Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

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+PetaloNero+
00lunedì 18 ottobre 2010 15:38
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA "RELAZIONE DOPO LA DISCUSSIONE" (RELATIO POST DISCEPTATIONEM) DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI


Questa mattina, alle ore 12.45, nell’Aula "Giovanni Paolo II" della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della "Relazione dopo la discussione" (Relatio post disceptationem) dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.

Intervengono: l’Em.mo Card. John Patrick Foley, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Presidente della Commissione per l’Informazione; S.E. Mons. Antoine Audo, S.I., Vescovo di Alep dei Caldei (Siria), Vice Presidente della Commissione per l’Informazione, e il Rev.do P. Pierbattista Pizzaballa, O.F.M., Custode di Terra Santa (Gerusalemme).




+PetaloNero+
00martedì 19 ottobre 2010 00:34
Interventi degli uditori nell'undicesima Congregazione generale
Lunedì 18 ottobre (mattina)




CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 18 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo i testi degli interventi pronunciati dagli uditori questo lunedì mattina durante l'undicesima Congregazione generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.


www.zenit.org/article-24158?l=italian















Relatio post disceptationem del Sinodo per il Medio Oriente
Nell'undicesima Congregazione generale




CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 18 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Nell'undicesima Congregazione generale del Sinodo per il Medio Oriente, questo lunedì mattina, è stata data lettura della Relatio post disceptationem (Relazione dopo la discussione). Il Relatore Generale, S.B. Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Repubblica Araba di Egitto), è intervenuto per la lettura del testo, continuata dopo l'intervallo dal Segretario Speciale, monsignor Joseph Soueif, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti. Riportiamo di seguito il testo della Relatio post disceptationem.



www.zenit.org/article-24157?l=italian


+PetaloNero+
00mercoledì 20 ottobre 2010 15:29
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, REV.DO P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

In risposta a domande di giornalisti, il Direttore della Sala Stampa ha rilasciato la seguente dichiarazione:

La notizia della conferma, da parte del Tribunale del Riesame, del sequestro in via preventiva di un deposito dello IOR su un conto del Credito Artigiano è stata appresa con stupore. Si ritiene che si tratti di un problema interpretativo e formale. I Responsabili dello IOR ritengono di poter chiarire tutta la questione al più presto nelle sedi competenti.

+PetaloNero+
00venerdì 22 ottobre 2010 00:49
Lettera del Delegato pontificio per i Legionari di Cristo
"Riflessioni sul cammino da percorrere"



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 21 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la lettera dal titolo "Riflessioni sul cammino da percorrere", inviata il 19 ottobre ai Legionari di Cristo e ai membri consacrati del Regnum Christi dall'Arcivescovo e futuro Cardinale Velasio De Paolis, Delegato pontificio per questa congregazione religiosa.


* * *

Roma, 19 ottobre 2010

Ai Legionari di Cristo
e ai membri consacrati del Regnum Christi

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

dalla prima lettera che vi ho inviato in data 10 luglio, inizio del compito che il Santo Padre mi ha voluto affidare verso i Legionari di Cristo e il movimento Regnum Christi, collegato con loro, sono trascorsi tre mesi. Si è trattato di un tempo di vacanze estive, durante il quale l’impegno del lavoro è piuttosto affievolito. Tuttavia è stato un tempo prezioso per il cammino intrapreso. Molti hanno fatto sentire la loro voce, inviando i loro scritti o incontrandomi personalmente. Sono stati molti. Purtroppo non ho potuto ascoltare tutti quelli che lo desideravano. Ma spero che il cammino, che si prevede ancora lungo, lo permetterà in seguito. Né ho potuto rispondere ai tanti che hanno fatto sentire la loro voce per scritto. Non pochi hanno voluto inviarmi i loro auguri e saluti. Evidentemente non posso rispondere a ciascuno personalmente.

Colgo volentieri l’occasione per ringraziare tutti coloro che si sono fatti presenti: coloro che hanno voluto semplicemente farsi presente con un saluto ed un augurio; coloro che hanno voluto raccontare anche la storia della loro vocazione ed esprimere la loro volontà di rimanere fedeli alla propria vocazione religiosa e sacerdotale nella Legione, come fedeltà a Dio e alla Chiesa; coloro che hanno offerto anche i loro suggerimenti per il cammino di rinnovamento che siamo chiamati a percorrere, sia per avvertire dei pericoli che si corre quando si venga presi dalla voglia di cambiamento, sia per incoraggiare a cambiare e a rinnovare la Congregazione. Sono certo che tutti si muovono con il desiderio di operare per il bene; e certamente tutti sottolineano aspetti da tenere presenti nel cammino.

Vorrei invitare alla riflessione. Ciascuno di noi, sia pure con la maggiore buona volontà, in genere è parziale nella propria visione e valutazione dei fatti e delle esigenze di rinnovamento; pertanto invece che creare contrapposizioni per fare trionfare la propria visione, è necessario che ciascuno guardi anche agli altri e sia aperto e disponibile alla valutazione degli altri. Dalla valutazione e dai contributi di tutti, siamo chiamati ad un discernimento che ci porti alla strada del cambiamento nella continuità della stessa vita della Congregazione. Di fatto non si può negare che non poche cose vanno, dopo seria ponderazione, cambiate o migliorate; altre, e sono le fondamentali, circa la vita religiosa e sacerdotale, vanno conservate e promosse.

L’importante è soprattutto che ciascuno sia mosso dal desiderio di bene e dalla volontà di convertirsi sempre di più al Signore, sotto la guida della Chiesa, per essere disponibili alla sua volontà e progredire nel cammino della fedeltà e della santità, secondo la vocazione propria. Se si procederà uniti e rispettosi gli uni degli altri, il cammino sarà spedito e sicuro; se ci lasceremo prendere dalla volontà di prevalere, e di imporre le proprie idee contro gli altri, il naufragio è certo.

La responsabilità pertanto è grande e ciascuno la deve sentire di fronte alla propria coscienza, di fronte a Dio, di fronte alla Chiesa e alla Congregazione. Con questo spirito e con questo incoraggiamento, vi invio questa lettera con la quale comunico qualche notizia e qualche riflessione sul cammino percorso e sulla prospettiva del futuro.

I. Completamento del quadro per l’accompagnamento

1. Nella presentazione della lettera pontificia di nomina ho precisato che ulteriori determinazioni sarebbero state date in seguito con la pubblicazione del decreto del Segretario di Stato, che porta la data del 9 luglio 2010. Si tratta di un decreto che vi è stato già comunicato ed è da voi conosciuto. In questo Decreto viene precisato un punto fondamentale che va tenuto presente: con la nomina del Delegato Pontificio la Legione non viene commissariata, ma viene accompagnata nel suo cammino attraverso il Delegato Pontificio. Il Decreto Pontificio infatti, riconosce e conferma i superiori attuali. Questo significa da una parte che i superiori rimangono in carica a norma delle costituzioni; e dall’altra che essi devono procedere in armonia con lo stesso Delegato Pontificio. Ciò significa anche che la prima istanza per una trattazione dei problemi della stessa Legione sono i superiori, ai quali i religiosi sono pertanto invitati prima di tutto a rivolgersi.

2. Nello stesso tempo ho precisato che la mia funzione avrebbe potuto attivarsi pienamente solo quando mi fossero stati dati i consiglieri, che mi sarebbero stati di aiuto nel mio compito di Delegato Pontificio. In questi giorni è stata comunicata la notizia di questi consiglieri. Essi sono:

* S.E. Mons. Brian Farrell, L.C., segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
* P. Gianfranco Ghirlanda, S.I., ex rettore della Pontificia Università Gregoriana.
* Mons. Mario Marchesi, vicario generale della diocesi di Cremona.
* P. Agostino Montan, C.S.I., direttore dell’Ufficio per la vita consacrata della diocesi di Roma e vice-decano della facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense.

3. C’è anche una precisazione per quanto riguarda il movimento Regnum Christi, particolarmente per le persone consacrate. S. E. Mons. Ricardo Blázquez, arcivescovo di Valladolid, è stato costituito visitatore dei consacrati nel movimento Regnum Christi. Tale visita sarà attuata sotto la responsabilità del Delegato Pontificio e in coordinamento con la sua res-ponsabilità su tutta la Legione di Cristo e il movimentoRegnum Christi. Il movimento Regnum Christi è un bene prezioso indivisibilmente associato alla Legione. Questa deve sentirne la responsabilità e deve continuare ad offrire la sua cura; ma anche questo rapporto deve essere oggetto di una serena riflessione, e fa parte del cammino di rinnovamento che riguarda la Legione stessa e le sue costituzioni, anche in riferimento ai membri del Regnum Christi.

4. Inizio di una nuova fase.

Preciso ancora che il mio incarico di Delegato Pontificio non è neppure quello di visitatore apostolico, che ha il compito fondamentale di incontrare persone, raccogliere informazioni per avere un quadro della situazione reale e offrire all’Autorità competente suggerimenti e proposte quali rimedi per curare le situazioni non conformi all’ideale evangelico della vita religiosa.
Il compito di visitatore è stato assolto dai cinque vescovi incaricati dal Santo Padre a visitare tutta la Congregazione.

Tale compito si è protratto per quasi un anno. Il risultato è stato presentato al Santo Padre, che ha indicato, con la nomina del Suo Delegato, il cammino ulteriore, che non consiste più in quello di visitatore o commissario, ma in quello di accompagnare il cammino di rinnovamento, particolarmente in vista di un Capitolo Straordinario che dovrà elaborare un testo costituzionale da sottoporre alla Sede Apostolica. Si tratta di un cammino che dovrà partire dalle indicazioni emerse dalla visita apostolica e fatte proprie dalla Santa Sede, perché sulla base di esse ci si avvii verso il necessario rinnovamento.

E’ un compito che spetta a tutti e tutti pertanto devono essere coinvolti e responsabilizzati. Ma è evidente che tale compito compete soprattutto ai Superiori che sono chiamati ad organizzare, stimolare, suscitare e impegnare tutti, attivamente e ordinatamente, in questo rinnovamento. A questo stadio del cammino della Congregazione è di estrema importanza che i Superiori svolgano bene il loro compito.

Questo è anche l’aiuto principale che il Delegato Pontificio è chiamato a offrire. Il Santo Padre, avviando questa nuova fase del cammino, ha rinnovato la sua fiducia nella Congregazione; tale fiducia potrà avere esito positivo solo se ad essa seguirà la fiducia dei Legionari, che sono caldamente invitati ad abbandonare sospetti e diffidenze e ad operare fattivamente e positivamente per il bene della Legione, senza attardarsi ancora sul passato e senza alimentare divisioni. Dopo la fase della visita apostolica, è seguita quella nuova della ricostruzione e del rinnovamento. E’ quella nella quale siamo invitati ad inserirci.

II. Notizie e valutazioni

1. Nei tre mesi che sono intercorsi tra la pubblicazione della mia nomina e quella dei miei consiglieri, ho avuto diversi incontri, benché fossimo in periodo estivo e quindi di vacanze, con i superiori dell’istituto, sia per trattare alcuni problemi urgenti che si ponevano di volta in volta, sia anche per dare risposte ad attese che erano nell’aria e per offrire precisazioni su questioni che la prassi veniva di volta in volta ponendo.

2. Ho avuto così diversi incontri con la direzione generale, e ultimamente con la direzione generale e i superiori provinciali che si trovavano a Roma. Non si è trattato tanto di decisioni, rinviate a quando fossero nominati i quattro consiglieri del Delegato Pontificio; si è riflettuto piuttosto su aspetti di ordine generale e si è cominciato ad individuare alcune questioni da affrontare, sulle procedure da adottare, su problemi da chiarire, ecc. Sono stati presentati anche sia pure in modo molto sintetico alcuni rilievi emersi dalla riflessione dei visitatori della stessa Congregazione. Si è parlato del rapporto tra la situazione personale del Fondatore e la realtà carismatica e spirituale della stessa Legione; si è tentata anche una prima riflessione sul problema dell’esercizio dell’autorità all’interno della Legione; sul tema della libertà di coscienza, dei confessori e dei direttori spirituali; si è compiuto qualche riflessione sul cammino da percorrere per la revisione delle costituzioni, con particolare riferimento alla struttura di esse, nel rapporto tra norme costituzionali e altre; si è cercato anche di chiarire bene il rapporto tra i superiori: della Legione e il Delegato Pontificio; e altri argomenti del governo della Congregazione.

3. Si sono individuati alcuni problemi per i quali si prevede che sarà necessaria la costituzione di una commissione: anzitutto e principalmente la commissione per la revisione delle costituzioni; ma si prospetta anche la necessità di una commissione di avvicinamento di coloro che in qualche modo avanzano pretese nei confronti della Legione, e di una commissione per i problemi di ordine economico.

4. Non è mancato neppure un accenno ai tempi che si prevedono, per portare a termine il cammino. Da parte dei Legionari si rileva un desiderio di affrettare i tempi. Ma si è insistito sulla necessità di prendere il tempo necessario, che si prevede di almeno due o tre anni o anche più.

5. Leggendo le numerose lettere giunte, in linea generale si tratta di reazioni positive. Si ringrazia il Santo Padre per il suo intervento e per la nomina del Delegato Pontificio; si esprime la propria disponibilità a collaborare con lo stesso Delegato e si assicura la preghiera; si ringrazia il Signore per la vocazione ricevuta e si esprime fiducia nella Congregazione dei Legionari, nella quale si vuole perseverare. I seminaristi in genere si sono limitati ad esprimere la volontà di perseverare nella vocazione. Alcuni sacerdoti hanno espresso anche dei suggerimenti, delle perplessità, dei dubbi e difficoltà, soprattutto per quanto riguarda la regolamentazione e la prassi sul foro interno, sull’esercizio dell’autorità e sulla nomina dei superiori o i cambiamenti; sulla formazione; qualcuno ha chiesto un tempo di riflessione come extra domum, o la volontà di lasciare la stessa Congregazione.

III. Alcuni punti specifici di maggiore rilievo

1. Vicenda del Fondatore e la reazione dei Legionari.

La grande maggioranza dei Legionari, di fronte alla vicenda del Fondatore, ha reagito positivamente riaffermando la gratitudine a Dio per la loro vocazione e scoprendo il tanto bene che la Legione aveva pure compiuto e sta tuttora compiendo. La Legione del resto è stata approvata dalla Chiesa e non può non essere ritenuta opera di Dio, al servizio del Suo Regno e della Chiesa. Le responsabilità del Fondatore non possono essere trasferite semplicemente sulla stessa Legione de Cristo.

2. Superiori attuali e loro responsabilità

Una difficoltà è ritornata più volte e da più parti secondo la quale gli attuali superiori non potevano non conoscere le colpe del Fondatore. Tacendole essi avrebbero mentito. Ma si sa che il problema non è tanto semplice. Le diverse denuncie pubblicate sui giornali fin dagli anni 1990 erano ben note, anche ai superiori della Congregazione. Ma altra cosa è avere le prove della fondatezza e più ancora la certezza di esse. Questa è avvenuta solo molto più tardi e gradualmente. In casi simili la comunicazione non è facile. Si impone l’esigenza di ritrovare la fiducia, per la necessaria collaborazione.

3. Il carisma della Legione

Un’altra questione molto delicata è quella del carisma della stessa Legione. La mancata distinzione tra norme costituzionali e norme di diritto ha forse nociuto all’individuazione del carisma stesso. Ma sembra innegabile che esso risulta sufficientemente chiaro e preciso, ed è quanto mai attuale. Si impone una riflessione ed approfondimento.

Vogliamo accennare ad un solo aspetto. La cultura attuale è secolarizzata, inficiata di immanentismo e relativismo. Tale mentalità caratterizza la cultura del tempo e le persone che oggi fanno opinione o si ritengono detentrici della cultura. È questione di cultura e questione quindi di leadership: ossia di persone nelle cui mani risiede la guida della società. Siamo di fronte ad una società che non esprime più personaggi di spessore culturale cristiano e segnatamente cattolico. Nello stesso tempo sappiamo che la fede non può essere ricondotta solo a livello privato.

La società di oggi per essere cristianizzata ha bisogno di persone che possano assumere la responsabilità della società di domani, che si formano nelle scuole e nelle università, di sacerdoti, persone consacrate e laici impegnati, ben formati, di apostoli della nuova evangelizzazione.

Il passato deve guidarci ad inserirci nel presente. La Chiesa ha plasmato il passato, ha contribuito ad una visione cristiana della vita, attraverso i monasteri, le università, gli studi e la cultura. La Chiesa riafferma questo quando parla di nuova evangelizzazione e progetta il nuovo dicastero per la nuova evangelizzazione. Penso che la Congregazione dei Legionari di Cristo trovi proprio in questo campo il suo spazio di servizio alla Chiesa. E questo fa bene sperare per il futuro.

IV. Riflessione conclusiva

A me pare che si può e si deve sperare in un positivo cammino di rinnovamento. Vi sono all’orizzonte tanti segni che fanno bene sperare per un approdo positivo al termine del cammino. Lo schock provocato dalle vicende del Fondatore è stato di un impatto terribile, in grado di distruggere la stessa Congregazione, come del resto tanti vaticinavano. Essa invece non solo sopravvive, ma è ancora quasi intatta nella sua vitalità. La grande maggioranza dei Legionari ha saputo leggere la storia della propria vocazione, non tanto in relazione al Fondatore, ma in relazione al mistero di Cristo e della Chiesa, e rinnovare la propria fedeltà a Cristo e alla Chiesa, nella Legione.

La capacità di leggere in una dimensione soprannaturale la loro vicenda ha permesso loro di non perdersi e smarrirsi. La stella polare della fedeltà alla Chiesa e dell’obbedienza al Papa li ha preservati da facili scoramenti e abbandoni. Non pochi hanno raccontato la loro reazione agli avvenimenti. La gran parte afferma che non ha avuto nessuna esitazione a riconfermare la propria fedeltà e il proprio impegno davanti a Dio e alla Chiesa. Più di qualcuno ha comunicato che ha avuto una prima reazione di stizza e quasi di rabbia, con la sensazione di essere stato tradito; ma poi si è ripreso. Qualcuno ha meditato anche di lasciare la Legione, per entrare in una diocesi. Ma si è trattato, tutto sommato, di pochi, che hanno scelto tale strada.

Qualche abbassamento si è avuto nella promozione vocazionale. In questi casi la difficoltà è venuta particolarmente dai parenti, che non hanno saputo discernere sufficientemente nel grande clamore sollevato dai mezzi di comunicazione la verità dalla falsificazione. In questo vortice di opinione pubblica purtroppo si è lasciato prendere anche qualche legionario che ha desistito dall’impegno di promozione vocazionale.

Nel cammino che rimane da percorrere, si annida forse un pericolo che va menzionato ed è tipico nelle situazioni di questo genere. Nella vicenda dei Legionari di Cristo si sta vivendo una specie di paradosso. Per gli Istituti religiosi in genere si lamenta che in nome del rinnovamento postconciliare richiesto dal Concilio, è venuta a mancare la disciplina e il senso dell’autorità, con una certa rilassatezza anche nella pratica dei consigli evangelici e con una crisi vocazionale impressionante, nonostante la ricchezza della teologia sulla vita religiosa che si è sviluppata in questo periodo; per i Legionari invece si tratta di aprirsi di più a questo rinnovamento postconciliare della disciplina e dell’esercizio dell’autorità. Il pericolo di andare oltre il segno e di innescare un meccanismo di disimpegno disciplinare e spirituale è reale; e serpeggia particolarmente tra qualche sacerdote o religioso. Questo pericolo è temuto dallo stesso Superiore Generale, il quale, esprimendo al Papa il suo impegno di obbedienza e di fedeltà, chiedeva però che l’istituto in questo cammino di rinnovamento sia preservato da questo pericolo, ossia dal pericolo che l’impegno per il rinnovamento si trasformi in indisciplinatezza e rilassatezza.

Rinnovo il mio invito a tutti voi di intensificare in questo periodo la vostra preghiera. L’angelo del Signore disse al profeta Elia: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino» (1 Re19,7). Così anche noi ci accostiamo con fiducia alla fonte inesauribile dell’Eucaristia, dove Cristo stesso è il nostro Sostegno e Compagno di viaggio. Che Dio vi benedica tutti.



+PetaloNero+
00venerdì 22 ottobre 2010 00:50
Interventi dei delegati fraterni nella 12ma Congregazione generale
Giovedì 21 ottobre (mattina)



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 21 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito gli interventi pronunciati questo giovedì mattina dai delegati fraterni nella 12ma Congregazione generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.

* * *

- Archimandrita Chrysostomos KYKKOTIS (CIPRO)

Testo pronunciato dal Rev.Dr. Demosthenis Demosthenous (Cipro)

Ringraziamo vivamente Sua Santità il Papa di Roma, Benedetto XVI, nostro amatissimo fratello in Cristo, il quale ci ha generosamente invitato a partecipare al Sinodo delle Chiese Cattoliche del Medio Oriente.
Siamo pienamente convinti che questo Sinodo si svolga in un momento decisamente critico per il mondo intero, ma soprattutto per la sensibile regione del Medio Oriente. Certamente, il Verbo Incarnato, il Salvatore del mondo, Gesù Cristo, ha recato a tutti gli uomini un messaggio di pace, di libertà e giustizia, insegnandoci con il suo esempio e con la sua predicazione a vivere in pace col nostro prossimo e con tutti i popoli. Quando, però, la pace si trova in pericolo, come purtroppo accade a Cipro ormai da trentasei anni, a causa della ininterrotta invasione e occupazione turca della parte settentrionale della nostra isola, è dovere di tutti noi di difenderla da coloro che intendono turbarla.
Sono particolarmente lieto perché questo messaggio di pace guida e unisce le nostre Chiese. Facendo appello alla Vostra bontà, non possiamo tralasciare di notare che Cipro è l'unica nazione dell'Unione Europea, dove gran parte del proprio territorio si trova sotto occupazione, dove quasi la metà della sua popolazione, scacciata con violenza dalle case paterne, sono profughi, mentre cinquecentoventi (520) chiese e altri venerabili luoghi sacri e mete di fervente devozione vengono distrutti, saccheggiati e trasformati in centri di divertimento o addirittura in stalle per gli animali.
Per tutti questi motivi, i Cristiani di Cipro chiedono e aspettano di avere il Vostro aiuto ed il vostro sostegno per la giusta lotta per il ritiro dalla nostra isola dell' esercito invasore turco e dei coloni che si sono insediati in essa, e per la libertà, la pace, la giustizia e in generale di tutti i diritti umani a favore dei legittimi autoctoni abitanti dell' isola
Auguriamo ogni successo ai lavori del Sinodo, per il bene dei popoli e degli uomini del Medio Oriente. Auguriamo, inoltre, che il Signore Gesù Cristo conceda a Sua Santità il Papa Benedetto XVI salute e serenità per molti anni, per il bene del gregge che gli è stato affidato. La grazia e la benedizione del Signore siano con tutti voi. Ancora grazie.
Con fervidi auguri e con grande affetto,
L’Arcivescovo di Cipro Chrysostomos II

[Testo originale: italiano]

- S. E. Barnaba EL SORYANY, Vescovo della Diocesi Copto-Ortodossa di San Giorgio Roma (ITALIA)

Sua Santità il Papa Shenouda III, Papa di Alessandria e Patriarca dell’Episcopato di San Marco, mi ha conferito l’incarico di partecipare al Sinodo come suo rappresentante e di esprimere la sua sentita gratitudine a Sua Santità per aver esteso un invito a partecipare ai lavori sinodali. Mi ha affidato il compito di offrire un tributo di amore fraterno a Sua Santità e a tutti i membri del Sinodo, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, pregando e sperando che Dio conceda al Sinodo di produrre i frutti sperati per il benessere e la considerazione dei cristiani del Medio Oriente.
Permettetemi di dire che questo Sinodo giunge in uno stadio molto avanzato, poiché i conflitti e le persecuzioni che la nostra regione sta patendo si sono moltiplicati, diventando lamenti e sofferenza, causando la migrazione di un gran numero dei giovani cristiani migliori, che si lasciano alle spalle la loro patria. Intendo dire che lasciano indietro anche i loro cuori, con la loro storia, la loro cultura e la loro tradizione autentiche, per vivere e trovare accoglienza in un altro paese, le cui tradizioni e il cui modo di vivere sono loro estranei, non in sintonia con la loro natura, ma, se confrontati con quello che hanno passato, certo più sicuri e tranquilli, in grado di offrire loro e ai loro figli la speranza di un futuro migliore.
Il tema di questo Sinodo sulla comunione e la testimonianza assume nuovo significato e importanza se consideriamo la sofferenza e le sfide che i cristiani del Medio Oriente devono affrontare, a motivo di conflitti politici precari e complessi, soprattutto quello arabo-israeliano, come pure delle guerre che questa regione ha visto e sta ancora sopportando; guerre che hanno causato una recrudescenza dei problemi del Medio Oriente, dove, per reazione, sono sorti movimenti salafisti sia anti-ebraici che anti-cristiani, mentre lo spirito di odio, di ripulsa nei confronti dell’altro e l’isolazionismo vengono avvertiti dall’altra parte come risposta alla pressione psicologica e alla persecuzione. Tutto questo fino al martirio, l’emarginazione e la sensazione di essere cittadini “non indigeni” sottoposti a discriminazione sul lavoro, nelle istituzioni politiche e nei consigli parlamentari e locali.
In questo senso compito della Chiesa, in quanto realtà che deve vivere e convivere, è soprattutto quello di gestire quelle comunità che hanno abbandonato la patria e si sono sparpagliate in tutto il mondo - come pure gestire le comunità che sono rimaste all’interno dei paesi, incoraggiandole a non abbandonare la loro patria e cercando di risolvere i loro problemi il più possibile, grazie all’interessamento di funzionari.
Per la mia esperienza personale, posso confermare che siamo stati costretti a sopportare la realtà dell’emigrazione. Tuttavia la chiesa copta ha preso coscienza dei pericoli dell’emigrazione e dell’immigrazione, di abbandonare un paese quali che siano le ragioni dell’esilio. Di conseguenza, con la sua acuta intelligenza e sensibilità spirituale, Papa Shenouda III ha riconosciuto la necessità delle nostre comunità di migranti copti (circa due milioni di cristiani copti) che risiedono all’estero di vivere nel medesimo ambiente spirituale ecclesiastico orientale in cui sono nati, e in cui sono stati educati secondo le loro tradizioni. Ecco perché Papa Shenouda III ha inviato la chiesa a cercare queste comunità di fedeli per occuparsi di loro perché non si perdessero e per far sì che non perdessero la loro identità copta, nel timore di vederli scomparire all’interno di comunità straniere. Per questa ragione ha costruito chiese e monasteri e ha fondato scuole copte nei paesi di immigrazione quali:
Negli Stati Uniti: circa 160 chiese copte egiziane, due monasteri e cinque vescovi;
In Canada: 20 chiese copte;
In Bolivia: diverse chiese e un vescovo;
In Brasile: diverse chiese e anche un vescovo;
In Australia: 20 chiese copte, un monastero e tre vescovi;
In Europa: chiese in quasi tutti i paesi europei, tre monasteri e tre vescovi;
In Sudan: due parrocchie, due monasteri e due vescovi;
In Sudafrica: chiese in Kenia, Zimbabwe e altri paesi - un monastero e due vescovi. Ha fondato inoltre scuole copte negli Stati Uniti, in Canada e in Australia.
Vorrei affermare che noi ci aspettiamo molto da questo Sinodo, grazie all’impegno di Sua Santità e dei membri del Sinodo. Ci auguriamo che esso rappresenti un raggio di speranza in grado di portare migliori soluzioni ai problemi dei cristiani in Medio Oriente.
Ringrazio i membri del Sinodo che sono riusciti, grazie ai loro interventi, a coprire tutti gli aspetti che hanno vissuto e testimoniato, dimensioni queste che hanno avuto un’influenza diretta o indiretta sul movimento migratorio del Medio Oriente.

[Testo originale: inglese]
+PetaloNero+
00venerdì 22 ottobre 2010 15:19
Interventi pronunciati e "in scriptis" nella 12ma Congregazione generale
La mattina di giovedì 21 ottobre




CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 22 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la continuazione degli interventi pronunciati e quelli "in scriptis" di questo giovedì mattina, in occasione della 12ma Congregazione generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.


www.zenit.org/article-24221?l=italian
+PetaloNero+
00sabato 23 ottobre 2010 15:07
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO E CONCLUSIONE DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DEL SINODO DEI VESCOVI

Questa mattina, alle ore 12.45, nell’Aula "Giovanni Paolo II" della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio e conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.

Intervengono: S.B. Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto), Relatore Generale; S.E. Mons. Joseph Soueif, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti (Cipro), Segretario Speciale; S.E. Mons. Cyrille Salim Bustros, S.M.S.P., Arcivescovo di Newton dei Greco-Melkiti (Stati Uniti d’America), Presidente della Commissione per il Messaggio.

+PetaloNero+
00sabato 23 ottobre 2010 15:08
Messaggio al Popolo di Dio dal Sinodo per il Medio Oriente


CITTA' DEL VATICANO, sabato, 23 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio al Popolo di Dio a conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, approvato venerdì pomeriggio dai Padri sinodali in occasione della quattordicesima Congregazione generale.


www.zenit.org/article-24242?l=italian


+PetaloNero+
00martedì 26 ottobre 2010 00:58
Elenco finale delle Proposizioni del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente
Versione provvisoria e non ufficiale




CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 25 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la versione provvisoria e non ufficiale delle Proposizioni dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, resa nota dalla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.



www.zenit.org/article-24274?l=italian
+PetaloNero+
00martedì 26 ottobre 2010 15:16
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA 97ma GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 97ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (16 gennaio 2011) sul tema: "Una sola famiglia umana".
Intervengono: S.E. Mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti; P. Gabriele Ferdinando Bentoglio, C.S., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DI S.E. MONS. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

Sono lieto e onorato di presentare oggi il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la celebrazione annuale della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che avrà luogo il 16 gennaio 2011. Ne è tema "Una sola famiglia umana".

"Grazie alla comune origine il genere umano forma una unità. Dio infatti ‘creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini’ (At 17,26)", recita il Catechismo della Chiesa Cattolica – CCC – al n. 360. La prima pagina della Bibbia offre una meravigliosa visione, che ci fa contemplare il genere umano nell’unità di una comune origine in Dio: "un solo Dio e padre di tutti" (Ef 4,6) che "ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio prediletto" e "ci chiama anche a riconoscerci tutti come fratelli in Cristo" (Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011).

