QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Alle sorgenti della vera pietà (Carità nella Verità dottrinale) di don Fusina

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:24
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05/09/2009 16:02

ALLE SORGENTI DELLA PIETA’

Elevazioni spirituali sulle grandi verità che generano nell’anima la vera pietà cristiana

Di Don Luigi Maria Fusina

PRESENTAZIONE

I1 dono che don Luigi Fusina mette in mano ai cristiani che non hanno esigenze culturali, ma quella di rifondare la propria fede, viene a proposito. Si ha davvero la sensazione che quella di molti cristiani sia più religiosità che fede vera.

Vale la pena di cercare ulteriori cause di questa povertà di fede?

Personalmente ritengo che non ci sia vero interesse per una riflessione che permetta di rendersi conto del perché cre­diamo.

C'è la tendenza a tirare avanti, quasi per moto ondoso.

Il problema affiora quando si incontrano gli innumerevoli scogli che la vita fa affiorare bruscamente.

Allora la crisi latente assume uno spessore nuovo e la tentazione è quella di lasciar perdere.

Il lavoro di don Luigi Fusina è l'offerta di un aiuto che mira a chiarire idee, a creare convinzioni, a nutrire con pane sostanzioso la fede, a sfatare pregiudizi.

E' frutto, come afferma onestamente l'autore, di un'esperienza pastorale maturata in cinquant'anni di ministero sacerdotale non soltanto come giovane prete a Quaderni, a Montorio, a S. Maria in Organo, ma anche come parroco a Monzambano (MN) che allora apparteneva alla Diocesi di Verona e da ultimo, ancora in città nella parrocchia di Santo Stefano dove ora risiede.

Ma don Luigi ebbe modo di conoscere anche il mondo giovanile quando, per otto anni, fu Assistente della gioventù femminile di Azione Cattolica. Lo scrivente ebbe modo durante il suo ministero di incontrare parecchie di quelle ragazze, oramai diventate spose e madri, che ricordavano con riconoscenza l'aiuto di don Luigi.

Auguro che il presente sussidio possa svolgere un servizio prezioso per la fede di tutti coloro che desiderano rispondere a chiunque domandi ragione della speranza "che è in cia­scuno di noi" (cfr 1Pt 3,15).

MONS. GIANCARLO AGNOLINI VICARIO EPISCOPALE PER LE OPERE DI CARITA’ E SALUTE

P.S.: Ringrazio inoltre l'autore che ha voluto devolvere il ricavato dalla vendita del volume per contribuire alla costruzione della. "Piccola. fraternità diocesana Giubileo" che accoglierà venti disabili gravi.

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PREFAZIONE

Nel 1981 ho tenuto una serie di conferenze a Telepace in occasione dell'anno commemorativo del Concilio di Costantinopoli, durante il quale fu completata la professione di fede di Nicea. E' la stessa professione di fede che, col nome di Credo Niceno - Costantinopolitano, viene recitata ogni domenica nella celebrazione eucaristica.

Lo scopo di quelle conferenze non era di fare una specie di catechismo, ma di mettere alcune basi serie alla devozione dei miei ascoltatori seguendo lo schema del Credo. Ero infatti convinto, e lo sono tuttora, che la vera pietà cristiana non nasce dal sentimento, ma da quelle verità che costituiscono i fondamenti della nostra fede. La devozione infatti è come la struttura di una casa. Se poggia su solidi fondamenti non crollerà mai neanche quando la bufera si scatenerà contro di essa; ma se il fondamento è labile cadrà alla prima scossa di terremoto o alla prima violenza del vento. E' lo stesso Gesù che ce lo dice: "Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla. roccia.

Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia...

Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la. sua casa sulla. sabbia.

Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande" (Mt 7,24-27).

Questa convinzione mi spinge ora a dare alle stampe quelle conferenze, nella speranza che possano essere ancora utili a qualcuno. Naturalmente le ho un po' rimaneggiate per adattarle alla lettura, ma senza togliere l'originario tono discorsivo e semplice che tanto era piaciuto ai miei ascoltatori, come più e più volte mi hanno testimoniato.

Il taglio è eminentemente spirituale e pastorale, orientato cioè a suscitare meditazione e preghiera nei semplici fedeli e non studio o discussione tra i dotti. Ripeto che non sono ca­techesi vere e proprie, anche se, dato il loro tema, servono indubbiamente ad alimentare la fede. Sono più che altro sprazzi di luce diretti ad illuminare gli occhi interiori del cuore. Spero che anche i miei lettori ne rimangano soddi­sfatti. Per aiutarli a trasfondere la verità nella pietà vi ho aggiunto delle "contemplazioni" o, meglio, delle indicazioni per la preghiera contemplativa. Di solito si tratta di pagine bibliche che richiamano quanto esposto nelle conferenze. Sono convinto infatti che la Parola di Dio va non solo stu­diata, ma soprattutto meditata, gustata, contemplata con i sensi dello spirito, sotto l'azione dolce e serena dello Spirito Santo. Si tratta di imparare da Maria la quale, dice il vangelo, "custodiva tutti questi fatti meditandoli nel suo cuore" (Lc 2,19). La scuola di Maria è molto semplice ed è fatta per i semplici e i piccoli. Per questo ho scelto un linguaggio volutamente povero e semplice. Le stesse citazioni scritturali non sono sempre strettamente letterali proprio per renderle facilmente comprensibili a tutti. In tal caso le ho trascritte precedute da cfr (= confronta) rimandando al testo ufficiale chi volesse la Parola di Dio originale. Bisogna perciò farsi "piccoli" per entrare nel clima di queste conferenze e per coglierne il vero frutto spirituale. Ciò non significa affatto che la dottrina contenuta sia da considerarsi campata in aria o fantasiosa. Prima di parlare ho studiato e mi sono documentato con grande serietà ed impegno. Talvolta su di un determinato testo o argomento ci possono essere ipotesi diverse di interpretazione. In tal caso ho scelto quella che, a mio parere, sembra più conforme all'insegnamento del Magistero della Chiesa o quella comunemente accolta dai maestri di teologia.

Però non c'è affermazione che non si appoggi a solido fondamento. Il mio scopo infatti era e rimane quello di mettere alla portata di tutti, specialmente dei più umili, quanto la Chiesa insegna con il suo magistero fondato sulle Sacre Scritture sulla Tradizione Apostolica. Per quanto riguarda le proposte per la preghiera contemplativa nella scelta dei brani biblici ho seguito il mio istinto interiore, ma nulla impedisce al lettore di usarne altri. L'importante è che tutto non si riduca alla sola lettura, ma diventi sorgente di vera pietà cristiana. Sono stato anche tentato di fare una riflessione particolare sulla Madonna e sul suo ruolo materno nella Chiesa e nella vita di ogni figlio di Dio, ma ho preferito richiamarne la presenza mano mano che i misteri proclamati nel Credo vengono spiegati. Ritengo in tal modo che la figura della nostra Mamma celeste possa apparire meglio evidenziata lungo il cammino del Progetto di Dio, come parte integrante di esso.

Voglia il Cielo che il mio lettore possa abbeverarsi abbondantemente di quest'acqua spirituale che umilmente gli porgo nel misero recipiente di questo libro. Perlomeno mi auguro che, non soddisfatto, gli venga la voglia di accedere a libri più consistenti e più appetibili, primo fra tutti Il Ca­techismo della Chiesa Cattolica dove troverà i misteri della fede spiegati ed esposti non solo con maggior abbondanza, ma anche e soprattutto con l'autorevolezza che gli proviene dal Magistero del Papa e del Concilio Vaticano II.

Affido e consacro alla Madonna il mio umile lavoro pregandola vivamente di benedire chiunque lo prenda in mano affinché la lettura sia per lui fonte di luce e di grazia.

DON LUIGI MARIA FUSINA



AVVERTENZE

1 - Ti richiamo quanto ho scritto nella prefazione e cioè che questo non è un catechismo e neppure un libro di teologia. E' un libro di meditazioni, anzi di elevazioni spirituali sulle verità che costituiscono il fondamento della nostra fede cristiana. Quindi non pensare di trovare tutte le spiegazioni che ordinariamente si trovano in libri di catechesi. Semplicemente troverai degli spunti per elevare la tua mente e il tuo cuore a Dio. Immagina di trovarti in alta montagna con un amico. Sei seduto e davanti a te si spalanca un panorama ricco e me­raviglioso. L'amico ti sollecita continuamente: "Guarda laggiù... guarda quello scorcio a destra... guarda il colore del cielo..." e via dicendo. E tu, docile, segui queste sollecitazioni e guardi in silenzio. Contempli e nel contemplare senti sgorgare dal cuore lo stupore, la meraviglia, la gioia! Piano piano il tuo spirito si eleva verso il Creatore di queste bellezze e senti di entrare in comunione con Lui così, nella pace, nella serenità, senza bisogno di dire una sola parola! Non è preghiera anche questa, anzi la preghiera più bella e più vera?

2 - Perché questo si verífichi è necessario che ti accosti al libro con alcuni atteggiamenti interiori senza dei quali resterà lettera morta e ti annoierà.

A) Prima di tutto devi accostarti a queste pagine con umiltà, cioè senza la pretesa di trovarvi chissà quali rivelazioni. E' un libro semplice, scritto per gente semplice e con parole semplici. Fatti bambino: ti piacerà!

B) In secondo luogo prega la Madonna che ti accompagni nella lettura come ha accompagnato me nella stesura.

cioè che logia. E, verità cristiani che emente cuore a ico. Sei e me­"Guarda lore del -itazioni e senti Piano bellezze e, nella Non è e più al libro resterà umiltà, ni. E' un emplici.

mpagni stesura.

Ricordati della mamma, quando da piccolo, t'insegnava le preghiere e ti parlava di Dio con tanta semplicità. Questo oggi lo vuol fare la Mamma celeste. Basta che tu ti metta ai suoi piedi e l'ascolti. Sarà Lei a parlare al tuo cuore.

C) Infine prega lo Spirito Santo. Le sollecitazioni che troverai vengono da Lui perché vuole farti entrare nei grandi misteri di Dio, là. dove nessun uomo, per quanto dotto, potrà mai portarti e dove solo la luce della divina grazia ti aprirà lo sguardo del cuore su orizzonti infiniti. Prega prima di cominciare a leggere, prega durante la lettura con slanci d'amore, prega e ringrazia alla fine perché quanto hai contemplato si solidiftchi nel tuo spirito. E non aver fretta: il passo di Maria e la luce dello Spi­rito si adattano alla tua piccolezza, non temere! Leggi e rileggi e, magari, leggi ancora. Piano piano arriverai là dove Essi desiderano condurti.

Auguri e buon viaggio nello spazio immenso e meraviglioso della nostra fede!





- Capitolo 1 -

IO CREDO

VERITA' E REALTA'


Con questo capitolo iniziamo una serie di riflessioni spi­rituali sulle grandi verità-realtà che stanno a fondamento della nostra fede e che noi professiamo solennemente ogni domenica quando recitiamo il Credo.

Il nostro tema sarà dunque il Credo della Messa. In esso si esprime tutta la nostra fede. Per questo viene chiamato simbolo che vuol dire raccolta o anche riassunto.

Un'altra cosa che vorrei subito sottolineare è questa: noi parliamo sempre di verità della fede, di verità rivelate, ecc. L'espressione è giusta, ma può dar adito ad interpretazioni non esatte. Bisogna tenere presente che si tratta di realtà, cioè di fatti concreti che il Signore o ha già compiuto, o compie, o anche compirà per noi. Questi fatti sono verità proprio perché sono fatti reali, veri, dei quali noi siamo a conoscenza con assoluta certezza perché è Dio stesso che ce li rivela.

Nella traduzione italiana del Credo si è voluto rispettare il senso genuino dei fatti e la loro collocazione nel tempo usando forme verbali diverse, anche se non sempre sembrano sintatticamente corrette.

a) Per esprimere fatti che Dio ha compiuto una volta per sempre e che non sussistono più si è usato il passato remoto: es. fu crocifisso, morì, fu sepolto, risuscitò... Sono fatti accaduti e fissati per sempre nel passato. Essi non ritorneranno mai più anche se i loro frutti arrivano fino a noi.

b) Per esprimere invece fatti che hanno avuto inizio nel passato, ma che continuano anche oggi, si è usata la forma verbale del passato prossimo: essi è incarnato, si è fatto uomo, è salito al cielo, ecc. Gesù, infatti, si è incarnato e si è fatto uomo nel seno di Maria nel Natale di 2000 anni or sono, ma continua ad essere uomo come noi anche oggi. Così Egli è salito al cielo una volta per sempre, ma la sua permanenza in cielo continua anche oggi.

c) Per esprimere fatti attuali si è usato, ovviamente, il presente: es. siede alla destra del Padre. Gesù siede ora alla destra di Dio!

d) Infine per esprimere fatti che Dio compirà secondo le sue promesse, si è usato il futuro: Il Suo regno non avrà fine... Credo la vita del mondo che verrà, ecc.

Già da questa puntualizzazione si vede l'importanza che ha ogni singola parola del Credo e come proprio nulla, neppure una virgola, sia messa lì senza uno scopo.

Infine un'ultima osservazione generale prima di entrare nel­la meditazione dei singoli articoli di fede: nel simbolo della Messa (che si chiama Simbolo Niceno - Costantinopolitano perché soprattutto espressione dei Concili di Nicea e di Costantinopoli) sono racchiuse tutte e solo quelle verità della fede che sono accettate da tutti i cristiani, siano essi cattolici o meno. Si tratta delle verità essenziali, dei fatti fondamentali. Naturalmente ci sono altre verità e altri fatti che non sono racchiusi nel Simbolo. Anche questi tuttavia hanno in esso la loro base, il loro fondamento (es.: l'Eucarestia, i dogmi mariani, le verità concernenti la Chiesa).

qui abbiamo le sorgenti del grande fiume della tradi­zione Cristiana. Pur non essendo ispirato come la Bibbia, il Simbolo Niceno - Costantinopolitano è certamente una Parola sicura che ci viene da Dio mediante la Chiesa. "Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù, nostro Signore". Quando recitiamo il Credo nella Messa ci mettiamo in incarnato, si è si è incarnato di 2000 anni i anche oggi. e, ma la sua ovviamente, il siede ora alla secondo le no non avrà a che ha a, neppure entrare nel­imbolo della tinopolitano Nicea e di uelle verità tiani, siano senziali, dei verità e altri che questi amento (es.: cernenti la della tradi­la Bibbia, il ente una la Chiesa. Chiesa. E noi tro Signore". ettiamo in comunione fraterna con tutti i credenti del mondo e con tutti i milioni e milioni di cristiani "che ci hanno preceduti nel segno della fede e dormono il sonno della pace" (Dalla Prima Preghiera Eucaristica della Messa).





IO CREDO

Il simbolo comincia con l'affermazione: " Io credo".

E' un'affermazione categorica, personale, impegnativa.

a) E' categorica: cioè non ammette alcun dubbio. Non ci sono né i se né i ma. Infatti i se ed i ma uccidono la vera fede. Mi viene in mente una piccola poesia del Trilussa in propo­sito. E' molto significativa:

Credo in Dio Padre onnipotente. Ma... Ci'ai quarche dubbio? Tiettelo pe' te. La Fede è bella senza li "chissà", senza li "come" e senza li "perché".

b) L'affermazione "io credo" non solo è categorica, ma è anche personale. Non si dice: "noi crediamo", ma "io credo". Essa ci coinvolge di persona. Si tratta di un affare che ci tocca personalmente e che nessun altro può affrontare al nostro posto. Anche quando i genitori, e tutta la Chiesa con loro, professano la fede a nome del bambino che viene battezzato lo fanno al singolare proprio per indicare questo coinvolgimento personale. Appena ne avrà la possibilità, il bambino dovrà ratificare liberamente e personalmente quell'atto di fede.

c) Infine l'affermazione "io credo" è impegnativa. Infatti non si tratta tanto di un atto intellettuale, quanto di un atto umano completo, nel quale cioè sono coinvolte tutte le facoltà dell'uomo, tutto il suo essere.

Questo è più facile intenderlo esaminando bene il significato del nostro credere. Che significa dunque credere in senso cristiano?

Forse la più bella spiegazione è quella che ci è data nell'Apocalisse, là dove si legge: "Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia parola e mi apre, Io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con Me" (Ap 3,20).

Esaminiamo bene questo versetto della Bibbia e compren­deremo il vero, profondo, significato della nostra fede.

1) "Io sto alla porta e busso". Colui che parla è Gesù. La porta è il nostro cuore. L'iniziativa della fede parte da Lui, non da noi. E' Lui che per primo viene a noi e bussa, cioè ci offre la sua rivelazione. Gesù bussa e parla per mezzo della sua Chiesa che predica il Vangelo a tutte le genti. Quando la parola del Vangelo arriva al tuo cuore è Gesù che bussa perché vuole entrare in te con la pienezza della sua vita e dei suoi doni di salvezza.

2) "Se uno ascolta la mia parola". La fede nasce dall'ascolto della parola di Gesù. Presuppone, quindi, attenzione e ri­flessione sincera e onesta. Molti non hanno fede o perché non prestano attenzione alla Parola di Gesù, o perché non vi riflettono con sincerità e con onestà. Ricordate la parabola del seminatore e del seme caduto sulla strada, tra le pietre e tra le spine? (cfr Mt 13,3-23).

Se si vuol credere bisogna perciò ascoltare la parola di Dio, ma ascoltarla con attenzione, con riflessione e con onestà di cuore, ossia con rettitudine. C'è, dunque, un impegno da parte nostra che precede la fede. Senza di esso non è possibile la fede! Di conseguenza Gesù condanna coloro che non credono quando la loro mancanza di fede dipende proprio dalla loro disonestà di cuore: "Chi non crederà sarà condannato" (Mc 16-16), Egli dice, e nel capitolo 3° di Giovanni afferma: "Chi non crede sarà condannato perché, a causa delle sue opere malvagie, non vuole accogliere il Figlio di Dio" (Gv 3-19).

3) "Se uno ascolta la mia parola e mi apre la porta". Non basta ascoltare la parola di Gesù: bisogna anche aprirgli la porta del cuore. Lo si fa mediante la fede. Aver fede significa accogliere Gesù nella nostra vita e farlo sedere sul trono del nostro cuore.

Accoglierlo come nostro Salvatore, perché Egli viene a portarci il dono della salvezza, cioè il perdono dei peccati e la vita nuova dei figli di Dio.

Ma non basta accoglierlo: occorre anche intronizzarlo, cioè farlo sedere sul trono del nostro cuore come Signore affidandogli il governo di tutta la nostra vita. Mediante il battesimo la Chiesa ha provveduto lei stessa ad aprire la porta del nostro cuore ed ad introdurvi Gesù, così come la mamma, con il bambino in braccio, va ad aprire la porta di casa per introdurre il papà che viene a portare i doni al suo piccino. Viene però il momento in cui il figliolo, divenuto adulto, sarà lui stesso ad aprire e ad accogliere con amore il papà quando torna a casa dal lavoro e bussa alla porta.

Molti cristiani non hanno ancora compiuto questo gesto di fede cosciente: non hanno ancora invitato Gesù ad entrare nella loro vita e a sedere sul trono del loro cuore. Non gli hanno ancora abbandonato la loro esistenza perché ne sia il sovrano assoluto.

4) "Allora io entrerò e cenerò con Lui ed egli con me". Il frutto della vera fede è la comunione con Gesù e, in Gesù, con il Padre e con lo Spirito Santo.

Gesù promette due cose:

1 ° di entrare nella nostra vita e di fare comunione con noi; 2° di farci entrare in comunione con Lui.

