Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

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00lunedì 24 maggio 2010 16:40
JOINT COMMUNIQUÉ OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL (20 MAY 2010)


La Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è incontrata il 20 maggio 2010, per continuare i negoziati in conformità all’Articolo 10 § 2 del "Fundamental Agreement".

I colloqui si sono svolti in un’atmosfera costruttiva e hanno segnato un progresso verso l’Accordo che si deve raggiungere.

Le Delegazioni si incontreranno di nuovo il 14 giugno e il giorno seguente avrà luogo la Sessione Plenaria in Vaticano.
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00martedì 25 maggio 2010 15:45
FIRMA DI ACCORDO FRA LA SANTA SEDE E LA CITTÀ LIBERA E ANSEATICA DI AMBURGO (REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA)

Martedì 18 maggio 2010 è stato firmato ad Amburgo (Repubblica Federale di Germania) un Accordo fra la Santa Sede e la Città Libera e Anseatica di Amburgo per l'erezione d'un centro di formazione per la Teologia Cattolica e per la Pedagogia della Religione presso l'Università di Amburgo.

Per la Santa Sede ha firmato, come Plenipotenziario, S.E. Monsignor Jean-Claude Périsset, Arcivescovo titolare di Giustiniana Prima, Nunzio Apostolico in Germania.

Per la Città Libera e Anseatica di Amburgo ha sottoscritto l'Accordo il Senatore per la Scienza e la Ricerca, Sig.ra Herlind Gundelach.

Era presente alla cerimonia anche S.E. Monsignor Werner Thissen, Arcivescovo di Amburgo, con S.E. Monsignor Hans-Jochen Jaschke, Vescovo Ausiliare di Amburgo. L'Università di Amburgo era rappresentata dal Vice-Presidente, Prof. Holger Fischer; è intervenuto anche il Decano della Facoltà Teologica evangelica.
+PetaloNero+
00mercoledì 26 maggio 2010 17:01
COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM


A seguito delle inondazioni causate dalle piogge torrenziali in Polonia, fenomeno di entità senza precedenti e che ha provocato vittime ed evacuazioni massicce, il Pontificio Consiglio Cor Unum ha fatto pervenire all'Ecc.mo Mons. Józef Michalik, Presidente della Conferenza Episcopale Polacca, un dono papale in favore degli alluvionati e degli sfollati delle Circoscrizioni ecclesiastiche più colpite.

Il gesto del Santo Padre, tramite Cor Unum, è volto a manifestare la Sua vicinanza ai sofferenti ed il Suo paterno incoraggiamento a quanti prestano generosamente l'opera di soccorso.
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00lunedì 31 maggio 2010 16:04
COMUNICATO DELLA SANTA SEDE CIRCA LA VISITA APOSTOLICA IN IRLANDA


A seguito della Lettera ai cattolici d’Irlanda, in autunno avrà inizio la Visita Apostolica ad alcune diocesi del Paese, ai seminari e alle congregazioni religiose.

Tale visita vuole essere un aiuto che la Santa Sede intende offrire ai Vescovi, al clero, ai religiosi e ai fedeli laici per affrontare adeguatamente la situazione determinata dalle tragiche vicende degli abusi compiuti da sacerdoti e religiosi nei riguardi dei minori e per contribuire al rinnovamento spirituale e morale desiderato e già avviato con decisione dalla Chiesa in Irlanda.

I Visitatori Apostolici cercheranno di approfondire le problematiche connesse con la trattazione dei casi di abuso e la dovuta assistenza alle vittime, e di verificare l’efficacia e la possibilità di miglioramento delle attuali modalità di prevenzione degli abusi, avendo come riferimento il "Motu proprio" pontificio Sacramentorum sanctitatis tutela e le norme dello Safeguarding Children: Standards and Guidance Document for the Catholic Church in Ireland, commissionato e prodotto dal "National Board for Safeguarding Children in the Catholic Church".

La Visita inizierà nelle quattro arcidiocesi metropolitane d’Irlanda (Armagh, Dublin, Cashel and Emly, Tuam) e sarà poi estesa ad alcune altre diocesi.

I Visitatori nominati dal Santo Padre per le diocesi sono: S.Em.za il Card. Cormac Murphy O’Connor, Arcivescovo emerito di Westminster, per l’arcidiocesi di Armagh; S.Em.za il Card. Sean Patrick O’Malley, Arcivescovo di Boston, per l’arcidiocesi di Dublin; S.E. Mons. Thomas Christopher Collins, Arcivescovo di Toronto, per l’arcidiocesi di Cashel and Emly; S.E. Mons. Terrence Thomas Prendergast, Arcivescovo di Ottawa, per l’arcidiocesi di Tuam.

Nel desiderio di accompagnare il cammino di rinnovamento dei luoghi di formazione dei futuri sacerdoti della Chiesa in Irlanda, la Congregazione per l’Educazione Cattolica coordinerà la visita dei seminari in Irlanda e del Pontificio Collegio Irlandese a Roma. Pur avendo speciale attenzione alle problematiche che hanno richiesto la Visita Apostolica, nell’ambito dei seminari essa terrà conto di tutti gli elementi concernenti la formazione sacerdotale. Come Visitatore Apostolico è stato nominato S.E. Mons. Timothy Dolan, Arcivescovo di New York.

La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, da parte sua, organizzerà in due fasi la visita alle case religiose. Anzitutto condurrà un’indagine attraverso un questionario, inviato a tutti i Superiori degli istituti religiosi presenti in Irlanda, al fine di arrivare ad un’adeguata conoscenza della situazione attuale e dei progetti circa l’osservanza e il miglioramento delle norme delle "guidelines". Per la seconda fase i Visitatori saranno P. Joseph Tobin CSsR e P. Gero McLaughlin SJ per gli istituti maschili; Suor Sharon Holland IHM e Suor Mairin McDonagh RJM per gli istituti femminili. Essi compiranno un attento studio di valutazione dei risultati raccolti e dei possibili passi da compiere nel futuro per favorire una stagione di rinascita spirituale della vita religiosa nell’Isola.

Il Santo Padre invita tutti i membri della Comunità cattolica irlandese a sostenere con la preghiera quest’opera di aiuto fraterno. Egli invoca la benedizione del Signore sui Visitatori e su tutti i Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici d’Irlanda, affinché la Visita possa essere per loro un occasione di rinnovato fervore nella vita cristiana, possa approfondire la loro fede e rafforzare la loro speranza in Cristo nostro Salvatore.
+PetaloNero+
00sabato 5 giugno 2010 15:42
STATEMENT OF THE HOLY SEE DELEGATION BEFORE THE GENERAL DEBATE OF THE INTERNATIONAL CRIMINAL COURT, REVIEW CONFERENCE OF THE ROME STATUTE (KAMPALA, 1 JUNE 2010)

Here below the Statement by H.E. Alain Paul Lebeaupin, Apostolic Nuncio, Head of Holy See Delegation, before the general debate of the International Criminal Court Review Conference of the Rome Statute, held in Kampala, 1 June 2010:

Mr. President,

My delegation would like to join those thanking the government of Uganda for its hospitality and willingness to host this important meeting to review the Rome Statute.

Twelve years ago delegates went to Rome to undertake the goal of creating a new international legal structure which sought to ensure that gross violations of human rights would no longer be tolerated by the international community and that those responsible for perpetuating such violations would be held accountable for their actions.

Now, we come to Kampala to measure the effectiveness of these efforts and to continue to improve judicial systems to ensure that true justice is available to everyone in all corners of the globe.

At the heart of this exercise is the need to fully understand what it means when we speak of "justice." Justice is the virtue which recognizes the need for people to give due to God and each other and demands that each person respect the rights of each other and establish in human relationships the harmony that promotes equity with regard to persons and to the common good.1 This justice is not based merely on legal determinations or juridical instruments but rather is based on the moral law which recognizes the inherent dignity of the human person.

This justice recognizes many forms: commutative justice, which regulates exchanges between persons and between institutions with strict adherence to their rights; distributive justice, which determines what the community owes its citizens in proportion to their needs and contributions; legal justice, which determines what a citizen owes the community, and social justice, which takes into account social, political and economic concerns as well as their corresponding structural dimensions within society2. By recognizing that the work for justice requires actions in many areas, we recognize that justice cannot be limited to the realm of legal accountability but also requires society to work positively towards creating a more just society in all aspects of the social order.

When translated into national and international criminal and civil legal systems, this justice requires that legal and juridical bodies put into place rules and institutions which seek to actualize these principles in a way which respect objective moral truth and place the human person at the center of decision making. In this regard, the Rome Statute marked an important contribution to respect for the human person by recognizing that human rights are not limited by national borders, political position, religious background or cultural heritage but rather are inherent in every human person.

Mr. President,

The promise of the Rome Statute ultimately lies in its ability to further refine the law of nations (ius gentium) in which universally recognized norms are superior to the laws of States and which requires accountability to the entire global community. However for this promise to bear fruit, States must continue to work to build trust between and amongst one another. Failure to build this trust ultimately will give rise to selective justice or retribution. To build this trust, States must respect the norm that agreements must be kept (pacta sunt servanda) as failure to fulfill commitments leads to greater mistrust between States by escalating blame and friction, ultimately undermining global peace and security.

Further, respect for the principle of subsidiarity allows States and communities to take action with accountability and provides for victims and affected communities participating in the judicial process for the sake of addressing the harm caused by gross violations of human rights, which fosters restoration and broader long-term peace. In this forum, this notion is addressed under the concept of complementarity, which recognizes that local national systems must be the primary source for holding individuals accountable. In so doing, we recognize that subsidiarity helps to restore local communities but also fosters trust between States as national governments retain the responsibility to hold perpetrators accountable.

During this Review Conference, States Parties are working to adopt an amendment which recognizes the Crime of Aggression and delineates jurisdiction by the Court over such crimes. This amendment seeks to institutionalize, in international juridical instruments, a principle which rejects war as a means for resolving disputes and seeks to replace the law of force with the force of law. In learning from the better tradition of peoples and nations engaging in peaceful discussion and creating agreements, this amendment builds upon the tragic lessons learned around the world that recourse to force, or even threat of force, has undermined global and personal security of individuals and nations. To this end, The Holy See has long been an advocate against wars of aggression and rejects the flawed logic of violence and destruction as factors for progress or political advancement.

In discussing this amendment it is imperative that efforts be made to balance the prevention of wars of aggression with the rights of nations to legitimate self-defense. This balance can only be achieved if the outcome of these discussions is an amendment which truly reflects the concerns and thoughts of the entire international community and which promotes the pursuit of justice rather than retribution. Efforts to create jurisdiction mechanisms that are governed by the political vote of majorities would replace military might with political might and would ultimately serve to harm trust between nations and undermine long-term peace and the long-term viability of multi-lateral legal bodies. Thus, these discussions must weigh these urgent concerns and make sure that these discussions are not motivated by a desire to seek greater political or military influence but rather by a genuine desire to promote a justice which protects human rights and fosters greater trust between nations.

Mr. President,

While the efforts during these meetings to adopt and finalize the amendments to the Rome Statute are important, equally as important is the need to take stock of the work that has been accomplished since the adoption of the Rome Statute, especially in promoting peace and justice.

The Holy See has stated consistently that peace not only is possible but that peace is a duty which must be built upon the pillars of truth, justice, love and freedom. Law favors peace and, so, the two are intricately linked. Thus peace and justice are not in contradiction with one another but rather justice is a foundation for peace and just laws provide the means for fostering greater justice. In this context, justice must not be limited merely to the realm of "legal justice" but must also address the need for commutative, distributive and social justice.

For its part, the Holy See continues to call on all individuals within society to be peacemakers and to work towards justice. These efforts focus on the truth that every human person has inherent dignity and worth which must be respected regardless of racial, ethnic, religious, political or social distinction. The Holy See considers that, through teaching peace and justice, educational institutions can play an important role in fostering a social situation which sees our neighbors not as outsiders to be mistrusted and reviled but as fellow brothers and sisters to be respected and loved.

Mr. President,

The Holy See welcomes this conference and it is our hope that it ultimately serves to promote respect for international justice, provides for better recognition of human rights and fosters greater trust between people and States.

Thank you Mr. President.

_______________________________

1 Catechism of the Catholic Church, 1807.

2 Ibid. 2411.

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00martedì 8 giugno 2010 01:12
Conclusioni del Convegno sulle persone sorde, testimoni dell’annuncio
Organizzato dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 7 giugno 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le conclusioni del Convegno organizzato a Roma dal 4 al 6 giugno dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema “Effatà! La persona sorda, araldo e testimone dell’annuncio evangelico”.

* * *

Al termine di questo Convegno di Pastorale, intitolato “Effatà! La persona sorda, araldo e testimone dell’annuncio evangelico” e organizzato dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, si è giunti a definire gli strumenti per l’attuazione di alcune priorità nell’ambito dell’integrazione dei non udenti nella vita ecclesiale e più in generale nella società.

In questa seconda tappa dell’impegno del Dicastero in favore degli affetti da sordità, sono state dunque accolte ed è iniziata l’attuazione delle raccomandazioni emerse al termine della Conferenza Internazionale “Effatà! La persona sorda nella vita della Chiesa”, tenuta nel novembre scorso sempre in Vaticano.

Tale risultato è stato conseguito grazie all’attiva partecipazione o l’adesione di esponenti dello stesso Pontificio Consiglio e di altri uffici vaticani, della Conferenza Episcopale Italiana e della Diocesi di Roma, Bari, Brescia, Foggia, Chieti, Crotone, Padova, Patti, Vicenza, Bologna, Palermo, Sulmona, Aquila, Imperia, Agrigento, Teramo, Assisi, Firenze, Foligno, Frosinone, Roma, Salerno, Milano, Trani, Modena, Tursi-Lagonegro, Venezia, Messina, Perugia, Terni, Rimini, Perugia e Pordenone.

A loro si sono aggiunti il personale religioso, gli specialisti ed i volontari. Un grande apporto è stato inoltre fornito dai rappresentanti della Chiese statunitense, spagnola, irlandese e tedesca giunti appositamente a Roma per il Convegno.

Ecco in sintesi le priorità e gli strumenti delineati in questi tre giorni di impegno:

1. Offrire alle Chiese locali e particolari gli strumenti per cominciare a lavorare “per e con” le persone sorde, a partire sia da specifici elementi per la programmazione pastorale e da sussidî multimediali. Tra questi dei DVD mirati, contenenti la traduzione nella lingua dei segni da impiegarsi come ausilio al cammino di formazione e alla partecipazione alla vita della comunità ecclesiale.

2. Curare e diffondere con particolare impegno la “formazione dei formatori”, in primo luogo dei futuri presbiteri, del personale religioso e di tutti gli agenti di pastorale.

3. Come emerso durante questo convegno, si ritiene di fondamentale importanza che, ad esempio nei seminari, sia possibile avvicinarsi alla realtà dei non udenti apprendendo: le basi della lingua dei segni, il loro vissuto storico e personale, cioè le difficoltà che incontrano nella società e nella scuola così come nella Chiesa. Un tale schema di formazione, con i dovuti adattamenti, potrà essere utilizzato a tutte le latitudini.

4. Rendere permanente, presso il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, il Gruppo di Studio annunciato durante la Conferenza Internazionale. Tale organismo permetterà le necessarie qualità e uniformità del lavoro svolto in questo ambito.

5. Allestire uno spazio Internet di riferimento, utile alla diffusione delle iniziative così come alla comunicazione e allo scambio tra chi opera nella Pastorale delle persone sorde.

6. Promuovere l’istituzione di una certificazione “Ad hoc” per chi traduce nella lingua dei segni in ambito ecclesiale. Si ritiene infatti fondamentale che si effettui una distinzione tra il “traduttore” e il “facilitatore”. Quest’ultimo dovrà avere le competenze religiose sufficienti a permettergli di far correttamente seguire, ad esempio nel corso di una liturgia eucaristica, il procedere della funzione religiosa.

Tutti i partecipanti al Convegno, infine, si sono impegnati e si impegneranno affinché le suddette conclusioni attuative siano presto concretizzate, in risposta a quanto sollecitato in merito da Sua Santità Papa Benedetto XVI e ricordato durante l’apertura dei lavori di questo Convegno dal Presidente del Dicastero, Arcivescovo Zygmunt Zimowski.

Città del Vaticano, 6 giugno 2010
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00lunedì 14 giugno 2010 15:34
STATEMENT OF THE HOLY SEE DELEGATION AT THE 64th SESSION OF THE UN GENERAL ASSEMBLY ON THE IMPLEMENTATION OF THE DECLARATION OF COMMITMENT ON HIV/AIDS

Here below the Statement by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See, before the plenary on Item 44: Implementation of the Declaration of Commitment on HIV/AIDS and the Political Declaration on HIV/AIDS: Report of the Secretary-General (A/64/735) and draft decision (A/64/L54/Rev.1):

Mr. President,

In the 2001 Declaration of Commitment on HIV/AIDS, Heads of State and Government acknowledged with urgent concern that the spread of HIV constituted "a global emergency and one of the most formidable challenges to human life and dignity" as well as a serious obstacle to the realization of the internationally agreed development goals (A/RES/S-26/2). Five years later in the Political Declaration on HIV/AIDS they noted with alarm that one quarter of a century into this scourge we are still facing an "unprecedented human catastrophe" (A/RES/60/262). On both occasions they made a commitment to take the necessary action to combat this serious threat to the human community.

Given the significant engagement of Catholic Church-sponsored organizations in providing care in all parts of the world for those with HIV/AIDS, my delegation takes this occasion to note that the global community continues to be confronted by many obstacles in its efforts to respond adequately to this problem, for example, that 7,400 people become infected with HIV every day; that nearly four million people are currently receiving treatment, while 9.7 million people are still in need of such life-saving and life-prolonging interventions; and that for every two people who commence treatment, 5 more become infected (UNAIDS: Country and regional responses to AIDS).

Mr. President,

If AIDS is to be combated by realistically facing its deeper causes and the sick are to be given the loving care they need, we need to provide people with more than knowledge, ability, technical competence and tools. For this reason my delegation strongly recommends that more attention and resources be dedicated to support a value-based approach grounded in the human dimension of sexuality, that is to say, a spiritual and human renewal that leads to a new way of behaving toward others. The spread of AIDS can be stopped effectively, as has been affirmed also by public health experts, when this respect for the dignity of human nature and for its inherent moral law is included as an essential element in HIV prevention efforts.

My delegation is deeply concerned about the gap in available funds for antiretroviral treatment among poor and marginalized populations. Catholic Church-related providers in Uganda, South Africa, Haiti, and Papua New Guinea, among others, report that international donors have instructed them not to enroll new patients into these programs and express concern about further cutbacks even for those already receiving such treatment. The global community carries a serious responsibility to offer equitable and continuous access to such medications. Failure to do so will not only cause untold loss and suffering to those individuals and families directly affected by the disease but also will have grave public health, social, and economic consequences for the entire human family.

Particularly vulnerable are children living with HIV or HIV/TB co-infection. Access to early diagnosis and treatment is far less accessible to HIV-positive children than adults; without such access at least one-third of such children die before their first birthday and at least one-half die before their second birthday. Such loss of the future generations and leaders can no longer be met with silence or indifference.

Mr. President,

Through their global commitments in 2001 and 2006, Heads of State and Government articulated a vision of equitable access as well as comprehensive and effective action in response to the global HIV spread. The present-day challenges call into question our ability to fulfill such promises. Yet, in the face of the ongoing threat of HIV and AIDS, we must acknowledge the demands of the human family for worldwide solidarity, for honest evaluation of past approaches that may have been based more on ideology than on science and values, and for determined action that respects human dignity and promotes the integral development of each and every person and of all society.

Thank you, Mr. President.


+PetaloNero+
00martedì 15 giugno 2010 15:54
JOINT COMMUNIQUÉ OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL , 15.06.2010

JOINT COMMUNIQUÉ OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL


Plenary Meeting held on 15 June 2010

at the Vatican Apostolic Palace

The meeting of the Plenary Commission took place in an atmosphere of mutual understanding. The Delegation of the Holy See was headed by Monsignor Ettore Balestrero, Under-Secretary for Relations with States; and the Delegation of the State of Israel was headed by Mr Daniel Ayalon, M.K, Deputy Minister of Foreign Affairs.

The Plenary welcomed the progress accomplished by the "Working Level" Commission since the previous Plenary, and has agreed on the next steps towards conclusion of the Agreement.

The Plenary will hold its next meeting on 6 December 2010 at the Israeli Ministry of Foreign Affairs. The next "Working Level" meeting will take place on 27-28 July 2010.

The Delegation of the Holy See (H.S.):

- Monsignor Ettore Balestrero, Under-Secretary for Relations with States at the Secretariat of State; Chairman.

- H.E. Archbishop Antonio Franco, Apostolic Nuncio in Israel, Chairman of the Delegation at the "Working Level";

- H.E. Bishop Giacinto-Boulos Marcuzzo, Latin Patriarcal Vicar;

- Mgr. Maurizio Malvestiti, Under-Secretary of the Congregation for the Eastern Churches;

- Mgr. Alberto Ortega, Secretariat of State; Archmandrite Maher Abboud;

- Father David-Maria A. Jaeger, OFM, Legal Adviser;

- Father Jacek Dobromir Jasztal, OFM; Father Pietro Felet, SCJ;

- Mr Henry Amoroso, Second Legal Adviser;

- Mr Samir Abu-Nassar , CPA;

- Father Giovanni Caputa, SDB, Secretary.

