In Vaticano si apre oggi il processo per il professor Settimio Manelli e la moglie
TERAMO. E' la storia di due coniugi teramani, genitori di 21 figli, quella che la Chiesa sceglie come esempio per le famiglie di oggi. Si apre, infatti, questa mattina a Roma la causa di beatificazione di Settimio Manelli e della moglie Licia Gualandris.
Alle 12, nell'aula della Conciliazione del Vicariato, partirà ufficialmente l'iter per la costituzione del Tribunale diocesano con il giuramento dei componenti e del postulatore, padre Massimiliano Pio M. Maffei, e della vice postulatrice, madre M. Grazia Palma. Uno dei figli della coppia, Stefano Maria Manelli, ha fondato l'ordine dei Frati Francescani dell'Immacolata e nel mese di settembre è venuto a Teramo, in quel convento di San Domenico ora retto proprio dai Francescani dell'Immacolata, per celebrare una funzione in ricordo dei suoi genitori. Settimio Manelli, nato a Teramo nel 1886 e morto a Roma nel 1978, insegnante, e Licia Gualandris, nata a Bergamo nel 1907 e morta a Roma nel 2004, si sposarono nel 1926 a Roma e qui vissero insieme per più di 50 anni. Nella capitale Manelli era giunto giovanissimo per frequentare la facoltà di lettere. Arrivava dal liceo classico di Teramo e sui banchi del "Melchiorre Delfico" si era fatto apprezzare come scrittore e poeta. Amava molto i classici greci e latini.
Nel 1915 conseguì la laurea e successivamente si trasferì a Bologna per dedicarsi alle scienze giuridiche. Partecipò alla guerra del ' 15-18 e venne congedato con il grado di capitano. E' stato insegnante e preside nelle scuole medie. Le cronache raccontano che entrambi conobbero da vicino Padre Pio da Pietrelcina (che definì Settimio «un cristiano tutto d'un pezzo») e divennero terziari francescani. «La loro esistenza é stata percorsa da fasci di luce straordinaria, basti pensare al particolare legame intessuto con Padre Pio da Pietrelcina, ma anche dalle tenebre di un periodo storico piuttosto tormentato e che é stato causa di non pochi problemi per la famiglia Manelli», spiega don
Silvio Longobardi, direttore di «Punto Famiglia», nel volumetto «Sposi e genitori esemplari» di Raffaele Iaria.
Oggi, tra figli ancora in vita, nipoti e pronipoti, la famiglia Manelli conta in tutto duecento persone.
«Ricordo un episodio di quando avevo 10 anni», racconta padre Stefano Maria alla vigilia del processo di beatificazione, «papà entrò in casa e mamma gli disse timidamente, quasi sottovoce: sai che sono di nuovo incinta E lui: vedi? C'é un'altra fiamma che Dio ha acceso. Il loro esempio era di accettare la vita, non rifiutarla mai. E anche questo derivava dalla grande scuola di Padre Pio, con una condotta fedelissima al Vangelo». Il religioso ricorda che un giorno il santo di Pietrelcina, dinanzi a una platea di docenti, indicò Settimio Manelli come un uomo che «osserva e vive il Vangelo alla lettera». «Durante la guerra», ricorda ancora il religioso, «non arrivava neanche lo stipendio da professore e si andava avanti con l'aiuto dei negozianti, che facevano credito».
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