Sembrano due cose uguali, ma invece sono diverse e complementari. Quando Gesù dice "Io entrerò e cenerò con lui" vuol dire che effettivamente Egli si fa presente nel nostro cuore come un amico, come un dolce ospite nostro. Ma quando dice che noi faremo comunione con lui ("ed egli con Me'1, vuol significare che sarà Lui stesso a prendere il ti­mone della nostra vita e noi veniamo associati alla sua azione salvatrice. Mediante la fede non solo Gesù viene in noi e caccia fuori il peccato, ma anche diventa il motore, la sorgente infinita di una nuova vita per cui posso dire: "Non vivo più io, in realtà chi vive in me è Gesù" (Gal 2,20).

Ecco perché Gesù paragona questo atto di fede ad una nuova nascita: "Se vuoi entrare nel regno di Dio - Egli dice a Nicodemo - è necessario che tu nasca di nuovo" (Gv 3,3). Non si tratta di rinascere come uomini e neppure di risorge­re come uomini. Gesù dice chiaramente: "Ciò che nasce dal­la carne rimane carne"; cioè, dalla natura umana peccatrice nasce solo l'uomo peccatore. Se Nicodemo avesse potuto ritornare nel seno di sua madre e nascere un'altra volta, si sarebbe trovato lo stesso uomo di prima: peccatore e mortale. Così, ad esempio, quando Gesù risuscitò Lazzaro dalla tomba, lo risuscitò ancora a questa vita di peccato e di morte. Lazzaro uscito dal sepolcro non era diverso da quello che era morto. Infatti, dopo alcuni anni, tornò a morire. Invece la vita nuova che Gesù ci dona mediante la Fede ed il Battesimo è una vita diversa. E' la vita stessa del Figlio di Dio portata in noi dallo Spirito Santo. Con la risurrezione di cui parla Gesù e della quale Egli è diventato la sorgente, ci trasformiamo in uomini nuovi, immortali, beati. Dopo la risurrezione non saremo più quelli che siamo ora. Pur mantenendo la nostra identità personale e corporale, saremo uomini diversi, viventi per sempre con una vita nuova, gloriosa, santa, beata.

Ecco il senso profondo della nostra Fede! Quando noi dicia­mo "Io credo" vogliamo significare che siamo anche uomini nuovi, rinnovati dallo Spirito Santo, diventati Figli di Dio. Davanti al nostro sguardo si spalanca il grandioso panorama delle realtà divine che la parola di Dio ci rivela e nelle quali vogliamo entrare come in una terra promessa con l'aiuto materno di Maria, nostra madre. Maria, infatti, ci viene proposta dallo Spirito Santo come modello del vero credente: "Beata Colei che ha creduto..." (Lc 1,45).



CONTEMPLAZIONE

Leggi adagio il Credo con gli occhi del cuore cercando di "vedere" le Tre Persone della Ss.ma Trinità nella loro opera di salvezza, quasi fossi davanti ad un meraviglioso trittico: adorale con profonda devozione e gioia e chiedi il dono della sapienza per interiorizzare le grandi verità riassunte in questa professione della fede cristiana.



CREDO in un solo Dio

IL PADRE



1 - Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

IL FIGLIO



2 - Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,

Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero;

generato non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di Lui tutte le cose sono state create.

Per noi uomíni e per la nostra salvezza discese dal Cielo; e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della. Vergine Maria e si è fatto uomo.

Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. E il terzo giorno è risuscitato, secondo le scritture; è salito al Cielo, siede alla destra del Padre.

E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine.



LO SPIRITO SANTO

3 - Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita

e procede dal Padre e dal Figlio.

Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.



L'OPERA DELLO SPIRITO

Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti

e la vita del mondo che verrà. Amen!

Ora medita con calma la Parola di Dio che hai incontrato in questa prima riflessione sul Credo:

"Ecco, Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia parola. e mi apre, Io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con Me" (Ap 3,20).



Vangelo di Giovanni cap. 3

C'era tra f farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbi, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui».

Gli rispose Gesù: «In verità in verità ti dico se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio».

Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».

Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio

Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.

Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto.

Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?».

Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?

In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non acco­gliete la nostra testimonianza.

Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crede­rete se vi parlerò di cose del cielo?

Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la. vita eterna».

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.

Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.

Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.



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05/09/2009 16:04


- Capitolo 2 -

"IO CREDO IN... "

LA FEDE E' UN CAMMINO


Abbiamo visto il significato dell'espressione iniziale: "io cre­do!" e in che cosa consiste la fede che professiamo: è un aprire il cuore a Gesù per accoglierlo come Salvatore e Signore, per farlo sedere sul trono della nostra vita affinché ne sia il sovrano assoluto. Questa fede ci ha trasformati in figli di Dio, ci ha fatti nascere di nuovo, non più dalla nostra mamma, ma dallo Spirito di Dio. Ora in noi vive ed opera Gesù stesso! Il cristiano, cioè il credente, è un altro Cristo!

Facciamo ora un passo avanti. L'espressione iniziale ag­giunge una particella grammaticale molto importante. In italiano diciamo "in" così come in latino. In greco si dice "eis o `ev": "Credo in...".

L'espressione è presa dal Vangelo di Giovanni. Giovanni non usa la parola fede, ma usa molte volte il verbo "credere in"... che vuol dire: "cammino verso qualcuno o qualcosa".

Tutto ciò è molto importante perché manifesta la fede come un cammino e non come una realtà ferma, statica. Nell'atto di fede è tutto il mio essere che si muove incontro a qualcuno nel duale ho fiducia. La fede ha come meta un incontro di persone, non un manifesto di verità astratte. Infatti diciamo: Credo in Dio Padre..., Credo in Gesù Cristo..., Credo nello Spirito Santo. Sarebbe come dire: cammino incontro a Dio Padre, a Gesù Cristo, allo Spirito Santo...

Lo scopo della nostra fede è l'incontro con le tre Persone della Ss.ma Trinità. Non è però solo l'incontro del mio intelletto, ma è l'incontro di tutto il mio essere: intelletto, cuore, vita.



L'INTELLIGENZA

Mediante la fede io vado incontro a Dio con la mia intelligenza.

In che modo? Accogliendo come sicuramente vere quelle realtà che Egli mi rivela nella predicazione apostolica e nella Sacra Scrittura e che la Chiesa mi propone di credere. Eccovi un esempio.

L'oggetto del mio occhio è tutto ciò che è corporeo: un uomo, una pianta, una montagna, un bicchiere, un libro, ecc.

Per vedere queste cose però mi è necessaria la luce: senza di essa queste cose ci sono ugualmente, ma io non le vedo. E' come se non ci fossero. La luce invece le illumina così che i miei occhi le possono vedere e, in un certo senso, farle proprie, portarle dentro di me nella loro immagine.

L'oggetto della mia intelligenza è la verità e la realtà: tutto ciò che è vero e reale può essere capito dal mio intelletto. Ma qui ci troviamo di fronte a due tipi di realtà e a due tipi di luce: a) ci sono le realtà terrene e le verità terrene, quelle cioè che la mia intelligenza può capire alla luce dell'esperienza, dell'evidenza e del ragionamento;

b) ma ci sono delle realtà e delle verità che sono divine ed eterne che superano la capacità della mia intelligenza e non sono percepibili alla luce naturale. Occorre una facoltà nuova e una luce nuova, soprannaturale.

La facoltà nuova è la fede, la luce soprannaturale è la Parola di Dio.

Con questa facoltà e con questa luce mi è possibile ac­cogliere dentro di me realtà e verità divine altrimenti invisibili.

Es.: la Ss.m Trinità è una realtà ed una verità divina che supera ogni esperienza ed ogni ragionamento. Eppure io la conosco perché l'ho accolta in me mediante la fede ed alla luce della Parola di Dio.

La Fede dunque è. prima di tutto. un incontro dell'intelligenza umana con le verità rivelate da Dio, alla luce della divina Parola.

Queste verità, però, non sono astratte: corrispondono a realtà concrete. Anzi esse sono tutte riassunte in una persona: Gesù! "Io sono la Verità" Egli ha detto! (Gv 14,6). Ma Egli è pure la luce del mondo: "Io sono la luce del mondo: chi segue me non vivrà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 12,46).

Infatti Gesù è la Parola stessa di Dio, l'immagine umana del Dio invisibile. Chi vede Gesù, vede il Padre! (cfr Gv 14,9). Quando noi diciamo `Yo credo in..." affermiamo il cammino della nostra intelligenza verso Colui che è la Verità e la Luce. Questo cammino dura tutta la vita e continuerà, sia pure in maniera molto diversa, anche nell'aldilà, per sempre. La no­stra intelligenza, infatti, non arriverà mai ad esaurire la vastità infinita di verità che è Dio! Ci sono così due grandi caratteristiche della fede cristiana:

- la prima: è che essa è in continua crescita e perciò nessuno può mai tenersi pago di quello che conosce o, peggio, pretendere di conoscere tutto lui solo;

- la seconda: essa è certa e sicura nelle sue acquisizioni perché ha come fondamento la veracità e l'onestà di Dio stesso.

Quante cose noi accettiamo come vere solo perché ce le dice qualcuno che noi reputiamo verace ed onesto. Pensiamo un po' ai racconti della storia, alle descrizioni della geografia, dell'astronomia, ecc. Del resto tutta la nostra vita quotidiana è fondata sulla fiducia reciproca. Altrimenti come si potrebbe salire in treno, comprare il cibo, farsi curare dal medico, chiedere consiglio all'avvocato e via dicendo. "Ma se noi accettiamo la testimonianza degli uomini saggi ed onesti - scrive San Giovanni Apostolo - quanto più dovremo accetta­re la testimonianza di Dio!" (Gv 5,9).

Dio è autorevole perché Egli è verace (cioè dice sempre e solo la verità) ed è onesto (cioè non vuole e non può ingan­nare nessuno). Perciò quando Dio parla noi siamo certi di quel che dice e ci sentiamo sicuri delle verità che ci rivela: esse sono garantite dalla sua autorità.

Quindi l'effetto della fede intellettuale in Dio e nelle verità che Egli ci rivela è la nostra certezza (riguarda (intelletto) e la nostra sicurezza (riguarda il cuore).

Il vero credente è un uomo certo e sicuro non perché si fonda sulla propria intelligenza, ma perché ha il suo fondamento in Dio e nella sua Parola: "Il Signore è con me: non potrò vacillare. Egli mi fa camminare sulle alture. Egli è la mia roccia, il mio rifugio, la mia sicurezza" (dai Salmi).



IL CUORE

Mediante la fede io vado incontro a Dio con il mio cuore. Dio non è soltanto Verità. Egli è anche Amore. San Gio­vanni scrive: "Dio è Amore, chi rimane nell'amore, rimane in Dio e Dio in lui" (Gv 4,16).

Quando io dico credo in... esprimo non solo il cammino del mio intelletto verso la Verità, ma anche il cammino del mio cuore verso l'Amore. Infatti Dio mi si rivela all'intelletto come Padre buono e misericordioso, un padre che mi ha pensato e scelto da tutta l'eternità e che mi ha creato al momento opportuno. Un Padre che mi vuole dare sè stesso come eredità eterna. Egli mi rivela che il suo amore per me è eterno, da sempre, prima ancora che io esistessi. Egli mi ama non perché io lo meriti, ma perché Egli è buono. Credere in questo Amore significa lasciarmi amare e, di conseguenza, amarlo a mia volta.

Dio non si rivela come un Dio astratto, ma come un Dio concreto che ama. La fede perciò non può restare nel campo puramente intellettuale, ma deve scendere nel cuore e diventare risposta d'amore all'amore di Dio.

Una fede puramente intellettuale è incapace di salvarci. Solo una fede animata dall'amore può salvarci!



LA VITA

Mediante la fede io vado incontro a Dio con tutto il mio essere.

Un giorno i Giudei chiesero a Gesù: "Quali sono le opere che dobbiamo fare per piacere a Dio?" e Gesù rispose: "Un'opera sola vuole dà voi il Padre Celeste: che crediate in Colui che egli ha mandato" (Gv 6,19).

Di fronte a questa dichiarazione qualcuno potrebbe essere tentato di pensare che la salvezza dipenda esclusivamente da una fede intellettuale. Ma quando Gesù parla di fede in Colui che Dio ha mandato, intende parlare di sequela, cioè di una fede che porta a seguirlo.

Altrettanto quando parla di amore: Gesù non si riferisce mai ad un amore puramente sentimentale, ma parla sempre di un amore che porta a seguirlo. "Vieni e seguimi": ecco l'invito di Gesù a tutti gli uomini. "Vieni" mediante la tua fede in me, accettandomi come tuo salvatore e come tuo signore. "Seguimi" mediante il tuo amore operoso pronto a compiere le opere sante alle quali Dio ti ha abilitato con il dono del suo Spirito. La fede salvifica è quella che porta a seguire Gesù fino alla Croce e alla Risurrezione. Del resto accade così anche nella nostra vita quotidiana. Quando noi diamo fiducia ad una persona, immediatamente gliela dimostriamo con l'atteggiamento e con le opere. Per esempio se io ho veramente fiducia in un operatore finanziario, gli do i miei soldi da amministrare. Se ho piena fiducia in un chirurgo, gli affido la mia vita e mi lascio operare da lui. Se ho fiducia in un insegnante, lo ascolto e mi sforzo di mettere in pratica le sue lezioni. Se ho fede in un avvocato, seguo i suoi consigli, ecc. Non si può pensare di aver fede in Dio ed in Gesù senza poi passare immediatamente alla sequela, all'attuazione del Vangelo, al compimento della divina volontà! Una fede che si fermasse unicamente all'intelletto o al sentimento, sarebbe una fede morta, come afferma la Bibbia: "La. fede senza le opere è morta!" (ciac 2,20).

Dunque credere in Dio significa andare incontro a Lui non solo con la mente e con il cuore, ma anche con tutta la nostra vita. Significa, in altre parole, aprire la porta del cuore, vuol dire che tutto in noi è al suo servizio: mente, cuore, corpo, forze, ecc.

Stiamo bene attenti però a non prendere un abbaglio che, purtroppo, inganna molti cristiani. La Bibbia ci dichiara apertamente che non è in virtù delle nostre opere che siamo salvi, ma in virtù del Signore mediante la fede in Lui (cfr Efes 2,9). Cosa vuol dire? Vuol dire che la salvezza è già stata compiuta da Dio nella Persona di Gesù. Noi possiamo far nostra la salvezza che è in Cristo. Come? Mediante la fede, cioè accettandoLe come nostro Salvatore e Signore. Allora Gesù verrà in noi e ci salverà.

Ma la fede che apre la porta della vita a Gesù, come abbiamo detto, comprende tutto il nostro essere: mente, cuore, corpo: tutto!

Vi faccio un esempio. Il perdono dei peccati Dio ce lo concede come un dono per i meriti infiniti del Signore Gesù. Tu potresti fare tutte le più grandi penitenze del mondo, ma non arriveresti mai a pagare uno solo dei tuoi peccati. Gesù, con il suo Sangue, ha pagato ogni nostro peccato una volta per sempre. Ora se tu vuoi il perdono non hai che una cosa da fare: credere in Gesù Salvatore e nel suo Sangue Prezioso. Ma con quale fede? Solo con la fede della mente? No! con la fede completa, quella che è resa viva ed operosa dalla carità, cioè dall'amore. Ecco perché confessi il tuo peccato, chiedi il perdono, fai penitenza. Non basta che tu dica: io credo che Gesù è il mio salvatore, ma è necessario che tu lo accolga

come tale nel tuo cuore e nella tua vita rigettando il tuo peccato e convertendoti a Dio. Vedi, dunque, che è Gesù il tuo salvatore: ma è altrettanto vero il fatto che tu lo accogli con una fede autentica, viva e operante.



LA FEDE E' UN CAMMINO

Ecco, amici, il profondo significato delle prime parole del Simbolo: "Io credo in...". Esse indicano un cammino di tutto il nostro essere verso Dio Uno e Trino, cioè non verso verità astratte, ma verso realtà concrete, verso le tre Persone della Ss.ma Trinità con tutte le meravigliose realtà che Esse portano in sè.

La fede è. dunque, un cammino. Ora dire cammino, significa dire movimento da un punto fino ad un altro punto. Significa pure dire crescita.

Il punto di partenza della fede è Dio che si rivela a noi: la fede nasce dall'ascolto della Parola di Dio. E' nella Parola di Dio che sta la sorgente della fede. Chi non ascolta la Parola di Dio non può aver la fede! La Parola di Dio poi ci è offerta dalla predicazione, come insegna l'apostolo Paolo nella lettera ai Romani (Rom 10,9-15). La predicazione, infine, è affidata alla Chiesa cui Gesù ha detto: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mt 28,19).

Se vuoi crescere nella fede fino alla sua perfezione, che si avrà nella visione beata in Cielo, è necessario che tu ti metta in religioso ascolto della Parola di Dio, come giustamente insegna il Concilio Vaticano II (Cost. Dei Verbum n. 5). Non coi tuoi sforzi intellettuali, né con la moltitudine dei libri e neppure con i ragionamenti sofisticati potrai crescere e ma­turare nella fede, ma unicamente accogliendo in te la divina parola e obbedendo ad essa. Infatti: "A Dio, che rivela, è dovuta l'obbedienza della fede con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutt'intero liberamente, prestandogli il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da Lui" (Conc. Vat. Il, Dei Verbum n. 5).

"Per questo - continua il Concilio - sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente e dia a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla. verità". "Infine - dice il Concilio - affinchè l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni".

Ecco, dunque, la strada per crescere nella fede: mettersi nelle mani di Dio, affidarsi alla sua grazia, chiedere il suo aiuto con preghiera umile e perseverante, ascoltare la sua Parola lasciandoci penetrare dalla dolcezza e dalla luce dello Spirito Santo.

Così ha fatto la Madonna che Gesù ci ha presentato come modello di fede e che lo Spirito ha proclamato beata per la sua fede. "Maria - dice il Vangelo - conservava e meditava tutte queste cose nel suo cuore" (Le 2,19). Non solo essa si è abbandonata a Dio senza riserve, aprendo la porta del suo cuore a Gesù e facendolo Signore di tutto il suo essere, ma era in continuo e religioso ascolto della sua Parola, tanto che Gesù, correggendo l'espressione entusiasta di una donna che proclamava la grandezza di Maria ponendola tutta nella sua divina maternità, La presentò modello dei discepoli "che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" ( Lc 11, 27­28). Impariamo, dunque, dall'esempio di Maria a credere e a crescere nella fede.



CONTEMPLAZIONE

Ora mettiti davanti al Signore Gesù, possibilmente in ginocchio davanti al Ss.mo Sacramento o ad una sua immagine nel segreto della tua cameretta. Riconosci umilmente i tuoi peccati e chiedine il perdono confidando nella misericordia di Dio. Poi apri la tua mente, il tuo cuore, la tua vita a Gesù che sta bussando alla tua porta e accoglilo in te quale tuo Salvatore e Signore pregandolo di prendere possesso di tutto il tuo essere senza eccezione alcuna. Fa questa preghiera con la Madonna, come un bambino ripete la preghierina che la mamma gli suggerisce.



PREGHIERA

Signore Gesù, sono infinitamente riconoscente al Padre perché mi ha concesso il dono della fede e mediante il Battesimo mi ha fatto rinascere come suo figlio adottivo. Però mi accorgo che non Ti ho mai accolto con un atto coscientemente responsabile quale mio Salvatore e Signore personale. Oggi, ancora una volta, Tu bussi alla porta del mio cuore chiedendomi di entrare e di essere accolto come amico. Ebbene, con la tua santa grazia e con il materno aiuto di Maria, ecco che io, in questo momento Ti apro il cuore. Vieni, Gesù, a cenare con me perché anch'io voglio cenare con Te, mio Signore e mio Salvatore. Prendi possesso di tutto me stesso: io mi dono a Te per sempre e pongo in Te tutta la mia fede. Amen.