L’umanità dunque è "una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali" (GMMR 2011), grazie anche alle migrazioni, che generalmente costituiscono una difficile esperienza, pur nelle varie tipologie che il fenomeno assume. Infatti, ci sono le migrazioni "interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate" (GMMR 2011). Si tratta di movimenti che portano comunque a una mescolanza di etnie, culture e religioni che rende il dialogo un necessario strumento verso "una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze" (GMMR 2011). Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace (GMP) del 2001 (n. 12), il Venerabile Giovanni Paolo II affermò che "sono molte le civiltà che si sono sviluppate e arricchite proprio per gli apporti dati dall’immigrazione. In altri casi, le diversità culturali di autoctoni e immigrati non si sono integrate, ma hanno mostrato la capacità di convivere, attraverso una prassi di rispetto reciproco delle persone e di accettazione o tolleranza dei differenti costumi" (cfr. anche Erga Migrantes Caritas Christi – EMCC – , n. 2).

È dunque importante che gli immigrati si integrino nel Paese di accoglienza "rispettandone le leggi e l’identità nazionale" (GMMR 2011). È vero che "non è facile individuare assetti e ordinamenti che garantiscano, in modo equilibrato ed equo, i diritti e i doveri tanto di chi accoglie quanto di chi viene accolto" (GMP 2001, n. 12), ma si possono "individuare alcuni principi etici di fondo a cui fare riferimento. Primo fra tutti, è […] il principio secondo cui gli immigrati vanno sempre trattati con il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana" (ibid., n. 13). Certo è diritto degli Stati "regolare i flussi migratori e […] difendere le proprie frontiere" (GMMR 2011), per salvaguardare la sicurezza della Nazione, ma tale diritto deve sempre tener conto del principio appena menzionato. "Si tratterà allora di coniugare l’accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti (GMP 2001, n. 13)" (GMMR 2011).

Ogni flusso migratorio ha un suo itinerario di inserimento, connesso a molteplici variabili. I rapporti che si sviluppano fra gli immigrati (individui e gruppi) e la società di accoglienza si possono ricondurre a schemi che potremmo sintetizzare negli elementi seguenti:

1. l’assimilazione o assorbimento che si traduce nella conformazione all’ingranaggio sociale, processo che equivale a una "deculturazione" e "spersonalizzazione";

2. la ghettizzazione che implica la chiusura, l’autodifesa e la resistenza di fronte all’esclusione, il rifiuto della società circostante, la marginalità e la discriminazione, che alimentano l’aggressività e l’ostilità reciproche;

3. la fusione sincretica o "melting pot", che si esplicita nella fusione dei diversi modelli culturali, con perdita di identità culturale propria;

4. il "pluralismo culturale" che affianca le culture e sembra porsi come reazione al carattere unidimensionale della cultura locale, che tende a subordinare i modelli culturali a quelli della produzione e della consumazione.

A questi schemi classici, nella linea del Messaggio del Santo Padre che oggi presentiamo, possiamo aggiungere un quinto caso, quello dell’"integrazione sociale", accompagnata dalla "sintesi culturale", che comporta da un lato un processo dinamico – cioè la reciprocità dello scambio – e, dall’altro, un’integrazione sociale che presuppone la partecipazione alla creazione e al cambiamento delle relazioni sociali.

La "sintesi culturale" presuppone l’elaborazione di modelli originali, scaturiti dalle culture presenti, senza per questo lasciarsi ridurre ad alcuna di esse; modelli che si inseriscono nella cultura di base che in questo modo si rafforza.

In tale quadro concettuale solo l’ultimo processo rappresenta il successo del pluriculturalismo ed è l’unico a permettere ai gruppi immigrati di dare vita a una "nuova cultura" il cui beneficiario è la società intera (immigrati e autoctoni). L’assimilazione, in effetti, non può essere concepita come l’ultimo stadio dell’acculturazione, ma – come la ghettizzazione, il melting pot e il pluriculturalismo – essa non è che una forma del suo fallimento.

All’interno di questo quadro rappresentativo, costatiamo che tutti siamo figli di un solo Padre e fratelli tra di noi con vocazione all’unità. In effetti, rispondendo a questa autentica chiamata divina, siamo consapevoli che "noi ‘non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle’ (GMP 2008, 6)", e quindi tutti "fanno parte di un’unica famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono" (GMMR 2011).

Questa visione ci porta anche a considerare l’unità della casa dell’umanità, del suo habitat che è la terra, dei cui beni tutti gli uomini, per diritto naturale, possono usare per il sostentamento e lo sviluppo della vita. Sì, tutti hanno lo stesso diritto ai beni della terra, secondo il principio della "destinazione universale delle risorse", che la Dottrina sociale della Chiesa insegna. Dunque, la solidarietà umana e la carità non devono escludere nessuno dalla ricca varietà delle persone, delle culture e dei popoli (cfr. CCC, n. 361) e, ancora, condividere con gli altri non è un atto di gentilezza o di generosità, ma un dovere verso i membri della medesima famiglia.

In essa, a nessuno deve mancare il necessario e il patrimonio familiare va gestito nella solidarietà, senza eccessi e senza sprechi. Così anche nella famiglia umana – come si espresse Benedetto XVI nel 2008 – , non "vanno dimenticati i poveri [tra cui molti migranti e rifugiati], esclusi in molti casi dalla destinazione universale dei beni del creato" e va cercata "un’economia che risponda veramente alle esigenze di un bene comune a dimensioni planetarie". Le relazioni tra le singole persone e tra i popoli devono permettere "a tutti di collaborare su un piano di parità e di giustizia" e al tempo stesso occorre adoperarsi "per una saggia utilizzazione delle risorse e per un’equa distribuzione della ricchezza". In questo contesto, "gli aiuti dati ai Paesi poveri devono rispondere a criteri di sana logica economica, evitando sprechi" (cfr. GMP 2008, nn. 7 e 10).

Quando perciò la situazione è tale che non è possibile, per una persona e per la sua famiglia, vivere con dignità nella terra natia, si deve dare loro la possibilità di cercare migliori opportunità altrove. Il diritto ad emigrare sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 13, che ogni persona possiede, va infatti inquadrato proprio nella destinazione universale dei beni di questo mondo, come ribadì Giovanni XXIII nell’Enciclica Mater et Magistra (nn. 30 e 33). Giovanni Paolo II lo sottolineò nel suo Messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato del 2001 (n. 3) dicendo che "[il bene comune universale] abbraccia l’intera famiglia dei popoli, al di sopra di ogni egoismo nazionalista. È in questo contesto che va considerato il diritto ad emigrare. La Chiesa lo riconosce ad ogni uomo nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita" (GMMR 2011).

Nell’Enciclica Caritas in veritate (CV), Benedetto XVI ha recentemente affermato che "nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo" (CV, 62). Pertanto, nella nostra "società in via di globalizzazione, il bene comune e l’impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell’intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell’uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio (CV, 7)" (GMMR 2011).

Nel contesto di questa presentazione, vale la pena ricordare che le Nazioni Unite hanno dedicato l’anno 2010, che ormai volge al termine, come "Anno internazionale per l’avvicinamento delle culture", su richiesta della Conferenza Generale dell’UNESCO svoltasi a fine 2007. Tale proposta fu adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che conferì all’UNESCO il mandato di curare l’organizzazione dell’Anno. Obiettivo generale dell’iniziativa è stato quello di iscrivere nell’ottica del dialogo e della vicinanza interculturale le prassi politiche, a livello locale, nazionale, regionale e internazionale, coinvolgendo in tal modo il più ampio numero di partners. Si è inteso, dunque, rafforzare la comunicazione tra i popoli, ai fini di una migliore comprensione reciproca e di una più compiuta conoscenza dei diversi modi di vita. L’Anno 2010 è stata occasione di ribadire la visione di un’umanità pluralistica e l’interazione tra diversità culturale e dialogo interculturale. Pertanto, anche il Messaggio del Santo Padre rafforza nella comunità internazionale la percezione dell’importanza del dialogo e promuove il riconoscimento dei diritti umani per tutti, combattendo contro le nuove forme di razzismo e discriminazione.

"La mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli è causa profonda del sottosviluppo e […] incide fortemente sul fenomeno migratorio" (GMMR 2011), afferma Benedetto XVI. L’autentico sviluppo, infatti, proviene dalla "condivisione dei beni e delle risorse", che "non è assicurata dal solo progresso tecnico e da mere relazioni di convenienza, ma dal potenziale di amore che vince il male con il bene (cfr. Rm 12,21) e apre alla reciprocità delle coscienze e delle libertà" (CV, 9). A questo proposito anche l’Istruzione Erga Migrantes Caritas Christi, pubblicata nel 2004 dal nostro Dicastero, solleva la "questione etica […] della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, che contribuirebbe […] a ridurre e moderare i flussi […] delle popolazioni in difficoltà". In effetti, tale nuovo ordine richiede una nuova visione "della comunità mondiale, considerata come famiglia di popoli, a cui finalmente sono destinati i beni della terra, in una prospettiva del bene comune universale" (EMCC, 8).

La riflessione e l’auspicio del Santo Padre sul tema dell’Eucaristia, "sorgente inesauribile di comunione per l’intera umanità" (GMMR 2011), incoraggia la crescita nella carità vissuta e concreta, soprattutto verso i più poveri e deboli, tra i quali questo Messaggio Pontificio raccomanda i migranti, i rifugiati e gli studenti internazionali.



INTERVENTO DI P. GABRIELE FERDINANDO BENTOGLIO, C.S.

A complemento di quanto ha esposto l’Arcivescovo Presidente, soffermandosi in particolare sui movimenti migratori – inclusi quelli internazionali a motivo di studio –, desidero mettere in luce quanto il Messaggio del Santo Padre si sofferma a considerare affermando che "in vari casi la partenza dal proprio Paese è spinta da diverse forme di persecuzione, così che la fuga diventa necessaria" (Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011), riferendosi a quanti sono costretti a lasciare il proprio Paese per cercare asilo e rifugio altrove.

Con i processi di globalizzazione, anche mediante i frequenti e rapidi movimenti delle persone, il mondo si va sempre più unificando. A fondamento dell’autentica unità, comunque, vi è la consapevolezza della comune appartenenza alla natura umana. In tal modo, intravediamo il solido costituirsi di una sola famiglia, nella quale tutti siamo interdipendenti. In effetti, gli avvenimenti che si registrano in una parte del mondo inevitabilmente hanno ripercussioni anche altrove e, dunque, costatiamo che il mondo è davvero un villaggio, di cui tutti siamo diventati cittadini. E la mobilità umana, nelle sue differenti tipologie, è una di queste manifestazioni a livello globale, come afferma il Santo Padre spiegando che "il fenomeno stesso della globalizzazione, caratteristico della nostra epoca, non è solo un processo socio-economico, ma comporta anche ‘un’umanità che diviene sempre più interconnessa’, superando confini geografici e culturali" (GMMR 2011).

Quest’anno il Messaggio di Benedetto XVI, il quinto del suo Pontificato, sottolinea che l’umanità è una sola famiglia, multietnica e interculturale, e questo produce immancabili conseguenze per l’individuo, la società, gli Stati e le Chiese locali. La prima è che una famiglia autentica non è dominata dai membri più forti, ma si comporta esattamente all’opposto, cosicché i bisogni dei membri più deboli determinano la direzione e le decisioni da prendere. A fondamento vi è, senza dubbio, una cultura d’accoglienza, ospitalità e solidarietà. Come afferma il Santo Padre: "Accogliere i rifugiati e offrir loro ospitalità è per ognuno un gesto retto di solidarietà umana, così da non farli sentire isolati a causa dell’intolleranza e indifferenza" (GMMR 2011).

I rifugiati e i richiedenti asilo compiono atti di coraggio nell’abbandonare la loro patria e si dirigono verso altri Paesi proprio perché i loro fondamentali diritti umani sono stati violati, divenendo oggetto di persecuzione e vedendo in pericolo la loro stessa vita. Sono vittime di guerre e di violenze, costretti a fronteggiare condizioni umane in cui nessuno dovrebbe vivere. Ciò si assomma spesso al fatto di aver dovuto sopportare esperienze traumatiche, oppure alla consapevolezza che per loro il destino è stato favorevole, mentre i loro familiari sono rimasti in zone di pericolo.

Solo per quantificare il fenomeno di cui stiamo parlando, i dati statistici affermano che si contano oggi 15 milioni di rifugiati, dei quali 10.4 milioni sono sotto la responsabilità diretta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), mentre il restante 4.8 sono a carico dell’Agenzia di Lavoro e Sostegno delle Nazioni Unite nel Vicino Medio-Oriente (UNRWA). Il numero delle persone sfollate all’interno dello stesso Paese (IDPs), soprattutto in relazione a casi di violazione dei diritti umani, si aggira attorno ai 27 milioni1.

In tale contesto, la Chiesa avverte come suo compito quello di ristabilire i valori e la dignità umana, specialmente mediante la promozione di una cultura dell’incontro e del rispetto, che risana le ferite subite e promette nuovi orizzonti di integrazione, di sicurezza e di pace. La sfida consiste nel creare zone di tolleranza, speranza, guarigione, protezione, e nell’assicurare che drammi e tragedie – già troppo a lungo sperimentati in tempi passati e anche in quelli recenti – non accadano mai più. Qui il Messaggio Pontificio tocca uno dei temi forti della millenaria esperienza cristiana, quello dell’accoglienza. Essa, tradotta nell’ospitalità, nella compassione e nella ricerca dell’uguaglianza – in fatto di diritti e di doveri – costituisce il primo passo della risposta alla sfida alla quale ho accennato. L’obiettivo è quello di garantire ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ai profughi concrete possibilità di sviluppo del loro potenziale umano, "aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita" (GMMR 2011).

Tutto questo richiede che diventiamo tutti maggiormente consci delle disagiate situazioni dei rifugiati, dei loro sogni e progetti di vita, oltre alle cause prossime e remote dei loro problemi. Il Santo Padre dice che "anche nel caso dei migranti forzati la solidarietà si alimenta alla ‘riserva’ di amore che nasce dal considerarci una sola famiglia umana e, per i fedeli cattolici, membri del Corpo Mistico di Cristo: ci troviamo infatti a dipendere gli uni dagli altri, tutti responsabili dei fratelli e delle sorelle in umanità e, per chi crede, nella fede" (GMMR 2011).

L’accoglienza comincia con l’empatia, cioè con lo sforzo di capire i sentimenti dell’altro e di comprendere come ci si trova in un mondo sconosciuto, con costumi e tradizioni diverse. Significa vedere nel volto del rifugiato una persona umana, che in questo momento particolare ha bisogno di buona assistenza. Essa implica la disponibilità ad offrire aiuto, costruendo contatti di fraternità e tessendo quotidianamente canali di comunicazione, anche per spiegare il significato di nuove usanze e aiutare a penetrare meglio nella conoscenza del nuovo ambiente sociale con il coinvolgimento attivo negli eventi che segnano la vitalità del territorio.

Le raccomandazioni che cogliamo nel Messaggio del Santo Padre mirano a sollecitare i singoli e la comunità internazionale a non ignorare le dimensioni di una sfida che riguarda il mondo intero. In effetti, potremmo avere l’impressione che solo l’Europa stia attualmente affrontando tale problema. Ma non possiamo dimenticare che, ad esempio, il Sud Africa ha accettato 220 mila richiedenti asilo nell’arco dello scorso anno, e tale cifra corrisponde quasi al numero di persone accolte nei 27 Stati membri dell’Unione Europea messi insieme, e più di quattro volte il numero di coloro che hanno cercato asilo presso gli Stati Uniti d’America2. Teniamo conto, poi, che l’80% del numero complessivo dei rifugiati e dei richiedenti asilo cerca di mantenere una certa prossimità con il Paese di origine. Dunque, assumere consapevolezza delle dimensioni del fenomeno certamente aiuta a rimettere le cose nel loro giusto ordine.

Indubbiamente ciò richiede anche che gli Stati si assumano le rispettive legittime responsabilità. In effetti, l’atteggiamento attuale di molti Paesi sembra contraddire gli accordi sottoscritti, manifestando talvolta comportamenti dettati dalla paura dello straniero e, non di rado, anche da mascherata discriminazione. Così, emerge una disparità sempre più accentuata tra gli impegni presi e la loro attuazione. È sotto gli occhi di tutti il ricorso a vari modi per eludere la responsabilità di accogliere e sostenere coloro che cercano rifugio e protezione umanitaria. Esplicitamente Benedetto XVI ammonisce che "nei confronti di queste persone, che fuggono da violenze e persecuzioni, la Comunità internazionale ha assunto impegni precisi. Il rispetto dei loro diritti, come pure delle giuste preoccupazioni per la sicurezza e la coesione sociale, favoriscono una convivenza stabile ed armoniosa" (GMMR 2011).

Invece, l’ingresso in alcuni Paesi per chiedere asilo è sempre più ostacolato e impraticabile. Quelli che si avventurano con mezzi di trasporto via mare (nel Pacifico, nel Mediterraneo o nel Golfo di Aden, ad esempio), ma anche quelli che utilizzano altre vie di fuga, troppo spesso si vedono trattati con pregiudizio: i loro casi non sempre vengono esaminati individualmente, mentre accade con frequenza che vengano rigettati in blocco. Anche a loro si dirige l’appello del Santo Padre quando afferma che "hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l’identità nazionale" (GMMR 2011).

Ad ogni modo, sembra confermato che rifugiati e richiedenti asilo versino oggi in pessime condizioni più che in passato, anche nei Paesi ospitanti del Sud del pianeta. Qui si contano a migliaia i rifugiati che sono forzati a rimanere nei campi di raccolta, a volte senza diritto di impiego e limitati nei loro movimenti all’interno del campo. Qui, tra l’altro, risiede uno dei motivi che li porta ad essere dipendenti dalle razioni di cibo giornaliero, che molto spesso sono insufficienti. Nel campo, poi, nascono e crescono nuove generazioni, che però conoscono soltanto il campo e sono ignare di quanto vi è all’esterno. Non è un’eccezione trovare bambini, figli di rifugiati, che hanno vissuto nel campo fino alla maggiore età.

Sorge allora l’interrogativo: cosa significa vivere per anni in un campo affollato, senza speranza di una vita più decente, oppure vedere che non c’è futuro per i bambini? Accade con frequenza, perciò, che vi sia chi tenti di abbandonare il campo per andare verso i centri urbani e sperare di rifarsi una vita, senza però chiedere la relativa autorizzazione e, dunque, violando la normativa vigente. Dignità e diritti dei rifugiati dovrebbero essere rispettati, specialmente in circostanze in cui esiste una frattura tra la teoria e la pratica. Ogni rifugiato possiede diritti fondamentali, che sono inalienabili e devono essere sempre rispettati.

Occorre offrire speranza per il futuro. La Chiesa, da parte sua, sta cercando di rispondere a questa domanda. I suoi sforzi e le sue attività ne sono appunto una chiara testimonianza. Papa Benedetto XVI offre ispirazione, motivazioni e incoraggiamento quando afferma che "ognuno, nutrito nella fede di Cristo al Banchetto eucaristico, assimila il suo stile di vita, che è lo stile del servizio attento specialmente ai più deboli e sfortunati. Infatti, la carità pratica è un criterio per provare l’autenticità delle nostre celebrazioni liturgiche".3

Vorrei concludere citando l’appello che risuona oggi con straordinaria forza nella voce del Santo Padre con queste espressioni: "Per la Chiesa, questa realtà costituisce un segno eloquente dei nostri tempi, che porta in maggiore evidenza la vocazione dell’umanità a formare una sola famiglia, e, al tempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, la dividono e la lacerano. Non perdiamo la speranza, e preghiamo insieme Dio, Padre di tutti, perché ci aiuti ad essere, ciascuno in prima persona, uomini e donne capaci di relazioni fraterne; e, sul piano sociale, politico ed istituzionale, si accrescano la comprensione e la stima reciproca tra i popoli e le culture" (GMMR 2011).

____________________________

1

Totale dei rifugiati

(sotto la protezione UNHCR)

Richiedenti asilo

IDPs connessi coi diritti umani


Alla fine del 2009





Africa

2.300.062

436.930

11.600.000


Asia

5.620.502

67.928

4.300.000


Europa

1.628.086

282.214



America Latina e Caraibi

367.437

68.785

5.000.000


Nord America

444.895

124.973



Oceania

35.558

2.590



Medio Oriente



3.800.000


Europa e Asia Centrale



2.400.000


Totale

10.396.540

983.420

27.100.000



I primi posti nelle statistiche concernenti persone sfollate nel loro Paese (IDPs alla fine del 2009) spettano a Sudan 4,9 milioni; Colombia 3,3 - 4,9 milioni; Iraq 2,76 milioni; Repubblica Democratica del Congo 1,9 milioni; Somalia 1,5 milioni; Pakistan 1,2 milioni. Cfr. IDMC - NRC, Internal Displacement Global Overview of Trends and Developments in 2009, Geneva, May 2010; UNHCR, 2009 Global Trends, Refugees, Asylum-seekers, Returnees, Internally Diplaced and Stateless Persons, Geneva, June 2010.

2 Cfr. Sixty-first Session of the Executive Committee of the High Commissioner’s Programme, Agenda item 5(a): Statement by Ms. Erika Feller Assistant High Commissioner - Protection: Rule of Law 60 Years On, 6 October 2010, che si può consultare su www.unhcr.org/refworld/docid/4cbOcbc12507.html [visto il 14 ottobre 2010].

3 BENEDETTO XVI, Angelus del 19 giugno 2005, in L’Osservatore Romano (22 giugno 2005), p.1.
+PetaloNero+
00giovedì 28 ottobre 2010 15:19
MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO AGLI INDÙ IN OCCASIONE DELLA FESTA DI DIWALI 2010



La festa di Diwali è celebrata da tutti gli indù ed è conosciuta come Deepavali ossia "fila di lampade ad olio". Simbolicamente fondata su un’antica mitologia, essa rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La celebrazione vera e propria dura tre giorni segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio.

Quest’anno la festa sarà celebrata da molti indù il 5 novembre.

Per l’occasione il Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso ha inviato agli indù il messaggio sul tema: "Cristiani e Indù: per accrescere il rispetto reciproco, la fiducia e la cooperazione".

Questo il testo del Messaggio, a firma del Presidente del Pontificio Consiglio, Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, e del Segretario, S.E. Mons. Pier Luigi Celata:




Cristiani e Indù: per accrescere il rispetto reciproco, la fiducia e la cooperazione

Cari amici indù,

1. Come in passato, ci uniamo a voi in occasione della celebrazione del Deepavali per presentarvi sinceri auguri e felicitazioni a nome del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Possa Dio, la Luce Suprema che illumina le nostre menti, rischiarare i nostri cuori e rafforzare i legami umani nelle nostre case e comunità! Auguriamo a tutti un felice Deepavali!

2. In quest’occasione, vorrei riflettere su come meglio consolidare la nostra amicizia e cooperazione garantendo e accrescendo in maniera reciproca il rispetto e la fiducia.

3. Il rispetto è la considerazione dovuta per la dignità che appartiene per natura ad ogni persona indipendentemente da qualunque riconoscimento esteriore. La dignità implica il diritto inalienabile di ogni individuo ad essere protetto da qualsiasi forma di violenza, negligenza o indifferenza. Il rispetto reciproco, quindi, diviene uno dei fondamenti della coesistenza pacifica ed armoniosa ed anche del progresso nella società.

4. La fiducia, d’altra parte, nutre ogni sincera relazione umana, sia personale che comunitaria. La fiducia reciproca, oltre a creare un ambiente che tende alla crescita ed al bene comune, forma il mutuo convincimento che possiamo fare assegnamento gli uni sugli altri per raggiungere un comune obiettivo.

5. Tale mutuo convincimento crea negli individui e nelle comunità la disponibilità e la prontezza ad avviare una fruttuosa cooperazione non solo nel compiere il bene in generale, ma anche nel dedicarsi alle gravi ed irrisolte sfide del nostro tempo.

6. Nell’applicare quanto detto sopra al nostro impegno ad apprezzare e promuovere il dialogo e le relazioni interreligiose, sappiamo bene che il rispetto e la fiducia non sono dei sovrappiù opzionali ma i veri pilastri sui quali si fonda l’edificio stesso del nostro impegno. Questo impegno, che coinvolge tutti noi, credenti e persone che cercano la Verità con cuore sincero, nelle parole del Papa Benedetto XVI è: "…diventare assieme artefici di pace, in un reciproco impegno di comprensione, di rispetto e di amore"(Discorso ai delegati delle altre Chiese, Comunità Ecclesiali e di altre Tradizioni Religiose, 25 aprile 2005).

Di conseguenza, quanto più grande è il nostro impegno nel dialogo interreligioso, tanto più pieni diventano il nostro rispetto e fiducia, portandoci a sviluppare la cooperazione e l’azione comune. Il Papa Giovanni Paolo II, di felice memoria, durante la sua prima visita in India, disse: " Il dialogo tra i membri di religioni diverse accentua e approfondisce il rispetto reciproco e apre la via a relazioni che sono fondamentali nella soluzione di problemi della sofferenza umana" (Discorso agli esponenti delle religioni non-cristiane, Madras – Chennai, 5 febbraio 1986).

7. Come persone che hanno a cuore il benessere degli individui e delle comunità, possiamo dare maggiore visibilità con ogni mezzo in nostro potere ad una cultura che promuova il rispetto, la fiducia e la cooperazione.

Ancora una volta, molto cordialmente auguro a tutti voi un felice Deepavali

Jean-Louis Cardinal Tauran

President

Arcivescovo Pier Luigi Celata

Segretario

+PetaloNero+
00mercoledì 3 novembre 2010 15:29
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA E DEL XII VOLUME DELL’OPERA OMNIA DI JOSEPH RATZINGER



Alle ore 12.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura (10-13 novembre 2010) sul tema: "Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi".
In concomitanza verrà presentato anche il XII volume, in lingua tedesca, dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger dal titolo "Künder des Wortes und Diener eurer Freude - Theologie und Spiritualität des Weihesakramentes".
Intervengono: S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; S.E. Mons. Gerhard Ludwig Müller, Vescovo di Regensburg, Membro del Pontificio Consiglio della Cultura e Curatore dell’Opera omnia di J. Ratzinger; Mons. Pasquale Iacobone, Responsabile del Dipartimento "Arte e Fede" del Pontificio Consiglio della Cultura; il Dott. Richard Rouse, Responsabile del Dipartimento "Comunicazione e linguaggi" del Pontificio Consiglio della Cultura.
Pubblichiamo di seguito gli interventi di S.E. Mons. Gerhard Ludwig Müller, di Mons. Pasquale Iacobone e del Dott. Richard Rouse:


INTERVENTO DI S.E. MONS. GERHARD LUDWIG MÜLLER



Presentazione del XII volume dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger

"L’Anno Sacerdotale che abbiamo celebrato, 150 anni dopo la morte del santo Curato d’Ars, modello del ministero sacerdotale nel nostro mondo, volge al termine. Dal Curato d’Ars ci siamo lasciati guidare, per comprendere nuovamente la grandezza e la bellezza del ministero sacerdotale. Il sacerdote non è semplicemente il detentore di un ufficio, come quelli di cui ogni società ha bisogno affinché in essa possano essere adempiute certe funzioni. Egli invece fa qualcosa che nessun essere umano può fare da sé: pronuncia in nome di Cristo la parola dell’assoluzione dai nostri peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di ringraziamento di Cristo che sono parole di transustanziazione – parole che rendono presente Lui stesso, il Risorto, il suo Corpo e suo Sangue, e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a Lui. Il sacerdozio è quindi non semplicemente «ufficio», ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola «sacerdozio»."

Queste parole dell'omelia che Papa Benedetto XVI, a conclusione dell’Anno Sacerdotale, ha indirizzato alle migliaia di sacerdoti riunitisi in piazza San Pietro a Roma per la festività del Sacro Cuore [venerdì 11 giugno 2010], ben riassumono la teologia e la spiritualità del sacramento dell’Ordine, che con il titolo "Annunciatori della Parola e Servitori della vostra Gioia" costituiscono il tema del presente volume XII dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger.

Gli studi scientifici, le meditazioni e le prediche concernenti il ministero del vescovo, del presbitero/sacerdote e del diacono ricoprono un arco di quasi mezzo secolo, a partire dai primi testi che precedettero di alcuni anni l'apertura del Concilio Vaticano Secondo. A questo evento fondamentale della storia ecclesiastica più recente si è soliti associare, a seconda dei punti di vista, l’inizio di una trasformazione, consona allo spirito del tempo, oppure di una profonda crisi della Chiesa, e in particolare del sacerdozio. Il Concilio ha inserito la costituzione gerarchica della Chiesa, che si esplica nelle differenti mansioni del vescovo, del sacerdote e del diacono, in un’esauriente ecclesiologia innovata dalle fonti bibliche e patristiche (LG 18!29). Gli enunciati riguardanti il grado episcopale e presbiteriale della gerarchia sacerdotale tripartita furono approfonditi nei decreti Christus Dominus e Presbyterorum ordinis. Per quali ragioni allora, dopo il Concilio, potè verificarsi una crisi d'identità del sacerdozio cattolico storicamente paragonabile solo con le conseguenze della riforma protestante del XVI secolo?

Nella sezione A del volume, intitolata "Teologia del sacramento dell’Ordine", Joseph Ratzinger analizza le cause di tali dubbi e illustra positivamente il fondamento biblico ed il coerente sviluppo storico-dogmatico del sacramento dell’Ordine. Nella sezione B, intitolata "Servitori della vostra Gioia", il lettore troverà una raccolta di meditazioni sulla spiritualità sacerdotale, già pubblicata in precedenza come opera singola con il medesimo titolo. Un titolo che riprende il motto primiziale del novello sacerdote Joseph Ratzinger. La sezione C raccoglie infine diverse prediche tenute in occasione di consacrazioni sacerdotali e di diaconi, prime messe e giubilei. Qui non si tratta tanto di lirica religiosa, quanto della riscoperta delle sorgenti spirituali alle quali ogni sacerdote quotidianamente attinge per essere un buon operaio del Signore e un entusiastico servitore della Buona Novella di Cristo ) un pastore che non pasce se stesso, ma che come Cristo, il sommo Pastore, sacrifica la propria vita per il gregge di Dio. Dove crolla il fondamento dogmatico del sacerdozio cattolico, non si estingue soltanto la fonte da cui si alimenta un’esistenza al seguito di Gesù, ma vien meno anche la motivazione a rinunciare al matrimonio per amore del Regno dei Cieli (Mt 19,12), e con la forza dello Spirito Santo accettare con gioia e convinzione il celibato come un rimando escatologico al futuro mondo di Dio.

Se si trascura la relazione simbolica inerente al sacramento, il celibato sacerdotale scade a mero relitto di un passato ostile al corpo, ed è individuato ed osteggiato come unica causa della carenza di sacerdoti. Non da ultimo, scompare infine anche l'evidenza per la dottrina e la prassi della Chiesa di conferire il sacramento dell’Ordine soltanto agli uomini. Un ministero ecclesiale inteso in senso funzionale dà adito al sospetto di legittimare un potere che andrebbe peraltro motivato e limitato democraticamente.

