure lo spazio per il glam-rock inglese catalogato in musica da discoteca, leggi T. Rex, Gary Glitter, Sweet etc.
Il dj poteva anche diventare d'incanto demenziale (arrivava il momento del “tuca tuca” verso la fine e il casatchok, il letkiss e il trenino con “Samba d'orphée” di Fausto Panetti) e poi seguire con il momento del revival (e suonavo un disco anni 60 o il mio lento preferito: “Fortuna” dei Procol Harum). Diversamente da oggi, all’epoca c’era un solo dj che stava in consolle tutta la serata condensando stili e generi diversi.

Dalla disco-music all'italo-disco: breve storia di un genere

Negli anni 70 eri un dj “generalista” – per così dire – e oggi sei un dj italo-disco, un tipo di musica che, se appunto ieri si accompagnava a tante altre sonorità, oggi è un genere di culto a sé stante. Sei d'accordo? Come è diventato un genere autonomo? In ultimo: che cos'è, per te, l'italo-disco?
Dal generalismo alla specializzazione il passo è breve. I tempi cambiano e come in tutte le professioni la specializzazione da più frutti, sia per chi semina sia per chi li gusta. I generi non si mischiano più. Un dj deve essere un po’ come un buon contadino, arare nel proprio orticello. Ho scelto la italo-disco perché la ritengo il terreno per me più fertile su cui seminare appunto.
Ai suoi esordi, esistevano due tipi di italo-disco: quella da hit parade commerciale (prodotti confezionati per le classifiche stile “Happy Children” per intenderci), e quella poi diventata un cult. Quest’ultima, appunto, si è affermata a partire dalle produzioni di Giorgio Moroder di metà degli anni 70, quando il rock ha iniziato a lasciare sempre più spazio ai sequencer e ai vocoder. Alcuni dj produttori italiani, colpiti dal genere, fecero tesoro del feeling di cui si impregnava la pista al suono teutonico di Moroder. Fatta loro la lezione, agli inizi degli anni 80 diedero vita a un vero corso musicale. Nacque cosi la italo-disco cult. Comune denominatore: una certa attenzione alla melodia triste, i tappeti interfacciati con riff di synth ripetuti ossessivamente, una particolare struttura dove sia l'intro che il break e il finale rivestivano la stessa importanza del ritornello (o meglio il gimmick). Diversamente dall’italodisco commerciale, questi erano extended mix fatti esclusivamente per la gioia del ballo e per facilitare la vita al dj nei mix.
Che la italo sia diventata un genere autonomo lo si deve anche a internet, nella specifica a quei pazzi di e-Bay. Per fare un confronto, un successo di vendita milionario prodotto in Italia negli 80 viene valutato oggi (sarebbe meglio dire "svalutato") sui 5-6 euro a copia originale, mentre italo-cults che all'epoca giunsero sì e no a una distribuzione di 10.000 copie in tutto il pianeta oggi veleggiano su valori di centinaia di euro a copia! “Are You Loving” di Brand Image ne è un esempio.
L’italo-disco è null’altro che un back to the future. Troppo avanti allora, troppo attuale oggi.

Da dove nasce il termine italo-disco?
Nasce tutto da Bernhard Mikulski, il vulcanico polacco emigrato in Germania. Un giorno, quando già era a capo della Zyx, decise di affibbiare un appellativo ai tanti prodotti che arrivavano dall'Italia nel suo grande magazzino di distribuzione. Che genere dare ai vari “Dolce Vita”, “Vamos a la Playa”, “I like Chopin” etc.? Vengono dall'Italia, allora si opta per “italo-disco”, contribuendo così a confondere generi e stili, accomunati solo dalla provenienza geografica. Tuttavia il termine oggi ha assunto il risvolto contrario: si intende solo quanto non è stato un successo da hit parade clamoroso, ma un successo a livello di club e con un discreto numero di mix (migliaia erano sufficienti) venduti.
Per esser "italo", oggi, bisogna essere introvabili e avere canoni di similarità a Giorgio Moroder e possibilmente al grande Claudio Simonetti, altro capostipite italo-cult.

