MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI: LINEE GUIDA PER LA RIFORMA DELLA RAI

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INES TABUSSO
00martedì 9 gennaio 2007 18:48


REPUBBLICA ON LINE
9 gennaio 2007
Le linea guida (VEDI SOTTO) per l'assetto del servizio pubblico radiotelevisivo
Ora le consultazioni con i soggetti interessati, in primavera un dl
Rai, ecco il progetto di Gentiloni
"Una fondazione al posto del Tesoro"

ROMA - Una Fondazione che diventi azionista di riferimento della Rai del futuro, superando l'anomalia di una azienda posseduta direttamente dal governo attraverso il ministero dell'Economia. E' questa la chiave di volta delle linee guida per la riforma della Rai presentate oggi dal ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni.

La Fondazione. Secondo il ministro si tratta di una soluzione che garantisce autonomia dal governo, rappresenta i cittadini-utenti, difende l'indipendenza aziendale nei confronti di diversi poteri, verifica l'andamento del contratto che regola Stato e servizio pubblico, definisce gli statuti delle società operative Rai e ne nomina i vertici.

Nell'ipotesi formulata dal ministro, il Consiglio della Fondazione sarebbe composto da sette membri, con i candidati vagliati dal Parlamento. Due sono candidati dalle Regioni, e tutti i componenti, presidente compreso, sono eletti con maggioranza qualificata dei due terzi. Gentiloni ipotizza in sei anni la durata in carica del Consiglio, che non si rinnova mai interamente, ma viene rinnovato per un terzo ogni due anni.

Per il presidente c'è anche l'ipotesi che la sua indicazione possa scaturire da proposta congiunta dei presidenti dei due rami del Parlamento. Un'altra ipotesi è che il Consiglio derivi da designazioni di organismi diversi, non solo quindi il Parlamento, ma anche Regioni, organi accademici, sindacali: in tal caso il numero di componenti sarebbe maggiore. Il primo schema è simile a quello adottato in Spagna, il secondo a quello in Germania.

Tre società pubbliche. Il nuovo assetto organizzativo per Viale Mazzini prevede la creazione di tre distinte società operative, all'interno di una Rai che resta però di proprietà pubblica: una società che gestisce gli impianti della rete, una a prevalente finanziamento pubblico, una finanziata esclusivamente dalla pubblicità.

Ciascuna delle tre società avrà un consiglio di amministrazione, nominato dalla Fondazione-azionista, che funzionerà in base alle norme del Codice Civile.

I tempi. Entro il mese di febbraio sarà ultimata una consultazione pubblica avviata dal ministero delle Comunicazioni sulla base delle linee guida, cui seguirà un disegno di legge governativo di riforma della Rai da sottoporre al confronto parlamentare.




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MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI
09/01/2007

LINEE GUIDA PER LA RIFORMA DELLA RAI


1. IL FUTURO DEL SERVIZIO PUBBLICO IN EUROPA



1.1. Nel secolo scorso il servizio pubblico ha fatto nascere la televisione ed è stato a lungo il protagonista del paesaggio mediatico europeo. Ancora oggi le tv pubbliche totalizzano oltre il 50% dei ricavi televisivi in Europa. Ma l’offerta sta cambiando per effetto della digitalizzazione e della diffusione del protocollo Internet, mentre la domanda appare sostanzialmente stabile, con lievi flessioni nel numero di telespettatori compensate dall’aumento del consumo medio.

Nella Tv del futuro ci sarà ancora spazio per il servizio pubblico? Quale sarà il suo ruolo? E quali le sue dimensioni?

Sono domande ricorrenti in tutti i paesi europei nonostante le conclusioni condivise nel Trattato di Amsterdam che dieci anni fa ha stabilito che “il sistema di broadcasting pubblico negli stati europei è direttamente legato alle esigenze democratiche sociali e culturali di ciascun paese e alla necessità di difendere il pluralismo nei media.”

1.2. Il ruolo della tv pubblica è in realtà sempre attuale. La tv pubblica come parametro positivo, che in un certo senso obbliga le tv commerciali a mantenere un buon livello e ad investire anche su informazione e programmazione di qualità. La tv pubblica come luogo di libertà. E di vitalità della democrazia.

