L'infermiere

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Neo
00domenica 17 luglio 2005 12:15
Pensiero: per fare l'infermiere è necessario amare quetsa professione.Bisogna imparare a sapere essere e saper fare l'infermiere.Alla base del codice deontologico c'è:

potrei esserci io o uno dei miei cari al posto della persona che sto curando.

Credo fermamente in ciò altrimenti si ha la superficialità e la vacuità nel rapporto umano .
adele
00domenica 17 luglio 2005 17:31
Cominciamo a ragionare sull'essere e non sull'apparire.
Le doti di comprensione, gentilezza, rispetto per gli altri non sono esclusivo "valore" di questa o quella professione.
Sono "tesoro" personale di ognuno di noi, sono il nostro essere nel mondo e con il mondo, sono il nostro sentirci parte dell'umanità.
Poi è ovvio per tutti che il nostro lavoro, ponendoci a contatto con sofferenza e dolore, vuole queste doti portate all'ennesima potenza.
E' vero, al posto di un paziente ci potrebbe essere un nostro caro malato (e, purtroppo nessuno lo sa meglio di me), ma comunque davanti a noi c'è sempre una persona che soffre, spaventata, incerta su quello che sarà il suo domani.
Solo per questo dobbiamo essere lì, con la nostra comprensione, con la nostra mano tesa, solo perchè lì c'è un nostro fratello che soffre!
ade :o
Neo
00domenica 17 luglio 2005 21:37
io non parlo di apparire ma di "Essere infermiere". Non parlo di gentilezza e educazione, che devono far parte di noi. Io parlo del come parlare, del come comunicare , del sapere affrontare le probelmatiche assitenziali di natura psicologica che il paziente ha quando subisce un ricovero o peggio quando entra in contattto con malattie terminali.Molte volte pero'accade cara Ade chenon si vede il paziente come un essere unmano nella sua interezza con problemi fisici ma sopratutto psicologici. Non per niente le Diagnosi Infemrieristiche studiano e affrontano le problematiche non solo legate alla patologia come tale ma come facente parte di un contesto globale. Il mio intervento era per dire: riappropriamoci della vera essenza dell'infermiere

“La malattia non è solo una "questione tecnologica", ma è un problema soprattutto etico che riguarda la speranza dell'Uomo che cerca una salvezza in modo disperato"
adele
00domenica 17 luglio 2005 22:36
E perchè?
Io cos'ho detto?
ade :o
neo
00domenica 17 luglio 2005 22:38
Ade era un ulteriore chiarimento del mio pensiearo[SM=g27800]
adele
00domenica 17 luglio 2005 22:58
[SM=g27800]
ade
Neo
00lunedì 18 luglio 2005 16:45
me sto a schianta' sur tube
adele l'infermiere mangia pane con le pere.
o no?
tutto è relativo è questo il vero dramma dellìuomo di oggi.
geppo
00lunedì 18 luglio 2005 17:54
ricordo che alla gloriosa scuola infermieri regionale,la suora capoccia e il direttore sanitario avevano come slogan e parola chiara per l'infermiere ABNEGAZIONE. cito lo zingarelli: "rinunciare con l'animo ai propri voleri, desideri e utili per il bene altrui o per culto religioso, rinuncia, sacrificio di se' della propria volontà."
mettersi alposto dell'altro, come qualcuno ha scritto, deve essere inteso come "empatia", mentre spero che tutti voi siate contrari a priori all'abnegazione. ho sempre creduto in un infermiere ben conscio dei propri diritti sia professionali e di uomo, e pronto a lottare per difenderli, per favorire la propria condizione e quella del paziente. l'abnegazione, invece, sottintende una categoria succube di un'autorità superiore, pronta a rinnegare i propri diritti e senza una volontà propria.
serenaorlando
00lunedì 18 luglio 2005 18:03
Assolutamente si, Geppo!