La crisi del sacerdozio che ha colpito l’Occidente negli ultimi decenni, è anche il risultato di un fondamentale disorientamento del Cristiano di fronte a una filosofia che trasferisce l'intimo significato e l’obiettivo ultimo della storia e di ogni esistenza umana in una dimensione mondana, sbarrandogli in tal modo l’orizzonte trascendente e recidendone la prospettiva escatologica. Riporre ogni aspettativa in Dio e fondare l'intera esistenza su Colui che in Cristo ci ha dato tutto: solo questa può essere la logica di una scelta di vita che si pone con assoluta dedizione al seguito di Gesù e partecipa alla sua missione di Redentore del mondo, da lui adempiuta con la passione e crocifissione ed inequivocabilmente rivelata con la sua risurrezione dai morti.

Non vanno tuttavia trascurati anche altri fattori di natura interna alla Chiesa. Joseph Ratzinger, come mostrano i suoi primi interventi, aveva acutamente presagito le scosse che con impeto sempre crescente preannunciavano il terremoto: in primo luogo l’apertura all’esegesi protestante negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Spesso da parte cattolica non ci si rese affatto conto delle sistematiche premesse poste dalla Riforma alla base dell’esegesi. Fu così che la pesante critica del sacerdozio consacrato, apparentemente non motivabile biblicamente, investì la Chiesa cattolica (e ortodossa). Il sacerdozio sacramentale strettamente riferito al sacrificio eucaristico, come era stato affermato dal Concilio Tridentino, sembrava a prima vista non aver alcun riscontro nella Bibbia, né sotto il profilo terminologico, né per quanto concerne le particolari prerogative del sacerdote nei confronti dei laici, specialmente il mandato della consacrazione. La critica radicale del culto ! e quindi il vagheggiato superamento di un sacerdozio che limitava a se stesso la rivendicata funzione di intermediario – sembrava togliere terreno ad un mediatorato sacerdotale nella Chiesa.

Con la critica protestante nei confronti di un sacerdozio sacramentale che metterebbe in questione l’unicità del sommo sacerdozio di Cristo (secondo la lettera agli Ebrei) e relegherebbe ai margini il generale sacerdozio dei credenti secondo 1 Pt 2,5, si alleava infine il moderno concetto di autonomia, che guardava con sospetto ad ogni esercizio di autorità.

L’osservazione che, dal punto di vista della sociologia della religione, Cristo non era un ministro di culto e quindi ! in termini anacronistici ! era un laico, e il fatto che definendo i servizi e gli uffici nel Nuovo Testamento non si fosse impiegata una terminologia sacrale, ma si facesse invece ricorso a titoli ufficiali apparentemente profani, sembrarono comprovare l’ "impropria" trasformazione – prodottasi nella Chiesa primitiva a partire dal terzo secolo – dei funzionari comunali ricorrenti nella Bibbia in una nuova classe di ministri di culto.

Joseph Ratzinger analizza a sua volta criticamente la critica storica improntata alla teologia protestante, operando una distinzione tra le premesse filosofiche e teologiche e le metodiche storiche. In questo modo è in grado di dimostrare come, con le cognizioni dell’esegesi biblica moderna ed una puntuale analisi dello sviluppo storico dei dogmi, si possa fondatamente giungere agli enunciati dogmatici esposti soprattutto nel Concilio di Firenze, di Trento e nel Vaticano Secondo.

Il significato di Gesù nel rapporto dell’umanità e di tutto il creato con Dio, e dunque il riconoscimento di Cristo come redentore e mediatore di salvezza universale, che la lettera agli Ebrei qualifica nella categoria del Sommo Sacerdote, non ha mai posto come pregiudiziale la sua appartenenza alla classe sacerdotale levita. Il fondamento dell’essere e della missione di Gesù risiede piuttosto nel suo provenire dal Padre, nella cui casa e tempio egli deve essere (Lc 2,49). È la divinità della PAROLA ciò che fa di Gesù, nella natura umana da lui assunta, l’unico e vero Maestro, Pastore, Sacerdote, Mediatore e Redentore.

Di questa sua consacrazione e missione egli ci rende partecipi designando i Dodici. Da questi si costituisce il cerchio degli Apostoli, che come entità determinante instaurano la missione della Chiesa nella storia. Essi trasferiscono il proprio mandato ai capi e pastori locali e sovralocali della Chiesa universale e delle Chiese particolari. In un’ottica comparativa delle religioni, le antiche denominazioni d’ufficio di "episcopi", "presbiteri" e "diaconi" in comunità di gentili convertiti al Cristianesimo appaiono come termini profani. Nel contesto della Chiesa delle origini il loro riferimento cristologico ed il loro nesso con il ministero apostolico è vistosamente palese. Gli Apostoli e i loro discepoli e successori istituiscono i vescovi, presbiteri e diaconi mediante l'imposizione delle mani e la preghiera di consacrazione (At 6,6; 14,23; 15,4; 1 Tm 4,14). Agendo in suo nome, essi sono i pastori che lo rappresentano visibilmente come il Pastore supremo e mediante i quali egli stesso diviene presente in qualità di Pastore. Da ciò consegue anche la spiritualità del presbitero e dell'episcopo, consacrati mediante l'imposizione delle mani dallo Spirito Santo stesso (At 20,28). Essa non è un atto aggiuntivo di religiosità privata, bensì la forma interiore della disponibilità di votarsi con tutto il proprio essere e la propria vita al servizio di Cristo e di indicarlo come perenne riferimento. La vera essenza del sacerdozio sacramentale consiste nel fatto che il vescovo e il presbitero sono servitori della Parola, che espletano il servizio della riconciliazione e la cura pastorale del gregge di Dio loro affidato. Nella misura in cui essi assolvono al mandato di Cristo, attraverso i loro atti e parole Cristo stesso diviene presente, come unico Sommo Sacerdote nella Chiesa di Dio radunata per la celebrazione del servizio divino.

La teologia cattolica può recepire la confutazione di una concezione di sacerdote, se questo sacerdote fosse inteso come mediatore in senso autonomo o anche solo complementare accanto o oltre il Cristo. Per questa ragione anche l'obiezione di Martin Lutero non tange tuttavia la dottrina, vincolante sotto il profilo dogmatico, del sacerdozio sacramentale. Il Concilio Tridentino, nel suo decreto sul sacramento dell'Ordine, si limitò a respingere le contestazioni del primo riformatore, rinunciando peraltro all'esposizione di un approccio teologico complessivo. Nei sovente trascurati decreti di riforma, tuttavia, come mette in rilievo Joseph Ratzinger, acquista risalto la concezione biblica del sacerdote come servitore della Parola e dei Sacramenti, nonché pastore e padre spirituale dei fedeli.

Nel dialogo ecumenico, naturalmente, al di là delle differenze di contenuto vanno tematizzati anche i principi formali della teologia: Scrittura, Tradizione e Magistero, che sono tra di loro differenti ma concorrono peraltro alla salvaguardia complessiva della rivelazione, che deve essere protetta da interpretazioni soggettive ed arbitrarie per conservare la propria pienezza e globalità. Qui diventano palesi anche le dimensioni del sacramento dell'Ordine, che trascendono gli uffici, per lo più a livello parrocchiale, del presbitero e dei diaconi. Si tratta della responsabilità che i vescovi, in quanto successori degli Apostoli, hanno nei confronti del proprio magistero e mandato pastorale per la Chiesa universale. In proposito, nell'ottica cattolica, anche il ministero del vescovo di Roma quale successore di Pietro è di fondamentale importanza. Joseph Ratzinger si richiama incessantemente a Ireneo di Lione, che con il suo inquadramento sistematico di Scrittura apostolica, Tradizione apostolica e Successione apostolica dei vescovi ha stabilito il parametro permanente. A ben vedere, prendendo le distanze dallo gnosticismo, esso contiene in sostanza anche la dottrina del primato papale, di modo che, partendo da Ireneo, anche lo sviluppo dottrinale successivo può essere analizzato nella sua vera intenzione.

Per recuperare l'identità sacerdotale nella relazione con Cristo, è indispensabile la disponibilità a considerare se stessi servitori della Parola e testimoni di Dio nella successione di Cristo, e a vivere in comunione con lui. A tal fine il sacerdote deve disporre di una buona formazione teologica e del permanente riferimento alla teologia scientifica. Joseph Ratzinger, con gli scritti raccolti nel presente volume, ha indicato una via d'uscita dalla crisi in cui il sacerdozio cattolico era caduto a causa di impostazioni teologiche e sociologiche carenti e di dichiarazioni atte a suscitare, in molti sacerdoti che avevano intrapreso con amore e zelo il loro cammino, una personale insicurezza e sconcerto a proposito del proprio ruolo in seno alla Chiesa.

Con il presente volume il curatore esaudisce il desiderio dell'autore di dedicare un intero tomo della Raccolta alla teologia del sacramento dell'Ordine. Papa Benedetto XVI vede nell'annuncio della Parola divina che precede ogni azione dell'uomo, il compito particolare del servizio episcopale e sacerdotale. Così quest'opera potrà essere consultata con profitto non solo come analisi del fondamento teologico-scientifico del sacramento dell'Ordine, ma servirà parimenti all'interiorizzazione della vocazione sacerdotale e come stimolo per esercizi spirituali, e quale annuncio di questo glorioso ministero nella Nuova Alleanza, che conduce allo Spirito e alla vita (cf. 2 Cor 3,6–9).




INTERVENTO DI MONS. PASQUALE IACOBONE

L’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura intende rivolgere l’attenzione a un aspetto essenziale delle culture contemporanee: l’uso del linguaggio e della comunicazione, per studiare l’attuale situazione e proporre delle linee di azione per la missione evangelizzatrice della Chiesa.

Nel pomeriggio del 10 novembre, alle ore 16.30, presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio si terrà, eccezionalmente, la Sessione Inaugurale della Plenaria. Sarà un momento di incontro e di apertura alla società civile in forma di Tavola Rotonda sul tema « Nella città in ascolto dei linguaggi dell’anima ». Vi parteciperanno S.E.R. Monsignor Gianfranco Ravasi, il Sindaco Gianni Alemanno, Patrick De Carolis, Aldo Grasso, Lloyd Baugh e Marta Nin.

Le sedute di lavoro continueranno nell’ambito del Dicastero a partire da una relazione di S.E.R. Mons. Gerhard Ludwig Müller su un tema antropologico. Quindi uno sguardo ai nuovi linguaggi, in particolare il cinema, la musica, l’arte figurativa e plastica, internet e le possibilità multimediali per rintracciare le parole, i colori, i suoni e le immagini capaci di presentare la vita cristiana come esperienza valida oggi e per tutti. Proprio per favorire la comunicazione interpersonale, non ci saranno testi scritti da leggere o da seguire, ma conversazioni con esperti quali Ennio Morricone, Dario Viganò, Robert Barron e l’Amministratore Delegato della Microsoft Italia.

La Chiesa ha una lunga tradizione nell’usare diverse forme linguistiche nelle sue comunicazioni rivolte sia al proprio interno che all’esterno. La Plenaria passerà in rassegna questi e altri linguaggi usati oggi per coinvolgere la persona. In particolare le caratteristiche dell’interattività e della partecipazione, della chiarezza e della semplicità – evitando però la semplificazione – e i linguaggi figurativi e narrativi per poter meglio trasmettere ai nostri contemporanei in maniera comprensibile ciò che abbiamo ricevuto. Come insegna San Matteo: «Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5, 15-16).




INTERVENTO DEL DOTT. RICHARD ROUSE

Il Dipartimento del Dicastero, "Comunicazione e Linguaggi", ha l’impegno di dare seguito e continuità alle riflessioni dell’Assemblea Plenaria. In queste poche parole illustriamo, procedendo con ampie pennellate, gli ambiti interconnessi in cui il lavoro verrà concentrato. Il presente testo è stato elaborato con i contributi inviati al Dicastero sia in risposta alla prima richiesta di riflessione sul tema sia come riscontro alla sintesi dei summenzionati interventi. Questa traccia sarà completata alla luce dei suggerimenti proposti dai Membri e Consultori durante e dopo l’Assemblea. Quello che segue è necessariamente sintetico, ma sarà materia di uno studio più approfondito e di una elaborazione da parte del Dipartimento con l’aiuto della rete di contatti di cui dispone.

Aree tematiche

1. Teologia - Antropologia Culturale
Radicata nella comunione intratrinitaria, la comunicazione pone l’accento sulla possibilità di arrivare al Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo. L’Incarnazione come sorgente per la nostra comunicazione, per l’evangelizzazione delle culture e per l’inculturazione del messaggio della fede. La sfera della comunicazione costituisce una parte essenziale dell’antropologia ed è una dimensione fondamentale della persona, così come lo è la cultura. La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, è all’origine dei rapporti interpersonali, della comunità sociale e della cultura e ha vari ambiti di appartenenza e di identità. Quindi, l’attenzione viene rivolta ai diversi contesti culturali in cui ogni persona è situata, ai "luoghi" di inculturazione e alle diverse sfide culturali poste dalla globalizzazione e dalla secolarizzazione.

2. Linguaggi - Comunicazione
Noi siamo quello che leggiamo (o ciò che guardiamo?). La grammatica delle nostre culture struttura il modo in cui impariamo ed elaboriamo quanto appreso, plasma il nostro interagire a livello sociale e la nostra predisposizione ad accogliere la fede. I sistemi dei linguaggi e della comunicazione evolvono: tradizioni orali – parola scritta – mezzi digitali. Evangelizzare in questo "ambiente" richiede un aggiornamento continuo della nostra capacità di comprensione e di interpretazione dei linguaggi, specialmente dei valori culturali che essi rappresentano. Oggi, i linguaggi visivi sono predominanti e viene data molta importanza all’espressività e alla visibilità, mentre le "fratture" nella comunicazione sono frequenti nel momento in cui i meccanismi che trasmettono significato si trasformano. Come può essere sostenuta l’attenzione spirituale quando nei linguaggi post-moderni la grammatica comune è interattiva, immediata, frammentata, distratta e istantanea, dove la velocità, l’anonimato, l’irresponsabilità e la banalizzazione sono degli pseudo valori? Che ne sarà dei diversi modi complementari di accogliere la Buona Novella: seduto alla scrivania, in ginocchio sui banchi, sdraiato sul divano, vivendo in comunità? Che cosa avverrà di un uomo allorché trascorre il tempo davanti a un computer con il suo isolamento in rete?

3. Immaginazione
Senza immaginazione non si può raggiungere il cuore. In questa prospettiva, si rivela necessario promuovere un’attenzione pastorale alle emozioni e alle passioni intellettive e cognitive della persona umana, attraverso le arti e la musica, il teatro e la letteratura, la poesia e la capacità di narrare storie, la scultura, la pittura e la retorica, etc. Inoltre, è importante riabilitare i simboli e la semiotica insieme all’uso appropriato della fantasia (nel senso specifico di mito, non in opposizione alla realtà), la creatività, la narrativa e la metafora – la pre-catechesi per risvegliare il desiderio, la predisposizione alla fede in un tempo di saturazione dell’informazione – particolarmente in quelle culture omologate dove gli individui sono sempre più isolati, senza radici e senza dimora, separati dal loro patrimonio spirituale.

4. Dialogo
"Quello che io sto dicendo non è quello che tu stai sentendo". Gli ambiti di interesse includono l’applicazione della migliore procedura e la conoscenza delle questioni che sorgono dallo studio della comunicazione interpersonale, della ricerca di mercato, delle pubbliche relazioni, della conoscenza delle differenze tra contenuto e forma, del recupero e dell’applicazione completa dei diversi tipi di linguaggio, inclusi il suono, la vista, il tatto, il gusto e i mezzi non verbali per superare le nuove frontiere; seguire le tendenze della comunicazione dopo McLuhan, la cui famosa affermazione che il medium diviene il messaggio spesso dà origine alla formula: il mezzo (non) è il messaggio; questioni che sorgono con la velocità di cambiamento e con modelli di dialogo tramite e-mail, sms, siti internet interattivi, per un pubblico abituato a un mondo di convergenza tra suono, immagine, testo e multimediale, in cui l’interattività, l’efficienza, la trasparenza e la partecipazione sono i nuovi valori; problemi inerenti alle tecniche dei media, che sono incentrati sulla personalità e gratificano l’ego, e una prassi di monologo informativo, per esempio mettere in rete omelie e discorsi, e i limiti del parlare ecclesiastico autoreferenziale; l’annuncio ad intra e ad extra per quanto riguarda la comunicazione religiosa ha bisogno di sapere come attrezzarsi per esprimersi con modi nuovi, senza perdere la sua identità nell’atto di cambiare il contenuto o lo stile, e senza chiudersi nei riferimenti personali che sarebbero incomprensibili per coloro che vivono "fuori del Tempio" con l’obiettivo di proclamare il messaggio tra semplicità, chiarità, e semplificazione.

5. Una visione positiva dell’evangelizzazione attraverso l’uso dei Mass Media e delle nuove tecniche di comunicazione.
Dal fascino all’uso effettivo. Emerge la necessità di suscitare stimoli culturali per mettersi a servizio dei "nativi digitali" nel loro mondo interattivo, senza dimenticare gli altri mezzi più tradizionali – riviste, libri, giornali, televisione, radio, telefono, cinema. Non è nostra preoccupazione promuovere l’uso delle tecniche più moderne ma analizzare e mettere in risalto l’humanum dentro di essi. Strumenti e dispositivi non sono soltanto mezzi, ma plasmano anche la cultura, influiscono sulla comprensione e condizionano la recezione: non solo tecnologia, ma anche comunicazione, così recita lo slogan. Cioè, lo spostamento dalla distribuzione dell’informazione alla relazione comunicativa.


+PetaloNero+
00giovedì 4 novembre 2010 15:33
NOTA DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE A PROPOSITO DELLA LETTERA CIRCOLARE DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE SULL’ASSOCIAZIONE "OPUS ANGELORUM"


Pubblichiamo una Nota del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, P. Federico Lombardi, S.I., in merito alla Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede circa l’attuale situazione dottrinale e canonica dell’Associazione "Opus Angelorum":

L’Osservatore Romano pubblica oggi una Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede, datata 2 ottobre, per aggiornare i Vescovi circa l’attuale situazione dottrinale e canonica della associazione chiamata "Opus Angelorum", affinché si possano regolare nella materia.

La nuova Lettera circolare ricorda che nel 1983 una Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede aveva disposto che i membri dell’associazione "Opus Angelorum" nella promozione della devozione verso gli angeli dovevano conformarsi alla dottrina della Chiesa e non diffondere e utilizzare le teorie provenienti dalle presunte rivelazioni private attribuite alla signora Gabriele Bitterlich, e dovevano attenersi a tutte le norme liturgiche in vigore, in particolare quelle relative all’Eucarestia. Con un Decreto del 1992, approvato dal Santo Padre Giovanni Paolo II, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha completato tali direttive con alcune altre norme, affidando la loro esecuzione a un Delegato nominato dalla Santa Sede, incaricato anche dei rapporti fra l’Opus Angelorum e l’ordine dei "Canonici Regolari della Santa Croce". Tale Delegato fu per molti anni il P. Benoit Duroux O.P. ed è ora, da alcuni mesi, il P. Daniel Ols O.P.

Oggi si può considerare che l’Opus Angelorum vive lealmente e serenamente nella conformità alla dottrina della Chiesa e alle norme liturgiche e canoniche e costituisce una "associazione pubblica della Chiesa". Anche l’Ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce e le Suore della Santa Croce – che hanno rapporti con l’Opus Angelorum - sono regolarmente approvati dalle autorità ecclesiastiche.

Tuttavia un certo numero di membri dell’Opus Angelorum - e in particolare alcuni sacerdoti usciti o espulsi dall’Ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce - negli anni passati non hanno accettato le norme date dall’autorità della Chiesa, e continuano a cercare di restaurare un movimento che pratichi ciò che è stato proibito. Perciò la Congregazione per la Dottrina della Fede esorta gli Ordinari alla vigilanza nei confronti di tali iniziative.
+PetaloNero+
00sabato 6 novembre 2010 00:36
La Santa Sede all'Onu: no al razzismo e alla xenofobia


ROMA, venerdì, 5 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 1 novembre dall'Arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, al Terzo Comitato dell'Assemblea generale sull'articolo 66 (a) e (b): eliminazione del razzismo, della discriminazione razziale, della xenofobia e della relativa intolleranza.

* * *

Presidente,

innanzitutto, la mia delegazione desidera ringraziare il Rapporteur Speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza per il suo Rapporto e, in particolare, per aver affrontato l'intolleranza razziale e religiosa. Come sappiamo da quanto accade in tutto il mondo, queste particolari forme di intolleranza persistono, nonostante gli sforzi della comunità internazionale e delle persone di buona volontà.

Presidente,

un anno fa, la comunità internazionale, riunitasi a Ginevra per verificare i progressi compiuti dalla Conferenza di Durban del 2001, ha cercato di rinnovare i propri sforzi per affrontare la discriminazione razziale. È stato ripetuto ancora una volta che il razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia minano la dignità della persona umana e sono contrari agli sforzi per edificare un'autentica comunità internazionale fondata allo scopo di promuovere il bene comune universale, garantendo la tutela dei diritti di ognuno. In quell'occasione, la Santa Sede ha ripetuto che il razzismo e la discriminazione razziale in qualsiasi forma o teoria sono moralmente inaccettabili e che le autorità nazionali e locali insieme con la civiltà civile devono cooperare per onorare la dignità della persona umana indipendentemente dalla razza, dal sesso, dall'origine nazionale, dalla religione o da circostanze sociali.

Tuttavia, il razzismo e la discriminazione razziale non si possono combattere soltanto con le leggi. Come osserva a ragione il Rapporteur Speciale, affrontare il razzismo esige dagli individui un cambiamento interiore, che a sua volta implica la creazione di una nuova consapevolezza e una maggiore educazione a livello morale e spirituale per plasmare in modo più pieno la coscienza individuale e rifiutare così, in modo appropriato, il credo errato nella superiorità razziale e il conseguente odio per intere popolazioni. Da parte sua, la Chiesa cattolica nel mondo promuove questa crescita accademica, morale e spirituale per tutti cosicché ogni essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale, venga riconosciuto come dotato di un'innata dignità umana che va protetta e rispettata, principio fondante di tutti i diritti umani universali.

Nonostante questi sforzi, il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'odio religioso continuano a distruggere la famiglia umana: vicini divengono nemici e comunità divengono luoghi di violenza e distruzione etnica e religiosa. Nel corso della storia, in ogni angolo del pianeta, l'odio etnico, razziale e religioso ha causato conflittualità. Nessun Paese e nessuna cultura sono immuni da questo fenomeno. Quindi, ogni Governo nazionale ha l'obbligo di vigilare sulla tutela dei suoi cittadini. L'esercizio della sovranità responsabile richiede che lo Stato svolga il suo dovere primario di tutelare le proprie popolazioni e, laddove uno Stato si dimostri incapace o non intenzionato a soddisfare questa necessità, la comunità internazionale ha il dovere di utilizzare gli strumenti giuridici necessari a tutelare quei cittadini da violazioni gravi e prolungate dei diritti umani.

Presidente,

sebbene la discriminazione razziale ed etnica si verifichi in molte parti del mondo, il rispetto per la libertà religiosa continua a essere sfuggente per tante persone. La libertà religiosa ha un ruolo centrale nel garantire che tutti i membri della famiglia umana possano svilupparsi con maggiore pienezza a livello personale e spirituale. Tuttavia, oggi, molti nel mondo non hanno nemmeno la libertà di pregare in comunità, di esprimere in modo personale la fede e di esercitare la propria coscienza ben formata secondo la propria fede religiosa. La ricerca di Dio di questi uomini, donne e bambini è un'attività proibita e molti di loro stanno affrontando gravi ripercussioni fisiche e legali per la ricerca di rispondere a tale bisogno umano fondamentale. Alla mia delegazione rincresce che il rapporto semestrale del Rapporteur Speciale (A/65/295) manchi di osservare il destino di cristiani che sono stati allontanati dalle proprie abitazioni, torturati, detenuti, uccisi o costretti a convertirsi o a negare la propria fede in tutto il mondo. Questa è una crisi che continua ad essere ignorata dalla comunità internazionale e richiede con urgenza l'attenzione dei responsabili nazionali e internazionali per tutelare il diritto alla libertà religiosa di questi individui e comunità.

Presidente,

la mia delegazione è addolorata per il recente attacco alla comunità siro-cattolica presso la chiesa Our Lady of Deliverance, a Baghdad, lo scorso sabato pomeriggio. Si tratta, ancora una volta, di un tragico caso di intolleranza, discriminazione e violenza contro cristiani. I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno alle vittime di questo attacco e alle loro famiglie, alcune delle quali ho conosciuto di persona. La mia delegazione esorta tutta la comunità internazionale ad operare per garantire che tutte le religioni e tutti i credenti abbiamo il diritto fondamentale alla libertà di religione e di culto.

La speranza nel progresso dell'umanità, che sta al centro di questa importante organizzazione internazionale, non si potrà realizzare fin quando non cesseranno questi abusi. Devono finire e devono finire ora! E, con l'aiuto di Dio e con la cooperazione di tutte le persone di buona volontà e di questa organizzazione, finiranno.

La mia delegazione osserva anche con preoccupazione l'eccessiva identificazione fra identità razziale o etnica e credo religioso, che fa sì che le persone affrontino forme molteplici di discriminazione perché la loro identità unica resta priva di riconoscimento. Questo collegamento della razza alla religione rafforza la nozione tragica ed errata che il credo religioso sia intrinsecamente legato alla propria origine etnica, nazionale o razziale e quindi impedisce alle minoranze religiose nei gruppi etnici e razziali di esprimere e di praticare la propria fede.

A questo proposito, il concetto di diffamazione delle religioni cerca di affrontare casi di incitamento alla violenza religiosa, di individuazione etnica e religiosa, di creazione di stereotipi negativi sulla religione e di attacchi a libri sacri, personalità e siti religiosi. Tuttavia, come osserva il Rapporteur Speciale, questo concetto non affronta in modo adeguato questi abusi dei diritti umani e del diritto internazionale, ma, al contrario, crea situazioni nelle quali gli Stati hanno utilizzato il concetto di diffamazione delle religioni come giustificazione per varare leggi che proibiscono la libertà di religione e il dialogo interreligioso e limitano la libertà di espressione. Sebbene la mia delegazione sostenga tutti gli sforzi per tutelare i credenti da ingiusti discorsi ispirati dall'odio e dall'incitamento alla violenza, rimaniamo preoccupati perché l'uso del concetto di diffamazione delle religioni per raggiungere tali scopi si è dimostrato controproducente e, invece di proteggere i credenti, è stato uno strumento di oppressione statale nei confronti di credenti. Quindi, la mia delegazione sostiene l'esortazione del Rapporteur Speciale agli Stati affinché abbandonino il concetto di diffamazione delle religioni e si avvicinino, invece, al concetto legale di difesa contro l'odio razziale o religioso che produce discriminazione o violenza e facciano sforzi maggiori per affrontare le manifestazioni di intolleranza religiosa attraverso più numerose iniziative volte a promuovere la consapevolezza del credo religioso e la comprensione reciproca.

Presidente,

il maggior flusso di persone attraverso i confini nazionali è stato anche accompagnato da un aumento di mentalità xenofobiche contro i migranti sulla base della razza, dell'origine nazionale o dell'identità religiosa. Sebbene le assemblee legislative abbiano la responsabilità di elaborare leggi che controllino l'ingresso nel proprio Paese, hanno anche il dovere di garantire che queste leggi siano veramente giuste e rispettino i diritti umani e il diritto internazionale. È deplorevole che, a volte, in nome dell'autorità legale sulla diffamazione della religione, responsabili locali e gruppi religiosi nella società, si impossessino della legge, causando conflitti e disordini sociali. La crescente migrazione umana ha prodotto cambiamenti importanti nelle società e ha portato un certo numero di comunità in tutto il mondo a cercare di promuovere al meglio una maggiore comprensione e cooperazione fra i loro concittadini e i nuovi immigrati. Ciononostante, alcuni di questi sforzi si sono dimostrati controproducenti e hanno creato maggiore insicurezza e divisione nelle comunità e nelle famiglie. Per promuovere al meglio una maggiore comprensione, l'educazione e la promozione del rispetto reciproco sono di vitale importanza. Come Papa Benedetto xvi ha affermato di recente, le nazioni hanno il compito di accogliere nazionalità diverse e i genitori hanno la responsabilità di educare i figli «lungo il cammino della fraternità universale».

Presidente,

razzismo, intolleranza religiosa e xenofobia continuano a dividere persone in tutto il mondo. Grazie al rispetto per i diritti umani e alla promozione della dignità di ogni essere umano, possiamo edificare meglio una comunità globale che considera tutti come fratelli e sorelle. Sapendo cosa dobbiamo fare, ora andiamo avanti! Con gli strumenti e la comprensione a portata di mano, eliminiamo queste piaghe dal progresso di tutti i popoli, ora.

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 6 novembre 2010]

+PetaloNero+
00sabato 6 novembre 2010 16:28
RINUNCE E NOMINE

NOMINA DELL’AUSILIARE DEL VICARIATO APOSTOLICO DI EL BENI (BOLIVIA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Ausiliare per il Vicariato Apostolico di El Beni (Bolivia) il Rev.do Padre Roberto Bordi, O.F.M., attualmente Parroco a Magdalena, nel Vicariato Apostolico di El Beni, assegnandogli la sede titolare vescovile di Mutugenna.

Rev.do Padre Roberto Bordi, O.F.M.

Il Rev.do Padre Roberto Bordi, O.F.M., è nato a Roma il 2 gennaio 1946. Ha emesso la Professione temporanea il 16 luglio 1963 e quella solenne il 1° novembre 1969 nella Parrocchia di San Francesco ad Acilia. Ha studiato Teologia all’Università Urbaniana (1967-1971).
È stato ordinato diacono il 29 novembre 1970 a Roma e sacerdote il 4 luglio 1971.Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1971-1975: Vicario parrocchiale ed Economo a Yacuiba, Argentina; 1975-1984: Parroco e Consigliere custodiale a Embarcación, Argentina, e dal 1982 anche Superiore del Convento di Embarcación; 1984-1989: Superiore-Parroco ad Aguaray e a San Miguel di Tuyunti, Argentina; 1989-1999: Ministero pastorale nella nuova Vice-Provincia argentina di San Francesco Solano; 1999-2004: Ministero pastorale a Camiri, in Bolivia; 2004-2006: Vicario Delegato del Vicariato Apostolico di Camiri; dal 2006: Parroco a Magdalena, nel Vicariato Apostolico di El Beni.
+PetaloNero+
00lunedì 8 novembre 2010 15:43
VII COLLOQUIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO E DEL CENTRO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO DELL’ "ISLAMIC CULTURE AND RELATIONS ORGANISATION" (TEHERAN, IRAN, 9-11 NOVEMBRE 2010)


Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso ed il Centro per il Dialogo Inter-Religioso dell’ "Islamic Culture and Relations Organisation" (Teheran, Iran) organizzano il loro settimo Colloquio, a Teheran, dal 9 all’11 novembre 2010.

