Dal latino
sirèna, dal greco
seiren. Le radici della parola sirena hanno tante radici significative in altrettante lingue come splendente, sole, lume, luna, attrarre, incatenare, canto, "suonare il flauto".
- Nome di esseri mitologici, il sui busto era di vaga donna e terminava in pesce, i quali avendo stanza sul lido del mare adescavano col soavissimo canto i naviganti, per poi farli naufragare.
Ebbero questo nome perché in origine furono il simbolo della pianta e lucida superficie del mare, sotto la quale stavan coperti gli scogli e i banchi di sabbia: donde la favola che fossero vergini fanciulle, le quali stanziate in un'isola colla dolcezza del loro canto attraessero a sè i naviganti e poi li uccidessero. Omero ne annovera due e le colloca in un paese immaginario: si poi furon comunemente tre lungo la costa meridionale dell'Italia (...) -
Dal dizionario etimologico:
www.etimo.it/?term=sirena
Figlie della divinità fluviale Acheloo, figlia di Teti e Oceano, e della musa Calliope.
Storie ancora più antiche le descrivono come figlie di Chthon, "la profondità della terra", e messaggere di Persefone, sovrana degli Inferi. Il loro compito era accompagnare l'anima dei defunti nel regno oltremondano, addolcendo quel passo con i loro soavi canti.
I vasi antichi le raffigurano metà uccelli e metà donne.
In quanto figlie di una Musa sono esperte nel canto e nella musica, sanno suonare la cetra e il flauto, ma è soprattutto la dolce voce a caratterizzarle.
Su un vaso antico ne è raffigurata una sola col nome di Imeropa, "voce suscitatrice di nostalgie".
Secondo le fonti omeriche sono due senza nomi specifici, più tardi diventano tre: Telsiepia (o Telsinoe o Telsiope) "l'Incantatrice", Aglaope (o Aglaofono o Aglaofeme) "Voce Meravigliosa", e Pisinoe (o Pasinoe) "la Maliarda".
Le Sirene adorate nella Magna Grecia sulle coste del Tirreno hanno i nomi di Partenope "la Vergine", Leucosia "la Dea Bianca" e Ligea "Chiara Voce".
Così discorre Circe avvertendo Ulisse:
Alle sirene giungerai da prima,
che affascin chiunque i lidi loro
con la tua prora veleggiando tocca.
Chiunque i lidi incautamente afferra
delle Sirene, e n'ode il canto, a lui
nè la sposa fedel, nè i cari figli
verranno incontro su le soglie in festa.
Le sirene sedendo in un bel prato,
mandano un canto dalle argute labbra,
che aleggia il passegger: ma non lontano
d'ossa d'umani putrefatti corpi
e di pelli marcite un monte s'alza.
Omero non le descrive esplicitamente come donne-uccello, forse perché dava per scontato che tutti sapessero che aspetto avessero.
Infatti, sembra che prima che donne-pesce, fossero donne-uccello.
Questo aspetto mi piace moltissimo e ci ritornerò sopra
Cosa cantano le Sirene?
« Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,
e ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce.
Nessuno è mai passato di qui con la nera nave
senza ascoltare con la nostra bocca il suono di miele,
ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose »,
lo invitano nel loro regno quando è legato all'albero maestro della sua nave.
E' un invito alla Conoscenza che di conseguenza scioglie i legami terreni e interrompe il viaggio nella vita per proseguire su sentieri più illuminati.
Il "suono di miele" è il Nutrimento dell'Anima.
In seguito non riescono ad attirarlo e, deluse, scompaiono sotto le onde. C'è qui un'incongruenza... se sono uccelli come fanno a sparire nelle acque? Una tradizione attesta che da sirene-uccello diventarono sirene-pesce gettandosi in mare, ma non è attestata.
Secondo lo studioso Kerenyi "esse erano le dee della morte e dell'amore a servizio della dea degli Inferi. In un certo qual modo la dea del regno dei morti era essa stessa morta. Le Sirene servivano la morte e dovevano morire esse stessa - così diceva un racconto - se la nave passava vicino e un equipaggio non cadeva loro preda. Esse si uccisero quando Odisseo e i suoi compagni poterono salvarsi".
