Lara Lago (Sky TG 24)

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l'acero
10mercoledì 17 dicembre 2014 11:32
l'acero
00mercoledì 4 marzo 2015 23:18
l'acero
00mercoledì 4 marzo 2015 23:19
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00mercoledì 4 marzo 2015 23:20
l'acero
00mercoledì 6 maggio 2015 12:06
Stasera finalissima del talent L'Americano, FORZA LARA
l'acero
00lunedì 25 maggio 2015 18:08

Si torna in video: vi aspetto alle ore 19 su Agon (canale 33) per parlare un'oretta di attualità in diretta. Io finisco di montare questo servizio e volo al trucco. A dopo!





l'acero
00lunedì 29 giugno 2015 12:50
Adesso su Agon Channel


l'acero
00lunedì 8 febbraio 2016 12:32
l'acero
00venerdì 5 agosto 2016 17:07

Vi aspetto domani (sabato) pomeriggio alle 16.30 sulla pagina Facebook di @zoomintv_vj. Cercate su fb Zoomin tv Italia. Mi trovate in diretta dall'EuroPride di Amsterdam. Pronti a vedere un'intera città in festa?

l'acero
00venerdì 16 settembre 2016 16:55
mandorlato74
00venerdì 16 settembre 2016 21:17
[SM=x44604]
l'acero
00mercoledì 21 dicembre 2016 19:01

Caro Ministro Poletti,
questa non è una lettera di protesta ma un invito, suo, personale, lo prenda in considerazione.

La invito a chiudere la sua vita in una valigia, 23 chili per la precisione. Ci metta dentro i suoi effetti personali, vestiti, foto di un paese assolato, speranze, competenze mischiate tra lo spazzolino e le scarpe da ginnastica.
Perché ci sarà da correre.
Venga pure da solo. Preghi non tanto di parlare un buon inglese, quello è vitale e lo diamo per scontato, a lei come a tutta la vostra classe politica, si auguri piuttosto di capire ogni venatura degli accenti inglesi che popolano il mondo: quello spigoloso dell'indiano a cui dovrà chiedere indicazioni in stazione, quello veloce degli autoctoni cresciuti senza doppiaggi anche in un paese non anglofono, quello dei madrelingua in azienda, americani, australiani, inglesi, i capi che la scruteranno dall'alto al basso solo per le sue idee e per la capacità di esprimerle, non certo per la sua cravatta o per come è stirata la sua giacca. Qui nessuno usa il ferro da stiro, tanto per dire, e l'essere brillanti non ha bisogno di essere inamidato.
Venga Ministro.
Nei primi giorni, quando fa buio provi a rientrare a casa con agilità, provi cosa significa il dover partire da zero. E quando dico zero intendo non sapere più fare la spesa perché i nomi sono tutti diversi e a comprare il burro con il sale ci si mette un attimo. Soprattutto se nemmeno si immagina l'esistenza del burro con il sale. Quando dico zero intendo nessuno che la aspetterà a casa, nessuno da chiamare se prenderà una storta sulle scale. Certo, urlando Help qualcuno la sentirà. Ma non si aspetti il calore italiano, caro Ministro, che se tutto il mondo è paese non tutti i paesi sono l'Italia e se le si dovesse fermare la macchina in una strada e se volesse chiamare un collega di lavoro, questo con il suo efficace pragmatismo le manderà un sms con l'indirizzo dell'autorimessa più vicina.
Poi chiami in Comune, prenoti un appuntamento, vada a registrarsi in un paese che la sta accettando nella misura in cui ce la farà da solo contro il mondo, compili carte, burocrazia, apra un conto in banca nel nuovo Paese, condivida con altri la casa, il piano, il bagno, a volte la stanza con la sporcizia, i turni per la cucina. E non osi lamentarsi con altri italiani perché all'inizio si sentirà dire 'È normale che sia così, cosa credi? Di essere in Italia?'.
Lei dice che i 100mila giovani che se ne sono andati non sono i migliori. È vero, ma siamo quelli che non si sono accontentati, quelli che non si arrendono, quelli che non tollerano di avere un futuro impacchettato nella nebbia, quelli che, anche se non saranno i migliori, erano troppo bravi a scuola, con troppe idee, troppo spavaldi, con troppa voglia di farcela. Così tanta da non sopportare un Ministro del lavoro che non capisce che se stiamo andando via è solo per questo: per il lavoro. E quando ci stupiamo che qui dopo tre contratti scatti il tempo indeterminato, i mutui abbiano interessi bassi e vengano concessi anche e soprattutto ai giovani e che sì, lavorando si possa ancora comprare una casa, ci sentiamo rispondere: 'È normale che sia così, cosa credi? Di essere in Italia?'
Un'ultima cosa Ministro. Tra tutti gli italiani che vivono in Olanda non ne ho ancora sentito uno che dica: 'Si sta meglio qui.' Tutti invece dicono: 'Se si potesse vivere una vita così anche in Italia torneremmo di corsa. Ma.'
Non so se il nostro Ma è in mano a lei Ma torneremo solo quando il coraggio e le competenze verranno viste come un valore aggiunto. Coraggio e competenze, non raccomandazioni e furbizia.
La aspetto ministro Poletti, anzi no, troppo facile avere qualche appiglio.
Si tuffi, è morbido. Sicuramente di più di certe sue affermazioni morbide solo perché inconsistenti.

