EPITAFFI di primi cristiani

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(Teofilo)
00giovedì 17 settembre 2009 21:57
 
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Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 18/11/2002 20.29

L'EPITAFFIO DI ABERCIO

È la regina delle iscrizioni cristiane, il più "antico monumento lapidario che ricordi 1’Eucaristia, da questi 22 versi (un distico e 20 esametri), in lingua greca, in forma semplice e velata di mistico simbolismo, si sprigiona l'atmosfera calda di entusiasmo e di fede delle generazioni per le quali l'Eucaristia era sovente viatico al martino. Vi si sente anche il santo orgoglio d'appartenere ad una stirpe, che, benché perseguitata invade il mondo e lo regge spiritualmente (cir. Lettera a Diogneto, che è contemporanea).

Abercio, probabilmente vescovo di Ieropoli nella Frigia Salutare, è stato a Roma: ha visto la maestà della Chiesa Romana, regina del mondo cristiano; ha visto un popolo di fedeli, segnato dal sigillo del battesimo, ha visitato tutta la Siria, si è spinto sino a Nisibi in Mesopotamia, prima di risalire alla sua leropoli, e dovunque ha trovato fratelli cristiani, dovunque gli è stato offerto come cibo il pesce (Cristo), pescato (concepito) da una casta Vergine, e un vino squisito col pane (l'Eucaristia sotto le due specie).

Nel 1883 furono scoperti, presso Ieropoli nella Frigia Salutare, due frammenti marmorei di questo epitaffio, conservati ora ai Museo Laterano. Si potè ricostruire e completare l'iscrizione con l'aiuto d'una leggendaria Vita di Aberczo, scritta in greco nel secolo IV (che riporta in forma molto imperfetta l'epitaffio), e dell'epitaffio di Alessandro, scoperto un anno prima nella stessa regione, datato al 216, e composto di sei versi, che corrispondono esattamente ai primi tré e agli ultimi tré dell'iscrizione di Abercio. l'-epitaffio di Abercio è del 180 d.C. circa

1. Cittadino d’eletta città questo monumento mi eressi

2. da vivo, per avere a suo tempo un posto qui al mio corpo.

3. Abercio è il mio nome; sono discepolo d’un casto pastore,

4. che pasce greggi di pecore sui monti e nei piani,

5. che ha occhi grandi, il cui sguardo giunge dovunque.

6. Lui m’insegnò le parole veraci della vita;

7. Lui mi mandò a Roma a contemplare la reggia,

8. a vedere la regina dal manto e dai sandali d'oro.

9. Qui ho visto un popolo che porta un luminoso sigillo.

10. Poi ho visto anche la terra di Siria e tutte le città; e Nisibi

11 al di là deirEufrate. E dovunque trovai dei compagni.

12 Avevo con me Paolo. La fede ovunque mi guidava,

13 e ovunque essa mi forniva in cibo un pesce di sorgente,

14 grandissimo, puro, che casta vergine ha pescato,

15 e lo distribuiva agli amici da cibarsene in perpetuo;

16 Essa possiede un vino delizioso e lo dà misto con il pane.

17 Queste cose di presenza dettai da scrivere, io Abercio,

18 quando avevo precisamente settantadue anni d’età.

19 Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio ogni compagno

20 Nessuno ponga altra tomba sulla mia;

21 se no, pagherà duemila pezze d'oro all'erario dei Romani,

22 e mille pezze d'oro all'ottima mia patria Ieropoli.

Questa iscrizione è importantissima in relazione:

  1. al primato di Roma: il viaggio di Abercio può essere avvicinato a quello di Policarpo nel 154-155;
  2. al simbolismo di 'Yctus, pesce;
  3. alla Comunione (sotto le due specie) nutrimento:
  4. alla verginità di Maria SS. (a meno che non s'interpreti "casta vergine " per Chiesa
  5. all’efficacia delle preghiere per i defunti (v. 19).


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 18/11/2002 20.36

EPITAFFIO DI PETTORIO

L’iscrizione sepolcrale in lingua greca tu trovata nel 1839, in sette frammenti marmorei, in un antico cimitero cristiano presso Autun (l'antica Augustodunun, fondata da Augusto, in luogo di Bibracte, capitale degli Edui ai tempi di Cesare).

È composta di tré distici e cinque esametri. I primi cinque versi sono acrostici e formano la parola 'Ictus;, pesce, che ritoma quattro volte nell'iscrizione.

Essa appare composta di tré parti:

o) 'Un'esortazione liturgica ai fedeli, affinchè vivano santamente, alimentandosi con la parola di Dio e l'Eucaristia (i tré distici, w. I-6): b) In relazione a questa esortazione, Pettorio esprime il auo desiderio dell'Eucaristia e invoca il Salvatore, luce dei defunti, per la sua mamma vv. 7-8); e) Negli ultimi tré versi Pettorio prega tutti i mèmbri defunti della sua famiglia di ricordarsi di lui.

1. Schiatta divina del celeste pesce, un cuore puro

2. Conserva, tu che ricevesti, tra mortali, l'immortale

3. Sorgente di divine acque. L’anima tua, o amico, riscalda

4. Nelle acque eternali della sapienza donatrice di ricchezza.

5. Ricevi l’alimento dolce come miele del Salvatore dei santi;

6. Mangia per la tua fame, tenendo in mano il pesce.

7. Saziami dunque del pesce, tè ne prego, o Signore e Salvatore.

8. Dorma in pace la mia mamma, tè ne prego, o luce dei defunti.

9. Ascandio, padre mio, tanto caro al mio cuore,

10. Con la mia dolce madre e con i miei fratelli,

11. Nella pace del pesce, ricordatevi del vostro Pettorio.

La prima parte dell'iscrizione ha un carattere molto antico, che la avvicina a quella di Abercio (fine del secolo II). Il card. Giovanni Battista Pitra, che per primo ne esaminò i frammenti, e Giovanni Battista De Rossi la datarono al secolo II. È probabile che i primi sei versi siano citazione d'un testo antico; i versi 7-8 il collegamento di Pettorio quando fece scolpire la lapide per la morte della madre, al cui ricordo associò quello dei parenti già defunti, il padre e i fratelli.

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