Forse subirono una metamorfosi abbandonando le sembianze di uccello e vestendosi di squame?
O forse ritornarono nel loro regno incantato a fianco della Dea?
Come Odisseo anche Orfeo, nelle Argonautiche riportate da Apollonio Rodio, salva i suoi compagni:
La brezza favorevole spingeva la nave, e ben presto avvistarono
la splendida Antemoessa, isola in cui le canore Sirene,
figlie dell'Acheloo, annientavano chiunque
vi approdasse, ammaliandolo coi loro dolci canti.
La bella Tersicore, una delle Muse, le aveva generate
dopo essersi unita all'Acheloo; un tempo erano ancelle
della potente figlia di Deò, quando ancora era vergine,
e cantavano insieme con lei: ma ora apparivano in parte
simili a fanciulle nel corpo e in parte ad uccelli.
Sempre appostate su una rupa munita di buoni approdi,
avevano privato moltissimi uomini della gioia del ritorno,
consumandoli nello struggimento. Anche per gli eroi
effusero senza ritegno le loro voci, soavi come gigli,
ed essi già stavano per gettare gli ormeggi sulla spiaggia:
ma il Tracio Orfeo, figlio di Eagro, tendendo la cetra
Bistonia con le sue mani, fece risuonare le note allegre
di una canzone dal ritmo veloce, affinché il suono
sovrapposto della sua musica rimbombasse nelle loro
orecchie. La cetra vinse la voce delle fanciulle: Zefiro
e insieme le onde sospinsero
la nave, e il loro canto si fece un suono indistinto.
Una leggenda, riportata da Pseudo-Apollodoro, le vuole figlie di Acheloo e di Melpomene, un'altra Musa:
"Le Sirene erano figlie di Acheloo e di una delle Muse, Melpomene; si chiamavano Pisinoe, Aglaope e Telsiepia. Una di esse suonava la cetra, la seconda cantava, la terza suonava l'aulo: con questa musica persuadevano i navigatori a fermarsi. Dalle cosce in giù esse avevano la forma di uccelli. [...] Una profezia diceva che le Sirene sarebbero morte se una nave riusciva a passare: ed esse, infatti, morirono".
La versione riportata da Libanio che le descrive nate dal sangue del corno spezzato di Oceano da parte di Eracle, non la terrò in considerazione... via perchè più recente, via perchè a partire da questo eroe il patriarcato ha preso il sopravvento in ogni sua forma, mistificando ciò che veniva prima.
In
Elena di Euripide così la protagonista invoca:
« Voi, piumate vergini
figlie della Terra, voi
Sirene invoco, ai pianti miei
venite qua, col libico
flauto o con le cetre: siano per i miei
tristi lutti, consone lacrime,
pianti per pianti, per musiche musiche:
ai gemiti consoni complessi
Persefone mi mandi,
voci di morte, e da me con le lacrime
s'abbia un peana nel regno di tenebra omaggio
per i defunti sepolti là »
Si narra che Demetra le avesse punite per non aver impedito il ratto della figlia Proserpina.
Ma Le Metamorfosi di Ovidio offre un'altra spiegazione alla loro natura e al loro destino: esse chiesero di essere trasformate in uccelli per cercare in volo l'amica perduta.
« Lui certo può essersi meritato il castigo parlando
troppo e facendo la spia; ma voi, figlie dell'Acheloo, da da dove vengono
piume e zampe d'uccelli, quando avete volto di donna?
Forse perché Proserpina coglieva i fiori
primaverili, eravate nel numero delle sue compagne,
dotte Sirene? Dopo che inutilmente l'avete cercata per tutto il mondo,
avete desiderato, perché il mare sentisse la vostra pena
di potervi fermare sulle onde col remeggio delle ali,
e avendo il conseso degli dèi, avete visto
improvvisamente i vostri arti fiorire di penne;
ma perché il vostro canto, nato a blandire le orecchie,
e il tesoro della vostra bocca non perdesse l'uso
della lingua, vi restò volto di vergini e voce umana »
Dee dell'Amore e della Morte, sorelle della dea Proserpina.
Affollano la cultura greca fino a essere citate da Socrate e Platone, e poi nei bestiari medievali.