The Delegation of the State of Israel (S.I.)

- Mr Daniel Ayalon, Deputy Minister of Foreign Affairs; Chairman;

- Mr. Shmuel Ben-Shmuel, Head of World Jewish and Interreligious Affairs Bureau, MFA;

- Mr Mordechay Lewy, Ambassador of Israel to the Holy See;

- Mr Ronen Gil-or, Director Department of General Law, MFA;

- Mr. Bahij Mansour, Director Department of Religious Affairs, MFA;

- Mr Moshe Golan, Senior Deputy State’s Attorney, Responsible of Civil Law Matters, Ministry of Justice;

- Mr Oded Brook, Head of the International Affairs Division , Ministry of Finance;

- Mr David Segal, Diplomatic Advisor, Deputy’s Foeign Minister Bureau;

- Mr Ashley Perry, International Media Adviser to the Deputy Foreign Minister;

- Ms Klarina Shpitz , Chief of Staff, Deputy Minister of Foreign Affairs.
+PetaloNero+
00sabato 19 giugno 2010 00:50
Intervento di mons. Tomasi all'Organizzazione mondiale del Commercio


ROMA, venerdì, 18 giugno 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento pronunciato l'8 giugno dall'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, all'Organizzazione mondiale del commercio-Consiglio sugli aspetti dei diritti sulla proprietà intellettuale attinenti al commercio.

* * *

Signor Presidente,

unendomi ai relatori che mi hanno preceduto, mi congratulo per la sua elezione.

1. Sul tema dell'Articolo 27.3 (b), Oggetto del Brevetto, la delegazione della Santa Sede desidera fare alcuni commenti e sollevare alcune questioni aggiuntive.

2. L'Articolo 27.3(b) permette ai Membri di escludere dalla brevettabilità piante e animali, ma non microrganismi, e consente ai Membri di escludere da essa processi biologici che sono essenziali per la produzione di piante e animali, ma non quelli microbiologici. La logica che sottende a questa disposizione è quella di rafforzare la tutela internazionale dei brevetti e di altri diritti di proprietà intellettuale (Ipr) sugli sviluppi non biologici e microbiologici della vita, collegando questa tutela al quadro legale generale sul commercio di altri beni e servizi. Questa tutela, comunque, dovrebbe essere promossa con correttezza e in pieno accordo con gli obiettivi di sviluppo previsti dall'Articolo 7 dei Trips, con le disposizioni dell'Articolo 8 sulla libertà politica degli Stati di assicurare la tutela dell'alimentazione e della salute pubblica e a promuovere il pubblico interesse in settori di importanza fondamentale per il loro sviluppo socioeconomico e tecnologico nonché con le disposizioni dell'Articolo 27.2, che permette ai Membri di «escludere dalla brevettabilità le invenzioni, il cui sfruttamento commerciale nel loro territorio deve essere impedito per motivi di ordine pubblico o di moralità pubblica, nonché per proteggere la vita o la salute dell'uomo, degli animali o dei vegetali o per evitare gravi danni ambientali».

3. Il brevetto delle forme di vita potrebbe a volte servire come strumento per sostenere quelle biotecnologie, che sono problematiche sia da un punto di vista etico sia da un punto di vista di un sistema di proprietà intellettuale che favorisca lo sviluppo.

4. In relazione alla vita umana, l'articolo 4 della Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i Diritti Umani afferma che «Il genoma umano nel suo stato naturale non può dar luogo a profitto» (Nazioni Unite, A/53/152 del 9 dicembre 1998; Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), Atti della Conferenza Generale, ventinovesima sessione, Parigi, 21 ottobre - 12 novembre 1997, Risoluzione n. 6) mentre l'Articolo 21 della Convenzione del Consiglio d'Europa per la tutela dei diritti umani e della dignità dell'essere umano a proposito dell'applicazione della biologia e della medicina stabilisce che: «Il corpo umano e le sue parti, in quanto tali, non possono dar luogo a profitto» (cfr. Consiglio d'Europa, ETS N: 164, Oviedo, 4 aprile 1987). Allo stesso proposito, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Clonazione Umana riconosce «le preoccupazioni che certe applicazioni della scienza della vita - che si sviluppa così rapidamente - possono suscitare riguardo alla dignità umana, ai diritti umani e alle libertà fondamentali degli individui» e chiama gli Stati a «ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere adeguatamente la vita umana nell'applicazione delle scienze della vita» (Nazioni Unite A/RES/59/280 dell'8 marzo 2005). Quindi, l'accordo Trips, altre norme della Wto, tutti gli accordi relativi al commercio bilaterale, regionale e internazionale e gli accordi Ipr non dovrebbero ridurre la facoltà degli Stati di governare gli aspetti degli Ipr legati alla vita e alla dignità umane.

5. Il mero controllo commerciale della produzione e distribuzione di nuove forme di vita potrebbe influenzare sia la sicurezza alimentare sia le prospettive di sviluppo dei Paesi poveri. Non si devono imporre diritti monopolistici privati su quelle risorse biologiche da cui derivano l'alimentazione di base e i requisiti medici della vita umana. Un approccio integrale agli Ipr non dovrebbe ignorare le importanti preoccupazioni di carattere economico, ambientale ed etico circa la brevettabilità della vita, perché tale azione avrebbe un impatto negativo sui diritti del consumatore, sulla conservazione della biodiversità, sulla tutela ambientale, sui diritti dei popoli indigeni, sulla libertà scientifica e accademica e, in definitiva, sullo sviluppo economico di molti Paesi in via di sviluppo nella misura in cui esso dipende dalle nuove tecnologie.

6. Nel 2007 le Nazioni Unite hanno adottato una Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni che riconosce, nell'articolo 31, che «i popoli indigeni hanno il diritto di conservare, controllare, tutelare e sviluppare la propria eredità culturale, conoscenze tradizionali ed espressioni culturali tradizionali nonché manifestazioni delle loro scienze, tecnologie e culture, incluse le risorse umane e genetiche, semi, medicine, conoscenza delle proprietà della fauna e della flora, tradizioni orali, letterature, immagini, sport e gare tradizionali e arti visuali e sceniche» (cfr. Nazioni Unite, A/RES/59/280, 8 marzo 2005). Se opportuno e fattibile, gli sviluppi e le conclusioni del Comitato Intergovernativo sulla Proprietà Intellettuale e le Risorse Genetiche, le Conoscenze Tradizionali e il Folklore, dell'Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO/GRTKF) dovrebbero essere riconosciuti nel contesto delle norme del Trips.

7. Fra gli agenti di sviluppo esiste una preoccupazione grave sulla brevettabilità delle varietà di semi geneticamente modificati. Un'applicazione illimitata delle procedure di brevetto sugli sviluppi biologici, scientifici e tecnici potrebbe essere dannosa ai metodi di ricerca e di produzione sia tradizionali sia moderni, soprattutto per quanto riguarda le nuove varietà che sono di beneficio al mondo in via di sviluppo. La concentrazione della proprietà dei semi potrebbe minacciare l'autonomia dei coltivatori locali, che sono costretti ad acquistare i semi ogni stagione da un manipolo di società, con le quali hanno scarsa possibilità di negoziare prezzi competitivi. Il possesso dei Diritti di Proprietà Intellettuale dei semi potrebbe mettere a serio repentaglio la pratica di conservare i semi per commerciarli o ripiantarli durante la stagione successiva. Per la maggior parte, i piccoli e medi agricoltori usano conservare i semi, e una gran parte della popolazione mondiale dipende dalla costante stabilità finanziaria dei coltivatori che fanno questo. La comunità internazionale dovrebbe prestare la dovuta attenzione alle preoccupazioni per la concentrazione di tecnologia e di risorse per la produzione alimentare nelle mani di un piccolo gruppo di entità e di società che sono guidate esclusivamente da obiettivi commerciali. Un'attenzione particolare dovrebbe essere accordata anche alla tutela della proprietà intellettuale dei semi scoperti da singoli coltivatori, dei Paesi sia industrializzati sia di sviluppo, e ai diritti delle popolazioni indigene all'uso tradizionale e alla proprietà di quelle piante che sono essenziali per la loro sussistenza e per la loro cultura.

8. L'obiettivo principale della comunità internazionale dovrebbe essere quello di promuovere il bene comune. Inoltre, le regole e i negoziati del commercio internazionale dovrebbero mirare al bene di tutti, in particolare di quelle persone che sono povere e vulnerabili. Dovrebbero anche garantire sia i mezzi per la sussistenza umana come cibo, acqua, medicine, ambiente sano e così via, sia quelli per lo sviluppo spirituale, sociale e culturale delle persone.

Anche i dibattiti sulla tutela internazionale dei diritti di proprietà intellettuale e sulla portata e le conseguenze dell'Articolo 27, 3.b, dovrebbero essere guidati, in tutta sincerità, dalla promozione del bene comune e della dignità umana, come è giustamente affermato nella Dichiarazione, nell'Atto Finale, nel Preambolo e nell'Allegato 1C dell'Accordo di Marrakech.

[Traduzione a cura de L'Osservatore Romano]
+PetaloNero+
00lunedì 21 giugno 2010 15:31
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

Si terrà in Vaticano, nei giorni 23-24 giugno 2010, il secondo incontro del Gruppo di lavoro congiunto Viêt Nam - Santa Sede. La riunione si prefigge di approfondire e sviluppare le relazioni bilaterali, come era stato previsto al termine del primo incontro del Gruppo di lavoro, svoltosi ad Hà Nôi dal 16 al 17 febbraio 2009.














INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA 14a SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SULL’ACCESSO ALLE MEDICINE

L’8 giugno 2010, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano Maria Tomasi, ha pronunciato alla 14a Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra, l’intervento che riportiamo qui di seguito:


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Mr. President,

With regard to the right of everyone to the enjoyment of the highest attainable standard of physical and mental health, my delegation wishes to raise additional concerns regarding the need for effective action in order to guarantee Universal Access to medicines and diagnostic tools for all persons. The Special Rapporteur focused on this issue during his Report to the Eleventh Session of this distinguished Council[1]. However, continued vigilance must be maintained in this regard.

As the members of this Council already are well aware, the right to health is universally recognized as a fundamental right. Article 25 of the Universal Declaration on Human Rights (UDHR) includes the right to health and medical care within the more general rubric of the right “to enjoy an adequate standard of living.”[2] Article 12.1 of the International Covenant on Economic, Social, and Cultural Rights (ICESCR), however, directly recognizes the right to enjoy the best physical and mental condition.[3].

The Committee on Economic and Cultural Rights, in its General Comment No. 14[4], moreover, identified the following minimum requirements for States to ensure: (1) the right of access to health care in a non-discriminatory way, (2) access to basic nutritional level, (3) access to housing, basic sanitation and a sufficient supply of drinking water, (4) the supply of essential drugs, (5) an equitable distribution of benefits and health services, and (6) adoption of national strategies to prevent and combat epidemics.

Mr. President, the Catholic Church provides a major contribution to health care in all parts of the world – through local churches, religious institutions and private initiatives, which act on their own responsibility and in the respect of the law of each country – including the promotion of 5,378 hospitals, 18,088 dispensaries and clinics, 521 leprosaria, and 15,448 homes for the aged, the chronically ill, or disabled people. With information coming from these on-the-ground realities in some of the most poor, isolated, and marginalized communities, my delegation is obliged to report that the rights detailed in the international instruments already mentioned are far from being realized.

One major impediment to the realization of these rights is the lack of access to affordable medicines and diagnostic tools that can be administered and utilized in low-income, low-technology settings. Among the disturbing trends and findings reported by the Special Rapporteur are the following: “Diseases of poverty” still account for 50 per cent of the burden of disease in developing countries, nearly ten times higher than in developed countries[5]; more than 100 million people fall into poverty annually because they have to pay for health care[6]; in developing countries, patients themselves pay for 50 to 90 per cent of essential medicines[7]; nearly 2 billion people lack access to essential medicines [8].

One group particularly deprived of access to medicines is that of children. Many essential medicines have not been developed in appropriate formulations or dosages specific to pediatric use. Thus families and health care workers often are forced to engage in a “guessing game” on how best to divide adult-size pills for use with children. This situation can result in the tragic loss of life or continued chronic illness among such needy children. For example, of the 2.1 million children estimated to be living with HIV infection[9], only 38% were received life-saving anti-retroviral medications at the end of 2008[10]. This treatment gap is partially due to the lack of “child friendly” medications to treat the HIV infection.

Thus the Committee on the Rights of the Child has declared: “The obligations of States parties under the Convention extend to ensuring that children have sustained and equal access to comprehensive treatment and care, including necessary HIV-related drugs … on a basis of non-discrimination.[11]”

My delegation is well aware of the complexities inherent in the intellectual property aspects related to the issue of access to medicines. These considerations, including the flexibilities available to applying the Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, are well documented in the 2009 Report of the Special Rapporteur. We further recognize that serious efforts already have been undertaken to implement the Global Strategy and Plan of Action on Public Health, Innovation and Intellectual Property, established in 2008 by the 61stWorld Health Assembly. However, the intense debates recently pursued at the 63rd World Health Assembly demonstrate that the international community has not yet succeeded in its aim to provide equitable access to medicines and indicate the need for further creative reflection and action in this regard.

Mr. President, my delegation urges this Council to renew its commitment as a key stakeholder in efforts to assert and safeguard the right to health by guaranteeing equitable access to essential medicines. We do so with a firm conviction that “… treatment should be extended to every human being” and as an essential element of “the search for the greatest possible human development… and with a strong belief that “[t]his ethical perspective [is] based on the dignity of the human person and on the fundamental rights and duties connecte with it …”[12]


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[1] Report of the Special Rapporteur on the right of everyone to the enjoyment of the highest attainable standard of physical and mental health to the Eleventh Session of the Human Rights Council, Eleventh Session, A/HRC/11/12, 31 March 2009

[2] www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/eng.pdf

[3] www2.ohchr.org/english/law/cescr.htm

[4] Committee on Economic, Social and Cultural Rights, Twenty-second session, Geneva , 25 April-12 May 2000, E/C.12/2000/4, 11 August 2000, www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf/(symbol)/E.C.12.2000.4.En

[5] World Health Organization, Public Health Innovation and Intellectual Property Rights, A Report of the Commission on Intellectual Property Rights, Innovation and Public Health ( Geneva , 2006) p. 3.

[6] World Health Organization, World Health Report, Primary Health Care Now More than Ever ( Geneva , 2008).

[7] A/61/338, para. 75.

[8] World Health Organization, “WHO Medicines Strategy: Countries at the Core, 2004- 2007” , (2004).

[9] UNAIDS, 2009 AIDS Epidemic Update, Geneva , November 2009.

[10] Children and AIDS: Fourth Stocktaking Report, UNICEF, 2009, p. 10.

[11] Committee on the Rights of the Child, Thirty-Second Session, General Comment No. 3 (2003), HIV/AIDS and the rights of the child, CRC/GC/2003/3,

www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf/898586b1dc7b4043c1256a450044f331/309e8c3807aa8cb7c1256d2d0038caaa/$FILE/G034...

[12] Pope Benedict XVI, Address To The Plenary Assembly Of The Pontifical Council For Health Pastoral Care, 22 March 2007, www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2007/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20070322_pc-salute...
+PetaloNero+
00martedì 22 giugno 2010 15:43
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE ALL’INTERNO DELLE CATACOMBE ROMANE DI S. TECLA

Questa mattina, alle ore 11.30, presso la Basilica di S. Paolo fuori le mura, ha avuto luogo una Conferenza Stampa di presentazione delle scoperte archeologiche all’interno delle catacombe romane di S. Tecla.

Hanno preso parte alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Mons. Giovanni Carrù, Segretario della medesima Pontificia Commissione; Prof. Fabrizio Bisconti, Sovrintendente Archeologico delle Catacombe e la Dott.ssa Barbara Mazzei, Responsabile del restauro.


+PetaloNero+
00mercoledì 23 giugno 2010 15:41
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA 14a SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SULLA MORTALITÀ MATERNA

Il 14 giugno 2010, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato alla XIV Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra, l’intervento sulla mortalità materna che riportiamo qui di seguito:


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Mr. President,

Based on the significant commitment and experience of the Catholic Church in assisting mothers and newborn babies, since the earliest of times, especially through its hospitals and maternity and pediatric clinics, my delegation wishes to express its urgent concerns about the shocking number of maternal deaths that continue to occur – estimated by reliable indicators at 350,000 a year – most especially among the poorest and most marginalized and disenfranchised populations.1

The Holy See's approach to Maternal Mortality is holistic, since it gives priority to the rights of mothers and child, both those already born and those awaiting birth in the womb of the mother. Not surprisingly, a strong correlation is revealed between statistics related to Maternal Mortality and those related to Neonatal Death, indicating that many measures aimed at combating maternal mortality, in fact, also contribute to a further reduction of child mortality. Moreover, we should not forget that 3 million babies die annually during their first week of life, another 3 million are stillborn, 2.3 million children die each year during their first year of life.

Mr. President,

Improvements to reduce Maternal Mortality have been made possible due to higher per capita income, higher education rates for women and increasing availability of basic medical care, including "skilled birth attendants". A recent study on Maternal Mortality has suggested that maternal mortality in Africa could be significantly reduced if HIV-positive mothers were given access to antiretroviral medications. The availability of emergency obstetric care, including the provision of universal pre and post-natal care, and adequate transport to medical facilities (when necessary), skilled birth attendants, a clean blood supply and a clean water supply, appropriate antibiotics, and the introduction of a minimum age of 18 years for marriage, are all measures that could benefit both mothers and their children. Most importantly, if the international community wishes to effectively reduce the tragic rates of maternal mortality, respect for and promotion of the right to health and of access to medications must not only be spoken about, but also be put into action, by States as well as by non-governmental organizations and by civil society.

Mr. President,

Policies aimed at combating Maternal Mortality and Child Mortality need to strike a delicate balance between the rights of mother and those of the child, both of whom are rights bearers, the first of which is the right to life. The maternity clinics and hospitals promoted by the Catholic Church do exactly that: they save the lives both of mothers and of child, born and yet-to-be-born.

Thank you Mr. President.

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1 According to a study recently published in the medical journal, The Lancet, ( Vol.375, Issue 9726, pp.1609-1623, 8 May 2010) there are approximately 350,000 maternal deaths per annum worldwide; WHO and UNICEF estimate 500,000 such deaths each year. The difference is attributed to diverse approaches to statistical modeling.
+PetaloNero+
00giovedì 24 giugno 2010 01:01
Cardinale Herranz: valori e diritto nel caso del crocifisso
Intervento a una tavola rotonda a Roma



ROMA, mercoledì, 23 giugno 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento che il Cardinale Julián Herranz Casado, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha pronunciato questo giovedì pomeriggio durante una tavola rotonda svoltasi a Roma con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul tema "Valori e diritto. Il caso del Crocifisso".

* * *
Sembrerebbe opportuno, e forse doveroso da parte mia, cercare di inquadrare il nostro caso nel contesto culturale della dottrina della Chiesa e dell'attuale clima socio-politico dell'Europa. In questo senso vorrei accennare a due fatti significativi: un gesto di assenso di Giovanni Paolo ii e una frase ormai storica di Benedetto xvi. Papa Wojty{l-lslash}a assentì in una nostra riunione di lavoro all'affermazione che negli ultimi cento anni il Magistero della Chiesa è stato orientato soprattutto dalla cogente necessità di difendere i diritti fondamentali della persona, tra cui il diritto alla libertà religiosa, da due funeste utopie ideologiche diventate sistemi politici: l'utopia totalitaria della «giustizia senza libertà» (totalitarismi di destra e di sinistra: nazismo, comunismo, ecc.) e l'utopia libertaria o relativista della «libertà senza verità», oggi particolarmente influente in alcuni settori politici e mediatici europei.

Quest'ultima ideologia, com'è noto, nega l'esistenza di una verità oggettiva sulla persona umana e rifiuta l'esistenza di una legge naturale quale fondamento dei diritti universali (verità messa alla base della «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani» dell'Onu), mentre affida al giudizio soggettivo del singolo o alla semplice opinione maggioritaria la decisione di stabilire sempre il vero e il giusto, anche quando si tratta di verità e valori assoluti e di diritti personali indisponibili. Benedetto xvi, che nella famosa omelia nella Messa previa al Conclave del 2005 denunciò già con coraggiosa intuizione la «dettatura del relativismo», ha affermato nuovamente sette giorni fa: «Quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate, si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico». Ciò che potrebbe avvenire anche a livello delle istituzioni officiali dell'Unione europea, se i più avveduti e democratici Stati membri del Consiglio di Europa non cercassero di impedirlo.

