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Benedetto XVI invita le Accademie Pontificie a riscoprire san Tommaso D'Aquino

Ultimo Aggiornamento: 28/01/2010 22:04
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28/01/2010 22:03

Benedetto XVI alle Pontificie Accademie

Confronto con le diverse culture
per armonizzare ragione e fede


In un'epoca come quella attuale, fortemente segnata dal relativismo e dal soggettivismo, è necessario entrare in dialogo con le diverse culture, per armonizzare ragione e fede e costruire un autentico umanesimo cristiano. È quanto in sostanza ha detto il Papa alle Pontificie Accademie, ricevute in udienza giovedì mattina, 28 gennaio, nella Sala Clementina, in occasione della quattordicesima seduta pubblica.

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Presidenti e Accademici,
Signore e Signori!

Sono lieto di accogliervi e di incontrarvi, in occasione della Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, momento culminante delle molteplici attività dell'anno. Saluto Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Estendo il mio saluto ai Presidenti delle Pontificie Accademie, agli Accademici e ai Sodali presenti. L'odierna Seduta Pubblica, nel corso della quale è stato consegnato, a mio nome, il Premio delle Pontificie Accademie, tocca un tema che, nell'ambito dell'Anno Sacerdotale, riveste particolare importanza:  "La formazione teologica del presbitero".

Oggi, memoria di San Tommaso d'Aquino, grande Dottore della Chiesa, desidero proporvi alcune riflessioni sulle finalità e sulla missione specifica delle benemerite Istituzioni culturali della Santa Sede di cui fate parte e che vantano una variegata e ricca tradizione di ricerca e di impegno in diversi settori. Gli anni 2009-2010, infatti, per alcune di esse, sono segnati da una specifica ricorrenza, che costituisce ulteriore motivo per rendere grazie al Signore. In particolare, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia ricorda la Fondazione avvenuta due secoli fa, nel 1810, e la trasformazione in Accademia Pontificia, nel 1829. La Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino e la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum hanno ricordato il loro 130° anno di vita, essendo state fondate entrambe nel 1879. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha celebrato, poi, il 50° della propria trasformazione in Accademia Pontificia. Le Pontificie Accademie di San Tommaso d'Aquino e di Teologia hanno ricordato, infine, il decennale del loro rinnovamento istituzionale, avvenuto nel 1999 con il Motu proprio Inter munera Academiarum, che reca proprio la data del 28 gennaio.

Tante occasioni, dunque, per rivisitare il passato, attraverso la lettura attenta dei pensieri e delle azioni dei Fondatori e di quanti si sono prodigati per il progresso di queste Istituzioni. Ma lo sguardo retrospettivo e la memoria del glorioso passato non possono costituire l'unico approccio a tali eventi, che richiamano soprattutto il compito e la responsabilità delle Accademie Pontificie di servire fedelmente la Chiesa e la Santa Sede, rinnovando nel presente il ricco e diversificato impegno, che già ha prodotto preziosi frutti anche nel recente passato. La cultura contemporanea, e ancor più gli stessi credenti, infatti, sollecitano continuamente la riflessione e l'azione della Chiesa nei vari ambiti in cui emergono nuove problematiche e che costituiscono anche settori in cui operate, come la ricerca filosofica e teologica; la riflessione sulla figura della Vergine Maria; lo studio della storia, dei monumenti, delle testimonianze ricevute in eredità dai fedeli delle prime generazioni cristiane, a cominciare dai Martiri; il delicato ed importante dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica, a cui ho voluto dedicare l'Incontro con personalità del mondo dell'arte e della cultura, svoltosi nella Cappella Sistina lo scorso 21 novembre. In questi delicati spazi di ricerca e di impegno, siete chiamati a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l'interpellano nei vari ambiti del sapere e dell'esperienza umana.

Come ho più volte affermato, l'odierna cultura risente fortemente sia di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo, sia di metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione e, di conseguenza, anche del dialogo, del confronto e della comunicazione interpersonale.

Appare, pertanto, urgente e necessario ricreare le condizioni essenziali di una reale capacità di approfondimento nello studio e nella ricerca, perché ragionevolmente si dialoghi ed efficacemente ci si confronti sulle diverse problematiche, nella prospettiva di una crescita comune e di una formazione che promuova l'uomo nella sua integralità e completezza. Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un'offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani. Tale impegno deve essere particolarmente cogente nell'ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato, come esige l'Anno Sacerdotale e come conferma la felice scelta di dedicargli la vostra annuale Seduta Pubblica.
 
Una delle Pontificie Accademie è intitolata a San Tommaso d'Aquino, il Doctor Angelicus et communis, un modello sempre attuale a cui ispirare l'azione e il dialogo delle Accademie Pontificie con le diverse culture. Egli, infatti, riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede.