Platone così le descrive nella
Repubblica:
« Il filo ruotava sulle ginocchia di Ananke. Sui suoi cerchi, in alto, si muoveva insieme a ciascuno una Sirena, che emetteva un'unica nota, con un unico suono; ma tutte insieme formavano un'armonia. Altre donne, disposte in cerchio, ognuna sul suo trono a uguale distanza, erano le figlie di Ananke, le Moire biancovestite, cinte il capo di bende: Lachesi, Cloto e Atropo; e al suono delle Sirene Lachesi cantava il passato, Cloto il presente, Atropo l'avvenire ».
Quindi non solo semideee di una bellezza ultratterrena e dalla voce incantevole, ma anche donne sagge il cui canto risveglia il passato, racconta il presente e predice il futuro...
Plutarco ci racconta:
« Quanto alle Sirene di Omero, lo spavento che ci incute il loro mito non ha fondamento; al contrario anche questo poeta ci ha fatto intendere simbolicamente una verità, precisamente che il potere della loro musica non è disumano e funesto; nelle anime che hanno lasciato questo mondo per il cielo e vagano, come sembra, dopo la morte, questa musica suscita l'amore per le cose celesti e divine e l'oblio delle cose mortali, essa le possiede e le incanta con il suo sortilegio, ed esse piene di gioia, seguono le Sirene e si uniscono a esse nei loro movimenti circolari. Qui sulla terra una sorta di debole eco di quella musica ci raggiunge e, attraendo le nostre anime con il potere delle parole, suscita in esse il ricordo di quello che hanno sperimentato nella vita precedente. Le orecchie della maggior parte delle anime, tuttavia sono tappate e bloccate non dalla cera, ma da ostacoli e affetti carnali. Ma l'anima che per la sua buona natura si accorge e ricorda prova qualcosa in tutto simile ai più folli trasporti d'amore, sospirando e desiderano liberarsi dal corpo, ma incapace di farlo ».
Secondo la mitologia nordica il dio Aegir aveva una moglie incantevole e bellissima di nome Ran, la regina delle Ondine, o Sirene, conosciuta per la sua dolcissima e armoniosa musica, per il suo dono di leggere nel futuro e per le sue magie.
Le anime di coloro che perdono la vita in mare vengono accompagnate nel suo reame, un castello nelle profondità marine.
Ran veglia sulle Vergini. Le sue figlie sono le "nove onde del mare" e si giunge al suo mondo passando attraverso il Maelstrom, un terribile gorgo che secondo questo e altri miti esiste in un qualche luogo remoto del mare del Nord.
Fonti:
* Wikipedia
*
www.etimo.it/
* "Dei e miti", enciclopedia di mitologia universale
* "Mito, poesia e storia", antologia dell'epica antica di Ciavorella
* J.W. Waterhouse, "Ulysses and the Sirens", 1891
* Cratere a figure rosse, raffigurante Ulisse e le Sirene (vaso ateniese risalente al VII-V sec. a.C., ora al British Museum).
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Cosa ci dicono i loro nomi? Ammaliano, incantano, sono Vergini...
Figlie della luna, attirano e incatenano gli uomini con il loro canto luminoso.
Un altro nome indica la sirena come Dea Bianca, la spuma dell'onda...
Donne vergini e libere che assumono forma di uccelli per solcare i cieli, come sacerdotesse.
Ninfe incantatrici figlie delle onde, abitanti del regno oltremondano, gli inferi, il regno dei morti dove è sovrana la loro amica e sorella Proserpina.
Nove Sirene che, come nel mito greco e come le splendidi Valchirie, accompagnano gli spiriti al loro destino.
Nove donne di un lido in mezzo al mare, figlie dell'Acqua... non so voi, ma tutto questo mi ricorda Avalon e l'antica sorellanza delle nove
E il loro regno al di là delle onde e del gorgo, l'Altromondo... le profondità della terra, dell'oceano e dei cieli...
Conoscono i segreti della vita e della morte, muoiono per ritornare ancora, più consapevoli di prima.
Sirene dalla melodica voce, cantono Antiche Armonie, ispirate da saggezze profonde... non ho mai creduto siano esseri malvagi...