Il tema dell’incontro, "Religione e società: prospettive cristiane e musulmane" sarà sviluppato in tre sotto-temi. Vi parteciperanno otto membri. Dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso saranno presenti il Presidente, l’Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, il Segretario, Sua Ecc.za Mons. Pier Luigi Celata, e il Capo Ufficio per l’Islam, il Rev. Mons. Khaled Akasheh. La Chiesa locale sarà rappresentata dal Presidente della Conferenza Episcopale dell’Iran, Sua Ecc.za Mons. Ramzi Garmou, Arcivescovo di Teheran dei Caldei e dal Rev. Don Francesco Pirisi, S.D.B., Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Ispahan dei Latini.

Dopo la sessione inaugurale, il Colloquio si svolgerà a porte chiuse. Un comunicato stampa è previsto alla fine dei lavori. Una conferenza, che avrà luogo in una sede universitaria di Teheran, presenterà ad un pubblico di studenti e professori universitari il tema dell’incontro da un punto di vista cristiano.

Dopo l’incontro è prevista una visita a Qom, città santa per gli sciiti, nonché centro principale di ricerca ed insegnamento religioso.











COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: GIORNATA DI RIFLESSIONE E PREGHIERA DEL COLLEGIO CARDINALIZIO (19 NOVEMBRE 2010)


Con lettera del 30 ottobre, il Decano del Collegio Cardinalizio, S.Em.za il Card. Angelo Sodano, ha informato tutti i membri del Collegio e i nuovi Cardinali eletti che – prima della celebrazione del Concistoro Ordinario Pubblico del prossimo 20 novembre - il Santo Padre li invita a partecipare il giorno precedente, venerdì 19 novembre, a una "giornata di riflessione e di preghiera", che si svolgerà presso l’Aula nuova del Sinodo dei Vescovi in Vaticano, il cui programma è il seguente

Ore 9.30, celebrazione dell’Ora Media. Nella mattina vi saranno due temi di discussione: la situazione della libertà religiosa nel mondo e nuove sfide (con Relazione introduttiva del Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone) e la Liturgia nella vita della Chiesa oggi (con Introduzione del Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Card. Antonio Cañizares Llovera).

Ore 17, celebrazione dei Vespri. Successivamente vi saranno tre Comunicazioni: la prima "A dieci anni dalla Dominus Iesus" (dell’Arcivescovo Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi); la seconda "Risposta della Chiesa ai casi di abusi sessuali" e la terza sulla Costituzione "Anglicanorum coetibus" (ambedue del Card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede).
+PetaloNero+
00martedì 9 novembre 2010 15:23
COMUNICATO: 50° ANNIVERSARIO DELL’ISTITUZIONE DEL SEGRETARIATO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI



Mercoledì 17 novembre 2010, alle ore 17.00, presso la Sala San Pio X, in via della Conciliazione 5, a Roma, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani celebrerà con un atto commemorativo pubblico il 50° anniversario dell’istituzione del Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. A tale evento, presieduto da Sua Eccellenza Monsignor Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, interverranno Sua Eminenza il Cardinale Walter Kasper, Presidente Emerito, Sua Grazia il Dott. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, e Sua Eminenza il Metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

Il 5 giugno del 1960, giorno di Pentecoste, con il Motu Proprio «Superno Dei Nutu», il Beato Giovanni XXIII istituiva insieme alle undici commissioni che avrebbero preparato il Concilio, un Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il primo Presidente al quale Papa Giovanni XXIII affidò la responsabilità del Segretariato fu il Cardinale Agostino Bea. Al Cardinale Bea sono poi succeduti il Cardinale Johann Willebrands, il Cardinale Edward Idris Cassidy, il Cardinale Walter Kasper e, dal 1 luglio 2010, l’Arcivescovo Kurt Koch. Nel 1988 Papa Giovanni Paolo II con la Costituzione apostolica «Pastor Bonus» cambiò il nome del Segretariato in Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Nel corso degli anni, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha curato i rapporti con il vasto mondo ecumenico sia a livello multilaterale, che attraverso contatti e dialoghi bilaterali con molte Chiese e Comunità cristiane.

La data dell’atto commemorativo è stata volutamente fatta coincidere con la Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che si terrà dal 15 al 19 novembre p.v. e si concentrerà sul tema: «Verso una nuova tappa del dialogo ecumenico». Questo sguardo al passato, rivolto al momento dell’istituzione ed al cammino intrapreso fino ad oggi, offrirà non solo l’occasione di esprimere gratitudine a Dio per coloro che hanno contribuito a far avanzare l’ecumenismo e per gli abbondanti frutti che sono stati già raccolti, ma permetterà anche di suscitare un rinnovato interesse per la causa dell’unità e ribadire la ferma volontà di proseguire il cammino verso la piena comunione di tutti i cristiani, affrontando con fiducia le sfide, anche nuove, che si presentano.



+PetaloNero+
00martedì 9 novembre 2010 15:23
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DI UNA MOSTRA E DI UN CONVEGNO DELLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della Mostra Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro (Braccio di Carlo Magno, 11 novembre 2010 - 31 gennaio 2011).
Nel corso della Conferenza Stampa viene presentato anche il Convegno La Biblioteca Apostolica Vaticana come luogo di ricerca e come istituzione al servizio degli studiosi (Roma, Sala delle Conferenze, via della Conciliazione 1, 11-13 novembre 2010).
Intervengono alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Raffaele Farina, S.D.B., Bibliotecario di Santa Romana Chiesa; Mons. Cesare Pasini, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana; il Dott. Ambrogio Maria Piazzoni, Vice Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana; la Dott.ssa Barbara Jatta, Curatrice della Mostra e Padre Caesar Atuire, Amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi.
Pubblichiamo di seguito gli interventi dell’Em.mo Card. Raffaele Farina, S.D.B., di Mons. Cesare Pasini, del Dott. Ambrogio M. Piazzoni e della Dott.ssa Barbara Jatta, insieme ad una Nota informativa:



INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RAFFAELE FARINA, S.D.B.

La Mostra "Conoscere la Biblioteca Apostolica Vaticana", che si inaugura domani 10 novembre alle ore 17.00, e il Convegno "La Biblioteca Apostolica Vaticana come luogo di ricerca e come istituzione al servizio degli studiosi", che si svolge dall’11 al 13 novembre 2010, sono manifestazioni celebrative della riapertura della Biblioteca Vaticana, avvenuta il 20 settembre 2010.

La Mostra, come appropriatamente annuncia il titolo, vuol far conoscere la Biblioteca Vaticana a coloro che non hanno il privilegio di frequentarla. Ma non solo! Vuol farla conoscere meglio anche ai suoi utenti abituali, nell’ampio spettro dei suoi tesori di scienza, cultura e arte, che spesso sfugge agli interessi delle specifiche e specializzate ricerche di ognuno di essi e, soprattutto, vuole avvicinarli all’attività quotidiana che si svolge fuori delle sale di consultazione, in un alveare da cui arriva loro l’attutito ronzio del movimento delle persone e delle macchine. Il personale stesso della Biblioteca scoprirà nella Mostra e nel Catalogo di essa dei tratti sconosciuti della vita quotidiana alla quale esso partecipa.

Non a caso ho parlato di vita. Una parte della Biblioteca Vaticana, quella storica, si può ammirare nel percorso dei Musei Vaticani, ma non è la parte viva di essa. La presente Mostra, con la presenza in alcuni stands dello stesso personale della Biblioteca, porta, pur se in parte, questo alito di vita e di attività quotidiana, che costituisce le vera novità della Mostra, rispetto a precedenti Mostre della Biblioteca Vaticana.1 E tuttavia manca pur sempre qualcosa, mancano gli studiosi, i lettori: I libri senza i lettori sono morti. I libri sono come chip che inerti si attivano al momento in cui anche soltanto con un palmare sono rianimati e comunicano in un dialogo con il lettore che spesso va al di là delle intenzioni dell’autore, del testo stesso e del contenuto di esso, segno di una vitalità che fa parte della vita stessa dell’umanità.

La Mostra accoglierà i visitatori in un ingresso virtuale che supplirà in maniera sorprendente ed efficace alla mancanza di cui sopra. Questo ed altri allestimenti sono stati resi possibili dalla collaborazione della Biblioteca Vaticana con l’Opera Romana Pellegrinaggi, che ha messo a nostra disposizione il suo staff e la sua provata esperienza gestionale. Grazie ad essa visiteranno la Mostra numerosi gruppi di pellegrini e di scolaresche in visita alla Basilica di san Pietro. È questa un’opera di alta promozione culturale che supplisce alla impossibilità di poter ospitare tali visite nel ristretto spazio fisico della Biblioteca Vaticana. In tal maniera si può realizzare quella desiderata più ampia apertura e visione della nostra istituzione alla conoscenza e alla meraviglia di quanti apprezzano i tesori della cultura e della bellezza, patrimonio dell’umanità e radici della nostra civiltà e della nostra fede.

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1 Mi riferisco alle dodici stupende Mostre in occasione del Grande Giubileo dell’anno duemila, in particolare a quella sulla Bibbia, nonché a quelle degli anni precedenti, come, ad esempio, a quella organizzata in Vaticano, in occasione dei cinquecento anni della fondazione della Biblioteca, 1475-1975, nonché alla grande prestigiosa Mostra Rome Reborn: The Vatican Library § Renaissance Culture (A Library of Congress Exhibition, January 8 - April 30, 1993) e a quella itinerante, sempre negli U.S.A., "Treasures of the Vatican Library", negli anni 1989-90).





INTERVENTO DI MONS. CESARE PASINI

La Biblioteca Apostolica Vaticana come luogo di ricerca

e come istituzione al servizio degli studiosi

In occasione della riapertura della Biblioteca Vaticana, in concomitanza con l’inaugurazione della mostra, nei giorni 11, 12 e 13 novembre si terrà un Convegno che intende ripercorrere, per il periodo degli ultimi sessant’anni, sia gli studi compiuti in Biblioteca e i contatti con le Istituzioni esterne alla Biblioteca stessa, sia la vita della Biblioteca nelle sue attività e quindi l’esperienza maturata nei suoi diversi dipartimenti, sezioni e servizi.

Riprendendo il cammino, si vuole infatti volgere lo sguardo verso ciò che si è compiuto: per quanto riguarda gli studi, per trarne un positivo stimolo e indirizzo alle ricerche che si vorranno in futuro intraprendere; per quanto riguarda le attività della Biblioteca, per dare una migliore conoscenza di quanto avviene "dietro le quinte" e ancor più per favorire uno scambio di esperienze che tornerà a vantaggio per le scelte future: per le nostre, ma immaginiamo anche per le altrui.

Il Convegno prevede relazioni di studiosi di varia provenienza, italiana ed europea, e di varia competenza scientifica, e, per la seconda parte, del personale della Biblioteca che opera nei differenti uffici.

Le prenotazioni on line al Convegno avevano già raggiunto, ieri sera, il consistente numero di trecentocinquanta persone: una vera moltitudine, che ci dimostra l’interesse per la Biblioteca Vaticana e per il patrimonio culturale vero bene dell’umanità che in essa è conservato, e ci stimola a continuare con grande responsabilità il servizio alla cultura e, come diceva Paolo VI, a favore degli «studi d’ogni epifania di verità» che gli studiosi compiono nelle nostre sale.




INTERVENTO DEL DOTT. AMBROGIO M. PIAZZONI

Esprimo qui la riconoscenza che spunta calorosa e sincera, quando si giunge a un traguardo desiderato e si pensa ai numerosi e generosi aiuti ricevuti. Il traguardo – si comprende bene – è l’inaugurazione della mostra intitolata Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro e, insieme, l’uscita del catalogo, che reca il nome stesso della mostra.

Il volume nasce dalla collaborazione di tanti. Anzitutto coloro hanno preparato i testi delle introduzioni e delle schede: si tratta di molte persone che operano in Biblioteca e che hanno dovuto interrompere altri impegni e lavori per offrire anche questo servizio prezioso. La composizione del volume è frutto dell’impegno dello Studio Placidi, in particolare di Silvia Placidi e di Francesco Apicella, ai quali dobbiamo anche la preparazione dei materiale grafico promozionale della mostra. Quanto alla stampa del volume la dobbiamo alla generosa munificenza di Grafica Veneta e del suo responsabile Fabio Franceschi. Il catalogo esce a cura del Vice Prefetto, Ambrogio Piazzoni, e della Curatrice del Gabinetto delle Stampe, Barbara Jatta, ai quali va il ringraziamento più grande, per la fatica cui si sono sobbarcati per impostare e uniformare il volume.

La cura generale della mostra è stata affidata a Barbara Jatta: il fatto che due anni fa abbia ugualmente posto le sue energie per organizzare la mostra 1929-2009. Ottant’anni dello Stato della Città del Vaticano, se forse dice una proficua e utile preparazione, soprattutto segnala una generosità di cui le siamo veramente grati: sapeva già le fatiche e le "corse" alle quali sarebbe andata incontro!

La mostra è allestita nella prestigiosa sede del Braccio di Carlo Magno, i cui spazi sono stati gentilmente concessi dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, nella persona del suo Presidente, il Cardinale Giovanni Lajolo, e del suo Segretario Generale, S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, ai quali va il nostro sentito ringraziamento. Per la progettazione la nostra riconoscenza va in particolare all’architetto Roberto Pulitani, e ai Servizi Tecnici del Governatorato che ci hanno gentilmente permesso di avvalerci della sua competenza. La collaborazione dei Musei, nella persona del Direttore Antonio Paolucci e del Delegato per l’Area amministrativo-gestionale Mons. Paolo Nicolini, si è espressa in un convinto appoggio all’iniziativa, oltre che nel fornire il personale di guardia.

La vicinanza e il sostegno di Mons. Liberio Andreatta si sono concretizzati nell’aiuto di molte persone da lui introdotte alla conoscenza della mostra e a una fattiva cooperazione e sponsorizzazione. In particolare ne è nata la stretta collaborazione con l’Opera Romana Pellegrinaggi, nella persona di padre César Atuire, Amministratore Delegato, di Claudio Tosi e di molti altri collaboratori dell’Opera Romana: a tutti il nostro sincero ringraziamento, come pure alla ditta Percorsi di Luce, nella persona di Francesco Capotorto e di Luigi Bocchino, che in stretta intesa con l’Opera Romana hanno provveduto all’animazione mediale della mostra e alla realizzazione delle audioguide multilingue.

L’allestimento della sede espositiva è stato generosamente sostenuto dalla Tosetto Allestimenti Fine Art Transport di Venezia, coadiuvata dalla Global Pubblicità di Venezia, e in particolare da Michele Tosetto che con grande entusiasmo si è inserito nella progettazione e realizzazione della mostra.

Nel suo insieme l’esposizione è stata generosamente sponsorizzata da ENEL e da Fondazione Roma e sostenuta dal contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena; si ringraziano anche Generali Assicurazioni e Belfor Italia per il contributo dato.

Il filmato proiettato nella mostra, e una sua versione più ampia distribuita in DVD, è stato preparato dal Centro Televisivo Vaticano, che ha provveduto alle riprese e al montaggio: ne ringraziamo in particolare il Direttore, Padre Federico Lombardi, Roberto Romolo e Cesare Cuppone che ne è stato l’artefice.

Anche per la mostra, come per il catalogo, la collaborazione del personale della Biblioteca Apostolica è stata ampia e variegata: siano ringraziati tutti, a partire dalla responsabile dell’Ufficio Mostre Amalia D’Alascio.

Esprimere gratitudine e riconoscenza è un atteggiamento gradito anche a chi lo compie: significa riconoscere che esiste in questo mondo aiuto e collaborazione, senso del dovere e generosità, ed esiste anche la percezione dell’importanza di un’istituzione qual è la Biblioteca Apostolica Vaticana e l’iniziativa da questa intrapresa per farsi meglio conoscere. Ringraziamo di poter ringraziare!




INTERVENTO DELLA DOTT.SSA BARBARA JATTA

La Biblioteca Apostolica, in occasione della riapertura dopo i tre anni di ingenti lavori che l’hanno vista coinvolta dal luglio del 2007 al settembre del 2010, ha deciso di organizzare una mostra che faccia conoscere al grande pubblico la Biblioteca del Papa.

Partendo dal presupposto che la Biblioteca Vaticana non è una biblioteca aperta a tutti ma a un selezionato nucleo di specialisti internazionali nelle diverse discipline, si è voluto con questa mostra "aprirla", sebbene virtualmente, e renderla accessibile ai pellegrini, alle scolaresche e a un numero molto ampio di persone.

Per questo motivo si è voluto organizzare una mostra, che fosse sia "tradizionale" ma anche "comunicativa e attuale" e che desse conto di quell’apertura al futuro, come è indicato proprio nel sottotitolo della mostra: Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro.

Quindi accanto alle sezioni tradizionali (che sono sette: la storia, i manoscritti, gli stampati, le stampe e i disegni, le monete e le medaglie, gli altri servizi e i laboratori) si è voluto sviluppare un percorso multimediale, fatto anche di video e computer che permettono di far conoscere l’istituzione attraverso i mezzi tecnologici. Questo si è scelto di fare per dare conto dell’attenzione alla tecnologia e alle innovazioni che da decenni costituiscono una priorità della Biblioteca Vaticana.

I visitatori, che sono previsti numerosi, saranno quindi condotti in una visita-percorso attraverso delle audio guide multilingue, che racconteranno la Biblioteca, la sua storia, i suoi tesori e la sua organizzazione, ma soprattutto che attraverso un percorso "emozionale" faranno entrare i visitatori nella Biblioteca e nei suoi molteplici aspetti.

Fra le cose degne di attenzione a parte gli straordinari manoscritti, incunaboli, libri a stampa, disegni, stampe, monete e medaglie esposte vi è la ricostruzione del Salone Sistino della Biblioteca, il grande spazio affrescato alla fine del Cinquecento per volere di papa Sisto V, che venne dipinto con un programma iconografico incentrato sulla storia degli alfabeti, delle biblioteche dell’antichità e dei concili della Chiesa legati al libro.

In questa splendida sala ricostruita sono stati posti i codici fra i più preziosi delle nostre collezioni, che sono a disposizione dei visitatori che li potranno consultare (si tratta di facsimili ma di altissima fattura, che daranno l’impressione a tutti i visitatori della mostra di aver il privilegio di entrare in Biblioteca come gli studiosi).

Proprio per l’attenzione alla conservazione e al restauro di questo materiale così prezioso e unico, vero patrimonio dell’umanità, abbiamo pensato di porre alla fine della mostra i due laboratori di restauro e fotografico.

Si è deciso di ricreare i nostri laboratori all’interno della mostra con una sorta di "work in progress"; i restauratori lavoreranno in mostra al restauro degli antichi codici, cuciranno le preziose legature e restaureranno i disegni e le stampe delle collezioni vaticane di fronte e interagendo con i visitatori.

Il laboratorio fotografico con le sue moderne apparecchiature e tecnologie è l’altro aspetto della conservazione del nostro materiale; e i visitatori potranno assistere alla ripresa fotografica dei manoscritti. Gli scanner sofisticati di ultima generazione infatti permettono di non movimentare il libro (anche di grande formato) e di offrire una risoluzione talmente alta dell’opera che a volte è più leggibile dello stesso originale.

Tengo a sottolineare che si tratta di una mostra corale di tutta la Biblioteca Vaticana, che ha visto tutti i reparti coinvolti; e il personale della Biblioteca ha fattivamente collaborato per "far conoscere" la Biblioteca Vaticana. Ma anche tutto il Vaticano ha contribuito, a partire dal Governatorato e, in esso, l’architetto Roberto Pulitani che ha realizzato un allestimento che vi sorprenderà tutti.

Il Centro Televisivo Vaticano che ha prodotto per noi un bel video "sintetico" sulla Biblioteca che si pone come "aspetto istituzionale" in confronto ai grandi e sorprendenti effetti multimediali realizzati dalla società " Percorsi di luce".

Vorrei ringraziare in particolare i collaboratori del Gabinetto delle Stampe, che sono stati coinvolti più di altri e da oltre un anno in questa impresa e i cui nomi vi prego di leggere nel colophon all’ingresso della mostra.

Vorrei anche dire che la mostra non sarebbe stata possibile senza il vero e forte sostegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che non solo ci ha supportato nella fase preliminare ma ci ha dato un grande contributo grazie alla sua esperienza educativa e di comunicazione. In particolare, il vulcanico Mons. Liberio Andreatta, che oggi non è potuto essere presente, è stato più che un partner nell’impresa.

Al tempo stesso i nostri sponsor: Da Tosetto Allestimenti che ha rivoluzionato la sede espositiva del Braccio di Carlo Magno (e che si avvale di tecnici veramente professionali), Grafica Veneta che a stampato il bel catalogo, Enel, Fondazione Roma e Monte dei Paschi di Siena senza dei quali una mostra così articolata, complessa (e bisogna dire anche costosa), non si sarebbe potuta realizzare.




NOTA INFORMATIVA

Un milione e 600mila volumi a stampa, 80mila manoscritti e 100mila unità archivistiche, 8mila400 incunaboli circa, 300mila tra monete e medaglie, 150mila tra stampe, disegni e matrici, oltre 150mila fotografie.

Sono solo alcuni dei numeri della storica "Biblioteca dei Papi" che ha riaperto al pubblico il 20 settembre scorso dopo tre anni di lavori straordinari.

In occasione di questa riapertura attesa dai tanti studiosi che qui sono di casa (circa 20mila l’anno) la Biblioteca Apostolica Vaticana, che presto riceverà anche la visita di Benedetto XVI, sarà "comunicata" al grande pubblico attraverso una mostra allestita nello spazio espositivo del Braccio di Carlo Magno (Piazza San Pietro).

La mostra Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro, che verrà inaugurata domani, 10 novembre, e andrà avanti sino a tutto il mese di gennaio 2011, è sicuramente occasione per far conoscere la storia di un patrimonio sconfinato e prezioso, qual è quello conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana (fondata nel 1451) ma è soprattutto occasione per far comprendere attraverso l’ausilio della tecnologia il valore immenso, culturale, religioso ed umano, che essa ha per gli uomini e le donne di oggi e per le generazioni future.

L’Opera Romana Pellegrinaggi, che è partner della Biblioteca Apostolica Vaticana in questa operazione di comunicazione, ha lavorato alla predisposizione di un percorso guidato che attraverso l’ausilio di mezzi multimediali consenta anche di offrire la visione di spazi "interni" altrimenti inaccessibili.

Ed ecco ad esempio che lo straordinario Salone Sistino della Biblioteca, affrescato alla fine del XVI secolo, verrà ricostruito in mostra con i suoi splendidi affreschi e arredato con i tavoli di lettura sui quali, con i guanti bianchi, i visitatori potranno consultare i preziosi codici (in fac-simile). O ancora sarà possibile ammirare degli spazi di "laboratori", dove le maestranze della Biblioteca svolgono il loro lavoro quotidiano. Verrà infatti allestito nell’ultima sala un laboratorio di restauro di antichi codici, preziose legature, stampati. I restauratori vaticani, lavorando di fronte al pubblico, potranno interagire con esso rispondendo alle domande e fornendo informazioni generali sulle metodologie e sulle tecniche di restauro e di conservazione.

La mostra, articolata in sette sezioni (la storia della Biblioteca, i Manoscritti, gli Stampati, i Disegni e le Stampe, le Monete e le Medaglie, i diversi Servizi della Biblioteca, Il Laboratorio di restauro), prevede l’esposizione di alcuni fra i più importanti manoscritti della storia occidentale databili dai primi secoli dell’era cristiana ai nostri giorni, preziosi incunaboli e pregiati volumi a stampa dei diversi secoli, disegni dei maggiori artisti dell’arte occidentale, stampe artistiche, e una straordinaria selezione di monete e medaglie.

Il percorso mediale pensato per visitare la Biblioteca Apostolica Vaticana sarà disponibile con audio guide multilingue sincrone (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco).

MOSTRA "CONOSCERE LA BIBLIOTECA VATICANA:

UNA STORIA APERTA AL FUTURO"
11 Novembre 2010 - 31 Gennaio 2011

BRACCIO DI CARLO MAGNO (PIAZZA SAN PIETRO)

DOMENICA - GIOVEDÌ: 9:30-21:00 ULTIMO INGRESSO 20:00

VENERDÌ - SABATO: 10:00-21:30 ULTIMO INGRESSO 20:50

PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI:

www.josp.com - www.orpnet.org - usp@orpnet.org

TEL. 06.69896357 - 06.69896380


+PetaloNero+
00martedì 9 novembre 2010 15:23
INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO ALLA 79a ASSEMBLEA GENERALE DELL’INTERPOL (DOHA, QATAR)


Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento che il Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, ha pronunciato ieri all’Assemblea Generale dell’INTERPOL, in corso a Doha, nel Qatar:



INTERVENTO DI S.E. MONS. CARLO MARIA VIGANÒ

Mister President,

Honourable Ministers,

Ladies and Gentlemen,

I am honoured to address this distinguished gathering. I would like to discuss a complex issue which is of great interest both to the Holy See and, personally, to Pope Benedict XVI.

Naturally I do not speak as an expert in criminology or on the basis of experience in criminal police investigations. My intervention is meant to contribute to deeper reflection on the underlying issue of the deliberations of this General Assembly Session of INTERPOL: crime itself, or more properly, criminal behaviour grounded in various motivations, at times even ascribed to religious convictions.

Criminal behaviour is an intrinsic part of the human experience, just as the conflict of good and evil is part of the world’s history, and, for Christians, a part of God’s saving plan. It is precisely this realization that inspires the Holy See to participate, either as a member or an observer, in the meetings and conferences promoted by international organizations to discuss issues which ultimately deal with man himself, the human being viewed holistically and with respect for all his complexity. This can be clearly seen from the addresses which Popes Paul VI, John Paul II and Benedict XVI delivered before the United Nations General Assembly.

Perhaps we need hardly mention the importance of the mission of the United Nations at a time when we are experiencing the obvious paradox of a multilateral consensus that continues to be in crisis because it is still subordinated to the decisions of a few, whereas the world’s problems call for interventions in the form of collective action by the international community. The phenomenon of globalization itself – as Benedict XVI pointed out in his historic address before the United Nations Organization on 20 April 2008 – cannot fail to concern the UN inasmuch as, by its essence, it constitutes "the locus of a worldwide sharing of problems and possible solutions".

The issue which needs to be faced is one closely linked to the process of globalization which is now affecting every aspect of the life of nations, people sand individuals, and is accompanied by political and economic changes which are often uncontrolled and even uncontrollable. This in fact is what touches most closely the lives of nations and individual citizens. While it is true that globalization offers opportunities for development and enrichment, it is also true that it can cause increased poverty and hunger, which in turn can spark chain reactions often leading to widely disparate forms of violence. Nor can we underestimate the fact that the fruits of technological and scientific progress can, for all their enormous benefits to humanity, be used in a way that clearly violates the order of creation, even to the point of denying the sacredness of life and stripping the human person and the family of their natural identity.

In this complex situation, mankind finds itself at risk. What is the way to move forward? The Church never tires of insisting that it can only be done by respecting "ethical imperatives". Consistent with this stand, the Holy See continues to call for the promotion and the protection of rights as sanctioned by the Universal Declaration of Human Rights, above all the right to life and, not least, the right of religious freedom.

C’est ici qu’entre en jeu le rôle des organismes comme

Interpol. Il est incontestable, en effet, que chaque État a le devoir fondamental de protéger sa population. La protéger dans tous les sens, non seulement des violations graves et continues des droits humains accomplies chez lui et dans les cas de crises humanitaires, provoquées aussi bien par la nature que par l’homme, mais aussi la protéger des crimes les plus aberrants qui peuvent être identifiés dans le trafic des êtres humains ou des organes ainsi que dans le tourisme sexuel toujours plus envahissant, qui défigure sous l’aspect humain et moral des milliers et des milliers de mineurs.

Dans ce contexte, grâce au système I-24/7 qui permet en temps réel l’échange d’informations et la coordination immédiate et conjointe des diverses actions de police pour contrer ces crimes transnationaux, Interpol joue un rôle décisif spécialement dans l’activité efficace de prévention très appréciée du Saint-Siège.

?Et si chaque État n’est pas en mesure de garantir une protection adéquate, la communauté internationale doit intervenir avec les moyens juridiques prévus parla Charte des Nations Unies et par les autres instruments internationaux. C’est un devoir qui entre dans le principe de la responsabilité de protéger, fondement déjà ancien de toute action que doivent entreprendre les gouvernants à l’égard des gouvernés.

Restant ferme que c’est ce principe fondamental auquel on doit s’inspirer pour ce qui est spécifique à la mission propre des institutions ici représentées, il faut aussi souligner que la promotion des droits humains dans son ensemble demeure la stratégie la plus efficace pour éliminer les inégalités entre pays et entre groupes sociaux. Et cela ne peut pas ne pas avoir aussi des aspects positifs dans le domaine de la sécurité. Il est indéniable, en effet, que les victimes de privations et du désespoir – dont la dignité humaine est violée impunément –deviennent une proie facile de l’appel à la violence et peuvent devenir directement des gens qui violent la paix. Et c’est ici que naissent les dangers de guerres et de terrorisme.

Il est bon cependant de préciser, et le Pape n’a pas manqué de le rappeler, que le respect des droits est dû en tant qu’expressions de justice et non pas simplement parce qu’on peut les faire respecter par la volonté des législateurs ou par la force des États.

La violation des droits humains a lieu aujourd’hui dans le monde selon de nombreuses, très nombreuses façons différentes. Une des plus éclatantes est celle qui implique actuellement les communautés chrétiennes du Moyen-Orient. Il y a eu ces jours-ci le très grave attentat à la cathédrale syro-catholique de Bagdad. Un acte d’une férocité inouïe contre des personnes sans défense, réunies en prière. Depuis des années désormais en Irak, les chrétiens sont devenus objet d’attaques atroces et la situation du pays a certainement été en soi toujours difficile. Moi-même, qui ai passé quelques années de service diplomatique à Bagdad, j’ai vécu l’expérience quotidienne que les minorités chrétiennes sont contraintes de vivre. La cathédrale elle-même, objet de l’attaque terroriste, est le plus grand lieu de culte de la communauté catholique de ce pays. Il est bien évident, d’autre part, que aussi les communautés musulmanes sont object de graves actes de terrorisme elles-mêmes, les unes contre les autres, sans aucun respect non seulement de la dignité de la personne humaine mais aussi de l’appartenance à la même religion.