- Capitolo 3 -

"CREDO IN UN SOLO DIO, PADRE... "

DIO E' PADRE


Il primo articolo del Credo dice così: "Io credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della, terra, di tutte le cose visibili ed invisibili".

L'oggetto di questo primo atto di fede è il Padre. Con questo atto di fede noi ci incontriamo con il Padre e ci affidiamo a Lui. Questa precisazione è molto importante e significativa. C'è infatti l'idea che quando il cristiano afferma di credere in Dio, dica la stessa cosa che dice il buddista o il maomettano. La realtà è profondamente diversa. Infatti altro è la convinzione umana su Dio (convinzione che il cristiano condivide con tutti i credenti del mondo) e altro la fede in Dio. Molto spesso le due cose vengono confuse, ma non è esatto!



LA CONVINZIONE UMANA

La convinzione umana sull'esistenza di Dio è fondata sul ragionamento, più o meno esplicito, della nostra intelligenza umana. La Bibbia stessa afferma: "Ciò che di Dio si può conoscere è manifesto a tutti gli uomini; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da Lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rm 1). Di conseguenza la Bibbia condanna quanti rifiutano Dio, "essi sono inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa" (Rom 1,19-21).

Grazie alla rivelazione che Dio fa di sè stesso attraverso le opere della creazione, gli uomini sanno abbastanza di Lui per poterlo adorare come il Signore e ringraziarlo per i doni ricevuti. La Parola di Dio giunge ad ogni uomo nel multiforme dialogo che Dio, attraverso il creato frutto della sua parola, ha intessuto con l'unica creatura capace di rispondere, fatta a sua immagine e somiglianza. Pertanto l'orgogliosa volontà degli uomini di prescindere da Dio, loro creatore, è una scelta piena di malizie: per questo non hanno scuse di fronte al giudizio di Dio. L'effetto di questa colpevole malizia è terribile: pensieri vuoti, privi della verità essenziale e mente ottenebrata, cioè incapace di dirigere il cammino della creatura.

Non è forse la triste realtà che stiamo vivendo in questo mondo che rifiuta di conoscere e di accogliere Dio? Comunque non è dell'ateismo, più o meno colpevole, più o meno ideologico, che noi stiamo parlando, ma della convinzione che ci sia Dio, quella che erroneamente noi chiamiamo fede in Dio o credere in Dio.

Dovremmo dire invece conoscenza dell'esistenza di Dio o convinzione che Dio esiste. Questa conoscenza e convinzione infatti non scaturisce da una Parola alla quale crediamo, ma da una presunzione che ci siamo formati dentro di noi me­diante l'intuizione ed il ragionamento. C'è infatti un principio connaturale in noi che sta contemporaneamente e alla base della scienza e alla base della convinzione che Dio esiste: è il principio di ragion sufficiente. Esso si esprime più o meno così: ogni cosa. come ogni avvenimento. deve avere una spiegazione sufficiente o dentro di sè. o fuori di s è. Non esiste nulla e non accade nulla senza che ci sia una spiegazione. Facciamo un esempio: ho lasciato la mia stanza tutta in disordine. Lì un libro, là una giacca, più in là le scarpe, il letto disfatto, il pigiama per terra. Esco e chiudo a chiave. Ritorno dopo un'ora e, appena apro la porta, ecco che vedo la stanza tutta ordinata: la giacca è appesa all'attaccapanni, il pigiama ripiegato sulla sedia, il letto rifatto, i libri al loro posto nello scaffale, le scarpe pulite ed ordinate. Qual'è, secondo voi, la prima cosa che mi viene in mente in quel momento? E' una domanda: Chi è stato? Scatta cioè in me il principio di ragion sufficiente al fondo del quale sta una certezza di natura: non può mai mancare una spiegazione ed una spiegazione sufficiente a un qualsiasi fenomeno, a qualsiasi cosa accadda. Non solo ci deve essere una spiegazione al fatto, ma anche una spiegazione logica ed esauriente.

Nell'esempio che vi ho portato prima non basta rispondere: è stato il vento! Perché non è una spiegazione logica ed esauriente. L'ordine, infatti, richiede un progetto, un'intelligenza ed il vento non ha progetti e non è intelligente. Può darsi che io non venga mai a sapere chi in realtà è stato a mettermi in ordine la stanza, ma di una cosa sono e resterò sempre convinto: che qualcuno è stato e questo qualcuno è intelligente!

Il principio di ragion sufficiente è quello che spinge la polizia a ricercare il colpevole attraverso gli indizi e le prove, quello che spinge lo scienziato a cercare la soluzione di certi e­nigmi, quello che guida ogni uomo in ogni momento della sua vita verso il progresso, la ricerca, la conoscenza.

Ebbene questo principio viene applicato, più o meno con­sciamente, anche al mondo ed alla vita. Non è possibile che il cosmo, con tutta la sua immensità e la sua meravigliosa organizzazione, sia senza adeguata spiegazione e non è possibile che i fenomeni della vita siano privi di motivazioni. Un grande scienziato, premio Nobel per la fisica, ha scritto: "Il mondo senza Dio è un assurdo, il mondo con Dio è un mistero. Ebbene io, come scienziato, posso accettare il mistero perché ci sono molte e molte cose che ignoro, ma non posso accettare l'assurdo".

Quando la Bibbia condanna gli atei non intende tanto parlare di quelli che, senza colpa e in buona fede, danno una risposta semplicista al grande problema del mondo, ma quelli che per superbia o per stupidità e indifferenza, rifiutano di cercare la vera soluzione.

Ogni uomo, per quanto ignorante e incolto, si pone, prima o poi, il grosso problema dell'esistenza di Dio e gli dà una risposta. C'è chi, in buona fede, dà una risposta negativa e c'è chi la dà negativa in mala fede, per tornaconto, per preconcetto, per pigrizia o indifferenza.

Ma c'è anche, ed è la stragrande maggioranza degli uomini, chi dà una risposta positiva, anche se non univoca, ossia concorde. Ebbene, quando una persona dice: "io credo in Dio", intende affermare la sua convinzione che Dio esiste. Ma questa non è fede, è convinzione basata sulla ragione umana. La fede, invece, si basa sulla Parola di Dio.



IL DIO DI GESU CRISTO

Il Dio della convinzione umana è un Dio generico, astratto, senza volto. Il Dio della fede invece è "il Dio, Padre del Si­gnore nostro Gesù Cristo il Dio di ogni consolazione (S. Paolo); Colui che è l'Amore" (S. Giovanni).

Quando il cristiano dice io credo in Dio non è solo alla sua convinzione umana che fa appello, ma alla sua fede nella Parola di Gesù.

Dice il Vangelo di Giovanni: "Dio nessuno mai lo ha visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato" (Gv 1,18).

Dunque è nel Dio rivelato da Gesù che noi affermiamo di credere, quando diciamo: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili.

Quell'aggettivo solo non si riferisce soltanto all'esistenza di un Dio solo, quindi escludendo ogni altra divinità, ma so­prattutto al fatto che il Dio che esiste è proprio e solo il Padre di Gesù.

Fin dal principio della sua professione di fede il cristiano si distingue nettamente da ogni altra religione in quanto pro­clama che il suo Dio è il Padre di Gesù e, in Gesù, il Padre di tutti i suoi discepoli.

La paternità divina viene così posta a fondamento della no­stra professione di fede. Per noi non esiste che un Dio: e questo Dio è un papà il papà di Gesù il papà dei credenti in Gesù. il papà di tutti e di tutto.

Gesù lo chiamava proprio così: Abbà, cioè papà! E quando gli apostoli gli hanno chiesto di insegnare loro a pregarlo, Gesù ha detto: invocatelo anche voi così: Abbà, papà! come faccio io! (Le 11,1-2).

Per questo, prima di recitare o cantare insieme la preghiera del Padre nostro, il celebrante esclama: obbedienti alla Pa­rola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osia­mo dire: Abbà! Papà! Padre!

A questo punto si impone un'altra spiegazione riguardante la paternità di Dio. Noi diciamo indifferentemente Dio è no­stro Padre e Dio è Padre di tutti gli uomini. Il che non è del tutto esatto.

Dio, infatti, è padre di tutti gli uomini in un modo ed è padre dei discepoli di Gesù in un altro.



1) Dio è padre di tutti gli uomini nel senso che è il loro crea­tore. Li ha pensati, amati e voluti da tutta l'eternità. Essi sono il frutto del suo amore e della sua onnipotenza. Ogni uomo è figlio di Dio in quanto, come dice la Bibbia, è fatto a sua immagine e somiglianza. In questo senso non c'è alcuna differenza di razza, di religione, di sesso. Ogni uomo è figlio di Dio e, di conseguenza, tutti gli uomini sono tra di loro fratelli.

In questo senso Dio può essere considerato Padre anche di tutte le cose. Ogni cosa infatti viene dal suo cuore e dalla sua volontà. Perciò ogni cosa deve essere rispettata perché, in qualche modo, porta l'impronta di Dio che l'ha fatta.



2) C'è però una paternità divina ben superiore a questa e che s'innesta nel mistero della Ss.ma Trinità. Dio è Padre perché da tutta l'eternità genera un Figlio, da tutta l'eternità in tutto uguale e consostanziale al Padre, cioè della stessa sostanza e natura. Ebbene verso questo Figlio, Dio ha una paternità sostanzialmente diversa da quella che ha verso tutti gli uomini e verso tutte le creature. Tra Lui ed il Figlio esiste un rapporto unico, come è unico il rapporto che unisce un papà al figlio che ha generato.

Ebbene i cristiani partecipano a questo rapporto unico e sono perciò figli di Dio non solo alla maniera di tutti gli uomini, ma anche alla maniera di Gesù. Ciò avviene non per naturale generazione, ma per grazia, mediante la fede. E ciò suppone una generazione da parte di Dio e una nuova nascita, dall'acqua e dallo Spirito Santo, da parte dell'uomo. La Bibbia insegna che il cristiano è una nuova creatura: è creato di nuovo da una particolare azione dello Spirito Santo che lo rende partecipe della natura stessa di Dio. Scrive San Pietro: "Noi siamo partecipi della natura divina" (cfr 2Pt 1,4) e Gesù, parlando a Nicodemo, afferma che è necessario nascere di nuovo, mediante l'acqua e lo Spirito Santo, se vogliamo entrare nel Regno di Dio (cfr Gv 3). Nel prologo del suo vangelo Giovanni afferma: "A quanti hanno accolto Gesù, Dio ha fatto un dono: quello di diventare figli di Dio", poi continua: "A quelli cioè che hanno fede nel suo nome (nel nome di Gesù) i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo (non dalla natura umana), ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,12-13) .

Dunque noi che abbiamo fede in Gesù siamo stati generati da Dio: il che significa che partecipiamo alla vita filiale di Gesù, vero Figlio di Dio. Di conseguenza noi possiamo chiamare Dio nostro papà allo stesso modo con cui lo chiama Gesù e non solo come lo chiamano tutti gli uomini da Lui creati. Nei cristiani c'è qualcosa che non c'è negli altri uomini, qualcosa però che Dio vuol dare a tutti e a cia­scuno: ed è la vita nuova, la vita stessa di Cristo, la vita del Figlio di Dio.

Con il primo articolo del Credo è questo meraviglioso mistero di paternità e di filiazione che noi vogliamo soprattutto professare ed annunciare. Dio, il Dio vero, il Dio che è il Padre di Gesù e il Creatore del mondo, è pure nostro padre non solo nel senso e al livello della creazione, ma anche nel senso e al livello di Gesù. Noi formiamo con Gesù un essere solo, un solo corpo e, quindi, siamo veri figli di Dio partecipando alla sua natura divina. Gesù vi partecipa dall'eternità per natura, perché è Dio, noi vi partecipiamo dal giorno del battesimo e per grazia, per adozione. Non è una cosa meravigliosa per la quale dovremmo cadere in ginocchio per ringraziare Dio?



La Madonna ci aiuti a comprendere questa realtà e ci ispiri parole di ammirazione e di gratitudine per il dono stupendo che abbiamo ricevuto. Lei ci precede in questa grazia perché concepita senza peccato per un dono singolare di Dio in vista della redenzione di Cristo: è figlia di Dio per eccellenza, la figlia prediletta per grazia! Inoltre Maria coopera con Dio alla nostra rigenerazione soprannaturale in modo ineffabile, per volontà di Dio che l'ha voluta cooperatrice "in modo tutto singolare all'opera del Salvatore con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità per restaurare la vita soprannaturale delle anime" (Conc. Vaticano II: L.G. n. 61).



CONTEMPLAZIONE

Mettiti devotamente alla presenza di Dio Padre. Immagina di avere accanto a te Gesù che pone sulle tue labbra la "sua" preghiera, che è anche tua. Falla tua! Recitala adagio. Vi ho aggiunto alcuni pensieri per aiutarti a meditarla, ma tu lasciati guidare dallo Spirito che è in Te.

PADRE (ABBA', PAPA')

NOSTRO: di me e di tutti. La mia è. una preghiera per tutta la famiglia umana. Quello che chiedo per me lo domando per ogni uomo, per ogni tuo figlio.

CHE SEI NEI CIELI: la tua casa è il Cielo, che è pure la mia dove Tu mi attendi con amore. Anche il mio cuore e quello dei miei fratelli è una Casa per Te. Tu non sei lontano, sei in me. Prima parte: riguarda Lui.

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME; cioè, conosciuto, amato, invocato con fiducia filiale, servito con prontezza e impegno. Sia benedetto e ringraziato il tuo Nome di Padre!

VENGA IL TUO REGNO; il regno dell'amore, della pace, della giustizia: nel mio cuore, nella mia famiglia, nella società umana, nella tua Chiesa, in tutto il mondo per preparare il Regno celeste futuro.

SIA FATTA LA TUA VOLONTA'; cioè si compiano i tuoi pro­getti di misericordia, quelli che hai su di me e quelli che hai sulla mia famiglia, sulla tua Chiesa, sul mondo intero.

COME IN CIELO; come li ha compiuti il tuo Verbo nell'eternità quando si è incarnato per noi, per attuare con infinito amore il tuo progetto di salvezza, annientandosi e facendosi obbe­dientefino alla morte di croce.

COSI' IN TERRA; anch'io obbediente per amore, ponendo in Te la mia fiducia filiale. Tu infatti vuoi sempre e solo il mio bene anche quando mi lasci nella prova e nella sofferenza.

Seconda parte: riguarda noi.

DACCI OGGI, cioè ogni giorno della. nostra vita terrena.

IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO; il pane che nutre la vita terrena e il Pane celeste che nutre la nostra vita celeste. Nel "pane" è racchiuso ogni altro nostro desiderio, ogni nostra necessità spirituale e corporale.

RIMETTI A NOI; cioè perdonami, cancella, dimentica.

I NOSTRI DEBITI, i miei numerosi peccati e le pene dovute ai peccati.

COME NOI LI RIMETTIAMO; fin da adesso perdono anch'io nell'intimo del cuore.

AI NOSTRI DEBITORI, senza coltivare in cuore rancore, vendetta, odio, ma anzi amando e benedicendo chiunque mi abbia fatto offesa. Lo faccio unicamente per amor tuo.

E NON CI INDURRE IN TENTAZIONE; cioè tieni conto della mia fragilità e della mia debolezza quando mi metti alla prova. Sono "piccolo e pauroso, non sono un eroe.

MA LIBERACI DAL MALE; dal Maligno che vuole la mia ro­vina eterna, da ogni sua infestazione e ossessione, da ogni male che da lui procede.



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05/09/2009 16:05


- Capitolo 4 -

"IN DIO, PADRE ONNIPOTENTE, CREATORE"

IL CREATORE


C on il primo articolo del Credo, abbiamo detto, noi espri­miamo la nostra fede nel Dio Padre del Signore Nostro Gesù Cristo e Padre Nostro Celeste.

Questo Padre è pure il Creatore onnipotente, Colui cioè che ha fatto dal nulla tutte le cose e che sostiene con la sua potenza tutto l'universo.

La creazione è uno dei grandi postulati della fede. Anche la ragione, di per sè, arriva ad ammettere un intervento divino nell'origine del mondo, ma è la Parola di Dio che ci rivela con chiarezza in che cosa consista questo intervento.



IN PRINCIPIO

La Bibbia comincia con queste parole: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gen 1,1). Poi prosegue descrivendo l'evolversi del creato sotto la mano potente di Dio usando espressioni poetiche e popolari nelle quali si manifesta la mentalità semplice e concreta dei popoli di quel tempo. In questo racconto tuttavia c'è un messaggio di fede ed è la dipendenza di ogni cosa da Dio, vuoi nella sua origine, vuoi nella sua stessa esistenza. Tutto viene da Dio e tutto sussiste in Lui. Nulla esiste, o può esistere, senza di Lui!



LA SCIENZA

La scienza moderna, pur essendo molto progredita rispetto a quella dell'Antico Testamento e pur avendo possibilità tecniche di ricerca infmitamente più valide di quelle che potevano avere gli studiosi egiziani o babilonesi, si trova tuttavia handicappata di fronte al problema dell'origine del mondo. Essa può spiegarti tutto ciò che avvenne dopo il primo istante, ma non sa dirti che cosa sia avvenuto in quell'istante (cfr. L'universo che fugge - Paul Davies, pag. 49 Ed. Mondadori). Si parla del bang iniziale, si parla di creazione continua, si parla di un universo che pulsa e respira. Tutte ipotesi scientifiche, più o meno seguite dagli studiosi moderni, ma nessuna delle quali riesce a risolvere il vero problema: che cosa .c'era prima? Come ha avuto inizio il mondo attuale? E' un mistero e tale rimane anche per la scienza.



LA FEDE

La fede, invece, ci offre la soluzione. La fede ci parla di creazione dal nulla mediante un atto d'amore onnipotente. Prima c'è Dio, Amore eterno, Amore Infinito, Amore onnipotente. Da Lui, dalla sua sapienza, dal suo cuore è partita la scintilla che ha dato origine al mondo e che ha messo in moto l'enorme, meravigliosa macchina dell'universo: "fiat"! Questa è la risposta della fede cristiana. Ma è ancora incompleta. La risposta globale è quella che troviamo in Colossesi 1,15-17: "Il Dio invisibile si è fatto visibile in Cristo nato dal Padre prima della creazione del mondo. Tutte le cose create, in cielo e sulla terra, sono state fatte per mezzo di Lui; sia le cose visibili, sia quelle invisibili: i poteri, le forze, le autorità, le potenze. Tutto fu creato per mezzo di Lui ed in vista di Lui. Cristo è prima di tutte le cose e tiene insieme tutto l'universo".

Leggiamo pure in Effesini 1,3-12: "Il Padre del Signore Nostro Gesù Cristo ci ha scelti, prima della creazione del mondo, in Cristo per renderci santi e senza difetti al suo cospetto... Nel suo progetto Dio ha scelto anche noi fin dal principio... ha voluto che fossimo una lode della sua. grandezza".

E San Giovanni, nel prologo del suo Vangelo, scrive: 'Al principio (prima che Dio creasse il mondo), c'era (colui che è) la Parola (il Verbo). Egli era con Dio; Egli era Dio. Egli era al principio con Dio. Per mezzo di Lui Dio ha creato ogni cosa e senza di Lui non ha creato nulla" (Gv 1,1-3) .

La Bibbia, dunque, non solo ci rivela che il mondo è stato creato da Dio, ma ci rivela pure come questa creazione faccia parte di un progetto divino per noi.

Nessuno costruisce una casa se non per abitarla lui stesso o per farla abitare da qualcuno; così Dio ha creato questo mondo per farlo abitare da noi, perché fosse la nostra dimora, la nostra casa.