Firmato: una dei 100mila giovani che se n'è andata dall'Italia, una di quelle che 'è meglio non avere tra i piedi' come ha dichiarato lei.
Una che ci mette la faccia e le idee. Senza poterle o doverle rettificare.

l'acero
00mercoledì 21 dicembre 2016 19:05

Domani mattina. Ore 8.30. Rai 3.
Sarò ospite del programma Agorà in collegamento video da Venezia.
state con me?

l'acero
00domenica 1 gennaio 2017 22:54

Il 3 gennaio alle ore 13 sarò ospite su Radio Due del programma 'Non è un paese per giovani'. Vi aspetto

l'acero
00martedì 10 gennaio 2017 16:12

* La bella notizia di questa settimana *

Il Ministro non avrà accettato il mio invito a vedere come vivo ad Amsterdam ma le telecamere di La7 sì.
Quindi ci vediamo su La7 domani (mercoledì) sera alle 22. Sarò ospite de La Gabbia Open, assieme alle immagini della mia quotidianità.

Vi voglio carichi!

l'acero
00giovedì 12 gennaio 2017 21:42
l'acero
00martedì 17 gennaio 2017 18:41

Sono le 20 di mercoledì sera, sono in un hotel di Milano, tra poco verrà a prendermi l'autista per portarmi in trasmissione, mi sono fatta la doccia, ho studiato l'attualità di oggi, l'articolo 18, il jobs act che ha creato 690mila nuovi posti di lavoro per gli ultra 50enni ma solo 36mila per i giovani dai 14 ai 25 anni. Lo dirò, se dovesse servire.
Ho guardato gli ospiti che ci saranno con me ed era meglio non l'avessi fatto, che sono per lo più uomini e per lo più over 45 e io mi sento Pollyanna, piccola, donna e con i capelli blu.
Però rido, un riso instancabile, da ore. Rido da sola in uno dei 4 aerei che ho preso in questa settimana, rido quando l'autista che mi viene a prendere in aeroporto mi dà del lei e io gli chiedo se posso salire davanti. Che se salgo dietro, con i vetri oscurati, manca solo che chieda un Ferrero Rocher. Riderò quando arriverò in produzione, quando mi truccheranno e pettineranno per un'ora, che con un'ora di trucco e parrucco anche la figlia di Fantozzi potrebbe vincere miss Mondo.
Riderò dopo, perché sarà stata una bella esperienza, con amici che su WhatsApp avranno commentato anche tutti gli ospiti precedenti.
Dormirò poco, ripartirò per Amsterdam dopo poche ore, andrò diretta al lavoro e mangerò sushi del supermercato sulla scrivania.
Intanto.
Intanto però ballo. È un rito propiziatorio, Spotify a tutto volume, vada come deve andare, catalizzo l'adrenalina, l'energia, e la sparo fuori. Ci sono, sono arrivata viva a mercoledì sera e in alcuni momenti non lo credevo possibile.
Ho dovuto pensare ad una cosa alla volta, per giorni. Perché se ti si accavallano i pensieri poi non riescono più a saltare gli ostacoli. E inciampano sbattendo di pancia, come un tuffo fatto male. C'è che la vita mica si ferma e a lavoro vai lo stesso, porti gli amici in Italia lo stesso, fai solo combaciare tutto, è un tetris colorato.
Poi si arriva in fondo al gioco e a chi ti ha seguito, a chi continua ancora oggi a scriverti raccontandoti la sua storia di italiano all'estero, a chi ti ha visto da Dublino e Miami in streaming, alle nonne che hai tenuto sveglie fino alle 11 di sera, a tua sorella che si è commossa quando sul bel servizio di Alice è partita Fast Car di Tracy Chapman, a chi ti ha accompagnato a prendere un vestito che ti facesse sentire un po' Ilaria d'Amico, a chi domenica sera di fronte al caminetto ha assistito alla sfilata del 'Cosa mi metto' finita con 4 mani che tiravano come dannate per chiudere una cerniera, a chi ti sta facendo sentire una grande energia che si muove come un magma e che andrà canalizzata da qualche parte, vorresti solo dire Grazie. Accompagnandolo da un abbraccio grande così.
— grata.




