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Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2012 16:38
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Da SuperEva.it
La casa editrice Bompiani da tempo si occupa della pubblicazione delle opere di Tolkien in Italia.
Dal 1° dicembre è disponibile nelle librerie Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm, poema allitterativo in forma di dialogo originariamente pubblicato nel 1953 nel sesto volume della rivista Essays and Studies by Members of the English Association.
In Italia è gia stato pubblicato nella raccolta Albero e Foglia ma questa volta si tratta di un’edizione che contiene la traduzione della Battaglia di Maldon, la traduzione del saggio di Tom Shippey sull’opera e una prefazione del curatore Federico Guglielmi (Wu Ming 4; ndGeko). La traduzione dell’opera è di F. Saba Sardi.
Il racconto è ambientato nelle tarde ore del giorno successivo alla Battaglia di Maldon (avvenuta nel 991 in Essex, Inghilterra) e che ispirò il celebre poema medievale omonimo. Due messi dell’abate di Ely (inviati per recuperare il cadavere del conte inglese Beorhtnoth ) di nome Torhthelm e Tìdwald dialogano mentre esaminano le salme dei caduti.

Da LaFeltrinelli.it
Federico Guglielmi, in arte Wu Ming 4, ripropone al pubblico dei lettori di Tolkien . il racconto del “Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm” accompagnato dalla traduzione italiana della “Battaglia di Maldon”, celebre poema medievale a cui si ispira il racconto. Il curatore aggiungerà una sua nota introduttiva inedita con la genesi del racconto e l'analisi del contesto in cui questo nasce e si sviluppa, spiegandone l'imprescindibile lettura per la comprensione dell'autore inglese.

Da Amazon.it
Cosa resta dopo la battaglia? Quali domande e quali dubbi aleggiano sui cadaveri nella piana? Ai poeti che canteranno le gesta dei caduti e li accompagneranno all'ultimo riposo spetta trovare le risposte sulle motivazioni che li hanno sospinti. Risposte che possono essere anche le più scomode e compromettenti, fino a trasformarsi in atto d'accusa verso la prosopopea degli eroi e di coloro che ne esaltano acriticamente le scelte. "Il ritorno di Beorhtnolh figlio di Beorhthelm" - qui riproposto insieme al poema breve che ha ispirato il testo e a un saggio monografico di Tom Shippey - rappresenta un punto cruciale nel percorso letterario di J.R.R. Tolkien. La sua rilettura radicale della celebre battaglia di Maldon combattuta tra Anglosassoni e Vichinghi, e l'epilogo narrativo da lui immaginato, ribaltano la prospettiva eroica, aprendo la strada all'elaborazione di quel diverso modello d'eroismo che troverà compimento nel "Signore degli anelli."
[Modificato da Admin-Geko 23/12/2010 16:48]

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27/12/2010 13:26
 
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Ottima segnalazione.
L'avevo visto in libreria ed è stata una interessante sorpresa, anche se non ho avuto il tempo di conoscerne il contenuto, dal momento che nel caso fosse stata una semplice riedizione de "Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm" mi sarebbe parsa una speculazione per quelli che già lo lessero in "Albero e Foglia". Invece la presenza di così tanti ed importanti extra già mi spingono all'acquisto.

§Johan Razev§

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"Venite amici che non è tardi per scoprire un mondo nuovo.
Io vi propongo di andare più in là dell'orizzonte
E se anche non abbiamo l'energia
che in giorni lontani
mosse la terra e il cielo,
siamo ancora gli stessi,
unica eguale tempra di eroici cuori
indeboliti forse dal fato
ma con ancora la voglia di combattere
di cercare
di trovare
e di non cedere." A. Tennyson - Ulysses -
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Veramente Immenso

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Stiamo raschiando un po' il barile...

Ps. e stiamo anche un po' raschiandoci le palle, visto l'inumano e arbitrario trattamento subito da parte di quell'aguzzino del Geko, il quale bullandosi della sua carica di webmostro, mi ha confinato qui, come un dissidente politico a Ponza durante gli anni '30.
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Altrove, qualcuno ha scritto:
"...quando ti ciopperanno un braccio (uno qualunque!), mollerai il martello lungo almeno 170 centimetri, guarderai il nemico e dirai:"Potrei ucciderti col mio braccio ferito...ma userò QUESTO!!!"
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Eh eh eh ...
... sei andato OT!
Quasi quasi ti ci lascio due settimane qui dentro!
Va be', per questa volta la passi liscia, ti "libero", puoi tornare a postare anche nelle altre cartelle!
Anche perchè per qualche giorno non potrò controllare il Forum con regolarità ed è meglio quindi che tu sia libero di scorazzare in giro.
Ma stai in campana, giovine ...

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Intervista a Wu Ming 4 curatore de "Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm" (dal sito web de "L'Unità")

Un romanzo, una antologia di saggi e ora una riedizione di un testo dell’autore del Signore degli Anelli. Da cosa è nato il suo interesse per J.R.R. Tolkien?
«Le sue storie mi piacciono fin da quando ero ragazzino. Poi, in età adulta,quando sono diventato un narratore, ho avuto modo di approfondire molti aspetti del suo modo di intendere la letteratura, la sua poetica, l’architettura certosina dell’opera, l’ampio respiro del racconto, e ci ho ritrovato qualcosa di comune. La passione di raccontare ovviamente, di costruire mondi letterari complessi in cui il lettore possa immergersi e anche perdersi, viaggiandoci dentro in lungo e in largo».

Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm è un testo semisconosciuto di Tolkien. Era già stato pubblicato, mi sembra.
«Sì. Ma l’edizione precedente era inclusa in una raccolta di suoi scritti, Albero e Foglia, senza alcuna presentazione e contestualizzazione. Questo rendeva difficile capire l’importanza di questo testo che non è affatto secondario, come si tende a considerarlo. Proprio perché si tratta di un testo molto strano nella produzione tolkieniana era necessario fornire una cornice che consentisse di inquadrarlo per quello che è. Senza Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm non si può capire a fondo il percorso poetico che ha portato Tolkien a concepire il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli».

Oltre al testo originale c’è anche una postfazione non sua. Ci può spiegare il senso di un’operazione così composita?
«La postfazione è il testo di una conferenza tenuta dal professor Thomas Shippey sul Ritorno di Beorhtnoth. Si tratta del maggior studioso tolkieniano vivente, capace di ricostruire dall’interno i problemi etici e poetici che Tolkien cercò di affrontare scrivendo questo testo bizzarro, che per metà è una riflessione filologica su un poema breve medievale, La Battaglia di Maldon, e per metà un componimento poetico che funge da epilogo immaginario del poema stesso. In questo lavoro Tolkien compie un’operazione sottile. Mette sotto accusa la poesia anglosassone, il campo di studi di una vita, e lo spirito eroico nordico che essa consacra. Lo fa per potersi affrancare da un certo modello eroico e inaugurarne un altro, quello che appunto troverà compimento nei suoi romanzi. Si tratta di un ponte tra l’ambito di studi accademici di Tolkien e l’approdo alla narrativa, rispecchiato proprio dalla natura ibrida del testo».

Come mai un professore di anglosassone si mette a scrivere una storia invece di fare un saggio su questo frammento?
«La Battaglia di Maldon è un poemetto che esalta il coraggio dei guerrieri inglesi cristiani contro gli invasori vichinghi pagani. Beorhtnoth è il condottiero inglese che, provocato dai nemici, rinuncia al vantaggio del terreno per onore di cavalleria. In questo modo cade sul campo e trascina con sé i suoi fedelissimi, lasciando l’Inghilterra in balia degli invasori. Nel suo testo Tolkien critica duramente l’ideale eroico che antepone alla difesa degli altri quella dell’onore personale. Lo considera un ideale pagano anche se fatto agire in nome di Dio, ispirato dal desiderio di dimostrarsi cavallereschi “per fornire materia ai menestrelli”. Per questo scrive una sorta di pièce teatrale per due soli personaggi, uno dei quali incarna questa critica, mentre l’altro prende le parti della poesia anglosassone ed esce assai malconcio dal confronto. Praticamente Tolkien forza e ribalta l’antico poema per individuare il punto di crisi del sistema di valori guerrieri esaltato dalla poesia epica nordica».

Tolkien non è sempre stato accusato di “escapismo”, fuga dalla realtà? In fondo, mentre l’Europa era dilaniata dalla Seconda Guerra Mondiale, lui scriveva di elfi, nani e hobbit.
«Nella sua narrativa Tolkien affronta temi universali, non certo meno validi per la sua epoca o per la nostra. Il problema del male, del potere, della morte, il tema del coraggio, la funzione della poesia e della narrativa nella nostra vita. Se questo non è parlare della realtà della condizione umana non so cosa lo sia».

Ma lo scrittore inglese non era antimodernista, conservatore, ultracattolico, insomma “di destra”?
«Sì. Ma questo non significa che non sapesse affrontare certe questioni capitali in una chiave problematica e irriducibile a posizioni ideologiche. Il fatto stesso che a metà della sua vita abbia saputo mettere sul banco degli imputati la filologia e la poesia anglosassoni che tanto amava dimostra quanto poco fosse “conservatore” nelle sue scelte e capace di prendere le distanze da una certa assunzione acritica dell’epica e del mito. Così come il fatto che avversasse senza mezzi termini l’autoritarismo, il razzismo e il militarismo fa di lui uno strano tipo di “reazionario” del XX secolo. In generale pretendere di inquadrare l’opera di un autore attraverso la sua biografia o la sua fede è un pessimo esercizio critico. Un atteggiamento che Tolkien stesso non sopportava».

C’è tanto interesse in Italia per un autore come questo, con tutte le sue tematiche così inglesi?
«Ovviamente in Italia l’interesse per Tolkien si concentra sulla sua produzione narrativa. In effetti i lavori filologici di Tolkien sono legati a un ambito apparentemente poco italiano. Ma le questioni che solleva anche nei suoi studi accademici sono da un lato di ordine morale, quindi universali, dall’altro nient’affatto slegate dalla contingenza storica che Tolkien si trovava a vivere. Proprio un testo come Il ritorno di Beorhtnoth è un duro attacco ai capisaldi culturali del nazismo e alla contiguità più o meno inconsapevole di certa filologia britannica. Altro che escapismo…».

Perché un bambino dovrebbe leggersi un tomo di oltre 1000 pagine su un mondo che non esiste?
«Non so perché dovrebbe farlo. So che ragazzini di tutto il mondo lo fanno. Quello che ci trovano suppongo sia l’entusiasmo di avventurarsi in territori sconosciuti insieme ai protagonisti di una grande avventura, che vedono messe alla prova le proprie qualità e devono scoprire in se stessi risorse inaspettate. Pensare che questo sia una cosa di poco conto significa disprezzare il piacere della lettura».

Ha ancora senso oggi leggere Tolkien?
«Non mi sembra che negli ultimi cinquant’anni abbia mai smesso di averlo. Perché oggi dovrebbe essere diverso?».
[Modificato da Admin-Geko 05/06/2012 16:38]

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