Tre morti bianche al giorno.
Tre morti bianche al giorno. Settori a rischio: edilizia, autotrasporto, fabbriche e agricoltura. A gennaio salgono del 14,8% le malattie professionali
Pubblicato il 12/03/2018
Marco Menduni
roma
«La cava di marmo qualcosa vuole indietro». Stefano Mazzini ha 54 anni, fa il cavatore da 38. Quando racconta così, che la cava qualcosa indietro la vuole, parla di vite umane. C’è anche fatalismo, nel lavoro di chi estrae dal ventre della montagna il marmo e sa che il pericolo incombe, in ogni momento. Può finire malissimo. Con la morte. Oppure penzolando nel vuoto appeso a un’imbragatura, com’è successo a Giuseppe Alberti il 14 aprile 2016 qui a Carrara, sopravvissuto quasi per miracolo mentre altri due compagni perdevano la vita.
Se la vita nella cava può essere intesa come emblematica dei pericoli sul lavoro, la panoramica nazionale che riguarda tutte le attività continua ad offrire numeri allarmanti: tre morti bianche al giorno in media. A gennaio 2018 salgono del 14,8 per cento le malattie professionali. Nel 2017 sono state presentate all’Inail, l’Istituto nazionale assicurazione Infortuni sul lavoro, 635.433 denunce di infortuni. Le vittime sono state 1.029, con un incremento di 11 casi, l’1,1 per cento, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Più morti, perché sono cresciuti gli incidenti multipli, quelli costati la vita a più lavoratori. Settori a rischio: l’edilizia, l’autotrasporto, le fabbriche. Anche l’agricoltura, che continua a essere la bestia nera delle classifiche.
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