La frammentazione dei target derivante dalla tv multipiattaforma e multicanale rappresenta certamente un’opportunità per migliorare la qualità dell’offerta. E la digitalizzazione offre occasioni straordinarie di innovazione e di creatività –riducendo i costi di distribuzione ed esaltando il ruolo dei contenuti digitali-, occasioni che si moltiplicheranno quando il pubblico più giovane avrà accesso ai servizi tv su banda larga. Tuttavia la tendenza della tv a essere meno un consumo di massa e più un consumo individuale e asincrono (ciascuno per sé e in momenti diversi, “dal prime time al my time”) va accompagnata e bilanciata dal ruolo sociale della tv pubblica.

Le platee generaliste tipiche del broadcasting sono infatti una componente essenziale delle democrazie europee. Non hanno solo diffuso conoscenze di base e prodotto un comune sentire, hanno anche suscitato –e continuano a suscitare- la partecipazione a grandi discussioni in pubblico. L’esperienza condivisa degli eventi televisivi rappresenta un formidabile antidoto alla solitudine contemporanea e un significativo fattore di eguaglianza e di coesione sociale. Difficile privarsene, per una società democratica.

Occorre contrastare la tendenza a delinearsi di due distinti mercati: una tv segmentata, prevalentemente a pagamento e titolare di ”qualità” e una tv generalista prevalentemente gratuita e minacciata dal degrado. Questa divaricazione non è accettabile e può essere contenuta solo dal ruolo attivo e di pietra di paragone del servizio pubblico.

1.3. Al servizio pubblico spetta dunque un ruolo cruciale nella tv del futuro, in Italia come in tutta l’Europa. Ma in un paesaggio televisivo multicanale e multipiattaforma un servizio pubblico troppo simile alla tv commerciale potrebbe essere semplicemente perso di vista. Non essere più riconoscibile. E alla lunga rischierebbe di indebolirsi la giustificazione del suo finanziamento a carico del contribuente. Per conservare il proprio ruolo e conquistarselo nella tv del futuro, il servizio pubblico deve cambiare.



2. I CINQUE TRAGUARDI DELLA RIFORMA



2.1. La riforma ha un’ispirazione fondamentale: mettere la Rai in condizione di competere nella tv del futuro, recuperando autonomia e diversità dalla tv commerciale, e offrendo pluralismo e qualità da servizio pubblico.

2.2. Per competere nella tv del futuro la Rai può far leva innanzitutto sulle proprie particolarità positive. Una grande tradizione, seconda in Europa solo alla Bbc; capacità professionali non comuni; il perdurante primato negli ascolti; un patrimonio consistente e un quadro economico sostanzialmente sano. Ma per riuscire davvero nell’impresa, deve porsi cinque grandi obiettivi di cambiamento.

2.3. Puntare sulla differenza

La tv pubblica italiana non corre rischi per gli ascolti ma per la qualità. Il contesto del duopolio aveva portato la Rai ad essere per anni un modello positivo inducendo la tv commerciale a comportamenti imitativi. Negli ultimi anni la situazione si è rovesciata e Rai ha cominciato ad inseguire la tv commerciale sul suo terreno correndo un forte rischio di omologazione. La differenza tra tv pubblica e tv commerciale è oggi attenuata nella realtà e ancor più nella percezione del pubblico.

La Rai deve riconquistare la propria differenza e tornare ad essere modello da imitare per il mercato tv.

2.4. Ridurre la dipendenza dalla pubblicità

Tutte le tv pubbliche europee hanno un finanziamento “ibrido”, in parte pubblico in parte derivante da ricavi pubblicitari. Ma solo in Italia le due fonti di finanziamento hanno lo stesso peso. Negli altri paesi più importanti la parte pubblica del finanziamento è dominante, va dai due terzi ai quattro quinti del totale e raggiunge il cento per cento nei canali generalisti della Bbc. Da noi il finanziamento pubblico arriva appena al 50 per cento. E gli affollamenti pubblicitari nelle reti pubbliche sono di conseguenza elevati. Se al servizio pubblico si affidano due missioni contemporanee e di pari peso (qualità pubblica e competizione per la pubblicità) il rischio di omologazione e peggioramento qualitativo è forte.

La Rai deve essere meno dipendente dalla pubblicità.

2.5. Scommettere sull’innovazione

Rispetto alle altre aziende di comunicazione, la Rai non investe a sufficienza nel proprio futuro. Ciò in parte contribuisce alla perdita di ascolti del servizio pubblico nelle fasce più giovani. Il servizio pubblico deve essere multipiattaforma, presente nel digitale terrestre come nel satellite free to air e nel web. Nelle reti generaliste e in quelle tematiche. Le capacità tecniche non mancano, il primato sui contenuti è la carta vincente della tv del futuro: manca un impegno strategico per l’innovazione.

