Cronache del Nuovo Impero Romeo

Pagine: [1], 2
Scorpionz467
00lunedì 7 settembre 2015 23:27
Capitolo 1
Tutte le strade portano a Costantinopoli

Estate, 5 luglio 1155

Manuele stava vicino alla finestra a contemplare le vie della città.
Era ormai sera e del Sole non rimanevano che fiochi bagliori in lontananza. A Manuele piaceva molto la sera estiva, che arrivava a dare sollievo alla calura del giorno.
Di solito amava stare per i fatti suoi ad osservare l'accendersi dei fuochi e delle torce nei dintorni del palazzo, ma quella sera non avrebbe potuto.
Difatti egli aveva chiamato a raccolta i principali nobili delle varie casate romee, per discutere dei piani per il futuro di un impero ormai indebolito. Erano ormai passati 84 anni da quando Romano IV Diogene è stato sconfitto a Manzicerta, e da quando Manuele seppe che sarebbe diventato basileus, aveva coltivato il sogno di riportare agli antichi fasti l'Impero Romeo. Ma aveva anche riflettuto su quanto poteva essere rischioso questo passo. L'ormai Sultanato di Rum aveva in pugno parte della penisola Anatolica, sulle coste della Siria si erano insediati i Crociati mandati dal papa, Il califfato Abbaside controllava i suoi ormai storici possedimenti di sempre; e in mezzo a questi ultimi stava l'Atabeg Siriano.
Sarebbe stata una bella gatta da pelare, ma con un po' di coraggio, fede e fortuna, tutto sarebbe andato per il meglio.
Finalmente, i nobili arrivarono. Gli Angelo-Ducas, i Paleologi, i Briennio, Andronico Contostefano e Giovanni Arbanteno, dopo aver fatto le dovute riverenze a Manuele, si sedettero al grande tavolo rotondo al centro della stanza. Poco dopo, Manuele chiamò un servitore per avvisare i membri della sua famiglia, già pervenuti al palazzo(i Comneno) dell'arrivo degli ospiti.
-Signori nobili- iniziò a parlare Manuele, - siamo oggi qui riuniti per discutere del futuro di questo regno. Non possiamo più fingere un una realtà utopistica. Siamo confinanti con Califfati e Sultanati vari in Anatolia, la cosiddetta "Terrasanta", è caduta in mano a quegli sciocchi paesani che gli europei chiamano "Crociati". Sappiamo benissimo cosa quei rozzi porci hanno fatto alla nostra amata capitale. Tuttavia, tra quei maiali ci sono comunque dei guerrieri giusti e forti, devo dargliene atto. Ma sto divagando. Tornando al discorso principale, dicevo che siamo circondati da regni che ci odiano, le nostre città sono povere e alcune non hanno nemmeno dei mulini nelle campagne, molti non hanno porti o moli, e il nostro esercito è formato da sciocchi contadinotti che non possono tenere una linea per più di 10 secondi prima di scappare in preda al panico. Signori, vi ho convocato qui per cambiare la situazione. Ho deciso che dobbiamo riprenderci ciò che è nostro di diritto. Debelleremo i Selgiuchidi ri Rum.-
Un mormorio confuso di levò dai nobili, increduli per l'affermazione appena pronunciata dalle corde vocali dell'autocrate.
Una voce si levò dal coro. Tale voce fu quella di Costantino Paleologo.
-Ma, mio signore, hai appena detto che il nostro esercito non è adatto a...-
-Esatto, l'ho detto, ma non ho detto che andremo a combattere i musulmani con dei cafoni. Lungi da me. Utilizzeremo i soldati della Pronoia. Abbiamo dei kontophoroi, skoutatoi, kavallaroi, e perfino la nostra più temibile arma, la Guardia. Quei vermi vestiti di stracci non potranno niente contro le letali asce dei guerrieri nordici.-
-Ma come faremo a finanziare un esercito di invasione, quando di campi coltivati non se ne vede l'ombra? Non abbiamo accordi commerciali con nessuno, la Repubblica di Venezia (siano dannati) ci ha soppiantati nel controllo dei mari! Questo piano è da pazzi visionari!-
-COSTANTINO! Come osi rivolgerti così al tuo imperatore?!!?? Non sono uno sprovveduto, ho pensato a tutto nei minimi dettagli, mi aspetto solo che voi li mettiate in pratica! Bada bene al tuo temperamento, oppure ti faccio rinchiudere nelle segrete.-
Un silenzio tombale calò nella stanza. Entrò una serva, che annunciò l'arrivo dell'ambasciatore di corte, tale Andronico Angelo.
-Mio signore, ho stipulato l'alleanza con il Regno di Georgia, come richiesto. Ho anche mandato emissari a parlare con le fazioni ortodosse delle steppe, sempre come da ordini.-
-Molto bene, puoi andare nei tuoi appartamenti ora, goditi del meritato riposo.-
-Si, mio signore.-
Detto questo, uscì dalla stanza e si avviò verso i propri alloggi.
Nelle ore seguenti, Manuele illustrò per filo e per segno i dettagli della riforma edilizia, militare e politica.
Assegnò alle varie casate diverse zone dell'Impero, nella seguente suddivisione:
-Anatolia Settentrionale-Paleologi
-Anatolia Meridionale-Angeli-Ducas
-Zone Confinanti Costantinopoli-Comneno
-Grecia-Suddivisa equamente fra le famiglie restanti.


-Direi che possiamo concludere. Potete andare.-
Udite queste parole, i nobili si congedarono, ma Costantino si appartò un attimo di più.
-Mio Imperatore, chiedo umilmente perdono per il mio comportamento grezzo e infantile. Ho, perso le staffe, ma sono solo preoccupato per i miei figli. Noi viviamo nel confine con quei pazzi sanguinari, e Dio solo sa cosa potrebbero fare a due bambini indifesi...-
-Considerati perdonato. Ah, ho una cosa proprio per i tuoi figli.-
Detto ciò, prese da un cassetto due acquile di cuoio e le porse al nobile.
-Erano... i miei giocattoli, o meglio, i nostri giocattoli, intendo quelli miei e dei miei fratelli. Ma credo che a me, come a loro, questi non servano più.-
Costantino lo guardò, quasi sul punto di piangere, lo ringraziò e si congedò.
Chiudendo la porta, Manuele aprì la finestra e prese una boccata d'aria fresca. Dopodichè, pensò ai fratelli e al padre. Con occhi gonfi di orgoglio e lacrime, sussurrò al vento: - Ti renderò fiero di me, Papà.-
Scorpionz467
00martedì 8 settembre 2015 22:46
Capitolo 2
Cherson delenda est

Estate, 1159, mare



Alessio Paleologo scrutava il mare trepidante nell'attesa.
Finalmente avrebbe guidato la sua prima armata alla conquista della Crimea. Aveva dalla sua il primo battaglione scelto di lancieri pesanti, fanteria pesante, arcieri a cavallo romei e vardarioti, e un contingente intero di Guardia Variaga, e per finire un'unità di Basilike Hetaireia donatogli dall'imperatore stesso, durante l'educazione a corte. Da quando diventò sedicenne, cercò in tutti i modi di impressionare l'imperatore per la protezione affidata a lui, al quasi coetaneo fratello e ai due fratellini. Era stato un allievo diligente, volenteroso, e nobile. Manuele ha voluto premiarlo con il più potente esercito a disposizione, per andare ad abbattere la ribelle Cherson, caposaldo della rivolta crimeense.
6 mesi dopo, nell'estate del 1159, attraccarono la flotta e presero d'assedio Cherson.

Passarono altri 6 mesi, prima che fosse tutto pronto per prendere la città. I cavalli erano abbeverati, il morale era alto e un piccolo esercito di avanscoperta era venuto a dare manforte al generale neofita.
Mancava solo la ciliegina su questa torta di acciaio e uomini: il discorso. Alessio non aveva mai parlato a un esercito prima d'ora, come era prevedibile. Aveva provato davanti allo specchio degli alloggi, ma ogni tentativo risultava sempre più goffo e ridicolo.
-Eccola, arriva, farò una figura di merda davanti alla prima armata che comanderò... NO, ALESSIO, ricomponiti. I tuoi uomini hanno bisogno di te!- disse fra se mentre spronava il cavallo per andare nel fronte dell'armata. -Forza, forza, forza!-
Si schiarì la voce, poi, incominciò a parlare:-Fratelli, noi siamo il primo segnale della rinascita di Bisanzio, la prima fiaccola nel buio della inciviltà, l'unica stella lucente in un mare di luccichii confusi. Non posso promettervi la vittoria, mentirei, ma vi prometto che io darò il massimo, e mi aspetto che voi facciate lo stesso. Non trattenete l'ascia, la spada curva o dritta, o la lancia. Il nemico è dietro quelle mura di legno, e ci si è ribellato senza vergogna, imprigionando anche donne, bambini e uomini innocenti. Andiamo a liberarli! Ora, CHI E' CON ME??-
I soldati risposero in coro: -HAU! HAU! HAU!- Alessio concluse: -Allora, se dite di esserlo, dimostratelo! ALLE MURA!-. I soldati compattarono i ranghi e avanzarono verso le mura.