Riguardo alla religione, questa ideologia relativista si configura come «fondamentalismo laicista». Esso, allontanandosi dal retto concetto di «laicità», vorrebbe relegare la fede cristiana e il fatto religioso in genere nel solo ambito privato della coscienza personale, escludendo ogni segno, simbolo o manifestazione esterna della fede nei luoghi pubblici e nelle istituzioni civili (scuole, ospedali, ecc.). In questo contesto di fondamentalismo laicista va certamente inquadrata la sentenza della Corte di Strasburgo contro la presenza del Crocifisso nelle scuole italiane, benché venga pretestuosamente e unilateralmente invocato il diritto alla libertà religiosa.

La sentenza, infatti, sostiene che l'esposizione del Crocifisso nelle scuole costituirebbe una pressione morale sugli alunni in formazione e lederebbe di conseguenza la loro libertà di aderire a una religione diversa dalla cristiana o di non aderire a nessuna religione. Cosciente che altri illustri Relatori ben più esperti di me nel diritto ecclesiastico e costituzionale della Repubblica italiana, faranno ulteriori approfondite considerazioni in merito, vorrei sommessamente fare alcuni sintetici rilievi.

1. Tale sentenza si richiama senza motivo (perché la semplice esposizione del Crocifisso non ha alcun carattere impositivo o discriminatorio) alla libertà religiosa degli alunni non cristiani, mentre non rispetta per quanto riguarda gli alunni cristiani delle scuole italiane e la patria potestà dei loro genitori, l'Art. 18 della «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani». Questa norma, infatti, garantisce il diritto alla libertà religiosa, il quale include, tra l'altro: «la libertà di manifestare, individualmente o in comune, sia in pubblico come in privato, la propria religione».

2. La sentenza non ha ponderato sufficientemente che la «laicità» rappresenta, sì, un principio costitutivo degli Stati democratici, ma sono essi che determinano nei singoli casi le sue forme concrete di attuazione, alla luce delle varie circostanze e tradizioni locali. Non si tratta infatti di un principio ideologico da imporre alla società violentando le tradizioni, i sentimenti e le credenze religiose dei cittadini. A questo proposito, appare esemplare anche per altre Nazioni di profonde radici cristiane la sentenza del Consiglio di Stato italiano del 13 febbraio 2006 in merito alla presenza del Crocifisso nelle scuole.

3. Anche il concetto di «neutralità» religiosa cui si richiama la sentenza della Corte di Strasburgo è interpretato nel senso ideologico del relativismo agnostico. Infatti, la neutralità o aconfessionalità dello Stato significa unicamente che nessuna religione avrà carattere statale, ma non che lo Stato debba essere «anticonfessionale», cioè contrario alla presenza nelle istituzioni pubbliche di qualsiasi segno o simbolo religioso: tale atteggiamento di rifiuto della religione in se stessa farebbe dell'ateismo una specie di ideologia o religione di Stato e, nel nostro caso, del Consiglio di Europa e dell'Unione europea.

4. Oltre a non tener conto che in uno Stato di diritto il Governo deve servire la società e non opprimerla con l'imposizione di una propria ideologia, la sentenza della Corte europea di Strasburgo non ha rispettato il principio di sussidiarietà che presiede il rapporto Stati-Istituzioni europee. La Corte, infatti, sembra aver superato illegittimamente i limiti della propria competenza pronunziandosi su di una questione che riguarda la legittima e doverosa salvaguardia da parte di uno Stato delle tradizioni e della cultura nazionali, nonché degli impegni presi tramite concordati o convenzioni particolari con la Chiesa cattolica e altre eventuali confessioni religiose.

5. In tanti ambiti della società (basti pensare, per esempio, a insegne e simboli come quelli della «Croce Rossa», di determinate bandiere nazionali, di altri enti di diritto internazionale, e perfino delle farmacie, cliniche e ospedali, ecc.) la Croce è stata considerata per secoli un segno di alto valore civico e spirituale, dell'amore che accoglie fraternamente e guarisce, di uguaglianza di tutti gli uomini nella dignità personale e nella comprensione delle loro sofferenze e delle loro necessità, ma anche un segno di pace, di concordia, di perdono. Voler estromettere questo segno dai luoghi e dalle istituzioni pubbliche in nome di una presunta «neutralità» religiosa, sarebbe una manifestazione non soltanto di «cristofobia» più o meno larvata ma soprattutto di inciviltà.

6. L'esperienza ha dimostrato che la proibizione di ogni segno religioso nelle scuole (come è avvenuto in Francia nel 2004, prima dell'attuale concetto di «laicità positiva») non favorisce l'integrazione. A molti credenti non cristiani non dà fastidio studiare in un'aula in cui ci sia un Crocifisso, mentre considerano negativamente che la religione sia proibita nella scuola in nome della «laicità». Di fatto, come dimostra un documentato servizio dell'International Herald Tribune del 2008 (cfr. «Aceprensa», 1 ottobre 2008), un numero crescente di famiglie musulmane francesi preferiscono trasferire i loro figli nelle scuole cattoliche.

7. In Spagna, una sentenza del tribunale contenzioso amministrativo provinciale di Valladolid, in nome dei principi di uguaglianza e di libertà di coscienza, obbligò una scuola pubblica nel novembre 2008 a togliere il Crocifisso dalle aule, in contrasto con la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale. Quest'ultimo, infatti, con sentenza del 21 febbraio 1986, aveva affermato che l'aconfessionalità dello Stato non implica che le credenze e i sentimenti religiosi non possano essere oggetto di protezione; al contrario, il rispetto di queste convinzioni si trova alla base della convivenza democratica. Attualmente forti poteri mediatici e alcuni gruppi politici che sostengono da tempo l'ideologia del fondamentalismo laicista fanno pressione sul governo, perché prescinda dagli Accordi internazionali tra la Santa Sede e lo Stato spagnolo e perché in una pretestuosa eventuale legge «di libertà religiosa» da essi fortemente auspicata si proibiscano i Crocifissi e altri segni religiosi nelle istituzioni pubbliche e nelle cerimonie officiali (scuole, tribunali, ospedali, funerali di Stato, ecc.). Tutto ciò, anche se sanno che molto probabilmente la maggioranza dei cittadini, se interpellata con un referendum, sarebbe contraria.

Mi si permetta chiudere queste sintetiche riflessioni con un augurio. Poiché non soltanto la dottrina della Chiesa, ma anche la «Dichiarazione Universale sui Diritti Umani» dell'Onu, considerano che alla base di questi diritti c'è la persona umana con la sua dignità inalienabile, è da auspicare che pure le istituzioni dell'Unione europea tutelino questa verità sull'uomo. Una persona, cioè, la cui struttura ontologica e sociale non è quella di un essere dagli interessi puramente economici e temporali, ma di un individuo che, oltre a una intelligenza e libertà da rispettare, ha anche una dimensione trascendente e religiosa dello spirito che le leggi e le sentenze delle società veramente democratiche non possono ignorare, ferire o discriminare.
+PetaloNero+
00giovedì 24 giugno 2010 15:51
STATEMENT OF THE HOLY SEE DELEGATION TO 64th SESSION OF THE UN GENERAL ASSEMBLY AT HIGH-LEVEL MEETING ON TRANSNATIONAL ORGANIZED CRIME (21 JUNE 2010)

Here below the Statement by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See, to the 64th Session of the UN General Assembly at High-level meeting on transnational organized crime, pursuant to resolution 64/179 of 18 December 2009, aimed at fostering universal adherence to the Convention and the Protocols thereto and at strengthening international cooperation:

Mr. President,

My delegation would like to thank you and the panelists for their work in this useful discussion on transnational organized crime.

One result of an interconnected world is the ever-growing interconnected nature of crime. While the ability to communicate and trade with people in all corners of the globe has promoted global solidarity and commerce, it has also led to an escalation in crime across national boundaries. This dynamic in the globalized nature of crime presents new challenges to legal and judicial mechanisms as they attempt to hold criminals accountable and protect their citizens.

The Naples Declaration and the Palermo Convention constitute substantial efforts by the international community to establish cooperation in order to prevent criminal activity and prosecute perpetrators. These Conventions recognized the increasingly indisputable observation that as crime becomes international, the response also must become international.

Today, millions of people are victims of trafficking, of which, over 70%, almost all women and girls, are trafficked for the purpose of sexual exploitation. This reality is both tragic and inexcusable. The transnational trafficking of women and children for sexual exploitation is based on a balance between the supply of victims from sending countries and the demand in receiving countries. The trafficking process begins with the demand. To highlight victims' rights needs to go along with addressing the problem of demand and, with it, the insidious degradation of human dignity that always accompanies the scourge of trafficking in persons. In fact, rather than effectively addressing the demand, more and more laws are passed which seek to legitimize this dehumanizing work. Even the very global sporting and social events which are meant to foster greater respect and harmony among people around the world have become instead opportunities for the greater exploitation and trafficking of women and girls.

Similarly, the global drug trade continues to have devastating affects on individuals, families and communities around the world. In areas of production, the demand for illegal drugs fuels organized gangs, drug cartels and terrorists. These criminal organizations use the financing from this illegal activity to spread fear and violence so as to secure their pursuit of greed and power. The activities of these individuals and organizations must be addressed urgently by all legitimate means possible in order to allow communities to live in peace and prosperity rather than in fear of crime and hostility.

To address this problem, the international community must not only focus on the areas of production but must also address the ever present demand for illegal drugs. This demand, driven heavily by the developed world, demonstrates that in order to address drug production abroad, efforts must be taken at home. Drug use not only afflicts the international community, but also has immediate detrimental effects on the physical, social and spiritual lives of individuals and their families. Thus, focus also on these individuals is necessary in order to find ways to prevent drug abuse in the first place and to rehabilitate drug abusers so that they can contribute more fully to the common good.

Mr. President,

If we wish to engage in a sustained process to stop and reverse these two major areas of international crime, peoples and cultures will have to find common ground that can underpin human relations everywhere on the basis of our shared humanity. There remains a profound need to uphold the inherent dignity and worth of every human being, with special attention to the most vulnerable of society. In that vein we should focus our efforts on addressing and even criminalizing the devastating demand for prostitution, which dehumanizes women and girls and fuels illegal trafficking around the world.

Likewise, a people-centered approach to the international drug trade must recognize that the consumers of this illegal activity must be held accountable and also provided rehabilitation. Criminal accountability is only one factor in addressing this problem as personal, social and spiritual rehabilitation is necessary for drug abusers and the communities devastated by the producing and smuggling of drugs. Also, efforts by governments and civil society to restore the health of individuals and communities must continue to be encouraged since all people have a claim to social and economic development.

This debate helps to shed light on the need to address international crime in a way which recognizes the growing international nature of crime but also allows this assembly to recognize that this response requires national efforts to address the individual and societal causes for such activity. While it is imperative to hold accountable for their actions criminals who disrupt the common good, so too is it necessary to recognize the rights and dignity of victims and offenders in order to remedy the harm caused by crime.

Thank you Mr. President.
+PetaloNero+
00venerdì 25 giugno 2010 16:06
COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO

Di seguito si riporta la traduzione italiana del testo della Dichiarazione rilasciata dal Portavoce della Conferenza Episcopale belga, dopo la perquisizione dell’Arcivescovado di Malines-Bruxelles, il 24 giugno corrente:

I vescovi del Belgio erano riuniti presso l’arcivescovado di Malines-Bruxelles verso le 10.30, questa mattina, per la riunione mensile della Conferenza Episcopale. Verso le 10.30 le autorità giudiziarie e le forze di polizia sono entrate ed hanno significato che ci sarebbe stata una perquisizione dell’arcivescovado, in seguito a delle denunce per abuso sessuale nel territorio dell’arcidiocesi. Non è stata data nessun’altra spiegazione, ma tutti i documenti ed i telefoni portatili sono stati confiscati ed è stato significato che nessuno poteva lasciare l’edificio. Questo stato di fatto è durato fino alle 19.30 circa.

Tutti sono stati interrogati, sia i membri della Conferenza Episcopale, sia i membri del personale. Non è stata un’esperienza piacevole, ma tutto si è svolto in modo corretto. I Vescovi hanno sempre detto di avere fiducia nella giustizia e nel suo lavoro. La presente perquisizione viene accolta con la stessa fiducia e perciò, per il momento, essi si astengono dal fare ulteriori commenti.

Al contrario, essi, assieme al Professor Peter Adriaensses, presidente della commissione per il trattamento degli abusi sessuali nel quadro di una relazione pastorale, si rammaricano del fatto che, durante un’altra perquisizione, tutti i dossier di questa commissione sono stati sequestrati. Questo va contro il diritto alla riservatezza di cui devono beneficiare le vittime che hanno scelto di indirizzarsi a questa commissione. Tale azione lede dunque gravemente il necessario ed eccellente lavoro di questa commissione.

Eric de Beukelaer

Portavoce della Conferenza Episcopale

* * *

Nel pubblicare detta Dichiarazione, la Segreteria di Stato ribadisce la ferma condanna di ogni atto peccaminoso e criminale di abuso di minori da parte di membri della Chiesa, come pure la necessità di riparare e di affrontare tali atti in modo conforme alle esigenze della giustizia ed agli insegnamenti del Vangelo. E’ alla luce di tali necessità che la medesima Segreteria di Stato esprime anche vivo stupore per le modalità in cui sono avvenute alcune perquisizioni condotte ieri dalle Autorità giudiziarie belghe e il suo sdegno per il fatto che ci sia stata addirittura la violazione delle tombe degli Em.mi Cardinali Jozef-Ernest Van Roey e Léon-Joseph Suenens, defunti Arcivescovi di Malines-Bruxelles. Allo sgomento per tali azioni, si aggiunge il rammarico per alcune infrazioni della confidenzialità, a cui hanno diritto proprio quelle vittime per le quali sono state condotte le perquisizioni.

Detti sentimenti sono stati espressi personalmente da S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, a S.E. il Sig. Charles Ghislain, Ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede.

+PetaloNero+
00sabato 26 giugno 2010 00:33
Intervento della Santa Sede a New York sul crimine transnazionale



ROMA, venerdì, 25 giugno 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 21 giugno dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, nell'ambito della 64ª sessione dell'Assemblea generale dell'Onu, durante l'incontro di alto livello sul crimine organizzato transnazionale, ai sensi della risoluzione 64/179 del 18 dicembre 2009, volta a promuovere l'adesione universale alla Convenzione e ai Protocolli e a rafforzare la cooperazione internazionale.

* * *

Presidente,

la mia Delegazione desidera ringraziare lei e i relatori per il loro lavoro a questo utile dibattito sul crimine organizzato transnazionale.

Una conseguenza del mondo interconnesso è la natura sempre più interconnessa del crimine. Sebbene l'abilità di comunicare e di commerciare in tutte le parti del mondo abbia promosso solidarietà e commercio globali, ha anche portato a un'intensificazione del crimine attraverso le frontiere nazionali. Questa dinamica nella natura globalizzata del crimine lancia nuove sfide ai meccanismi legali e giudiziari che tentano di punire i criminali e di proteggere i propri cittadini.

La Dichiarazione di Napoli e la Convenzione di Palermo costituiscono sforzi sostanziali della comunità internazionale per instaurare una cooperazione volta a prevenire l'attività criminale e perseguire i colpevoli. Queste Convenzioni hanno riconosciuto la sempre più indiscutibile tesi secondo la quale, dal momento che il crimine diviene internazionale, anche la risposta ad esso deve essere internazionale.

Oggi, milioni di persone sono vittima del traffico di esseri umani. Più del 70 per cento di loro, quasi tutte donne e ragazze, è destinato allo sfruttamento sessuale. Questa realtà è tragica e ingiustificabile. Il traffico transnazionale di donne e di bambini per lo sfruttamento sessuale si basa purtroppo sull'equilibrio fra l'«offerta» di vittime nei Paesi dai quali provengono e la «domanda» nei Paesi dove saranno ricevute. Il processo di traffico nasce, dunque, da questa «domanda». Per evidenziare i diritti delle vittime è necessario risolvere il problema di tale «domanda» e, con esso, quello del gravissimo degrado della dignità umana che sempre accompagna la piaga della tratta di esseri umani. Infatti, piuttosto che affrontare concretamente il problema della domanda, vengono varate sempre più leggi che cercano di legittimare questo lavoro disumanizzante. Perfino gli eventi sportivi e sociali mondiali, concepiti per promuovere maggiori rispetto e armonia fra le persone in tutto il mondo, sono diventati invece opportunità di maggiore sfruttamento e tratta di donne e ragazze.

Nello stesso modo, il narcotraffico globale continua a sortire effetti devastanti su individui, famiglie e comunità in tutto il mondo. Nelle aree di produzione, la domanda di sostanze illegali alimenta bande organizzate, cartelli e terroristi. Queste organizzazioni criminali utilizzano i proventi delle attività illegali per diffondere paura e violenza e garantire così il successo della loro ricerca di avidità e potere. Le attività di quegli individui e di quelle organizzazioni devono essere affrontate con urgenza con tutti i mezzi legittimi possibili per permettere alle comunità di vivere in pace e prosperità invece che nella paura del crimine e delle ostilità.

Per risolvere questo problema, la comunità internazionale non deve concentrarsi soltanto sulle aree di produzione, ma deve anche affrontare la domanda sempre presente di stupefacenti. Questa domanda, forte soprattutto nel mondo industrializzato, dimostra che per affrontare la produzione di stupefacenti all'estero, bisogna compiere degli sforzi nel proprio Paese. L'uso di stupefacenti non solo affligge la comunità internazionale, ma ha anche effetti dannosi immediati sulla vita fisica, sociale e spirituale degli individui e delle loro famiglie. Quindi, è necessario prestare particolare attenzione a questi individui per trovare modalità per prevenire l'uso di stupefacenti e riabilitare i tossicodipendenti affinché possano contribuire più pienamente al bene comune.

Presidente,

se vogliamo impegnarci in un processo sostenuto per fermare e modificare questi due maggiori settori del crimine internazionale, le popolazioni e le culture dovranno elaborare modalità per trovare un terreno comune che possa sostenere i rapporti umani, ovunque, sulla base di un'umanità comune. Resta la necessità profonda di sostenere la dignità e il valore intrinseci di ogni essere umano, con un'attenzione speciale ai più vulnerabili della società. A questo scopo dovremmo concentrare i nostri sforzi affrontando e perfino criminalizzando la richiesta devastante di prostituzione, che disumanizza donne e ragazze e alimenta il traffico illegale nel mondo.

Nello stesso modo, un approccio al narcotraffico, che sia incentrato sulla persona, deve riconoscere la necessità di punire gli utenti finali di questa attività illegale e anche di riabilitarli. La responsabilità criminale è solo un fattore della soluzione del problema perché la riabilitazione personale, sociale e spirituale è necessaria per i tossicodipendenti e per le comunità devastate dalla produzione e dal traffico di stupefacenti. Inoltre, bisogna continuare a incoraggiare gli sforzi dei governi e della società civile per ripristinare la salute di individui e di comunità perché tutti hanno diritto a uno sviluppo economico e sociale.

Questo dibattito contribuisce a fare luce sulla necessità di affrontare il crimine internazionale in modo da riconoscere la natura sempre più internazionale del crimine, ma permette anche a questa assemblea di riconoscere che questa risposta richiede sforzi nazionali per affrontare le cause individuali e sociali di questa attività. Sebbene sia imperativo punire i criminali per i loro reati che distruggono il bene comune, è anche necessario riconoscere i diritti e la dignità delle vittime e dei criminali per rimediare al danno cagionato dal crimine.

[Traduzione del testo in inglese a cura de L'Osservatore Romano]
+PetaloNero+
00sabato 26 giugno 2010 15:16
COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO: SECONDO INCONTRO DEL GRUPPO CONGIUNTO DI LAVORO VIETNAM - SANTA SEDE


Come concordato nel Primo Incontro del Gruppo Congiunto di Lavoro Vietnam - Santa Sede, svoltosi ad Hanoi nel febbraio 2009, il Secondo Incontro del Gruppo Congiunto di Lavoro Vietnam - Santa Sede ha avuto luogo in Vaticano, dal 23 al 24 giugno 2010. E’ stato presieduto congiuntamente da Mons. Ettore Balestrero, Sotto-Segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, Capo della Delegazione della Santa Sede, e dal Sig. Nguyen Quoc Cuong, Vice-Ministro degli Affari Esteri, Capo della Delegazione del Vietnam.

Presa visione dei progressi compiuti dal Primo Incontro del Gruppo Congiunto di Lavoro, le due Delegazioni hanno affrontato temi internazionali e temi legati alle relazioni bilaterali e alla Chiesa Cattolica in Vietnam. La Delegazione Vietnamita ha ricordato le linee costanti della politica vietnamita di rispetto della libertà di religione e di credo come pure le misure legali di garanzia della sua attuazione. La Delegazione della Santa Sede ha preso nota di questa spiegazione ed ha chiesto che vengano assicurate ulteriori condizioni che consentano alla Chiesa di partecipare con maggiore efficacia allo sviluppo del Paese, specialmente in ambito spirituale, educativo, sanitario, sociale e caritativo. La Delegazione della Santa Sede ha inoltre ricordato che la Chiesa nei suoi insegnamenti invita i fedeli ad essere buoni cittadini e quindi ad impegnarsi per il bene comune della popolazione.