Dove suonavano allora italodisco? Tu dove suonavi e dove suoni?
L’italo-dance in generale era suonata dappertutto negli anni 80, in ogni discoteca. Io ero resident dj nei weekend tra l’82 e l’85 al Piranha di Novara.
Per quanto riguarda l’estero, sapevo che l’italo di un certo tipo allora era suonata parallelamente in Spagna (le etichette Max Music e Blanco Y Negro furono fautrici del trend), oltre alla Germania del già citato compianto Bernd Mikulski. Solo in seguito scoprii grazie a Google che a Detroit e a Chicago era un genere di punta.
Oggi ripropongo lo stesso genere (quello degli anni d’oro del Piranha) dalla Scandinavia alla Russia, dalla Francia alla Spagna, in Uk e addirittura in Australia: ivi è sorto un “Casco club” dove stanno approntando i preparativi per accogliere la vera italo suonata da un "vecchio dj" riemerso per loro dalla naftalina ...that’s me, ohibo’.

Italo-disco renaissance

Casco, silenzio per almeno 15 anni e dal nuovo millennio la rinascita: sei d'accordo se diciamo che stiamo assistendo a una renaissance del genere italo-disco?
Decisamente sì, ogni giorno aumentano articoli e siti che ne parlano, compilation e locali che fanno serate.

Tutti pazzi per l'italo-disco, tranne gli italiani. Sembra il titolo di un film, invece è la breve descrizione di un fenomeno screditato in patria. Riusciamo a dire un perché?
Tutta colpa di Alfredo? No… piuttosto merito degli spagnoli e degli olandesi. Qualche dj tulipano, esibendosi in set elettronici nella tierra caliente della disco (Barcellona), scopre che Moroder è sempre attuale e che la musica prodotta in Italia negli 80 è facile da mixare in scaletta con la electro di oggi: da Moroder a Patrick Cowley, attraverso gli italianissimi Easy Going, il passo oltre a esser breve è pure indolore. Il pubblico recepisce e si apre un piccolo spiraglio di vitalità.
Nel frattempo una coppia di giornalisti spagnoli, Javier Blánquez e Omar Morera, scrive per Mondadori “Una historia de la música electrónica”, la prima enciclopedia ufficiale della musica elettronica, e non può fare a meno di citare gli antesignani del genere vocoder e sequencer. Così, grazie anche a quest’opera bestseller, la italo-disco assume più rilevanza. Nascono programmi radiofonici che trasmettono solo italo-cult (Cbs su tutte) e addirittura label che ristampano pirati. Su Myspace si cominciano a invocare nomi strani ballati nelle serate italo-disco, e ci si domanda chi siano Cellophan Brain, Camarro, Digital Game, Mr Flagio, Charlie, Mito, Sphinx, Dharma Alexander Robotnik e, buon ultimo, il sottoscritto. Qualcuno di questi, essendo ancora in attività come dj, risponde all'appello e viene invitato a esibirsi; altri nicchiano perché hanno rimosso quell'epoca dalla loro esistenza oppure ignorano di essere diventati dei cult (un nome su tutti, Alex Novaga, da vedere discogs.com).
Anche la difficoltà di reperire i prodotti ha avuto un ruolo nella rinascita dell’italo-disco: quando c'è rarità nasce il culto.

Cosa significa, invece, essere un dj di italo-disco oggi?
Bella domanda. Significa innanzitutto essere un nemo propheta in patria. L’italo-disco è sempre stata snobbata in Italia, dove nelle discoteche sembra esistere solo la house da un bel po' di anni. Ma al là di questo, in Italia, diversamente dagli altri paesi europei, l’italo-disco non è considerata un genere autonomo. E’ sempre stato un fenomeno per lo più nei paesi anglofoni, in Nord-Europa, Est-Europa, Spagna.