Costantino attendeva notizie del figlio da quando era partito nel dicembre del 1159, ovvero da quasi un anno. Da quando Alessio era partito, non aveva fatto altro che osservare la finestra con aria persa nel vuoto, immaginandosi le peggiori disavventure che potessero capitare a quel povero ragazzo. Poi rinsaviva, e ri immaginava altre tragedie. Ciò accadeva tre o quattro volte la settimana.
Proprio dopo uno di questi momenti di preoccupazione generale, bussarono alla porta dell'anticamera del salone.
-Chi è che bussa?-
-Un messaggero signore. Porto notizie da Cherson.
Subito Costantino si alzò dal tavolo nel salone, corse nell'anticamera e aprì il portone al messaggero.
-Signore, come appena detto, notizie dalla Crimea. Pare che alla fine quella regione sia stata civilizzata!-
Costantino era a metà tra l'incredulo e l'orgoglioso, prese la lettera, congedò abbastanza frettolosamente il messaggero e la aprì, togliendo il sigillo di ceralacca.

Caro padre, sono riuscito a prendere la Crimea alfine! Il ribelle Isacco Botaniate giace nelle fosse comuni, dopo una solenne esecuzione sulla piazza, avvenuta per mano mia.
L'assedio, che si prospettava difficile, è stato al contrario molto più semplice, e le perdite sono state contenute, 840 uomini nel mio esercito e 60 nella armata di avanscoperta in mio aiuto, tutto ciò a fronte di 16.200 uomini totali.
Sono a dir poco euforico, e sarà difficile non montarmi la testa dopo questo, dopotutto, siete mio padre, sapete come sono fatto. Portate i miei saluti ai miei fratelli e a mia madre. Ricordatevi tutti che siete lontani dai miei occhi, ma non dal mio cuore.
Spero di rivederci presto. Addio.

-Oh, figlio mio...- sospirò felicemente, oramai totalmente orgoglioso del suo creato.
Scorpionz467
00giovedì 10 settembre 2015 15:09
Capitolo 3
Attacco congiunto

Inverno, 1163, strada per Amaseia

-Niceforo, sembri un po' giù di morale, cosa è che ti turba?-
Chiese l'attendente armeno Toros a Niceforo Paleologo.
-Nulla, Toros, veramente.-
-Niceforo, siamo amici, lo sai, puoi dirmi cosa c'è.-
Dopo un lungo sospiro, parlò:-...va bene, sono preoccupato perchè non ho fatto altro che allenarmi al castello invece che su un campo vero e sto per fronteggiare ben 3 eserciti turchi.-
Toros, che aveva 30 anni in più di lui, lo tranquillizzò:-- Si, ma uno di questi è composto solo dalla guardia del Wa'li Turco e un altro è composto da gente appiedata. Dai, su con la vita, abbiamo la Guardia dalla nostra. Andrà tutto bene.-
-Se lo dici tu...-
Finirono di parlare appena in tempo per trovare la città. Aveva solo della mura di legno, sarebbe stato facile entrare in città. Ma prima, Niceforo avrebbe dovuto evitare una carica da parte del Wa'li.
Lo stesso Wa'li che sarebbe apparso di lì a poco con la sua intera guardia, cogliendoli di sorpresa.
-Ecco, si parla del demonio, e spuntano le corna- disse con fare divertito Toros.
-Divertiamoci un po'.-
-Molto bene- annuì Niceforo.-Oikeioi, carica!-
Toros lo imitò:-Vishap! CARICAA!!-
E partirono insieme verso gli Askar del Turco.
-Infedeli, non uscirete vivi da questa mischia! Arrendetevi, e forse pregherò Allah perchè vi faccia entrare nel suo regno!- gridò furiosamente il turco, da dietro la maschera di cotta.
Niceforo gli rispose per le rime:-Non me ne faccio niente delle preghiere al tuo falso dio, piuttosto prega per la TUA anima, dato che gli farai visita a breve!-
-Infame maledetto! Caricare, ORA!-
La mischia si accese furibonda.
Niceforo uccise 4 uomini di seguito con fendenti fluidi della sua spada, poi si voltò per vedere se Toros con i Vishap se la stava cavando. Ciò che vide fu Toros che veniva investito di affondi sullo scudo, e quest'ultimo che con un gesto fulmineo sbilanciò l'avversario e lo feca calpestare dal suo stesso cavallo.
Riprese la mischia, trovandosi faccia a faccia con il Wa'li in meno di due minuti dopo.
La voce arrogante del Wa'li parlò di nuovo: -Arrenditi, o la mia lama ti trafiggerà senza pietà!-
-Non capisco tutta questa smania di farmi arrendere, ti rendi conto solo ora che perderai la vita?-
-CANE!-
Il turco cominciò a investire di fendenti e affondi Niceforo con tutta la sua furia, facendo vacillare il nobile romeo, che quasi venne disarcionato.
Nello stesso istante, trovando un varco nella guardia del musulmano, Niceforo colpì, affondando la spada nella scapola del nemico.
il turco urlò di furore, non sentendo il dolore del colpo infertogli, e a sua volta colpì con l'elsa la spalla dello scudo e trafisse il braccio della spada.
Niceforo vide nero, e credette che fosse arrivata la sua fine quando il nero svanì e vide il Wa'li abbandonare lo scudo per prendere l'arma a due mani, pronta per conficcarsi nel suo cranio.
-Addio, infedele, la tua morte darà gradita al sultaAH!-
Quel "AH!" finale era dovuto alla spada di Toros che gli si era conficcata nel fianco, facendolo urlare di dolore e rabbia.
-Stupido armeno!-
Fece per colpire Toros, ma costui scansò il cavallo e lo colpì all'addome con un affondo, poi alla testa con un fendente, decapitandolo di netto.
Gli Askar si diedero alla fuga.
Niceforo potè godere di questa visione celestiale per pochi attimi, poi cadde a terra, giusto in tempo per sentire Toros urlare "Serve un medico, ORA!", prima di svenire.

Giovanni Cantacuzeno attendeva annoiato fuori dalle mura di Adana.
Aspettava gli aiuti mercenari di Giovanni Angelo-Ducas, per prendere la città.
-Diamine, Giovanni, dovevi arrivare oggi! Cosa ti trattiene?-
-Signore!- udì Giovanni in lontananza, e scoprì che quel grido veniva da delle pattuglie di mercenari, presumibilmente quelli giusti.
-Signore, mi chiamo Ottone e sono il comandante dei rinforzi. Vi affido il comando dei cavalieri germanici, dei cavalieri qipciaq e lancieri stipendiarii. Sta per arrivare un plotone di arcieri slavi.-
-Molto bene, aspetteremo e attenderemo domani per attaccare la città.-
-Se non sono indiscreto, signore, potrei chiedervi il motivo della vostra richiesta di assistenza?-
-C'è un esercito turco appena fuori dalla città, accampato a due miliarium di distanza. Non possiamo rischiare che ci colgano in minoranza numerica, anche se dalla nostra abbiamo la qualità.-
-Ricevuto signore, faccio riposare gli uomini.-
-Perfetto. Potete andare. Buon riposo.-


Niceforo si risvegliò nella tenda del medico. Ancora frastornato e col braccio dolorante e fasciato, volle andare fuori per vedere cosa fosse rimasto del suo esercito, nonostante gli avvertimenti del medico di mettersi a riposo. Ma non si ritrovò appena fuori dalla città, al contrario, ci si trovò dentro. Mentre ancora cercava di capire cosa fosse successo, Sentì la voce di Toros mentre affilava la spada sulla mola:-Si sono arresi.-
-Cosa?- rispose incredulo Niceforo.
-Dopo aver visto l'erede al trono morire per mano mia, l'esercito di Sankar Kutalmish dentro la città ha consegnato il comandante (che ora "dorme" felicemente) al nostro esercito e si è arreso.
Non abbiamo perso uomini.-
-Sia ringraziato IddiAH!...-
-Il braccio?-
-Esatto, meglio che torni nella tenda e segua i consigli del medico, alla mia gente servo sano...-
Detto ciò, si rimise nel giaciglio della tenda, e in pochi minuti si addormentò, ormai tranquillo e con la vittoria in tasca.