IL PROGETTO DI DIO

Il suo progetto però va più in là. Egli vuole che noi andiamo a vivere con Lui, partecipiamo alla sua stessa vita divina. Ecco allora che, nel suo progetto, la creazione è solo il primo atto di un grande dramma. L'epilogo, il finale del dramma, è la Vita Eterna, quando tutto il progetto divino troverà il suo compimento. Perché ciò sia possibile Dio, fin dal principio, ha previsto e voluto l'incarnazione di suo Figlio, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione. Così in Lui, nel suo Figlio, il mondo sarebbe rinato, sarebbe ricominciato di nuovo in una nuova creazione dove il peccato e la morte, il dolore e la cattiveria non ci saranno più, ma soltanto pace, amore, gioia senza fine.

La Bibbia è molto chiara in proposito. Essa dice per bocca di San Pietro: "Dio ci ha promesso cieli nuovi ed una nuova terra, dove tutto sarà secondo la sua volontà. Questo noi aspettiamo" (Pt 3,13). E ancora: "Allora io vidi un nuovo cielo ed una nuova terra - il primo cielo e la prima terra erano spari­ti, ed il mare non c'era più - e vidi venire dal Cielo, da parte di Dio, la santa città, la nuova Gerusalemme, ornata come una sposa pronta per andare incontro al suo sposo... Non ci sarà più né lutto, né pianto, né dolore. Il mondo di prima è scomparso per sempre... Allora Dio da suo trono disse: Ora faccio nuova ogni cosa" (Ape 21,1-5).

La prima creazione, dunque, cioè quella nella quale ora vi­viamo, è orientata alla seconda, quella che Dio attuerà nel tempo stabilito. Ora noi viviamo nell'attesa, come nell'aspettativa di un parto. Nel parto ci sono due persone distinte: la mamma ed il bambino. Finché non è giunta l'ora della nascita, il bambino vive nella mamma e per mezzo della mamma. Ebbene il mondo nuovo vive ora in questo mondo creato ed attende l'ora della nascita. Scrive San Paolo: "Tutto l'universo aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli... Noi sappiamo che fino ad ora il creato soffre e geme come una donna che partorisce" (Rm 8,19-22).

Alla fine del Credo riprenderemo la meditazione di questa attesa quando commenteremo le ultime parole: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà". Ma fin d'ora noi dobbiamo aver presente "quel mondo" perché esso è già presente, come il bambino è presente nel seno materno finché non viene il giorno della nascita. E quando noi professiamo la fede in Dio Creatore non abbiamo davanti agli occhi soltanto questo universo nel quale viviamo ora come peccatori, ma anche l'altro, quello che Dio ci ha promesso ed al quale questo conduce. Parliamo infatti di creazione del mondo e di fine del mondo. In realtà il mondo non avrà fine, ma sarà trasformato dalla stessa onnipotenza divina che lo ha creato. Sarà trasformato perché corrisponda in pienezza al progetto di Dio. Il peccato lo ha guastato, come un terremoto che rende inagibile e pericolante la casa. Dalle sue rovine l'uomo è stato tratto in salvo da Cristo Signore, vivificato dal suo Sangue divino, rinato ad una vita nuova come figlio di Dio. La vecchia casa deve essere abbattuta, non distrutta. Con le sue pietre si costruirà una casa nuova, più bella, più sicura, incrollabile dove potremo abitare tranquilli per sempre. Questo è quanto Dio ha promesso di fare e questo ha già cominciato ad attuare in Cristo Gesù ed in noi.

Credere nel Creatore per un cristiano significa perciò credere anche nella futura nuova creazione. Significa accogliere la rivelazione del nuovo progetto di Dio per un mondo che non ci deluderà mai più. Ma significa anche lavorare con Dio per l'edificazione di quel mondo, come i terremotati lavorano con i loro salvatori prima nello sgombrare le macerie della vecchia casa, poi nel costruire la casa nuova.



L'IMPEGNO

La fede in Dio Creatore impegna l'uomo verso il mondo attuale e verso il mondo futuro.

a) Verso il mondo attuale: lo impegna in tre direzioni.

la direzione lo impegna a scoprire nel mondo attuale la sapienza e l'amore del Creatore, come dice bene il poeta Metastasio:

Ovunque il quardo giro - immenso Iddio ti vedo nell'opre tue t'ammiro - ti riconosco in me.

La terra, il mar, le sfere - parlano del tuo potere. Tu sei per tutto, e noi - tutti viviamo in te.

Se Dio veder tu vuoi - guardalo in ogni oggetto cercalo nel tuo petto - lo troverai con te.

2a direzione: la fede in Dio creatore impegna l'uomo a rispettare il mondo.

Oggi si parla molto di ecologia. La vera ecologia nasce dal rispetto del mondo come opera di Dio. Il che significa che ogni creatura deve essere usata secondo la sua. propria

natura, secondo le sue proprie leggi, secondo gli scopi per cui Dio l'ha voluta.

Abusare delle creature, violentarle per scopi criminali (come stiamo facendo con l'energia nucleare), distruggerle per i nostri sporchi interessi, significa rovinare il mondo e noi stessi, significa peccare contro il volere di Colui che le ha create.

3a direzione: la fede in Dio Creatore impegna l'uomo a sviluppare tutte le potenzialità del mondo attuale.

Dio ha detto: "Crescete, moltiplicatevi, riempite la. terra e dominatela" (Genesi).

El'invito, anzi il comando, al progresso ed alla promozione umana. Tutte le energie, tutte le potenze, tutte le ricchezze che Dio ha posto nel Cosmo sono per noi, per il progresso dell'umanità, per la promozione dell'umanità, di tutta l'umanità e di ogni singolo uomo. Di qui l'impegno alla giustizia sociale ed alla comune crescita verso un mondo migliore, più progredito, ma anche più giusto e più umano. Quando invece la tecnica o la scienza vengono poste non al servizio della promozione umana, bensì al servizio del potere dispotico o dell'egoismo personale, razziale o nazionale, allora esse diventano strumenti di rovina e di morte.

b) Ma la fede in Dio Creatore impegna l'uomo anche verso il mondo futuro che, come abbiamo già detto, è presente fin d'ora come un seme nella terra, come un bimbo nel seno della mamma. E' l'impegno a preparare il Regno di Dio nella speranza. Nella certezza cioè che tutto ciò che facciamo per il bene dell'umanità, non va perduto, ma concorre a costruire quel patrimonio di bontà e giustizia che formerà un giorno le fondamenta del mondo nuovo. Certo, esso sarà opera di Dio, del suo amore, della sua onnipotenza, della sua grazia. Ma sarà, in qualche modo, anche opera nostra. Più o meno come avviene per la salvezza individuale: è Dio che la opera mediante la fede in Cristo, ma è anche l'uomo che si apre al progetto di Dio e si fa disponibile al suo dono.

Così è avvenuto in Maria. Essa ha espresso la sua fede di­cendo: "Eccomi, sono la serva del Signore; mi avvenga secondo la tua parola" (Lc 1,38). In questa frase troviamo i vari elementi della fede di Maria, elementi che dobbiamo noi pure avere.

"Eccomi": si tratta della prontezza. Maria crede subito, non tergiversa. Non tentenna... il suo Cuore è subito pronto. "Sono la serva del Signore": abbiamo qui l'umiltà senza la quale non è possibile la fede. L'umiltà è l'humus, il terreno su cui lo Spirito Santo fa germinare la vera fede.

"Si faccia di me": ecco l'abbandono. Maria si abbandona all'azione di Dio e al suo progetto senza cercare alternative, senza chiedere ripensamenti o attese...

"Secondo la tua parola": la fede si fonda sull'autorità di Dio che ci parla mediante vari strumenti secondo il suo progetto: gli angeli, i profeti, gli uomini ispirati che hanno scritto la Bibbia... La Madonna non guarda allo strumento, ma a Dio che lo adopera per far conoscere la sua volontà.

Credi in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del Cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili?

Sì, o Signore, io credo!



CONTEMPLAZIONE

Se puoi mettiti alla finestra e guarda il cielo. Meglio ancora se lo guardi di notte quando brillano le stelle. Ogni stella è un sole, a volte immensamente più grande del nostro. Distanze enormi ci separano dalle stelle, distanze misurabili in milioni e miliardi di anni luce (un anno­luce, come sai, è il cammino che la luce percorre in un anno viaggiando alla velocità di 300.000 Km al minuto secondo). Un'astronave che viaggiasse a questa velocità impiegherebbe solo 1 secondo per andare sulla Luna, 8 minuti per arrivare al sole, quattro anni per raggiungere la stella a noi più vicina, miliardi di anni per rincorrere da vicino le stelle più lontane attualmente visibili al telescopio. Ma quanto sarà grande ancora l'universo? Ebbene pensa alla grandezza e alla potenza di Colui che lo ha fatto e lo abbraccia!

Salmo 8

O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.

Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate,

che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi?

Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato:

gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi;

tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna;

gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare.

O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.



- Capitolo 5 -

"...DI TUTTE LE COSE VISIBILI ED INVISIBILI"

I DUE MONDI


uando professiamo la nostra fede in Dio Creatore aggiungiamo: "di tutte le cose visibili ed invisibili". Le cose visibili sono quelle che costituiscono questo universo materiale.

Le cose invisibili sono quelle che riguardano il mondo spirituale e cioè il mondo delle anime, degli angeli, dei demoni. Un mondo quanto mai misterioso, spesso ridicolizzato o negato, ma sempre affascinante.

Secondo la fede cristiana Dio non ha creato solo quello che c'è di materiale e di visibile ma anche i puri spiriti, come crea continuamente le anime degli uomini che nascono. Cominciamo proprio da queste: dalle anime.



L'ANIMA UMANA

Alcuni pseudo cristiani ci accusano di essere in contrasto con la Bibbia perché affermiamo che l'anima dell'uomo è spirituale ed immortale. Si tratta di uno dei tanti equivoci che, più o meno in malafede, vanno propagando alla gente sprovveduta, ben sapendo che la realtà è diversa.

Noi infatti usiamo la parola anima per indicare lo spirito che c'è nell'uomo, quello spirito che la Bibbia descrive come "soffio di Dio".

Ecco come ne parla la Bibbia: "Il Signore Iddio prese del terreno e ne plasmò un corpo umano. Poi gli soffiò nelle na­rici l'alito della vita e l'uomo divenne un'anima vivente" (Gen 2,7).

Si tratta di una descrizione in forma popolare, come è del resto di tutti gli altri racconti della Genesi. Non è un trattato di teologia o di filosofia. L'alito che dilata le narici è il segno che c'è vita: un uomo che respira è ritenuto vivente. II Libro Sacro vuol dirci che la vita dell'uomo viene direttamente da Dio: è come la partecipazione al respiro, alla vita di Dio. Può anche darsi che la scienza riesca a dimostrare in maniera indiscutibile che l'uomo deriva, per evoluzione, da un altro essere che noi usiamo chiamare primate. Non lo ha ancora fatto in modo tale da cancellare ogni dubbio e, forse, non lo potrà fare mai. Comunque ciò non toglierebbe nulla al messaggio biblico sull'origine dell'uomo. La Bibbia infatti non è un libro scientifico, ma religioso. Trasmette un messaggio di fede servendosi non di parole e neppure di dati scientifici moderni, ma del linguaggio popolare del tempo in cui fu scritta. Quale che sia l'origine dell'essere umano una cosa è sicura, perché rivelata dalla Parola di Dio: e cioè che nell'uomo c'è qualcosa che deriva direttamente dal Creatore, qualcosa per cui questo essere vivente è uomo e non animale. Questo qualcosa noi usiamo chiamarlo in vari modi: spirito, anima, principio vitale e via dicendo. Non bisogna giocare sulle parole, come fanno alcuni, ma badare al significato che ad esse noi diamo.

E' vero: la Bibbia chiama spesso anima anche il principio vitale degli animali e la stessa vita fisica dell'uomo per cui quest'anima viene presentata come materiale, mortale. Ma la Bibbia parla anche dello spirito che Dio ha messo nell'uomo, quello spirito che costituisce l'essenza fondamentale della persona umana, l'io incomunicabile ed irripetibile. Questa essenza, questo spirito - dice la Bibbia - è immortale, cioè non muore quando l'uomo muore e non morirà mai, in eterno. Già nell'Antico Testamento più e più volte la Bibbia afferma questa verità, ma è soprattutto nel Nuovo Testamento che essa viene presentata in tutta la sua realtà e pienezza. Al buon ladrone, crocifisso accanto a Lui, Gesù proclama: "Oggi tu sarai con me nel paradiso!" (Lc 23,43). Ora noi sappiamo che quell'uomo morì sulla croce accanto al Signore. Come avrebbe potuto essere con Gesù in Paradiso in quello stesso giorno se qualcosa di lui non fosse stato immortale?

Nell'Apocalisse si dice che 1e anime dei martiri in cielo reclamano giustizia da Dio" (Ap 6,9-11; Ap 20,4). Come potrebbero reclamare giustizia i martiri se le loro anime non fossero immortali e non vivessero in Cielo?

Ma restiamo pure nel Vangelo: Gesù parlando contro i Saducei che negavano la risurrezione, afferma che Abramo, Isacco e Giacobbe siedono a mensa nel Regno di Dio e così sono vivi: Dio, infatti, non è il Dio dei morti, ma dei viventi! Ora Abramo, Isacco e Giacobbe erano morti già da oltre mille e più anni e i loro corpi erano sepolti in luoghi ben conosciuti dove sono venerati ancor oggi. Come potevano essere vivi se non mediante le loro anime immortali o, se più vi piace, i loro spiriti immortali? (cfr Lc 20,27-40).

Appare evidente l'insegnamento della Scrittura: nell'uomo Dio infonde un qualche cosa (chiamatelo come volete!) che è spirituale e immortale; un qualche cosa che non muore quando l'essere umano muore, ma vive per sempre! In questo qualche cosa (che noi chiamiamo anima) sta l'essenza immortale della persona umana. Di fronte a questa realtà che la Bibbia ci rivela con tutta la sua autorità di Parola di Dio, ma che la stessa ragione umana ci fa conoscere in tanti modi (pensiamo al culto dei morti presso tutti i popoli, pensiamo ai moderni spiritisti, pensiamo alle varie filosofie antiche e recenti) di fronte a queste realtà dico ecco stagliarsene un'altra che noi esamineremo più avanti; la realtà dell'aldilà, del Paradiso e dell'Inferno.

Non possiamo però tralasciare due richiami.

1) Il primo riguarda la riconoscenza che dobbiamo a Dio Creatore. Quando io sono stato concepito non c'erano soltanto mio padre e mia madre, ma c'era anche Lui a benedire quell'amore e a creare questo mio spirito umano che mi fa essere simile a Lui: intelligente, cosciente, libero, capace di amare e di essere felice. Devo essere riconoscente a Dio perché mi ha creato. Ecco perché, mattino e sera, dico: Mio Dio ti adoro e ti ringrazio di avermi creato.

2) Il secondo richiamo riguarda la preziosità di questo spi­rito immortale. Il mio corpo ritornerà alla polvere dalla quale fu tratto, ma la mia anima resterà per sempre. Allora che importa guadagnare il mondo intero se poi perdo la mia anima nella dannazione? Questo pensiero evangelico ha fatto nascere una moltitudine di santi. Luigi Gonzaga, ad esempio teneva sempre sul suo tavolo di studio un piccolo biglietto con questa frase: Quid hoc ad aeternitatem? Quello che sto facendo giova alla salvezza eterna della mia anima? E S. Bernardo amava ripetere: Quod aeternum non est, nihil est! Quel che non ha valore per l'eternità, non conta niente! Sembrano esagerazioni e tali sono se vengono prese fuori dal loro contesto. Esse però esprimono la sapienza dei santi, se assunte nella loro visione di vita cristiana piena e coerente. Di qui un richiamo per noi che così facilmente dimentichia­mo le dimensioni ed i valori dello spirito per dare il primo posto alle cose materiali, agli affari terreni, alla vita di quaggiù. Un richiamo all'importanza che ha l'anima e alla sua preziosità, un'importanza e una preziosità tale che Dio stesso ha ritenuto di doverla salvare con la morte di suo Figlio Gesù. Certo, la salvezza del Signore è rivolta a tutto l'uomo e non solo alla sua anima. Tant'è vero che il corpo risorgerà. Ma è l'io umano, lo spirito immortale, il soggetto essenziale dell'opera salvifica del Signore!

A questo punto permettetemi, cari amici, di farvi una do­manda: qual è il posto che voi riservate alla vita spirituale nella vostra esistenza quotidiana? o, se volete, la cura per il bene della vostra anima è continua, viene prima di ogni altra cosa, è seria e profonda?



QUANDO VIENE CREATA L'ANIMA UMANA?

A proposito della creazione dell'anima umana da parte di Dio ci sono state delle discussioni in passato, nell'ambito dei teologi, sul quando e sul come Dio compirebbe questo crea­tivo gesto d'amore. Oggi non ci sono più dubbi, anche perché la stessa scienza biologica ne facilita la risposta. La scienza evidentemente non può verificare la creazione dell'anima, come non può verificare la creazione del mondo: l'atto creativo di Dio non è oggetto d'indagine scientifica. Ma la scienza biologica o genetica può affermare con fermezza che sin dal momento del concepimento esiste nella cellula germinale una nuova individualità umana, con il suo codice genetico completo, cosicché quanto accade da quel momento sarà la realizzazione di quel codice, agendo non dal di fuori, ma dal di dentro, per virtù propria. La cellula umana germinale si divide e si moltiplica in virtù di una forza propria, non in virtù di forze esterne. Possiede già una sua vitalità, distinta, anche se non separata dalla vitalità della madre.

Ne son controprova i discussi e discutibili esperimenti di fecondazione così detta in vitro, cioè in provetta. Se è vero che oggi esistono dei bambini così detti figli della provetta, cioè sviluppati in laboratorio e non nel seno materno, ciò significa che nella cellula germinale c'è già tutto quello che occorre perché nasca un vero uomo. Ebbene la fede ritiene -che fin da quel momento sia presente anche l'anima creata direttamente da Dio, quindi che quell'essere sia una vera persona, anche se ancora fisicamente imperfetta.

Ne viene di conseguenza che nessuna Legge umana può cambiare questa realtà! Quindi ogni attentato volontario

contro la vita dell'embrione umano è un attentato contro la vita dell'uomo.

L'aborto procurato perciò è un vero e proprio omicidio, checché ne dicano le leggi degli uomini. Esso cade sotto l'imperativo del quinto comandamento che dice: Non uccidere!

Oggi il problema è di gravissima attualità, ma non è questo il luogo per trattarlo in tutti i suoi aspetti; a me basta questo richiamo fondato sui dati della scienza e sulla Parola del Signore. Quali che siano i motivi portati dagli abortisti, quali che siano le sentenze della Corte Costituzionale, quali che siano le leggi dello Stato, c'è una realtà che nessuno può negare né con dati scientifici né con dati di fede ed è che fin dal concepimento l'uomo è uomo e quindi deve avere la pienezza dei suoi diritti, primo fra tutti quello di vivere! Di conseguenza la soppressione dell'embrione è soppressione di un uomo vero e proprio e perciò un omicidio, una violenza indegna e malvagia esercitata su di una creatura innocente. I giochetti di parole possono ingannare gli sprovveduti, ma basta un minimo di riflessione per capire la verità. Uccidere un uomo piccolo o grande, perfetto o non perfetto, in stato embrionale o nella più tarda vecchiaia è e rimane, nonostante tutte le varie elucubrazioni politiche e giuridiche, un omicidio e quindi un gravissimo peccato contro la vita e contro Dio!