Egli lasciò già nei suoi contemporanei un ricordo profondo e indelebile, proprio per la straordinaria finezza e acutezza della sua intelligenza e la grandezza e originalità del suo genio, oltre che per la luminosa santità della vita. Il suo primo biografo, Guglielmo da Tocco, sottolinea la straordinaria e pervasiva originalità pedagogica di San Tommaso, con espressioni che possono ispirare anche le vostre azioni:  Frà Tommaso - egli scrive - "nelle sue lezioni introduceva nuovi articoli, risolveva le questioni in un modo nuovo e più chiaro con nuovi argomenti.

Di conseguenza, coloro che lo ascoltavano insegnare tesi nuove e trattarle con metodo nuovo, non potevano dubitare che Dio l'avesse illuminato con una luce nuova:  infatti, si possono mai insegnare o scrivere opinioni nuove, se non si è ricevuta da Dio una ispirazione nuova?" (Vita Sancti Thomae Aquinatis, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustrati, ed. D. Prümmer M.-H. Laurent, Tolosa, s.d., fasc. 2, p. 81).

Il pensiero e la testimonianza di San Tommaso d'Aquino ci suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti per offrire risposte adeguate e creative. Fiduciosi nella possibilità della "ragione umana", nella piena fedeltà all'immutabile depositum fidei, occorre - come fece il "Doctor Communis" - attingere sempre alle ricchezze della Tradizione, nella costante ricerca della "verità delle cose". Per questo, è necessario che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e così promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano.

Ringraziando, dunque, le Pontificie Accademie per la generosa dedizione e per l'impegno profuso, auguro a ciascuna di arricchire le singole storie e tradizioni di nuovi, significativi progetti attraverso cui proseguire, con rinnovato slancio, la propria missione. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e, nell'invocare su di voi e sulle Istituzioni a cui appartenete l'intercessione della Madre di Dio, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d'Aquino, di cuore imparto la Benedizione Apostolica.


(©L'Osservatore Romano - 29 gennaio 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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28/01/2010 22:04

 

Il liberatore dell'intelletto


di mons. Inos Biffi


"Come si diventa teologi?", chiesero un giorno a Tommaso d'Aquino:  "Ponendosi, egli rispose, alla scuola di un valido maestro", e fece il nome di Alessandro Halense. Anche l'Angelico, per parte sua, si era posto alla scuola di un maestro, Alberto Magno, il solo che, con singolare perspicacia, intuì l'ingegno eccezionale del silenzioso discepolo "siciliano", preannunziandone la splendida riuscita. Quando venne a conoscenza della sua scomparsa (il 7 marzo 1274) esclamò:  "È morto fra Tommaso d'Aquino, figlio mio in Cristo, luce della Chiesa".

Mettersi alla scuola di Tommaso è, senza ombra di dubbio, una via sicura per diventare non solo teologi, ma anche filosofi o, più in generale e semplicemente, per essere capaci di pensare bene, di ragionare
.
È vero che non sono mancati, ai nostri giorni, soprattutto dei teologi, che, o non conoscendolo, se non per sentito dire, o fraintendendolo, ne hanno deciso l'inattualità. Ma non bisogna prenderli sul serio. In generale, essi sono convinti che prima di loro ci sia stato il diluvio, e si compiacciono di professarsi "senza padre, senza madre e senza genealogia"; e anche se talora studiano gli autori del passato, non lo fanno tanto per sapere quello hanno detto, ma per insegnare quello che avrebbero dovuto dire.
 
Si sente spesso affermare che, per essere attuali, non ci si deve fermare a san Tommaso. Solo che, per non fermarsi a lui, bisognerebbe esserci arrivati, senza dire che ad aver valore e a importare non è affatto l'attualità, ma la verità, che rappresentò la passione fondamentale del Dottore Angelico.


Egli fu sensibilissimo alla storia, a "quello - diceva - che gli uomini hanno pensato":  basti richiamare le sue "lezioni" bibliche e il suo impegno a commentare le opere di Aristotele, impresa, questa, certamente singolare per un "maestro in Sacra Pagina". Né, d'altronde, si accontentava di ripetere le parole degli autori studiati, fosse pure sant'Agostino, ma ne ricercava "l'intenzione profonda", di là dall'espressione (quae sit intentio profundior). Neppure questa, tuttavia, era la tappa conclusiva della sua indagine:  quello che alla fine gli premeva era di trovare "quale fosse la verità" (veritas rerum circa hoc). Ed era il momento della liberazione.

Anche nel suo continuo accostamento ad Aristotele, la sua preoccupazione ultima non era tanto quella di ricostruirlo storicamente, quanto, in un certo senso, di renderlo più compiutamente vero e coerente fino in fondo, salvandolo da Averroè.