-Andiamo, andiamo! Arcieri a cavallo, radunatevi sul lato sinistro del castello e rovesciate frecce su ogni cosa si muova, io starò dietro di voi con i miei cavalieri. Tutto chiaro?-
-Signorsì, signore.-
I Qipciaq si disposero insieme ai Turkopuloi e agli Hippotoxotai su una linea singola e attesero, fino a quando l'esploratore non tornò urlando:-Fursan! Fursan Ghilman!-
-Arcieri, state pronti!- intimò agli arcieri a cavallo.
-Cavalleggeri! Intercettate quegli arcieri a cavallo nemici in lontananza! Ora!-
-Andiamo, guerrieri!- disse il capitano alano, e si allontanò per sviare quei cavalieri dalle truppe a piedi.
-Arrivano! ORA!-
Subito una raffica di frecce si avventò sui Fursan Ghilman, uccidendone alcuni. Questi accelerarono l'andatura del cavallo per evitare altre schermaglie, rendendo subito lo schermo degli arcieri a cavallo inutile.
-Cavalieri romei, germanici e armeni, carica!-
Giovanni spronò il cavallo e si abbattè con ferocia sui Fursan e i Fursan Ghilman.
La mischia non durò molto, data la morte del generale nemico e la superiorità numerica romea.
Presto, i Fursan si dileguarono.
-Cavalieri, pulite le truppe a piedi, io vado a dare man forte agli assedienti. Ottone e compagnia, con me!-
-Ya!-
Arrivati alle porte, videro sulle mura che gli arcieri avevano preso la spada e stavano sterminando gli Ahdath, mentre i Lanciari combattevano contro Fursan Ghilman e Akinji, in una mischia furiosa.
-Facciamola finita, andiamo!- ordinò ai cavalieri Giovanni.
In poco tempo, tutti i nemici furono uccisi, e l'esercito potè entrare in città, dichiarandola felicemente romea.
La piccola Armenia era stata liberata dai musulmani.

.Dedo.
00giovedì 10 settembre 2015 17:34
non male [SM=g27964] qualche ripetizione di troppo, ma non male
Scorpionz467
00giovedì 10 settembre 2015 18:04
Segnalamele che le correggo :)
Scorpionz467
00venerdì 11 settembre 2015 18:39
Capitolo 4
Attacco a sorpresa

Inverno, porta per Iconium

-Ancora...qualche...trave...e ci sono...quasi...- arrancò la spia mentre saliva le mure di legno della città turca di Iconium (che i musulmani chiamavano Konya).
-Bene, sono arrivato su in cima. Ora vediamo di sbarazzarci delle guardie. Però forse prima dovrei smettere di parlare da solo e concentrarmi, devo sbrigarmi se voglio che l'esercito prenda la città domani. Ma l'ho fatto anche adesso! E notandolo ho parlato ancora, e anche- va bene, sto zitto.-
La spia cercò le guardie della porta principale. Dovette camminare nell'ombra un bel po', poichè aveva scalato in un punto cieco delle torce.
Finalmente, dopo un'ora o due, le trovò al posto di guardia, intente e bere come spugne.
"Ma il Corano non diceva qualcosa a riguardo?" pensò l'infiltrato, poi decise che non era il caso di tergiversare oltre, e di attendere il momento giusto per colpire.
Il momento arrivò durante uno scambio di battute poco ortodosse dai due guardiani ubriachi.
-Eeehhii, una volta mi pare di aver sentito che il Dio dei chrishtiani una volta trashformò l'acqua in vinooh, mi sa che ne ha fatto troppo, dato ciò che succede nel reshto del loro falso libro sachro...-
-Io l'ho sempre detto che il lhoro libro era scritto da un uhbriaco fhradicio, AHAHAHAH!-
-Ehi, ho io una battuta per voi: "Se la montagna viene verso di te e tu non sei Maometto, è una frana".-
-Ehi, ma non fa ridere...ma tu chi s...-
Non fece in tempo a terminare la frase, che un colpo della balestra miniaturizzata dell'agente lo mandò fuori gioco, e così fece con l'altro.
-Ah, comunque, Marciano della Lazica, piacere mio.-
Dopodichè, aprì la porta principale e bloccò i meccanismi di apertura, infine sprangò le vie d'accesso a questi ultimi. Prima di sparire nelle vie della città, guardò un'ultima volta alle guardie, e commentò:
-Mia madre me l'ha sempre detto che gli alcolici uccidono.-
Poi si voltò e sparì nella notte.




In quella fredda mattina di inverno non si poteva vedere aldilà della testa del proprio cavallo. L'aria era gelida, il vento era moderatamente forte e non smetteva più di nevicare. Insomma, non il clima perfetto per un assedio in piena regola, ma le circostanze erano quelle, e Giovanni si sarebbe dovuto accontentare di quel clima. Del resto, non poteva certo sprecare l'opportunità di prendere una città di sorpresa. Una spia si era infiltrata nella città, permettendo l'accesso alle principali aperture delle mura.
Sarebbe stato un gioco da ragazzi, la città era poco difesa, e i turchi non si aspettavano di trovare i loro nemici dentro la città senza armi d'assedio.
-Uomini, fermi qui. Attendete il segnale.- comandò all'armata.
il "segnale" sarebbero state tre pire accese di seguito e subito spente sulle torri delle mura di legno, abbastanza luminose da essere viste da lontano, anche nella neve.
Il segnale arrivò non molto tempo dopo. Giovanni spronò il suo cavallo ed andò a parlare con la spia che nel frattempo era uscita dalle città.
-Signore, Marciano della Lazica, al vostro servizio. Vi annuncio che combattere l'esercito di guarnigione non sarà cosa semplice.
Vi sono decine di arcieri Olçuklular e dei Tawashi, oltre che dei Fursan Ghilman e della fanteria leggera di poco conto. Ma la mia preoccupazione sono i Fursan, signore.-
-Delle tue preoccupazioni mi importa poco e niente, Marciano. Lascia la guerra a chi la fa da una vita. Ad ogni modo, grazie per le informazioni. Di là c'è un cavallo, se hai bloccato i meccanismi come ti avevo chiesto di fare, puoi prenderlo e dirigerti a Dorileo.-
-Andrò subito signore. Addio.-
Dopo aver congedato la spia, l'Angelo-Ducas dispose i suoi uomini nel seguente modo:
Arcieri a cavallo di fronte alle mura est della città per scagliare frecce sugli ignari nemici nel centro della città, più come diversivo che altro, data la scarsa visibilità;
Guardia varangiana a supporto degli arcieri a cavallo;
Cavalleria pesante (compresi i suoi Oikeioi personali) e fanteria pesante (lancieri e spadieri) con lui davanti al portone principale.
Giovanni fece entrare gli uomini nel portone principale, dove li aspettavano alcuni Ahdath.
-Ahdath! Cavalleria, pensate voi a quelle insulse pesti, fanteria, con me, nel centro città!-
Sul fronte orientale di Iconium la Guardia stava tenendo impegnati i Tawashi, in modo che non potessero rispondere al fuoco degli arcieri a cavallo della Basileia che irroravano di frecce senza sosta i seljuks.
In poco tempo, grazie a una chiusura delle vie di fuga, la guarnigione turca venne chiusa da un turbine di lance, spade ed asce, distruggendola, dimostrando ancora una volta la superioritò militare della Basileia.
Giovanni, dopo aver mutilato l'ultimo Fursan, parlò ai suoi uomini:
-Fratelli, siamo stati degli eroi. Abbiamo tolto al nemico una delle su più importanti città, il centro del loro Sultanato.
Questo segna un nuovo inizio per il Nuovo Impero di Bisanzio.
Voglio che sappiate che sia io che la vostra gente, ma sopratutto il nostro imperatore ed autocrate, siamo fieri di voi.
Ed ora, vediamo di raccattare qualche puttana turca per divertirci un po'!-
La città venne saccheggiata, e tutti i cittadini di fede musulmana sterminati.
Per ordine dell'imperatore, come per Amaseia, alla città venne dato il nome originale di Iconium, sancendo di fatto la nuova dominazione di essa.
.Dedo.
00sabato 12 settembre 2015 12:20

-Ehi, ho io una battuta per voi: "Se la montagna viene verso di te e tu non sei Maometto, è una frana".-


[SM=x1140520] [SM=x1140520] [SM=x1140520]
Scorpionz467
00sabato 12 settembre 2015 18:17
Ho dovuto ricorrere alle mie battute più imbecilli per quel dialogo XD
Scorpionz467
00domenica 13 settembre 2015 16:49
Capitolo 5
La Lega Ortodossa e la morte del Sultano

Estate, 1165, Torzhok.