l'acero
00martedì 31 gennaio 2017 09:44

'Cosa prendi?' mi chiede. Siamo nel bar del teatro Ariston. Ho un vestito marrone aperto sulla schiena. Sono seduta su una sedia bianca di fronte ad un tavolo bianco. Ho il mio blocco degli appunti aperto davanti a me e la penna in mano. Il telefono per registrare l'intervista.
'Un tè caldo, grazie'.
Lui è dietro di me. Sento la sua voce ma non lo vedo. Si avvicina al bancone. Mi porta la teiera e la tazzina vuota in ceramica bianca. Si risiede davanti a me. Chiude le mani l'una sull'altra quasi a sfregarle, quasi ad applaudire.
Mi guarda dritto.
E mi dice: 'Lo sai che hai un tatuaggio sulla schiena?'.
Rido, sorpresa.
Non mi ha detto Lo sai che hai una macchia di colore sulla pelle, non ha detto Sei sporca di viola sulla schiena, Che cos'hai lì, Che cosa vuol dire. Ha detto una cosa molto più semplice e banale. Così lineare da aprirmi un mondo, da mettermi a mio agio, da farmi ridere, da creare una connessione molto più forte di ciò che immaginavo allora.
Questa è la descrizione di un inizio e di tanti inizi, iniziati 4 anni fa.
Lui era un direttore d'orchestra del Festival di Sanremo. Lui è uno dei miei migliori amici. Di quelli che puoi cambiare città e Paese e numero di telefono e idea ma lui starà dalla tua parte.
Quattro anni fa sono stata accreditata per la prima volta per andare al Festival di Sanremo. Con l'emozione di Heidi la prima volta che scende in città presi la mia valigia e partii da sola all'avventura, corrispondente de La Voce di New York. E fu così bello, così intenso, così rivelatorio, magico ed emozionante, che diventò assuefazione. In 3 anni di Festival ne ho combinate di ogni: sono finita ospite da Marzullo a parlare delle canzoni del Festival prima ancora di averle ascoltate. Sono andata a farmi una piega da una delle più brave parrucchiere di Sanremo che mi ha tranciato i capelli facendomi uscire in modalità carciofino Ponti, mi sono creata una compagnia di amici conosciuti su couchsurfing per non sentirmi sola in città, ho conosciuto tanti giornalisti che mi hanno insegnato senza saperlo a lavorare e a stare al mondo, adottandomi e spiegandomi i segreti del dietro le quinte. E ho collezionato inizi, che ricordo nei dettagli e che custodisco con infinita cura.

Da lunedì io e le mie narrazioni per una settimana ci spostiamo a Sanremo.
Ecco una pratica dichiarazione di 5 intenti su ciò che potrete aspettarvi.