Mi dicono infatti che i tuoi cachet all’estero siano ancor oggi piuttosto alti e che i tuoi vecchi 45 giri valgano parecchio. Quanto?
Un aneddoto spiega più dei numeri: poco tempo fa, prima di salire in consolle a Copenhagen, mi sono accorto aprendo il flightcase che mancavano 8 dischi. Rubati in un attimo di mia distrazione: ho speso 1.000 euro per riacquistarli. L’ho fatto volentieri, ma ormai certi vinili andrebbero tenuti in cassaforte, non in una normale bag per DJs.

Quali sono i dj-produttori che stimi di più oggi? E quali fanno chiari riferimenti all'italo-disco originale?
Ho sempre avuto dei produttori preferiti per ogni epoca, ma uno su tutti: Giorgio Moroder. Accanto al suo nome non riesco a nominarne altri, sarebbe un sacrilegio. Il bello è che tutti ne parlano, ma in pochi conoscono la sua opera omnia. Dovrebbe essere studiata in storia della musica accanto a Vivaldi, Bach, Mozart etc.

Continui a girare i club d'Europa con singoli in 45 giri di italo-disco, ma qual è oggi il pubblico che balla la tua musica?
Sì, vero, suono un sacco di 45 giri, il suono è molto più bello e cristallino degli odiosi cd e degli assurdi mp3. Il pubblico a volte guarda incantato e curioso, si domanda se io vada ancora a carbonella. Ma quelli che restano inchiodati sulla pista non sanno cosa giri, ballano perché il momento era giusto per suonare quella specifica canzone. È un pubblico eterogeneo quando suono come DJ Discjokin, invece sono solo fan di Casco quando esco come DJ Casco.

Anche la tua fama non è stata sottratta a questa rinascita: ci racconti brevemente come sei arrivato alla ripubblicazione dei tuoi successi "Cybernetic Love" e "Stop/Living Up" per la belga N.E.W.S su Radius Records?
Fama… wow che onore… ho riletto questa parola quattro volte prima di continuare a leggere questa piacevolissima domanda, parli con me? Rispondo volentieri poiché vorrei dare onore al merito al dj belga Spacid, deus ex machina dell'etichetta Radius. Sono stati molto attenti alle esigenze del segmento di questo mercato e hanno creduto di fare cosa gradita ai crescenti fan che richiedevano dal Myspace le ristampe di tali brani. Sono stati contattati dj attuali per la realizzazione dei remix (costosi ma validi) e ancora oggi, a distanza di anni dalle ristampe, le richieste per le compilation non mancano. Brava Radius Records.

Anche oggi fai il dj-produttore a tempo pieno?
Sì, dicono che è il secondo mestiere più bello del mondo tra l'altro.

Progetti in corso?
In preparazione il secondo volume della "Myspace top electro hits" in uscita prossimamente sulla mia etichetta digitale “Music control” distribuita dal leader del settore the orchard e presentata dalla dj emergente milanese Pippi Kid. Ho anche in serbo una produzione a nome Casco in collaborazione con un nome storico della italo-cult. Come diceva il grande Nino Manfredi, “fusse ca fusse la vota bona”.

Grazie mille, Casco, è stato un piacere parlare con te.
Grazie a te Livia per l’intervista e a voi estimatori impenitenti di italo. Ah, se volete ascoltare un po’ di italo andate su www.myspace.com/casco1.