La Rai deve andare oltre il broadcasting e essere il motore del cambiamento della tv.

2.6. Conquistare autonomia

L’intreccio tra Rai e partiti viene ritenuto talmente inevitabile da essere spesso tollerato come un male minore. Non è così. La sua degenerazione, effetto collaterale di un sistema bipolare a grande frammentazione partitica, finisce per rendere difficile il funzionamento stesso dell’azienda. Il pluralismo, ragione fondamentale di esistenza del servizio pubblico, rischia di scadere in un sistema che non mette al centro il cittadino ma l’invadenza dei partiti.

La Rai deve conquistare il massimo di autonomia e di autentico pluralismo.

2.7. Funzionare con efficienza

Oggi la lottizzazione va di pari passo con il massimo di instabilità di vertice e di impossibilità di decisione strategica. Nessuna azienda di comunicazione, chiamata a decidere sul futuro, può funzionare nel contesto attuale di precarietà permanente. Mandati troppo brevi, scarsa autonomia decisionale e organizzativa del vertice, impossibilità di inserimento di risorse professionali giovani e qualificate: sono i sintomi di una malattia che mette in forse l’avvenire del servizio pubblico.

La Rai deve fondarsi su regole di funzionamento societario che consentano scelte strategiche.



3. IL CONTRATTO DI SERVIZIO E IL VALORE PUBBLICO



3.1. Il Contratto di Servizio tra Governo e Rai diventerà l’atto fondamentale di indirizzo dello Stato alla televisione pubblica. La sua durata sarà di sei anni. Tale durata consentirà da un lato di rafforzare il carattere strategico del contratto, dall’altro di non coincidere con le legislature parlamentari.

3.2. Il contratto di servizio confermerà la missione fondamentale della tv pubblica stabilita dalla legge: promuovere i valori costituzionali, a partire da pluralismo e libertà; assicurare la dialettica delle opinioni, tutelare le minoranze, assicurare pari opportunità sulla base degli indirizzi della Commissione parlamentare di vigilanza.

Il servizio pubblico promuove l’unità del Paese e la sua presenza nel mondo; sostiene la produzione audiovisiva nazionale; assicura il servizio universale; svolge un ruolo di motore dell’innovazione verso la tv digitale.

3.3. Il contratto di servizio definirà, oltre agli obiettivi, anche i criteri idonei per assegnare alla produzione Rai un effettivo “valore pubblico”. Tali criteri non possono ridursi all’inserimento nella programmazione di determinati generi: la formulazione seguita finora nei contratti di servizio si è rivelata nel tempo insufficiente. Per l’ibridazione dei generi stessi e per l’evidenza che ogni giorno ci mostra come generi “da servizio pubblico” possono essere del tutto privi di valore pubblico, e viceversa. Il servizio pubblico non consiste dunque nella inclusione o esclusione di generi televisivi ma nella capacità della programmazione di esprimere valore pubblico in tutti i generi e su tutte le piattaforme.

3.4. L’indice di valore pubblico inserito nel nuovo contratto di servizio è una prima risposta a questa esigenza. Il suo obiettivo è uno dei più rilevanti dell’intera riforma: evitare che gli ascolti siano l’unico metro di misura del successo della programmazione Rai. Gli ascolti resteranno una componente importante del valore pubblico ma non certo l’unica.

3.5. La scelta dei criteri del valore pubblico della programmazione e la loro misurazione non devono dar luogo a forme di ingerenza delle autorità amministrative e di governo nelle scelte editoriali della Rai. Tali scelte saranno affidate alla responsabilità editoriale della Rai.



4. LA FONDAZIONE



4.1. Il servizio pubblico continuerà ad essere svolto dalla società concessionaria di proprietà pubblica. Il ruolo di azionista non sarà esercitato direttamente dal Governo ma da una Fondazione. Anche sul piano degli assetti organizzativi deve risultare chiaro che il primo grado di autonomia del servizio pubblico deve essere autonomia dal governo pro-tempore.

4.2. La Fondazione rappresenta i cittadini-telespettatori, dei quali tutela i diritti. I suoi compiti nei confronti della Rai non sono di carattere gestionale ed operativo.