La nostra fede nella spiritualità e nell'immortalità dell'anima, si deve dunque tradurre concretamente nel rispetto per la vita dell'uomo. Non solo per la vita nascente (di cui abbiamo parlato ora), ma anche per tutta la vita e non solo per la vita terrena, ma anche e soprattutto per la vita eterna. Infatti se l'anima dell'uomo è spirituale e immortale, egli non ha bisogno soltanto di cibo, di cure mediche, di lavoro, ma ha pure bisogno di coltivare la sua spiritualità nella libertà, ha bisogno di essere rispettato in tutta la sua personalità e aiutato a salvarsi per l'eternità.

Perciò si mettono contro il Creatore tutti coloro che in un modo o nell'altro attentano alla vita corporale dell'uomo: gli omicidi, i violenti, i terroristi, i rapitori di uomini, gli oppressori di qualsiasi genere, gli stessi governi che, attraverso leggi ingiuste ed inique, attentano alla libertà e ai diritti dell'uomo. Ma anche quanti attentano alla vita spirituale e religiosa quali: gli scandalosi, i seminatori di odio contro Dio e la sua Chiesa, quelli che mediante la pornografia e la propaganda più schifosa plagiano ed opprimono lo spirito specialmente dei bambini e dei giovani, quelli che spacciano la droga e via dicendo. La Bibbia contiene moltissime maledizioni contro costoro perché offendono Dio uccidendo, corporalmente o spiritualmente, l'uomo. Mi basta citare quanto scrive l'apostolo Paolo nella Prima Lettera a Timoteo: `Ea. legge è contro coloro che agiscono male e cioè: per i ribelli e i delinquenti, per i malvagi e i peccatori, per quelli che non rispettano Dio e quel che è scritto, per gli assassini e per quelli che uccidono il padre o la madre; per le persone immorali e i maniaci sessuali, per i rapitori di uomini, per i bugiardi e gli spergiuri..." (1Tim 1,9-10).

Al contrario la Bibbia è piena di lodi e di benedizioni per quanti si dedicano all'uomo e alla sua salvezza, sia che si tratti di quella corporale (con le opere di misericordia corporale) sia che si tratti di quella spirituale (con le opere di misericordia spirituale). Salvare l'anima di un fratello - dice la Bibbia - equivale a salvare la propria anima, così come aiutare un fratello in una necessità corporale, significa dare al Signore.

La fede nel Creatore dell'uomo si vive nella carità verso l'uomo, perché una fede senza opere è una fede morta!



LA MADONNA E LE ANIME

A volte ci si chiede, anche da parte di persone credenti e praticanti, il perché di tanti interventi di Maria (alcuni veri altri presunti altri infine certamente falsi) in questi nostri tempi. Se noi, con umiltà e fede, ascoltiamo i messaggi della Madonna vi scopriamo sempre un'ansia materna per la salvezza e la santificazione delle anime. Maria viene soprattutto per aiutarci a salvare le anime, la nostra e quella dei nostri fratelli. Le sue parole non portano nuove rivelazioni, ma indirizzano a Gesù, unico nostro Salvatore e c'invitano a prenderci cura delle anime mediante la conversione, la preghiera e la penitenza. Certo, quale buona madre, Ella si occupa anche di altre realtà che ci toccano da vicino mentre siamo pellegrini su questa terra (come la malattia, la guerra, le divisioni fraterne e via dicendo), ma è preminente il suo interesse per la salvezza eterna e la vita spirituale delle anime. E a questo proposito chiede la nostra collaborazione: "Pregate per i peccatori!" chiede a Lourdes. "Pregate e fate penitenza per le anime dei poveri peccatori: Molti di essi vanno all'inferno perché non c'è nessuno che preghi e faccia penitenza per loro!" dice ai pastorelli di Fatima.

La Madonna sa quanto siano preziose le nostre anime. Per questo, spinta dal suo amore materno e mandata dall'Amore Infinito di Dio, viene sulla terra per richiamarci questa preziosità e per aiutarci a santificare e a salvare quello spi­rito immortale che Dio ci ha donato nel giorno del nostro concepimento in vista della vita eterna.



CONTEMPLAZIONE

Oggi la tua contemplazione è affidata ad un Salmo nel quale si esprime la fiducia in Dio. L'anima si innalza fino a Lui e gli si abbandona nelle mani, come un bambino tra le braccia della mamma.

A Te, Signore, elevo l'anima mia.

Dio mio, in te confido: non sia confuso! Non trionfino su di me i miei nemici!

Chiunque spera in te non resti deluso, sia confuso chi tradisce per un nulla.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua verità e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza, in te ho sempre sperato.

Ricordati, Signore, del tuo amore, della. tua fedeltà che è da sempre.

Non ricordare i peccati della mia giovinezza: ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore, la via. giusta addita ai peccatori; guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie. Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.

Per il tuo nome, Signore, perdona il mio peccato anche se grande.

Chi è l'uomo che teme Dio? Gli indica il cammino da seguire. Egli vivrà nella ricchezza, la sua discendenza possederà la terra.

Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza.

Tengo i miei occhi rivolti al Signore, perché libera dal laccio il mio piede.

Volgiti a me e abbi misericordia, perché sono solo ed infelice. Allevia le angosce del mio cuore, liberami dagli affanni.

Vedi la mia miseria e la mia pena e perdona tutti i miei peccati.

Guarda i miei nemici: sono molti e mi detestano con odio violento.

Proteggimi, dammi salvezza: al tuo riparo io non sia deluso. Mi proteggano integrità e rettitudine, perché in te ho sperato. 0 Dio, libera Israele da tutte le sue angosce.



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05/09/2009 16:06


- Capitolo 6 -

"CREATORE DELLE COSE INVISIBILI!" (2)

IL MONDO ANGELICO


Un nostra professione di fede in Dio Creatore di tutte le ose, sia di quelle che si vedono, sia di quelle che non si vedono, ci ha portato a parlare dell'anima umana, spirituale ed immortale, e del rispetto dovuto all'uomo.

Ora dobbiamo parlare di altre realtà invisibili, opere della creazione di Dio. Vorrei però precisare che l'aggettivo invisibile non significa affatto inesistente o puramente intellettuale.

Le cose invisibili di cui parla il Credo, sono realtà tanto quanto quelle che vediamo. Anzi, direi tanto più reali, quanto lo spirito è superiore alla materia. Invece, purtroppo, accade spesso che parlando delle cose invisibili, spirituali ed eterne, noi cadiamo nell'equivoco di pensarle come fanta­stiche o, tutt'al più, esistenti unicamente nella nostra mente e nella nostra fede. La realtà è ben diversa!

Quante cose invisibili, perché spirituali, ci circondano anche nella vita di ogni giorno! Per esempio: il tuo pensiero è quello che muove i tuoi passi, le tue mani, la tua persona. Un uomo che non pensa, neppure agisce! Quando ti metti al volante della tua macchina è il tuo pensiero e la tua volontà che agiscono. Tu pensi di andare al lavoro e vuoi accendere il motore: allora la tua mano si porta alla chiavetta e la fa girare. La forza che ti muove è una forza spirituale: è la forza del tuo pensiero e della tua volontà. Così si dica dell'amore, dell'odio o di altre forze spirituali, buone o cattive, che sono in noi. Sono talmente reali che il mondo è pieno delle loro opere.

Le realtà spirituali esistono, eccome! Anche se non le possia­mo misurare con il metro o pesare con la bilancia, come facciamo invece per le realtà materiali e corporali. Puoi misurare l'altezza e la grossezza del tuo corpo, puoi pesarlo, ma non puoi misurare o pesare la tua volontà o la tua intelligenza! Altrettanto si deve dire delle realtà spirituali che Dio ha creato al di fuori di noi, come sono gli angeli ed i demoni, il Paradiso e l'Inferno, la grazia santificante ed i doni dello Spirito. C'è tutto un mondo soprannaturale (cioè superiore alla nostra natura) che l'onnipotenza di Dio ha tratto dal nulla per la sua gloria e la nostra eterna felicità. Questo mondo è invisibile ed a noi è dato conoscerlo non per mezzo della scienza o della sapienza umana, ma per mezzo della fede nella rivelazione di Dio: "Non si tratta di una sapienza di questo mondo - scrive S. Paolo ai Corinzi - né di quella dei potenti che lo governano e che presto saranno distrutti. Parliamo della misteriosa sapienza di Dio, del suo progetto dí farci partecipare alla sua gloria. Dio l'aveva già stabilito prima della creazione del mondo, ma noi non l'avevamo conosciuto. Nessuna delle potenze che governano questo mondo ha conosciuto questa sapienza... Ma come si legge nella Bibbia: quel che nessuno ha mai visto ed udito, quel che nessuno ha mai immaginato, Dio lo ha preparato per quelli che lo amano, Dio lo ha fatto conoscere a noi per mezzo dello Spirito" (1 Cor 2,6-10).

S. Paolo non si preoccupa dei sapientoni del mondo i quali pensano di conoscere e sapere tutto, mentre in realtà son spesso in preda ai loro vani ragionamenti. E' sintomatico il fatto che nell'era della tecnica, delle esplorazioni spaziali e della forza nucleare buona parte dell'umanità cosiddetta civile (non parlo infatti di popoli sottosviluppati, ma degli europei, degli americani, dei giapponesi) spenda miliardi in sedute spiritiche, in amuleti, in astrologhi, in maghi e cose simili. Si rifiutano di accettare Dio e la sua rivelazione, ma poi credono fermamente nel malocchio, nella stregoneria e in altre superstizioni del genere. Se ascoltano il Papa che parla del demonio, Lo beffeggiano e lo ridicolizzano, ma quando sugli schermi si proiettano films di esorcismo o di magia, corrono a riempire le sale cinematografiche o a comperare i rispettivi libri che sono diventati dei veri best-sellers! Mai come oggi infatti si sono moltiplicati i volumi che parlano di scienze occulte, di diavoli, di aldilà... Mai come oggi sono sorte in ogni parte del mondo, soprattutto tra i popoli più tecnicamente sviluppati, le sette che si ispirano a Satana, le messe nere, i culti demoniaci fino ad arrivare al sacrificio umano.

Gli uomini delle scienze e delle tecniche rifiutano la rivelazione della misericordia di Dio, ma accettano le parole fumose di questo o di quel falso profeta. Rifiutano il soprannaturale che Dio loro rivela e corrono a fabbricarsene uno che li terrorizza o li aliena dalla realtà. Noi però, grazie a Dio, abbiamo il dono della fede e possediamo la rivelazione del Signore.



DIO CI RIVELA IL MONDO ANGELICO

Ebbene in questa rivelazione Dio ci parla anche di altri esseri, oltre che dell'uomo: ci parla degli angeli e dei demoni. Tutta la Bibbia ne parla, dal principio alla fine. Tuttavia, nella Bibbia bisogna fare molta attenzione per non essere tratti in inganno dai generi letterari e dalla mentalità primitiva in essi espressa. La Bibbia, infatti, ci porge la rivelazione divina racchiusa in discorsi umani, discorsi che riflettono, nella loro composizione, mentalità, stile, carattere ed ambiente propri dell'uomo ispirato che li scrive. Ciò non significa che le cose narrate nella Bibbia siano falsificate o comunque inquinate dal linguaggio: significa soltanto che bisogna capire il linguaggio per capire il messaggio da esso trasmesso.

Ora, a proposito degli angeli, ci sono molti passi nella Bibbia, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, in cui queste parole hanno significato diverso, spesso puramente simbolico e mitico. Ma non è sempre così e non è sufficiente questo per negare valore ad altri e ben più importanti passi in cui l'esistenza degli angeli è chiaramente, esplicitamente e fortemente affermata.

Gli angeli appartengono ad una dimensione della creazione diversa dalla nostra, una dimensione che noi, limitati come siamo, facciamo fatica a comprendere. "L'iniziativa della ricerca scientifica dipende interamente dall'uomo. L'ini­ziativa della rivelazione spirituale dipende interamente da Dio. Gli uomini possono conoscere del mondo spirituale e soprannaturale soltanto ciò che Dio stabilisce di rivelare loro... Noi non possiamo sapere nulla degli angeli, tranne che per divina rivelazione" (Philips Mc Candlish in The spirit world). Ora tramite la rivelazione della Bibbia Dio ci ha detto molte cose. Per questa ragione i teologi, nel corso dei secoli, sono stati sempre d'accordo sull'importanza dell'angelologia (ossia dell'ordinata esposizione delle verità bibliche intorno agli angeli) giudicandola degna di essere trattata in ogni libro di teologia sistematica. Essi hanno scritto molto, facendo distinzione tra gli angeli buoni e quelli cattivi.



A) GLI ANGELI BUONI

Noi ora ci fermeremo un po' sui primi, oggi tornati di moda, ma in maniera sbagliata ad opera dei seguaci della New Age. Ben diverso è l'atteggiamento e l'insegnamento della dottrina cattolica. Ci basterà un versetto della Bibbia che prendiamo da Ebrei 1,14.

"Gli angeli sono spiriti al servizio di Dio ed Egli li manda in aiuto di quelli che devono ricevere la salvezza".

1) Vi si afferma innanzitutto la natura degli angeli: "Gli angeli sono spiriti" dice la Bibbia. Quindi appartengono al mondo spirituale, non a quello materiale. Di conseguenza essi sono invisibili e immortali, proprio come l'anima umana. Ma, a differenza dell'anima che dice relazione ad un corpo, gli angeli sono completi in sé stessi, sono persone perfette (la Bibbia porta anche alcuni nomi di essi, quali Gabriele, Michele, Raffaele), non sono soggetti alle leggi della materia. Molti popoli li hanno adorati, tutti o alcuni soltanto, come dei: in realtà essi sono creature di Dio, esistono solo perché Dio li ha tratti dal nulla con il suo amore onnipotente e continuano ad esistere perché il Cristo li sostiene con la potenza della sua parola e del suo amore. Prima della creazione gli angeli non esistevano: infatti non c'era nulla tranne Dio Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo. Paolo in Colossesi 1,16 afferma: "Poiché in Lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili". Gli angeli sono tra le cose invisibili create "per mezzo di Lui e in vista di Lui". Questo "LUI" è Gesù " il Quale è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in Lui". Cosicché anche gli angeli cesserebbero di esistere se Gesù, che è Dio onnipotente, non li sostenesse col suo potere.

2) In secondo luogo la Bibbia afferma che gli angeli sono spi­riti al servizio di Dio. La parola usata nella Scrittura per indicare questi spiriti significa messaggero e viene spesso applicata anche all'uomo quando porta un messaggio. Anghelos in greco significa per l'appunto colui che porta un annuncio, un messaggio.

La Bibbia vede soprattutto questo aspetto dell'esistenza angelica, ossia il fatto che essi sono i messaggeri di Dio il cui compito principale è quello di eseguire i suoi ordini nel mondo. Egli ha dato loro un incarico di ambasciatori, li ha designati alla nostra custodia, ed ha dato loro pieni poteri per compiere opere di giustizia. In questo modo essi lo servono nel governo dell'universo. Così Egli ha dato loro capacità di portare a conclusione e con successo la Sua santa impresa iniziata con la creazione del mondo.

Tutto questo la Bibbia ce lo dice in tanti modi diversi: con racconti popolari, con linguaggio profetico e apocalittico, con preghiere e canti di lode.

3) Dice ancora la lettera agli Ebrei: "Gli angeli sono spiriti al servizio di Dio ed Egli li manda in aiuto di quelli che devono ricevere la salvezza".

C'è una particolare missione di salvezza che Dio affida agli angeli, una missione che riguarda noi. Pensiamo a quello che fece l'angelo Gabriele quando portò a Maria l'annuncio dell'Incarnazione! Pensiamo agli angeli che annunciarono alle pie donne e ai discepoli la risurrezione di Gesù! Pensiamo agli altri angeli, quelli che invitano gli apostoli e i discepoli del Signore a scendere dal monte dell'oliveto e a portare a termine l'opera di salvezza che Gesù aveva loro affidata.

Sono tre momenti in cui l'intervento degli angeli appare quanto mai prezioso per l'opera della nostra salvezza. Ma la Bibbia ci suggerisce altri pensieri. Ci presenta gli angeli di Dio pienamente compartecipi della missione della Chiesa. Spe­cialmente nel Libro degli Atti e nell'Apocalisse (ma anche nelle varie Lettere degli Apostoli) gli angeli sono spesso rivelati come veri e propri protagonisti nell'azione salvifica di Dio.

Il che significa che Dio non lascia la sua Chiesa in balia di sè stessa, ma l'affida, tra l'altro, alla custodia e al ministero dei suoi angeli.





GLI ANGELI CUSTODI

La Chiesa cattolica ha sempre accolto e benedetto la fede negli Angeli Custodi, fondandosi specialmente su quelle parole di Gesù pronunciate in difesa dei piccoli: "Guai a chi scandalizza uno di questi piccoli che credono in me. In verità vi dico che i loro angelí contemplano in cielo il volto del Padre mio!" (Mt 18,10).

Sono parole di Cristo e sono parole molto chiare. Egli afferma che i piccoli (cioè coloro che pongono in Lui la loro fiducia) sono custoditi e difesi dagli Angeli di Dio. Forse sull'Angelo Custode si sono dette nel passato delle cose anche fuori luogo, specialmente quando lo si vedeva seduto sulla spalla destra o ridotto ad una vocina che ci rimprovera ad ogni mancanza. Queste banalizzazioni non devono però farci chiudere gli occhi sulla dolce realtà che le parole di Gesù e altre frasi della Bibbia ci rivelano a proposito dell'Angelo Custode. Come Egli svolga la sua missione noi non lo sappiamo.

La tradizione popolare, approvata dalla Santa Chiesa, ha racchiuso l'insegnamento su questa fraterna assistenza nella bellissima preghiera che non dovremmo mai dimenticare: "Angelo di Dio, che sei il mio Custode: illumina, custodisci, reggi, governa me che ti fui affidato dalla Pietà celeste. Amen".

In essa vengono indicati i quattro compiti che la Chiesa attribuisce agli Angeli Custodi nei nostri riguardi:

• illuminami, cioè fammi vedere la mia vita e la mia attività quotidiana alla luce della fede;

• custodiscimi, cioè difendimi e proteggimi dal male che mi circonda e che attenta alla mia vita sia spirituale che corporale;

• reggimi, ossia prendi tu la guida della mia vita perché io cammini sempre sulla strada che conduce a Dio senza mai deviare sui sentieri del peccato;

• governami, cioè sii per me il rappresentante del Signore al quale voglio dare tutta la mia obbedienza in ogni cosa perché la volontà di Lui si compia in me perfettamente.

Non si potrebbe esprimere meglio la missione dell'Angelo Custode! A Lui siamo stati affidati dalla Pietà celeste, cioè da Dio misericordioso e a Dio l'Angelo Custode ci conduce con tanto amore, ma anche con tutta l'autorità che gli è stata data su di noi. Ecco perché noi Gli dobbiamo rispetto, fiducia e obbedienza facendo attenzione alle sue ispirazioni interiori e cercando di attuarle nel migliore dei modi.

Secondo l'insegnamento dei Padri della Chiesa l'Angelo Custode sarà colui che, al temine della vita, ci accompa­gnerà al cospetto di Dio, ci consolerà nel luogo della purificazione e, infine, parteciperà alla nostra beatitudine in Cielo, felice di aver compiuto il suo incarico di amico, di guida e di custode.

Secondo alcuni teologi e Padri non soltanto i singoli uomini hanno un angelo custode, ma anche le varie comunità umane, civili e religiose che siano. E' una teoria che la Chiesa sembra avallare in quanto riconosce in S. Michele Arcangelo il suo protettore e custode. Anche la Scrittura sembra accennare implicitamente a questo quando, nell'Apocalisse, fonde insieme la figura del vescovo con quella dell'angelo (cfr Ap 2 e 3). Ricordo che a Fatima l'Angelo si è presentato ai veggenti chiamandosi "angelo custode del Portogallo".

