Creature fatate: la Cerva Fatata

Nel suo bellissimo «Per le vie dell’altro mondo», Carlo Donà in parte riassume e in parte cita un poema di Erasmo da Valvasone, «La caccia» (1591), che «conserva fedelmente parecchi motivi evidentemente molto arcaici». Infatti nel Canto Quarto si narra di come Arthur, a caccia nella foresta, insegue una Cerva fatata, con le corna di rubino, gli zoccoli di ferro e il mantello di puro oro fulgido, che lo guida all’interno di una grotta, e poi, luminosa nell’oscurità, rischiarandogli il cammino, lo precede fino a una Ninfa, la quale a sua volta lo conduce «per numerose splendide caverne, dove […] può ammirare alcuni dei più stupefacenti misteri della natura», e infine lo affida di nuovo alla Cerva che lo accompagna a uno splendido castello sulla sommità di un monte, dove è accolto da Morgana, che gli dona una spada con l’elsa ricavata dalle corna della Cerva stessa: rimirandosi in essa, il re potrà scorgere i propri difetti e scoprire la via per emendarsi. Quando Arthur le domanda come potrà ritornare al castello a trovarla, Morgana risponde:

«Potrai tu soddisfar a la tua brama
quando la nobil Cerva abbi per Duce:
la Cerva, che di gemme il corno inrama,
a qualche Fata l’uom sempre conduce:
e se scoperta vien senza altro indugio
a qualche Fata ella ha tosto rifugio.

«La cerva è delle fate, e le son note
quante ne stanno tra l’occaso e l’orto,
tra il fervido Austro, e le gelate rote,
e vaga quinci e quindi a suo diporto:
s’è chi la trova, non a le rimote,
ma se ne va per lo cammin più corto
a quelle, ch’a più presso,
e non appare se non a nobil gente,
e d’alto affare».

Per trovare le tracce della cerva, Morgana fornisce al re un piccolo cane. Anche i versi sul cane mi sembrano importanti, e li riporto nella discussione sul Cane.

Così, la Cerva fatata può quindi vagare ovunque, sa dove si trovano tutte le Fate, e conduce alla più vicina chi è nobile, cioè chi è abbastanza Fortunato e degno per meritarlo. Non è bello?