L’Assemblée spéciale pour le Moyen-Orient, qui vient d’être célébrée au Vatican, a dénoncé les nombreuses formes de violence auxquelles sont soumises les communautés chrétiennes dans ces régions, et qu’en fin de compte elles sont contraintes de fuir. Ce sont aussi des crimes à combattre. Mais il faut le faire tous ensemble parce que, comme l’a écrit Benoît XVI dans le message de condoléances envoyé à l’Archevêque des Syro-catholiques Monseigneur Athanase Matti Shaba Matoka, « la paix est un don de Dieu, mais elle est aussi le résultat des efforts des hommes de bonne volonté, des institutions nationales et internationales ». Son appel a été un appel afin que tous unissent leurs forces pour arrêter enfin la violence.

Par ailleurs, nous apprécions beaucoup la coopération entre Interpol et le Département de peacekeeping des Nations Unies. En effet, nous considérons que, aux opérations militaires orientées vers le maintien de la paix, évitant, là où c’est possible, de l’imposer, doit justement succéder une bonne préparation des forces de police qui, réussiront ensuite, à maintenir ces relations opportunes et nécessaires aussi dans des contextes de coopération internationale.

L’accord entre Interpol et le Département de peacekeeping renforce ce concept, le rendant toujours plus actif. De cette façon les forces de police elles-mêmes et les Law Enforcement Agencies qui seront impliquées dans les opérations de peacekeeping et dans celles de peace building auront une incisivité plus grande dans le contexte déstabilisé dans lequel elles opèrent, pouvant mettre à disposition leur expérience en faveur des peuples qui vivent dans les régions de crise et leur technologie pour les défendre. Affronter ces contextes de manière conjointe et coordonnée apporte aussi un bénéfice ultérieur en plus de celui exposé précédemment, c’est-à-dire, éviter la duplication des efforts, inutiles spécialement sous l’aspect économique et organisationnel.

The Holy See has always recalled this urgent need, conscious of the fact that the desire for peace, the pursuit of justice, respect for the dignity of the person, humanitarian cooperation and assistance are expressions of the just aspirations of the human spirit and the ideals which ought to undergird international relations. The Holy See has done so vigorously, even in recent days, as for example by intervening in the current debate on disarmament at the United Nations and urging all parties to reach agreement on definitive and complete disarmament.

We are here today to renew, in one specific area, our commitment to cooperate in eliminating evil from the world. This is a enormous commitment if we think of the forces at play, yet we must remain undaunted. Indeed, we should be committed to even fuller cooperation.

I wish to conclude by expressing the Holy See’s deep appreciation to INTERPOL for the assistance it has given to the local police and emergency workers in the aftermath of grave natural catastrophes, such as those in EastTimor, in Indonesia, and in other parts of the world. With its own charitable organizations (Caritas Internationalis, Cor Unum), its worldwide network of local churches and the works of Sovereign Military Order of Malta, the Holy See considers INTERPOL to be a concrete support for the maintenance of order, for assistance to peoples affected by disasters and for the identification of victims.

The Holy See has wished to take part in INTERPOL because it is convinced of the nobility of the goals which this organization pursues and the benefits which it provides to all its members.

This has also been clear in the case of the Holy Father’s many international journeys. Thanks to INTERPOL, the Holy See has always benefited from the information and logistical support provided by security services in the countries involved. In this way INTERPOL has contributed in no small measure to the successful outcome of His Holiness’s Apostolic Journeys.

I willingly take this occasion to express our friendship and our readiness to cooperate in working for the peace to which our world aspires. I also thank the organizers, who have offered me the opportunity to address this distinguished assembly.



+PetaloNero+
00giovedì 11 novembre 2010 15:28
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI VERBUM DOMINI



Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale di Sua Santità Benedetto XVI Verbum Domini, che raccoglie le riflessioni e le proposte emerse dalla XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi svoltasi in Vaticano nell’ottobre del 2008 sul tema: La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.
Intervengono alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi; S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; S.E. Mons. Nikola Eteroviƒ, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi.
Pubblichiamo di seguito gli interventi dell’Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., di S.E. Mons. Nikola Eteroviƒ e del Rev.mo Mons. Fortunato Frezza:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. MARC OUELLET, P.S.S.

"Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!»1. Alla folla che sente il grido di ammirazione di questa donna, colpita dalla sua predicazione, Gesù replica: Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano.

L’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini su la Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, è la ripresa da parte della Chiesa di questa risposta di Gesù, nella coscienza ch’essa da venti secoli ha di dare testimonianza nel mondo e per il mondo della Parola di Dio. Al Concilio Vaticano II, la Chiesa esprimeva in questo modo il contenuto essenziale della Rivelazione: «Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»2.

L’Esortazione apostolica Verbum Domini riprende lo stesso messaggio a quarantacinque anni di distanza: «Dio si fa conoscere a noi come mistero di amore infinito in cui il Padre dall’eternità esprime la sua Parola nello Spirito Santo. Perciò il Verbo, che dal principio è presso Dio ed è Dio, ci rivela Dio stesso nel dialogo di amore tra le Persone divine e ci invita a partecipare ad esso»3.

A. Il paradigma mariano della rivelazione

Prendendo ispirazione dalla Parola di Dio così come essa è svelata nella sua profondità trinitaria e cristologica nel prologo di San Giovanni e negli scritti paolini4, l’Esortazione post-sinodale sviluppa una visione dinamica e dialogica della Rivelazione, nella linea della Costituzione conciliare Dei Verbum. In effetti, la rivelazione cristiana non offre in primo luogo un’informazione privilegiata nei riguardi di Dio, questo Dio sconosciuto che tutte le religioni del mondo si sforzano di avvicinare a tentoni5. La rivelazione cristiana è essenzialmente una chiamata al dialogo, una Parola creatrice di evento e di incontro, di cui la Chiesa fa esperienza sin dalle sue origini.

Papa Benedetto XVI ha tradotto in una celebre formula questo carattere di evento della rivelazione: «Abbiamo creduto all'amore di Dio - scrive il Santo Padre - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva»6. Il cristianesimo non è dunque il frutto d’una saggezza umana o d’una idea geniale ma di un incontro e di una alleanza con una Persona che dà all’esistenza umana il suo decisivo orientamento e la sua forma.

In quest’ottica, la figura della Vergine Maria che ha cooperato al mistero dell’Incarnazione del Verbo, rimane l’insuperabile paradigma del fecondo rapporto della Chiesa alla Parola di Dio. Ecco perché il Santo Padre assume in modo molto esplicito al numero 28 della Verbum Domini la prospettiva mariana formulata dal Sinodo: «L’attenzione devota e amorosa alla figura di Maria come modelle e archetipo della fede della Chiesa, è di importanza capitale per operare anche oggi un concreto cambiamento di paradigma nel rapporto della Chiesa con la Parola, tanto nell’atteggiamento di ascolto orante quanto nella generosità dell’impegno per la missione e l’annuncio».

L’Esortazione Verbum Domini risponde così a ciò di cui ha bisogno la Chiesa in questo inizio di millennio. Poiché seppure nel secolo scorso la conoscenza della Parola di Dio ha progredito in maniera notevole, particolarmente grazie agli studi biblici, alla riforma liturgica, alla catechesi, all’ecumenismo ed alla più ampia diffusione della Parola di Dio, rimane ancora un deficit da colmare in ciò che riguarda la vita spirituale del popolo di Dio. Questi ha il diritto d’esser maggiormente ispirato e nutrito da un approccio più orante e più ecclesiale alle Sacre Scritture. È almeno ciò che i Padri sinodali hanno avvertito nell’azione dello Spirito Santo in mezzo a loro e ch’essi hanno espresso negli orientamenti pastorali.

Se è vero che occorre conoscere le Scritture per conoscere il Cristo, occorre soprattutto pregare con le Sacre Scritture per incontrarvi personalmente il Cristo. Di qui I numerosi sviluppi di Verbum Domini sulla Santa Liturgia, sulla lettura orante e assidua dei testi sacri, sull’ascolto e sul silenzio, sulla condivisione della fede riguardo ai testi biblici, in modo particolare quelli della liturgia domenicale.

È una buona novella per gli uomini e le donne del giorno d’oggi che sono sollecitati dai contrastanti messaggi dei potenti mezzi di comunicazione, a volte a danno della loro ricerca di senso e di felicità. « Pertanto – afferma sin dal suo esordio la Verbum Domini – fatti ad immagine e somiglianza di Dio amore, possiamo comprendere noi stessi solo nell’accoglienza del Verbo e nella docilità all’opera dello Spirito Santo. È alla luce della Rivelazione operata del Verbo divino che si chiarisce definitivamente l’enigma della condizione umana »7.

L’uomo trova nell’incontro con Gesù molto più di un suo insegnamento come Maestro di dottrina; trova la sua amicizia personale e personalizzante. La fede cristiana è comunione personale ed ecclesiale con il Verbo di Dio nato dalla fede di una donna.

Invito i lettori a meditare con attenzione I sostanziali passaggi sulla Vergine Maria e la Parola di Dio che danno il tono all’intera Esortazione. Maria è «Madre del Verbo di Dio» e «Madre della fede»8, l’Icona per eccellenza della Lectio divina9, Maria, «Mater Verbi et Mater laetitiae»10.

B. Il senso spirituale delle Scritture

Uno dei temi di rilievo delle Assise sinodali fu l’ermeneutica della Sacra Scrittura nella Chiesa11. Oggetto di accesi dibattiti e d’un autorevole intervento del Santo Padre, questo tema è stato ripreso e sviluppato nella Verbum Domini su quasi 40 pagine. Non è agevole riassumerle in poche frasi. Diciamo tuttavia che l’orientamento dato all’ermeneutica biblica è chiaro e costruttivo, situando la scienza biblica, esegetica e teologica, all’interno e al servizio della fede della Chiesa. Le scienze sacre, siano esse filologiche, letterarie, storiche, patristiche o speculativamente teologiche, non possono fare astrazione dalla fede della Chiesa in alcun momento del loro sviluppo e della loro metodologia.

Di qui l’insistenza del Documento post-sinodale, di fronte al «pericolo di dualismo» tra esegesi scientifica e teologia, sull’unità e la complementarità delle due discipline e sul loro legame con la vita spirituale. In effetti – richiama la Verbum Domini citando la Pontificia Commissione Biblica, «Con la crescita della vita nello Spirito cresce anche, nel lettore, la comprensione delle realtà di cui parla il testo biblico»12. «La Bibbia è il Libro della Chiesa13» e la sua interpretazione scaturisce dalla vita e dalla crescita della Chiesa, a tal punto che si potrebbe ripetere con san Gregorio Magno: «le parole divine crescono con colui che le legge»14.

Sullo stesso filone, l’Esortazione apostolica Verbum Domini lancia un appello per una rinnovata ricezione dell’«ermeneutica biblica conciliare»15 richiamando in particolar modo i criteri fondamentali per render dovuto conto della dimensione divina della Bibbia: «1) interpretare il testo tenendo presente l’unità di tutta la Scrittura; questo oggi si chiama esegesi canonica; […] 2) si deve poi tener presente la viva tradizione di tutta la Chiesa, e finalmente 3) bisogna osservare l’analogia della fede». L’Esortazione completa questo richiamo della Dei Verbum citando il papa Benedetto XVI in occasione della sua allocuzione all’Assemblea sinodale: «Solo dove i due livelli metodologici, quello storico-critico e quello teologico, sono osservati, si può parlare di una esegesi teologica – di una esegesi adeguata a questo Libro»16.

Questi elementi sono in seguito ripresi con maggior dettaglio segnalando i meriti e i limiti dell’esegesi storico-critica, richiamando il valore dell’esegesi patristica ed esortando gli esegeti, I teologi e I pastori ad un dialogo costruttivo per la vita e la missione della Chiesa17. Ciò che nella nostra epoca importa, è infatti sviluppare il senso spirituale delle Scritture, nella continuità della Tradizione, e nella linea ridefinita dalla Pontificia Commissione Biblica. Il senso spirituale della Scrittura è «il senso espresso dai testi biblici quando vengono letti sotto l’influsso dello Spirito Santo nel contesto del mistero pasquale di Cristo e della vita nuova che ne risulta. Questo contesto esiste effettivamente. Il Nuovo Testamento riconosce in esso il compimento delle Scritture. È perciò normale rileggere le Scritture alla luce di questo nuovo contesto, quello della vita nello Spirito»18.

Questo orientamento fondamentale è ripreso in chiusura della sezione sull’ermeneutica ecclesiale delle Scritture con l’evocazione di numerosi esempi di santi che si sono lasciati plasmare dalla Parola di Dio nella storia della Chiesa. Basta menzionare sant’Antonio Abate, san Benedetto, san Francesco d’Assisi e le tre ben note Teresa per comprendere che la «La santità in rapporto alla Parola di Dio si iscrive così, in un certo modo, nella tradizione profetica, in cui la Parola di Dio prende a servizio la vita stessa del profeta. In questo senso la santità nella Chiesa rappresenta un’ermeneutica della Scrittura dalla quale nessuno può prescindere. Lo Spirito Santo che ha ispirato gli autori sacri è lo stesso che anima i Santi a dare la vita per il Vangelo. Mettersi alla loro scuola costituisce una via sicura per intraprendere un’ermeneutica viva ed efficace della Parola di Dio»19.

C. Questioni da approfondire

L’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini accoglie tutte le 55 Proposizioni approvate dai Padri sinodali e sottomesse alla benevola considerazione del Santo Padre Benedetto XVI. Il loro contenuto è stato inserito e sviluppato nel testo del Documento. Alcuni punti devono essere studiati ulteriormente. Per esempio, i temi dell’ispirazione e della verità delle Scritture che la riflessione teologica ha sempre considerato "come due concetti chiave per un’ermeneutica ecclesiale delle sacre Scritture. Tuttavia, si deve riconoscere l’odierna necessità di un approfondimento adeguato di queste realtà, così da poter rispondere meglio alle esigenze riguardanti l’interpretazione dei testi sacri secondo la loro natura" 20. Altro argomento da approfondire è la sacramentalità della Parola di Dio che "può favorire una comprensione maggiormente unitaria del mistero della Rivelazione in ‘eventi e parole intimamente connessi’, giovando alla vita spirituale dei fedeli e all’azione pastorale della Chiesa"21. Bisogna approfondire anche "il rapporto tra mariologia e teologia della Parola. Da ciò potrà venire grande beneficio sia per la vita spirituale che per gli studi teologici e biblici"22. Inoltre la Proposizione N. 17 sul Ministero della Parola e donna viene sviluppata nei NN. 58 e 85. Al riguardo, si afferma: "Come è noto, mentre il Vangelo è proclamato dal sacerdote o dal diacono, la prima e la seconda lettura nella tradizione latina vengono proclamate dal lettore incaricato, uomo e donna. Vorrei qui farmi voce dei Padri sinodali che anche in questa circostanza hanno sottolineato la necessità di curare con una formazione adeguata l’esercizio del munus di lettore nella celebrazione liturgica ed in modo particolare il ministero del lettorato, che, come tale, nel rito latino, è ministero laicale"23. L’auspicio dei Padri sinodali che "il ministero del lettorato sia aperto anche alle donne" è stato quindi preso in considerazione e il Santo Padre sta studiando attentamente la questione.

L’Esortazione post-sinodale mira a rinnovare la fede della Chiesa nella Parola di Dio24. Essa comporta una visione dialogica, addirittura nuziale, della rivelazione25; comporta inoltre un’ermeneutica ecclesiale della Scrittura ed auspica un approfondimento del rapporto tra la Parola di Dio e i sacramenti, ed in modo speciale il sacramento della Santa Eucaristia.

L’Esortazione apostolica evoca da un lato il carattere performativo della Parola che scaturisce particolarmente dal suo legame con i sacramenti. Nella celebrazione dei sacramenti come nella storia della salvezza la Parola di Dio – "dabar" – indica nello stesso tempo una Parola che è un’Azione divina: «Dio dice e fa, la sua stessa Parola è viva ed efficace»26. Questo carattere performativo della Parola culmina nelle parole della consacrazione eucaristica.

Da qui l’idea della sacramentalità della Parola, in analogia con la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia27. «La proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione comporta il riconoscere che sia Cristo stesso as essere presente e a rivolgersi a noi»28.

Inoltre, la profonda unità tra la Parola di Dio proclamata e l’Eucaristia manifesta una circolarità tra le due per l’intelligenza delle Scritture: "L’Eucaristia ci apre all’intelligenza della sacra Scrittura, così come la sacra Scrittura a sua volta illumina e spiega il Mistero eucaristico. In effetti, senza il riconoscimento della presenza reale del Signore nell’Eucaristia, l’intelligenza della Scrittura rimane incompiuta29". Educare il popolo di Dio a cogliere questo legame intrinseco tra la Parola di Dio e il sacramento lo aiuta anche a "cogliere l’agire di Dio nella storia della salvezza e nella vicenda personale di ogni suo membro"30.

Tutti gli aspetti sumenzionati rimangono da approfondire nella vita della Chiesa, nella convinzione profonda che colui che legge la Bibbia o ascolta la Parola pregando incontra personalmente Cristo. La Scrittura è infatti una ed unica la Parola di Dio che interpella la nostra vita alla conversione. «Tutta la divina Scrittura costituisce un unico Libro – scrive Ugo di San Vittore – e quest’unico Libro è il Cristo, parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento»31.

Conclusione

Dio parla nelle Sacre Scritture della Chiesa per radunare il suo popolo, nutrirlo della sua vita e per accoglierlo nella sua comunione. Quest’appello divino è indirizzato all’umanità tutta intera.

L’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini pone risolutamente l’accento sulla dimensione divina della Parola e propone un nuovo paradigma, dialogico e pneumatologico, ispirato dal mistero trinitario e dalla risposta della Vergine Maria.

Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano. L’Esortazione post-sinodale rilancia dunque la contemplazione personale ed ecclesiale della Parola di Dio nelle Sacre Scritture, nella Divina Liturgia e nella vita personale e comunitaria dei credenti. Essa rilancia altresì l’attività missionaria e l’evangelizzazione, dal momento che rinnova la coscienza della Chiesa d’essere amata e la sua missione di annunciare la Parola di Dio con audacia e confidenza nella forza dello Spirito Santo. Possa questa Esortazione tanto attesa essere l’oggetto d’una ricezione autentica e ad un tempo entusiasta.

____________________________________

1 Lc 11, 27-28.

2 Costituzione pastorale Dei Verbum 2.

3 Benedetto XVI, Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, 30 settembre 2010, n. 6.

4 VD 5-17.

5 Cfr. At 17, 23.27.

6 Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus Caritas est, 1.

7 Verbum Domini (VD), 6.

8 VD 27-28.

9 Ibid., 86-87.

10 Ibid., 124.

11 VD 29-49.

12 Pontificia Commmissione Biblica (PCB), L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 15 aprile 1993, II, A, 2 : Ench. Vat. 13, n. 2991.

13 VD 29.

14 Homiliae in Ezechielem, I, VII, 8: CCL 142, 87 (PL 76, 843 D).

15 VD 34-35.

16 Benedetto XVI, Ai partecipanti alla XIVe Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi (14 ottobre 2008); La DC n. 2412, pp. 1015-1016; proposition 26.

17 VD 45.

18

VD37; PCB, ibid.; Ench Vat. n. 2987.

19 VD 49.

20 VD 19.

21 VD 56.

22 VD 27.

23 VD 58.

24 VD 27.

25 VD 51.

26 Cf. Eb 4, 12.

27 VD 56.

28 Cf. Sacrosanctum Concilium, 7

29 VD 55

30 VD 53.

31 VD 39; De arca Noe, 2, 8: PL 176, 642 C-D.



INTERVENTO DI S.E. MONS. NIKOLA ETEROVI‚

I) Introduzione

L’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini presenta alla Chiesa universale, ai membri di altre Chiese e comunità cristiane, ai credenti di denominazioni religiose non cristiane, come pure agli uomini di buona volontà, i risultati della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, che si è tenuta in Vaticano dal 5 al 26 ottobre 2008. Al termine dell’Assise, i Padri sinodali hanno pregato il Santo Padre Benedetto XVI di "offrire un documento sul mistero della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, anche alla luce dell’Anno dedicato a San Paolo, Apostolo delle genti, nel bimillenario della sua nascita" (Propositio 1). L’Esortazione Apostolica è il risultato di tale voto che il Santo Padre Benedetto XVI ha volentieri accolto, servendosi del contributo del XII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

La Verbum Domini è divisa in tre parti, seguendo la struttura del tema dell’Assemblea sinodale: La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Pertanto, la prima parte è intitolata Verbum Dei, la seconda Verbum in Ecclesia e la terza Verbum mundo. Evidentemente, il Documento incomincia con una Introduzione che fornisce utili indicazioni preliminari, tra cui lo scopo dell’Esortazione, e si chiude con la Conclusione in cui sono sintetizzate le idee portanti.

Prima di presentare brevemente la struttura della Verbum Domini, desidero soffermarmi sul significato del titolo e sullo scopo dell’Esortazione Apostolica Postsinodale.

II) Titolo dell’Esortazione Apostolica

Il titolo Verbum Domini è preso dalle antiche parole del profeta Isaia, nella maniera in cui le ha riproposte san Pietro nella sua Prima Lettera.

"Verbum autem Dei nostri manet in aeternum" ["La parola del nostro Dio dura per sempre"] (Is 40, 8). Con tale versetto del capitolo 40 del profeta Isaia, inizia il cosiddetto Libro della Consolazione del "Secondo-Isaia", "Deutero-Isaia". Il profeta annuncia la liberazione del popolo eletto. La sua schiavitù è terminata e, sotto la guida di Dio, si prepara un nuovo esodo. Nella contingenza della natura: "secca l’erba, appassisce il fiore" (Is 40, 8), e dell’uomo: "ogni uomo è come l’erba e tutta la sua grazia è come un fiore del campo" (Is 40, 6), l’unica forza stabile è la Parola di Dio che rimane per sempre.

Nella prima Lettera di san Pietro viene riportata la citazione del profeta Isaia, per esortare i cristiani a lasciarsi rigenerare "non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna" perché "ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come un fiore di campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno" ["Verbum autem Domini manet in aeternum"] (1 Pt 1, 24-25). L’autore della Lettera conclude: "Hoc est autem verbum, quod evangelizatum est in vos" ["E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato"] (1 Pt 1, 25).

Nel titolo dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini si può, dunque, facilmente percepire la concordanza e quindi la continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento come pure il suo compimento e superamento nella Persona di Gesù Cristo, testimoniata nei 27 libri del Nuovo Testamento. In effetti, il Vangelo di cui parla san Pietro è il Vangelo "di Gesù, Cristo, Figlio di Dio" (Mc 1, 1). È la Buona Notizia del mistero pasquale di Gesù. "Mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti" (1 Pt 1, 3), Dio suo Padre ci ha rigenerati nella sua grande misericordia "per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (1 Pt 1, 4). Tale è il contenuto del Vangelo annunciato da san Pietro e da tutti gli Apostoli che l’Esortazione Apostolica Postsinodale mette ben in evidenza.

Il titolo dell’Esortazione Apostolica, pertanto, riprende la versione latina della 1 Lettera di san Pietro, nella traduzione attribuita a san Gerolamo, la Volgata. Per la Divina provvidenza, la Verbum Domini porta la data del giorno della sua memoria liturgica, 30 settembre. È doveroso ricordare che un altro importante documento sulla Bibbia fu pubblicato nella stessa data 67 anni fa. Si tratta dell’enciclica Divino Afflante Spiritu del Servo di Dio Pio XII, pubblicata il 30 settembre 1943. San Gerolamo è menzionato anche nella Dei Verbum, una della quattro Costituzioni dommatiche del Concilio Ecumenico Vaticano II. In particolare, è citata la nota espressione "L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo" (DV 25), ripresa anche dalla Verbum Domini (cfr VD 30), documento che abbonda di citazioni patristiche. La Dei Verbum è spesso rievocata nell’Esortazione Apostolica Postsinodale, come del resto lo è stata anche nel corso dell’Assise sinodale. Anche per la somiglianza linguistica Dei Verbum - Verbum Domini l’Esortazione Apostolica Postsinodale rimanda alla Costituzione conciliare. La Verbum Domini riconosce il grande impulso che la Dei Verbum ha avuto nella riscoperta della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Al contempo, sotto l’azione dello Spirito Santo che guida la Chiesa nella continuità del proprio cammino, indicato dal Signore Gesù, il Sinodo sulla Parola di Dio ha voluto "approfondire ulteriormente il tema della divina Parola, sia come verifica dell’attuazione delle indicazioni conciliari, sia per affrontare le nuove sfide che il tempo presente pone ai credenti in Cristo" (VD 3). Di tale intento testimonia da Verbum Domini. È significativo che la Verbum Domini cominci con la citazione biblica con la quale si chiude la Dei Verbum: "Come dall'assidua frequenza del mistero eucaristico si accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso alla vita spirituale dall'accresciuta venerazione per la parola di Dio, che ‘permane in eterno’ (Is 40, 8; cfr. 1 Pt 1, 23-25)" (DV 26).

Il titolo, poi, della Verbum Domini ha un importante rilievo liturgico. Infatti, dopo ogni lettura del brano della Sacra Scrittura nelle celebrazioni liturgiche, soprattutto nell’Eucaristia, il popolo di Dio ringrazia per il cibo della Parola esclamando Verbum Domini, rendendo grazie alla Persona del Verbo incarnato, Gesù di Nazaret, presente nella Parola proclamata. Il titolo, pertanto, indica la liturgia come luogo privilegiato della divina Parola.

III) Scopo dell’Esortazione Apostolica

Lo scopo della Verbum Domini è molteplice:

1) Comunicare i risultati dell’Assemblea sinodale, "far conoscere a tutto il Popolo di Dio la ricchezza emersa nell’assise sinodale vaticana e le indicazioni espresse dal lavoro comune" (VD 1). Il Santo Padre Benedetto XVI desidera presentare i risultati del Sinodo sulla Parola di Dio perché influiscano efficacemente sulla vita ecclesiale e sulla sua missione nel mondo.

2) Riscoprire la Parola di Dio, fonte di costante rinnovamento ecclesiale. "Indicare alcune linee fondamentali per una riscoperta della divina Parola nella vita della Chiesa, sorgente di costante rinnovamento" (VD 1). Le acquisizioni del Sinodo sulla Parola influiranno "sul personale rapporto con le sacre Scritture, sulla loro interpretazione nella Liturgia e nella catechesi come anche nella ricerca scientifica, affinché la Bibbia non rimanga una Parola del passato, ma la sua vitalità e attualità siano lette e dischiuse nella vastità delle dimensioni dei suoi significati" (VD 5). Intesa in tale senso, "la divina Parola sarà sempre di più il movente del rinnovamento della Chiesa chiamata a ringiovanire grazie alla Parola del Signore che rimane in eterno (1 Pt 1, 25; Is 40, 8)" (VD 124). Il rinnovamento presuppone l’ascolto, la meditazione, la conversione del cuore, attitudini indispensabili per poter osservare la Parola di Dio (cfr Lc 11, 28), sorgente di una Pentecoste anche oggi. Si tratta di "una Pentecoste ancora in cammino" (VD 4), dato che tuttora molte persone e popoli attendono la Parola di Dio nella propria lingua e cultura, fatto che rende urgente la missio ad gentes.

3) Promuovere l’animazione biblica della pastorale. La Parola di Dio, infatti, dovrebbe diventare "sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale" (VD 1). Perché ciò diventi realtà, bisogna favorire un’adeguata formazione biblica a tutti i livelli. Al riguardo, "occorre potenziare l’apostolato biblico, metodo assai valido per tale finalità, come dimostra l’esperienza ecclesiale" (VD 75).

4) Essere testimoni della Parola. I fedeli sono chiamati a riscoprire "l’incontro personale e comunitario con Cristo, Verbo della vita che si è reso visibile, e a farsi suoi annunciatori perché il dono della vita divina, la comunione, si dilati sempre più in tutto il mondo" (VD 2). "L’annuncio della Parola crea comunione e realizza la gioia" (VD 123). I cristiani hanno il dovere di "comunicare la gioia che viene dall’incontro con la Persona di Cristo", grande urgenza pastorale del nostro tempo. "Non esiste priorità più grande di questa: riaprire all’uomo di oggi l’accesso a Dio, al Dio che parla e ci comunica il suo amore perché abbiamo vita in abbondanza (cfr Gv 10, 10)" (VD 2).

5) Intraprendere una nuova evangelizzazione, "nella certezza dell’efficacia della divina Parola" (VD 96). "Il nostro dev’essere sempre più il tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione" (VD 122). Riscoprire la centralità della divina Parola richiede di continuare, con rinnovato slancio, la missio ad gentes e "intraprendere con tutte le forze la nuova evangelizzazione, soprattutto in quelle nazioni dove il Vangelo è stato dimenticato o soffre l’indifferenza dei più a causa di un diffuso secolarismo" (VD 122). Nei Paesi della nuova evangelizzazione, la Parola di Dio deve essere proposta anche agli immigrati (cfr VD 105).

6) Favorire il dialogo ecumenico, sottolineando la centralità degli studi biblici in vista della piena unità di tutti i cristiani, convinti "che ascoltare e meditare insieme le Scritture ci fa vivere una comunione reale, anche se non ancora piena" (VD 46). È stato toccante ascoltare i delegati fraterni che hanno partecipato all’Assemblea sinodale, tra cui in modo particolare Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli (cfr VD 4). Occorre incrementare "lo studio, il confronto e le celebrazioni ecumeniche della Parola di Dio, nel rispetto delle regole vigenti e delle diverse tradizioni" (VD 46). Nel lavoro ecumenico di grande importanza sono le trduzioni comuni della Bibbia nelle diverse lingue.

7) Amare la Parola di Dio. Le precedenti indicazioni potrebbero essere sintetizzate nell’attitudine propria dei cristiani di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo "per poter amare sempre di più la Parola di Dio" (VD 5) che, in definitiva, è la Persona di Gesù Cristo, Verbo incarnato. Ad amare la Bibbia sono invitati tutti i cristiani. La Verbum Domini ha, pertanto, notevole portata ecumenica.

IV) Struttura della Verbum Domini

L’Esortazione Apostolica Postsinodale è divisa in tre parti che a sua volta sono composte da alcuni capitoli. Essa trae l’ispirazione dallo stupendo Prologo del Vangelo di San Giovanni.