Strut Records

K-7

The history of italo-disco

Dj Casco su Myspace


Album

AA. VV. - Disco Italia: Essential Italo Disco Classics 1977-1985 (Strut, 2008)
AA. VV. - The Best Of Italo Disco '80 (Fonte Records, 2002)
AA. VV. - Best of Italo Disco, Vol. 1-16 (Zyx Records, 1983-1991)

Singoli

Ago - Computer (In My Mind)
Azoto - Disco Fizz, Anytime Or Place
Bad Passion - Steel Mind
Baltimora - Tarzan Boy
Carrara – Shine on Dance, S.O.S. Bandido
Casco - Cybernetic Love
Creatures - Maybe One Day
D.D. Sound – 1 2 3 4 Gimme Some More, She's Not A Disco Lady, Burning Love
Tullio De Piscopo – E Fatto E Sorde! E?
Decadance - On And On
Den Harrow - Future Brain, Catch the Fox, Mad Desire
Diana Est - Le Louvre, Tenax
Easy Going – Do It Again, Baby I Love You
Firefly – Love (Is gonna Be On Your Side)
Five Letters – The Kee Tha Tha
Freddy The Flying Dutchman & The Sistina Band – Wojtyla Disco Dance
Gazebo - Masterpiece, I Like Chopin, Lunatic
Gaznevada - I.C. Love Affair, Special Agent Man
Kano - Now Baby Now, Another Life, Ikeya seki
Kasso – Brazilian Dancer
Kirlian Camera - Blue Room
Koto – Dragon's Legend
Matia Bazar - Elettrochoc, Ti sento
Giorgio Moroder - From Here To Eternity, The Chase, Midnight Express
Moon Ray - Comanchero
Novecento - Movin' on
Number One Ensemble – Flor De Coca
P. Lion - Happy Children
Pino D'Angiò - Ma quale idea
Radiorama - Desire, Aliens
Raf - Self Control
Rainbow Team - Dreaming
Red Dragon Band – Let Me Be Your Radio
Revanche – 1979 It’s Dancing Time
Righeira - Vamos a la playa
Savage – Love Is Death, Strange Love
Tantra - The Hills Of Katmandu
Valentine – Tina Are You Ready
Valerie Dore - The Night, Get Closer, Lancelot
Vivien Vee – Give Me A Break, Higher


lemiemanisudite2.
00martedì 11 novembre 2008 14:19
Inizio e fine, i due misteri della vita