Scrive Chesterton che la rivoluzione aristotelica di Tommaso è consistita non nel "riconciliare Cristo con Aristotele, ma Aristotele con Cristo", e che egli è stato "uno dei grandi liberatori dell'intelletto umano". Tommaso è infatti un incomparabile educatore dell'intelligenza, un "apostolo dell'intelligenza" (Maritain) e lo poteva essere anzitutto per la grande stima che nutriva verso la ragione, che, egli riteneva, non depressa, o confusa dalla fede o dalla grazia, ma, al contrario, intimamente risanata:  "La fede non distrugge la ragione, ma la oltrepassa e la porta alla perfezione" (De veritate, 14, 1, 9). Egli si spinge fino a dire:  "Il sapiente ama e onora l'intelletto, che, tra le realtà umane, è quella a cui Dio riserva l'amore più intenso" (In x Ethicorum, lectio 13).
In questo cammino educativo Tommaso parte andando "diritto all'esse" (Maritain), ossia riconoscendo innata nella struttura dell'intelletto la capacità di percepire l'essere - "l'essere è la prima conoscenza dell'intelletto" - (2 Sententiae, 19, 5, 1, 2m) e i principi primi indimostrabili che gli sono naturalmente intrinseci, la conoscenza dei quali "ci è innata" (De veritate, 11, 1, c.) ed è condizione di ogni conoscenza.

L'uomo, partendo dall'autocoscienza (notitia sui) (De veritate 15, 1, 6), può allora interpretare quanto è oggetto immediato della sua esperienza, gli "esseri" o gli enti, e avvertirne l'intima insufficienza. Infatti, a motivo della loro mobilità, precarietà o contingenza, e frammentarietà non possono radicalmente autogiustificarsi:  hanno il pregio dell'essere, ma insieme sono afflitti dal non-essere.

Conducendo la ragione su questa strada, Tommaso la porta a riconoscere la necessità, si direbbe l'"ovvietà", dell'esistenza di un "Essere" non toccato da alcun limite, Atto o perfezione pura, che sia all'inizio e quale fonte dell'attualità di ogni ente. Ed è come dire di ogni ente l'intima relazione e professione "religiosa", "teologica". Per questa relazione gli esseri possono esistere:  lasciati a sé sono per la morte assoluta, ossia per la caduta nel non essere; possono continuare nell'esistenza solo perché "Dio continua a elargire a essi l'essere", in cui consiste la perfezione (Summa Theologiae, i, 4, 1, 3m).

Secondo Tommaso, il vertice di questo avvincente ed entusiasmante cammino è raggiunto col riconoscimento che l'essenza di Dio è quella di "essere":  "Dio è essere per essenza" (Summa Theologiae, i, 4, 3, 3m); è l'ipsum esse (Summa Theologiae, i, 3, 4, c). E questa è una "sublime verità". Sembra di sentire una silenziosa ma viva emozione in lui, quando nella Summa contra Gentiles afferma:  "In Dio l'essenza si identifica con l'essere. Di questa sublime verità Mosè fu ammaestrato dal Signore". Certamente, nella persuasione che di Dio "non possiamo sapere quello che è, ma piuttosto quello che non è" (Summa Theologiae, i, 3, intr.). D'altronde, affermare che la ragione può e deve arrivare a Dio, non significa svalutare il ruolo dell'affetto, anche perché per Tommaso "volontà e intelletto si includono reciprocamente" (Summa Theologiae, i, 16, 4, 1m) e "si accede a Dio con l'affetto dell'anima" (Summa Theologiae, i, 3, 1, 5m).

È nota, poi, la dottrina di Tommaso relativa alla conoscenza "per connaturalità" o "nella modalità dell'inclinazione" (cfr. Summa Theologiae, i, 6, 3m).
Riconoscere, in ogni caso, il primato dell'intelletto originariamente fatto per conoscere l'essere, significa affacciarsi già al mistero dell'essere stesso, che può solo stupire e portare a una sua mistica, che verrà sublimata all'accorgersi che l'Essere è "personalmente" Dio.

Abbiamo parlato di Tommaso come di liberatore dell'intelletto. E, infatti, se all'inizio sta la conoscenza dell'essere, vuol dire vi sta l'oggettività, la verità, non l'arbitrio, o l'emozione, o il desiderio "a essere appetibile (come bene) è l'essere" (Summa Theologiae, i, 5, 2, 3m). È quello che fa scrivere a Tommaso:  "La verità non varia a seconda della diversità delle persone" - sia in bocca a un superiore o a un suddito, a un professore o a un alunno, a un padre o a un figlio, a Dio o all'uomo - "per cui quando uno dice la verità non può essere vinto da nessuno" (Expositio super Iob ad litteram, xiii, 19).

È il senso dell'oggettività, del suo valore, del suo essere assoluto, non manipolabile a piacere. Perciò l'Angelico amava ripetere:  "La verità, chiunque sia chi l'asserisca, ha lo Spirito Santo come genesi" (In Titum, 1, 13).


(©L'Osservatore Romano - 28 gennaio 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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