1) La prima parte, Verbum Dei, sottolinea il ruolo fondamentale di Dio Padre, fonte e origine della Parola (cfr VD 20-21), come pure la dimensione trinitaria della rivelazione. È divisa in tre capitoli. Nel primo, Il Dio che parla, si mette in risalto la volontà di Dio di aprire e intrattenere un dialogo con l’uomo, nel quale Dio prende l’iniziativa e si rivela in vari modi. Pertanto, adoperando la categoria dell’analogia, il Documento analizza diversi significati della divina Parola. Dio parla per mezzo della creazione, in particolare dell’uomo e della donna creati a sua immagine. Egli ha parlato per mezzo dei profeti. I libri dell’Antico e del Nuovo Testamento sono la sua Parola attestata e divinamente ispirata. La Tradizione viva della Chiesa è pure sua Parola. La Parola di Dio è anche il suo silenzio che ha avuto l’espressione culminante nella croce del Signore Gesù (cfr VD 21). Tutti i significati della Parola di Dio conducono a Lui, Verbo incarnato, espressione piena e perfetta della Parola di Dio. Pertanto, la Verbum Domini mette in risalto l’aspetto cristologico della Parola, sottolineando al contempo anche la dimensione pneumatologica, per evidenziare la sua fonte e termine in Dio Padre. In questa parte si affronta il rapporto tra Tradizione e Scrittura come pure il tema dell’ispirazione e verità della Bibbia.

La risposta dell’uomo al Dio che parla è il titolo del secondo capitolo. L’uomo è chiamato ad entrare nell’Alleanza con il suo Dio che lo ascolta e risponde alle sue domande. A Dio che parla, l’uomo risponde con la fede. La preghiera più indicata è quella fatta mediante le parole che lo stesso Dio ha rivelato e che sono mantenute scritte nella Bibbia. Essa spesso descrive il peccato dell’uomo come non ascolto della Parola di Dio. Tale peccato è stato vinto nell’obbedienza radicale di Gesù Cristo, fino alla morte di croce (cfr Fil 2, 8). La Vergine Maria, Mater Verbi e Mater fidei, offre l’esempio del compimento perfetto della reciprocità tra la Parola di Dio e la fede.

Il terzo capitolo è dedicato al tema L’Ermeneutica della sacra Scrittura nella Chiesa. È la parte più teorica del Documento, ma assai importante per la retta comprensione della Parola di Dio. La sacra Scrittura dovrebbe essere, come auspicato dalla Dei Verbum, "l’anima della sacra Teologia". La Chiesa è il luogo originario dell’interpretazione della Bibbia. Dopo alcune riflessioni sullo sviluppo della ricerca biblica e il Magistero della Chiesa, si presenta l’ermeneutica biblica del Concilio Vaticano II che occorre riscoprire anche per evitare un certo dualismo dell’ermeneutica secolarizzata. Esso potrebbe portare ad un’interpretazione fondamentalista o spiritualista della sacra Scrittura. La retta ermeneutica richiede la complementarità del senso letterale e spirituale, una armonia tra la fede e la ragione. Nel ribadire l’unità intrinseca della Bibbia, la Verbum Domini esamina il rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento, senza trascurare le cosiddette pagine "oscure" della Bibbia, concentrandosi, poi, sul rapporto tra i cristiani e gli ebrei in riferimento alle sacre Scritture. Un rapporto del tutto speciale esiste tra i cristiani e gli ebrei, che condividono buona parte delle Scritture, che i cristiani denominano Antico Testamento. Inoltre, per comprendere in modo adeguato la persona stessa di Gesù Cristo, è necessario riconoscerlo come figlio del popolo ebreo, della sua cultura ed esperienza religiosa.

L’Esortazione Apostolica Postsinodale riflette anche su Bibbia ed ecumenismo, dato che la sacra Scrittura è un vincolo importante di unità tra i cattolici e gli altri cristiani, membri delle Chiese e comunità cristiane. La venerazione della Bibbia e l’amministrazione del sacramento del battesimo, rappresentano legami fondamentali tra tutti coloro che credono in Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, il cui mistero è stato rivelato nella sacra Scrittura.

Il Documento poi fornisce validi contributi per un dialogo tra pastori, teologi ed esegeti, come pure sull’impostazione degli studi teologici. La parte dedicata all’ermeneutica della sacra Scrittura termina menzionando alcuni santi, rilevando che i santi sono i migliori interpreti della Parola di Dio.

2) La seconda parte, Verbum in Ecclesia, mette in risalto che, per la divina Provvidenza, la Chiesa è la casa della Parola di Dio che accoglie il Verbo fatto carne e che ha posto la sua tenda tra noi (cfr Gv 1, 14). Questa parte è divisa in tre capitoli. Il primo, La Parola di Dio e la Chiesa, sottolinea che grazie alla Parola di Dio e all’azione sacramentale, Gesù Cristo è contemporaneo agli uomini nella vita della Chiesa.

Liturgia luogo privilegiato della Parola di Dio è il titolo del secondo capitolo che riflette sulla Parola di Dio nella sacra Liturgia. Si sottolinea qui il nesso vitale tra la sacra Scrittura e i sacramenti, in particolare l’Eucaristia, dato che la Liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa. Il Documento prende in considerazione la Parola di Dio ed anche i sacramenti della Riconciliazione e dell’unzione degli Infermi. Il nesso tra i Sacramenti e la Parola di Dio apre la riflessione circa la sacramentalità della Parola, che ha bisogno di ulteriore approfondimento. Facendosi eco del pensiero dei Padri sinodali, la Verbum Domini richiama l’importanza del Lezionario che la riforma del Concilio Vaticano II ha arricchito con abbondanti brani della sacra Scrittura. In tale contesto, non si poteva omettere l’importanza della proclamazione della Parola e del ministero del lettorato e, soprattutto, dell’omelia, tema che ha notevole importanza nell’Esortazione Apostolica Postsinodale. La Verbum Domini sottolinea inoltre la grande rilevanza della Parola di Dio e della Liturgia delle Ore. Offre, poi, validi suggerimenti per l’animazione liturgica, la celebrazione e la proclamazione della Parola di Dio, il silenzio, il tempo liturgico cristiano, l’esclusività dei testi biblici nella liturgia, il canto biblicamente ispirato, l’attenzione particolare ai non vedenti e ai non udenti.

Il terzo capitolo è dedicato a La Parola di Dio nella vita ecclesiale, mettendo in risalto l’importanza dell’animazione biblica della pastorale, la dimensione biblica della catechesi, la formazione biblica dei cristiani, la sacra Scrittura nei grandi raduni ecclesiali, la Parola di Dio in rapporto alle vocazioni. Particolare attenzione è dedicata alla Parola di Dio e ai Pastori - vescovi, presbiteri, diaconi, candidati all’Ordine sacro -, ai membri di vita consacrata, come pure ai fedeli laici e, soprattutto, in seno al matrimonio e alla famiglia. Notevole parte del capitolo è riservata alla lettura orante della sacra Scrittura, in particolare, alla Lectio divina, e alla preghiera mariana. Il capitolo termina con appropriate riflessioni sulla Parola di Dio e la Terra Santa, ove la Parola di Dio si è incarnata, è stata rivelata e gelosamente custodita nella forma orale e scritta.

3) La terza parte, Verbum mundo, sottolinea il dovere dei cristiani di annunciare la Parola di Dio nel mondo in cui vivono ed operano. Essa è divisa in quattro capitoli. Il primo, La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio, riflette sulla missione della Chiesa che ha come punto di partenza e di arrivo il mistero di Dio Padre. Il Verbo di Dio ci ha comunicato la vita divina. La sua Parola ci coinvolge non soltanto come destinatari ma anche come suoi annunciatori. Infatti, tutti i battezzati sono responsabili dell’annuncio della Parola di Dio dalla quale proviene la missione della Chiesa. Essa è orientata al primo annuncio, ad gentes, a coloro che tuttora non conoscono il Verbo, Parola di Dio, ma anche a coloro che sono stati battezzati ma non sufficientemente evangelizzati e che hanno bisogno di una nuova evangelizzazione per riscoprire la Parola di Dio. La credibilità dell’annuncio della Buona Notizia dipende dalla testimonianza della vita cristiana.

Parola di Dio e impegno nel mondo è il titolo del secondo capitolo. In esso sono indicate piste per un’animazione della complessa realtà del mondo tramite la Parola di Dio. I cristiani sono chiamati a servire il Verbo di Dio nei fratelli più piccoli e, dunque, ad impegnarsi nella società per la riconciliazione, la giustizia e la pace tra i popoli. La Parola di Dio è sorgente di una carità operosa e creativa per alleviare le sofferenze dei poveri in senso materiale e spirituale. La Verbum Domini si rivolge, con la luce della Parola di Dio, ai giovani, ai migranti, ai sofferenti, ai poveri. Essa ha pure importanti connotazioni ecologiche nella visione cristiana del creato che è anche, in modo analogico, Parola di Dio.

Il terzo capitolo è dedicato alla Parola di Dio e culture, dato che la Bibbia è giustamente percepita come grande codice per la cultura dell’umanità, sorgente inesauribile di espressioni artistiche fino ai nostri giorni. Pertanto, sarebbe auspicabile che la Bibbia fosse meglio conosciuta nelle scuole e università e che i mezzi di comunicazione sociale siano adoperati sempre meglio nella sua divulgazione, usufruendo di tutte le attuali possibilità tecniche. Il tema dell’inculturazione della sacra Scrittura è legato anche alle traduzioni e alla diffusione della Bibbia, che bisogna ulteriormente incrementare. Ad ogni modo, la Parola di Dio ha bisogno di esprimersi nelle culture dei popoli, ma essa supera abbondantemente i limiti delle culture umane.

Parola di Dio e dialogo interreligioso è il tema del quarto capitolo. Dopo aver stabilito il valore e l’attualità del dialogo interreligioso, la Verbum Domini, alla luce della Parola di Dio che si è pienamente rivelata nella Persona di Gesù Cristo, fornisce valide indicazioni circa il dialogo tra cristiani e musulmani, come pure con gli appartenenti ad altre religioni non cristiane, nel quadro della libertà religiosa che implica non solamente la libertà di professare la propria fede in privato e in pubblico, ma anche la libertà di coscienza e cioè di scegliere la propria religione.

Nella Conclusione, il Santo Padre Benedetto XVI ribadisce l’esortazione a tutti i cristiani "ad impegnarsi per diventare sempre più familiari con le sacre Scritture" (VD 121). La Parola di Dio spinge alla missione, come mostra l’esempio di san Paolo, Apostolo delle genti. "Così anche oggi lo Spirito Santo non cessa di chiamare ascoltatori e annunciatori convinti e persuasivi della Parola del Signore" (VD 122). Essi sono chiamati ad essere "annunciatori credibili della Parola di salvezza", comunicando "la fonte della vera gioia... che scaturisce dalla consapevolezza che solo il Signore Gesù ha parole di vita eterna (cfr Gv 6, 68)" (VD 123). "Questa intima relazione tra la Parola di Dio e la gioia è posta in evidenza proprio nella Madre di Dio, ‘Mater Verbi et Mater laetitiae’" (VD 124).

V) Contributo del Papa Benedetto XVI

Al termine, occorre rilevare il grande contributo del Santo Padre Benedetto XVI all’Esortazione Apostolica Postsinodale. In essa è raccolto il suo ricco Magistero sulla Parola di Dio, espresso anche durante la XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Oltre l’intervento del 14 ottobre 2008 nell’Aula sinodale, che è stato accolto dai Padri sinodali e elaborato nella Verbum Domini, particolarmente dense di contenuto sono state le omelie all’inizio e alla fine della celebrazione dell’Assise sinodale che, arricchendo le riflessioni sinodali, hanno qualificato la presente Esortazione Apostolica Postinodale. Essa infatti non solamente comunica le riflessioni dell’Assise sinodale e i consigli rivolti al Santo Padre, bensì su vari aspetti ne rappresenta un vero approfondimento. Tenendo presenti le numerose citazioni e i richiami all’illuminato Magistero di Sua Santità, è doveroso riconoscere il contributo qualificato del Vescovo di Roma, Presidente del Sinodo dei Vescovi, alle discussioni sinodali, che poi ha sviluppato nella Verbum Domini. Esso evidenzia ancora una volta, la priorità della Parola di Dio nel suo Pontificato. Prendendo in considerazione tali fatti, si potrebbe concludere che il Santo Padre Benedetto XVI può essere definito il Papa della Parola di Dio.


INTERVENTO DEL REV.MO MONS. FORTUNATO FREZZA

Se è vero che «considerando la Chiesa come "casa della Parola", si deve innanzitutto porre attenzione alla sacra liturgia. È questo infatti l’ambito privilegiato in cui Dio parla a noi nel presente della nostra vita, parla oggi al suo popolo, il quale ascolta e risponde» (VD, 52), appare del tutto coerente che nell’Esortazione Apostolica Postsinodale di Sua Santità Benedetto XVI Verbum Domini, successiva alla XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, quella dichiarazione si trovi nel cuore stesso del documento, al suo centro fisico e programmatico.

Delle tre parti che compongono il testo pontificio, la seconda, «Verbum in Ecclesia», dopo i due titoli generali d’esordio, La Chiesa accoglie la Parola, Contemporaneità di Cristo nella Chiesa, mette immediatamente a tema l’argomento centrale: «Liturgia, luogo privilegiato della parola di Dio», esattamente alle pagine mediane del volume. Il significato simbolico di questa collocazione tipografica procura un supplemento d’attenzione alle parole, citate nella Verbum Domini, della costituzione sulla sacra Liturgia del Concilio Vaticano II: «Nella celebrazione liturgica la Sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa infatti si attingono le letture […]; da essa infine prendono significato le azioni e i simboli liturgici» (SC 24). «Pertanto occorre comprendere e vivere il valore essenziale dell’azione liturgica per la comprensione della Parola di Dio» (VD 52). E questa non sembri una semplice raccomandazione contenuta nel documento, perché essa si presenta come una vera e propria dichiarazione programmatica, come un principio primo che governa non solo la comprensione come esclusiva attività intellettiva, ma soprattutto il "comprendere e vivere" la liturgia in vista della comprensione della Parola di Dio. Questo avviene perché Liturgia e Parola di Dio si compenetrano in stringente reciprocità: la Parola di Dio divinizza l’azione liturgica, la Liturgia è luogo privilegiato per la comprensione della Parola di Dio, comprensione che si qualifica secondo il dinamismo paolino del conoscere per essere conosciuto (cfr. 1Cor 13, 12) e del conoscere per operare nella vita secondo lo spirito (cfr. Fil 3, 8; Ef 3, 16-20).

Questa sezione centrale, che riguarda appunto la Parola di Dio annunciata nella Liturgia, sotto il titolo generale VERBUM IN ECCLESIA con il successivo sottotitolo LITURGIA LUOGO PRIVILEGIATO DELLA PAROLA DI DIO contiene in una serie di ben diciannove voci, nei numeri da 52 a 71, uno specifico inserto sull’articolazione della professione della Parola di Dio nei diversi momenti liturgici:

1. La Parola di Dio nella sacra Liturgia

2. Sacra Scrittura e sacramenti

3. Parola di Dio ed Eucaristia

4. La sacramentalità della Parola

5 La sacra Scrittura e il Lezionario

6. Proclamazione della Parola e ministero del lettorato

7. L’importanza dell’omelia

8. Opportunità di un Direttorio omiletico

9. Parola di Dio, Riconciliazione e Unzione degli infermi

10. Parola di Dio e Liturgia delle Ore

11. Parola di Dio e Benedizionale

12. Suggerimenti e proposte concrete per l’animazione liturgica

13. a) Celebrazioni della Parola di Dio

14. b) La Parola e il silenzio

15. c) Proclamazione solenne della Parola di Dio

16. d) La Parola di Dio nel tempio cristiano

17. e) Esclusività dei testi biblici nella liturgia

18. f) Canto liturgico biblicamente ispirato

19. g) Particolare attenzione ai non vedenti/udenti

Così, alle affermazioni dottrinali circa il rapporto originario tra Parola di Dio e Liturgia del n. 52, tra Parola di Dio e Sacramenti del n. 53, segue la spiegazione dei diversi modi in cui in alcuni sacramenti la Parola di Dio è proclamata.

Poiché la liturgia costituisce per la fede l’orizzonte ermeneutico della Parola di Dio, significa che anche nei singoli atti liturgici, come sono i sacramenti, l’annuncio biblico rivela la sua verità sia nella proclamazione liturgica sia negli effetti del sacramento celebrato. In questo modo si raggiunge quella comprensione totale della mente e della vita che connota l’esistenza cristiana.

La liturgia della Parola è un elemento essenziale nella celebrazione di ciascun sacramento della Chiesa e nella relazione tra parola e gesto sacramentale si mostra in forma liturgica l’agire proprio di Dio nella storia mediante quello che viene chiamato il carattere performativo della Parola stessa, che realizza ciò che dice (VD 53).

La parte che il documento riserva alla celebrazione eucaristica è preponderante e si svolge su sette numeri, da 54 a 60, toccando argomenti dottrinali costitutivi, quali Parola di Dio ed Eucaristia (nn. 54-55), Sacramentalità della Parola (n. 56), e proponendo applicazioni concrete in riferimento a lezionario (n. 57), ministero del lettorato (n. 58) , omelia (nn. 59-60).

Inoltre, se al centro della relazione tra Parola di Dio e sacramenti sta indubbiamente l’Eucaristia, tuttavia è bene sottolineare l’importanza della sacra Scrittura anche negli altri sacramenti, in particolare quelli di guarigione: ossia il sacramento della riconciliazione, o confessione, e il sacramento dell’unzione degli infermi. Nella celebrazione di quest’ultimo agisce la forza sanante della Parola di Dio. La Sacra Scrittura narra intensi momenti di conforto, sostegno e guarigione vissuti da Gesù a favore dei sofferenti, dimostrazione di come Egli si sia caricato della sofferenza umana, dando così senso al dolore e al morire (VD 61).

Nella vita di preghiera della Chiesa la Liturgia delle Ore occupa il posto dovuto alla stessa opera di Dio per eccellenza, nella quale lo Spirito del Signore risorto suggerisce ai fedeli parole e gesti di lode, supplica, adorazione, rendimento di grazie, nell’ascolto della Parola di Dio che viene proclamata, ascoltata, trasformata in preghiera dall’intera comunità della Chiesa. Nella liturgia delle Ore, come preghiera quotidiana pubblica della Chiesa, si mostra l’ideale cristiano di santificazione della giornata scandita dalle diverse ore. È giusto, pertanto, che si diffonda maggiormente nel popolo di Dio questo tipo di preghiera, specialmente la recita delle Lodi e dei Vesperi. Tale incremento non potrà che aumentare tra i fedeli la familiarità con la Parola di Dio (VD 62).

Dal libro biblico l’attenzione si sposta ai libri liturgici che ne raccolgono e proclamano il messaggio nei diversi atti e momenti. In questa prospettiva, il Lezionario assume una propria evidenza per la dignità che riveste come deposito fisico della Parola di Dio; esso favorisce la comprensione dell’unità del piano divino, mediante la correlazione tra le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento (VD 57). Alle letture del Legionario segue l’omelia come «attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia della Parola di Dio nell’oggi della propria vita». Essa è parte dell’azione liturgica; ha il compito di favorire una più piena comprensione ed efficacia della Parola di Dio nella vita dei fedeli; deve condurre alla comprensione del mistero che si celebra, invitare alla missione e alla comunione (VD 59).

Si dà poi rilievo anche al Benedizionale, nel quale appare evidente il vincolo tra benedizione e Parola di Dio. Infatti, il gesto della benedizione non è da isolare, ma da collegare alla vita liturgica del popolo di Dio. In questo senso la benedizione, come vero segno sacro, attinge senso ed efficacia dalla proclamazione della Parola di Dio (VD 63).

L’Esortazione, nella parte finale della sezione dedicata alla liturgia come luogo privilegiato della Parola di Dio, propone diversi suggerimenti e proposte concrete per l’animazione liturgica con raccomandazioni pratiche atte a favorire nel popolo di Dio una sempre maggiore familiarità con la Parola di Dio nell’ambito delle azioni liturgiche. A questo scopo il centro di attenzione si sposta sulle Celebrazioni della Parola di Dio distinte e diverse dagli atti liturgici veri e propri. Esse assumono particolare importanza in preparazione alla celebrazione eucaristica domenicale, sono significative soprattutto nei tempi liturgici di Avvento e Natale, Quaresima e Pasqua, si raccomandano in quelle comunità in cui, a causa della scarsità di sacerdoti, non è possibile celebrare il sacrificio eucaristico nei giorni di precetto festivo, come anche in occasione di pellegrinaggi, feste particolari, missioni al popolo, ritiri spirituali e giorni speciali di penitenza, riparazione e perdono.

Un particolare modo di onorare la Parola è il silenzio che segue la proclamazione di essa, in quanto permette la migliore attitudine per un profondo ascolto del cuore. Al conseguimento di tale scopo è necessaria un’azione educativa specifica, poiché raccoglimento e quiete interiore sono minacciati dal genere di vita concitata e dispersiva della società odierna (VD 66).

Un’attenzione ulteriore è dedicata ai luoghi: il tempio, l’ambone, l’altare, e agli stessi strumenti di diffusione acustica delle letture bibliche, per rendere accessibile l’ascolto anche a persone le cui condizioni di salute riducono la partecipazione attiva alla liturgia, come sono, ad esempio, i non vedenti e i non udenti (VD 68).

Nel grande atto di venerazione della Parola di Dio, all’interno della celebrazione liturgica, il canto occupa un posto privilegiato come elemento di bellezza che accompagna l’atto liturgico. L’ispirazione biblica dei canti favorisce la percezione unitaria della liturgia, che si alimenta della Parola di Dio dall’inizio e nello svolgimento delle diverse parti celebrative. Il canto e tutti gli altri elementi dell’arte cristiana mostrano sensibilmente l’Invisibile e l’Inudibile mistero di Dio (VD 70-71).

Un’ultima annotazione. La Verbum Domini manifesta una evidente relazione con la Dei Verbum, costituzione del Concilio Vaticano II sulla divina Rivelazione, che risulta essere ambito e matrice di pensiero e di continuità feconda per gli sviluppi propri del documento attuale. In esso risalta inoltre la caratteristica di un linguaggio piano, persuasivo che esprime adeguatamente la sua stessa natura esortativa. Infine esso rivela un’attenzione costante ad atti concreti ed esecutivi della testimonianza di ascolto e accoglienza che la Chiesa rende nel tempo alla eterna Parola del Signore.





+PetaloNero+
00giovedì 11 novembre 2010 15:29
CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL SOSTITUTO PER GLI AFFARI GENERALI DELLA SEGRETERIA DI STATO IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO 2010-2011 ALL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE - SEDE DI ROMA


Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, S.E. Mons. Fernando Filoni, ha pronunciato questa mattina all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma nel corso della Santa Messa in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2010-2011:


OMELIA DI S.E. MONS. FERNANDO FILONI

Illustri Autorità, Professori e Alunni,

sono lieto di celebrare questa mattina l’Eucaristia nella sede romana dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore per dare ufficialmente inizio all’Anno Accademico 2010-2011. In questa significativa circostanza, rivolgo un deferente saluto al Rettore Magnifico, ai Presidi delle Facoltà e all’Assistente Ecclesiastico Generale con i suoi collaboratori. A tutti reco il saluto e l’augurio del Santo Padre Benedetto XVI. Egli mi ha incaricato di assicurarvi la Sua spirituale vicinanza e il Suo incoraggiamento per la generosa e apprezzata opera svolta da questa benemerita Istituzione, che la Santa Sede sostiene fin dalle sue origini.

Oggi la Chiesa fa memoria di san Martino, Vescovo di Tours, e questo ci invita a lasciarci illuminare, nella nostra riflessione, dalla sua figura, che l’iconografia e la tradizione popolari hanno contribuito a rendere tra le più note ed amate.

In un’epoca in cui la testimonianza evangelica aveva superato la fase della persecuzione e del martirio, questo Santo impersona il modello del confessore della fede, che esercita l’ascesi monastica in mezzo al popolo. In questo nuovo contesto di "militia Christi", il gesto compiuto da Martino sulla via verso Amiens, quello cioè di condividere il proprio mantello con un mendicante, accompagnato dalla successiva visione di Cristo che gli appare avvolto proprio in quel pezzo di mantello da lui donato al povero, diviene una incisiva e sintetica catechesi per imparare a scoprire il volto di Cristo in ogni fratello, specialmente nel più piccolo e bisognoso: "In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40).

Questo asceta, uomo di preghiera e di carità, che - narra la tradizione - con un bacio guarì il lebbroso a Lutezia, è un modello attuale a cui ispirarsi, anche per chi, come voi, opera in una istituzione scientifica di indagine, di studio e di servizio. Infatti, la missione specifica di un’Università è apportare sapere e conoscenza, è essenzialmente "missione di carità", è condividere il proprio mantello a favore dell’uomo e della sua qualità di vita.

1. A questa missione l’Università Cattolica del Sacro Cuore partecipa anzitutto con il rigore scientifico con cui si applica alla ricerca del sapere e della verità delle cose, all’elaborazione dei dati e alla condivisione e comunicazione dei risultati raggiunti. L’acquisire una profonda competenza, anzi la più profonda possibile, in particolare per voi che attraverso la scienza medica siete a contatto diretto con problematiche riguardanti la vita delle persone in momenti di difficoltà e di sofferenza, è non solo un impegno, ma un dovere. Una seria professionalità, quindi, costruita negli anni di studio accademico, ma coltivata anche durante tutta la vita nell’esercizio del proprio lavoro quotidiano. Sia il Corpo docente, sia quello degli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore devono sapersi distinguere per l’alto livello scientifico, per poter dare un valido contributo al bene della società e di tutto l’uomo. Con una sua ben nota espressione Agostino Gemelli, affermava che essa "deve essere focolaio di attività scientifica, vero laboratorio nel quale maestri e scolari collaborano ad indagare nuovi veri (cioè nuove vie del sapere) e a rivedere questioni già discusse. Così nello studente si educa lo spirito critico e (…) lo spirito di ricerca".

2. A questa missione, però, la vostra Istituzione partecipa anche con le specifiche caratteristiche e finalità date dal suo essere "cattolica". Al pari di ogni altra Università, infatti, essa è inserita pienamente nella società, quale strumento efficace di progresso culturale. Allo stesso tempo, però, la vostra Università in quanto "cattolica" - aggettivo qualificativo - si ispira ai principi del Vangelo e alla tradizione della Chiesa. All’inizio del suo Pontificato, il Servo di Dio Paolo VI, che ben conosceva la vostra Istituzione perché era stato Presidente dell’Istituto Toniolo, affermava "non vi dispiaccia di trovare (lo spirito della vostra Università) nel nome cattolico di cui essa è insignita. Pari alle altre Università per sforzo e valore scientifico, emula anzi dei loro esempi e delle loro conquiste, l’Università Cattolica non deve temere di apparire differente e originale per il battesimo di tale appellativo, non per farsene peso, ma per farsene stimolo; non per straniarsi dal mondo della cultura, ma per entrarvi con passo più amico e più franco; non per darsene vana gloria, ma per convertirlo in impegno" (Al Senato Accademico dell’Ateneo Cattolico, 5 aprile 1964). L’Università Cattolica proprio in forza di questa sua caratteristica qualificativa deve saper scendere in profondità alle radici delle cose e dei problemi, con una speciale sensibilità verso le dimensioni etiche e religiose. All’occorrenza essa è chiamata anche a dire verità scomode, che non lusingano l’opinione pubblica, ma che pure sono necessarie per salvaguardare il bene autentico della vita, dal concepimento fino alla morte naturale, e così il bene autentico della società, come il Santo Padre Benedetto XVI ha ribadito in varie circostanze.

Consapevole che la storia umana è aperta alla Rivelazione e alla trascendenza, l’Università Cattolica è luogo privilegiato per un fruttuoso dialogo tra Vangelo e cultura, tra Vangelo e scienza. Se è vero che il Vangelo è nato in un preciso contesto culturale, è altrettanto vero che esso trascende ogni cultura, non si identifica con alcuna di esse, è aperto all’universalità, anzi si pone quale fermento nella molteplicità delle culture. L’Università Cattolica deve rimanere, quindi, sempre attenta alle proprie caratteristiche, sforzandosi di discernere e di valutare bene, anche alla luce dei valori cristiani, le aspirazioni come pure le contraddizioni, che non sempre promuovono lo sviluppo integrale delle persone e dei popoli.

3. La vostra benemerita Istituzione sarà tanto più fedele all’ideale del suo fondatore, Padre Agostino Gemelli, quanto più saprà coniugare serietà e rigore scientifico e identità cattolica, vivendo la propria attività come un chiaro servizio alla Chiesa e all’uomo. Mi preme richiamare questo aspetto, cioè come lo spirito di servizio debba essere una dimensione di fondo del vostro operare ad ogni livello, superando personalismi e individualismi, ricerca di sé o del proprio vantaggio. In questa prospettiva, la Facoltà di Medicina qui a Roma, voluta fortemente da Padre Gemelli e realizzazione concreta di un suo sogno, offre una particolare possibilità di vivere in modo, per così dire, più visibile, questo spirito di servizio che deve essere alla base della vostra attività scientifica. Il Policlinico, infatti, permette di venire in contatto quotidianamente con l’altro, anzi con il bisognoso, il sofferente, il malato, con colui che chiede particolare attenzione, comprensione e amore. E’ una preziosa scuola di umanità nella quale voi potete ricevere molto, ma soprattutto nella quale potete donare la vostra competenza, la vostra dedizione, avendo presente l’immagine di Cristo stesso, il vero Maestro che, nell’Ultima Cena, si china a lavare i piedi agli Apostoli per indicare che l’atteggiamento verso l’uomo è e deve essere sempre quello del servizio. Nella prima Lettura che abbiamo ascoltato, tratta dal profeta Isaia, ci veniva ricordato esattamente come lo Spirito di Dio è la forza per compiere questa missione verso l’uomo, nella fede: "Lo spirito del Signore Dio è su di me, mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti di Sion".

San Martino di Tours, ha condiviso il suo mantello con il povero incontrato lungo la strada. Anche l’uomo della nostra società sviluppata ha bisogno di chi lo avvolga con il proprio mantello, di chi sappia condividerlo con lui. L’opera culturale, scientifica – come pure di assistenza qualificata e competente al malato, che, in uno spirito di autentico servizio, l’Università Cattolica del Sacro Cuore è chiamata a realizzare – diventa la concreta condivisione del "mantello" di un autentico umanesimo, aperto alla trascendenza e animato dai valori della solidarietà, della fraternità e dell’amore.