-Mi dica, romeo, che cosa vuole dal nostro regno?- chiese il Velikj Knjaz Mickalko Stephanic a Giovanni di Adana, burocrate di corte.
-Nobile re, vorremmo stipulare un'alleanza con voi. Ma non una semplice alleanza, bensì una Lega che unisca tutto il mondo ortodosso, sotto il nome di Bisanzio.-
Il Velikij lo guardò sorpreso. Bisanzio, che qualche tempo prima languiva nel dimenticatoio della storia, chiedeva a un fiorente regno di sottostare al suo impero?
-Una richiesta inusuale, ambasciatore, e molto, anzi troppo, prentenziosa. Mi dica, perchè dovrei accettare? Non vedo motivi di allearci con voi.-
-I Vladimir sono già nostri alleati, così come la potenza caucasica di Georgia. Per proclamarci Lega Ortodossa, però, mancate all'appello voi, gente di Novgorod. Non cambia nulla alla corte di Costantinopoli se non accetterete, ma ricordatevi che, in tali circostanze, presto sarete marchiati come traditori della vera Cristianità per non esservi impegnati nel conflitto contro i seguaci pagani di Tengri, i Cumani. Ciò significa ritrovarsi il mondo ortodosso contro, e forse anche i Lituani e i Cumani assieme...mi dica, nobile Velikij, gradisce questo scenario?-
Stepanic prese un calice di idromele, lo sorseggiò nervosamente, e poi riflettè su quella situazione. Trovando abbastanza conveniente l'alleanza con Bisanzio e l'intero mondo ortodosso, rispose:
-Signore, mi avete convinto. Sottoscrivo l'alleanza, a patto di avere diritti commerciali e informazioni geografiche da voi. I nostri studiosi sono ansiosi di sapere notizie dalla vostra sfera di influenza del mondo.-
-Molto bene...ecco, la pergamena che sancirà la nascita della Lega è qui nelle mie mani. La firmi, Velikij.-
Stepanic si fece portare una penna d'oca, scese dal trono e sottoscrisse il trattato.
Dopodichè si risedette al trono, congedando l'ambasciatore.

Inverno, 1165, fuori Ankara

Ankara si stagliava in tutta la sua imponenza davanti agli ultimogeniti dei Paleologo, Giorgio e Andronico.
Il sole in quella giornata del 24 dicembre, alla vigilia del Natale di Nostro Signore, era nascosto dietro le nubi, emanando un fioco e soffuso lampo di luce attraverso esse.
La pioggia batteva sulle armature dei cavalli e degli uomini, un po' minando l'anima e l'atmosfera ciò che era il giorno prima della celebrazione della nascita di Cristo.
D'altro canto, il fervore religioso dei soldati ne aveva aumentato mostruosamente il morale e la resistenza fisica, tanto è che avevano marciato fino allo stremo per raggiungere il luogo dove il Sultano Turco sarebbe finalmente morto.
-Giorgio...tu hai..paura?- parlò ad un tratto Andronico.
-Di cosa?- chiese un po' bruscamente il fratello.
-Voglio dire, stiamo per affrontare il Sultano Selgiuchide, un pazzo sanguinario, un omicida a sangue freddo, e un abilissimo combattente. Potremo tenergli testa?-
Giorgio per tutta risposta gli diede un pugno alla spalla, guardandolo di sbieco.
-E' normale avere paura. Chi affronta il nemico senza paura è un folle, e chi si getta nella mischia senza pensare è uno stupido. Ma devi ricordarti una cosa, Andronico. Non dubitare mai delle tue capacità. Bada bene però, che quello che ti ho detto non significa essere presuntuosi, ma conoscere bene i propri limiti. Non lasciarti accecare dalla paura, ma usala a tuo vantaggio per aiutare il cuore e il cervello.-
-Grazie, fratello, sai sempre come tirarmi su di morale.-
I due si scambiarono un'occhiata complice, e si sorrisero.
Il momento di intimità cessò quando videro figure in lontananza, forse un un centinaio e mezzo di individui a cavallo.
-Giorgio, tu assalta il castello, a questi ci penso io.-
Spronò il cavallo e, con dietro una compagnia di Kavallarioi, partì al galoppo.
-Si è dimenticato che il comandante sono io. Spero che non si faccia ammazzare nello scontro. Uomini, in marcia, alle mura!-
Abbatterono il cancello e si addentrarono nel castello, incontrando la guardia del Sultano in tutto il suo terribile e spaventoso splendore.
Giorgio decise di chiudere la cavalleria nemica in mezzo ad una pioggia di frecce.
-Arcieri a cavallo, accerchiare.-
Una unità si dispose di fronte al Sultano e una dietro, cominciando a mietere vittime. Il sultano vide gli arcieri davanti a lui, diresse la sua guardia verso di loro e incominciò una mischia furiosa.
Proprio come nei piani del comandante romeo.
Subito, gli Oikeioi del Paleologo sbarrarono la strada per il centro città al turco e lo occuparono saldamente, chiudendolo tra due fuochi e sterminando la sua guardia.
Rimasto solo, il Sultano venne tramortito, catturato ed imbavagliato.


Passarono circa quattro ore, dopodichè Kilij Kutalmish si svegliò in una cella.
-Ben svegliata, principessa.-
Kilij si voltò e vide il suo avversario appoggiato alla grata.
Fece per avventarglisi contro, ma si ritrovò incatenato alla parete.
-Oh, no no no no no, non devi stancarti così, devi conservare le energie, fidati, ti serviranno.-
Giorgio si avvicinò e gli tolse il bavaglio.
-Maiale!- gli inveì contro il prigioniero, e tentò di morderlo. Ottenne subito un calcio all'addome ed uno sulla mandibola.
-Shhh, ho detto di risparmiare le energie. Perchè non credo che tu ci dirai dove sono i tuoi eserciti tanto facilmente...-
-Vuoi torturarmi? Fai pure, morirò da martire!-
-Hai sbagliato ancora, non voglio torturare te...-
Accennò un gesto e una guardia portò una ragazza di carnagione olivastra, col volto coperto da un velo ed in lacrime.
-NO! Bastardi, figli di puttana! Tutto ma non mia figlia!-
-Ahh, vedo che tutto il tuo spirito combattivo è andato a farsi fottere. Se reagisci così adesso, immagina quando violeremo il suo corpo e le staccheremo qualche dito...-
A queste parole, la ragazza pianse di terrore.
-No, voi non potete farlo, ha solo 15 anni!-
-Ti dirò un segreto: a noi non importa.-
-No...no...-
Kilij Kutalmish scoppiò in lacrime.
-Prendete me al suo posto, vi prego...-
-Dicci dove sono il resto delle tue armate e noi la lasceremo stare. Intesi?-
Gli occhi pieni di odio del sultano lo guardarono iniettati di sangue.
-Intesi.-, disse a denti stretti.
-Molto bene. Comincia a parlare.-
Passarono 30 lunghi minuti per il selgiuchide, nei quali rivelò la posizione delle armate e la loro composizione.
-Grazie, sultano. Ma penso che ora tu non mi serva più vivo...-
-No, NO! Vile traditore! La fama dei bizantini è veritiera, traditori a sangue freddo e raggiratori!-
-Già già, che terribile reputazione. Peccato che questo raggiratore abbia fatto del tuo regno una cloaca e che ora ti stia per uccidere...-
Sfilò la daga ornata di oro e opali dalla cintura e la piantò nell'aorta del musulmano.
-Tanto perchè tu lo dica ai tuoi antenati nell'aldilà...-
disse mentre girava piano e sadicamente la lama nel petto del moribondo,
-il tuo assassino si chiama Giorgio Paleologo, nobile romeo e duca di Ankyra.-
Finito di parlare, estraette il pugnale, accecò quel che rimase del sultano e lo sgozzò come un agnello.
Dopodichè chiamò il fratello e si fece lasciare la figlia del sultano, svenuta dal terrore, nei suoi appartamenti.
Ella si svegliò due ore dopo, svestita, con mani legate e bocca imbavagliata.
Accanto a lei, c'erano tre cose: il sole dell'alba, Giorgio Paleologo e il fratello, che la schernirono prima di violentarla con un: "Felice Natale, dolcezza".

.Dedo.
00domenica 13 settembre 2015 23:43
questa è scritta davvero bene, l'unica cosa forse la frase finale ma vabbè dai sembra in linea con il personaggio
RatMat
00lunedì 14 settembre 2015 00:22
L'ultima parte è migliorata molto, mi piace. Le prime mi sono sembrate un po' frettolose. Prenditi tempo, racconta bene pochi episodi e affida gli altri a resoconti esterni. Un altro consiglio: fai sembrare i tuoi avversari cattivi, crudeli, distratti o in cattiva fede, senza cuore e tutto quello che vuoi, ma non stupidi. Chi legge pensa: con degli avversari così stupidi so anche io che hai vinto. Devi vincere grazie a uomini eccezionali del tuo esercito, non grazie a stupidate enormi degli avversari
Scorpionz467
00lunedì 14 settembre 2015 06:45
Dò ragione ad entrambi, sono stato sempre di fretta per via di impegni vari per sport o scuola.
Riguardo alle stupidate degli avversari, era il mio intento.
I Turchi sono stati stupidi fino ad adesso, hanno lasciato città sguarnite, armate isolate ed alcune composte solo da familiari (vedi la morte del Wali),
Ma adesso cambia aria, ho visto due armate full vicino ad Amaseia...e giusto in tempo per il cambio di Capofazione da parte selgiuchide.
Scorpionz467
00lunedì 14 settembre 2015 21:48
Capitolo 6 slitta a Domenica causa impegni scolastici-Post in autodistruzione
.Dedo.
00lunedì 14 settembre 2015 22:20
Vi stanno già mettendo sotto?
Scorpionz467
00lunedì 14 settembre 2015 22:48
Post in autodistruzione
Ti basta sapere che ho già una verifica venerdì e lunedì prossimo?
D:
RatMat
00martedì 15 settembre 2015 16:55
Scusami, non lo dico con cattiveria, è pura sincerità. Ma da lavoratore passato per l'università metterei firme grosse come case per avere impegni come le verifiche. Ho rifatto in facoltà alcune materie fatte alle superiori, in queste ultime erano il riassunto del riassunto del riassunto del riassunto del riassunto di quello fatto poi. Per questa cosa ti invidio un po'...
Scorpionz467
00giovedì 17 settembre 2015 23:04
Annunciò importante-Post in autodistruzione
Da qualche tempo il PC freeza in modo strano dopo pochi minuti dall'accensione.
Ciò potrebbe essere dato da 2 cose:
-pasta termica bollita (e questo spiegherebbe la ventola che gira peggio di un elettrone intorno ad un atomo)
-MB da cambiare (in quel caso il computer, come la AAR, cesseranno di esistere).
Pregate per il meglio, non ho proprio i soldi per una MotherBoard ora come ora.
Scorpionz467
00venerdì 9 ottobre 2015 14:04
Capitolo 6 -COMING SOON-
Scorpionz467
00sabato 10 ottobre 2015 21:21
Capitolo 6- Rappresaglia