La vera vita è il titolo di un libro scritto da don Luigi Sturzo nel 1943. Aveva come sottotitolo Sociologia del soprannaturale. Questo scritto spirituale di un uomo che si era dedicato soprattutto ai problemi sociali e politici mi illumina nella ricerca di quanto occorra dire per rispondere a un' amabile domanda fattami intorno ai complessi temi della vita. Incominciamo col ricordare (cosa che non sempre si fa) che con la parola «vita» noi intendiamo qui di fatto la «vita umana», e non gli altri fenomeni vitali, per quanto complessi possano essere. In questo senso «vita» è anzitutto opposto a «morte», morte dell' uomo e della donna, il cui momento preciso non è facile da stabilire - come mostrano le controversie tra gli scienziati - ma le cui conseguenze si manifestano con evidenza nella rapida degradazione di tutto l' organismo. Così, analogamente, non è facile stabilire quando cominci esattamente una vita umana, soprattutto quando un essere possa essere chiamato «persona» o «individuo» e sia soggetto di diritti e di doveri. Rimane però vero che ogni traccia di vita umana, sia nello stadio incipiente come nello stadio finale, meriti rispetto, attenzione, riverenza. È sufficiente che un essere umano abbia un minimo di «vita», che dia qualche segno di attività permanente vegetativa per essere considerato ancora «in vita». Qui nascono alcune grandi questioni etiche, come quelle sulla liceità di intervenire su un essere umano che vive in tempi prolungati soltanto e unicamente (almeno così appare) il momento vegetativo della propria esistenza. Analoga questione si pone sull' inizio della vita: vi sono casi in cui, pur riconoscendo tutto il rispetto dovuto a un essere umano, la sua presenza possa divenire così pericolosa per gli altri che sia giocoforza toglierla di mezzo? Esistono situazioni in cui un tale vivere diventi così insopportabile e apparentemente immodificabile che non sia lecito portare un giudizio morale su chi vi mette fine? Certamente sarà molto difficile affermarlo con il linguaggio delle leggi come dei principi astratti: essi non riescono a cogliere la complessità degli elementi etici, valoriali e affettivi che entrano in ogni singolo caso particolare, ognuno in qualche modo diverso da ogni altro. Mi pare che solo chi è di fatto giuridicamente, emotivamente e affettivamente coinvolto in tali situazioni possa cogliere qualcosa di tale complessità. Nasce anche la grande questione etica se gli «esseri umani», qualunque sia il momento del loro sviluppo o degrado, siano tutti uguali in dignità e meritino tutti un' identica protezione. Appare ovvio che c' è un grado di dignità comune a tutti. Tuttavia non si può negare che vi siano differenze importanti che riguardano il valore della persona e l' attenzione con cui la società è chiamata a valorizzarla e a proteggerla. A questo proposito ci si riferisce volentieri alla «intoccabilità» o «intangibilità» di un essere umano, alla «dignità intrinseca» che vieta ogni uso strumentale di una creatura umana vivente. Ciò viene detto anche con l' immagine davvero toccante del «volto». Il «volto» non può essere usato o sfruttato per nessun motivo, deve essere soltanto riconosciuto, rispettato, amato. Il volto dell' altro ci parla per se stesso senza bisogno di altri argomenti, anche se la cosa non è più così evidente quando non si vede direttamente il volto, ma solo alcune manifestazioni biologiche di un esserino ancora informe o prossimo al totale degrado. In tal caso bisogna rallegrarsi del fatto che molti uomini e donne, anche di differente impostazione culturale, convergano sull' intoccabilità dell' essere umano. Negli ultimi decenni la Chiesa Cattolica, soprattutto per bocca dei suoi Papi, è intervenuta in molti modi per la difesa di ogni essere umano, per proclamare la «indisponibilità» di ciascuno di essi dall' inizio alla fine dell' esistenza fisica. Per essere più efficace e credibile su questo punto, la Chiesa ha anche ridotto moltissimo la sua tradizionale accettazione della pena di morte, il che rappresenta un progresso innegabile nel senso del «non uccidere» mai e per nessun motivo. Ma l' argomento rimane complesso ed esistono pur sempre delle «zone grigie» in cui si discute con argomenti pro e contro. Infatti quello del puro «sopravvivere» o «non morire per morte violenta» non è certo il traguardo della vita umana: essa tende a quella «vitalità» che è piena espressione della potenza del corpo e della mente. Di qui l' uso del termine «vita» per designare la carriera storica di un uomo o di un gruppo (ad esempio la «vita di Giulio Cesare») o anche il comportamento morale di un uomo («vita buona») e il suo ambiente sociale («la vita è molto cara qui») ecc. Molte analoghe espressioni usano il termine «vita» in correlazione con i significati fondamentali che abbiamo richiamato, ma il significato che vorrei anzitutto sottolineare è quello che finora non ho menzionato e che si trova abbondantemente documentato nel vangelo e nelle lettere di san Giovanni e in altre pagine della Scrittura. A cominciare dal prologo solenne del IV vangelo («Quel che fu in Lui era vita e la vita era la luce degli uomini» Giovanni 1,4), la parola «vita» indica anzitutto quella qualità che è propria di Dio e che viene partecipata agli uomini grazie alla risurrezione di Gesù. Si veda ad esempio Giovanni 3,15 «affinché ogni uomo che crede abbia, grazie a Lui, la vita eterna»; «chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi si rifiuta di credere nel Figlio non vedrà la vita». Questa è la «vera vita» di cui parla anche don Sturzo. Questo concetto soggiace a tutto intero il Nuovo Testamento, che ci offre così la ragione ultima per quella «dignità» o «splendore del volto» che ogni uomo anche non credente è spinto a riconoscere nel suo prossimo, anche se non è in grado di individuare sempre le ragioni precise e ultime per l' inalienabilità e l' intangibilità di tale prerogativa. C' è di più. Senza questa premessa di fondo sulla natura dell' uomo e della donna chiamati a partecipare alla vita stessa di Dio, non ci riesce facile spiegare come Gesù abbia ritenuto di minor valore la vita umana fisica, tanto da esclamare: «A voi, che siete miei amici, dico: "Non abbiate paura di quelli che possono togliervi la vita, ma non possono farvi niente di più"» (Luca 12,4) e da esortare a mettere in gioco la propria vita fisica per valori più alti: «Se il seme di frumento non finisce sottoterra e non muore, non produce frutto. Se invece muore, porta molto frutto. Ve l' assicuro. Chi ama la propria vita la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Giovanni 12,34-35). C' è quindi una «vita» che trova il suo compimento nella «vera vita». La vita fisica è substrato e premessa di quella «vera vita» che è l' amicizia con Dio. Si può dunque comprendere che, se uno ha davanti ai suoi occhi una cultura che disprezza la vita fisica in tante occasioni, intervenendo violentemente sulla sopravvivenza di persone indifese, egli senta, come lo ha sentito la Chiesa in questi anni per la voce dei Papi, che già anche soltanto la difesa della vita fisica a qualunque costo costituisce un grande valore e un punto di convergenza importante. Sarebbe errato, però, e ci porterebbe fuori strada, il trarre tutte le conclusioni solo da questo «valore assoluto» della vita fisica. Perché esso in tanto sta in quanto è derivato da un valore molto più grande e veramente intangibile, che tocca il mistero stesso di Dio.