Le due Delegazioni hanno registrato sviluppi incoraggianti in varie aree della vita cattolica in Vietnam, specialmente in relazione all’Anno Giubilare. Inoltre, hanno ricordato il Discorso di Sua Santità Papa Benedetto XVI in occasione dell’ultima visita ad Limina dei Vescovi Vietnamiti e il Messaggio del Santo Padre alla Chiesa Cattolica in Vietnam in occasione dell’Anno Giubilare, e si sono detti d’accordo che questi insegnamenti del Santo Padre serviranno come orientamento per la Chiesa Cattolica in Vietnam negli anni a venire.

Quanto alle relazioni bilaterali le due Delegazioni hanno apprezzato gli sviluppi positivi avvenuti dal Primo Incontro del Gruppo Congiunto di Lavoro, specialmente l’incontro tra il Papa Benedetto XVI e il Presidente del Vietnam, Nguyen Minh Triet, nel dicembre 2009. Le due Delegazioni hanno avuto anche un profondo ed ampio confronto sulle relazioni diplomatiche bilaterali. Al fine di approfondire le relazioni tra la Santa Sede e il Vietnam, come pure i legami tra la Santa Sede e la Chiesa Cattolica locale, è stata convenuta, come primo passo, la nomina da parte del Papa di un Rappresentante non-residente della Santa Sede presso il Vietnam.

Le due Delegazioni hanno deciso di avere un Terzo Incontro del Gruppo Congiunto di Lavoro in Vietnam; la data dell’Incontro sarà concordata seguendo i canali diplomatici.

In occasione dell’Incontro, la Delegazione del Vietnam ha compiuto una visita di cortesia a S.E. Mons. Mamberti, Segretario delle Relazioni della Santa Sede con gli Stati, al Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e al Vicariato della Diocesi di Roma. La Delegazione ha anche fatto visita all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù della Santa Sede in Roma.






COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO

Oggi 26 giugno, S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, ha ricevuto le Lettere che accreditano S.E. il Sig. Nikolay Sadchikov come Ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede. Prossimamente, S.E. Mons. Antonio Mennini presenterà a S.E. il Sig. Sergei Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, le Lettere Credenziali che lo accreditano come Nunzio Apostolico nella medesima Federazione.

+PetaloNero+
00lunedì 28 giugno 2010 15:57
NOTA DELLA SALA STAMPA IN MERITO ALLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

Davanti alle notizie che da tempo si continuano a diffondere sul conto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (anticamente detta "De Propaganda Fide"), si ritiene necessario richiamare alcuni dati oggettivi a tutela della buona fama di tale importante organismo della Santa Sede e della Chiesa Cattolica.

La Congregazione è l’organo che ha il compito di dirigere e coordinare in tutto il mondo l’opera dell’evangelizzazione e la cooperazione missionaria (cfr. Cost. ap. Pastor Bonus, 85).

Il primo e fondamentale scopo è dunque quello di guidare e sostenere le giovani Chiese, situate in territori di recente o scarsa evangelizzazione, territori che per lunga tradizione sono soggetti alla competenza del Dicastero per tutti gli aspetti della vita ecclesiale.

Per tale motivo esso coordina la presenza e l’azione dei missionari nel mondo, sottopone al Santo Padre i candidati all’Episcopato, ha la responsabilità per la formazione del clero locale, dei catechisti, degli operatori pastorali.

Tale funzione di indirizzo viene esercitata al più alto livello dai Membri della Congregazione, in maggioranza Cardinali, molti dei quali provenienti dagli stessi Paesi di missione, che si riuniscono periodicamente. Nella gestione ordinaria il Dicastero è diretto dal Cardinale Prefetto e dagli altri Superiori, secondo le rispettive funzioni.

Al fine di assolvere al proprio compito, la Congregazione dirige e mantiene in Roma una vasta serie di strutture a servizio della formazione, tra cui spiccano la Pontificia Università Urbaniana (circa 1.400 alunni nel corrente anno accademico) e diversi Collegi, nei quali studiano attualmente circa 150 seminaristi, 360 sacerdoti, 150 tra religiose e laici inviati dai cinque continenti.

Tale vasta opera, che richiede una quantità non indifferente di risorse finanziarie, costituisce solo una parte dell’impegno della Congregazione. È noto infatti che essa elargisce ogni anno alle Chiese dei territori ad essa soggetti (1.080 circoscrizioni) un sussidio finanziario ordinario, che in molti casi rappresenta la principale o una delle principali fonti di introito per le diocesi, i vicariati apostolici, le prefetture, le missioni sui iuris ecc. Accanto a ciò la Congregazione invia annualmente sussidi per la formazione del clero locale, che per la Santa Sede è strumento imprescindibile per la crescita e la maturazione di queste Chiese, che sono tra le realtà più vitali e promettenti per il futuro della Chiesa Cattolica. Grazie all’aiuto della Congregazione e di altre innumerevoli opere di sostegno alle missioni da parte dei cattolici di tutto il mondo un notevole numero di sacerdoti, seminaristi e altri operatori pastorali può studiare a Roma, accanto al Successore di Pietro, vivendo un’esperienza formativa unica, tipica della cattolicità, capace di segnare in maniera indelebile il futuro servizio alle rispettive comunità.

Oltre a ciò, viene distribuita annualmente una quantità di aiuti per progetti in favore della costruzione di nuove chiese, istituzioni pastorali, opere di alfabetizzazione, strutture ospedaliere e sanitarie, in particolare a favore dell’infanzia, nonché educative, spesso in regioni che sono tra le più povere della terra. Tutta questa serie di iniziative, e numerose altre, sono promosse e coordinate dalle Pontificie Opere Missionarie, in seno al Dicastero. Se si considera il rapporto tra la quantità del personale impiegato e le risorse distribuite, si potrà verificare con facilità che i costi di gestione sono di gran lunga inferiori a qualsiasi organizzazione internazionale impegnata nel campo della cooperazione (e ciò grazie alla collaborazione diretta e gratuita, in tutto il mondo, da parte di Vescovi, Nunziature Apostoliche, organizzazioni cattoliche).

La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ricava le sue risorse principalmente dalla colletta della Giornata Missionaria Mondiale, interamente distribuita tramite le Pontificie Opere Missionarie nazionali, e, in secondo luogo, dai redditi del proprio patrimonio finanziario ed immobiliare. Il patrimonio si è formato nel corso dei decenni grazie a numerose donazioni di benefattori di ogni ceto, che hanno inteso lasciare parte dei loro beni a servizio della causa dell’Evangelizzazione.

La valorizzazione di tale patrimonio è naturalmente un compito impegnativo e complesso, che si deve avvalere della consulenza di persone esperte sotto diversi profili professionali e che, come tutte le operazioni finanziarie, può essere esposto anche ad errori di valutazione e alle fluttuazioni del mercato internazionale.

Cionondimeno, a testimonianza dello sforzo per una corretta gestione amministrativa e della crescente generosità dei cattolici, tale patrimonio ha continuato ad incrementarsi. Al tempo stesso, nel corso degli ultimi anni, si è progressivamente fatta strada la consapevolezza della necessità di migliorarne la redditività e, a tale fine, sono state istituite strutture e procedure tese a garantirne una gestione professionale e in linea con gli standard più avanzati.

Con la presente nota si intende richiamare a tutti l’identità, il valore e il profondo significato di un’istituzione vitale per la Santa Sede e per l’intera Chiesa Cattolica, che risponde al comandamento di Gesù: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15). Essa ha meritato e merita il sostegno di tutti i cattolici e di quanti hanno a cuore il bene dell’uomo e il suo sviluppo integrale.










COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: INCONTRO DEL SANTO PADRE CON IL CARDINALE CHRISTOPH SCHÖNBORN

1) Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza il Cardinale Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna e Presidente della Conferenza Episcopale Austriaca. Questi aveva chiesto di poter riferire personalmente al Sommo Pontefice circa la presente situazione della Chiesa in Austria. In particolare, il Cardinale Christoph Schönborn ha voluto chiarire il senso esatto di sue recenti dichiarazioni circa alcuni aspetti dell’attuale disciplina ecclesiastica, come pure taluni giudizi sull’atteggiamento tenuto dalla Segreteria di Stato, ed in particolare dall’allora Segretario di Stato del Papa Giovanni Paolo II di v.m., nei riguardi del compianto Cardinale Hans Hermann Groër, Arcivescovo di Vienna dal 1986 al 1995.

2) Successivamente, sono stati invitati all’incontro i Cardinali Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, e Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.
Nella seconda parte dell’Udienza, sono stati chiariti e risolti alcuni equivoci molto diffusi e in parte derivati da alcune espressioni del Cardinale Christoph Schönborn, il quale esprime il suo dispiacere per le interpretazioni date.

In particolare:

a) Si ricorda che nella Chiesa, quando si tratta di accuse contro un Cardinale, la competenza spetta unicamente al Papa; le altre istanze possono avere una funzione di consulenza, sempre con il dovuto rispetto per le persone.

b) La parola "chiacchiericcio" è stata interpretata erroneamente come una mancanza di rispetto per le vittime degli abusi sessuali, per le quali il Cardinale Angelo Sodano nutre gli stessi sentimenti di compassione e di condanna del male, come espressi in diversi interventi del Santo Padre. Tale parola, pronunciata nell'indirizzo Pasquale al Papa Benedetto XVI, era presa letteralmente dall'Omelia pontificia della Domenica delle Palme ed era riferita al "coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti".

3) Il Santo Padre, ricordando con grande affetto la sua visita pastorale in Austria, invia tramite il Cardinale Christoph Schönborn, il Suo saluto ed incoraggiamento alla Chiesa che è in Austria ed ai suoi Pastori, affidando alla Celeste protezione di Maria, tanto venerata in Mariazell, il cammino di una rinnovata comunione ecclesiale.
+PetaloNero+
00martedì 29 giugno 2010 01:39
Messaggio vaticano per la Giornata Mondiale del Turismo 2010
Sul tema "Turismo e biodiversità"





CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 28 giugno 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per la Giornata Mondiale del Turismo, che si celebrerà il 27 settembre prossimo sul tema Turismo e biodiversità.

* * *

Con il tema Turismo e biodiversità, proposto dall’Organizzazione Mondiale competente, la Giornata Mondiale del Turismo vuole offrire il proprio contributo al 2010, dichiarato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite “Anno Internazionale della biodiversità”.

Tale decisione nasce da una profonda preoccupazione “per le ripercussioni sociali, economiche, ambientali e culturali derivanti dalla perdita di biodiversità, comprese le conseguenze avverse che essa comporta per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, e vuole mettere in rilievo la necessità di adottare misure concrete per invertire tale perdita”[1].

La biodiversità si riferisce alla grande ricchezza di esseri che vivono sulla Terra, come pure al delicato equilibrio di interdipendenza e interazione esistente tra di loro e con l’ambiente fisico che li accoglie e li condiziona. Essa si traduce nei vari ecosistemi, di cui sono buon esempio le foreste, le zone umide, le savane, i deserti, le barriere coralline, le montagne, i mari o le zone polari.

Su di loro incombono tre gravi pericoli, che esigono una soluzione urgente: il cambiamento climatico, la desertificazione e la perdita di biodiversità. Negli ultimi anni quest’ultima è cresciuta ad un ritmo senza precedenti. Studi recenti indicano che, a livello mondiale, sono minacciati o a rischio di estinzione il 22% dei mammiferi, il 31% degli anfibi, il 13.6% degli uccelli o il 27% delle barriere coralline[2].

A questi cambiamenti contribuiscono, in grande misura, numerosi settori dell’attività umana, tra i quali senza dubbio c’è il turismo, che si colloca tra quelli che hanno conosciuto una crescita più elevata e rapida. Al riguardo, possiamo ricordare le cifre fornite dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT). Se gli arrivi internazionali di turisti sono stati 534 milioni nel 1995, e 682 milioni nel 2000, le previsioni che appaiono nel rapporto Tourism 2020 Vision sono di 1006 milioni per il 2010, e potranno raggiungere i 1561 milioni nel 2020, con una crescita media annuale del 4.1%.[3] A queste cifre del turismo internazionale bisogna aggiungere quelle ancor più notevoli del turismo interno. Tutto ciò mostra la forte crescita di questo settore economico, che comporta alcuni effetti importanti per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità, con il conseguente pericolo che si trasformi in un serio impatto ambientale, specialmente per quanto riguarda il consumo smisurato di risorse limitate (come l’acqua potabile e il territorio) e per la grande produzione di residui contaminati, che superano la quantità che una determinata zona può assorbire.

La situazione è aggravata dal fatto che la domanda turistica si rivolge sempre più a destinazioni della natura, attratta dalle sue innumerevoli bellezze, il che presuppone un impatto importante sulle popolazioni visitate, sulla loro economia, sull’ambiente e sul patrimonio culturale. Questo fatto può rappresentare un elemento pregiudizievole oppure contribuire in maniera significativa e positiva alla conservazione del patrimonio. Il turismo vive, così, un paradosso. Se, da una parte, nasce e si sviluppa grazie all’attrazione di alcuni siti naturali e culturali, dall’altra questi stessi possono essere deteriorati e perfino distrutti dal turismo stesso, per cui finiscono per essere esclusi dalle destinazioni turistiche in quanto hanno perduto l’attrazione che li distingueva all’origine

In considerazione di tutto ciò, possiamo affermare che il turismo non può sottrarsi alla sua responsabilità nella difesa della biodiversità, ma, al contrario, deve assumervi un ruolo attivo. Lo sviluppo di questo comparto economico deve essere inevitabilmente accompagnato dai principi di sostenibilità e rispetto della diversità biologica.

Di tutto questo si è seriamente preoccupata la comunità internazionale, e questi temi sono stati oggetto di ripetuti pronunciamenti[4]. La Chiesa vuole unirvi la sua voce, nel ruolo che le è proprio, partendo dalla convinzione che essa stessa “ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche nella sfera pubblica. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso”[5]. Senza entrare nella questione di soluzioni tecniche concrete, che sfuggirebbero alla sua competenza, la Chiesa si preoccupa di richiamare l’attenzione sulla relazione esistente tra il Creatore, l’essere umano e il creato[6]. Il Magistero ribadisce ripetutamente la responsabilità dell’essere umano nella preservazione di un ambiente integro e sano per tutti, partendo dal convincimento che “la tutela dell’ambiente costituisce una sfida per l’umanità intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo”[7].

Come afferma il Santo Padre Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, “nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell'intervento creativo di Dio, che l’uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni — materiali e immateriali — nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso”,[8] e il cui utilizzo rappresenta per noi “una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera”[9]. Per questo, il turismo deve essere rispettoso dell’ambiente, e cercare di raggiungere una perfetta armonia con il creato, di modo che, garantendo la sostenibilità delle risorse da cui dipende, non dia origine a trasformazioni ecologiche irreversibili.

Il contatto con la natura è importante. Pertanto il turismo si deve sforzare di rispettare e valorizzare la bellezza del creato, nella convinzione “che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto contatto con la bellezza e l’armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi”[10].

C’è un elemento che rende ancor più esigente, se possibile, questo sforzo. Nella propria ricerca di Dio, l’essere umano scopre alcune vie per avvicinarsi al Mistero, che hanno come punto di partenza il creato[11]. La natura e la biodiversità ci parlano di Dio Creatore, il quale si fa presente nella sua creazione, “difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’Autore” (Sap 13, 5), “perché li ha creati lo stesso autore della bellezza” (Sap 13, 3). È per questo che il mondo, nella sua diversità, “si offre allo sguardo dell’uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si disvela la sua potenza creatrice, provvidente e redentrice”[12]. Il turismo, perciò, avvicinandosi al creato in tutta la sua varietà e ricchezza, può essere occasione per promuovere o accrescere l’esperienza religiosa.

Diventa urgente e necessaria, di conseguenza, la ricerca di un equilibrio tra turismo e biodiversità, in cui entrambi si sostengano reciprocamente, di modo che sviluppo economico e protezione dell’ambiente non appaiano come elementi contrapposti e incompatibili, bensì si tenda a conciliare le esigenze di entrambi[13].

Gli sforzi per proteggere e promuovere la biodiversità nella sua relazione con il turismo passano, in primo luogo, per lo sviluppo di strategie partecipative e condivise, in cui siano coinvolti i settori interessati. La maggior parte dei Governi, istituzioni internazionali, associazioni professionali del settore turistico e organizzazioni non governative devono difendere, in una visione di ampio raggio, la necessità di un turismo sostenibile come unica forma possibile affinché il suo sviluppo sia, al tempo stesso, economicamente redditizio, protegga le risorse naturali e culturali, e sia aiuto reale nella lotta contro la povertà.

Le autorità pubbliche, poi, devono offrire una legislazione chiara, che protegga e potenzi la biodiversità, rafforzando i benefici e riducendo i costi del turismo, nella vigilanza del rispetto delle regole[14]. A ciò si deve sicuramente accompagnare un investimento importante in termini di pianificazione ed educazione. Gli sforzi governativi dovranno essere più consistenti nei luoghi maggiormente vulnerabili e in cui il degrado è stato più intenso. Probabilmente in alcuni di essi il turismo dovrà essere limitato o addirittura evitato.

Si richiede, invece, alle imprese turistiche di “concepire e sviluppare la propria attività riducendo al minimo gli effetti negativi sulla protezione degli ecosistemi sensibili e dell’ambiente in generale contribuendo attivamente alla loro protezione e facendone beneficiare le comunità locali”[15]. Per questo occorrerà realizzare studi previ sulla sostenibilità di ciascun prodotto turistico, evidenziando gli apporti positivi reali come pure i rischi potenziali, nella convinzione che il settore non può perseguire l’obiettivo del massimo beneficio ad ogni costo[16].

Infine, i turisti devono essere consapevoli del fatto che la loro presenza in un luogo non sempre è positiva. A questo scopo, essi devono essere informati sui benefici reali che comporta la conservazione della biodiversità ed educati al turismo sostenibile. Essi dovrebbero altresì reclamare che le imprese turistiche contribuiscano realmente allo sviluppo del luogo. In nessun caso il territorio o il patrimonio storico-culturale delle destinazioni devono essere pregiudicati a favore del turista, adattandosi ai suoi gusti o desideri. Uno sforzo importante, che in modo particolare deve realizzare la pastorale del turismo, è l’educazione alla contemplazione, che aiuti i turisti a scoprire la traccia di Dio nella grande ricchezza della biodiversità.

Così, un turismo che si sviluppa in armonia con il creato farà risuonare nel cuore del turista la lode del salmista: “O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra” (Sal 8, 2).


Città del Vaticano, 24 giugno 2010


+ Antonio Maria Vegliò

Presidente



+ Agostino Marchetto

Arcivescovo Segretario


1) Organizzazione delle Nazioni Unite, Risoluzione A/RES/61/203 approvata dall’Assemblea Generale, 20 dicembre 2006.

2) Cfr. J.-C. Vié, C. Hilton-Taylor and S. N. Stuart (eds.), Wildlife in a Changing World. An analysis of the 2008 IUCN Red List of Threatened Species, International Union for Conservation of Nature and Natural Resources, Gland, Switzerland, 2009, p. 18: data.iucn.org/dbtw-wpd/edocs/RL-2009-001.pdf

3) Cfr. www.unwto.org/facts/eng/vision.htm

4) Un primo documento da registrare è la Carta del Turismo Sostenibile, approvata durante la “Conferenza Mondiale del Turismo Sostenibile”, celebrata nell’isola spagnola di Lanzarote dal 27 al 28 aprile 1995. In maniera congiunta, nel 1996 l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), il World Travel & Tourism Council (WTTC) e il Consiglio della Terra hanno stilato l’Agenda 21 per il settore dei Viaggi e del Turismo: Verso uno sviluppo ambientalmente sostenibile, che traduce in un programma d’azione per il turismo l’Agenda 21 delle Nazioni Unite per la promozione dello sviluppo sostenibile (adottata nel Summit della Terra svoltosi a Rio de Janeiro nel 1992). Un altro punto di riferimento significativo è la Dichiarazione di Berlino, documento conclusivo della “Conferenza internazione di Ministri dell’Ambiente su biodiversità e turismo”, che ha avuto luogo nella capitale tedesca dal 6 all’otto marzo 1997. Probabilmente questo documento rappresenta il contributo più importante, a motivo della sua elaborazione, influenza, diffusione e dei suoi firmatari. Alcuni mesi più tardi è stata firmata la Dichiarazione di Manila sull’impatto sociale del turismo, in cui era messa in evidenza l’importanza di una serie di principi a favore della sostenibilità turistica. Come frutto del “Summit Mondiale dell’Ecoturismo”, organizzato nel maggio 2002 dall’OMT, con il sostegno del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (PNUMA), è stata pubblicata la Dichiarazione del Québec sull’ecoturismo. Nel quadro del “Convegno su Biodiversità”, nel 2004 sono state pubblicate le Direttive su Biodiversità e Sviluppo del Turismo. A tutti questi documenti a carattere internazionale bisogna aggiungere le numerose guide e i compendi di buone pratiche pubblicati in relazione a questo tema dall’OMT, tra cui segnaliamo quella intitolata Per un turismo più sostenibile: guida per responsabili politici, edita nel 2005 in collaborazione con il PNUMA.

5) Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 51: AAS 101 (2009), p. 687.

6) Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la celebrazione della XLIII Giornata Mondiale della Pace 2010, 8 dicembre 2009, n. 4: L’Osservatore Romano, n. 290 (45.333), 16 dicembre 2009, p. 6.

7) Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, n. 466. Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus, n. 40: AAS 83 (1991) p. 843.

8) Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 48, l.c., p. 684.

9) Ibidem.

10) Benedetto XVI, Messaggio per la celebrazione della XLIII Giornata Mondiale della Pace 2010, n. 13, l.c., p. 5.

11) Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, n. 31.

12) Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 487,l.c.

13) Cfr. Ibidem, n. 470.

14) Cfr. Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 50, l.c., p. 686.

15) Summit Mondiale dell’Ecoturismo, Rapporto Finale. Dichiarazion di Québec sull’ecoturismo, 22 maggio 2002, Organizzazione Mondiale del Turismo e Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, Madrid 2002, raccomandazione 21.

16) Cfr. Organizzazione Mondiale del Turismo, Codice Mondiale di Etica del Turismo, 1° ottobre 1999, art. 3 §4: www.unwto.org/ethics/full_text/en/full_text.php?subop=2
+PetaloNero+
00mercoledì 30 giugno 2010 15:29
STATEMENT OF THE REPRESENTATIVE OF THE HOLY SEE AT THE 48th MEETING OF THE STANDING COMMITTEE OF THE EXECUTIVE COMMITTEE OF THE UNHCR (GENEVA, 22 JUNE 2010)

Here below the statement by H.E..Archbishop Silvano M. Tomasi, Permanent Representative of the Holy See to the United Nations and Other International Organizations in Geneva at the 48th Meeting of the Standing Committee of the Executive Committee of the UNHCR (Geneva, 22 june 2010):

Mr. Chairman,

The Holy See Delegation supports the intense effort made by the UNHCR to call attention to, to refine and to advance the priority of extending increased protection to refugees and persons of concern. Though it appears like a counter-trend to current political sensitivities, it is a timely response, since conflicts have been displacing more people and forced return of potential asylum seekers gives evidence of a difficult political environment for uprooted people. The latest statistics indicate that involuntary movement of persons around the globe continues. The number of people of concern to the UNHCR has grown to 43.3 million worldwide in 2009, the highest number since the 1990s. A sign of current instability and change, for example, is the number of IDPs in Colombia that has reached 4.9 million at the end of 2009 – a record high – and the new huge wave of refugees from Kirghizstan. Confronted with such figures, and the suffering of persons hiding behind the statistics, the right course of action is continuing the enlargement process of categories of people to be protected as the international community has progressively included them in the mandate of the UNHCR. Among the new categories for which more targeted provisions can be developed, mixed flows, internally displaced and urban refugees have rightly been pointed out. The increasing attention given to internally displaced persons moves in this positive general direction. Now that over fifty percent of the world population lives in urban areas, it is not surprising that refugees follow the same trend and move to cities in greater number, creating specific challenges for their protection from registration of their children at birth to avoid statelessness to employment possibilities, access to education and legal residence. Today’s ‘boat people’ from Africa, Asia and elsewhere cannot simply be towed back to the port of origin of their journey as if distancing their presence would offer a real solution. Similarly, the automatic resort to detaining potential refugees and asylum seekers – often in appalling conditions – is inappropriate.

A combination of safety, respect of human dignity and human rights is necessary. To sustain such a combination, a renewed effort is required to prevent forced displacement before it starts and to anticipate events that could trigger protection issues. Equally important is maintaining a strong international consensus on the protection regime which is founded on international law at a time when non-state actors play outside its rules. In the end, protection is an ethical commitment that underlies and serves as a foundation for effective action. The responsibility we owe to vulnerable groups of our one human family prompts adequate answers to remedy the violation of rights and to assist the victims. The same sense of coherence needs to drive States in translating into appropriate protection services the commitments they have assumed. In the final analysis one cannot say that a state has met its responsibility when persons of concern are left in a state of destitution. It certainly is a commendable and encouraging sign that, notwithstanding the enormous difficulty that the current financial and economic crises have brought about, contributions provided for refugees have increased. A culture of friendly human interaction in our globalized world can nourish further solidarity.

The role of media in presenting a positive perception of forcibly displaced persons, a fair indication of the real causes of this displacement and a sound and realistic sense of solidarity can counteract disinformation and the political manipulation of fears of unknown cultures and people. It can show instead that refugees and forcibly displaced people have talents and capacities to offer and show as well the advantages of building together a common future.

Mr. Chairman,

In conclusion, allow me to quote the words of Pope Benedict XVI on the occasion of World Refugee Day 2010: " Refugees wish to find welcome and to be recognized in their dignity and their fundamental rights; at the same time, they intend to offer their contribution to the society that accepts them. We pray that, in a just reciprocity, an adequate response be given to such expectations and that the refugees show the respect they feel for the identity of the receiving community."

Thank you, Mr. Chairman.
+PetaloNero+
00giovedì 1 luglio 2010 15:37
PROMULGAZIONE DI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Oggi, 1° luglio 2010, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:

- un miracolo, attribuito all'intercessione del Beato Luigi Guanella, Sacerdote Fondatore della Congregazione dei Servi della Carità e dell'Istituto delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza; nato a Fraciscio (Italia) il 19 dicembre 1842 e morto a Como (Italia) il 27 settembre 1915;

- un miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Giustino Maria Russolillo, Sacerdote Parroco di Pianura e Fondatore della Società delle Divine Vocazioni; nato a Pianura (Italia) il 18 gennaio 1891 ed ivi morto il 2 agosto 1955;

- un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Serafina del Sacro Cuore di Gesù (al secolo: Clotilde Micheli), Fondatrice dell'Istituto delle Suore degli Angeli; nata a Imèr (Italia) l'11 settembre 1849 e morta a Faicchio (Italia) il 24 marzo 1911;

- un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Alfonsa Clerici, Suora professa della Congregazione delle Suore del Preziosissimo Sangue di Monza; nata a Lainate (Italia) il 14 febbraio 1860 e morta a Vercelli (Italia) il 14 gennaio 1930;

- un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Cecilia Eusepi, del Terz'Ordine Secolare dei Servi di Maria; nata a Monte Romano (Italia) il 17 febbraio 1910 e morta a Nepi (Italia) il 1° ottobre 1928;

- il martirio del Servo di Dio Giovanni Scheffler, Vescovo di Satu Mare; nato a Kálmánd (Ungheria) il 29 ottobre 1887 e morto a Bucarest (Romania) il 6 dicembre 1952;

- il martirio dei Servi di Dio Giuseppe Maria Ruiz Cano, Jesús Annibale Gómez Gómez, Tommaso Cordero Cordero e 13 Compagni, della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria; uccisi, in odio alla Fede, durante la persecuzione religiosa in Spagna nel 1936;

- il martirio dei Servi di Dio Carmelo Maria Moyano Linares e 9 Compagni, dell'Ordine Carmelitano; uccisi, in odio alla Fede, durante la persecuzione religiosa in Spagna nel 1936;

- il martirio dei Servi di Dio Giovanni Prassek e 2 Compagni, Sacerdoti diocesani, uccisi in odio alla Fede ad Amburgo (Germania) il 10 novembre 1943;

- il martirio della Serva di Dio Margherita Rutan, Suora professa della Congregazione delle Suore Figlie della Carità di San Vincenzo de Paul; nata a Metz (Francia) il 23 aprile 1736 e uccisa a Dax (Francia) il 9 aprile 1794;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Basilio Martinelli, Sacerdote professo della Congregazione delle Scuole della Carità (Istituto Cavanis); nato a Calceranica (Italia) il 27 dicembre 1872 e morto a Possagno (Italia) il 16 marzo 1962;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Antonia di San Giuseppe (al secolo: Maria Antonia de Paz y Figueroa), Fondatrice del Beaterio degli Esercizi di Buenos Aires; nata a Silípica o a Santiago del Estero (Argentina) nel 1730 e morta a Buenos Aires il 7 marzo 1799;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria (al secolo: Casimira Kaupas), Fondatrice della Congregazione delle Suore di San Casimiro; nata a Gudeliai (Lituania) il 6 giugno 1880 e morta a Chicago (Stati Uniti d'America) il 17 aprile 1940;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Luisa (al secolo: Gertrude Prosperi), Badessa del Monastero dell'Ordine di San Benedetto di Trevi; nata a Fogliano (Italia) il 19 agosto 1799 e morta a Trevi (Italia) il 12 settembre 1847;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Teresa (al secolo: Maria Carmen Albarracín), Religiosa professa delle Religiose di Maria Immacolata Missionarie Claretiane; nata a Puerto de Mazarrón (Spagna) il 1° maggio 1927 e morta a Barcellona (Spagna) il 12 marzo 1946;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Plautilla (al secolo: Lucia Cavallo), Religiosa professa delle Piccole Suore Missionarie della Carità; nata a Roata Chiusani (Italia) il 18 novembre 1913 e morta a Genova (Italia) il 5 ottobre 1947.



+PetaloNero+
00martedì 6 luglio 2010 15:00
STATEMENT OF THE HEAD OF THE HOLY SEE DELEGATION TO THE ECONOMIC AND SOCIAL COUNCIL ON GENDER EQUALITY AND EMPOWERMENT OF WOMEN (NEW YORK, 1 JULY 2010)

Here below the statement by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Head of the Holy See Delegation to the Economic and Social Council Substantive Session for 2010, High-level Segment, about implementing the internationally agreed goals and commitments in regard to gender equality and empowerment of women (New York, 1 July 2010):

Mr. President,

This year’s substantive session is particularly pertinent leading up to the long expected World Summit on the MDGs. All women and girls who are affected by the MDGs look forward towards an increased recognition of their value and equality as well as their dignified role in development. Any deliberation on the matter will be incomplete without ensuring the advancement of women, who are dynamic agents of development in the family, society and the world.

Ever since world leaders committed their governments to the ambitious objective of attaining the MDGs, some remarkable progress has been achieved in mainstreaming women’s perspectives in development both in multilateral and national policies. Even those countries lagging behind in many aspects of development are giving more prominence to the role of women in public life, especially in the political arena.

The empowerment of women presupposes universal human dignity and, thus, the dignity of each and every individual. The notion denotes complementarity between man and woman, which means equality in diversity: where equality and diversity are based on biological data, expressed traditionally by male and female sexuality, and on the primacy of the person. It concerns also roles to be held and functions to be performed in society. In that regard, equality is not sameness, and difference is not inequality.

Empowerment of women for development means also recognition of the gifts and talents of every woman and is affirmed through the provision of better health care, education and equal opportunities. Empowering women and respecting their dignity mean also honoring their capacity to serve and devote themselves to society and to the family through motherhood which entails a self-giving love and care-giving. Altruism, dedication and service to others are healthy and contribute to personal dignity. If domesticity can be considered a particular gift of mothers in cultivating a genuine intrapersonal relationship in the family and society, then family-friendly working arrangements, shared family-care leave and redistribution of the burden of unpaid work will be given the attention they rightly deserve.

The Holy See notes with concern that inequalities between individuals and between countries thrive and various forms of discrimination, exploitation and oppression of women and girls persist, which must be addressed by the provision of adequate social protection measures for them, as appropriate to national contexts.

In the health sector there is a need to eliminate inequalities between men and women and increase the capacity of women to care for themselves principally by being afforded adequate health care. Scientific studies have shown remarkable improvement in the reduction of maternal and infant mortality, revealing the importance of complementary investing in other areas relevant to women and girls including nutrition, general health and education. The real advancement of women is not achieved by concentrating on a particular health issue to the neglect of others but by promoting their overall health which necessarily includes giving more attention to addressing women-specific diseases.

Women’s economic empowerment is essential for the economic development of the family and of society. Access to land and property, credit facilities and equal opportunities for financial services for women will help ensure their economic stability. In this process, the whole household and community must support their entrepreneurship. The ethical dimension of their development and economic empowerment as well as their service to the family must not be overlooked.

Tragically, violence against women, especially in the home and work place, and discrimination in the professional field, even on the pay and pension scale, are growing concerns. Through adequate legal frame-works and national policies, perpetrators of violence must be brought to justice and women must be afforded rehabilitation. Women and girls must be guaranteed their full enjoyment of civil, political, economic, social and cultural rights including equal access to education and health.

My delegation supports the initiatives in favour of the rights in particular of women migrants and refugees and women with disabilities. Human rights learning campaigns especially for girls and women must be promoted, even from early school days and also through non-formal education. Civil society and NGOs, women’s associations and faith-based organizations can contribute a great deal in human rights learning and in quality education.

In concluding, Mr. President, the more the dignity of women is protected and promoted, the more the family, the community and society will truly be fostered.

Thank you, Mr. President.

+PetaloNero+
00mercoledì 7 luglio 2010 00:17
La Santa Sede alla Conferenza organizzata dalla Presidenza kazaka dell'Osce
La presenza dei cristiani nello spazio pubblico



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 6 luglio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 29 giugno dal Vescovo Mario Toso, capo della delegazione della Santa Sede, durante la Conferenza di alto livello sulla tolleranza e la non-discriminazione, organizzata dalla Presidenza kazaka dell'Osce (Astana, 29-30 giugno 2010).

* * *

I problemi affrontati in questa Sessione non riguardano solo i singoli cristiani e i singoli credenti, ma le confessioni religiose in quanto tali. Non riguardano soltanto gruppi di minoranze religiose ma anche maggioranze. È semplicistico imputare alle maggioranze religiose la scarsità o la mancanza di protezione da parte delle autorità dello Stato per le altre comunità religiose. Allo stesso modo, si deve notare che le minacce contro l'identità religiosa sono presenti sia ad Est che ad Ovest di Vienna, anche quando assumono forme e gradi diversi d'intensità rispetto al tempo e alle circostanze.

Con la crescita dell'intolleranza religiosa nel mondo, è ampiamente documentato come i cristiani siano il gruppo religioso maggiormente discriminato. Ben più di 200 milioni di loro, appartenenti a confessioni diverse, si trovano in situazioni di difficoltà a causa delle istituzioni e dei contesti legali e culturali che li discriminano. Nel suo Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, l'11 gennaio 2010, Papa Benedetto xvi ebbe ad osservare: «Purtroppo, in alcuni Paesi, soprattutto occidentali, si diffondono, negli ambienti politici e culturali, come pure nei mezzi di comunicazione, un sentimento di scarsa considerazione, e, talvolta, di ostilità, per non dire di disprezzo verso la religione, in particolare quella cristiana. È chiaro che, se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell'importanza sociale del fatto religioso. Un tale approccio crea tuttavia scontro e divisione, ferisce la pace, inquina l'«ecologia umana» e, rifiutando, per principio, le attitudini diverse dalla propria, si trasforma in una strada senza uscita. Urge, pertanto, definire una laicità positiva, aperta, che, fondata su una giusta autonomia tra l'ordine temporale e quello spirituale, favorisca una sana collaborazione e un senso di responsabilità condivisa. In questa prospettiva, io penso all'Europa, che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha iniziato una nuova fase del suo processo di integrazione, che la Santa Sede continuerà a seguire con rispetto e con benevola attenzione. Nel rilevare con soddisfazione che il Trattato prevede che l'Unione Europea mantenga con le Chiese un dialogo «aperto, trasparente e regolare» (art. 17), auspico che, nella costruzione del proprio avvenire, l'Europa sappia sempre attingere alle fonti della propria identità cristiana. Come ho rimarcato durante il mio viaggio apostolico del settembre scorso nella Repubblica Ceca, essa ha un ruolo insostituibile “per la formazione della coscienza di ogni generazione e per la promozione di un consenso etico di fondo, al servizio di ogni persona che chiama questo continente 'casa' ”! (Discorso alle autorità civili e al corpo diplomatico, 26 settembre 2009)».

La Santa Sede è convinta che la comunità internazionale dovrebbe lottare contro l'intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani con la stessa determinazione con la quale lotta o lotterebbe nei confronti dell'odio contro tutte le comunità religiose. In questo, l'Osce si è mostrata un'istituzione pionieristica perché da tempo ha inquadrato la lotta all'intolleranza e alla discriminazione nei confronti dei cristiani come uno dei campi nei quali gli Stati debbono impegnarsi. Quello che è emerso chiaramente dalla discussione nella Tavola Rotonda del marzo 2009 è che l'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani si manifestano sotto varie forme in tutta l'area Osce. Inoltre, se la negazione dei diritti rappresenta una questione grave laddove i cristiani sono una minoranza, altre forme più sofisticate di marginalizzazione e di discriminazione costituiscono una seria minaccia alla partecipazione civile e politica dei cristiani anche quando essi non sono una minoranza.

Nonostante gli impegni presi dagli Stati membri dell'Osce nel campo della libertà religiosa, in alcuni Paesi esistono tuttora, nei confronti della Chiesa e delle comunità cristiane, ma anche nei confronti delle altre comunità religiose come pure dei rispettivi membri, leggi intolleranti e perfino discriminanti, così come si danno decisioni e comportamenti, sia attivi che omissivi, che negano detta libertà. Ci sono episodi ricorrenti di violenza e perfino assassini di cristiani. Persistono restrizioni irragionevoli contro la libertà di scelta e di adesione a una confessione e alla rispettiva comunità religiosa, come anche contro l'importazione e la distribuzione di materiale religioso. Vi sono, inoltre, illegittime interferenze nei confronti della loro autonomia organizzativa. Così, si fanno indebite pressioni sulle persone che lavorano nella pubblica amministrazione, ostacolandone la libertà di espressione secondo coscienza. Spesso l'educazione civica avviene senza il dovuto rispetto per l'identità e la fede dei credenti. Si registrano, inoltre, chiari segni di opposizione al riconoscimento del ruolo pubblico della religione.

La lotta tradizionale dell'Osce in favore della libertà religiosa nasce dalla precisa convinzione che una tale libertà è dimensione fondamentale della persona umana e non un qualcosa che concerne solo la sfera privata degli individui. La libertà religiosa, a motivo della sua dimensione pubblica, favorisce lo sviluppo umano e sociale, la stessa sicurezza dei Paesi. Essa, facendo riferimento al «cuore» e alla parte più profonda e intima della persona umana, è fondamento e crogiolo di tutte le altre libertà. Infatti, ove non c'è libertà religiosa tutte le altre libertà sono compromesse.

Il contributo specifico dei cristiani allo sviluppo integrale delle società nazionali costituisce un valore aggiunto anche per la costruzione della società internazionale. Il riconoscimento di questo contributo è garanzia ed espressione di un pluralismo autentico. La distinzione tra realtà spirituali e civili, di fatto, non comporta estraneità, indifferenza o incomunicabilità, bensì dialogo e interazione al servizio del bene comune della persona umana. Papa Benedetto xvi ha ripetutamente richiamato l'attenzione sul fatto che la secolarità non coincide con il secolarismo. Di conseguenza, anche quando i credenti manifestano una obiezione di coscienza nei confronti di misure pubbliche che toccano i valori più profondi della persona umana, ciò non deve essere considerata ipso facto come una obiezione alla sovranità o alla autorità dello Stato o di altre istituzioni pubbliche. Sarebbe invece una forma di intolleranza obbligare i credenti o le comunità di credenti a vivere conformemente allo stato di diritto rinnegando però i dettami della propria coscienza. Nella realtà civile e politica una cosa è affermare la bontà del pluralismo sia come fatto sia come valore, altra cosa è scambiare questo con il relativismoetico e culturale, che non contempla verità assolute, compresa la dignità umana, considerata addirittura come negoziabile o subordinabile ad altri interessi. Così inteso, lo stesso relativismo non è inoltre garanzia di rispetto reciproco tra persone e popoli o garanzia di coesione sociale e di rispetto delle istituzioni e delle regole della democrazia. Una democrazia può promuovere la dignità di ciascuna persona umana e il rispetto per i suoi diritti inviolabili e inalienabili, nonché assicurare una pace stabile solo quando possiede un ancoraggio morale oggettivo (cfr. Evangelium vitae, n. 70).

Neanche i mass media sono esenti da atteggiamenti di intolleranza e, in alcuni casi, di denigrazione nei confronti dei cristiani e dei credenti in generale. Un autentico pluralismo nei mezzi di comunicazione esige una corretta informazione sulle diverse realtà religiose, nonché la libertà di accesso ai media per le comunità religiose stesse. Nel rispetto della libertà di pensiero e di espressione dovrebbero essere predisposti meccanismi e strumenti contro la manipolazione e la strumentalizzazione dei diversi contenuti e simboli di natura religiosa, nonché le manifestazioni di intolleranza e di odio contro i cristiani e tutti i credenti.