_________________________________
adele
00lunedì 18 luglio 2005 18:45
Io sono infermiera e di solito con le pere ci mangio il groviera! Che fanno gli altri non lo so!
Mai parlato di abnegazione, di missione e di "cultura della sofferenza!"
Ho parlato di esseri umani, ritengo importante ricordare qualche volta che ne facciamo parte.
Ritengo importante ricordare che, al di là della professione, della preparazione, dell'acculturazione, in tutti i rapporti intervengono quelle che sono le peculiarità personali e che, quindi ,a volte, è con quelle che bisogna fare i conti!!
ade [SM=g27789]
gabri
00lunedì 18 luglio 2005 22:37
l'infermiere
x Geppo
sono perfettamenre daccordo con te e pronta a remare!
rob
00martedì 19 luglio 2005 00:39
Re:

Scritto da: geppo 18/07/2005 17.54 l'abnegazione, invece, sottintende una categoria succube di un'autorità superiore, pronta a rinnegare i propri diritti e senza una volontà propria.



a prescindere che l'abnegazione + propria dei frati e forse neanche + di quelli, l'infermiere è "al servizio" del paziente e ognuno di noi lo fa al meglio per sè stesso e per lìutente finale che è sempre il paziente.

io questa AUTORITà SUPERIORE non so chi sia. la direzione? il dottore? la caposala? certo che no, ma neanche il paziente

ho anch'io vaghi ricordi delle suorine: per loro abnegazione era far tutto e subito, se male non importa, perchè lìimportante era che quando passava IL DOTTORE tutto doveva essera a puntino e il caffè sul fuoco

la mia collega, in servizio nello stesso reparto da + di 30 anni, mi raccontò questo aneddoto: la suora caposala ogni mattina praparava il caffè x il primario: latte freddo a parte, 2 biscottini "mi racomando, di quelli interi, non sbriciolati". una volta dovette allontanarsi per alcuni giorni, individuò una facente funzioni (all'epoca nessun'altra infermiera sapeva fare l'oscuro ruolo della caposala, se poi era suora non usava neanche andare in ferie) e le speigò per filo e x segno i suoi doveri, il + importante era il caffè. ebbene, vi parlo di una trentina dìdi anni or sono, già all'epoca l'infermiera si ribellò e, indovoinate, non successe nulla. da allora il primario si prepearò da solo il caffè, anche se la suora continuò a portargliene un aaltro ma lui non ebbe mai il coraggio di dirle che non gli piaceva, l'avrebbe troppo delusa.

ecco, questa era l'abnegazione dell'infermiera di una volta, quella decantata dalle suore
geppo
00martedì 19 luglio 2005 10:38
scritto da adele:"Ritengo importante ricordare che, al di là della professione, della preparazione, dell'acculturazione, in tutti i rapporti intervengono quelle che sono le peculiarità personali e che, quindi ,a volte, è con quelle che bisogna fare i conti!! "

hai giustamente messo in luce un aspetto importante che spesso si presenta in reparto come problema , ma è invece per me una ricchezza.
se a volte le peculiarità personali possono infastidire i colleghi che ci vorrebbero come una loro fotocopia, la diversità caratteriale e culturale tra i componenti di un reparto può essere un vantaggio per il paziente, che ha più possibilità di allacciare rapporti umani con lo staff e sentire compresi i propri bisogni, aumentando la possibilità di vederseli soddisfatti.
l'abnegazione di cui parlavo per fortuna non esiste più, ma resta ancora spesso un'etichetta a cui attenersi, che il più delle volte serve più al collega che al paziente. fermo restando che l'educazione è l'imperativo (il tu o il nomignolo "nonnino" con le persone anziane sono diffusissimi), credo che, nel rispetto dell'individualità dell'altro, l'infermiere debba autocensurarsi il meno possibile: le caratteristiche personali, e talvolta anche i difetti, se è presente una solida base e responsabilità professionale, non fanno altro che renderci più umani agli occhi del paziente, a farlo sentire meno malato, e a noi rende il lavoro meno pesante e più piacevole.
.conte mascetti.
00martedì 19 luglio 2005 13:15
A niun o a pochi calerà ciò che dirovvi, ma tant'è.
Comenziai la schola da infarmero nel a.d. 1981, imperocché proprio non sapea che altro fare, ebbi adolescenza turbolenta e volontade de travaglio e de istruzione scholastica mai seppi cosa furono. Quand'ecco rivelommisi dianzi all'oculi un mondo strano et intrigante. Piacquemi studiar nursingamento e la vogla ancor non m'abbandona, ma, per non oltre divagar, lo che majormente intrigommi fu il conoscer quel che ero attraverso il rapportarmi con chi, in quel momento, era in seria difficoltà.
Quando poi alfin trovai nella psichiatria la mia collocazione definitiva allor tutto andò ancor meglio. Credo che sia codesto il nodo: conoscere noi istessi attraverso l'altro da sè.
Mi scuso delle banalità sovraiscritte, le ho appena rilette che già mi smarronai.