Martini Carlo Maria

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00mercoledì 10 dicembre 2008 10:29
mi chiedo quale parolaccia consiglierebbe aristofane in questo caso..

fonte http://diregiovani.gruppi.ilcannocchiale.it

Una storia greca (e non italiana)

contributo inviato da Pennywise il 10 dicembre 2008

Foto: Repubblica



E' un freddo giorno di inverno. Neanche poi tanto se si considera
che siamo in pieno dicembre. E' però quel freddo umido però che ti
entra nelle ossa e che non ti lascia scampo. Di certo nessuno
avrebbe mai immaginato che nel giro di qualche ora ci si sarebbe
ritrovati immersi in un caldo infernale.

Da diversi giorni l'intera nazione è in subbuglio. La crisi
economica, le riforme del governo di destra e le nuove leggi
sulla messa in discussione dell'istruzione pubblica hanno acceso
un focolaio che si pensava oramai sopito.

Se non fosse per il titolo di questo post, il pensiero di molti
sarebbe balzato istantaneamente al nostro paese. Le similitudini
sono tante, per qualcosa possiamo anche parlare di coincidenze,
ma il resto della storia divide profondamente i nostri paesi.

E' un sabato. E' il 6 dicembre per l'esattezza. Il clima natalizio
si sente a malapena.
Sono le 9 di sera. Ci troviamo ad Atene, precisamente nel quartiere
Exarchia.
Come dicevamo, da giorni nella capitale, ma anche nel resto della
Grecia, le proteste si susseguono numerose. Il governo del partito
Nea Demokratia del premier Costas Karamanlis non gode più dei
consensi di una volta.

Una pattuglia di polizia fa il suo ingresso per le strade di questo
quartiere. Da sempre la presenza della polizia in queste zone non
avviene mai per un semplice giro di routine, ma si tratta spesso e
volentieri di una semplice provocazione. Soprattutto se a fare il
suo ingresso trionfale in "terra nemica" è una volante del nuovo
reparto d'elite chiamato Blue Suits, impiegato generalmente per la
repressione dei disordini di piazza.