La presenza degli angeli ci circonda giorno e notte. Non siamo soli nel sostenere la nostra fatica e la nostra lotta quotidiana: Dio ci ha dato degli amici e dei protettori che non ci abbandonano mai. Dobbiamo esserGli profondamente rico­noscenti facendo tesoro di questo grande dono.



CONTEMPLAZIONE

Oggi vorrei offrirti come spunto per la tua contemplazione un Libro della Bibbia, il Libro di Tobia. In esso si parla dell'Angelo Custode mediante l'esempio dell'Angelo Raffaele. Qui te ne riporto soltanto un brano, quello finale. Ti invito però a leggerlo tutto. E' molto bello e molto edificante e ti sarà di grande aiuto nella tua devozione all'Angelo Custode.

Tobia cap. 12

Quando furon terminate le feste nuziali, Tobi chiamò il figlio Tobia e gli disse: «Figlio mio, pensa a dare la ricompensa dovuta a colui che ti ha accompagnato e ad aggiungere qualcosa d'altro alla somma pattuita».

Gli disse Tobia: «Padre, quanto potrò dargli come salario? Anche se gli lasciassi la metà dei beni che egli ha portati con me, io non ci perderei.

Egli mi ha condotto sano e salvo, mi ha guarito la moglie, è andato a prendere per me il denaro e infine ha guarito te! Quanto posso ancora dargli come salario?».

Tobi rispose: «E' giusto ch'egli riceva la metà di tutti i beni che ha riportati».

Fece dunque venire l'angelo e gli disse: «Prendi come tuo salario la metà di tutti i beni che tu hai portati e và in pace». Allora Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e disse loro: «Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non trascurate di ringraziarlo.

E' bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa ri­velare e manifestare le opere di Dio. Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male.

Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l'elemosina con la giustizia. Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare l'elemosina che mettere da parte oro.

L'elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l'elemosina godranno lunga vita.

Coloro che commettono il peccato e l'ingiustizia sono nemici della propria vita.

Io vi voglio manifestare tutta la verità, senza nulla nascondervi: vi ho gia insegnato che è bene nascondere il segreto del re, mentre è cosa gloriosa rivelare le opere di Dio.

Sappiate dunque che, quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l'attestato della vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche quando tu seppellivi i morti. Quando poi tu non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e sei andato a curare la sepoltura di quel morto, allora io sono stato inviato per provare la tua fede,

ma Dio mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire te é Sara tua nuora.

Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore».

Allora furono riempiti di terrore tutti e due; si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero una grande paura.

Ma l'angelo disse loro: «Non temete; la pace sia con voi. Benedite Dio per tutti i secoli.

Quando ero con voi, io non stavo con voi per mia iniziativa, ma per la volontà di Dio: lui dovete benedire sempre, a lui cantate inni.

A voi sembrava di vedermi mangiare, ma io non mangiavo nulla: ciò che vedevate era solo apparenza.

Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Io ritorno a colui che mi ha mandato. Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute». E salì in alto.

Essi si rialzarono, ma non poterono più vederlo.

Allora andavano benedicendo e celebrando Dio e lo ringraziavano per queste grandi opere, perché era loro apparso l'angelo di Dio.



- Capitolo 7 -

"CREATORE DELLE COSE VISIBILI E INVISIBILI!" (3)

IL MONDO ANGELICO (2)


B) GLI ANGELI CATTIVI

Parlando delle creature invisibili, oggetto della nostra professione di fede, dobbiamo trattare anche di un argomento molto triste e molto spinoso: il Diavolo.

Lo so che al solo nominarlo alcuni sentono puzza di Me­dioevo, altri sogghignano increduli, altri ancora strizzano l'occhio con benevola condiscendenza come per dire: "Beh! si capisce! se la Chiesa, com'è suo dovere, non agita lo spauracchio del Diavolo e dell'Inferno, come può mettere un po' di freno a questo mondo così corrotto?".

Ci saranno magari delle mamme che per paura di influenzare con i tabù dei secoli bui i loro bambini, non vorranno che se ne parli neppure al catechismo, mentre non hanno difficoltà a far loro vedere cose più realistiche, come ad esempio, certi filmetti alla TV piuttosto spinti o pieni di morti e di mostri...

Altre ancora si faranno il segno della croce pensando di sentire chissà quali storie di corna, code, forche, fiamme... No! State tranquilli: nulla di tutto ciò, ma unicamente quello che ne dice Gesù e come lo dice Lui. Spero che almeno a Lui crederete!



ESISTE IL DEMONIO?

C'è chi ha contestato vivacemente e irriverentemente il Papa Paolo VI quando ha parlato del demonio, quasi che quel Pontefice si sia inventato il Diavolo o, comunque, lo abbia evocato dal dimenticatoio dove ormai lo aveva relegato una troppo facile e semplicistica catechesi, una teologia quantomeno discutibile e fatta passare per dottrina sicura di tutta la Chiesa e una certa pseudo scienza parapsicologica.

In realtà il Papa non aveva fatto altro che richiamare, in termini moderni, l'insegnamento biblico sullo Spirito del Male, insegnamento che la Chiesa non ha mai rinnegato. Ero incerto se toccare questo argomento, ma l'incontro che ho avuto con il Santo Padre, Giovanni Paolo II, il martedì 24 marzo 1981 in occasione della Santa Messa celebrata per Radio Tele Pace, mi ha tolto ogni indugio.

Il Papa, infatti, parlando affabilmente con noi dopo la Santa Messa ha ,fortemente insistito sulla lotta che le potenze del male hanno scatenato contro la Chiesa. "Et portae inferi non prevalebunt" ci ha detto invitandoci alla fiducia, ma ha pure soggiunto: "E' necessario però lottare, lottare". Su questo argomento è tornato più volte e ciò mi ha colpito. Non ha nominato espressamente il Diavolo, ma il discorso era molto chiaro. Noi siamo andati a Roma dal Vicario di Cristo per essere confermati nella fede cattolica e io ho accolto questa professione di fede del Papa sulla lotta contro il potere delle tenebre come una conferma dell'indefettibile dottrina della Chiesa sull'esistenza e l'azione del Maligno.

Non sono mancati e non mancano teologi che si pongono la domanda se il Maligno, di cui parla la Bibbia, non debba intendersi come un simbolo, il simbolo del male. Essi tendono, perciò, a rifiutare una identità personale del Demonio e interpretano i fatti dell'Antico Testamento e del Vangelo (nei quali egli viene presentato come un essere individuale e personale), quale frutto della mentalità di quei tempi e di quei luoghi, mentalità che sarebbe poi passata nella Chiesa e che avrebbe imperversato soprattutto nel Medioevo.



LA BIBBIA E IL DEMONIO

Anche qui, come abbiamo detto a proposito degli Angeli, ripetiamo che non si possono prendere tutti gli episodi bi­blici allo stesso modo. Indubbiamente il linguaggio e la mentalità rispecchiano i tempi e gli ambienti in cui hanno avuto origine i vari libri della Sacra Scrittura. In alcuni episodi la figura di Satana appare evidentemente quale frutto della fantasia dello scrittore, come avviene ad esempio nel Libro di Giobbe. Altre volte riesce difficile di­stinguere tra il Maligno ed il Male, cioè tra la cattiveria e la sua personificazione nel Demonio (vedi ad esempio l'ultima petizione del Padre Nostro dove la parola greca in alcuni testi viene letta come poneron, al neutro, e quindi viene tradotta con Male. Così, per esempio, fa la versione della CEI che ci fa dire: "...liberaci dal male". Invece la traduzione interconfessionale legge nel greco tou ponerou ossia: dal Maligno. E' difficile stabilire con certezza quale delle due versioni sia la più esatta). Sono molti. però. i passi biblici in cui la persona del Demonio viene chiaramente affermata. Possiamo dire questo: gli scrittori del Nuovo Testamento sono convinti che tutto il dolore e tutta la malvagità del mondo è causata senz'altro dal Maligno, dal demonio, chiamato anche Satana (cioè l'avversario, il nemico del genere umano) il grande dragone dell'Apocalisse (Ap 12), l'antico serpente della Genesi (Gen 3), il principe di questo mondo (Gv 12,31) e il seminatore del male nel campo di Dio di cui parla Gesù (Mt 13,39). Le sue opere, sempre secondo l'insegnamento degli evangelisti e degli apostoli, sono le tentazioni al peccato, la possessione, la malattia e la morte. Ma l'uomo non subisce l'azione diretta del demonio soltanto in questi casi di sofferenza. Qualunque forma di concupiscenza fa parte di quelle reti diaboliche che tendono a rovinare l'uomo.



LA LOTTA CONTRO SATANA

L'opera salvifica di Gesù è diretta perciò sostanzialmente contro il demonio. Il Regno di Dio, già operante in Cristo, segna la fine della potenza ininterrotta di Satana. D'ora innanzi l'uomo ha la possibilità di sfuggire al dominio del Maligno grazie a Cristo Salvatore e Signore. Naturalmente per il Nuovo Testamento è ovvio che il Demonio non ha nessuna intenzione di accettare pacificamente che l'uomo ritorni al suo Dio. Anche quando il suo tentativo decisivo di annientare lo stesso Gesù fallisce, il suo odio contro gli abitanti della, terra resta immutato. Non potendo in partenza impedire o falsificare il messaggio evangelico della salvezza, il demonio, un po' con le seduzioni mondane, un po' con minacce piuttosto pesanti tenta di stornare nuovamente la fede di tutti coloro che l'hanno abbracciata per poi rovinarli. Per questo sarebbe fatale, secondo il messaggio del Nuovo Testamento, se il credente allentasse anche solo un poco la vigilanza e la lotta contro il Demonio. (Dal Dizionario Religioso, pag. 181-182). Scrive in proposito San Paolo agli Efesini (6,10-11): "Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i Dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spi­riti del male che abitano nelle regioni celesti". E' evidente che l'Apostolo parla del Diavolo e degli angeli suoi, quegli angeli cioè che seguendo l'apostasia di Lucifero si sono ribellati a Dio diventando suoi nemici.

Per essi, afferma Gesù, è stato creato l'Inferno: 'Via da me, maledetti - Egli dirà ai dannati - nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli" (Mt 25,41).

Come si fa a interpretare simbolicamente queste parole così dure e così chiare? Non è possibile! Qui Gesù parla espressamente e dell'esistenza del diavolo e dell'esistenza dell'inferno.

San Giovanni, nella sua la Lettera, cap. 3, 8, scrive: "Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. Ora il Figlio di Dio è venuto proprio per distruggere le opere del diavolo".

Qui non solo abbiamo un'esplicita affermazione dell'esistenza del diavolo, ma anche viene esplicitata l'idea, per noi cristiani fondamentale, che Gesù è venuto proprio per liberarci dal diavolo e dalle sue opere. Infatti noi proclamiamo che Gesù è il nostro Salvatore. Ma da chi e da che cosa ci avrebbe salvato se non esistessero il Diavolo e l'Inferno? Le due realtà sono legate insieme da un'unica fede: Gesù Salvatore da una parte; il Demonio e l'Inferno dall'altra. L'opera salvifica di Gesù consiste appunto nel liberarci dal potere di Satana e dal cadere nell'Inferno.

Ogni altra spiegazione dell'origine del male e dell'op­pressione della malvagità sul mondo non può essere in accordo con la fede cattolica riguardante il mistero della salvezza.

Ben a ragione, dunque, Paolo VI parla di rinnovata presenza diabolica nel mondo e nella Chiesa di oggi quando afferma: 'Abbiamo la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. ...Non ci si fida più della Chiesa, ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita... Eentrato il dubbio nelle finestre che invece dovevano essere aperte alla luce... Noi crediamo in qualcosa di preterna­turale, venuto nei mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico e per impedire che la Chiesa scoppiasse nell'inno della gioia di aver avuto in pienezza la coscienza di sè..." (Paolo VI - 29/06/1972). Sono parole di un Papa, non di un uomo qualsiasi. Sono parole meditate, sofferte, volutamente pronunciate perché i credenti prendano coscienza di questa dolorosa realtà che è Satana.

Qui non si tratta di ritornare al Medioevo e nemmeno alle paure e ai tabù primitivi. Qui si tratta di prendere Satana e la sua opera demolitrice molto sul serio e di contrastarla lottando contro di lui con la potenza che ci viene da Dio. "Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio ed Egli si avvicinerà a voi... Umiliatevi davanti al Signore ed Egli vi esalterà". Sono parole dell'apostolo San Giacomo (4,7- 10) con le quali egli ci inse­gna come lottare contro Satana.

Anche San Pietro ci insegna la medesima cosa quando scrive: "Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi. Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede...". Poi, come consolazione, afferma: "Il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà dopo una breve sofferenza e vi confermerà e vi renderà forti e salvi!" (1a pt 5,6-10).

E' così che dobbiamo vivere la nostra convinzione cattolica sull'esistenza del demonio e del suo potere! Molti affrontano la lotta contro il Maligno ricorrendo ai sortilegi ed alle stregonerie come pure ai maghi, agli astrologi e cose del genere che la Bibbia afferma essere in abominio a Dio e la Chiesa condanna come opere di superstizione. Invece dobbiamo affrontare Satana ponendo umilmente tutta la nostra fiducia nel Signore che nel suo Figlio Gesù ha vinto la potenza del Maligno. Le vere armi per contrastare e vincere le insidie del Maligno sono quelle che la Chiesa ci ha sempre offerto e che la Madonna continuamente ci richiama e cioè: la vigilanza, la penitenza, la preghiera. Soprattutto rivolgiamoci a Maria Immacolata, rifugiamoci nel suo Cuore materno invocandola con fervore e fiducia perché il demonio teme assai la Sua Persona e il Suo Nome! Nei casi di possessione o di ossessione (in realtà molto rari) abbiamo a disposizione la potente intercessione della Chiesa alla quale Gesù ha dato il potere di cacciare i demoni. Non dobbiamo quindi aver paura di Satana e del suo mondo tenebroso. Prudenti e vigilanti sì, ma non trepidanti e impauriti perché Dio è più forte di lui. A questo proposito vorrei ricordarvi che l'esorcismo più potente lo abbiamo nella recita del Padre Nostro e nel segno della Croce. Avanti, dunque, con fede e senza paure. Gesù ci ha detto: "Abbiate fiducia; Io ho vinto!".



CONTEMPLAZIONE

Oggi la nostra contemplazione viene fornita ancora una volta da un Salmo che la Chiesa ci fa recitare la sera della domenica per chiedere la protezione del Signore contro le insidie del Maligno. Medita questo Salmo con calma e devozione. Ne ricaverai serenità e sicurezza.

Salmo 90

Tu che abiti al riparo dell'Altissimo e dimori all'ombra dell'Onnipotente,

dì al Signore: «Mio rífugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido».

Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che di­strugge.

Ti coprirà con le sue penne sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte né la freccia che vola di giorno,

la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno.

Mille cadranno al tuo franco e diecimila alla tua destra; ma nulla ti potrà colpire.

Solo che tu guardi, con i tuoi occhi vedrai il castigo degli empi. Poiché tuo rifugio è il Signore e hai fatto dell'Altissimo la tua dimora, non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda.

Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede.

Camminerai su aspidí e vipere, schiaccerai leoni e draghi.

Lo salverò, perché a me si è affidato; lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome.

Mi invocherà e gli darò risposta; presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso. Lo sazierò di lunghi giorni.



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05/09/2009 16:07


- Capitolo 8 -

"CREDO IN UN SOLO SIGNORE GESU' CRISTO UNIGENITO FIGLIO DI DIO"

IL CUORE DELLA FEDE


Nella prima parte del Credo esprimiamo la nostra fede nel Padre, Creatore di tutte le cose. Nella seconda parte, che è quella centrale e più ampia, noi esprimiamo la nostra fede nel Signore Gesù Cristo. Diciamo: "Io credo... in un solo Signore Gesù Crísto Unigenito Figlio di Dio". Questo è, per così dire, il cuore del Simbolo della Fede. Noi, infatti, siamo chiamati cristiani proprio perché crediamo nel Signore Gesù Cristo. La fede, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, è accoglienza di una persona nella nostra esistenza. Per fede noi accogliamo Gesù nella nostra vita quale nostro Salvatore e Signore. Vorrei introdurre questo tema facendovi una domanda: in che cosa si distingue il cristianesimo dalle altre religioni?

- Forse dal fatto che ci insegna ad essere onesti, buoni, retti? Ma anche le altre religioni propongono gli stessi valori.

- Forse perché ci insegna a pregare e a onorare Dio? Ma fanno lo stesso anche i mussulmani, gli ebrei, i buddisti e tanti altri!

Allora in che cosa consiste la differenza? In tre cose.

1) Tutte le religioni umane sono costituite dal cammino dell'uomo verso Dio. Indicano e offrono una strada per arrivare a Dio.

La religione cristiana, al contrario, ci rivela il cammino di Dio verso l'uomo: un cammino di amore e misericordia.

Là, nelle altre religioni, è l'uomo che cerca Dio. Qui, nel cri­stianesimo, è Dio che cerca l'uomo: è il Buon Pastore che cerca la pecorella smarrita.

2) Nelle religioni umane l'atteggiamento dell'uomo è quello di cercare la giustificazione (cioè la salvezza) mediante i propri sforzi.

Nel Cristianesimo invece l'uomo accoglie per fede la giustificazione che Dio gli dona gratuitamente, anche se ciò non esime l'uomo dal prestare la sua cooperazione.

Là è l'uomo che si salva, qui è Dio che lo salva!

3) Infine in tutte le religioni umane c'è distinzione tra Dio ed il profeta che lo rivela. Così, ad esempio, nell'Islam altro è Dio (Allah), altro è il suo profeta (Maometto).

Nel Cristianesimo invece è Dio stesso che si rivela e si fa presente nel mondo nella Persona di Gesù Cristo. Per i cristiani Gesù non è soltanto il profeta di Dio, ma è Dio in Persona, la Seconda Persona della Santissima Trinità fatta uomo! Vedete, allora, come il cristianesimo è una religione totalmente diversa da ogni altra. Esso, infatti, non è frutto della chiaroveggenza di un uomo, ma è di origine divina, è stato rivelato da Dio.

Nessun uomo, per quanto acuto ed illuminato, avrebbe mai osato proporci quello che ci propone Gesù. Ma Egli lo può fare perché è Dio in persona. Noi non abbiamo che da ringraziare ed adorare! E' il Creatore stesso che scende dal suo Cielo e viene a portarci il dono della salvezza. Noi non abbiamo che da accoglierlo e corrispondervi nella fede!

Il Cristianesimo è tutto qui!



IL GRANDE PROGETTO DI DIO

Dopo la caduta originale l'uomo è dominato dal peccato. E' un uomo che ha rifiutato Dio e la sua Legge: perciò è un uomo in cui regna l'egoismo con tutte le sue concupiscenze, sorgenti inquinate di disordini e di colpe. Nessun uomo, per quanti sforzi faccia, può ritenersi giusto agli occhi di Dio! Su questo punto la Bibbia è categorica: 'Tutti sono peccatori, tutti sono cattivi, non ce ne è uno che sia giusto!" (Rm 3,9-10). Certo, fra questi peccatori, ce ne sono di quelli che si sforzano di essere onesti e santi. Ma nessuno riesce a colmare l'abisso che il peccato ha scavato tra noi e Dio. Così l'umanità intera, quella del passato, quella del presente e quella del futuro, vive in un regime di separazione da Dio e nell'incapacità di riallacciare rapporti di comunione con Lui. Questa situazione, che noi chiamiamo peccato originale, la troviamo alle sorgenti della nostra vita quando entriamo a far parte di questa povera umanità. Siamo come i bambini che nascono dopo il terremoto: nascono baraccati, senza casa, senza niente.