Alla luce dei summenzionati abusi, l'Osce dovrebbe dedicare particolare attenzione a sviluppare proposte efficaci per combattere l'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani. Infatti, la Santa Sede è convinta dell'importante contributo che l'istituzione di tre Rappresentanti Personali arrecherà alla promozione della tolleranza e alla non discriminazione nei campi prioritari sui quali gli Stati partecipanti hanno raggiunto il consenso; ossia, nella lotta all'antisemitismo, all'intolleranza e alla discriminazione contro i musulmani, i cristiani e i membri di altre religioni, così come nella lotta al razzismo, alla xenofobia e alla relativa intolleranza. La mia Delegazione esprime il suo apprezzamento per il lavoro equilibrato fatto in quest'anno dai Rappresentanti, che hanno dedicato la loro attenzione ai punti cardine dei loro mandati secondo lo spirito dei negoziati che li hanno istituiti.

Nel corso del 2010, il servizio svolto dai suddetti Rappresentanti ha dimostrato la necessità di un rinnovato sforzo nel perseguire gli obiettivi già assunti dall'Osce e dagli Stati, piuttosto che prevederne di nuovi. Un ulteriore appesantimento dell'agenda, infatti, nonostante possano sorgere sempre nuove questioni che necessitano attenzione, potrebbe rendere vani gli sforzi dell'Osce e indebolire la capacità dell'Organizzazione di affrontare, in maniera efficace e precisa, i propri obiettivi, molti dei quali risultano ancora inattuati.

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 7 luglio 2010]
+PetaloNero+
00giovedì 8 luglio 2010 00:48
Intervento della Santa Sede a sostegno dei diritti delle donne



ROMA, mercoledì, 7 luglio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il primo luglio scorso dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, in occasione della sessione sostanziale 2010 del Consiglio economico e sociale, segmento di alto livello, sull'attuazione degli obiettivi e degli impegni concordati a livello internazionale a proposito dell'uguaglianza di genere e della valorizzazione delle donne.

* * *

Presidente,

la sessione di quest'anno è sostanziale e particolarmente pertinente perché prepara il Vertice mondiale sui Millennium Development Goals (Mdg) atteso da tempo. Tutte le donne e le giovani interessate agli Mdg auspicano un maggior riconoscimento del proprio valore e della parità nonché il conferimento di dignità al proprio ruolo nello sviluppo. Qualsiasi deliberazione sulla questione sarà incompleta se non garantirà il progresso delle donne, che sono agenti dinamici di sviluppo nella famiglia, nella società e nel mondo.

Da quando i leader del mondo hanno impegnato i propri governi nell'obiettivo ambizioso di conseguire i Mdg, sono stati compiuti progressi notevoli nell'includere la visione della donna nello sviluppo sia nelle politiche nazionali che in quelle multilaterali. Anche quei Paesi che sono indietro per molti aspetti dello sviluppo stanno accordando maggiore importanza al ruolo delle donne nella vita pubblica, in particolare nell'arena politica.

La valorizzazione delle donne presuppone una dignità umana universale e, quindi, la dignità di ogni individuo. Questo concetto implica complementarità fra uomo e donna, che significa uguaglianza nelle differenze, laddove uguaglianza e differenza si basano su dati biologici, espressi tradizionalmente dalla sessualità maschile e femminile e sul primato della persona. Il concetto riguarda anche i ruoli da assumere e le funzioni da svolgere nella società. A questo proposito, l'uguaglianza non è uniformità e la differenza non è ineguaglianza.

La valorizzazione delle donne per lo sviluppo significa anche riconoscere i doni e i talenti di ogni donna ed è riaffermata attraverso l'offerta di migliori assistenza sanitaria, educazione e pari opportunità. La valorizzazione delle donne e il rispetto della loro dignità significano anche onorare la loro capacità di servire e di dedicarsi alla società e alla famiglia attraverso la maternità che implica un amore abnegato e accudente. L'altruismo, la dedizione e il servizio agli altri sono aspetti sani e contribuiscono alla dignità personale. Se l'amore per la vita domestica si può considerare un dono particolare delle madri nell'alimentare un autentico rapporto interpersonale nella famiglia e nella società, allora si presterà l'attenzione che giustamente meritano a un'organizzazione del lavoro conciliabile con la famiglia, a congedi per motivi di famiglia e alla ridistribuzione del fardello del lavoro non retribuito.

La Santa Sede osserva con preoccupazione che le ineguaglianze fra individui e fra Paesi prosperano e che persistono varie forme di discriminazione, sfruttamento e oppressione delle donne e delle giovani, che devono essere affrontate attraverso l'offerta di misure di tutela sociale adeguata a loro secondo il contesto nazionale.

Nel settore sanitario bisogna eliminare le ineguaglianze fra uomini e donne e aumentare la capacità di queste ultime di prendersi cura di se stesse, soprattutto ricevendo un'adeguata assistenza sanitaria. Studi scientifici hanno mostrato un miglioramento notevole nella riduzione della mortalità materna e infantile, rivelando l'importanza della complementarità nell'investire in altre aree importanti per le donne e per le giovani, fra cui l'alimentazione, la salute generale e l'educazione. Il vero progresso delle donne non si raggiunge concentrandosi su una specifica questione sanitaria, tralasciando le altre, ma promuovendo la loro salute generale. Questo implica necessariamente una maggiore attenzione verso malattie specificatamente femminili.

La valorizzazione economica delle donne è essenziale per lo sviluppo economico della famiglia e della società. L'accesso alla terra e alla proprietà, al credito, alle pari opportunità relativamente ai servizi finanziari per le donne contribuiranno a garantire la loro stabilità economica. In questo processo, la famiglia e la comunità devono sostenere questa impresa. Non va trascurata la dimensione etica dello sviluppo delle donne, della loro valorizzazione economica nonché del servizio che rendono alla famiglia.

In modo tragico, la violenza contro le donne, in particolare fra le mura domestiche e sui luoghi di lavoro e la discriminazione in campo professionale, anche per quanto riguarda la retribuzione e la pensione, sono preoccupazioni crescenti. Grazie a politiche nazionali adeguate e a sistemi legali, gli autori di violenza devono essere assicurati alla giustizia e le donne devono avere la possibilità di una riabilitazione. Alle donne e alle ragazze bisogna garantire il pieno godimento dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, inclusi il pari accesso all'educazione e all'assistenza sanitaria.

La mia delegazione sostiene le iniziative a favore di questi diritti, in particolare delle donne immigrate, rifugiate e disabili. Bisogna promuovere campagne di sensibilizzazione sui diritti umani, soprattutto per le giovani e per le donne, perfino nei primissimi giorni di scuola e anche attraverso un'educazione non formale. La società civile e le Ong, le associazioni femminili e le organizzazioni basate sulla fede possono contribuire molto alla diffusione della conoscenza dei diritti umani e a un'educazione di qualità.

In conclusione, Presidente, più la dignità delle donne sarà tutelata e promossa, più la famiglia, la comunità e la società verranno veramente promosse.


[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 8 luglio 2010]


+PetaloNero+
00sabato 10 luglio 2010 15:15
COMUNICATO DEL CONSIGLIO DI CARDINALI PER LO STUDIO DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI ED ECONOMICI DELLA SANTA SEDE


BILANCIO CONSUNTIVO CONSOLIDATO 2009 DELLA SANTA SEDE, BILANCIO CONSUNTIVO DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTA' DEL VATICANO E OBOLO DI SAN PIETRO

Mercoledì 7, giovedì 8 e venerdì 9 luglio si è svolta in Vaticano la 45a riunione del Consiglio di Cardinali per lo Studio dei Problemi Organizzativi ed Economici della Santa Sede, presieduta dal Segretario di Stato di Sua Santità, l’Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B..

Vi hanno partecipato gli Em.mi Cardinali: Roger Mahony, Arciv. di Los Angeles (USA), Antonio Maria Rouco Varela, Arciv. di Madrid (Spagna), Dionigi Tettamanzi, Arciv. di Milano (Italia), Wilfrid Fox Napier, Arciv. di Durban (Sud Africa), Anthony Olubunmi Okogie, Arciv. di Lagos (Nigeria), Juan Luis Cipriani Thorne, Arciv. di Lima (Perù), George Pell, Arciv. di Sydney (Australia), Marc Ouellet, P.S.S., Arciv. di Québec (Canada), Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Jorge Liberato Urosa Savino, Arciv. di Caracas (Venezuela), Nicholas Cheong Jinsuk, Arciv. di Seoul (Corea), Odilo Pedro Scherer, Arciv. di São Paulo (Brasile).

La Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede era rappresentata dal Presidente, Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Velasio De Paolis, C.S., dal Segretario, Sua Ecc.za Mons. Vincenzo Di Mauro, e dal Ragioniere Generale, Dott. Stefano Fralleoni.

Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e l'Amministrazione del Patrimonio

della Sede Apostolica erano così rappresentati: Sua Em.za il Cardinale Giovanni Lajolo e Sua Eccellenza Mons. Carlo Maria Viganò, rispettivamente Presidente della Commissione Cardinalizia per lo S.C.V. e Segretario Generale del Governatorato S.C.V., Sua Em.za il Cardinale Attilio Nicora e Sua Ecc.za Mons. Domenico Calcagno, rispettivamente Presidente e Segretario dell'A.P.S.A.

Su invito del Cardinale Segretario di Stato sono stati ascoltati per la materia di loro competenza il Direttore Generale della Radio Vaticana, P. Federico Lombardi, S.I., e il Dott. Alberto Gasbarri, Direttore Amministrativo.

I punti all'ordine del giorno sono stati i seguenti:

- Bilancio Consuntivo Consolidato della Santa Sede per l'esercizio 2009;

- Bilancio Consuntivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per il 2009;

- Obolo di San Pietro e contributi in base al can. 1271 del C.I.C., ricevuti nel 2009.

Sua Ecc.za Mons. Velasio De Paolis ha illustrato il Bilancio Consuntivo Consolidato 2009 della Santa Sede, che registra entrate per 250.182.364 e uscite per 254.284.520, con un disavanzo d’esercizio di 4.102.156.

In relazione ai risultati conseguiti nel 2009, è stato possibile assorbire le fluttuazioni negative che erano state sospese nel 2008 mediante la ricezione di criteri contabili adottati internazionalmente.

Le uscite sono da attribuirsi per la maggior parte alle spese ordinarie e straordinarie dei Dicasteri e Organismi della Santa Sede, i quali, con la loro specifica attività, partecipano alla cura pastorale del Sommo Pontefice nei confronti della Chiesa universale. In tale ambito, è stato considerato l’intero sistema delle comunicazioni della Santa Sede, con particolare attenzione alla Radio Vaticana.

Nei suddetti Enti prestano il loro servizio complessivamente 2.762 persone, di cui 766 ecclesiastici, 344 religiosi (261 uomini e 83 donne), 1.652 laici (1.201 uomini e 451 donne).

L'Ecc.mo Presidente della Prefettura ha presentato poi il Bilancio Consuntivo 2009 del Governatorato che, com'è noto, provvede alla gestione del territorio, delle istituzioni e delle strutture, nonché all'esercizio di attività di supporto alla Santa Sede. Come altri Stati, anche quest’anno il Vaticano ha risentito degli effetti della crisi economico-finanziaria internazionale, chiudendo con un disavanzo di 7.815.183, con una variazione in positivo rispetto all’anno precedente di quasi 7,5 milioni di euro. Il contenimento dei costi generali ha permesso di procedere al recupero della perdita del settore finanziario generatasi nel 2008.

L'attività del Governatorato è indipendente da contributi provenienti dalla Santa Sede o da altre Istituzioni dal momento che tale amministrazione provvede in modo autonomo a far fronte alle proprie necessità economiche.

Nel Governatorato S.C.V. prestano servizio 1.891 persone, di cui 38 religiosi, 27 religiose, 1.543 laici e 283 laiche.

Nel periodo in esame, il Governatorato, di concerto con la Santa Sede, ha avviato lo studio di una infrastruttura di comunicazione integrata che comprende i servizi di telefonia, internet dati e video. In continuità con l'impegno degli scorsi anni, ha provveduto alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico, con particolare riguardo ai Musei Vaticani, ampliando anche le aree espositive e gli orari di visita.

Notevole è stato anche per l’esercizio in esame l'impegno economico e finanziario sostenuto per la tutela, la valorizzazione ed il restauro del patrimonio artistico della Santa Sede (grande opera di restauro di tutte le componenti architettoniche del Colonnato di Piazza San Pietro; interventi nelle Basiliche Papali di San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore). Sono stati altresì rilevanti i costi sostenuti per la sicurezza all'interno dello Stato della Città del Vaticano e per i grandi lavori di ristrutturazione della Biblioteca Apostolica Vaticana, la cui apertura è prevista per il prossimo mese di settembre.

Il Presidente della Prefettura degli Affari Economici ha illustrato inoltre la situazione del Fondo Pensioni, al quale al 31.12.2009 risultano iscritte 4.587 persone.

I Bilanci, come di consueto, sono stati sottoposti a verifica e certificazione.

Si è quindi passati alla presentazione dell'Obolo di San Pietro, costituito dall'insieme delle offerte che pervengono al Santo Padre dalle Chiese particolari, soprattutto in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, dagli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, da Fondazioni e da singoli fedeli. Nel 2009 l'Obolo è ammontato complessivamente a USD 82.529.417. Rispetto all'anno precedente, si è registrato un incremento dei donativi presentati dalle Diocesi, dalle Comunità religiose e dai singoli fedeli. I maggiori contributi nel 2009 sono pervenuti dai cattolici degli Stati Uniti, dell'Italia e della Francia; si conferma significativo, in rapporto al numero dei cattolici, il contributo di Corea e Giappone.

A sostegno della struttura centrale della Chiesa, i Vescovi, per il vincolo dell'unità e della carità, hanno versato, secondo le possibilità delle loro Diocesi, in base al canone 1271 C.I.C., l'importo di USD 31.516.029. L’apporto più rilevante è stato presentato dalle Diocesi degli Stati Uniti, seguite da quelle della Germania. Com'è noto, tali contributi sono da distinguersi chiaramente da quelli stabiliti da accordi bilaterali, come per es. l'Otto per mille in Italia, di cui non beneficia la Santa Sede, ma che sono destinati alle Chiese particolari, per attività di culto e di carità.

Vi sono poi le offerte pervenute da altre Istituzioni, tra cui lo IOR, che ha donato 50.000.000 per le attività di religione del Santo Padre.

Al termine della riunione i Membri del Consiglio hanno espresso la loro gratitudine a quanti, in modo generoso e spesso anonimo, sostengono il ministero apostolico e caritativo del Santo Padre a servizio della Chiesa universale.
+PetaloNero+
00martedì 13 luglio 2010 15:47
TEMA DELLA 44a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2011)

Italiano: "Libertà religiosa, via per la pace"

Inglese: "Religious freedom, the path to peace"

Francese: "Liberté religieuse, chemin vers la paix"

Spagnolo

: "Libertad religiosa, vía para la paz"




COMUNICATO: TEMA DELLA 44a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2011)



TESTO IN LINGUA ITALIANA


«Libertà religiosa, via per la pace ». Questo il tema scelto da Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace del 2011. La giornata – che si celebra dal 1968 il primo giorno di ogni anno – porrà dunque l’accento sul tema della libertà religiosa. Ciò, mentre nel mondo si registrano diverse forme di limitazione o negazione della libertà religiosa, di discriminazione e marginalizzazione basate sulla religione, fino alla persecuzione e alla violenza contro le minoranze.

La libertà religiosa, essendo radicata nella stessa dignità dell’uomo, ed orientata alla ricerca della « immutabile verità », si presenta come la « libertà delle libertà ». La libertà religiosa è quindi autenticamente tale quando è coerente alla ricerca della verità e alla verità dell’uomo.

Questa impostazione ci offre un criterio fondamentale per il discernimento del fenomeno religioso e delle sue manifestazioni. Essa consente infatti di escludere la « religiosità » del fondamentalismo, della manipolazione e della strumentalizzazione della verità e della verità dell’uomo. Poiché tutto ciò che si oppone alla dignità dell’uomo si oppone alla ricerca della verità, e non può essere considerato come libertà religiosa. Essa ci offre inoltre una visione profonda della libertà religiosa, che amplia gli orizzonti di « umanità » e di « libertà » dell’uomo, e consente a questo di stabilire una relazione profonda con se stesso, con l’altro e con il mondo. La libertà religiosa è in questo senso una libertà per la dignità e per la vita dell’uomo.

Come hanno insegnato i Padri del Concilio Vaticano II infatti: « Dio rende partecipe l’essere umano della sua legge, cosicché l’uomo, sotto la sua guida soavemente provvida, possa sempre meglio conoscere l’immutabile verità. Perciò ognuno ha il dovere e quindi il diritto di cercare la verità in materia religiosa » (Dichiarazione Dignitatis Humanae, 3). Una vocazione questa che va quindi riconosciuta come diritto fondamentale dell’uomo, presupposto per lo sviluppo umano integrale (Caritas in veritate, 29) e condizione per la realizzazione del bene comune e l’affermazione della pace nel mondo.

Come ha affermato lo stesso Benedetto XVI all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: « i diritti umani debbono includere il diritto di libertà religiosa, compreso come espressione di una dimensione che è al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l’unità della persona, pur distinguendo chiaramente fra la dimensione di cittadino e quella di credente » (Discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008).

Un tema attuale, quello scelto per la Giornata Mondiale del 2011, e che rappresenta il compimento di un « cammino della pace » nel quale Benedetto XVI ha preso per mano l’umanità, conducendola passo dopo passo ad una riflessione sempre più profonda. Dal 2006 ad oggi i temi sono stati: la verità (« Nella verità, la pace », 2006), la dignità della persona umana ( «La persona umana, cuore della pace », 2007), l’unità della famiglia umana (« Famiglia umana, comunità di pace », 2008), la lotta contro la povertà (« Combattere la povertà, costruire la pace», 2009) e infine la custodia del creato (« Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato », 2010). Un percorso che affonda le radici nella vocazione alla verità dell’uomo (capax Dei), e che, avendo come stella polare la dignità umana, giunge alla libertà di ricercare la verità stessa.

Oggi sono molte le aree del mondo in cui persistono forme di limitazione alla libertà religiosa, e ciò sia dove le comunità di credenti sono una minoranza, sia dove le comunità di credenti non sono una minoranza, eppure subiscono forme più sofisticate di discriminazione e di marginalizzazione, sul piano culturale e della partecipazione alla vita pubblica civile e politica. « È inconcepibile – ha rimarcato Benedetto XVI – che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti. I diritti collegati con la religione sono quanto mai bisognosi di essere protetti se vengono considerati in conflitto con l’ideologia secolare prevalente o con posizioni di una maggioranza religiosa di natura esclusiva » (Discorso alle nazioni Unite, cit.)

L’uomo non può essere frammentato, diviso da ciò che crede, perché quello in cui crede ha un impatto sulla sua vita e sulla sua persona. « Il rifiuto di riconoscere il contributo alla società che è radicato nella dimensione religiosa e nella ricerca dell’Assoluto – per sua stessa natura, espressione della comunione fra persone – privilegerebbe indubbiamente un approccio individualistico e frammenterebbe l’unità della persona » (Discorso alle Nazioni Unite, cit.). Per questo: « Libertà religiosa, via per la pace ».



TESTO IN LINGUA INGLESE

«Religious freedom, the path to peace». This is the theme chosen by Pope Benedict XVI for the celebration of the 2011 World Day of Peace. The World Day of Peace – celebrated since 1968 on the first day of every year – will be therefore dedicated to the theme of religious freedom. As is well known, in many parts of the world there exist various forms of restrictions or denials of religious freedom, from discrimination and marginalization based on religion, to acts of violence against religious minorities.

Religious freedom is rooted in the equal and inherent dignity of man, it is oriented toward the search for «unchangeable truth», and thus can rightly be presented as the «freedom of freedoms». As such, religious freedom is authentically realized when it is experienced as the coherent search for the Truth and the truth of man.

This notion of religious freedom offers us a fundamental criterion for discerning the phenomenon of religion and its manifestations. It necessarily rejects the «religiosity» of fundamentalism, and the manipulation and the instrumentalization of the truth and of the truth of man. Since such distortions are opposed to the dignity of man and to the search for truth, they cannot be considered as religious freedom. Rather, an authentic notion of religious freedom offers a profound vision of this fundamental human right, one which broadens the horizons of «humanity» and «freedom» of man, allowing for the establishment of a deep relationship with oneself, with the other and with the world. Religious freedom is a freedom in this respect for human dignity and life.

As the Fathers of the Second Vatican Council emphasized: «Man has been made by God to participate in this law, with the result that, under the gentle disposition of divine providence, he can come to perceive ever more fully the truth that is unchanging. Wherefore every man has the duty , and therefore the right, to seek the truth in matters religious in order that he may with prudence form for himself right and true judgments of conscience, under use of all suitable means» (Declaration Dignitatis Humanae, 3). The vocation to believe in God, recognized as a fundamental human right, is a pre-requisite integral human development (Caritas in Veritate, 29), and a condition for the realization of the common good and the promotion of peace in the world.

As Pope Benedict XVI affirmed during his visit to the General Assembly of the United Nations: «Human rights, of course, must include the right to religious freedom, understood as the expression of a dimension that is at once individual and communitarian – a vision that brings out the unity of the person while clearly distinguishing between the dimension of the citizen and that of the believer» (Address to the General Assembly of the United Nations, 18 April 2008).