Estate, 1168, regione di Siva

L'afa era insopportabile. Le truppe a piedi erano accaldate e stanche, e quelle a cavallo lo erano poco meno.
Alessio V prese dal sacco appeso alla sella un'oncia d'acqua, e ne bevve un sorso, assaporando ogni secondo in cui il prezioso liquido stava nella sua bocca, e poi nella sua gola.
Rimise l'oncia nella sacca, la chiuse bene e riprese le redini.
Mentre era assorto dal ritmo degli zoccoli dei cavalli al passo e dal rumore metallico e sordo dei piedi dei soldati nella sabbia, pensò al suo ultimo colloquio col padre.
Ciò lo fece incupire. Il padre aveva mandato suo fratello a studiare alla capitale per diventare governatore. E lui? In guerra, al caldo, contro una miriade di Turchi indiavolati che volevano fargli la pelle.
Ricordava benissimo cosa gli disse il padre prima che lui partisse.
"Non possiamo lasciare che i Paleologo entrino nelle grazie del Basileus senza che noi facciamo qualcosa per evitarlo!"
Ovviamente nel dire ciò non aveva tenuto conto del fatto che lui, di andare in guerra, non ne voleva sapere. Avrebbe voluto ancora rimanere in seminario per ordinarsi sacerdote, ma il fato (o per meglio dire, "causa esterna") ha voluto, in modo evidente, diversamente.
-Da sacerdote, a guerriero...che sfacciataggine, la vita...-
mormorò tra sè e sè.
Ordinò di fare una pausa dal viaggio, e, tra i sospiri sollevati dei soldati, scese da cavallo e si sedette sulla sabbia...rovente.
-Cazzo, di male in peggio... si vede persino l'aria tremolare da quaggiù...-
Sempre più indisposto a continuare la marcia verso Melitene, ordinò che si costruisse l'accampamento e che ci si fermasse fino al giorno dopo, "Tanto, giorno più, giorno meno, non fa molta differenza".
Mandò qualche esploratore per controllare la zona circostante, e pigramente si addormentò nella sua tenda.


Venne svegliato malamente da un soldato della Pronoia con la frase; "Turchi! Ci accerchiano!"
A quelle parole, Alessio si vestì in fretta e furia, quasi dimenticandosi uno schiniere.
Ed il soldato aveva ragione. I quattro punti cardinali erano brulicanti di stendardi blu.
-Merda! Raggruppate gli uomini e sellate i cavalli, presto!-
L'esercito in pochi minuti si trovò poco fuori dall'accampamento.
Alessio scrutò il campo.
Non vedeva nessuna guardia del sultano o di un qualche familiare turco, il che era un bene.
Il problema erano l'infinità di tiratori a cavallo e cavalleggeri. In più, tra le fila, si scorgevano saraceni, ghilman e arcieri armeni. Non sarebbe stato facile.
Alessio dispose gli arcieri su un'altura, a supporto di una balista, e gli uomini a piedi su tre file, immediatamente a fianco. In questo modo sarebbero stati protetti da eventuali cariche.
Lui invece si mise, con al seguito qualche cavaliere,in basso, in pianura.
Appena si furono disposti, l'assalto turco partì. Per sfortuna di Alessio, proprio dal suo lato si erano appostati dei cavalieri corazzati, che si misero subito ad inseguirlo.
-Avanti, non ci devono prendere!-
-Signore!- urlò Romano, l'attendente, al suo fianco.
-Cosa c'è?!-
-Seljuk davanti!-
-Bene, radiamoli al suolo!-
Spronò il cavallo al galoppo verso la prima armata nemica, composta solo da fanti, schiantandola all'impatto, fatta eccezione per dei Ghilman, che iniziarono a decimare una unità di Pronoiarii.
Dall'altro lato del campo il secondo esercito era arrivato, ed aveva preso di mira gli arcieri a cavallo sul retro dello schieramento, impegnandoli all'arma bianca.
Alessio spronò la sua guardia e dei mercenari tedeschi al galoppo verso dei cavalieri corazzati.
Questi ultimi videro la gli Oikeioi arrivare, e andarono loro contro.
La mischia fu furibonda, sanguinosa e rapida, ogni tanto condita da rumori metallici delle spade e delle armature, insieme ai suoni umidi e liquidi dell'acciaio che taglia la carne.
Alessio combattè col cuore in gola, costantemente pauroso della morte, ma allo stesso tempo impavido. Tagliò la gola ad un Ghilman di fianco a lui, che si mise subito la mano sulla ferita. Il romeo sadicamente gliela recise e lo trafisse all'addome, uccidendolo per lo shock. Decapitò poi un altro turco, che per riflesso incondizionato alzò le mani per cercare la testa, non trovandola al suo posto e stramazzando al suolo.
Il suo corpo di guardia era impegnato da quasi un quarto d'ora, i cavalieri tornarono dalla "pulizia" dell'armata principale, aiutandolo ad eliminare il resto dei cavalieri pesanti, uccidendo anche uno dei 4 capitani.
Sulla collina, i soldati avevano catturato il secondo.
Gli Akinji nemici caddero uno dopo l'altro sotto le lance dei kontophoroi, e le lame curve degli skoutatoi annientarono il terzo comandante e il suo piccolo esercito, ma ad un caro prezzo di un'unità. Le prime tre armate furono distrutte o andarono in rotta.
Il campo era disseminato di budella, sangue, e morte.
All'orizzonte, poi, apparve una vista funesta. L'ultima armata turca, fresca, determinata ed assetata di sangue romeo.
Gli uomini cominciarono a disperarsi, a votarsi ad ogni santo e a buttarsi a terra.
Alessio, preso coraggio e con rinnovata risolutezza, si stagliò di fronte al sole del tramonto e cominciò a confortarli.
-Fratelli, amici, questa potrebbe essere la nostra ultima battaglia. Ma, dico io, perchè morire oggi e darla vinta a quei luridi vermi di letamaio? Perchè invece, non ci battiamo come leoni, come tigri, e sopratutto, come aquile? Coraggio, uomini! Le anime di quei turchi andranno all'inferno oggi, con o senza le nostre! Così io GIURO!-
Così parlò, e, con fervore fanatico, guidò i suoi uomini verso il sangunario nemico.
Ciò che gli era rimasto erano degli arcieri con poche frecce, delle ancora sostanziose, ma sfiancate, unità di spadieri e lancieri, la sua guardia quasi intera e un manipolo di cavalieri, mercenari e non. Gli arcieri a cavallo erano decimati e senza frecce.
Con un urlo che aveva poco di umano e molto di mostruosamente iroso, Alessio caricò, spronando i fanti e gli arcieri a cavallo a fare lo stesso. Intanto, la balista tirava, mietendo vittime ad ogni giavellotto infuocato. Gli arcieri vennero fatti letteralmente a pezzi dalle cariche di cavalleria, mentre le fanterie cozzavano come se fosse la fine del mondo conosciuto.
Urla, sangue, sudore e violenza erano le uniche cose presenti.
Il comandante romeo era come posseduto da Marte, mieteva e mieteva, provava gusto a sporcarsi la faccia di sangue, e gustarselo con la lingua mentre scivolava dentro le fessure tra i denti.
In questo momento di furia, vedendo il capitano ormai separato come un codardo dal suo plotone, Alessio scese da cavallo, e, con sguardo demoniaco, ingaggiò il turco selgiuchide in uno scontro mortale. Il bizantino tempestò di colpi lo scudo del nemico, fino a spezzarlo in due, e lo calciò via dal braccio dell'avversario.
Poi, schermarono per due minuti interi, in cui il tempo per il figlio di Bisanzio si fermò. Alla fine, aprendo una breccia nella guardia del musulmano, lo disarmò, lo buttò a terra con un calcio, e infine, con una risata sadica e con viso sardonico e diabolico, cominciò ad affondare la spada nel costato del capitano nemico, ancora ed ancora, poi iniziò a mutilarlo, per terminare l'opera dunque, lo prese per i capelli quando ormai del nemico rimaneva un busto, e gli infilò la sua spada nel cervello entrando dal bulbo oculare. Poi gli tranciò la testa di netto, esponendola a tutti i soldati sul campo ed urlando di nuovo.
I nemici più vicini rabbrividirono e scapparono,innescando una fuga a catena e terminando la giornata con una vittoria.
I soldati della Basileia rimasero a metà tra il sollievo e il puro terrore mentre tornavano al campo.
Non avevano capito se avevano visto un miracolo od una manifestazione di Satana in persona.
.Dedo.
00martedì 13 ottobre 2015 23:31
bueno bueno, alla fine ti sei lasciato prendere la mano eh?
Scorpionz467
00mercoledì 14 ottobre 2015 11:50
In che senso?
Scorpionz467
00venerdì 30 ottobre 2015 19:37
Capitolo 7 -COMING SOON- SABATO 31 OTTOBRE
Scorpionz467
00sabato 31 ottobre 2015 17:49
Capitolo 7
Redenzione

