*** BANKITALIA: CONSIGLI DA HARVARD, BOCCONI, E CHICAGO

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INES TABUSSO
00giovedì 25 agosto 2005 08:07

Molto chiaro, molto semplice, da conservare. Segue il testo dell'appello
a Ciampi:


24/08/2005
"IL SOLE 24 ORE", Pag. 1
LA RIFORMA CHE FAZIO NON PUO' FARE
di: ALBERTO ALESINA, GUIDO TABELLINI, LUIGI ZINGALES

Che cosa succederà alla riunione del Cicr di venerdì? Alcuni auspicano che
il Governo proponga un limite al mandato del Governatore della Banca d'Italia,
magari suggerendo ad Antonio Fazio di dimettersi. Altri più realisticamente
si aspettano che sia lo stesso Fazio a proporre una riforma della governance
di Banca d'Italia. Entrambe le soluzioni sarebbero inadeguate. Il problema
della Banca d'Italia non è tanto l'attuale Governatore nè solo il mandato
a tempo indeterminato. È una questione che riguarda l'intero sistema di governance
e coinvolge tutti i vertici della Banca centrale.
Che il problema non si limiti a Fazio l'abbiamo appreso non solo dalle intercettazioni
telefoniche, ma anche dal silenzioso assenso dei vertici della Banca. Non
una voce di dissenso dal direttorio, non un minimo gesto teso a ostacolare
l'operato del Governatore. Le inchieste giudiziarie comunque hanno confermato
la presenza di forti professionalità.
Dipendenti come Claudio Clemente e Giovanni Castaldi, che hanno fatto il
loro dovere nonostante le pressioni in senso contrario dei superiori, fanno
onore non solo a loro stessi ma anche all'istituzione per cui lavorano. Il
corpo della Banca d'Italia è sano, ma per rilanciarne la credibilità è necessario
riformare l'istituzione e rimuovere i vertici senza ritardi o esitazioni.

Il problema di governance non si riduce al mandato a tempo indeterminato.
Paradossalmente un termine al mandato, senza alcuna altra riforma, potrebbe
peggiorare le cose invece di migliorarle. Per capirlo è necessario riflettere
su come la nascita dell'euro abbia cambiato le funzioni della nostra Banca
centrale.
Quando la Banca d'Italia decideva la politica monetaria del Paese, la sua
indipendenza dal potere politico era essenziale. Solo questa indipendenza
garantiva che l'offerta di moneta fosse regolata da criteri economici e non
elettorali. Ora però questa competenza è stata delegata alla Banca centrale
europea.
Alla Banca d'Italia rimangono solo le competenze di sorveglianza e di antitrust
bancario. In questa situazione il rischio principale non è l'influenza indebita
del potere politico sulla Banca d'Italia, ma l'influenza delle altre banche
sull'Istituto centrale.

Tutte le autorità regolatrici rischiano di essere catturate e gestite nell'interesse
dei regolati. Il rischio è ancora maggiore per un organismo ( come la Banca
d'Italia) che oggi è posseduto dai suoi regolati ( le banche).
Per evitare che questo accada sono necessarie tre condizioni: ! la nomina
dei vertici non deve essere influenzabile dal sistema bancario e deve essere
riconducibile a una chiara responsabilità politica; " i processi decisionali
della Banca devono essere più trasparenti e collegiali;# si devono definire
periodi di incompatibilità per evitare le cosiddette " revolving door", ovvero
la possibilità dei regolatori di farsi assumere dai regolati alla fine del
mandato.
Come i commissari Consob non sono nominati dalle società quotate, così la
proposta di nomina del Governatore non può nascere dall'elezione da parte
di un Consiglio nominato dalle banche. La sua nomina deve essere interamente
politica, con responsabilità chiare e trasparenti, come avviene in praticamente
tutte le moderne democrazie. E il Governatore deve rendere conto del suo
operato alle istituzioni politiche, non all'assemblea dei suoi azionisti.
Questo richiede un cambiamento della struttura proprietaria della Banca,
a cui peraltro i suoi maggiori azionisti si sono già dichiarati disponibili.
Il secondo cardine di una seria riforma della governance della Banca d'Italia
riguarda la trasparenza e la collegialità delle decisioni. Oggi il Governatore
opera come un monarca assoluto. Ciò rende molto difficile impedirgli di sbagliare.
Nella maggior parte degli altri Paesi invece le decisioni sono collegiali
e trasparenti. Sarebbe stato più difficile per Fazio autorizzare l'acquisizione
di AntonVeneta da parte della Popolare italiana contro il parere dello staff
se questa decisione fosse stata presa da un Direttorio in cui anche gli altri
membri votano e rispondono del proprio operato. È quindi necessario creare
un vero consiglio direttivo, dove tutti i consiglieri siano responsabili
e debbano rendere conto delle loro decisioni.