The theme chosen for the 2011 World Day of Peace represents an accomplishment of a «path to peace» which Benedict XVI has invited the human family to consider in depth on several occasions. Since 2006, his Message for the World Day of Peace has focused on important dimensions of the truth (In Truth, Peace, 2006), the dignity of the human person (The Human Person, the Heart of Peace, 2007), the unity of the human family (The Human Family, a Community of Peace, 2008), the fight against poverty (Fighting Poverty to Build Peace, 2009), and finally care for creation (If you Want to Cultivate Peace, Protect Creation, 2010). This journey has its roots in the vocation of man to truth (capax Dei) and, having as a «polestar» human dignity, leads to the freedom to seek the truth.

Today there are many areas of the world in which forms of restrictions and limitations to religious freedom persist, both where communities of believers are a minority, and where communities of believers are not a minority, and where more sophisticated forms of discrimination and marginalization exist, on the cultural level and in the spheres of public civil and political participation. «It is inconceivable» – remarked Benedict XVI – «that believers should have to suppress a part of themselves – their faith – in order to be active citizens. It should never be necessary to deny God in order to enjoy one’s rights. The rights associated with religion are all the more in need of protection if they are considered to clash with a prevailing secular ideology or with majority religious positions of an exclusive nature» (Address to the United Nations, cit.).

Man cannot be «fragmented», and separated from what he believes, because that in which he believes has an impact on his life and on his person. «Refusal to recognize the contribution to society that is rooted in the religious dimension and in the quest for the Absolute – by its nature, expressing communion between persons – would effectively privilege an individualistic approach, and would fragment the unity of the person» (Address to the United Nations, cit.). It is for this reason that: «Religious Freedom is the Path to Peace».



TESTO IN LINGUA FRANCESE

« Liberté religieuse, chemin vers la paix ». Tel est le thème que le Saint-Père Benoît XVI a choisi pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix 2011. La journée – qui se célèbre chaque année le 1er janvier, depuis 1968 – mettra ainsi l'accent sur le thème de la liberté religieuse. Et ce, alors qu'on enregistre dans le monde différentes formes de limitation ou de négation de la liberté religieuse, de discrimination et de marginalisation basées sur la religion, jusqu'à la persécution et à la violence contre les minorités.

Ayant ses racines dans la dignité même de l'homme et étant orientée vers la recherche de la "vérité immuable", la liberté religieuse se présente comme la "liberté des libertés". Elle est donc authentiquement telle lorsqu'elle est cohérente avec la recherche de la vérité et avec la vérité de l'homme.

Ce modèle nous offre un critère fondamental pour discerner le phénomène religieux et ses manifestations. Il permet en effet d'exclure la "religiosité" du fondamentalisme, de la manipulation et de l'exploitation de la vérité, et de la vérité de l'homme. Car, tout ce qui s'oppose à la dignité de l'homme s'oppose à la recherche de la vérité et ne peut être considéré comme liberté religieuse. Il nous offre en outre une vision profonde de la liberté religieuse, qui élargit les horizons d'humanité et de liberté de l'homme, et permet à celui-ci d'établir une relation profonde avec lui-même, avec autrui et avec le monde. Dans ce sens, la liberté religieuse est une liberté pour la dignité et pour la vie de l'homme.

En effet, comme l'ont enseigné les Pères du Concile Vatican II : "Dieu rend l'homme participant de telle sorte que par une heureuse disposition de la providence divine, celui-ci puisse toujours davantage accéder à l'immuable vérité. C'est pourquoi chacun a le devoir, et par conséquent le droit, de chercher la vérité en matière religieuse" (Déclaration

Dignitatis humanaen° 3). Une vocation qui doit être reconnue en tant que droit fondamental de l'homme, condition pour le développement humain intégral (Caritas in veritate, 29) et condition pour la réalisation du bien commun et l'affirmation de la paix dans le monde.

Comme l'a affirmé Benoît XVI lui-même à l'Assemblée générale des Nations Unies : "Les droits de l'homme doivent évidemment inclure le droit à la liberté religieuse, comprise comme l'expression d'une dimension à la fois individuelle et communautaire, perspective qui fait ressortir l'unité de la personne tout en distinguant clairement entre la dimension du citoyen et celle du croyant" (Discours à l'Assemblée des Nations Unies, 18 avril 2008).

Le thème choisi pour la Journée Mondiale de 2011 est des plus actuels et représente l'accomplissement d'un "chemin de la paix" sur lequel Benoît XVI a pris l'humanité par la main, la conduisant pas à pas vers une réflexion toujours plus approfondie. Depuis 2006 jusqu'à ce jour, le Message a traité les thèmes suivants : la vérité ("Dans la vérité, la paix", 2006), la dignité de la personne humaine ("La personne humaine, cœur de la paix", 2007), l'unité de la famille humaine ("Famille humaine, communauté de paix", 2008), la lutte contre la pauvreté ("Combattre la pauvreté, construire la paix", 2009), et enfin, la protection de la création ("Si tu veux construire la paix, protège la création", 2010). Un itinéraire qui a ses racines dans la vocation à la vérité de l'homme (capax Dei) et qui, ayant la dignité humaine pour étoile polaire, atteint la liberté de rechercher la vérité elle-même.

Aujourd'hui, peu nombreuses sont les régions du monde qui connaissent des formes de limitation à la liberté religieuse aussi bien là où les communautés de croyants sont en minorité que là où elles ne le sont pas, mais où elles subissent pourtant des formes plus sophistiquées de discrimination et de marginalisation, au plan culturel et à celui de la participation à la vie publique civile et politique. Comme le Saint-Père l'a fait remarquer : "Il n'est donc pas imaginable - que des croyants doivent se priver d'une partie d'eux-mêmes - de leur foi - afin d'être des citoyens actifs. Il ne devrait jamais être nécessaire de nier Dieu pour jouir de ses droits. Il est d'autant plus nécessaire de protéger les droits liés à la religion s'ils sont considérés comme opposés à une idéologie séculière dominante ou à des positions religieuses majoritaires, de nature exclusive" (Discours aux Nations Unies, cit.).

L'homme ne peut pas être fragmenté, séparé de ce qu'il croit, car ce en quoi il croit a un impact sur sa vie et sur sa personne. "Refuser de reconnaître l'apport à la société qui s'enracine dans la dimension religieuse et dans la recherche de l'Absolu – qui par nature exprime une communion entre les personnes – reviendrait à privilégier dans les faits une approche individualiste et, ce faisant, à fragmenter l'unité de la personne" (Discours aux Nations Unies, cit.). C'est pourquoi : "Liberté religieuse, chemin vers la paix".



TESTO IN LINGUA SPAGNOLA

« Libertad religiosa, vía para la paz ». Es este el tema elegido por Su Santidad Benedicto XVI para la celebración de la Jornada Mundial de la Paz del 2011. La jornada – que se celebra desde 1968 el primer día de cada año– pondrá por tanto el acento sobre el tema de la libertad religiosa. Ello, mientras en el mundo se registran diversas formas de limitación o de negación de la libertad religiosa, de discriminación y marginación basadas en la religión, llevadas hasta la persecución y la violencia en contra de las minorías religiosas.

La libertad religiosa, estando arraigada en la misma dignidad humana, y orientada a la búsqueda de la « verdad inmutable », se presenta como la « libertad de las libertades ». La libertad religiosa por tanto es auténticamente tal cuando es coherente con la búsqueda de la verdad y con la verdad del ser humano.

Esta impostación nos ofrece un criterio fundamental para el discernimento del fenómeno religioso y de sus manifestaciones. Dicha impostación nos permite en efecto excluir la « religiosidad » del fundamentalismo, de la manipulación y de la instrumentalización de la verdad y de la verdad del ser humano. Así que todo lo que se opone a la dignidad del ser humano se opone a la búsqueda de la verdad, y no puede ser considerado como libertad religiosa. Esta impostación nos ofrece además una vision profunda de la libertad religiosa, que amplía los horizontes de « humanidad » y de « libertad » del hombre, y que le consiente establecer una relación consigo mismo, con sus semejantes y con el mundo. La libertad religiosa es en este sentido una libertad parala dignidad y para la vida del ser humano.

Como en efecto han enseñado los Padres del Concilio Vaticano II: « Dios hace partícipe al hombre de esta su ley, de manera que el hombre, por suave disposición de la divina Providencia, puede conocer más y más la verdad inmutable. Por lo tanto, cada cual tiene la obligación y por consiguiente también el derecho de buscar la verdad en materia religiosa » (Declaración Dignitatis Humanae, 3). Es esta una vocación que debe por tanto ser reconocida como derecho fundamental del ser humano, presupuesto para el desarrollo humano integral (Caritas in veritate, 29) y condición indispensabile para la realización del bien común y la afirmación de la paz en el mundo.

Como ha afirmado Su Santidad Benedicto XVI ante la Asamblea General de las Naciones Unidas: « los derechos humanos deben incluir el derecho a la libertad religiosa, entendido como expresión de una dimensión que es al mismo tiempo individual y comunitaria, una visión que manifiesta la unidad de la persona, aun distinguiendo claramente entre la dimensión de ciudadano y la de creyente » (Discurso a la Asamblea General de las Naciones Unidas, 18 abril 2008).

Un tema actual, el elegido para la Jornada Mundial del 2011, y que representa la realización de un « camino de la paz » en el cual Su Santidad Benedicto XVI, ha tomado la humanidad de la mano, conduciéndola paso a paso hacia una reflexión cada vez más profunda. Del 2006 hasta hoy los temas han sido: la verdad (« En la verdad, la paz », 2006), la dignidad de la persona humana ( « La persona humana, corazón de la paz », 2007), la unidad de la familia humana (« Familia humana, comunidad de paz », 2008), el combate contra la pobreza (« Combatir la pobreza, construir la paz », 2009) y finalmente la custodia de la creación («Si quieres promover la paz, protege la creación », 2010). Un recorrido que hunde sus raíces en la vocación a la verdad del ser humano (capax Dei), y que teniendo como estrella polar la dignidad humana, alcanza la libertad de buscar la verdad misma.

Actualmente son muchas las áreas del mundo en las que persisten formas de limitación a la libertad religiosa, ya sea donde las comunidades de creyentes son una minoría, como donde las comunidades de creyentes no son una minoría, y sufren también formas más sofisticadas de discriminacion y marginación, en el plano cultural y de la participación en la vida pública civil y política. « Es inconcebible, – ha remarcado Su Santidad Benedicto XVI – por tanto, que los creyentes tengan que suprimir una parte de sí mismos – su fe – para ser ciudadanos activos. Nunca debería ser necesario renegar de Dios para poder gozar de los propios derechos. Los derechos asociados con la religión necesitan protección sobre todo si se los considera en conflicto con la ideología secular predominante o con posiciones de una mayoría religiosa de naturaleza exclusiva » (Discurso a la Asamblea General de las Naciones Unidas, cit.)

El ser humano no puede ser fragmentado, dividido por aquello que cree, porque aquello en lo que cree tiene un impacto sobre su vida y sobre su persona. « El rechazo a reconocer la contribución a la sociedad que está enraizada en la dimensión religiosa y en la búsqueda del Absoluto – expresión por su propia naturaleza de la comunión entre personas – privilegiaría efectivamente un planteamiento individualista y fragmentaría la unidad de la persona » (Discurso a la Asamblea General de las Naciones Unidas, cit.). Por ello: «Libertad religiosa, vía para la paz ».
+PetaloNero+
00giovedì 15 luglio 2010 15:42
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: LETTERA AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA E AGLI ALTRI ORDINARI E GERARCHI INTERESSATI CIRCA LE MODIFICHE INTRODOTTE NELLA LETTERA APOSTOLICA MOTU PROPRIO DATA "SACRAMENTORUM SANCTITATIS TUTELA"



A distanza di nove anni dalla promulgazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data «Sacramentorum sanctitatis tutela», concernente le Normae de gravioribus delictis riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, questo Dicastero ha ritenuto necessario procedere ad una riforma del testo normativo citato, emendandolo non nella sua interezza, bensì solamente in alcune sue parti, al fine di migliorarne l’operatività concreta.

Dopo un attento e accurato studio delle riforme proposte, i Padri della Congregazione per la Dottrina della Fede sottoponevano al Romano Pontefice il risultato delle proprie determinazioni che, con decisione del 21 maggio 2010, lo stesso Sommo Pontefice approvava, ordinandone la promulgazione.

Alla presente Lettera è allegata una breve Relazione in cui vengono esposti gli emendamenti apportati al testo della normativa sopra indicata, ciò al fine di rendere più immediatamente individuabili gli stessi.

Dal Palazzo del Sant’Uffizio

Gulielmus Cardinalis Levada

Praefectus



Aloisius Franciscus Ladaria Ferrer

a Secretis
+PetaloNero+
00giovedì 15 luglio 2010 15:43
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: BREVE RELAZIONE CIRCA LE MODIFICHE INTRODOTTE NELLE NORMAE DE GRAVIORIBUS DELICTIS RISERVATI ALLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE



Nel nuovo testo delle Normae de gravioribus delictis, così come modificato a seguito della decisione del Romano Pontefice Benedetto XVI del 21 maggio 2010, sono presenti vari emendamenti sia nella parte concernente le norme sostanziali, sia in quella afferente le norme processuali.

Le modifiche introdotte nel testo normativo sono le seguenti:

A) a seguito della concessione, ad opera del Santo Padre Giovanni Paolo II, in favore della Congregazione per la Dottrina della Fede, di alcune facoltà, successivamente confermate dal successore Benedetto XVI in data 6 maggio 2005, sono stati inseriti:

1. il diritto, previo mandato del Romano Pontefice, di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi e altre persone fisiche di cui ai cann. 1405 § 3 CIC e 1061 CCEO (art. 1 § 2);

2. l’ampliamento del termine di prescrizione dell’azione criminale, che è stato portato ad anni venti, salvo sempre il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fede di derogarvi (art. 7);

3. la facoltà di concedere al personale del Tribunale e agli Avvocati e Procuratori la dispensa dal requisito del sacerdozio e da quello della laurea in diritto canonico (art. 15);

4. la facoltà di sanare gli atti in caso di violazione delle sole leggi processuali ad opera dei Tribunali inferiori, salvo il diritto di difesa (art. 18);

5. la facoltà di dispensare dalla via processuale giudiziale, e cioè di procedere per decretum extra iudicium: in tal caso la Congregazione per la Dottrina della Fede, valutata la singola fattispecie, decide di volta in volta, ex officio o su istanza dell’Ordinario o del Gerarca, quando autorizzare il ricorso alla via extragiudiziale (in ogni caso, per l’irrogazione delle pene espiatorie perpetue occorre il mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede) (art. 21 § 2 n. 1);

6. la facoltà di presentare direttamente il caso al Santo Padre per la dimissio e statu clericali o per la depositio, una cum dispensatione a lege caelibatus: in tale ipotesi, salva sempre la facoltà di difesa dell’accusato, oltre all’estrema gravità del caso, deve risultare manifestamente la commissione del delitto oggetto di esame (art. 21 § 2 n. 2);

7. la facoltà di ricorrere al superiore grado di giudizio della Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, in caso di ricorsi contro provvedimenti amministrativi, emanati o approvati dai gradi inferiori della medesima Congregazione, concernenti i casi di delitti riservati (art. 27).

B) Sono state inoltre inserite nel testo ulteriori modifiche, e segnatamente:

8. sono stati introdotti i delicta contra fidem, cioè eresia, apostasia e scisma, relativamente ai quali è stata in particolare prevista la competenza dell’Ordinario, ad normam iuris, a procedere giudizialmente o extra iudicium in prima istanza, salvo il diritto di appellare o ricorrere innanzi alla Congregazione per la Dottrina della Fede (art. 1 § 1 e art. 2);

9. nei delitti contro l’Eucaristia, le fattispecie delittuose dell’attentatio liturgicae eucharistici Sacrificii actionis, di cui al can. 1378 § 2 n. 1 CIC, e la simulazione di essa, di cui al can. 1379 CIC e al can. 1443 CCEO, non sono più considerate unitariamente sotto lo stesso numero, bensì sono apprezzate separatamente (art. 3 § 1 nn. 2 e 3 );

10. sempre nei delitti contro l’Eucaristia, sono stati eliminati, rispetto al testo precedentemente in vigore, due incisi, precisamente: "alterius materiae sine altera", e "aut etiam utriusque extra eucharisticam celebrationem", sostituiti, rispettivamente, con "unius materiae vel utriusque" e con "aut extra eam" (art. 3 § 2);

11. nei delitti contro il sacramento della Penitenza, sono state introdotte le fattispecie delittuose di cui al can. 1378 § 2 n. 2 CIC (tentare di impartire l’assoluzione sacramentale, non potendo darla validamente, o l’ascoltare la confessione sacramentale) e ai cann. 1379 CIC e 1443 CCEO (simulazione dell’assoluzione sacramentale) (art. 4 § 1 nn. 2 e 3 );

12. sono state inserite le fattispecie della violazione indiretta del sigillo sacramentale (art. 4 § 1 n. 5) e della captazione e divulgazione, commesse maliziosamente, delle confessioni sacramentali (iuxta decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede del 23 settembre 1988) (art. 4 § 2);

13. è stata introdotta la fattispecie penale dell’attentata ordinazione sacra di una donna, secondo quanto stabilito nel decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede del 19 dicembre 2007 (art. 5);

14. nei delicta contra mores: si è equiparato al minore la persona maggiorenne che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione, il tutto con espressa limitazione al numero in parola (art. 6 § 1 n. 1);

15. si è aggiunta, inoltre, la fattispecie comprendente l’acquisizione, la detenzione o la divulgazione, a clerico turpe patrata, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche aventi ad oggetto minori degli anni 14 (art. 6 § 1 n. 2);

16. si è chiarito che i munera processui praeliminaria possono, e non già debbono, essere adempiuti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (art. 17);

17. si è introdotta la possibilità di adottare le misure cautelari, di cui al can. 1722 CIC e al can. 1473 CCEO, anche durante la fase dell’indagine previa (art. 19).



Dal Palazzo del Sant’Uffizio
+PetaloNero+
00giovedì 15 luglio 2010 15:44
Parte Prima

NORME SOSTANZIALI

Art. 1

§ 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede, a norma dell’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti e, se del caso, procede a dichiarare o irrogare le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune sia proprio, fatta salva la competenza della Penitenzieria Apostolica e ferma restando la Agendi ratio in doctrinarum examine.

§ 2. Nei delitti di cui al § 1, per mandato del Romano Pontefice, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi, nonché le altre persone fisiche di cui al can. 1405 § 3 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1061 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 3. La Congregazione per la Dottrina della Fede giudica i delitti riservati di cui al § 1 a norma degli articoli seguenti.

Art. 2

§ 1. I delitti contro la fede, di cui all’art. 1, sono l’eresia, l’apostasia e lo scisma, a norma dei cann. 751 e 1364 del Codice di Diritto Canonico e dei cann. 1436 e 1437 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 2. Nei casi di cui al § 1, a norma del diritto spetta all’Ordinario o al Gerarca rimettere, se del caso, la scomunica latae sententiae e svolgere il processo giudiziale in prima istanza o extragiudiziale per decreto, fatto salvo il diritto di appello o di ricorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Art. 3

§ 1. I delitti più gravi contro la santità dell’augustissimo Sacrificio e sacramento dell’Eucaristia riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede sono:

1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate, di cui al can. 1367 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1442 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

2° l’attentata azione liturgica del Sacrificio eucaristico di cui al can. 1378 § 2 n. 1 del Codice di Diritto Canonico;

3° la simulazione dell’azione liturgica del Sacrificio eucaristico di cui al can. 1379 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1443 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

4° la concelebrazione del Sacrificio eucaristico vietata dal can. 908 del Codice di Diritto Canonico e dal can. 702 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, di cui al can. 1365 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1440 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, insieme ai ministri delle comunità ecclesiali che non hanno la successione apostolica e non riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale.

§ 2. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto che consiste nella consacrazione a fine sacrilego di una sola materia o di entrambe, nella celebrazione eucaristica o fuori di essa. Colui che commette questo delitto, sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.

Art. 4

§ 1. I delitti più gravi contro la santità del sacramento della Penitenza riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede sono:

1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, di cui al can. 1378 § 1 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1457 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

2° l’attentata assoluzione sacramentale o l’ascolto vietato della confessione di cui al can. 1378 § 2, 2° del Codice di Diritto Canonico;

3° la simulazione dell’assoluzione sacramentale di cui al can. 1379 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1443 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

4° la sollecitazione al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, di cui al can. 1387 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1458 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, se diretta al peccato con lo stesso confessore;

5° la violazione diretta e indiretta del sigillo sacramentale, di cui al can. 1388 § 1 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1456 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 2. Fermo restando il disposto del § 1 n. 5, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto più grave consistente nella registrazione, fatta con qualunque mezzo tecnico, o nella divulgazione con i mezzi di comunicazione sociale svolta con malizia, delle cose che vengono dette dal confessore o dal penitente nella confessione sacramentale, vera o falsa. Colui che commette questo delitto, sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione, se è un chierico.