Alessio sbattè con violenza il pugno corazzato sulla mappa strategica. Dalle più recenti informazioni pervenutegli dagli esploratori a cavallo, il nemico turco aveva schierato altri 4 eserciti per fermare la sua avanzata verso Siva, di cui uno comandato dal governatore stesso della città, un nobile turco della dinastia Kutalmish.
Il suo esercito era ormai in viaggio da un anno e sei mesi dalla mitica vittoria nella pianura del vecchio thema di Sebasteia.
Gli uomini erano stanchi, affamati e nervosi.
Solo da due giorni si erano accampati per riposarsi e rifocillarsi un po'.
Ma, da quanto pareva quella mattina di febbraio del 1170, erano finite le ultime provviste di cibo ed acqua, e i soldati si stavano disperando.
Alessio uscì fuori dalla tenda per scrutare l'orizzonte.
Aveva richiesto dei rinforzi e dei viveri dal vicino Armeniakon, governato da Niceforo Paleologo, ma non aveva ricevuto più notizie dei rinforzi da quando Niceforo aveva acconsentito.
In più, era improbabile che fossero riusciti a raggirare gli eserciti selgiuchidi.
Il nobile si gettò sulle ginocchia in preda allo sconforto, e cominciò a piangere, in silenzio, senza contrarre la faccia e facendo solo scendere le lacrime lungo il viso, a macchiare la cappa porpora.
Continuò in questo stato per due buoni minuti, finchè non sentì in lontananza degli zoccoli e delle ruote di carro.
Allora si alzò e con la gioia con il quale un bambino vede arrivare il padre dopo una stagione di guerra, urlò:
-Sia ringraziato Dio, Sommo ed Onnipotente! Soldati, sono arrivati i rinforzi!-
A quelle parole, l'intero esercito si animò di colpo, e i primi sorrisi dall'inizio della spedizione comparvero.
Alessio corse, non sentendo quasi il peso dell'armatura, e si avvicinò al comandante del manipolo di soldati.
Esso si inchinò e gli disse di essere un rappresentante di Andronico Contostefano, inviato lì da Amaseia per aiutarlo nella presa di Siva.
-Ma come avete fatto ad oltrepassare gli eserciti musulmani? Una forza di queste dimensioni fa un certo baccano.-
-In verità, non abbiamo incontrato nessun turco, a parte qualche contadino, per la strada.-
A queste parole Alessio trasalì.
-Se non ne avete incontrato...sono GIA' QUI. Presto, tutti nella mia tenda, dobbiamo elaborare un piano d'azione. Tu!- comandò, indicando un arciere di Morea -fai riposare gli uomini e tienili pronti per la battaglia.-
-Si signore.- rispose lui.
Il romeo e il variago si avviarono verso la tenda porpora e vi si chiusero.
-Dalle nostre informazioni il nemico ha con se molta cavalleria da tiro, leggera e pesante. Non abbiamo abbastanza lancieri per resistere ad un attacco diretto. Ma ho visto dei pali nei vostri carri, non è vero?-
-Esattamente, signore. Ma non sono abbastanza per coprirci su tutti i lati dello schieramento, e i nemici non sono idioti. Idee?-
Alessio e il variago scrutarono la mappa.
-Potremo sistemarci su questa altura, a 2 milia da qui- suggerì il variago -in questo modo eviteremo cariche dirette.-
-Ma ci potranno sempre accerchiar...aspetta.-
Si avvicinò alla cartina, e sorrise lievemente.
-Potremo usare...questo- annunciò solennemente indicando un ponte sul fiume Tuz Golu.
-Con i pali acuminati potremo creare una vera e propria piazzaforte. Non le pare?-
-Assolutamente si signore.-
-Molto bene. Partiremo domani all'alba. Dobbiamo arrivare prima di quei maiali. E quando tutto questo sarà finito, mio padre potrà anche andare a farsi friggere nell'olio bollente con le sue prediche... oh, scusa, sto parlando troppo. Riposati e mangia, variago. A breve, si alzerà il sipario.-





Le luci del mezzogiorno avevano appena iniziato a splendere quando i preparativi per la battaglia furono pronti. I pali erano stati messi in posizione, i soldati avevano tutti affilato le armi alla mola e le armature erano lucidate, gli zoccoli dei cavalli erano ferrati e i loro proprietari armati e corazzati.
Alessio aspettava solo il segnale per mettersi in posizione.
Tale fu un esploratore su un cavallo snello che urlava "TURCHI! TURCHI!".
Il comandante avviò le truppe in formazione.
Era finalmente iniziata la resa dei conti finale.
Alessio si girò e vide un arciere sbracciare.
-Comandante! Arrivano aldilà del ponte!-
Alzò lo sguardo. Effettivamente dei Fursan leggeri stavano attraversando il ponte di gran carriera.
-Lancieri! In posizione!-
I lancieri della guarda basilicale si disposero appena in tempo per frenare la carica diretta verso gli arcieri.
Essi si ritrovarono bloccati dentro un muro di lance e spade, che non tennero molto a lungo, e si dileguarono con la stessa velocità con il quale erano arrivati.
-Sono scappati come bambini davanti ad un cane rabbioso, ma restate in posizione uomini, ora arriva la parte difficile!-
La parte difficile era un esercito di cavalieri corazzati e di arcieri, che stava correndo, assetato di sangue, contro il giovane condottiero.
Più avanti di tutti stavano dei Fursan Ghilman che puntavano proprio contro di lui.
-Cavalieri! A me, intercettiamoli!- gridò per sovrastare il rumore degli zoccoli, mentre spronava il destriero alla carica.
Improvvisamente però, i Fursan si volsero indietro, e Alessio fece in tempo solo a vedere i cavalleggeri turchi che eludevano le punte e andavano dritti contro gli arcieri, a costo di una scarica di frecce, ma riuscendo a decimarli e a riempire di cadaveri l'inizio del ponte.
-No! NO!-
Nel frattempo la guardia dell'emiro turco avanzò inesorabile verso i lancieri, impegnati in combattimento con i cavalleggeri,
e caricandò ne uccise la metà.
Alessio, in un impeto d'ira, andò da solo contro di lui, spingendo la sua guardia a seguirlo ad almeno a due passus di distanza. Prese la sua spada dal fodero e ingaggiò un duello mortale contro l'emiro.
-Oggi morirai, pagano! Gaaah!- gli inveì contro, ed iniziò a colpire il suo scudo tondo.
L'emiro non disse nulla, e continuò a parare i suoi colpi, fino a quando, trovando una apertura nella sua guardia, gli portò via la spada con un colpo secco di elsa.
Alessio, non avendo altra arma, usò il suo scudo a goccia per colpirlo. Piantandogli la parte rastremata dello scudo nel bulbo oculare, lo accecò per un secondo, per poi trafiggergli il cuore con la stessa modalità.
Il turco, conscio della sua morte imminente, con le ultime forze che gli rimasero calciò il cavallo di Alessio, che si infilzò sulle palizzate e lo sbalzò da cavallo, facendogli battere violentemente la testa, e facendogli perdere i sensi.



