PROBLEMA GIUSTIZIA: I PROPOSITI DI MASTELLA, LE PERPLESSITA' DI BRUTI LIBERATI E GROSSO

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INES TABUSSO
00domenica 7 gennaio 2007 18:25

LA STAMPA
7/1/2007
Giustizia più rapida
La scossa di Mastella
Dibattimenti accelerati, stop ai conflitti di competenza
GUIDO RUOTOLO


Una «scossa riformatrice» chiedono al governo esponenti della maggioranza, in materia di giustizia. Quello che si annuncia non è soltanto una «scossa» ma una azione riformatrice a largo raggio. Giovedì prossimo, al conclave di Caserta convocato dal presidente Prodi, il ministro di Giustizia, Clemente Mastella, presenterà le linee guida di un’offensiva legislativa che mira a ridurre i tempi dei processi. Entro la fine del mese, Mastella presenterà i primi provvedimenti al Consiglio dei ministri. Ecco, in sintesi, le proposte di via Arenula.


Premettono i «tecnici» che stanno lavorando agli «articolati» di legge: «Come un atleta per correre deve essere agile, per rendere veloce il processo dobbiamo dimagrirlo, eliminando orpelli e disfunzioni, contrastando strategie dilatorie che rendono infiniti i tempi della giustizia». Il ministro Mastella interverrà immediatamente sulle prescrizioni, che nei fatti vanificano il lavoro dei magistrati e che non garantiscono la «certezza della pena» nel nostro Paese. La proposta è secca: «Sospendere i tempi della prescrizione dal momento in cui l’imputato, condannato in primo grado, presenta appello». Si interverrà anche sulla materia della competenza (territoriale o per materia), prevedendo una «decisione» («un giudicato») all’inizio del processo di primo grado, per non consentire più che sentenze definite nei due gradi di giudizio vengano riformate dalla Cassazione, che assegna i processi ad altri giudici naturali. La decisione potrà essere messa in discussione soltanto in presenza di novità emerse nel dibattimento. Ma l’offensiva riformatrice del Guardasigilli coinvolge anche e soprattutto il processo civile. La proposta è quella di un patto tra le parti del processo, sin dalla prima udienza, per disincentivare «comportamenti dilatori», e rendere così «effettivo» il potere del giudice sui tempi del processo.

Nascerà «l’udienza di programma» che dovrà stabilire in anticipo la scansione temporale del processo, definendo date e numero necessario di udienze per arrivare a sentenza. Proprio nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio, Romano Prodi, aveva indicato tra le priorità del governo il nodo della giustizia. Da anni, ormai, al capezzale del malato si sono sprecati «consulti» per individuare una possibile terapia che non faccia più condannare l’Italia dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo: un processo civile o penale, nei suoi vari gradi di giudizio, dura in media sette anni. I «tecnici» di via Arenula, che stanno lavorando agli «articolati» dei disegni di legge Mastella, non azzardano previsioni sui risultati di questa terapia di «dimagrimento»: «Difficile stabilire soglie quantitative. Arduo ipotizzare una riduzione del cinquanta per cento dei tempi del processo, però la nostra proposta legislativa metterà in moto un meccanismo virtuoso le cui ricadute positive saranno ben visibili». E aggiungono che il «mandato» ricevuto dal Guardasigilli è quello di «definire per legge i limiti massimi in cui si deve definire un processo». Per quanto riguarda il processo civile, l’orientamento è quello di rispettare gli standard previsti dalla Corte di Strasburgo: tre anni per il primo grado, uno per il secondo, tre mesi per la Cassazione. Quelli che si stanno definendo non sono interventi «punitivi», mirati a penalizzare le parti del processo ma, al contrario, si muovono nella direzione di «responsabilizzarle». Nel campo del processo civile, uno dei cardini sarà quello di giocare a carte scoperte: alla prima udienza, le parti dovranno illustrare la strategia processuale, spiegando cosa vorranno dimostrare e come intendono provarlo.