Art. 5

Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto più grave di attentata sacra ordinazione di una donna:

1° fermo restando il disposto del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico, sia colui che attenta il conferimento del sacro ordine, sia la donna che attenta la recezione del sacro ordine, incorrono nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica;

2° se poi colui che attenta il conferimento del sacro ordine o la donna che attenta la recezione del sacro ordine è un cristiano soggetto al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, fermo restando il disposto del can. 1443 del medesimo Codice, sia punito con la scomunica maggiore, la cui remissione è pure riservata alla Sede Apostolica;

3° se poi il reo è un chierico, può essere punito con la dimissione o la deposizione.

Art. 6

§ 1. I delitti più gravi contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono:

1° il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni; in questo numero, viene equiparata al minore la persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione;

2° l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento.

§ 2. Il chierico che compie i delitti di cui al § 1 sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.

Art. 7

§ 1. Fatto salvo il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fede di derogare alla prescrizione per i singoli casi, l’azione criminale relativa ai delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede si estingue per prescrizione in vent’anni.

§ 2. La prescrizione decorre a norma del can. 1362 § 2 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1152 § 3 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Ma nel delitto di cui all’art. 6 § 1 n. 1, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto diciotto anni.

Seconda Parte

NORME PROCEDURALI

Titolo i

Costituzione e competenza del Tribunale

Art. 8

§ 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede è il Supremo Tribunale Apostolico per la Chiesa Latina, nonché per le Chiese Orientali Cattoliche, nel giudicare i delitti definiti negli articoli precedenti.

§ 2. Questo Supremo Tribunale giudica anche gli altri delitti, per i quali il reo viene accusato dal Promotore di Giustizia, in ragione della connessione della persona e della complicità.

§ 3. Le sentenze di questo Supremo Tribunale, emesse nei limiti della propria competenza, non sono soggette all’approvazione del Sommo Pontefice.

Art. 9

§ 1. I giudici di questo Supremo Tribunale sono, per lo stesso diritto, i Padri della Congregazione per la Dottrina della Fede.

§ 2. Presiede il collegio dei Padri, quale primo fra pari, il Prefetto della Congregazione e, in caso di vacanza o di impedimento del Prefetto, ne adempie l’ufficio il Segretario della Congregazione.

§ 3. Spetta al Prefetto della Congregazione nominare anche altri giudici stabili o incaricati.

Art. 10

È necessario che siano nominati giudici sacerdoti di età matura, provvisti di dottorato in diritto canonico, di buoni costumi, particolarmente distinti per prudenza ed esperienza giuridica, anche se esercitano contemporaneamente l’ufficio di giudice o di consultore in un altro Dicastero della Curia Romana.

Art. 11

Per presentare e sostenere l’accusa, è costituito un Promotore di Giustizia, che sia sacerdote, provvisto di dottorato in diritto canonico, di buoni costumi, particolarmente distinto per prudenza ed esperienza giuridica, che adempia il suo ufficio in tutti i gradi di giudizio.

Art. 12

Per i compiti di Notaio e di Cancelliere sono designati sacerdoti, sia Officiali di questa Congregazione, sia esterni.

Art. 13

Funge da Avvocato e Procuratore un sacerdote, provvisto di dottorato in diritto canonico, che viene approvato dal Presidente del collegio.

Art. 14

Negli altri Tribunali, poi, per le cause di cui nelle presenti norme, possono adempiere validamente gli uffici di Giudice, Promotore di Giustizia, Notaio e Patrono soltanto sacerdoti.

Art. 15

Fermo restando il prescritto del can. 1421 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1087 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito concedere le dispense dai requisiti del sacerdozio, nonché del dottorato in diritto canonico.

Art. 16

Ogni volta che l’Ordinario o il Gerarca ha la notizia, almeno verisimile, di un delitto più grave, svolta l’indagine previa, la renda nota alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale, se non avoca a sé la causa per circostanze particolari, ordina all’Ordinario o al Gerarca di procedere ulteriormente, fermo restando tuttavia, se del caso, il diritto di appello contro la sentenza di primo grado soltanto al Supremo Tribunale della medesima Congregazione.

Art. 17

Se il caso viene deferito direttamente alla Congregazione, senza condurre l’indagine previa, i preliminari del processo, che per diritto comune spettano all’Ordinario o al Gerarca, possono essere adempiuti dalla Congregazione stessa.

Art. 18

La Congregazione per la Dottrina della Fede, nelle cause ad essa legittimamente deferite, può sanare gli atti, fatto salvo il diritto alla difesa, se sono state violate leggi meramente processuali da parte dei Tribunali inferiori che agiscono per mandato della medesima Congregazione o secondo l’art. 16.

Art. 19

Fermo restando il diritto dell’Ordinario o del Gerarca, fin dall’inizio dell’indagine previa, di imporre quanto è stabilito nel can. 1722 del Codice di Diritto Canonico o nel can. 1473 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, anche il Presidente di turno del Tribunale, su istanza del Promotore di Giustizia, ha la stessa potestà alle stesse condizioni determinate nei detti canoni.

Art. 20



Il Supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede giudica in seconda istanza:



1° le cause giudicate in prima istanza dai Tribunali inferiori;



2° le cause definite in prima istanza dal medesimo Supremo Tribunale Apostolico.



Titolo II

L’ordine giudiziario

Art. 21

§ 1. I delitti più gravi riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede vanno perseguiti in processo giudiziale.

§ 2. Tuttavia, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito:

1° nei singoli casi, d’ufficio o su istanza dell’Ordinario o del Gerarca, decidere di procedere per decreto extragiudiziale, di cui al can. 1720 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1486 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali; tuttavia, con l’intendimento che le pene espiatorie perpetue siano irrogate soltanto dietro mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede;

2° deferire direttamente alla decisione del Sommo Pontefice in merito alla dimissione dallo stato clericale o alla deposizione, insieme alla dispensa dalla legge del celibato, i casi più gravi, quando consta manifestamente il compimento del delitto, dopo che sia stata data al reo la facoltà di difendersi.

Art. 22



Per giudicare una causa, il Prefetto costituisca un Turno di tre o di cinque giudici.



Art. 23



Se, in grado di appello, il Promotore di Giustizia porta un’accusa specificamente diversa, questo Supremo Tribunale può ammetterla e giudicarla, come se fosse in prima istanza.



Art. 24



§ 1. Nelle cause per i delitti di cui all’art. 4 § 1, il Tribunale non può rendere noto il nome del denunciante, né all’accusato, e neppure al suo Patrono, se il denunciante non ha dato espresso consenso.



§ 2. Lo stesso Tribunale deve valutare con particolare attenzione la credibilità del denunciante.



§ 3. Tuttavia, bisogna provvedere a che si eviti assolutamente qualunque pericolo di violazione del sigillo sacramentale.



Art. 25



Se emerge una questione incidentale, il Collegio definisca la cosa per decreto con la massima celerità.



Art. 26



§ 1. Fatto salvo il diritto di appello a questo Supremo Tribunale, terminata in qualunque modo l’istanza in un altro Tribunale, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la Dottrina della Fede.



§ 2. Il diritto del Promotore di Giustizia della Congregazione di impugnare la sentenza decorre dal giorno in cui la sentenza di prima istanza è stata notificata al medesimo Procuratore.



Art. 27



Contro gli atti amministrativi singolari emessi o approvati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nei casi dei delitti riservati, si ammette il ricorso, presentato entro il termine perentorio di sessanta giorni utili, alla Congregazione Ordinaria (ossia, Feria IV) del medesimo Dicastero, la quale giudica il merito e la legittimità, eliminato qualsiasi ulteriore ricorso di cui all’art. 123 della Costituzione Apostolica Pastor bonus.

Art. 28



La cosa passa in giudicato:



1° se la sentenza è stata emessa in seconda istanza;



2° se l’appello contro la sentenza non è stato interposto entro un mese;



3° se, in grado di appello, l’istanza andò perenta o si rinunciò ad essa;



4° se fu emessa una sentenza a norma dell’art. 20.

Art. 29



§ 1. Le spese giudiziarie si paghino secondo quanto stabilito dalla sentenza.



§ 2. Se il reo non può pagare le spese, esse siano pagate dall’Ordinario o dal Gerarca della causa.



Art. 30



§ 1. Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.



§ 2. Chiunque viola il segreto o, per dolo o negligenza grave, reca altro danno all’accusato o ai testimoni, su istanza della parte lesa o anche d’ufficio sia punito dal Turno superiore con congrue pene.



Art. 31

In queste cause, insieme alle prescrizioni di questo norme, a cui sono tenuti tutti i Tribunali della Chiesa Latina e delle Chiese Orientali Cattoliche, si debbono applicare anche i canoni sui delitti e le pene e sul processo penale dell’uno e dell’altro Codice.




Gulielmus Cardinalis Levada

Praefectus



Luis F. Ladaria, S.I.

Arcivescovo tit. di Thibica

Segretario
+PetaloNero+
00giovedì 15 luglio 2010 15:45
INTRODUZIONE STORICA ALLE NORME DEL MOTU PROPRIO "SACRAMENTORUM SANCTITATIS TUTELA" (2001)


Il Codice di Diritto Canonico promulgato dal Papa Benedetto XV nel 1917 riconosceva l’esistenza di un certo numero di reati canonici o "delitti" riservati alla competenza esclusiva della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, che, in quanto tribunale, era governata da una legge propria (cfr. can. 1555 CIC 1917).

Pochi anni dopo la promulgazione del Codice del 1917, il Sant’Uffizio emanò un’Istruzione, la "Crimen Sollicitationis" (1922), che dava istruzioni dettagliate alle singole Diocesi e ai tribunali sulle procedure da adottare quando si dovevano trattare il delitto canonico di sollecitazione. Questo gravissimo delitto riguardava l’abuso della santità e della dignità del Sacramento della Penitenza da parte di un prete cattolico, che sollecitasse il penitente a peccare contro il sesto comandamento, con il confessore o con una terza persona. La normativa del 1922 aveva lo scopo di aggiornare alla luce del nuovo Codice di Diritto Canonico le indicazioni della Costituzione Apostolica "Sacramentorum Poenitentiae" promulgata dal Papa Benedetto XIV nel 1741. Si dovevano considerare diversi elementi che vanno a sottolineare la specificità della fattispecie (con risvolti meno rilevanti dal punto di vista del diritto penale civile): il rispetto della dignità del sacramento, l’inviolabilità del sigillo sacramentale, la dignità del penitente e il fatto che in molti casi il prete accusato non poteva essere interrogato su tutto quello che fosse capitato senza mettere in pericolo il sigillo sacramentale. Questa procedura speciale, perciò si basava su un metodo indiretto di raggiungere la certezza morale necessaria per giungere ad una decisione definitiva sul caso. Questo metodo indiretto includeva di indagare sulla credibilità della persona che accusava il prete e la vita e il comportamento del prete accusato. L’accusa stessa era considerata come una delle accuse più gravi che si potevano muovere contro un prete cattolico. Perciò, la procedura ebbe cura di assicurare che il prete che poteva essere vittima di un’accusa falsa o calunniosa venisse protetto dall’infamia finché non si provasse la sua colpevolezza. Ciò venne garantito dalla stretta riservatezza della procedura stessa, intesa a proteggere da un’indebita pubblicità tutte le persone coinvolte, fino alla decisione definitiva del tribunale ecclesiastico.

L’Istruzione del 1922 includeva una breve sezione dedicata ad un altro delitto canonico: il crimen pessimum, che trattava della condotta omosessuale da parte di un chierico. Questa ulteriore sezione determinava che le procedure speciali per i casi di sollecitazione fossero applicate anche per questa fattispecie, con i necessari adattamenti dovuti alla natura del caso. Le norme che riguardavano il crimen pessimum venivano estese all’odioso crimine dell’abuso sessuale di bambini prepuberi e alla bestialità.

L’Istruzione "crimen sollicitationis" pertanto non ha mai inteso rappresentare l’intera policy della Chiesa cattolica circa condotte sessuali improprie da parte del clero, ma solo istituire una procedura che permettesse di rispondere a quella situazione del tutto singolare e particolarmente delicata che è la confessione, in cui alla completa apertura dell’intimità dell’anima da parte del penitente corrisponde, per legge divina, il dovere di assoluta riservatezza da parte del sacerdote. Solo progressivamente e per analogia essa è stata estesa ad alcuni casi di condotta immorale di sacerdoti. L’idea che sia necessaria una normativa organica sulla condotta sessuale di persone con responsabilità educativa è assai recente, perciò rappresenta un grave anacronismo voler giudicare in questa prospettiva i testi normativi canonici di buona parte del secolo scorso

L’Istruzione del 1922 veniva inviata ai Vescovi che avessero la necessità di trattare casi particolari che riguardavano la sollecitazione, l’omosessualità di un chierico, l’abuso sessuale di bambini e la bestialità. Nel 1962, il Papa Giovanni XXIII autorizzò una ristampa dell’Istruzione del 1922 con una breve aggiunta sulle procedure amministrative nei casi che coinvolgevano chierici religiosi. Le copie della ristampa del 1962 sarebbero dovute essere distribuite ai Vescovi radunati nel Concilio Vaticano II (1962-1965). Alcune copie della ristampa furono consegnate ai Vescovi che, nel frattempo, avevano bisogno di trattare casi riservati al Sant’Uffizio; tuttavia, la maggior parte delle copie non venne mai distribuita. Le riforme proposte dal Concilio Vaticano II comportavano anche una riforma del Codice di Diritto canonico del 1917 e della Curia romana. Il periodo fra il 1965 e il 1983 (l’anno in cui fu pubblicato il nuovo Codice di Diritto Canonico per la Chiesa latina) fu contrassegnato da differenti tendenze fra gli studiosi di diritto canonico in merito ai fini della legge penale canonica e alla necessità di un approccio decentralizzato ai casi, valorizzando l’autorità e il discernimento del Vescovi locali. Venne preferito un "atteggiamento pastorale" nei confronti delle condotte inappropriate; i processi canonici venivano da alcuni ritenuti anacronistici. Spesso prevalse il "modello terapeutico" nel trattamento dei casi di condotte inappropriate dei chierici. Ci si attendeva che il Vescovo fosse in grado di "guarire" più che di "punire". Un’idea fin troppo ottimista a proposito dei benefici delle terapie psicologiche determinò molte decisioni che riguardavano il personale delle diocesi e degli istituti religiosi, a volte senza considerare adeguatamente le possibilità di una recidiva.

In ogni modo, casi riguardanti la dignità del Sacramento della Penitenza, invece, dopo il Concilio rimasero alla Congregazione per la Dottrina della Fede (già Sant’Uffizio; il nome venne cambiato nel 1965), e l’Istruzione "Crimen sollicitationis" fu ancora usata per questi casi fino alle nuove norme fissate dal motu proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" del 2001.

Nel periodo seguente al Concilio Vaticano II, furono presentati alla Congregazione per la Dottrina della Fede pochi casi riguardanti condotte sessuali inappropriate del clero relative a minori: alcuni di questi casi erano legati all’abuso del Sacramento della Penitenza; alcuni altri possono essere stati inviati tra le richieste di dispensa dagli obblighi dell’ordinazione sacerdotale e dal celibato (prassi talvolta definita "laicizzazione"), che furono trattate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sino al 1989 (dal 1989 al 2005 la competenza per tali dispense è passata alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; dal 2005 ad oggi, gli stessi casi vengono trattati dalla Congregazione per il Clero).

Il Codice di Diritto Canonico promulgato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1983 rinnovò la disciplina in materia al can. 1395, § 2: "Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti". Secondo il CIC 1983 i processi vengono celebrati nelle Diocesi. Gli appelli dalle sentenze giudiziali possono essere presentati presso la Rota Romana, mentre i ricorsi amministrativi contro i decreti penali vengono proposti presso la Congregazione per il Clero.

Nel 1994, la Santa Sede concesse un indulto per i Vescovi degli Stati Uniti: l’età per definire il delitto canonico di abuso sessuale di un minore fu elevata a 18 anni . Inoltre, il tempo per la prescrizione fu esteso ad un periodo di 10 anni calcolato a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima. Venne indicato esplicitamente ai Vescovi di svolgere i processi canonici nelle Diocesi. Gli appelli furono riservati alla Rota Romana, i ricorsi amministrativi alla Congregazione per il Clero. Durante questo periodo (1994-2001) non si fece alcun riferimento all’antica competenza del Sant’Uffizio per questi casi.

L’indulto del 1994 per gli Stati Uniti fu esteso all’Irlanda nel 1996. Nel frattempo, la questione di procedure speciali per casi di abuso sessuale venne discussa nella Curia romana. Alla fine, il Papa Giovanni Paolo II decise di includere l’abuso sessuale di un minore di 18 anni commesso da un chierico nel nuovo elenco di delitti canonici riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. La prescrizione per questi casi venne fissata in 10 anni a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima. La nuova legge, un motu proprio dal titolo "Sacramentorum sanctitatis tutela", fu promulgata il 30 aprile 2001. Una lettera firmata dal Cardinal Joseph Ratzinger e dall’Arcivescovo Tarcisio Bertone, rispettivamente Prefetto e Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, fu inviata a tutti i Vescovi cattolici il 18 maggio 2001. La lettera informava i Vescovi della nuova legge e delle nuove procedure che sostituivano l’Istruzione "Crimen Sollicitationis".

In essa erano innanzitutto indicati quali fossero i delitti più gravi, sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, riservati alla Congregazione; inoltre venivano indicate le speciali norme procedurali da osservarsi nei casi riguardanti tali gravi delitti, comprese le norme riguardanti la determinazione delle sanzioni canoniche e la loro imposizione.

I delicta graviora riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede venivano elencati nel modo seguente:nell’ambito dei delitti contro la santità dell'augustissimo sacramento e sacrificio dell'Eucaristia:

1° l'asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate (can. 1367 CIC e can. 1442 CCEO);
2° l'attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima (can. 1378 § 2 n. 1 CIC e cann. 1379 CIC e 1443 CCEO);
3° la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico insieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica né riconoscono la dignità sacramentale dell'ordinazione sacerdotale (cann. 908 e 1365 CIC; cann. 702 e 1440 CCEO);
4° la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l'altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe al di fuori della celebrazione eucaristica (cf. can. 927 CIC);

nell’ambito dei delitti contro la santità del sacramento della Penitenza:

1° l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo (can. 1378 § 1 CIC e can. 1457 CCEO);
2° la sollecitazione, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso (can. 1387 CIC e 1458 CCEO);

3° la violazione diretta del sigillo sacramentale (can. 1388 § 1 e 1456 CCEO);

nell’ambito, infine, dei delitti contro la morale:

1° il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età (cf. can. 1395 § 2 CIC ).

Le norme processuali da seguirsi in questi casi venivano così indicate:

- qualora l'Ordinario o il Gerarca avesse notizia, almeno verosimile, della commissione di un delitto riservato, dopo aver svolto un'indagine preliminare, lo stesso la segnalasse alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale (tranne l’ipotesi, per particolari circostanze, di avocazione a sé del caso) avrebbe indicato all'Ordinario o al Gerarca come procedere, fermo restando il diritto di appellare la sentenza di primo grado unicamente innanzi il Supremo Tribunale della medesima Congregazione;

- l’azione criminale, nei casi di delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, si estinguesse per prescrizione in un decennio. Veniva inoltre previsto che la prescrizione decorresse a norma dei cann. 1362 § 2 CIC e 1152 § 3 CCEO, con l’unica eccezione del delitto contra sextum cum minore, nel qual caso venne sancito che la praescriptio decorresse a far data dal giorno in cui il minore avesse compiuto il 18° anno di età;

- nei Tribunali costituiti presso gli Ordinari o i Gerarchi, relativamente a queste cause, potessero ricoprire validamente l'ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono solamente dei sacerdoti e che, quando l'istanza nel Tribunale fosse in qualsiasi modo conclusa, tutti gli atti della causa fossero trasmessi quanto prima ex officio alla Congregazione per la Dottrina della Fede;

Veniva inoltre stabilito che tutti i Tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche fossero tenuti ad osservare i canoni sui delitti e le pene e sul processo penale, rispettivamente dell'uno e dell'altro Codice, unitamente alle norme speciali, date dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

A distanza di nove anni dalla promulgazione del Motu Proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela», la Congregazione per la Dottrina della Fede, nell’intento di migliorare l’applicazione della legge, ha ritenuto necessario introdurre alcuni cambiamenti a queste norme, senza modificare il testo nella sua interezza, ma solo in alcune sue parti.

Dopo un attento e accurato studio dei cambiamenti proposti, i membri della Congregazione per la Dottrina della Fede hanno sottoposto al Romano Pontefice il risultato delle proprie determinazioni che, lo stesso Sommo Pontefice, con decisione del 21 maggio 2010, ha approvato, ordinandone la promulgazione.

La versione delle Norme sui delicta graviora attualmente in vigore è quella approvata dal Santo Padre Benedetto XVI il 21 maggio 2010.
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