Noi uomini siamo i terremotati del peccato. Veniamo al mondo in una situazione di miseria, di colpa e di morte. I nostri sforzi, per quanto encomiabili e degni di ammirazione, sono insufficenti. Siamo perduti. Per noi non c'è speranza di salvezza!

"La carne ed il sangue - dice la Bibbia - non possono ereditare il Regno di Dio" (1 Cor 15,50). Carne e sangue, nel linguaggio biblico, significano la natura umana, quella cioè che riceviamo dai nostri genitori con la concezione e la nascita. Siamo concepiti peccatori e nasciamo peccatori. Noi non siamo peccatori perché facciamo peccati ma facciamo peccati perché siamo già peccatori. "Non può un albero cattivo dar frutti buoni" afferma Gesù (Mt 7,18). Noi tutti siamo ramoscelli di un albero che è inquinato fin dalle radici ed i nostri frutti non possono essere che frutti inquinati.

Ma ecco che Dio ha pietà di noi e compie Lui stesso quello che noi non siamo capaci di fare. Egli risponde alle nostre esigenze con il dono di suo Figlio.

Quali sono le nostre esigenze, le nostre necessità? Sono tre.

1) La prima essenza che sentiamo in noi è quella del perdono dei nostri peccati personali. Sentiamo il bisogno di venire perdonati. Come risponde Dio a questa nostra esigenza? Risponde offrendoci il Sangue di suo Figlio. Egli ci rivela che il Sangue di Gesù è il prezzo del perdono, un prezzo infinitamente superiore a tutte le nostre colpe, un prezzo che Lo soddisfa pienamente ed abbondantemente. Perciò se ci accostiamo con fede a questo Sangue preziosissimo i nostri peccati personali ci saranno perdonati. Che cos'è la Confessione se non un accostarci sacramentalmente a questo Sangue?

2) La seconda esigenza che sentiamo in noi è quella, più profonda, di essere guariti radicalmente dal peccato che in­quina la nostra natura umana. E' necessario che questa natura peccatrice venga distrutta e, al suo posto, ce ne venga data un'altra, giusta, santa! Dio risponde a questa esigenza mediante la Croce di Gesù. In Gesù è tutta la no­stra umanità che viene crocifissa e muore: "Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,24). San Paolo scrive: "Sono stato crocijRsso con Cristo" (Gal 2,19). Così la Croce, cioè la morte di Gesù, è stata anche la morte della vecchia umanità di Adamo, morte che avrà il suo segno visibile quando lasceremo questo corpo alla cenere nella tomba.

3) Ma abbiamo una terza esigenza che è quella della vita. L'uomo non è fatto per la morte, ma per la vita: per una vita senza fine, felice, in continua crescita. Ebbene Dio ci dona in Gesù una vita nuova, quella che la Bibbia chiama "la vita eterna". E' la vita stessa del Figlio di Dio. Dice il Vangelo di Giovanni: "A quanti credono in Gesù, Dio ha fatto un dono: quello di essere figli di Dio mediante una nuova nascita, non dalla carne e dal sangue, ma da Dio stesso!" (cfr Gv 1,12-13) . Non si tratta soltanto della vita spirituale, ma anche corporale perché noi pure risorgeremo come è risorto Cristo. Dio dunque non ci ha fatto e non ci fa tante grazie: non ci dà tanti doni. Ci fa una sola grazia, ci dà un solo dono: suo Figlio Gesù! Ma in Gesù c'è ogni grazia, ogni dono: "In Lui - scrive San Paolo - ci sono tutti i tesori della sapienza e della scienza" (1 Cor 1,30 ). "In Lui - scrive ancora l'apostolo - c'è la pienezza della divinità" (Col 2,9) cioè la pienezza del bene. Qualsiasi bene tu cerchi, lo trovi in Gesù! Di qualsiasi dono tu abbia bisogno, lo trovi in Gesù! In Lui Dio ci ha donato tutto: ci ha donato sè stesso!



GESU, IL DONO DI DIO

Ma vediamo un po' meglio la ricchezza di questo dono ana­lizzando i titoli che il Simbolo attribuisce a Gesù: lo chiama: Gesù - Cristo - Signore.

1) Gesù!

Parlando a Giuseppe l'angelo Gabriele svela, con il nome, anche il significato: `Eo chiamerai Gesù, perché salverà il suo popolo dai peccati" (Mt 1,21). In ebraico Gesù significa: "Dio è salvezza!".

"Lo chiamerai: Dio - è - salvezza": un nome che non solo indica un programma, una missione, ma anche una realtà: egli è Dio stesso che viene a portare la salvezza! Salvezza da che cosa? Dai peccati, spiega l'angelo. Ecco qui, nel nome stesso di Gesù, una prima rivelazione della sua realtà personale e della sua missione: egli è Dio che viene a salvarci! 2) Cristo! Gesù è il Cristo!

Cristo è un nome che viene dal greco e che traduce l'ebraico Messia.

Messia vuol dire: Mandato da Dio, inviato di Dio. Gesù è un mandato. E' mandato a compiere una missione nel mondo. Chi lo manda è il Padre. Lo afferma egli stesso: "Il Padre mi ha mandato a compiere l'opera sua". L'opera di Dio è la salvezza del mondo. Questo mandato dal Padre è, per Gesù, una consacrazione. Quando si destina un calice per il servizio liturgico, lo si consacra, cioè lo si toglie all'uso profano per adibirlo al servizio esclusivo di Dio. Così quando un uomo viene mandato a continuare l'opera di Gesù lo si consacra al Signore. E' accaduto per tutti noi nel battesimo e nella cresima, avviene per gli sposi nel sacramento del matrimonio, per i religiosi mediante la loro professione, per i diaconi, sacerdoti e vescovi con l'ordinazione. Tutto il popolo cristiano è consacrato al servizio di Dio: è un popolo messianico. Partecipa della consacrazione di Gesù. Questa consacrazione si attua mediante il dono dello Spirito Santo. A Nazareth Gesù fece sue le parole dell'antico profeta: `Eo Spirito del Signore è sceso sopra di me e mi ha consacrato con l'unzione spirituale. Per questo sono stato mandato ad evangelizzare i poveri, a portare la libertà agli oppressí ed ai prigionieri, a predicare il tempo della, misericordia di Dio" (cfr Lc 4,18,19). Ed infatti, poco prima, presso il fiume Giordano lo Spirito Santo era sceso sopra di Lui ed il Padre, dal Cielo, lo aveva proclamato " il figlio suo diletto" (cfr Mt 3,17)!

Gesù è il Cristo, il Messia, il Consacrato a Dio, cioè il Servo di Dio, venuto nel mondo per compiere l'opera di Dio e per comunicarla a tutti gli uomini.

In Lui e mediante il suo ministero (che oggi continua nella Chiesa) Dio compie la salvezza del mondo e la attua in ogni uomo che crede al Vangelo.

3) Gesù è il Signore.

Il titolo Signore è pasquale, cioè è il titolo che i cristiani danno a Gesù Risorto. Il primo è stato Tomaso quando, aprendo il cuore alla fede, grida a Gesù Risuscitato: "mio Signore e mio Dio" (Gv 20,28)!

Finché Gesù è su questa terra e compie il suo ministero di salvezza è il servo di Dio. Ma quando risorge da morte e sale alla destra del Padre ecco che diventa il Signore. S. Paolo ce ne parla così: "Gesù si è fatto obbediente fino alla morte ed alla morte di croce. Per questo Dio lo ha glorificato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, così che nel nome del Signore Gesù, ogni ginocchio si pieghi in terra, in cielo o negli inferi per la gloria di Dio Padre" (Fil 2,8).

La parola Signore che noi attribuiamo anche a Dio Padre e allo Spirito Santo, in realtà è propria del Figlio suo Gesù. Significa che egli, anche nella sua umanità glorificata, è il Re, il Cuore e il Centro del nuovo mondo.

Da Lui viene la nuova vita, la vita eterna. Da Lui si espande nell'universo la nuova potenza che tutto rinnova: lo Spirito Santo. Proclamare Gesù Signore, significa riconoscerlo come nostro Re, nostro principio vitale, nostro Dio. Accogliere Gesù come Signore, significa farlo sedere sul trono del no­stro cuore sottomettendogli per amore tutta la nostra vita, tutti i nostri interessi, tutto il nostro essere. Così Egli, me­diante lo Spirito Santo, prende possesso della nostra esistenza e vive in noi: "non più io vivo, ma Cristo vive in me!" (Gal 2,20).

Ecco allora il significato primo della nostra professione di fede, quando diciamo: "Credo in un solo Signore, Gesù Cristo". Vuol dire che noi accogliamo nel cuore e nella vita Gesù il Figlio di Dio, come nostro Salvatore, come nostro Messia, come nostro Signore.

Questa triplice realtà coinvolge tutti i credenti perché, me­diante l'incarnazione, essa diventa nostra così che nella no­stra povera umanità è Gesù Cristo Signore che vive ed agisce per portare la salvezza di Dio al mondo.

E' questo che il mondo si attende, sia pur inconsciamente, da noi cristiani! Non tanto un nuovo regime politico, e neppure una nuova rivoluzione sociale (che del resto è necessariamente insita nel rinnovamento cristiano del mondo), ma la divina realtà del Signore vivente in noi.

E' del Signore Gesù Cristo che ha bisogno l'uomo perché solo nel Signore Gesù Cristo trova vita, salvezza, perdono. Infatti: Gesù è l'unico che può dare un senso vero alla vita dell'uomo rivelandogli il suo eterno destino in Paradiso;

. Gesù è l'unico che può offrire all'uomo peccatore il perdono di Dio che Egli ci ha ottenuto con il suo sacrificio; . Gesù è l'unico che può infondere la vera pace nel cuore umano e, di conseguenza, nella nostra società;

. Gesù è l'unico che può dare una vita piena, felice, eterna! Preghiamo la Madonna perché ci aiuti a credere nel Signore Gesù Cristo come ci ha creduto Lei quando si è offerta senza riserve alla Parola di Dio che le rivelava il dono del Padre: Gesù!



CONTEMPLAZIONE

Questa contemplazione sarebbe opportuno farla davanti al Ss.mo Sacramento o almeno davanti ad una immagine di Gesù per meglio immergerti nella meditazione della Parola di Dio.

Lettera agli Efesini cap. 1

Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo,

secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto;

nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui presta­bilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra.

In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.

In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.



- Capitolo 9 -

"UNIGENITO FIGLIO DI DIO,

NATO DAL PADRE PRIMA DI TUTTI I SECOLI"

FARE TEOLOGIA


L argomento di questo capitolo è uno di quelli che, come direbbe Dante, fanno tremare le vene e i polsi. Si tratta di un tema di altissima teologia. Un tema che proprio per questo viene troppo facilmente lasciato alla speculazione dei teologi pensando, ma a torto, che il popolo cristiano sia incapace di affrontarlo. La stessa cosa capita anche per altri temi analoghi e così il popolo di Dio viene privato di un suo diritto fondamentale che è quello di fare teologia, cioè di fare "un discorso su Dio". Infatti se esaminiamo bene la parola teologia (di origine greca) vediamo che essa è composta di due parti: la parola theos', che significa Dio e la parola logos che significa discorso. Teologia vuol dire discorso su Dio, parlare di Dio.

Ora ogni cristiano ha la capacità soprannaturale di recepire e di fare un discorso su Dio perché Gesù ci ha rivelato come in ogni credente sia presente lo Spirito Santo con i suoi doni ed i suoi frutti. Inoltre ogni cristiano deve fare teologia, cioè deve fare un discorso su Dio, perché è mandato dal Signore a portare il Vangelo ad ogni creatura ed il Vangelo che cos'è se non un grande discorso su Dio e sul mistero della sua opera di salvezza? Non dobbiamo perciò evitare di toccare certi temi della fede solo perché profondi e difficili. Dobbiamo avere fede nella promessa di Gesù quando assicura ai suoi discepoli: "lo Spirito Santo verrà in voi e vi ricorderà tutto quello che io vi ho insegnato. Egli vi condurrà alla verità piena" (cfr Gv 16,13). Certo, se noi volessimo partecipare alla nostra gente le grandi speculazioni teologiche sulla natura, sulla persona, sulle processioni trinitarie e via dicendo, faremmo probabilmente un buco nell'acqua o, peggio, creeremmo una grande confusione. Ma se noi, con parole umili e semplici, presentiamo i misteri di Dio così come il Vangelo ce li rivela e la Chiesa ce li insegna, ci accorgeremo che anche il più povero e il più piccolo dei figli Dio è in grado di recepirli. Anzi avviene talvolta che proprio i più semplici penetrano in questi misteri assai più a fondo dei grandi teologi e ciò capita quando lo Spirito di Dio li trova disponibili ed aperti alla sua luce soprannaturale, indipendentemente dalle loro capacità naturali e dai loro studi. Ne abbiamo prove lampanti nella vita dei santi: S. Caterina da Siena, ad esempio, non ha mai studiato teologia: eppure ha parlato di Dio, quindi ha fatto teologia, in maniera straordinaria tanto che il Papa l'ha proclamata Dottore della Chiesa.

lo non ho paura ad affrontare il tema che il Simbolo ci propone, anche se esso presenta un grande mistero. Ho fiducia nello Spirito Santo che mi illumina e che illumina voi. Sarà lo Spirito, cari amici, che ci renderà capaci di fare un discorso su Dio, cioè di fare teologia, nell'umiltà e nella semplicità, ma anche nella profondità.



IL MISTERO DEL SIGNORE GESU’

Nel capitolo precedente abbiamo meditato sopra i tre titoli che il Simbolo esprime a proposito di Gesù: Salvatore, Messia e Signore. Ora il Simbolo prosegue e dice: "Credo in un solo Signore, Gesù Cristo... Unigenito Fíglio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Generato, non creato: della stessa sostanza del Padre, Per mezzo di lui tutte le cose sono state create". E' un lungo articolo di fede nel quale la Chiesa ha condensato il mistero del Signore Gesù. Esso è il risultato di lunghe e laboriose discussioni teologiche che vescovi e laici hanno sostenuto per secoli contro gli eretici, ossia contro quei fedeli che pertinacemente negavano qualche verità riguardante Gesù. L'affermazione centrale è questa: Gesù è l'Unigenito Figlio di Dio!

Per il cristiano questa affermazione è fondamentale e qualificante.

Non si è cristiani se non si accetta Gesù come vero Figlio di Dio!

Gesù stesso, a Cesarea di Filippo, ha voluto chiarire questo fatto. Prima ha chiesto quale fosse il pensiero della gente nei suoi riguardi. Gli fu riferito che la gente lo riteneva un profeta, un santo, qualcuno anche il Messia. Allora Gesù interrogò gli apostoli: 'E voi chi dite che io sia?". Non era più alla gente che ora si rivolgeva, ma ai suoi discepoli, alla sua Chiesa. Allora lo Spirito Santo parlò per bocca di Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!". Pietro, illuminato da Dio, proclamò in quel momento il dogma basilare della fede cristiana.

Gesù ne fu contento e chiarì che quella proclamazione non era il frutto di una speculazione razionale e neppure il risultato di un insegnamento umano, ma di una rivelazione del Padre (Mt 16,13-19).

La proclamazione di Pietro è pure la nostra: Gesù è il figlio del Dio Vivente: "Credo in solo Signore Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio". Ma che cosa significano queste parole? Quale è il senso profondo di questa affermazione? Queste domande se le sono fatte anche i cristiani dei primi secoli ed hanno tentato di dare delle risposte.

Nacque così un lungo discorso sul mistero della Ss.ma Trinità ed in particolare sul mistero della divinità di Cristo. Un discorso che con semplicità ed in forma sintetica vogliamo fare anche noi.

In questo articolo del Simbolo diciamo due cose riguardo a Gesù: diciamo cioè che è Figlio di Dio e che è l'Unigenito.

1) Innanzitutto affermiamo che Gesù è il Figlio di Dio. Che cosa vuol dire? Spostiamo la domanda: che significa essere figlio per noi uomini?

Significa essere stati generati. Altro è essere generati. altro è essere fatti.

Una cosa si dice che è fatta quando riceve l'esistenza dal di fuori, dall'esterno. Io faccio qualcosa quando adopero la materia che è fuori di me e la trasformo con le mie mani. Così dico che ho fatto un quadro: non dico che ho generato un quadro! Dico che ho fatto un articolo giornalistico: non dico che ho generato un articolo. Invece quando parlo di mio figlio dico: io l'ho generato! Il figlio non lo faccio, ma lo genero, perché il figlio non viene dal di fuori di me, ma dal di dentro. Egli è il frutto delle mie viscere, è carne della mia carne, sangue del mio sangue, vita della mia vita. In mio figlio sono io stesso che continuo a vivere: è la mia vita che si espande! Guardate, per esempio, la differenza che c'è tra una casa ed un frutto. La casa è fatta, è costruita, mattone su mattone. Non nasce dalla terra, non è generata dalla terra, non sboccia dalla terra. Invece il frutto da dove viene? Viene dall'albero e l'albero nasce dalla terra. Perciò parliamo di madre terra, parliamo della terra che genera le piante.

Passiamo ora a Dio. Affermando che Gesù è Figlio di Dio neghiamo prima di tutto che egli sia una creatura di Dio, un'opera di Dio fatta dall'esterno, come sono state create tutte le cose del mondo. Ci sono stati degli eretici (e ce ne sono ancora) che sostenevano proprio questa cosa. Dicevano: Gesù è la prima creatura di Dio, è stato fatto da Dio prima del mondo. E' la creatura più grande e più importante, ma non è che una creatura. Allora la Chiesa,

illuminata dallo Spirito santo, ha proclamato: "Egli è il Figlio di Dio, generato, non fatto. Egli è della stessa sostanza del Padre". Come il figlio di un uomo è della stessa sostanza dell'uomo che lo genera perché viene dal di dentro di lui, così Gesù è della stessa sostanza del Padre perché viene dal di dentro del Padre: è generato non creato! Per meglio mettere in chiaro questa realtà di Cristo il Simbolo aggiunge: "Egli è luce da luce, Dio da Dio, vero Dio dal vero Dio". Cioè: il Padre è luce eterna (è un'immagine per indicare la spiritualità di Dio). Ebbene Gesù è lui pure luce eterna. San Giovanni infatti scrive: "Egli è la Luce che illumina il mondo" (cfr Gv 1,9). E Gesù stesso ha affermato: "Io sono la luce del mondo!" (Gv 8, 12). Il raggio di luce è della stessa sostanza della fonte di luce da cui deriva. Così Gesù è della stessa sostanza del Padre che lo genera. Il Padre è Dio, è il vero Dio: così Gesù è Dio è vero Dio perché viene da Lui generato.

Naturalmente qui il Simbolo parla della natura divina di Gesù, non della natura umana. Questa è stata generata per mezzo di Maria, come vedremo più avanti. Ma Gesù esisteva ancora prima di Maria: Egli era il Figlio di Dio prima di essere il figlio di Maria.

Da quanto tempo esiste il Figlio di Dio? Da quando esiste il Padre che lo genera. Ora il Padre esiste da sempre: è eterno. Così anche il Figlio esiste da sempre: è eterno: "Prima di tutti i secoli!".

Concludiamo: Gesù - afferma il simbolo della fede - è vero figlio di Dio. Non è stato creato, ma è generato. E' della stessa sostanza del Padre; come la luce viene dalla luce egli è Dio che viene da Dio.

Non siamo d'accordo perciò con quanti, pur dichiarandosi cristiani, rifiutano questa verità fondamentale della fede: la divinità e l'eternità del Signore. Oggi, tra questi, ci sono anche i Testimoni di Geova ed i Mormoni. Essi non accettano Gesù come Figlio vero di Dio, anche se usano chiamarlo così. In realtà essi dicono che Gesù è una creatura di Dio. E' stato creato - dicono - non generato! Attenti perciò a non lasciarvi ingannare dalle parole di que­sta gente che ripete gli errori degli antichi eretici. Sembrano dire cose nuove, in realtà riprendono errori ed eresie antiche di secoli! Noi che ci proclamiamo cristiani siamo fondati sulla grande verità che è la base di tutto il Vangelo: Gesù è veramente il Figlio eterno di Dio!