Auguro all’intero Corpo docente e a tutti gli studenti, un fecondo anno di studio e di lavoro e, nel continuare la nostra preghiera, chiedo che il Signore, per intercessione della vergine Maria, vi doni un rinnovato entusiasmo per l’impegnativa missione che vi è stata affidata, di rigorosa ricerca del sapere, illuminati dai valori del Vangelo, per servire l’umanità del nostro tempo. Amen.

+PetaloNero+
00venerdì 12 novembre 2010 15:21
RIUNIONE DEI CAPI DICASTERO DELLA CURIA ROMANA


Alle ore 10 di questa mattina, nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto una riunione dei Capi Dicastero della Curia Romana.


+PetaloNero+
00venerdì 12 novembre 2010 15:22
PRESS RELEASE OF THE HOLY SEE AT THE BEGINNING OF THE APOSTOLIC VISITATION IN IRELAND





Comunicato della Santa Sede per l’inizio della Visita Apostolica in Irlanda

Il 19 marzo 2010, facendo seguito ad un incontro con i Vescovi d’Irlanda, Sua Santità Papa Benedetto XVI inviò una Lettera Pastorale ai Cattolici di Irlanda. La lettera esprimeva profondo dolore e rammarico a motivo degli abusi commessi da sacerdoti e religiosi e del modo in cui tali situazioni erano state affrontate nel passato. In essa, inoltre, si annunciava una Visita Apostolica ad alcune Diocesi in Irlanda, così come ai Seminari e agli Istituti religiosi. "Per sua natura pastorale, la Visita «si propone di aiutare la Chiesa locale nel suo cammino di rinnovamento» (Lettera Pastorale di S.S. Benedetto XVI ai Cattolici dell’Irlanda) ed esprime il desiderio del Santo Padre, quale Successore di Pietro, di offrire la propria sollecitudine pastorale alla Chiesa in Irlanda" (Comunicato della Sala Stampa, 6 ottobre 2010).

Nei mesi successivi alla pubblicazione della Lettera, hanno avuto luogo incontri preparatori fra i Visitatori nominati, rappresentanti della Santa Sede, Episcopato irlandese e Conferenza dei Superiori Religiosi d’Irlanda (CORI), al fine di delineare un chiaro piano per la Visita.

La Visita verificherà se i rapporti reciprocamente esistenti fra le varie componenti della Chiesa locale, i seminari e le comunità religiose, siano tali da sostenerle nel cammino di profondo rinnovamento spirituale già perseguito dalla Chiesa in Irlanda. Essa ha anche l’obiettivo di verificare l’efficacia delle procedure seguite al presente nel rispondere ai casi di abuso e delle forme di assistenza attualmente offerte alle vittime. La Visita non sarà un’indagine circa casi individuali di abuso, né un processo per giudicare eventi del passato. I Visitatori dovranno identificare i problemi specifici che possano richiedere una qualche assistenza da parte della Santa Sede.

La Visita non interferirà in alcun modo con l’ordinaria attività delle autorità giudiziarie, né con l’attività delle Commissioni di inchiesta stabilite dal Parlamento irlandese, né con il lavoro di qualsiasi autorità legislativa che abbia competenza nel campo della prevenzione dell’abuso sui minori. La Visita non intende sostituirsi alla legittima autorità dei Vescovi locali o dei Superiori Religiosi, che mantengono la propria responsabilità nella gestione dei casi di abuso.

È importante segnalare che non è previsto che ai Visitatori siano indirizzate denunce di casi nuovi o vecchi di abusi. Se ce ne fossero, esse devono essere riportate ai rispettivi Ordinari o Superiori Maggiori, che hanno il dovere di informare l’autorità civile ed ecclesiastica competente, in conformità con le vigenti leggi civili ed ecclesiastiche.

Circa la Visita delle quattro Arcidiocesi metropolitane

Come annunciato in precedenza, i Visitatori delle quattro Arcidiocesi Metropolitane d’Irlanda saranno: Sua Eminenza il Card. Cormac Murphy-O’Connor, per Armagh; Sua Eminenza il Card. Seán P. O’Malley, O.F.M. Cap., per Dublino; S.E. Mons. Thomas C. Collins per Cashel and Emly; S.E. Terrence T. Prendergast, S.J., per Tuam. I Visitatori potranno portare con sé delle persone, approvate dalla Congregazione per i Vescovi, in qualità di assistenti.

Nel rispetto e in conformità con la legge civile del luogo, i Visitatori si renderanno disponibili ad incontrare quanti sono stati profondamente feriti da abusi e vogliono essere incontrati ed ascoltati, iniziando dalle vittime stesse e dalle loro famiglie. Essi saranno ricevuti nella stessa maniera paterna con cui il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, in più occasioni ha ricevuto e ascoltato quanti hanno subito il terribile crimine di abuso.

I Visitatori verificheranno come stiano funzionando le linee guida del documento "Safeguarding Children, Standards and Guidance Document for the Catholic Church in Ireland", commissionato e prodotto nel febbraio 2009 dal "Consiglio Nazionale per la Salvaguardia dei Minori nella Chiesa Cattolica", e in che modo possano essere meglio applicate e migliorate.

I Visitatori potranno anche incontrare i Vescovi della Provincia ecclesiastica e dovranno sentire, oltre all’Ordinario del luogo, il Vicario Generale, i Vicari Episcopali, i Giudici del Tribunale ecclesiastico, il Cancelliere e gli altri Officiali della Curia, membri del Consiglio presbiterale, membri del Collegio dei consultori e dei Consigli pastorali e, soprattutto, i responsabili, a livello diocesano e parrocchiale, dell’Ufficio di Protezione e Prevenzione degli abusi. Infine, i parroci e gli altri sacerdoti, i fedeli laici e singoli uomini e donne che desiderino essere ricevuti dai Visitatori, possono richiederlo per iscritto. I Visitatori incontreranno le persone singolarmente o come famiglia.

Se possibile, si raccomanda che ciascuna Arcidiocesi, facendo propri i sentimenti di penitenza espressi dal Santo Padre nella sua Lettera, organizzi una celebrazione penitenziale o qualche altro raduno simile, alla presenza del Visitatore, con l’approvazione dell’Ordinario del luogo. Ciò corrisponderà alle attività penitenziali già promosse dalla Conferenza Episcopale Irlandese, che includono preghiera, digiuno ed opere di carità.

Nell’intento di assicurare la riservatezza, tutti coloro che vogliono scrivere ai Visitatori dovranno indirizzare la corrispondenza a loro nome, utilizzando l’indirizzo postale della Nunziatura Apostolica.

Al fine di facilitare l’accesso a quanti si vogliano incontrare con loro, ciascuna Arcidiocesi comunicherà la residenza dei rispettivi Visitatori. D’intesa con ciascun Visitatore, verrà comunicata la loro disponibilità, i giorni in cui sono già occupati e quelli ancora disponibili per incontri con le varie persone.

Circa la Visita ai Seminari irlandesi

Il Visitatore Apostolico per i Seminari irlandesi è S.E. Mons. Timothy M. Dolan, Arcivescovo di New York. Egli sarà assistito da alcuni chierici, approvati dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, il cui compito principale sarà di aiutare nel condurre i colloqui con i singoli seminaristi.

S.E. Mons. Dolan visiterà cinque istituzioni: il "St. Patrick’s College" di Maynooth, il Pontificio Collegio Irlandese di Roma, il "Saint Malachy College" di Belfast; lo "All Hallows College" di Dublino e il "Milltown Institute of Theology and Philosophy" di Dublino (per quest’ultimo la visita riguarderà unicamente i programmi accademici).

Prima di ciascuna Visita, il Visitatore riceverà copia di tutta la documentazione necessaria. Inoltre, sarà data la possibilità ad ogni formatore e studente di esprimere la propria opinione sul Seminario mediante una dichiarazione firmata. Tali lettere dovranno essere indirizzate al Visitatore utilizzando l’indirizzo postale della Nunziatura Apostolica.

Il Visitatore esaminerà tutti gli aspetti della formazione sacerdotale. Egli, o i suoi assistenti, condurrà colloqui individuali con tutti i membri dell’equipe formativa, con tutti i seminaristi e, laddove possibile, con le altre parti normalmente coinvolte nella vita del seminario. Non è suo compito incontrare vittime di abusi, le quali, come indicato sopra, potranno invece essere ricevute dal Visitatore delle quattro Arcidiocesi Metropolitane. Inoltre, sarà data l’opportunità di un colloquio individuale a ciascun sacerdote che abbia concluso gli studi nei precedenti tre anni.

Nel condurre il suo esame di ciascuna istituzione, il Visitatore seguirà le direttive enunciate dai documenti della Santa Sede e della Chiesa in Irlanda riguardanti la formazione sacerdotale e la protezione dei minori.

Circa la Visita alle Case religiose

Suor Sharon Holland, I.H.M., Padre Robert Maloney, C.M., Suor Máirin Mc Donagh, R.J.M. e Padre Gero McLoughlin, S.J., sono stati nominati Visitatori Apostolici degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica con Case in Irlanda.

La prima fase di questa Visita consisterà nella risposta ad un questionario che cerca informazioni circa il coinvolgimento degli Istituti in casi di abusi, la risposta offerta alle vittime, e l’osservanza dei protocolli contenuti in "Safeguarding Children, Standards and Guidance Document for the Catholic Church in Ireland". Il questionario cerca anche di appurare come ogni comunità stia gestendo le rivelazioni dei casi e le loro conseguenze. In più, esso chiede cosa sia stato fatto, alla luce delle esperienze del passato, per assistere i membri nella loro primaria missione di testimonianza radicale alla presenza di Cristo nel mondo.

I Visitatori si incontreranno in seguito per valutare le risposte al questionario. Essi quindi faranno delle raccomandazioni alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica circa i passi successivi da intraprendere nel contesto della Visita.

Una volta completata la Visita Apostolica, i Visitatori sottometteranno le loro conclusioni alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Dopo avere attentamente studiato la relazione dei Visitatori, la Congregazione determinerà quali passi ulteriori debbano essere presi per contribuire a rivitalizzare la Vita consacrata in Irlanda.

Conclusione

Attesa la delicata natura della materia in oggetto e a motivo del rispetto per le persone coinvolte, i Visitatori manterranno grande riservatezza e non concederanno interviste durante la prima fase della Visita.

Le Congregazioni per i Vescovi, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e per l’Educazione Cattolica, d’intesa con la Segreteria di Stato, concordano che la prima fase della Visita – l’inchiesta sulle quattro Arcidiocesi Metropolitane, le Case religiose ed i Seminari – debba essere completata possibilmente entro la Pasqua del 2011. In quel periodo i Visitatori dovranno sottomettere i risultati delle loro ricerche, in modo che essi possano essere studiati durante il mese di maggio e possa essere discusso un piano per il futuro. La Santa Sede renderà poi noti, con un apposito Comunicato, i passi successivi da intraprendere.

Una volta completata la Visita, dopo aver studiato tutto il materiale presentato dai Visitatori e aver offerto indirizzi per il rinnovamento spirituale delle Arcidiocesi, dei Seminari e delle Case religiose, la Santa Sede renderà nota una sintesi complessiva dei risultati della Visita.


+PetaloNero+
00sabato 13 novembre 2010 00:53
Comunicato della Santa Sede per l'inizio della Visita Apostolica in Irlanda


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 12 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il comunicato diffuso questo venerdì dalla Sala Stampa della Santa Sede relativo all'inizio della Visita Apostolica in Irlanda dopo lo scandalo degli abusi sessuali commessi da membri del clero.

* * *

Il 19 marzo 2010, facendo seguito ad un incontro con i Vescovi d’Irlanda, Sua Santità Papa Benedetto XVI inviò una Lettera Pastorale ai Cattolici di Irlanda. La lettera esprimeva profondo dolore e rammarico a motivo degli abusi commessi da sacerdoti e religiosi e del modo in cui tali situazioni erano state affrontate nel passato. In essa, inoltre, si annunciava una Visita Apostolica ad alcune Diocesi in Irlanda, così come ai Seminari e agli Istituti religiosi. "Per sua natura pastorale, la Visita «si propone di aiutare la Chiesa locale nel suo cammino di rinnovamento» (Lettera Pastorale di S.S. Benedetto XVI ai Cattolici dell’Irlanda) ed esprime il desiderio del Santo Padre, quale Successore di Pietro, di offrire la propria sollecitudine pastorale alla Chiesa in Irlanda" (Comunicato della Sala Stampa, 6 ottobre 2010).




Nei mesi successivi alla pubblicazione della Lettera, hanno avuto luogo incontri preparatori fra i Visitatori nominati, rappresentanti della Santa Sede, Episcopato irlandese e Conferenza dei Superiori Religiosi d’Irlanda (CORI), al fine di delineare un chiaro piano per la Visita.

La Visita verificherà se i rapporti reciprocamente esistenti fra le varie componenti della Chiesa locale, i seminari e le comunità religiose, siano tali da sostenerle nel cammino di profondo rinnovamento spirituale già perseguito dalla Chiesa in Irlanda. Essa ha anche l’obiettivo di verificare l’efficacia delle procedure seguite al presente nel rispondere ai casi di abuso e delle forme di assistenza attualmente offerte alle vittime. La Visita non sarà un’indagine circa casi individuali di abuso, né un processo per giudicare eventi del passato. I Visitatori dovranno identificare i problemi specifici che possano richiedere una qualche assistenza da parte della Santa Sede.

La Visita non interferirà in alcun modo con l’ordinaria attività delle autorità giudiziarie, né con l’attività delle Commissioni di inchiesta stabilite dal Parlamento irlandese, né con il lavoro di qualsiasi autorità legislativa che abbia competenza nel campo della prevenzione dell’abuso sui minori. La Visita non intende sostituirsi alla legittima autorità dei Vescovi locali o dei Superiori Religiosi, che mantengono la propria responsabilità nella gestione dei casi di abuso.

È importante segnalare che non è previsto che ai Visitatori siano indirizzate denunce di casi nuovi o vecchi di abusi. Se ce ne fossero, esse devono essere riportate ai rispettivi Ordinari o Superiori Maggiori, che hanno il dovere di informare l’autorità civile ed ecclesiastica competente, in conformità con le vigenti leggi civili ed ecclesiastiche.

Circa la Visita delle quattro Arcidiocesi metropolitane

Come annunciato in precedenza, i Visitatori delle quattro Arcidiocesi Metropolitane d’Irlanda saranno: Sua Eminenza il Card. Cormac Murphy-O’Connor, per Armagh; Sua Eminenza il Card. Seán P. O’Malley, O.F.M. Cap., per Dublino; S.E. Mons. Thomas C. Collins per Cashel and Emly; S.E. Terrence T. Prendergast, S.J., per Tuam. I Visitatori potranno portare con sé delle persone, approvate dalla Congregazione per i Vescovi, in qualità di assistenti.

Nel rispetto e in conformità con la legge civile del luogo, i Visitatori si renderanno disponibili ad incontrare quanti sono stati profondamente feriti da abusi e vogliono essere incontrati ed ascoltati, iniziando dalle vittime stesse e dalle loro famiglie. Essi saranno ricevuti nella stessa maniera paterna con cui il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, in più occasioni ha ricevuto e ascoltato quanti hanno subito il terribile crimine di abuso.

I Visitatori verificheranno come stiano funzionando le linee guida del documento "Safeguarding Children, Standards and Guidance Document for the Catholic Church in Ireland", commissionato e prodotto nel febbraio 2009 dal "Consiglio Nazionale per la Salvaguardia dei Minori nella Chiesa Cattolica", e in che modo possano essere meglio applicate e migliorate.

I Visitatori potranno anche incontrare i Vescovi della Provincia ecclesiastica e dovranno sentire, oltre all’Ordinario del luogo, il Vicario Generale, i Vicari Episcopali, i Giudici del Tribunale ecclesiastico, il Cancelliere e gli altri Officiali della Curia, membri del Consiglio presbiterale, membri del Collegio dei consultori e dei Consigli pastorali e, soprattutto, i responsabili, a livello diocesano e parrocchiale, dell’Ufficio di Protezione e Prevenzione degli abusi. Infine, i parroci e gli altri sacerdoti, i fedeli laici e singoli uomini e donne che desiderino essere ricevuti dai Visitatori, possono richiederlo per iscritto. I Visitatori incontreranno le persone singolarmente o come famiglia.

Se possibile, si raccomanda che ciascuna Arcidiocesi, facendo propri i sentimenti di penitenza espressi dal Santo Padre nella sua Lettera, organizzi una celebrazione penitenziale o qualche altro raduno simile, alla presenza del Visitatore, con l’approvazione dell’Ordinario del luogo. Ciò corrisponderà alle attività penitenziali già promosse dalla Conferenza Episcopale Irlandese, che includono preghiera, digiuno ed opere di carità.

Nell’intento di assicurare la riservatezza, tutti coloro che vogliono scrivere ai Visitatori dovranno indirizzare la corrispondenza a loro nome, utilizzando l’indirizzo postale della Nunziatura Apostolica.

Al fine di facilitare l’accesso a quanti si vogliano incontrare con loro, ciascuna Arcidiocesi comunicherà la residenza dei rispettivi Visitatori. D’intesa con ciascun Visitatore, verrà comunicata la loro disponibilità, i giorni in cui sono già occupati e quelli ancora disponibili per incontri con le varie persone.

Circa la Visita ai Seminari irlandesi

Il Visitatore Apostolico per i Seminari irlandesi è S.E. Mons. Timothy M. Dolan, Arcivescovo di New York. Egli sarà assistito da alcuni chierici, approvati dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, il cui compito principale sarà di aiutare nel condurre i colloqui con i singoli seminaristi.

S.E. Mons. Dolan visiterà cinque istituzioni: il "St. Patrick’s College" di Maynooth, il Pontificio Collegio Irlandese di Roma, il "Saint Malachy College" di Belfast; lo "All Hallows College" di Dublino e il "Milltown Institute of Theology and Philosophy" di Dublino (per quest’ultimo la visita riguarderà unicamente i programmi accademici).

Prima di ciascuna Visita, il Visitatore riceverà copia di tutta la documentazione necessaria. Inoltre, sarà data la possibilità ad ogni formatore e studente di esprimere la propria opinione sul Seminario mediante una dichiarazione firmata. Tali lettere dovranno essere indirizzate al Visitatore utilizzando l’indirizzo postale della Nunziatura Apostolica.

Il Visitatore esaminerà tutti gli aspetti della formazione sacerdotale. Egli, o i suoi assistenti, condurrà colloqui individuali con tutti i membri dell’equipe formativa, con tutti i seminaristi e, laddove possibile, con le altre parti normalmente coinvolte nella vita del seminario. Non è suo compito incontrare vittime di abusi, le quali, come indicato sopra, potranno invece essere ricevute dal Visitatore delle quattro Arcidiocesi Metropolitane. Inoltre, sarà data l’opportunità di un colloquio individuale a ciascun sacerdote che abbia concluso gli studi nei precedenti tre anni.

Nel condurre il suo esame di ciascuna istituzione, il Visitatore seguirà le direttive enunciate dai documenti della Santa Sede e della Chiesa in Irlanda riguardanti la formazione sacerdotale e la protezione dei minori.

Circa la Visita alle Case religiose

Suor Sharon Holland, I.H.M., Padre Robert Maloney, C.M., Suor Máirin Mc Donagh, R.J.M. e Padre Gero McLoughlin, S.J., sono stati nominati Visitatori Apostolici degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica con Case in Irlanda.

La prima fase di questa Visita consisterà nella risposta ad un questionario che cerca informazioni circa il coinvolgimento degli Istituti in casi di abusi, la risposta offerta alle vittime, e l’osservanza dei protocolli contenuti in "Safeguarding Children, Standards and Guidance Document for the Catholic Church in Ireland". Il questionario cerca anche di appurare come ogni comunità stia gestendo le rivelazioni dei casi e le loro conseguenze. In più, esso chiede cosa sia stato fatto, alla luce delle esperienze del passato, per assistere i membri nella loro primaria missione di testimonianza radicale alla presenza di Cristo nel mondo.

I Visitatori si incontreranno in seguito per valutare le risposte al questionario. Essi quindi faranno delle raccomandazioni alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica circa i passi successivi da intraprendere nel contesto della Visita.

Una volta completata la Visita Apostolica, i Visitatori sottometteranno le loro conclusioni alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Dopo avere attentamente studiato la relazione dei Visitatori, la Congregazione determinerà quali passi ulteriori debbano essere presi per contribuire a rivitalizzare la Vita consacrata in Irlanda.

Conclusione

Attesa la delicata natura della materia in oggetto e a motivo del rispetto per le persone coinvolte, i Visitatori manterranno grande riservatezza e non concederanno interviste durante la prima fase della Visita.

Le Congregazioni per i Vescovi, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e per l’Educazione Cattolica, d’intesa con la Segreteria di Stato, concordano che la prima fase della Visita – l’inchiesta sulle quattro Arcidiocesi Metropolitane, le Case religiose ed i Seminari – debba essere completata possibilmente entro la Pasqua del 2011. In quel periodo i Visitatori dovranno sottomettere i risultati delle loro ricerche, in modo che essi possano essere studiati durante il mese di maggio e possa essere discusso un piano per il futuro. La Santa Sede renderà poi noti, con un apposito Comunicato, i passi successivi da intraprendere.

Una volta completata la Visita, dopo aver studiato tutto il materiale presentato dai Visitatori e aver offerto indirizzi per il rinnovamento spirituale delle Arcidiocesi, dei Seminari e delle Case religiose, la Santa Sede renderà nota una sintesi complessiva dei risultati della Visita.
+PetaloNero+
00sabato 13 novembre 2010 15:20
COMUNICATO CONGIUNTO SULLA RIUNIONE PLENARIA DELLA COMMISSIONE BILATERALE PERMANENTE DI LAVORO TRA LA SANTA SEDE E LO STATO DI ISRAELE



La Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è incontrata l’11 novembre 2010 per continuare il suo lavoro programmato in base all'Articolo 10 §2 del "Fundamental Agreement" del 1993.

I colloqui si sono svolti in un’atmosfera cordiale e hanno segnato un progresso verso l’auspicato accordo.

La prossima Sessione Plenaria della Commissione avrà luogo il 9 dicembre 2010.

+PetaloNero+
00lunedì 15 novembre 2010 15:41
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA XXV CONFERENZA INTERNAZIONALE PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI (PER LA PASTORALE DELLA SALUTE) SULLA CURA DELLA SALUTE


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della XXV Conferenza Internazionale promossa e organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) sul tema: "Per una cura della salute equa ed umana alla luce dell’Enciclica Caritas in veritate". I lavori della Conferenza Internazionale si terranno giovedì 18 novembre nell’Aula del Sinodo in Vaticano, e venerdì 19 presso l'Istituto Patristico Augustinianum.

Alla Conferenza Stampa intervengono: S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute); il Rev.do Mons. Jean-Marie Mpendawatu, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; il Rev.do P. Maurizio Faggioni, O.F.M., Docente di Bioetica all’Accademia Alfonsiana, Roma; il Dott. Mario Benotti, Direttore Generale di RAI International, Roma e il Prof. Domenico Arduini, Ordinario di Ginecologia ed Ostetricia, Direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Tor Vergata, Roma.

Pubblichiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Zygmunt Zimowski:


INTERVENTO DI S.E. MONS. ZYGMUNT ZIMOWSKI

Saluto tutti voi presenti, che desidero innanzitutto ringraziare per l’attenzione che avete rivolto e rivolgete, una volta di più in questa occasione, alle iniziative ecclesiali incentrate sui malati, sul mondo della salute più in generale su chi cerca di sanare o comunque di soccorrere o quantomeno, nei casi più gravi o irrimediabili, di consolare i sofferenti.

Siamo qui riuniti, infatti, per illustrare la XXV Conferenza Internazionale di questo Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari dedicata al tema "Per una cura della salute equa ed umana alla luce dell’Enciclica Caritas in veritate", la più recente Enciclica di Sua Santità Papa Benedetto XVI. Due giorni di approfondimento e di studio che si svolgeranno nell’Aula Nuova del Sinodo, giovedì 18 novembre, e che, per riguardo al Concistoro di sabato 20 novembre, si concluderanno il giorno seguente, venerdì 19, nel vicino Istituto Patristico Augustinianum.

Vi prenderanno parte oltre 600 tra studiosi e operatori sanitari, sacerdoti, religiosi e laici, in arrivo da 60 Stati: Angola, Argentina, Austria, Australia, Bangladesh, Belgio, Benin, Bielorussia, Bolivia, Brasile, Burkina Faso, Burundi, Cameroun, Canada, Repubblica Ceca, Repubblica di Cina (Taiwan), Colombia, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Croazia, Ecuador, Eire, Francia, Georgia, Germania, Ghana, Grecia, India, Indonesia, Italia, Kenya, Lesotho, Liberia, Lussemburgo, Malta, Messico, Namibia, Nigeria, Paesi Bassi, Panama, Perù, Polonia, Portogallo, Russia, Santa Sede, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Svizzera, Thailandia, Togo, Ucraina, Uganda, UK, USA, Venezuela e Zambia.

Estremamente qualificati, com’è del resto "tradizione" per la Conferenza Internazionale, i relatori. Eccone alcuni: Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B, Segretario di Stato, le Loro Eminenze i Cardinali Renato Raffaele Martino e Peter Kodwo Appiah Turkson, rispettivamente Presidente emerito e Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Poi due Capi dicastero che proprio il 20 novembre riceveranno l’investitura cardinalizia e ai quali formuliamo le nostre più sincere felicitazioni: Sua Eccellenza Monsignor Angelo Amato, S.D.B, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e Sua Eccellenza Monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Vi saranno inoltre Sua Eccellenza Monsignor Silvano Maria Tomasi, C.S., Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni specializzate a Ginevra, Sua Eccellenza Monsignor Willem Jacobus Eijk, Arcivescovo di Utrecht e Membro del Consiglio Direttivo della Pontificia Accademia per la Vita, e il Superiore Generale dei Camilliani, Padre Renato Salvatori, M.I.. Di estremo rilievo saranno anche gli interventi del Ministro Italiano della Salute, On. Prof. Ferruccio Fazio, del Direttore per l’Africa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Dott. Luis Gomes Sambo (Angola), del Presidente del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), Prof. Ettore Gotti Tedeschi, e del Prof. Stefano Zamagni, Ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna.

In termini di contenuti e come illustrato dal programma, con la Conferenza Internazionale "Per una cura della salute equa ed umana alla luce dell’Enciclica Caritas in veritate", si vuole affrontare la questione attuale della parità di accesso ai servizi sanitari di base, non solo in generale, ma che siano in sintonia con la dignità dell’uomo e la sua vocazione. Già il Venerabile Papa Giovanni Paolo II, con felice intuizione, nel Motu Proprio Dolentium Hominum istitutivo del Pontificio Consiglio, manifestava la sua sollecitudine al riguardo. Questo anno la Conferenza cade nel 25° anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari: una tale occasione rappresenta, tra l’altro, un momento di valutazione e pianificazione per il futuro.

Con l’Enciclica Caritas in veritate, il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, ci offre uno strumento per valutare i sistemi economici e sociali attraverso la lente morale della carità e della verità. L’enciclica si concentra sullo sviluppo integrale della persona, quello cioè che promuove il bene di ogni uomo e di tutto l’uomo. In effetti lo sviluppo autentico deve essere centrato sulla persona e promuovere il progresso di ogni uomo, di ogni gruppo di uomini e di tutta l’umanità (cfr. Caritas in veritate, 18). Alla luce di ciò, diventa difficile conciliare il progresso economico, scientifico e tecnico con la persistente disparità di accesso ai servizi sanitari, che è un diritto umano fondamentale. Esistono continue ineguaglianze tra i sistemi sanitari dei Paesi ricchi e quelli dei Paesi in via di sviluppo, e peggio ancora di quelli cosiddetti meno sviluppati. Inoltre, anche negli stessi Paesi ricchi esistono ampie differenze nell’accesso alle cure sanitarie. Molti poveri ed emarginati non hanno accesso ai farmaci e ad altre tecnologie salvavita, a causa dei costi inaccessibili o delle scarse infrastrutture sanitarie esistenti nelle loro Nazioni.

La Caritas in veritate ci invita a riconoscere e affrontare i mali del nostro tempo, soprattutto nel fondamentale settore della sanità. Guidata dalla Caritas in veritate, la Conferenza esaminerà, tra l’altro, le prospettive basilari per una promozione equa e più umana della salute, la missione della Chiesa a favore dei malati, la promozione dell’assistenza sanitaria antropocentrica e il ruolo della società civile, della Chiesa e delle altre istituzioni ed organismi privati nella promozione della giustizia, dell’equità e della solidarietà in ambito sanitario. Sarà anche un’occasione per trarre insegnamento da coloro che si sono adoperati per promuovere una società giusta, umana e più sana attraverso il loro lavoro umanitario, così come dalle figure eroiche di carità, ospitalità e sviluppo umano.

L’obbligo morale che ci viene dai diritti umani è che dovremmo trattare ogni persona al pari nostro, con la stessa dignità e con le stesse opportunità di perseguire una vita sana. Non possiamo pertanto escludere nessuno dalla sanità o prestargli cure inferiori. Le attuali diseguaglianze nell’assistenza sanitaria esigono che si intraprenda un’azione coraggiosa senza indugio. "Questa urgenza è dettata anche dalla carità nella verità. È la carità di Cristo che ci spinge: «Caritas Christi urget nos» (2 Cor 5,14). L’urgenza è inscritta non solo nelle cose, non deriva soltanto dall’incalzare degli avvenimenti e dei problemi, ma anche dalla stessa posta in palio: la realizzazione di un’autentica fraternità" (Caritas in veritate, 20). È nostra sincera speranza che questa Conferenza faccia luce sui modi di migliorare l’accesso alla tanto desiderata parità di assistenza sanitaria di base, e che sia allo stesso tempo rispettosa della dignità inalienabile dell’uomo. Affidiamo pertanto i nostri Lavori alla Madonna Santissima, Salus infirmorum, perché ci guidi e ci protegga sempre nell’esercizio del nostro impegno quotidiano.
+PetaloNero+
00lunedì 15 novembre 2010 15:41
La Santa Sede chiede politiche concrete sulle munizioni a grappolo


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato dal Vescovo Jean Khamse Vithavong, o.m.i, Vicario apostolico di Vientiane e Capo della delegazione della Santa Sede, alla riunione degli Stati Parte della Convenzione sulle munizioni a grappolo (Vientiane, 9-12 novembre 2010).

* * *

Signor Presidente!