1. Ogni sera per tutta la durata del Festival verso le ore 21 posterò la scaletta scritta rigorosamente a mano. Così saprete quando si esibirà il vostro cantante preferito.
2. Voterò in quanto giuria della sala stampa dell'Ariston ascoltando solo il mio gusto e orecchio sopraffino. Non riuscirete a corrompermi in nessun modo. Farmi recapitare gioielli e torte fa eccezione al 'nessun modo'.
3. Solo ed esclusivamente in questa settimana dell'anno pubblicherò selfie molesti. Quindi bannatemi ora o tacete per sempre.
4. Nonostante la forte tentazione non salirò sul palco dell'Ariston come vallotta, promesso. Quindi sì la foto sottostante è un palese fotomontaggio. Era facile capirlo: ho prestato la faccia ad una che ha le braccia spesse come le mie caviglie e quello che per i miei standard pare un monoginocchio.
5. Scriverò articoli per La Voce di New York con dovizia di gossip e particolari sanremesi con lo stile sobrio che da sempre mi contraddistingue.

Prometto inoltre che arriverò viva al mio ritorno ad Amsterdam di lunedì 13 febbraio. Probabilmente sfatta e felicissima, come è sempre successo negli ultimi 3 anni.
Prometto anche che nei momenti di smarrimento intonerò un canto di Gianni. Uno su mille ce la fa (ma quanto è dura la salita)...

l'acero
00venerdì 24 febbraio 2017 10:40
Contratto rinnovato [SM=x44639]




Me lo ricordo bene quel giorno. Ero sepolta in un deserto grigio. Grigio come il cielo sopra, il cemento sotto di un quartiere periferico di Amsterdam, il mio umore incredulo.
'Ma davvero mi lasci qui da sola?', gli chiedo. Mi metto a piangere fuori dalla banca con l'unica insegna arancio sul grigio, che non so come si dica conto bancario e l'idea di aprirmi un conto bancario in un luogo dove non so nemmeno come si dica mi fa piangere. Il ragazzo allo sportello sorride: non ridere, che non c'è niente da ridere. Sono gli ultimi giorni di febbraio dell'anno scorso e in tram guardo triste fuori dal finestrino. Ho paura di tutto e tutto l'entusiasmo che avevo prima di partire l'ho ben nascosto nei borsoni dell'ikea portati a spalla e in tram. E quanto pesano. E piove. E mi sento un'immigrata e giuro che mai e poi mai nella mia vita deriderò o non accoglierò un immigrato. Che è sempre facile farlo se non si sente il peso sulle spalle. Se non si sa quanto ti seghi le braccia e le gambe, metafora fisica di un'evidenza psicologica.
'Non si piange per queste cose', mi dice lui, che ha nascosto tutta la sua tristezza per la mia partenza negli stessi borsoni. Lui che mi ha prestato un cellulare per metterci la scheda olandese e che di nascosto mi ha scritto sulla schermata di apertura 'Ciao Super Lara'. Per dirmi ce la farai a fare tutto. E io quella scritta non l'ho mai cambiata ma un paio di volte me la sono riletta e gustata, pensando che invece era difficile fare tutto.

È passato un anno.
E pochi giorni fa ho scoperto che ad Amsterdam ci starò per un altro anno. C'è un contratto nuovo di zecca che mi aspetta, con un'altra posizione, un altro ruolo e un'altra responsabilità. Una collega oggi mi ha detto che in due anni qui è passata dal fare la stagista a diventare capa di uno Stato. Io in un anno sono passata dal non saper montare un video a fare la coordinatrice di tutte le storie italiane. Comprata dal team internazionale a fare meeting in inglese tutto il giorno, che ti si annoda la lingua a fine giornata e certi termini come 'tradurre' li pensi e li dici 'translatare'. E lavori in 3 giorni 33 ore e a sera non pensi che al piumone che domani ci si alza presto e si ricomincia. Stanchi ma non scarichi. Che i tuoi sacrifici ti segnano la strada e quando la strada è battuta non resta che percorrerla.

Ah: conto in banca si dice bank account, al grigio ci si abitua e piangere sulle scelte versate non porta a nulla. Tornassi indietro? Rifarei tutto. Anche se indietro alla fine non si torna mai.