-Il mio cavallo! Tu, lurido figlio di una vacca sgraziata, la pagherai cara!-
Alessio gridò questo prima di aprire gli occhi e trovarsi davanti un anziano medico da campo che lo guardava con occhi sbalorditi e spaventati.
Alessio morì di vergogna.
Il medico si alzò, farfugliò qualcosa al suo apprendista e, uscendo dalla tenda, borbottò del fatto che non aveva più l'eta per certe cose.
L'assistente rivolse la parola al nobile giovane:
-Sembra che tu abbia fatto una bella caduta. Ma fortunatamente siete atterrato nella terra morbida, e non avete riportato grandi ferite, a parte uno squarcio superficiale nel retro della testa.
Oh, pare che una persona bionda e nerboruta voglia parlare con te, mio signore.-
-Grazie, giovane, ora puoi andare.-
-Non posso signore, devo vigilare le sue condizioni, controllare il battito del cuore e...-
-Vai.-
-Si signore...-
Detto ciò uscì dalla porta e chiamò il variago.
Egli entrò nella tenda, si inginocchiò, e sussurrò nell'orecchio di Alessio:
-Oggi siete fautore di un'altra grande vittoria, di come non ne ho mai viste nei miei anni di servizio. Dovreste andarne fiero, sono quasi 35 anni che combatto.-
-Sono ancora frastornato...che fine ha fatto l'altro esercito?-
-Oh, erano solo arcieri e fanteria pesante di poco conto. I cavalieri gliele hanno suonate.-
Alessio, incredulo, provò ad alzarsi, ma l'afflusso di sangue lo indebolì e lo costrinse di nuovo a terra.
-Dovete riposare, Alessio Ducas. Dovrete essere in forma per prendere una città.-
-Lo so, grazie per l'interessamento per le mie condizioni...-
rispose stancamente il giovane.
Mentre il variago si stava per allontanare dalla tenda, Alessio gli chiese quale fosse il suo nome.
-Il mio nome? Potete chiamarmi Harold. Se avrete bisogno di un braccio destro, potrete chiamarmi senza esitazione.-
Detto questo Harold uscì dalla tenda e andò vicino al fuoco insieme agli altri soldati.
Alessio, ormai rilassato, riposò profondamente, sognando di diventare sacerdote.
total wer
00domenica 1 novembre 2015 20:25
, non se ne vedono + di campagne raccontate cosi bene e con questo entusiasmo !!bravo!
MI RACCOMANDO non fermarti "
ciao [SM=x1140429] [SM=x1140429] [SM=x1140429] [SM=x1140497]
+ Mather +
00domenica 1 novembre 2015 22:24
Eccezionale ! [SM=g27960]
Scorpionz467
00domenica 1 novembre 2015 23:01
Grazie a tutti, non immaginavo un tale successo. Grazie ancora!
-witchking-
00giovedì 5 novembre 2015 22:47
Leggo tutto di un fiato solo adesso. Bel racconto!!! in continuo miglioramento con l'avanzare dei capitoli ... avanti così! [SM=x1140522]
Scorpionz467
00venerdì 6 novembre 2015 18:33
CAPITOLO 8- COMING SOON- SABATO 7 NOVEMBRE
Scorpionz467
00sabato 7 novembre 2015 18:09
Capitolo 8
Dal mare e dalle steppe
- Parte 1
1174, Monemvassia

La sera era ormai giunta, ed il sole era appena tramontato dietro l'orizzonte blu cobalto del mare peloponnesiaco.
Tutti i marinai avevano appena ormeggiato le navi e si stavano dirigendo alla locanda più vicina, per godersi una notte in compagnia di belle ragazze e boccali di vino e idromele. Tutti, si, tranne uno.
Costui era Ariberto, un veneziano da parte di padre, e isaurico dalla parte di madre.
Non era molto avvezzo alla vita festosa degli altri lupi di mare.
Era più una persona calma come il mare in una giornata senza un alito di vento, e come passatempo dopo il lavoro preferiva pescare o gettare sassolini nell' acqua, piuttosto che andare ad ubriacarsi. D'altronde, era sempre stato astemio, ed uno di quelli zelanti. Ciò lo rendeva leggermente antipatico al resto della ciurma, nonostante fosse molto spiritoso e di animo leale.
Suo padre, prima di lasciare il mondo terreno per abbriacciare l'aldilà, soleva dirgli "tu, figlio mio, avresti dovuto fare il cavaliere", purtroppo però la sua famiglia, per quanto fosse benestante, non poteva comprare le costose armature dei cavalieri occidentali, tantomeno un cavallo, per cui il sogno di suo padre restò, ahilui, nel cassetto fino alla sua morte.
Ed ecco quindi affacciarsi il sogno della madre, ovvero che Ariberto diventasse, prima o poi, un ammiraglio.
E destino volle che neanche sua madre potesse veder realizzato il suo pronostico sulla vita del figlio, giacché morì di lebbra poco dopo che Ariberto ebbe raggiunto la maggiore età.
E così, preso dallo sconforto per non aver soddisfatto i suoi genitori, che lo avevano cresciuto al massimo della loro disponibilità, il ragazzo vendette le attività di famiglia e cercò fortuna nella patria di sua madre, l'impero di Bisanzio.
Lì aveva trovato moglie, la quale, per quanto non fosse ricca, compensava con una aggraziata bellezza.
Per mantenere lui, la moglie, e il loro futuro figlio, Ariberto dovette iniziare a lavorare, in quanto i soldi, tra il viaggio e l'acquisto della casa per la sua famiglia, erano ormai finiti.
E così lo si trovava lì, ormai trentenne, quella notte, come al solito, a lanciare sassolini nell'acqua, al chiaro di luna.
Dalla locanda poco dietro la banchina si udivano i cori stonati, ma felici, delle varie ciurme.
C'era chi cantava in genovese, chi in fiorentino, chi in veneto e in greco.
Avrebbe potuto unirsi alla festa, ma quelli erano i suoi gusti, e non poteva fare niente per cambiarli.
Mentre finì di gettare sassolini, si fermò un attimo a scrutare l'orizzonte. La luna splendeva alta nel cielo, e ciò aveva formato un cono di luce sull'acqua scura.
C'era una sola cosa fuori posto, però: luci che ballonzolavano vicino al promontorio.
"Navi? Non è possilbile, siamo rientrati tutti...di chi saranno?"
si interrogò.
Gli si pararono davanti due opzioni: la prima era lasciar perdere e tornare a casa da sua moglie, la seconda era chiedere se l'inglesino aveva fatto in ritardo di nuovo.
L'inglesino, tale Jack Baker, era un mercante britannico naturalizzato greco, che era spesso in ritardo poiché la sua nave aveva la prua mezza storta, e nelle giornate in cui non c'era molto vento faceva fatica a manovrarla, per mancanza di compensazione delle forze.
Decise di fare la cosa giusta, e, controvoglia ma non a malincuore, si diresse alla taverna.
Aprì la porta, schiarì la voce e chiese, in italiano e poi in greco:
-Jack ha fatto ancora in ritardo? Vedo luci all'orizzonte.-
Al contrario delle aspettative, Jack emerse dalla calca e parlò:
-I'm here! Stavolta sono tornato presto, e domani dovrei chiamare il carpentiere per sistemare la prua. Wait a second, hai detto che hai visto luci all'orizzonte? Strano, molto strano.-
-Andiamo a controllare!- disse in un angolo remoto della taverna una voce dall'accento pisano.
Uscirono tutti, per poi ritrovarsi orribilmente sorpresi:
Una decina di navi veneziane avevano, a forza di remi, raggiunto il porto e lo avevano bloccato.
Tutti i marinai, i mozzi e i comandanti restarono con un palmo di naso.
-Eehm, Berto, non credo che siano i tuoi parenti venuti a farti visita- appuntò un mozzo suo compagno di ciurma.
Ariberto non rise alla battuta, anzi, fece notare a tutti una cosa, ovvero che non sarebbero stati pagati se non avessero portato in tempo tutti i viveri a Dyrrachion entro il giorno seguente.
-Diamine! Berto ha ragione! Andiamo subito ad avvisare il governatore! Troverà un modo per liberarci da queste navi!-
Ariberto replicò:-Non farebbe in tempo, nella migliore ipotesi le navi arriverebbero dopo due mesi. Dobbiamo inventarci qualcosa ora...un momento! Ho un'idea...-. Finito di parlare, corse alla banchina e levò gli ormeggi ad una scialuppa. Tornò con dei giganteschi rotoli di tessuto, delle vele con lo stemma della marina bizantina.
-Possiamo usare queste. Vi ricordate quando Contostefano ci affibiò queste navi? Ebbene, le conosco da cima a fondo e sono nient'altro che navi militari riarrangiate a navi mercantili.
Dal momento che siamo in netta superiorità numerica, e che non hanno visto le vele originali delle nostre navi, potremmo metterli in fuga!-
-E' un'idea ridicola! Nessuno crederà a questo stratagemma!-
tuonò una voce dall'accento genovese.
-E invece io dico che funzionerà! I trust him!- gli rispose Baker.
Alla fine si creò un baccano infernale. Chi diceva di andare, chi diceva no, chi era indeciso, chi era disperato, chi su, chi giù.
Allora, stanco di queste lamentele, fece per riprendere la scialuppa, mise le dita in bocca e fischiò fortissimo.
Appena ci fu il silenzio, annunciò che se non sarebbero venuti con lui, lo avrebbe fatto da solo.
Detto ciò, si avviò alla sua barca, dopo qualche minuto la raggiunse, issò e false vele e , prendendo da solo due remi molto lunghi, fece per remare.
Alla vista di quella scena, Baker si girò verso la folla stupefatta e gridò:
-Vergognatevi, lo state facendo andare da solo! Siete uomini o topi? Lui sta lottando per mantenere la sua amata e il suo figlio nascituro! Lui è un vero Lion Heart, voi di più like sheeps. Io lo seguo!-
E si avviò, seguito a breve da uno, poi tre, poi dieci, poi trentacinque, e poi tutti i marinai, oltre un centinaio.
Insieme issarono le vele false, e andarono incontro alle navi veneziane.
Baker salì sulla barca con Ariberto e gli disse "Together", per poi remare insieme a lui.
Alla vista di almeno una trentina di barche, le navi veneziane cascarono nel tranello, e scomparvero oltre il promontorio, inseguite dalle navi militari fasulle.
Dopo che furono scomparse all'orizzonte, i navigatori, festosi, rientrarono ai moli e cominciarono a festeggiare.
Continuarono a ballare per una buona ora, fin quando la vicina di casa di Ariberto lo chiamò disperata.
-Berto! Berto!-
-Cosa c'è Agnese? E' successo qualcosa?-
-Ad Arianna...si son rotte le acque! Ho già chiamato l'ostetrica, ma vuole averti accanto durante...-
Non riuscì a finire, poiché ormai Ariberto era partito a grandi falcate verso tre cose: la sua casa, sua moglie, e suo figlio.
Scorpionz467
00sabato 14 novembre 2015 22:40
Capitolo 8
Dal mare e dalle steppe
-Parte 2