Un gruppo di ragazzi si avvicina alla volante. Nasce un duro alterco
tra questo gruppetto di dieci, venti ragazzi, tra cui il giovanissimo
Alexis Andreas Grigoropoulos, e i due agenti di polizia a bordo
della volante. I ragazzi invitano senza troppi convenevoli gli
agenti a levarsi di torno. La dura risposta degli agenti trasforma
l'alterco in un vero e proprio scontro verbale; una parola dura da
una parte, una dall'altra, e la miccia già pronta da tempo si innesca.
I ragazzi cominciano a lanciare pietre e bottiglie verso la volante.
Logica voleva che gli agenti se ne andassero via. Ma non è stato così.
Gli agenti scendono dalla macchina armati e cominciano a sparare
granate stordenti e colpi d'arma da fuoco. Sono bastati tre
proiettili e una pistola puntata per centrare in pieno petto Alexis.
La ferita mortale stronca per sempre l'esistenza di questo ragazzo
sedicenne.

L'incendio è divampato. E non c'è abbastanza acqua per spegnerlo.

La crisi economica, gli oltre 4 anni di governo della destra greca
e la scelta di dar vita a drastici tagli all'università pubblica
assieme alla proposta di aprire alle università private (in Grecia
l'istruzione privata non è ancora riconosciuta, a differenza di
quanto avviene in Italia per la gioia di democratici, democristiani,
dipietristi, leghisti e popolini della libertà che si danno battaglia
per chi offre di più), un affronto che non venne tentaTo nemmeno
dalla dittatura dei colonnelli, hanno creato un moto di proteste
sempre crescente.
L'omicidio di un ragazzo di 16 anni ha fatto esplodere il tutto in
maniera incontrollabile.

I due agenti vengono arrestati all'istante, quando le proteste però
stanno già dilagando in ogni angolo della Grecia, da Salonicco a
Patrasso, da Ioannina all'isola di Creta. Arrestati, condotti in
carcere e in attesa del processo per omicidio volontario e
favoreggiamento. Una storia decisamente non italiana.

Il ministro dell'Interno, Prokopis Pavlopoulos, e il sottosegretario
con delega alla polizia, si assumono tutta la responsabilità del caso
e rassegnano le dimissioni (altra storia molto poco italiana), che
vengono però respinte dal premier Karamanlis, che desidera
intraprendere una linea durissima contro le proteste.

Il resto della storia è abbastanza noto: comandi di polizia
assaltati, banche invase, auto della polizia date alle fiamme.
E' la parte della storia che tanto piace alle nostre tv nazionali.
Le opposizioni di sinistra organizzano manifestazioni su
manifestazioni e al tempo stesso pregano i manifestanti di
mantenere la calma. Ma non è così facile.

Il politecnico di Atene, noto per essere stata la fiaccola che ha
dato vita all'incendio rivoluzionario che nel 1973 pose fine con
durezza al regime dei colonnelli, è stato immediatamente occupato.
La polizia non prova nemmeno ad entrare (storia per nulla italiana).

In Grecia si parla già di rivoluzione. E' una parola che vola casa
per casa, strada per strada, città per città. Domani per la prima
volta in assoluto, in occasione dello sciopero generale di 24 orE
indetto dai sindacati, sfileranno fianco a fianco tutte le "sinistre"
della Grecia: socialisti, comunisti e sinistra radicale. Per noi
italiani che non ne abbiamo nemmeno mezza in Parlamento è complicato
anche solo comprendere l'uso del termine plurale "le sinistre".

Quello che seguirà a tutto questo è storia sconosciuta per chiunque.
Una sola cosa è certa: non è una storia italiana.
mant(r)a
00domenica 28 dicembre 2008 17:27
su Giovanni Allevi. intervista a Uto Ughi.
ricevo e inoltro.
[SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/200812articoli/39479girata.asp
Total Sharing
00lunedì 29 dicembre 2008 15:43
Re: su Giovanni Allevi. intervista a Uto Ughi.
mant(r)a, 28/12/2008 17.27:




la querelle continua [SM=g27830]

ANSA - ALLEVI: IL MONDO DELLA CLASSICA E' MALATO
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