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07/01/2007 - "LA STAMPA", Pag. 2
"MA BISOGNA LIMITARE I RICORSI"
Intervista a: EDMONDO BRUTI LIBERATI
di: G.RU.

www.difesa.it/files/rassegnastampa/070107/D2O8U.pdf




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LA STAMPA
7/1/2007
Ma le leggi non bastano
CARLO FEDERICO GROSSO


Nella fase che dovrebbe iniziare dopo l’ormai prossimo «seminario» del Governo a Caserta, dovrebbero essere affrontati i temi di giustizia e sicurezza. Lo ha detto Prodi. Sembra confermarlo anche Mastella. Due sono i fronti sui quali Governo e Parlamento dovranno impegnarsi: le risorse e la legislazione. In tema di risorse il secondo semestre del 2006 è stato ricco di proteste. Di fronte alla mancanza di fondi per supplire a esigenze elementari, quali i denari per i computer, per gli straordinari, per acquistare, addirittura, la carta per scrivere, alcuni dirigenti hanno denunciato l’implosione del sistema giudiziario. Il Guardasigilli ha fronteggiato le urgenze e ha cercato d’invertire la tendenza alla progressiva riduzione dei fondi destinati al suo ministero. Vedremo i risultati. Se nelle prossime Finanziarie il problema risorse non dovesse essere affrontato a tutto campo, difficilmente una politica di miglioramento della giustizia potrebbe avere successo.

In tema di legislazione il problema è innanzitutto di metodo. Il ministero ha nominato commissioni per elaborare riforme di settore: codice penale, processo penale, processo civile. In teoria, scelta ottima. Le riforme organiche costituiscono strumenti fondamentali di rinnovamento del sistema: purché esistano le condizioni politiche per la loro approvazione e purché la nuova legislazione di settore non venga contraddetta ancor prima d’essere presentata al Parlamento attraverso il gioco delle leggine. Può darsi che il Guardasigilli abbia in pugno la situazione. Ma non ne sono certo. Ad esempio, prima di Natale il Governo ha approvato un ddl in tema di contrasto alla violenza sulle donne e nelle famiglie che incide sui codici penali. Fino a che punto il suo contenuto è stato concordato con le commissioni che stanno lavorando alle riforme di settore? E che cosa accadrebbe se dovessero essere approvate ulteriori leggi dirette a fronteggiare altre urgenze: bullismo, accanimento terapeutico, intercettazioni telefoniche? In questo quadro sorge il dubbio che sia più prudente intervenire a macchia di leopardo, sia pure nel quadro di un disegno d’insieme, tanto più che l’eredità delle leggi ad personam approvate dalla passata legislatura impone alcuni interventi urgenti: sull’ex Cirielli in materia di prescrizione (legge che continua a minacciare decine di processi per reati gravi quali la corruzione); sulla Pecorella in materia d’impugnazioni; sulla disciplina del falso in bilancio. Quanto ai contenuti, secondo l’intenzione dell’esecutivo la riforma dovrebbe tendere alla riduzione della durata dei processi e a porre la sicurezza al centro della politica. Realizzando entrambi gli obbiettivi il Governo conseguirebbe un grande risultato; occorrerebbe tuttavia uscire una volta per tutte dall’ambiguità. Sicurezza significa prevenzione; prevenzione significa a sua volta rigore nei confronti dei delinquenti pericolosi; ma ciò presuppone che si modifichi in senso restrittivo il sistema dei benefici carcerari. Se non accadesse, continuerebbe a pesare la contraddizione fra una polizia che arresta e una magistratura che, a causa del contenuto delle leggi, non è in grado di mantenere alto il livello del contrasto al crimine. Il ministro Amato, parlando qualche mese fa di sicurezza, ha accennato a possibili provvedimenti diretti a circoscrivere i benefici. Davvero, tuttavia, l’intero governo, la maggioranza che lo sostiene e lo stesso Guardasigilli saranno d’accordo?

Che fare, d’altronde, di alcuni principi che hanno ispirato i più recenti progetti di riforma dei codici penali, come l’ipotizzata ampia sostituzione del carcere con pene non detentive e l’allargamento senza freno di patteggiamenti e relativi sconti di pena? Con quali misure, inoltre, si potrà affrontare il problema della riduzione dei tempi dei processi: modificare il regime delle impugnazioni, semplificare la disciplina delle notifiche, potenziare le strutture giudiziarie, depenalizzare, imporre ai magistrati maggiore impegno, tutti questi provvedimenti insieme?

Le difficoltà non mancheranno. È comunque importante che, dopo le incertezze del 2006, per il 2007, ponendo la giustizia fra le sue priorità, l’esecutivo abbia aperto uno spiraglio. L’apertura di credito al Governo in materia di giustizia e sicurezza a questo punto è d’obbligo. Nella speranza che esso non torni a incespicare.





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