Naturalmente, una riforma deve anche prevedere un termine al mandato.
Ma, soprattutto se breve, un mandato a termine aumenta la dipendenza del
Governatore dal sistema bancario. Ci sarebbe il rischio o anche solo il sospetto
che i governatori distribuiscano favori alle banche per assicurarsi un posto
alla fine del mandato. Il mandato a termine, quindi, deve essere accompagnato
dalla proibizione per gli ex governatori ad assumere qualsiasi impiego retribuito
nel sistema bancario per un certo numero di anni, più di cinque ad esempio.
Ma anche se resa propriamente indipendente, la Banca d'Italia non è nelle
condizioni di operare nell'interesse del Paese fintantochè oltre che della
vigilanza è anche responsabile della tutela della concorrenza. C'è un'incompatibilità
essenziale tra queste due attività: chi ha a cuore la stabilità teme la concorrenza.
E siccome gli effetti dell'instabilità ( una crisi bancaria) sono più visibili
( anche se non necessariamente più dannosi) degli effetti provocati dalla
mancanza di concorrenza, un'autorità con entrambi i compiti finirà per preferire
sempre la stabilità a danno della concorrenza. In un sistema bancario scarsamente
concorrenziale come il nostro questo è un lusso che non possiamo permetterci.
Una seria riforma, quindi, deve sottrarre la concorrenza alla Banca d'Italia
e affidarla all'Antitrust.

Questi principi di governance costituiscono la normalità nel resto del mondo.
Ma è impensabile che possano essere accolti in un'" autoriforma" che nasca
su iniziativa della stessa Banca d'Italia. Come è possibile immaginare che
i vertici di un'autorità indipendente ( e soprattutto questi vertici) propongano
di ridurre i loro poteri, aumentare la loro accountability ,ridurre l'autoreferenzialità
dei meccanismi di nomina, porre limiti alle opportunità future di carriera?
Sarebbe una follia lasciare gestire a Fazio la riforma della governance.
Eppure, oggi questo sembra essere l'esito più probabile. È difficile capire
perché i politici che ci governano, sempre ansiosi di protagonismo, in questa
occasione vogliano abdicare alle loro responsabilità e lasciare che sia la
Banca d'Italia ad " autoriformarsi". Probabilmente, essi sperano che ciò
possa aiutare il Governatore a uscire di scena con più decoro. Ma la credibilità
delle istituzioni è cosa ben diversa e più importante delle questioni individuali.
Quando le rivelazioni degli astronomici compensi pagati al presidente del
New York Stock Exchange, Richard Grasso, minarono la fiducia del mercato
nella governance della Borsa di New York, la riforma non fu certo affidata
a lui. Un outsider di prestigio ( John Reed) fu nominato presidente pro tempore,
tutti i consiglieri di amministrazione si dimisero e costui ridisegnò la
governance del Nyse. Così si ristabilisce la credibilità delle istituzioni,
non cercando di salvare la faccia di chi questa credibilità ha dilapidato.
24 agosto 2005




L'APPELLO
Caro Presidente, sulla crisi di Banca d'Italia intervenga lei
L'invito di Alesina e Zingales sottoscritto da oltre 250 economisti. Continua
la raccolta delle firme.
E' in gioco la qualità di una delle massime istituzioni dello Stato, ne va
dell'immagine del nostro Paese, della sua credibilità. Gli economisti Alberto
Alesina e Luigi Zingales sollecitano il Presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi a intervenire nella crisi ai vertici della Banca d'Italia
per promuovere un cambiamento e una riforma della governance. L'appello,
lanciato domenica 7agosto sulle colonne del Sole 24Ore è stato sottoscritto
da oltre 250 tra economisti e dirigenti e manager di imprese.
Molti sono poi lettori che si sono definiti «non economisti» e hanno sottolineato
il loro spirito di «semplici cittadini» e manifestato il plauso per l'iniziativa
condividendone lo spirito e le finalità. A loro va il nostro ringraziamento.