Cortesemente
Conte Mascetti

p.s. - Serena non t'adirare, ma la quantità e la qualità di beltà fimminea che avemo noaltri al lavoro, seconda a nessuno è, e questo fu altro magno incentivo
Neo
00martedì 19 luglio 2005 17:35
"me sto a schianta' sur tube

adele l'infermiere mangia pane con le pere.
o no?
tutto è relativo è questo il vero dramma dellìuomo di oggi".

Chiariamo 2 punti:
Quello che ha scritto questo non sono io sia chiaro e gradirei che non venga utilizzato impropriamente il mio NICK. Chiaro?[SM=g27808] Quindi caro amico utilizza un NICK tuo.
2 L'arte e la filosofia del Nursing . Io sono stato, sono e sarò orgogliso di essere INFEMIERE perchè aiuto autonomamente o in collaborazione con altri a risolvere i bisogni psico-fisici che il paziente manifesta con o senza empatia. Il codice deontologico deve essere la nostra fonte ispiratrice.



geppo
00martedì 19 luglio 2005 17:58
il codice deontologico non è abbastanza. come dice neo può essere la fonte ispiratrice, ma bisogna sapere farsi ispirare.
io non sono orgoglioso di essere infermiere a priori(non pratico più), sono stato orgoglioso quando, tornando a casa dal lavoro, mi sentivo stanco ma contento, sentivo di avere appreso: in quel momento sapevo anche di avere dato.
non credo si possa prescindere dall'empatia, che non è virtù dell'infermiere ma dell'essere umano "sano", di chi sa riconoscersi in un proprio simile, come spesso sanno fare anche gli animali. essere empatici vuol dire sapersi emozionare, sapersi "illuminare", sapersi fare ispirare. occorre però essere sereni: l'empatia non è una tecnica: si attiva se c'è la corrente giusta. e qui torniano alla lotta per i diritti della categoria, perchè un'infermiere sereno e soddisfatto fa cento volte meglio il suo lavoro.
.cion.
00martedì 19 luglio 2005 19:02
Re:

Scritto da: .conte mascetti. 19/07/2005 13.15
A niun o a pochi calerà ciò che dirovvi, ma tant'è.
Comenziai la schola da infarmero nel a.d. 1981, imperocché proprio non sapea che altro fare, ebbi adolescenza turbolenta e volontade de travaglio e de istruzione scholastica mai seppi cosa furono. Quand'ecco rivelommisi dianzi all'oculi un mondo strano et intrigante. Piacquemi studiar nursingamento e la vogla ancor non m'abbandona, ma, per non oltre divagar, lo che majormente intrigommi fu il conoscer quel che ero attraverso il rapportarmi con chi, in quel momento, era in seria difficoltà.
Quando poi alfin trovai nella psichiatria la mia collocazione definitiva allor tutto andò ancor meglio. Credo che sia codesto il nodo: conoscere noi istessi attraverso l'altro da sè.
Mi scuso delle banalità sovraiscritte, le ho appena rilette che già mi smarronai.

Cortesemente
Conte Mascetti

p.s. - Serena non t'adirare, ma la quantità e la qualità di beltà fimminea che avemo noaltri al lavoro, seconda a nessuno è, e questo fu altro magno incentivo






hahah sei fortissimo,
grande grande grande come te sei grande solamente tu [SM=g27790] [SM=g27790]

oltre ad essere divertente sei anche profondo, profondo e malinconico, come già ti dissi, un vero nobile ;-)
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