Ad Adrianopoulis, quel fiacco pomeriggio di ottobre, si respirava aria gelida, quasi dolorosa da respirare.
Il cielo era nuvoloso e le nuvole si muovevano a poco a poco, e ogni tanto il sole faceva capolino tra esse.
In mezzo a questo clima uggioso, la vita nella città procedeva normalmente. I contadini vendemmiavano gli ultimi acini d'uva e le portavano al mulino, gli artigiani accendevano i camini nelle loro botteghe per farsi calore, e i venditori al mercato erano imbacuccati in lana dalla testa ai piedi.
Andronico Comneno osservava questo paesaggio dalla finestra del palazzetto che aveva fatto edificare nel centro per i governatori cittadini.
Andronico prese un dolce dal vassoio e lo mise in bocca, assaporandolo di gusto.
-Mmm...questo dolce è delizioso! Come hai detto che si chiamava?-
domandò al cuoco in piedi dall'altra parte della stanza.
Il cuoco, con accento tedesco, gli rispose che si chiamavano krapfen, ed erano un dolce tedesco.
Andronico ne prese un altro, lo addentò e, bofonchiando, gli comandò che da ora in poi per le colazioni successive avrebbe voluto solo quelli.
-Ma, Synbasileus, questi dolci sono si buoni, ma anche dannosi per la salute, se mangiati troppo. Ne è sicuro?-
-Senza alcun dubbio. Ormai mi rimane poco da vivere, lasciami almeno qualche sgarro prima di passare al piano di sopra!-
Dopo questa frase, rise di gusto e continuò a mangiare i krapfen.
Dopo che ebbe finito il vassoio, chiamò il servo a portarlo via, e si affacciò ancora alla finestra. Stava ormai cominciando a far buio, e le persone stavano facendo rientro alle loro case.
Dopo un po' entrò un servo, che, molto solennemente, iniziò ad annunciare l'arrivo di Manuele, ma venne subito interrotto dallo stesso Manuele, che lo congedò frettolosamente.
-Cugino! Che piacere rivederti!- lo salutò cordialmente Andronico.
-Non ora, devo dirti una cosa della massima priorità.-
-Ma sei mio ospite, dovrò pure offrirti qualcosa.-
-No, davvero, ne devo parlare al più presto possibile.-
-Non essere frettoloso, posso chiedere al cuoco di preparare-
-Andronico, io sto morendo.-
Nella stanza cadde un silenzio tombale. L'aria intorno ai due parve fermarsi, e Andronico cadde in uno stato quasi catatonico per pochi, ma per lui interminabili, secondi.
-Cosa...cosa dici?-
-Da qualche tempo ho perso sensibilità al braccio destro. I medici a corte mi hanno diagnosticato la lebbra. Non resterò su questo mondo ancora per molto, e nemmeno tu. Devo scegliere un erede.-
Infatti Manuele non aveva avuto figli maschi, e sua moglie era morta di malaria tre anni prima. Lui, dal dolore, non si era voluto risposare.
Perciò, per avere un erede diretto, aveva mandato in Occidente le sue due figlie, nella speranza di trovare un candidato al trono di Bisanzio.
Sua figlia minore aveva posto i suoi interessi in uno scapolo cattolico, veneziano, della dinastia Morosini.
La maggiore, invece, su un ungherese della dinastia Arpad.
-Dobbiamo portare nuovo sangue, nuovi modi di combattere. Solo così potremo portare l'Impero agli antichi fasti.-
-Sai come la pensano gli altri nobili sui Franchi. Li vedono come genti rozze e barbare, come li vedevano i nostri antenati, quasi seicento anni fa. Non accetteranno di buon grado questa scelta.-
Mentre stavano parlando, la campana del villaggio suonò.
-La messa vespertina è finita da un pezzo. Può essere che...-
pensarono entrambi, catapultandosi fuori.
Con orrore, si accorsero che un'infinità di torce erano accese fuori dalle mura di legno.
Gli arcieri miliziani si erano già appostati sulle mura, ma data la scarsa visibilità, non riuscivano il più delle volte a centrare il bersaglio, finendo come puntaspilli.
Manuele evitò una freccia vagante, la raccolse, la esaminò, e impallidì.
-Sono frecce... Qipciaq.-
-Quei bastardi pagani! Ho saputo che hanno attaccato anche i nostri alleati Vladimir, partendo da Olese. Giovanni, da Sardika, ha ordinato a Alessio Paleologo di preparare un esercito. Ora i cani sono venuti qui...-
-Dobbiamo combattere.-
-Ma sei forse impazzito? Saranno quasi 1800 uomini, noi ne abbiamo a malapena 500, se sommiamo alle nostre forze questi arcieri.
E' meglio fuggire, finchè siamo in tempo.-
Manuele guardò Andronico in modo biasimante.
-Ricordi quando a palazzo abbiamo studiato il Digenis Akritas, vero? Ebbene, disonoreremo la memoria dei nostri avi, la nostra cultura, e l'onore dei Romani se fuggiamo. Se dobbiamo morire, che sia qui, e adesso.-
Andronico rimase ammutolito. Manuele si girò, e con grandi falcate raggiunse la sua guardia già pronta.
Poco dopo il cugino si mosse e armò la sua, e quando entrambe furono pronte, uscirono dalle mura lignee.
I guerrieri Qipciaq, quando videro gli stivali porpora e l'aquila bicefala, rabbrividirono.
Il comandante cumano li rassicurò, sbraitando qualcosa in una lingua barbara ed incomprensibile. Manuele e Andronico, uniti come Ulisse e Diomede, si gettarono in una mischia furibonda.
Li, turbinii di spade e clangori di armature, zoccoli e nitriti di cavalli. A pieni colpi, di qua e di là si ammazzavano,e tagliavano continuamente tutte le via di fuga ai nomadi delle steppe.
Il massacro continuò da ambo le parti fino al tramonto, quando alla fine la testa del capo qipciaq rotolò al suolo.
L'orda si dileguò con la stessa velocità con la quale era arrivata, nella luce del tramonto.
Andronico, impetuoso e festante cercò Manuele per congratularsi e festeggiare.
Lo trovò poco distante da lui, nella penombra, silenzioso.
-Oh gaudio! Abbiamo vinto! Abbiamo scacciato gli odiosi pagani dalle nostre terre!- disse felice.
-Sia lodato...Dio...-
-Manuele? Cugino? Cosa...?-
-Guida...l'impero...-
Manuele cadde da cavallo e stramazzò al suolo.
Andronico si fece portare subito una torcia, e mandò a chiamare un medico.
Quando la torcia arrivò, assistette all'orrore più grande della sua vita.
Il corpo di Manuele era orribilmente mutilato del braccio destro e del setto nasale.
Quando il medico arrivò, fu ormai chiaro che la vita di Manuele era stata inviata al giudizio celeste.
Dio stesso sembrò disperato per la triste dipartita del monarca ormai leggendario, al che si mise a piovere terribilmente, con fulmini che parevano squarciare il cielo e la terra stessa.
Andronico cadde sulle ginocchia per lo sconforto, e pianse amaro, così come tutta la città, che dalla gioia per la vittoria era passata al lutto di una morte ingiusta, e immeritata.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:27.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com