Rocco-admin
00mercoledì 1 marzo 2017 06:54
l'acero
00martedì 14 marzo 2017 23:09

Vedo un appuntamento in agenda. Che strano, io non l'ho fissato. C'è scritto che alle 14.30 i capi mi aspettano in sala riunioni. Ma io in riunione con i capi non ci sono mai stata, nemmeno quando ho firmato il mio primo contratto che ero a casa in pigiama e non mi pareva vero e l'emozione mista all'incoscienza mi frullava l'intestino.
I capi mi parlano in corridoio, mi sgridano di fronte a video prodotti con troppa poca azione, mi valutano con test che dicono che sono una creativa poco pratica, ma in riunione mai.
A questo incontro invece siamo in 4, loro due, io e un ragazzo appena arrivato indiano che parla 7 lingue che guardo come fosse il Messia. Se chiudo gli occhi ho la sua espressione mite tra le palpebre, barba da hipster, un curriculum che inizia con Financial Times e finisce con 10 anni da giornalista a Parigi. L'hanno assunto la settimana scorsa, si è guardato in giro. Gli hanno chiesto con chi volesse lavorare e lui ha espresso la sua scelta.
La sua scelta ha la bocca spalancata quando al meeting glielo comunicano, balbetta un grazie che non sa di niente, che non sa niente, ha il coraggio di dire che sì forse mi state sopravvalutando che in italiano mi sento una leonessa ma in inglese un timido agnellino.
Ci avevo parlato un po' con lui venerdì, mi aveva chiesto da che mondo professionale venissi. E io, tra tutte le cose che avrei potuto dirgli, gli avevo raccontato di quando seguivo la cronaca nera e il mio capo mi diceva 'Non ripresentarti in redazione se non hai le interviste ai parenti dell'omicida'.
'C'è lo scheletro, dobbiamo mettere su i muscoli' mi dice giustificando la sua scelta, spiegandomi come mai abbia scelto me dopo avermi parlato un paio di volte. Così, dopo appena tre settimane di promozione con un nuovo contratto da coordinatrice per le storie italiane, mi trovo di fronte ad un'altra promozione, ad un altro contratto che stavolta ha a che fare con l'attualità di tutto il mondo. È la roulette russa, gira veloce, puoi vincere tutto o perdere tutto, e come ti promuovono in tempo zero, se non porti risultati concreti ti licenziano in tempo zero. È la flessibilità del mercato del lavoro olandese tradotta in possibilità di fare carriera, un salto alla volta, senza troppe gerarchie. E così ti danno in mano le chiavi di una fabbrica e ti dicono 'falla funzionare. Tranquilla, non preoccuparti, se non ci riesci puoi sempre restituirci le chiavi'.
Accetto come di fronte ad un solitario, un anello così costoso che come fai a dire di no.
'Per te questa sarà una bella sfida' mi congedano e io non so non ridere.
Mi passa di fianco la mia ex capa e mi dice 'hai la faccia che ride'.
Ha ragione.
Ciglia, zigomi, denti, saliva, labbra, mento, naso, occhi non riescono a trattenersi.
Lo guardo, lo sconosciuto che crede in me più di quanto io creda in me stessa. E non in termini assoluti: lui crede saremo un buon team mentre si soffia il naso in un fazzoletto di stoffa. Mi sorride.
Racconto cosa sta succedendo a casa, con l'incredulità di come tutto possa cambiare così in fretta. Papà su Skype dice 'stai facendo in un anno le cose che in Italia non hai fatto in dieci'. Lo racconto al mio coinquilino, dice 'E' che in Italia ci hanno tolto anche la speranza. Che se si potesse arrivare a dei traguardi i giovani darebbero sempre il massimo. E invece da noi ci sono gli inattivi.'
E mentre penso che se solo fossi nata madrelingua inglese ora chissà, mi viene un dubbio. Quanti anni avrà il mio nuovo capo indiano con un curriculum del genere?
'Ho la tua età', mi risponde. Ci battiamo il 5. Lui nato a Nuova Delhi, io a Rosà, lontanissimi e da oggi vicinissimi compagni di banco. Gli farò da ombra per imparare come si fa a coprire tutte le news del mondo in appena due persone. 'Daremo priorità ad Africa, Medio Oriente e Asia', mi dice.
Mi chiude la bocca mentre penso a chissà quanto potrò imparare da lui. Mi dice: 'Non sai quante cose potrò imparare da te'.




l'acero
00mercoledì 15 marzo 2017 17:01
l'acero
00domenica 25 novembre 2018 23:42
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