La Santa Sede esprime il suo apprezzamento al Governo del Laos per l'organizzazione della 1 Riunione degli Stati Parte della Convenzione sulle munizioni a grappolo (Ccm), per il suo impegno, in quanto Paese più colpito dal problema delle munizioni a grappolo, e per la calorosa accoglienza a questa Delegazione. È un messaggio forte d'incoraggiamento e di speranza e un appello a una azione urgente per tutti i Paesi colpiti e per tutte le vittime. La Santa Sede, unendosi agli altri membri del Gruppo di sostegno al Laos, ha voluto esprimere la sua vicinanza al popolo e al Governo di questo Paese, in modo particolare, a tutte le vittime delle munizioni a grappolo.

In questa stessa ottica, la Santa Sede accoglie favorevolmente l'offerta generosa del Libano di organizzare la prossima riunione degli Stati Parte. Ciò mostra che questa Convenzione è percepita dai Paesi colpiti come un importante modello di un'azione multilaterale che risponde meglio a un problema specifico, quello delle munizioni a grappolo. Inoltre, una riunione di questo tipo in Libano va sostenuta per incoraggiare i Paesi della regione a impegnarsi più risolutamente lungo la vita del disarmo umanitario.

La Ccm è stata ratificata da 43 Stati e firmata da 108. Ciò dimostra la correttezza dell'approccio globale adottato per rispondere ai problemi posti da una categoria specifica di armi. Tutti gli attori e i partner dovrebbero compiere sforzi sostenuti per universalizzare la Convenzione. È il mezzo migliore per porre rimedio ai problemi esistenti in questo ambito. È soprattutto il modo migliore per assicurare una politica di prevenzione. La Convenzione, nel suo approccio globale, ha il merito di permettere di fare entrambe le cose: porre rimedio e prevenire.

Il processo di Oslo si è concluso con successo con l'adozione della Ccm perché ha saputo mettere al centro delle preoccupazioni la persona umana e, in primo luogo, coloro che meritano maggiormente la nostra attenzione, vale a dire le vittime. Al contrario, se gli Stati non riescono, in altri ambiti, a trovare soluzioni soddisfacenti agli stessi tipi di problemi è proprio perché si è più concentrati sulle armi, sulla tecnologia, e, più in generale, sulla dimensione militare che sulla persona già vittima o vittima potenziale di tali munizioni, che, per loro natura, pongono un problema umanitario durante e dopo il conflitto.

Gli Stati Parte della Ccm hanno il dovere di continuare a mettere le vittime al centro dei loro sforzi di applicazione della Convenzione. Da qui il sentimento di urgenza che dovrebbe nutrire l'insieme degli Stati Parte, delle organizzazioni non governative e delle organizzazioni internazionali. Non c'è tempo da perdere proprio perché ogni persona conta e ogni vittima conta. La responsabilità è condivisa: lo spirito di questa Convenzione risiede nell'idea di partenariato e di cooperazione. Ciò si può tradurre in modi diversi per gli uni o per gli altri, ma siamo tutti parti in causa nel raccogliere la stessa sfida. L'insuccesso degli uni è l'insuccesso di tutti. Il successo degli uni è il successo di tutti.

In questo contesto, la Riunione di Vientiane è fondante. Si tratta di gettare le basi per tradurre la visione esaltante della Convenzione in una politica concreta fatta di piani, di programmi, di cooperazioni pratiche, affinché la messa in atto degli obblighi contratti da tutti diventi una realtà, in primo luogo, per i Paesi colpiti e per le vittime. Da qui l'importanza di questa riunione e delle prime riunioni che seguiranno. La Dichiarazione di Vientiane trasmette un messaggio politico forte per rinnovare l'impegno a favore degli obiettivi della Convenzione. Il Piano di Azione risponde proprio a questo bisogno di tradurre la visione in una politica concreta che cambi la vita dei Paesi e delle persone colpite dal flagello delle munizioni a grappolo.

Il sentimento di urgenza non dovrebbe però portare ad agire precipitosamente. Gli Stati Parte sono chiamati a prendere fin da questa riunione un certo numero di decisioni indispensabili per il procedere dinamico e risoluto di questa Convenzione. In un atteggiamento di cooperazione e di partenariato, queste decisioni dovrebbe essere prese senza indugi. Ma su altre questioni, non ancora mature o che devono essere chiarite dall'esperienza, gli Stati Parte sono chiamati a impegnarsi in un dialogo aperto e sincero, che porterà nel corso delle prossime riunioni a risultati fecondi per la vita futura della Convenzione.

Al momento della firma della Ccm a Oslo, la Santa Sede ha fatto una serie di osservazioni interpretative della Convenzione. In occasione della 1 Riunione degli Stati Parte, vorrei completare la sua interpretazione su due punti particolari:

- Una lettura attenta della Convenzione ci porta a sostenere che è vietato a uno Stato Parte stoccare o far transitare munizioni a grappolo nel suo territorio nazionale, tenendo conto dei paragrafi 6, 7 e 8 dell'articolo 3 della Convenzione.

- In un mondo sempre più globalizzato e interdipendente, alcuni Paesi producono, possiedono mezzi di produzione o investono nell'industria militare, al di fuori dei loro confini nazionali. È importante per l'integrità della Convenzione e per la sua applicazione includere questi investimenti nell'elenco dei divieti.

Signor Presidente!

Per concludere, la Santa Sede ribadisce la sua determinazione a lavorare con tutti i partner, Stati Parte, organizzazioni internazionali, Cicr e Cmc, in spirito di cooperazione, poiché tutti gli attori hanno lo stesso obiettivo, che è quello di rafforzare il diritto umanitario internazionale e di aiutare i Paesi colpiti e le vittime delle munizioni a grappolo a trovare, il più rapidamente possibile, il cammino della riabilitazione e dell'integrazione.

La mia Delegazione ribadisce l'invito rivolto dal Santo Padre «a tutti gli Stati ad aderire alla Convenzione», soprattutto quando si pensa «alle numerose vittime che hanno sofferto e continuano a soffrire gravi danni fisici e morali». Di fatto, l'applicazione della Convenzione rappresenta una sfida giuridica e umanitaria per gli anni a venire. Per questo la Delegazione della Santa Sede spera, come ha sottolineato Papa Benedetto xvi, che «si continui con sempre maggior vigore su questa strada, per la difesa della dignità e della vita umana, per la promozione dello sviluppo umano integrale, per lo stabilimento di un ordine internazionale pacifico e per la realizzazione del bene comune di tutte le persone e di tutti i popoli» (Dopo Angelus, 1 agosto 2010).

[Traduzione a cura de “L'Osservatore Romano”]



+PetaloNero+
00martedì 16 novembre 2010 15:23
FINAL PRESS RELEASE ON THE 7TH COLLOQUIUM BETWEEN THE PONTIFICAL COUNCIL FOR INTERRELIGIOUS DIALOGUE AND THE CENTRE FOR INTERRELIGIOUS DIALOGUE OF THE ISLAMIC CULTURE AND RELATIONS ORGANISATION (TEHERAN, IRAN, 9-11 NOVEMBER 2010)


Il Centro per il Dialogo Interreligioso dell’Organizzazione per la Cultura e le Relazioni Islamiche di Teheran (Iran) e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (Vaticano) hanno organizzato il loro settimo Colloquio, a Teheran, dal 9 all’11 novembre 2010 sotto la presidenza congiunta di S.E. il Dott. Mohammad Baqer KHORRAMSHAD, Presidente dell’ Organizzazione per la Cultura e le Relazioni Islamiche, e di S. Em. il Card. Jean-Louis TAURAN, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

La delegazione dell’Organizzazione per la Cultura e le Relazioni Islamiche (I.C.R.O.) era composta da:

Dott. Homayon HEMMATI
Dott. Younes NOURBAKSH
Dott. Abdolrahim GAVAHI
Hojjat al-Islam Dr Mohammad Jafar ELMI
Hojjat al-Islam Dr Seyyed Mahdi KHAMOUSHI
Dott. Rasoul RASOULIPOUR
Dott. Mohammad Hossein MOZAFFARI.
La Delegazione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso era composta da:

S.E. l’Arcivescovo Pier Luigi CELATA
Rev. Mons. Khaled AKASHEH
R. P. Prof. Andrea PACINI
R. P. Francesco PIRISI
Prof. Silvio FERRARI
Prof. Alessandro FERRARI.
Nella sessione inaugurale, moderata dal Dott. Mohammad Reza DEHSHIRI, Vicepresidente dell’I.C.R.O. (Ricerca ed Educazione), oltre l’indirizzo di saluto di S. E. il Dott. KHORRAMSHAD e il discorso inaugurale di S. Em. Card. TAURAN, hanno avuto luogo l’intervento dell’Ayatollah Mohammad Ali TASKHIRI, Segretario Generale del Forum di Prossimità tra le Scuole Islamiche di Pensiero, e quello di S.E. l’Arcivescovo CELATA, Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

Sulla base delle relazioni presentate da studiosi di entrambe le parti, i partecipanti hanno preso in esame il tema "Religione e società oggi: Prospettive cristiane e musulmane", sviluppandolo, in tre sotto-temi, dal punto di vista cattolico e musulmano sciita: 1) Religione e società civile: prospettiva filosofica e teologica; 2) Religione e società civile: prospettiva storico-legale; 3) Religione e società civile: attuali difficoltà e opportunità.

Al termine dell’incontro i partecipanti hanno concordato quanto segue:

1. Credenti e comunità religiose, sulla base della loro fede in Dio, hanno un ruolo specifico da svolgere nella società, su un piano di parità con gli altri cittadini;

2. La religione ha un’intrinseca dimensione sociale che lo Stato ha l’obbligo di rispettare; perciò, anche nell’interesse della società, la religione non può essere confinata nella sfera privata;

3. I credenti sono chiamati a cooperare alla ricerca del bene comune, sulla base di una solida relazione tra fede e ragione;

4. E’ necessario che cristiani e musulmani, come pure tutti i credenti e le persone di buona volontà, cooperino nel rispondere alle sfide odierne promovendo i valori morali, la giustizia, la pace, e difendendo la famiglia, l’ambiente e le risorse naturali;

5. La fede, per la sua stessa natura, esige la libertà. Perciò la libertà religiosa, come diritto intrinseco alla dignità umana, deve essere sempre rispettata dagli individui, dagli agenti sociali e dallo Stato. Nell’applicazione di questo principio fondamentale dovrà essere preso in considerazione lo sfondo storico-culturale di ogni società che non sia in contraddizione con la dignità umana;

6. L’educazione delle giovani generazioni si deve basare sulla ricerca della verità, sui valori spirituali e sulla promozione della conoscenza.

I partecipanti, lieti del clima amichevole dell’incontro, riconoscendo le somiglianze e rispettando le legittime differenze, hanno sottolineato la necessità di continuare sulla via di un dialogo genuino e fruttuoso.

Gli Atti dei Colloqui svolti dal 1994 saranno pubblicati in inglese e in farsi.

Il prossimo Colloquio avrà luogo a Roma tra due anni e sarà preceduto da un incontro preparatorio.










CONFERENZA STAMPA SULLE NUOVE TECNOLOGIE AL SERVIZIO DELLE COMUNICAZIONI DELLA SANTA SEDE: PRESENTAZIONE DELLA NUOVA REGIA MOBILE DEL CENTRO TELEVISIVO VATICANO PER RIPRESE TELEVISIVE IN ALTA DEFINIZIONE



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa sul tema: "Nuove tecnologie al servizio delle comunicazioni della Santa Sede", in occasione della presentazione della nuova Regia mobile del Centro Televisivo Vaticano per riprese televisive in Alta Definizione.
Intervengono: S.E. Mons. Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e del Consiglio di Amministrazione del Centro Televisivo Vaticano; il Rev.do P. Federico Lombardi, S.I., Direttore Generale del Centro Televisivo Vaticano; il Prof. Carl Albert Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo e il Dr. Gildas Pelliet, President and Managing Director, Sony Italia.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DI S.E. MONS. CLAUDIO MARIA CELLI

Gentili Signore e Signori,
Cari amici,

la prima parola che vorrei dire questa mattina a tutti voi è "grazie".

Grazie alla Sony, ai Cavalieri di Colombo, che, insieme e ciascuno a modo proprio, hanno permesso al CTV di acquistare e presentare oggi l’OB Van per la nuova regia mobile completamente in HD.

Si tratta, senza dubbio, di un grande investimento in nuove tecnologie. Pertanto, mi pare corretta la domanda: quali sono i progetti del futuro? Perché abbiamo fatto questo investimento e voluto questa nuova regia mobile completamente in HD?

Fra poco ascolteremo, a questo proposito, quanto ci dirà il Direttore Generale, P. Federico Lombardi.

Ma la risposta più vera a questa legittima domanda, si trova credo, in un passo della recente Esortazione Apostolica di Benedetto XVI, Verbum Domini, dove si legge che "Al rapporto tra Parola di Dio e culture si connette anche l’importanza dell’utilizzo attento ed intelligente dei mezzi, vecchi e nuovi, di comunicazione sociale" (n.113). Ecco il motivo vero di questo investimento!

Il CTV dunque, presentando questa nuova regia mobile, nella scia della Verbum Domini esprime visivamente, direi tangibilmente che "L’acquisizione di nuovi metodi per trasmettere il Messaggio evangelico fa parte della costante tensione evangelizzatrice dei credenti" (n. 113).

Questo passo, però, si inserisce come un tassello – importante, certo – di quella attenzione che spinge la Chiesa a "dialogare con tutti, nella ricerca della verità", come ha ricordato recentemente Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura.

Qui, allora, nel contesto di una comunicazione a tutto tondo, vorrei attirare la vostra attenzione su due ulteriori progetti che troveranno realizzazione nei prossimi mesi.

L’inaugurazione di questo nuovo Van per la regia mobile anticipa di poco quanto il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sta per mettere in rete con il sito "Pope 2 you", completamente rinnovato. E’ il Sito che il Pontificio Consiglio ha realizzato, da qualche tempo, per accompagnare le centinaia di migliaia di giovani di ogni Continente che desiderano seguire da vicino il Papa, ascoltare la sua parola, entrare, in certo senso, in dialogo con lui. Un sito che ha raggiunto i cinque milioni di accessi.

Quest’anno si è voluto pensare ad uno strumento che aiuti i giovani a prepararsi al Natale vivendo già il tempo di Avvento. Lo si è fatto con la convinzione che quanto ha scritto il Papa: "Tra le nuove forme di comunicazione di massa, un ruolo crescente va riconosciuto oggi a internet, che costituisce un nuovo forum in cui far risuonare il Vangelo" (n. 113), sia profondamente vero. Sapendo però, "che il mondo virtuale non potrà mai sostituire il mondo reale" (ibidem 113), inseriremo le concrete esperienze dei giovani che hanno preparato e accompagnato il Papa nei suoi viaggi più recenti: Portogallo, Inghilterra, Spagna.

Il secondo progetto, a cui abbiamo cominciato a lavorare, è la creazione di un nuovo portale che vedrà confluire, in maniera anche multimediale, le varie fonti di notizie vaticane. È un progetto che ci sta coinvolgendo profondamente, anche perché ritenuto sempre più necessario nell’attuale contesto della comunicazione.

Tappe tutte di un cammino – non ancora terminato, anzi solo all’inizio – di una Chiesa sempre più convinta e consapevole che "La Parola divina è capace di penetrare e di esprimersi in culture e lingue differenti, ma la stessa Parola trasfigura i limiti delle singole culture creando comunione tra popoli diversi" (116).



INTERVENTO DEL REV.DO P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

L’acquisto della nuova regia mobile che oggi presentiamo rappresenta certamente il maggior investimento compiuto dal CTV negli ultimi anni, e forse nella sua intera storia, che conta poco più di 25 anni, essendo iniziata nel 1983 per volere di Giovanni Paolo II.

E’ quindi una buona occasione per richiamare quali sono le finalità, le funzioni e i criteri di orientamento dell’attività di questa istituzione di comunicazioni sociali della Santa Sede.

Compito del Centro Televisivo Vaticano – come dice il suo Statuto – è di assicurare la ripresa e la registrazione televisiva delle attività del Santo Padre e degli altri avvenimenti principali che hanno luogo nel Vaticano.

Ciò significa anzitutto diffondere in diretta le immagini e il suono dei principali eventi vaticani, registrare le immagini di molte altre attività del Papa e dei suoi collaboratori e costituire l’archivio di tutte queste immagini, sia a scopo di documentazione, sia a scopo di produzione di servizi informativi, documentari ecc.

Tutto ciò naturalmente per servire la missione della Chiesa, facendo conoscere l’attività e l’insegnamento del Santo Padre.

Il Centro Televisivo Vaticano deve quindi essere capace di servire tutte le Televisioni e gli Enti di produzione televisiva che desiderano e sono disposti a diffondere le immagini del Papa nel mondo.

E deve saperlo fare bene per favorire questa diffusione nel modo migliore.

Farlo bene richiede capacità operativa e qualità di offerta, adeguate agli sviluppi delle comunicazioni televisive e in generale dell’uso odierno del video, ad esempio nella Rete. Se non mantenessimo un livello adeguato di capacità e qualità di offerta ostacoleremmo di fatto la diffusione delle immagini e quindi del messaggio del Papa.

Per questo negli anni recenti il CTV ha allargato molto l’uso della diretta, che permette tempestività di informazione e vastità di diffusione. Oggi, sommando dirette grandi e piccole, di maggiore e minore impegno, dalle grandi celebrazioni in Piazza San Pietro, agli Angelus, alle Udienze generali e speciali, ai Concerti in Aula Paolo VI o nelle Basiliche, e così via, arriviamo a una media di 200 dirette e oltre l’anno.

Ma oltre alla "quantità" della richiesta di riprese televisive, negli anni recenti si è avvertita una forte accelerazione della richiesta di qualità sempre più elevata del segnale. La direzione di sviluppo della televisione verso l’Alta Definizione (HD) è diventata rapida e pressante.

La maggior parte delle produzioni documentarie nuove di una certa qualità viene realizzata in HD.

I canali televisivi che trasmettono in HD sono sempre più numerosi.

Praticamente tutti i nuovi mezzi regia mobile immessi oggi in attività sono in HD.

Il CTV si è reso ben conto di questi sviluppi e già da alcuni anni aveva iniziato la transizione della sua strumentazione e attività verso l’Alta Definizione, dotandosi gradualmente di una serie di telecamere per le riprese a spalla, di registratori e attrezzature per il montaggio in HD, costituendo quindi anche una prima base di registrazioni in archivio in HD. Ma doveva ancora fare il salto decisivo per poter realizzare l’intero ciclo della sua attività in HD. E’ quello che si è fatto ora, dotandosi di una Regia Mobile che permette di produrre in HD il segnale televisivo di tutti gli avvenimenti vaticani, compresi i grandi eventi che si trasmettono in diretta.

D’ora in poi si può quindi mettere a disposizione il segnale delle trasmissioni in diretta in Alta Definizione e costituire d’ora in poi l’intero archivio televisivo vaticano in Alta Definizione.

Era una scelta obbligata. A volte ora dobbiamo difendere questa spesa di fronte a chi pensa che sia stata ambiziosa o eccessiva. Ma noi non potevamo non farla. Se no l’immagine del Papa nei prossimi anni sarebbe gradualmente uscita dal mondo televisivo.

La dimensione e la dotazione del nuovo mezzo è oggi ai livelli più alti offerti dalla tecnologia, perché è uno strumento il cui uso va visto in prospettiva. Sappiamo con quanta rapidità la tecnologia e la domanda televisiva si evolvono. Se volevamo fare un investimento sufficientemente durevole - diciamo di una quindicina di anni, come era stato per il pullman precedente - dovevamo puntare il più alto possibile. Se no, in breve tempo ci troveremmo in necessità di ulteriori impegni massicci di investimento.

In questa stessa prospettiva va vista la collaborazione con Sony, che non è un fatto puramente episodico, ma un cammino comune, così da poter essere assistiti e ben informati anche in seguito per mantenerci al livello tecnologico migliore. Ad esempio, il nuovo mezzo è "3D ready", cioè è pronto per l’inserimento delle attrezzature ulteriori che siano necessarie se in futuro si riterrà necessario passare alla produzione in 3D.

Mi si domanderà naturalmente qualche informazione aggiuntiva sul finanziamento di questa operazione. Chi conosce il mercato di questo settore sa che il valore di un mezzo come quello che presentiamo si aggira su alcuni milioni di Euro.

La risposta è semplice. La spesa è stata coperta con tre contributi.

Anzitutto bisogna dire che Sony stessa ha fatto condizioni di favore, di cui siamo molto grati. Ciò ci ha incoraggiato ad affrontare l’impresa.

Inoltre la Fondazione Cavalieri di Colombo ha offerto un contribuito considerevole, continuando la sua tradizione di sostegno delle comunicazioni sociali della Santa Sede. Ricordo che la precedente Regia Mobile era stata interamente donata dai Cavalieri di Colombo.

Infine, il CTV stesso si era preparato a questa impresa da diversi anni accumulando gradualmente i frutti dei risultati positivi dei bilanci annuali. (Per evitare equivoci devo dire che i bilanci annuali recenti del CTV erano positivi non in termini assoluti, ma perché i costi del personale di ruolo sono assunti dall’APSA; senza questo sostegno – di cui siamo evidentemente molto grati e consapevoli – il CTV non avrebbe potuto accumulare le risorse per questa impresa). Infine, una informazione complementare di interesse particolare per Roma. Gli eventi vaticani entro qualche mese verranno trasmessi in diretta dal CTV sull’area di Roma in Alta Definizione sul canale digitale terrestre assegnato alla Città del Vaticano in base agli accordi internazionali.

In tal modo l’Alta Definizione non sarà solo accessibile sui canali televisivi terzi che ne facciano richiesta e non sarà solo lo standard dell’archivio del CTV, ma sarà anche la qualità con cui gli eventi vaticani saranno visibili nell’area romana da chi disponga dei ricevitori adeguati.



INTERVENTO DEL PROF. CARL ALBERT ANDERSON

Today as we dedicate the new High Definition Van for the use by Vatican Television.

This van represents the most recent development in the long history of the Catholic Church’s work in mass communications, and the Knights of Columbus are privileged to have a role in bringing the Good News of Christ to the world through the medium of television.

When St. Paul preached a new and unfamiliar doctrine to the people of Athens, they took him to the Areopagus, the place where the most people could see him, the "live" news center of its day.

Whether it was Christ going out a short distance to sea or climbing a hill to speak to the crowds, or St. Paul at the Areopagus, or the bible being printed on the newly invented printing press, or missionaries heading by ship or horse or donkey to the farthest corners of the earth, there is an unbroken Catholic tradition of bringing Christ to the greatest number of people possible in the clearest manner available.

It is for this is the reason that the Knights of Columbus is so happy to be able support the great communications work of the Vatican, which continues the evangelizing spirit of the Church in the modern world through the use of the best technology available. Today, the Holy See has the opportunity to reach the farthest corners of the earth through the new Areopagus – high definition television.

At the 44th World Communications Day in January, Pope Benedict called on communicators to be "enthusiastic heralds of the Gospel in the new "agorà" which the current media are opening up." It is our hope that this truck will allow that enthusiasm to reach from the Vatican to the farthest corners of this city, Italy, and the world.

As technology has expanded over the years, the Knights of Columbus has been honored to help the Vatican communicate with the outside world. Whether it was the world of the City of Rome through the funding of the transmitter for Vatican Radio in 1965, or supporting of Vatican satellite uplink and downlink costs since 1975, or sponsoring three television trucks, in 1985, 1995, and 2010. It has been honored to help spread the message abroad as well, helping defray various media costs associated with certain Papal trips over the past several decades.

The technology has changed. The manner in which the Gospel is best brought to the world has changed. But the Good News of Jesus Christ is unchanging. Only today, that good news can be brought to a far greater audience much more quickly.

As the Church continues to take seriously Christ’s call for us to teach all nations, it is our hope that this new technology in the service of evangelization will serve as a conduit, bringing to every corner of the earth the word of God – presented in the most technologically clear and advanced manner that has ever been possible, and transforming the lives of countless people

Thank you very much.



INTERVENTO DEL DR. GILDAS PELLIET

Buongiorno a tutti.

Anche a nome di Sony Italia, desidero ringraziarvi per la partecipazione a questo evento, che rappresenta per noi un momento molto importante, a conferma del rapporto di collaborazione che da tempo ci unisce al Centro Televisivo Vaticano.

Ringrazio tutti i colleghi di Sony presenti in sala e, in particolar modo, Naomi Climer, Vice President di Sony Europa responsabile della divisione Professional Solutions Europe, e Masatoshi Kawano, Vice President di Sony Corporation e Head of Content Creation Business, che hanno voluto essere qui con noi oggi e che saranno a vostra disposizione nel caso vogliate approfondire qualche tema internazionale.

Colgo anche l’occasione per ringraziare la "carrozzeria" Tomassini Style, rappresentata qui oggi da Renzo Agemore Tomassini, Amministratore Unico della società, che ha seguito la realizzazione del mezzo con particolare coinvolgimento.

Sony, come sapete, non è solo sinonimo di innovazione e affidabilità nel settore dell’elettronica di consumo. Se possibile, queste caratteristiche ci contraddistinguono ancora di più nell’ambito professionale, che è, per il nostro brand, un po’ il fiore all’occhiello.

Il nostro claim è make.believe, che indica che tutto ciò che può essere immaginato, può anche diventare realtà e che i prodotti e le tecnologie progettati da Sony sono al servizio dei sogni di tutti. E questo spirito è nel DNA stesso del nostro brand, sin dalla sua fondazione, riassunto nelle parole del nostro co-fondatore, Akio Morita "I believe there is a bright future for humankind. I believe in the promise of advancing technology for this bright future, to enrich the lives of all people". In questo senso, oggi consegniamo una regia mobile d’avanguardia, completamente in Alta Definizione e già pronta per future applicazioni in 3D. Un mezzo che, per far fronte ai compiti cui è preposto, è stato progettato con soluzioni innovative e affidabili, in grado di garantire estrema qualità e versatilità.

La divisione Professionale ha come missione l’individuazione delle necessità di business dei clienti e la successiva proposta di soluzioni tecnologiche che, ottimizzando gli investimenti, mirino all’efficienza produttiva. Per questo il rapporto di collaborazione con i clienti è estremamente importante e siamo felici di poter confermare che, con il CTV, abbiamo instaurato un rapporto di fiducia reciproca, che ci ha consentito di arrivare all’obiettivo nei tempi previsti e con una soluzione d’avanguardia e già pronta per il futuro. Una soluzione che conferma la volontà di CTV di essere un punto di riferimento nel panorama del broadcasting e quella di Sony di essere un partner affidabile e in grado di cogliere e supportare le esigenze del cliente.

L’OB Van che presentiamo oggi, diversamente da quanto si possa pensare nel caso di mezzi mobili di tale profilo, è stato interamente realizzato in Italia dal gruppo Media Solution della divisione Professionale, ovviamente con la supervisione dei colleghi europei, che ne hanno verificato l’operato e certificato i risultati. Il team di progetto, la carrozzeria, il cablaggio: tutto porta la firma del "made in Italy" ed è questo per noi motivo di grande soddisfazione, perché testimonia il livello di expertise e specializzazione raggiunti anche nel nostro paese, dove possiamo vantare una struttura in grado di offrire consulenza alle più diverse realtà attive nel mondo del broadcasting, dalla produzione televisiva, con studi TV e mezzi mobili, alla gestione dei Media Asset.

Nello specifico, il mezzo mobile è un truck di 13,9 metri di lunghezza, per 2,5 di larghezza e 4 di altezza, dotato di doppia espansione a comando idraulico, che consente di usufruire di uno spazio aggiuntivo nelle zone di produzione. E’ suddiviso in 4 aree operative, ovvero zona audio, sala apparati, regia primaria e regia secondaria VTR e controllo camere. Le 16 videocamere impiegate hanno connessione in fibra ottica HD e consentono performance ottimale in fase di ripresa e avanzata ergonomicità operativa. La struttura di cablaggio è già predisposta per l’espansione fino a 24 telecamere.

Il progetto è frutto della grande sinergia instauratasi con il gruppo tecnico del Centro Televisivo Vaticano, grazie alla quale è stato possibile individuare le migliori soluzioni tecniche e operative, calibrandole sulle esigenze del CTV… anche in termini di budget.

E’ stata una grande sfida, che crediamo di aver superato con risultati eccellenti, creando una regia mobile di ultima generazione, che siamo certi consentirà al CTV di raggiungere standard produttivi di altissima qualità.

E’ doveroso qui ricordare che il merito del risultato va condiviso con lo tutto staff tecnico del Centro Televisivo Vaticano, che ha dimostrato costantemente un eccellente livello di competenza e grande spirito di collaborazione.

Aggiungo solo che la realizzazione di questo OB Van conferma in noi grande ottimismo per future realizzazioni di mezzi mobili in Italia, anche alla luce dello sviluppo delle riprese in HD e delle trasmissioni stereoscopiche o 3D.

Ringrazio tutti e vi do appuntamento tra poco per una visita della regia mobile, dove i colleghi del Professionale saranno a vostra disposizione per approfondimenti tecnici sulla dotazione del mezzo.

+PetaloNero+
00mercoledì 17 novembre 2010 16:29
COMUNICATO: CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN SUFFRAGIO DELLE VITTIME DELLA STRAGE NELLA CATTEDRALE DI BAGHDAD


Giovedì 25 novembre 2010, alle ore 17, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, su iniziativa della Procura della Chiesa Siro-Cattolica di Roma, sarà celebrata da Sua Eminenza il Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, una Santa Messa in suffragio dei sacerdoti e dei fedeli vittime della strage avvenuta il 31 ottobre scorso nella Cattedrale di Baghdad.

L’invito alla Celebrazione è esteso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
+PetaloNero+
00giovedì 18 novembre 2010 15:29
STATEMENT OF THE DIRECTOR OF THE HOLY SEE PRESS OFFICE FR. FEDERICO LOMBARDI S.J. CONCERNING NEWS ABOUT AN EPISCOPAL ORDINATION IN THE PEOPLE’S REPUBLIC OF CHINA


Question: What is the position of the Holy See regarding the news according to which some bishops in Mainland China are forced to participate in a bishop ordination in Chengde, Hebei? Is the candidate approved by the Pope?

Answer: The Holy See is disturbed by reports from Mainland China alleging that a number of bishops in communion with the Pope are being forced by government officials to attend an illicit episcopal ordination in Chengde, northeastern Hebei, said to be scheduled around November 20.

If these reports are true, then the Holy See would consider such actions as grave violations of freedom of religion and freedom of conscience.

It would also consider such an ordination as illicit and damaging to the constructive relations that have been developing in recent times between the People's Republic of China and the Holy See.

Moreover, the Holy See confirms that Fr Joseph Guo Jincai has not received the approval of the Holy Father to be ordained as a bishop of the Catholic Church.The Holy See, keen to develop positive relations with China, has contacted the Chinese authorities on this whole matter and has made its own position clear.
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