4.3. I compiti della Fondazione sono:

-assicurare il rispetto del contratto di servizio da parte della Rai.

-verificare il valore pubblico della programmazione,

-garantire l’autonomia della Rai dal potere politico ed economico

-verificare l’attuazione degli indirizzi della Commissione parlamentare di Vigilanza in materia di pluralismo

-nominare i Consigli di amministrazione delle società Rai

-approvare gli statuti delle società Rai



5. I CRITERI DI NOMINA DEI VERTICI



5.1. I vertici della Fondazione devono garantire il massimo di professionalità e di autonomia dai partiti e dalle maggioranze di governo pro tempore.

5.2. Proposta di criteri di nomina. Il Consiglio della Fondazione è composto da sei componenti più il Presidente, scelti tra personalità con particolari requisiti e precise incompatibilità. La rosa dei candidati potrà essere formata anche in base a designazioni effettuate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni. La idoneità dei candidati –capacità professionali, autonomia, rispetto dei requisiti e delle incompatibilità- sarà verificata da un sistema di hearings parlamentari. Il voto avverrà a maggioranza qualificata secondo il sistema attualmente in vigore per i giudici costituzionali. Due degli eletti potrebbero provenire dai designati dalle Regioni. Il Presidente verrà eletto con voto parlamentare a maggioranza qualificata e la sua indicazione potrebbe essere affidata a una proposta congiunta dei Presidenti del Senato e della Camera.

5.3. Ipotesi alternative. Il Consiglio non viene eletto con voto parlamentare ma si forma in base a designazione di diversi organi: il Parlamento, le Regioni, le principali rappresentanze sociali, professionali, accademiche e degli enti territoriali. Ha un più elevato numero di componenti. Il Presidente viene eletto dai componenti stessi. Anche in queste ipotesi alternative possono essere previsti sistemi di hearings.

5.4. La durata del mandato è di sei anni. Può essere previsto ogni due anni il rinnovo di un terzo del Consiglio così da assicurare una ulteriore neutralità dalle maggioranze parlamentari pro-tempore. Il problema nel primo mandato potrebbe essere risolto con una norma transitoria.

5.5. Un potere di revoca del Consiglio della Fondazione potrebbe essere assegnato al Parlamento in circostanze particolari e con maggioranze qualificate.



6. IL FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI SOCIETARI



6.1. Il funzionamento dei Consigli di amministrazione delle società Rai sarà conforme alle norme del Codice civile per le società per azioni quanto alla durata del mandato e al ruolo dei consiglieri delegati. Non sarà la legge ma saranno gli statuti sociali a fissare le regole sui poteri del Consiglio, del Presidente, dell’Amministratore delegato e di tutti gli organi delle società.

6.2. Il complesso di tali regole consentiranno alla Rai di superare l’attuale paralisi decisionale derivante dall’anomalia di un Consiglio di amministrazione onnipresente ma privo di alcuni poteri fondamentali e di un Direttore generale con poteri addirittura fissati dalla legge ma privo di effettiva autonomia decisionale.


7. IL NUOVO ASSETTO ORGANIZZATIVO


7.1. Proposta di organizzazione societaria. La creazione di tre distinte società nell’ambito di una Rai che resta di proprietà pubblica ha un duplice scopo: da un lato separare le funzioni di operatore di rete da quelle produttive ed editoriali; dall’altro separare l’attività prevalentemente finanziata dal canone da quella finanziata dalla pubblicità.

Il secondo obiettivo risponde agli orientamenti comunitari e consente di definire le dimensioni future dell’azienda finanziata prevalentemente dal canone e di renderla economicamente sostenibile grazie alla nascita di una società Rai finanziata interamente dalla pubblicità.

7.2. La società che gestisce gli impianti della rete. Si tratta di riprendere il percorso avviato sei anni fa con l’intesa Rai Way-Crown Castle. Nel medio periodo potrebbe proporsi anche una separazione proprietaria e non solo societaria anche per favorire intese tra diversi operatori di rete nel quadro della transizione dalla tv analogica a quella digitale.