L'APPELLO
Caro Presidente, intervenga Lei
di Alberto Alesina e Luigi Zingales

Illustre Presidente,
ci rivolgiamo a Lei, come massimo garante delle istituzioni e dell'immagine
del nostro Paese, per chiederLe di intervenire nella crisi ai vertici di
Banca d'Italia. Come economisti siamo consapevoli dell'importanza che la
qualità delle istituzioni e la loro immagine interna ed esterna hanno sul
funzionamento e la competitività di un sistema economico. Il comportamento
protezionistico, anticompetitivo e parziale tenuto dagli attuali vertici
della Banca d'Italia di fronte alle Opa di banche straniere ha gravemente
incrinato la fiducia degli operatori nei confronti della Banca centrale e
seriamente ferito l'immagine del nostro Paese all'estero.
Per restaurare la fiducia Le chiediamo di intervenire per promuovere un rapido
cambiamento dei vertici di Banca d'Italia e una riforma della governance
che la aiuti a rimanere indipendente dal sistema bancario e la renda conforme
agli attuali assetti delle istituzioni europee.
Questa è una riforma importante e urgente che non può essere lasciata ai
giochi dei partiti, ma deve essere frutto di un accordo super partes. Per
questo ci rivolgiamo a Lei come Presidente di tutti gli italiani, ma anche
come ex governatore, e come economista.
Come primo cittadino che ha a cuore le sorti del nostro Paese La preghiamo
di intervenire prima che questo danno di immagine distrugga una delle grandi
istituzioni del nostro Paese.

L'appello al Presidente della Repubblica è aperto a tutti gli economisti
che vogliano aderire.
7 agosto 2005




L'APPELLO
Ma il Quirinale non può intervenire
di Francesco Giavazzi, Marco Pagano, Luigi Spaventa

Caro direttore, condividiamo lo spirito e i contenuti dell?appello di Alberto
Alesina e Luigi Zingales al Presidente della Repubblica, pubblicato sul Sole-24
Ore del 7 agosto. Non riteniamo tuttavia che esso possa essere rivolto al
Presidente della Repubblica: la nostra non è una Repubblica presidenziale,
il Presidente, anche se firma nei casi previsti i decreti di nomina, non
ha potere di revoca; né ha il potere di intraprendere o anche promuovere
un?iniziativa legislativa.
A chi dovrebbe essere rivolto questo appello? Anzitutto al diretto interessato,
affinché si renda conto dei gravi danni che i suoi comportamenti hanno provocato
alla credibilità del Paese e della Banca; poi, in assenza di un?iniziativa
spontanea, al Consiglio generale della Banca d?Italia, che, secondo Statuto,
ha il potere di convocarsi per invito del più anziano dei suoi membri e può
deliberare, con la maggioranze dei due terzi, la revoca del Governatore;
in terzo luogo alla Banca centrale europea, che ha stabilito norme di comportamento
rigorose per i membri del Consiglio del quale il dott. Fazio fa parte; e
infine al Governo che ben potrebbe significare la sua posizione sulla materia,
dando mandato al ministro dell?Economia di esternarla nella prevista riunione
del Cicr e soprattutto assumere un?iniziativa legislativa, anche in forma
di emendamenti al disegno di legge sul risparmio, che preveda un mandato
a termine per il Governatore (con una norma transitoria di automatica decadenza
qualora egli abbia già compiuto il nuovo termine previsto dalla legge), il
trasferimento delle competenze di antitrust all?Autorità garante e una più
trasparente disciplina dell?esercizio della vigilanza in materia di fusioni
e di acquisizioni di aziende bancarie.




Siamo lieti che anche Giavazzi, Pagano e Spaventa (come altri 48 economisti
italiani sparsi per il mondo e riportati qui) condividano il nostro appello.
Ci dispiace solo che Giavazzi, Pagano e Spaventa ne abbiano frainteso la
natura. Sappiamo benissimo quali sono le istituzioni con l?autorità formale
di rimuovere il Governatore, ma siamo anche ben consci che rivolgersi a esse
sarebbe stato inutile perché hanno già dato prova di non voler agire. Il
Governatore per la sua insensibilità al danno arrecato alla credibilità della
Banca d?Italia e del Paese. Il Consiglio generale della Banca d?Italia perché
nella sua storia non ha mai assunto un?iniziativa autonoma. La Banca Centrale
Europea perché ancora troppo giovane e non sufficientemente indipendente
dalle Banche centrali nazionali. Il Governo per le divisioni politiche al
suo interno che hanno forzato un rinvio a fine agosto della decisione del
Cicr. È per questo che, preoccupati dalla situazione, ci rivolgiamo, come
ultima ratio, alla massima autorità istituzionale e politica del nostro Paese,
consci che un Suo intervento avrebbe il potere di rompere lo stallo e richiamare
gli attori giuridicamente responsabili ai loro doveri.
Alberto Alesina
Luigi Zingales
9 agosto 2005


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