7.3. La società a prevalente finanziamento pubblico. Nella fase di avvio ad essa potrebbero far capo due canali tv generalisti, gli archivi Rai, più diversi canali tematici e la produzione Rai per tutte le piattaforme digitali (terrestre, satellitare e Iptv) nelle quali andrà assicurata la presenza autonoma e gratuita del servizio pubblico. L’affollamento pubblicitario nelle sue reti generaliste subirà una graduale diminuzione. Al termine della fase transitoria, la presenza di pubblicità avrà le limitazioni tipiche di molte emittenti pubbliche europee. L’affrancamento dalla eccessiva dipendenza dalla pubblicità creerà le premesse per un servizio pubblico ad elevato standard di pluralismo e di qualità in base agli obiettivi del contratto di servizio.

7.4. La società finanziata solo dalla pubblicità. Ad essa potrà far capo nella fase di avvio una rete generalista con indici di affollamento allineati a quelli delle tv commerciali. Potranno riferirvisi altre offerte commerciali, incluse offerte di pay tv. La società potrà essere autorizzata a far entrare azionisti privati mantenendo la quota di maggioranza allo Stato.

7.5. Ipotesi alternative. La separazione potrebbe restare solo a livello contabile senza determinare distinte società. In questo caso non sarebbe proponibile una significativa riduzione della dipendenza dalla pubblicità. Verrebbe in sostanza confermato l’attuale mix tra canone e pubblicità e il finanziamento ibrido delle tre reti generaliste. Il perseguimento di più elevati standard di qualità verrebbe affidato soltanto al contratto di servizio.

7.6. La Fondazione potrà decidere la eventuale societarizzazione di altri rami d’azienda, con riferimento innanzitutto al sistema di società attualmente esistenti (Sipra, Rai Cinema, New Media ecc).

7.7. L’unitarietà di indirizzo e le funzioni corporate del sistema di società Rai potranno essere meglio assicurate da una Holding piuttosto che attribuendo le funzioni di holding alla stessa Fondazione.

7.8. La riorganizzazione societaria richiederà la determinazione di una fase transitoria, indispensabile per varare i nuovi assetti societari e assicurare un graduale trasferimento delle risorse canone-pubblicità tra le due società.

La riorganizzazione avrà tra i suoi presupposti il mantenimento della stabilità occupazionale.



8. LA RADIO



8.1. In questo quadro va valutata l’opzione di costituire anche una società della radio, con quota garantita di canone. Il maggiore contesto competitivo del mercato radiofonico rispetto a quello televisivo ha indotto Radio Rai a confrontarsi in anticipo con il problema della riconoscibilità del servizio pubblico nei confronti delle radio commerciali. Il crescente successo del mezzo radiofonico e la nuova frontiera della radio digitale suggeriscono di considerare la possibilità di una maggiore autonomia di scelte aziendali per Radio Rai, troppo spesso ridotta ad essere un’appendice minore della Rai-Tv e a subire scelte assai gravi come la dismissione delle onde medie.



9. LE FORME DI FINANZIAMENTO PUBBLICO



9.1. Negli anni futuri la tv pubblica in tutta Europa dovrà confrontarsi con l’esigenza di costruire il consenso necessario al mantenimento del finanziamento pubblico ad aziende la cui differenza non sarà così evidente come nel secolo scorso.

Nella fase di avvio della riforma, la Rai, anche attraverso la sua società per la tv commerciale, manterrà una quota di pubblicità tale da assicurare equilibrio competitivo al sistema. Ma il totale della pubblicità Rai andrà comunque decrescendo e per questo la Rai dovrà poter contare su risorse pubbliche certe.

9.2. In questo quadro l’ammontare del canone verrà fissato dal Governo ogni tre anni, sulla base delle valutazioni della Fondazione sul rispetto della missione affidata a Rai dal Contratto di servizio.

Lo Stato potrebbe assicurare, al compimento della fase di transizione, il pieno recupero della quota mancante per evasione fiscale e l’esenzione del pagamento per alcune fasce di cittadini anziani non autosufficienti.



10. LA CONSULTAZIONE PUBBLICA


Nelle prossime settimane il Ministero delle Comunicazioni svolgerà una consultazione pubblica sulla base di queste Linee Guida. La consultazione coinvolgerà tutte le componenti politiche, economiche, sociali e culturali interessate ed avverrà attraverso confronti pubblici, incontri bilaterali, contributi indirizzati via Internet.

La consultazione pubblica si concluderà con il prossimo mese di febbraio e successivamente, sulla base delle Linee Guida e di quanto emerso nella consultazione il Governo adotterà un ddl di riforma da sottoporre al confronto parlamentare.






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