2) Ed è l'unigenito: cioè l'unico vero figlio di Dio. Questo lo affermiamo per distinguerlo da tutti gli altri che vengono chiamati così, come diciamo dei credenti. Noi siamo figli di Dio per adozione, cioè per partecipazione in quanto, me­diante la fede ed il battesimo, abbiamo ricevuto una vita nuova, la vita stessa del Figlio. Gesù è figlio di Dio per natura, noi invece per grazia, ossia per partecipazione. Noi restiamo sempre delle creature, anche se, uniti a Gesù, partecipiamo alla sua vita di figlio. Gesù al contrario rimane sempre il vero Figlio di Dio, anche se ha voluto assumere da Maria la nostra natura umana. Egli è l'Unigenito. cioè l'Unico Eterno Vero Figlio di Dio!

Abbiamo fatto un discorso su Dio, abbiamo fatto teologia: con umiltà e semplicità. Di fronte al grande mistero di Gesù e della sua divina figliolanza non ci resta che contemplare e adorare. Ma anche ringraziare e lodare perché questo mi­stero ci è stato rivelato per la nostra salvezza.

"Chi crede nel Figlio di Dio - scrive S. Giovanni - ha in sè la vita eterna! " (Gv 6,47).



CONTEMPLAZIONE

Anche quest'oggi la contemplazione si basa su una delle pagine più belle del Nuovo Testamento. Ancora una volta immagina di vedere Gesù davanti a te e ascolta con il cuore quanto di Lui afferma la Parola di Dio.

Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce.

E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto,

per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.

Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura;

poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.

Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui.

Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose.

Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza

e per mezzo di lui riconciliare a sè tutte le cose, rappaciando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.

E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate,

ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto:

purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura (Col 1,12-23).



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05/09/2009 16:08


- Capitolo 10 -

"PER NOI UOMINI E PER LA NOSTRA SALVEZZA..."

IL MISTERO DELLA SALVEZZA


D opo aver proclamato la nostra fede nella divinità di Gesù dobbiamo meditare un altro grande mistero: quello della salvezza. Dicendo le parole "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo" noi affermiamo che quel Gesù, che è il vero Unigenito Figlio di Dio, si è occupato di noi uomini, ha lasciato il Cielo ed è venuto sulla terra. Per chi? Per che cosa?

- "Per noi uomini", cioè per tutti gli uomini e per ciascun uomo in particolare.

- "Per la nostra salvezza", ossia per salvarci.

Ma noi abbiamo proprio bisogno di essere salvati? Da chi e da che cosa? Che significa per noi "la salvezza"? In che senso Gesù è il nostro salvatore?

Son tutte domande alle quali la Parola di Dio risponde ri­velandoci un grande mistero: il Mistero della Salvezza o della Redenzione in Cristo. Vediamone insieme i due elementi costitutivi così come ci vengono presentati dal Credo.



IL PRIMO ELEMENTO: L'Amore della Trinità

"Per noi uomini" - Vuol dire: per nostro amore. L'opera della salvezza è opera di amore divino.

- Innanzitutto c'è l'amore del Figlio di Dio che scende dal cielo per noi. Egli però viene obbedendo ad un mandato del Padre: "Io non sono venuto per fare la mia volontà, ma quella del Padre che mi ha mandato" (Gv 6,38). Quando diciamo il "Padre nostro" e arriviamo alla petizione "Sia fatta la Tua volontà come in cielo, così in terra" è a que­sta obbedienza del Figlio che alludiamo. Come cioè il Figlio compie la volontà del Padre in cielo fin da tutta l'eternità, così, sul suo esempio, fa che la compiamo anche noi qui in terra. Innanzitutto perciò apriamo gli occhi della fede per contemplare Colui che in Cielo compie la volontà del Padre, ossia il Verbo, la seconda Persona della Santissima Trinità. Egli, spinto proprio dall'amore per il Padre e per noi, ha detto il suo "sì" divino all'opera della redenzione accettando la missione affidatagli dal Padre per la nostra salvezza.

Quest'atto di obbedienza del Figlio precede tutta la storia della salvezza. E' un "sì" che risale "al principio", prima ancora della creazione del mondo. Ecco perché, nel corso della storia che precede l'Incarnazione, troviamo questo "sì" già presente nelle profezie che riguardano Gesù, come, ad esempio, nel salmo 40,7-9 in cui si fa dire al futuro Salvatore: "Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua volontà". La Lettera agli Ebrei riprende queste parole profetiche applicandole a Cristo nel momento in cui si fa uomo nel seno verginale di Maria: "Cristo, entrando nel mondo, dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per i peccati. Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà!" (Ebrei 10,5-7). E quando Maria, esclama: "Eccomi, sono la serva del Signore; si faccia di me secondo la tua parola!" (LC 1,38) come un'eco, esprime sensibilmente, facendola propria, l'obbedienza del Figlio. In tal modo il nuovo Adamo e la nuova Eva, come insegna la Chiesa alla luce dei santi Padri, riparano con la loro obbedienza la superba disobbedienza dei progenitori. Questa obbedienza del Verbo incarnato, sublime atto d'amore per il Padre, costituisce il cuore del sacrificio della Nuova Alleanza, il centro dell'opera della salvezza.

- Questo atto di obbedienza, mentre ci mette davanti agli occhi l'esempio del Figlio di Dio, ci rivela anche l'amore del Padre per noi, amore che Lo porta a "dare in sacrificio" il Figlio diletto per la nostra redenzione.

E' Lui dunque, il Padre, la sorgente della nostra salvezza! Gesù viene a redimerci prima di tutto per amore del Padre, per attuare il suo paterno progetto in nostro favore: "Dio è Amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui" (1Gv 4,8-9). Gesù ci ama perché ama il Padre e vuole salvarci perché così vuole il Padre. Gesù guarda a noi come a realtà preziose che appartengono al Padre e che il Padre ha affidato a lui: "Erano tuoi - dice dei discepoli - e li ha dati a me!" (Gv 17,6). - Lo Spirito Santo poi continua nella storia l'opera salvifica di Gesù mediante la Chiesa. La salvezza infatti, come vedremo, viene attuata in noi dallo Spirito che ci unisce in una comunione vitale e soprannaturale con Gesù e, in Lui, con il Padre. Per l'opera dello Spirito Santo diventiamo 'figli nel Figlio", quindi "obbedienti nell'Obbediente" per la gloria del Padre.

La salvezza perciò è opera di tutta la Ss.ma Trinità perché tutte tre le divine Persone vi sono coinvolte dall'Amore infinito: il Padre la progetta e la vuole, il Figlio obbedisce e la compie, lo Spirito Santo la porta e la realizza in ciascuno di noi. Potremo ancora dubitare dell'amore di Dio? "Dio dimostra il suo amore per noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). "Che diremo dunque di fronte a questi fatti? Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?... Chi ci separerà dall'amore di Cristo?... Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né

alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore!" (Rm 8,11,17).



IL SECONDO ELEMENTO: Il mistero pasquale

"E per la nostra salvezza". In che cosa consiste la salvezza? Sarebbe molto lungo un discorso approfondito su questo punto. Del resto ne abbiamo già accennato e ne parleremo anche più avanti, quando tratteremo della morte e risurrezione di Cristo. Mi limiterò perciò a pochi cenni per aiutare la nostra preghiera e la nostra partecipazione alla S. Liturgia nella quale si rinnova e si celebra sacramentalmente questa grande opera di Dio.

In genere si dice che uno è salvato quando viene liberato da una situazione di grave disagio, tale da poter privarlo di un grande bene, quale potrebbe essere la vita stessa. Ebbene l'umanità, a causa della ribellione originale, istigata dal demonio, è venuta a trovarsi in una gravissima situazione e in un grandissimo pericolo. La situazione è la separazione da Dio e dalla sua grazia; il pericolo è l'eterna dannazione come logica conseguenza. Il peccato originale infatti, secondo la divina rivelazione, consiste in una libera adesione alla ribellione di Satana da parte dell'umanità rappresentata da Adamo. Il racconto biblico, nella sua forma attuale, tradisce una trasmissione letteraria "mitologica", sotto la quale però si nasconde una realtà storica e vera. I personaggi, i loro gesti e le loro parole, fanno parte della forma, ma il messaggio che essi esprimono e trasmettono è autentica rivelazione di Dio, per cui possiamo cogliere, attraverso di essi, la sostanza del mistero che il racconto ci trasmette. Oggi i teologi tentano di spiegare in vari modi il peccato originale. Noi però dalle parole stesse della Genesi, cerchiamo di ricavare punti di

luce capaci di illuminare la nostra fede e di introdurci nella contemplazione del mistero della salvezza.

- Il primo punto di luce sta proprio nella la storicità del fatto, anche se la forma del racconto, come abbiamo già detto, ricalca i miti del tempo in cui il Libro della Genesi è stato scritto. Non si tratta di una favola o di una parabola, ma di un fatto le cui conseguenze raggiungono tutti gli uomini di tutti i tempi.

- Il secondo punto di luce consiste nella valenza universale di questo peccato in quanto l'intera umanità vi è coinvolta. Non si tratta di un avvenimento individuale, circoscritto al solo Adamo e alla sola Eva, ma di un fatto che assume proporzioni mondiali: coinvolge tutti e ciascuno come, ad esempio, il fallimento dell'azienda paterna travolge tutta la famiglia.

- Un terzo punto di luce sta nella rivelazione dell'essenza stessa del peccato. Perché è peccato? Che cos'è il peccato? Il racconto biblico risponde a queste domande rivelandoci che il peccato consiste nella ribellione a Dio, ribellione con la quale si rifiuta il riconoscimento di Dio quale Sovrano assoluto di tutte le cose, Lo si offende rifiutandogli l'omaggio della fede nella sua sapienza, nella sua potenza e nel suo amore per anteporgli Satana con la sua menzogna e la sua stoltezza.

- Un quarto punto di luce ci è dato dalla presenza istigatrice del Maligno senza del quale il peccato non ci sarebbe stato. Questa presenza ci rivela un mistero più profondo: il mistero del Male. Certo l'uomo non è giustificato nel suo peccato dalla presenza del Tentatore perché Adamo era pienamente libero e quindi responsabile delle proprie scelte. Oggi invece l'azione tentatrice del Maligno è facilitata dalle nostre concupiscenze scatenate dal peccato originale alle quali con molta difficoltà tentiamo di far argine con una volontà debi­litata e una natura ferita che solo la grazia di Dio può sostenere.

- Un quinto punto di luce infine ci induce a comprendere le gravi conseguenze del peccato originale che possiamo sintetizzare così: la soggezione a Satana, la natura ferita e incline al male, il dolore, la morte e l'esclusione dalla comunione con Dio.

Ecco, questo è l'abisso da cui Dio ci vuole salvare!



L'OPERA DI DIO IN CRISTO

Dopo la caduta di Adamo Dio vuole trasformare l'umanità che da lui deriva, in una umanità "nuova". Nuova non solo nell'atteggiamento interiore, ma nella sua stessa sostanza. Ecco allora il meraviglioso progetto della salvezza in Cristo. Dio riassume, S. Ireneo direbbe "ricapitola", tutta l'umani­tà in Cristo, vero Dio e vero uomo e in Lui distrugge il peccato e ci dona una vita nuova. Egli compie queste due azioni non in ciascun uomo, ma in Gesù e, attraverso Gesù per l'opera dello Spirito Santo, come da una sorgente purissima la salvezza dilaga nel mondo raggiungendo per vie innumerevoli ogni uomo per trasformarlo in "creatura nuova" come insegna S. Paolo. "Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20). E ancora: "Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco: ne sono nate di nuove" (2Cor 5,17). Per questo S. Paolo chiama Gesù "nuo­vo Adamo" (1Cor 15,45). Su di Lui, infatti, è stato posto il peccato del mondo, come dice il vangelo: 'Ecco l'Agnello di Dio, Colui che porta su di sè il peccato del mondo" (Gv 1,29).

Scrive S. Pietro: "Egli ha preso su di sè i nostri peccati e li ha portati con sè sulla croce, per farci morire al peccato e farci vivere una vita giusta. Le sue piaghe sono state la vostra guarigione" (1Pt 2,24). Quando Gesù è morto, in Lui è morta crocifissa tutta la vecchia umanità di Adamo che portava su di sè. Vi faccio un esempio: se io metto una foto in un libro e butto il libro sul fuoco, il fuoco distruggerà con il libro anche la foto. Ebbene, così è accaduto sulla croce: Gesù è morto perché in Lui crocifisso morisse il peccato dell'umanità, ogni peccato, anche il mio, anche il tuo! Così, mediante la sua morte, Gesù ci ha liberati dal peccato e dalle sue tristi conseguenze. Questa però è soltanto la parte negativa del progetto salvifico di Dio. Egli infatti ci libera dal peccato perché vuol darci una vita nuova, divina.

Per questo ha risuscitato Gesù e ha fatto di Lui la sorgente di una nuova vita soprannaturale per ciascun uomo. Gesù risorto è la fonte di una umanità nuova, di un mondo nuovo. S. Paolo chiama Gesù "il secondo uomo". Il primo è Adamo con la sua discendenza peccaminosa e mortale; il secondo è Cristo con la sua discendenza divinizzata dalla grazia ed erede della vita eterna. Il primo uomo è stato distrutto dalla croce in Cristo crocifisso; il secondo è nato dalla risurrezione di Gesù. Il primo viene dalla nascita carnale ed è di terra; il secondo da una nascita spirituale ed è celeste. Per questo Gesù dice a Nicodemo: "Se uno non nasce da acqua. e Spirito Santo (battesimo) non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è nato dalla carne è carne e ciò che è nato dallo Spirito è Spirito" (Gv 3,5-6). Il battesimo è il sacramento che realizza in noi l'opera salvifica di Gesù immergendoci nella sua Morte e nella sua Risurrezione. Il simbolismo di questo mistero appare chiaro nell'antico rito battesimale quando a ricevere il sacramento erano non i bambini, ma uomini adulti e convertiti.



LA GRANDE VEGLIA PASQUALE

La celebrazione si faceva nella notte pasquale e precisamente all'aurora dopo aver passato diverse ore pregando e ascoltando letture sacre ed esortazioni.

1 - Il catecumeno (veniva così chiamato colui che si prepa­rava al battesimo) proclamava la sua rinuncia a Satana, agli idoli e al peccato rivolgendo la faccia verso l'occidente (dove tramonta il sole e donde avanza la notte, simbolo perciò del male e della sua tenebra).

2 - Successivamente faceva la sua professione di fede rivolgendosi ad oriente (donde nasce il sole, simbolo del Signore, chiamato anche Oriente e Sole di giustizia perché viene a illuminare l'uomo con la sua parola e il suo esempio).

3 - Il catecumeno poi scendeva nella grande vasca battesimale e il celebrante ve lo immergeva tre volte "Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Era una triplice immersione seguita da una triplice emersione dal significato assai profondo:

- con l'immersione il catecumeno intendeva unirsi a Cristo Crocifisso per morire simbolicamente con Lui e in Lui, facendo propria la sua morte redentrice. Per lui in quel momento il fonte battesimale rappresentava il sepolcro di Cristo come anche la sua Croce (talvolta il fonte era proprio a forma di croce). Così si attuava nel catecumeno il primo elemento della salvezza, cioè la distruzione del peccato, il ripudio di Satana e la liberazione dalla morte;

- con l'emersione invece veniva simboleggiata la risurrezione o anche la nuova nascita in Cristo e il fonte assumeva il simbolo dell'utero materno che partorisce una nuova creatura. Da quel momento il catecumeno non era più l'uomo peccatore nato da Adamo. Quello era sepolto per sempre nel fonte battesimale. Adesso egli era diventato un uomo nuovo, nato con Cristo ad una vita nuova: era figlio nel Figlio. Anche sopra di lui, uscente dall'acqua battesimale, la fede faceva sentire le parole celesti: "Questi è il mio figlio diletto";

- il neofito (così lo si chiamava dopo il battesimo) veniva unto dal vescovo con olio profumato simbolo dello Spirito Santo che con i suoi doni e i suoi carismi prendeva possesso di lui per farne un generoso discepolo di Cristo, un degno soldato capace di lottare fino al martirio, se necessario, per rimanere fedele al suo Signore (era la Cresima);

- infine, rivestito di una veste candida, simbolo della nuova vita ricevuta, e illuminato da una lampada, simbolo di Cristo Luce del mondo e della Fede, il novello cristiano veniva accompagnato fra canti di gioia all'interno della basilica dove poteva partecipare all'Eucaristia unendosi ai fratelli per formare un unico corpo mediante il Corpo e il Sangue del Signore, nell'attesa del banchetto eterno.

Questa celebrazione battesimale era quanto mai suggestiva e parlante di per se stessa ed esprimeva in maniera plastica il grande mistero della salvezza operato da Gesù. Oggi si preferisce, per motivi di opportunità, specialmente nel battesimo dei bambini, infondere l'acqua sul capo. Certo, il sacramento è lo stesso, ma il segno esteriore viene molto diluito anche se gli elementi essenziali del sacro rito ci sono tutti.



LA MATERNA PRESENZA DI MARIA

Con questa descrizione spero di avervi dato un aiuto per penetrare nel mistero della salvezza, ossia nella partecipazione, mediante la fede e il sacramento, alla morte e alla risurrezione di Gesù. Vorrei solo aggiungere un pensiero sulla presenza e sul ruolo della Madonna nel battesimo. Come abbiamo detto il battesimo è una nuova nascita in Cristo, cioè nasciamo di nuovo, non dalla carne, ma dall'acqua e dallo Spirito Santo. Il fonte battesimale

raffigura e il sepolcro di Cristo e il seno della Chiesa che ci rigenera. Ed è appunto lì che bisogna cogliere la materna presenza di Maria. Il Concilio Vaticano II insegna che Maria è la madre della Chiesa e di ciascun cristiano in quanto ci genera alla vita nuova di Cristo diventando canale dell'amore materno di Dio "dal quale discende ogni paternità (e maternità) in cielo e in terra" (cfr Ef 3,15). Da quel momento Maria ci accoglie come veri figli nello Spirito attuando obbediente e amorevole la parola del Crocifisso. "Donna, ecco tuo figlio!" (Gv 19,26 ). Ora tocca a noi attuare l'altra parola: "Ecco tua Madre!" (Gv 19,27) e accogliere Maria quale nostra vera mamma nell'ordine soprannaturale come suggerisce il vangelo: "e da quel momento il discepolo la prese con sè" (cfr Gv 19,27) cioè nella sua casa, nella sua vita. Tutta la devozione alla Madonna nasce da qui e consiste nel vivere con Lei questa realtà soprannaturale nella quale siamo stati trasportati da Cristo suo Figlio, nostro Salvatore, realtà che costituisce la vita quotidiana del cristiano: figlio vero di Dio, figlio vero di Maria "in Cristo".



CONTEMPLAZIONE

Per contemplare questo grande mistero della fede e farlo oggetto di orazione medita sul seguente brano biblico.

Lettera ai Romani cap. 5

Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato.

Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.

Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini.

E non è accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio partì da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia,

perché come il peccato aveva regnato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.



- Capitolo 11 -

"FU CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO"

L'INCARNAZIONE DEL FIGLIO DI DIO


Dopo aver affermato che il Figlio di Dio "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo", proclamiamo "e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". Con queste parole noi esprimiamo la nostra fede nel mistero dell'Incarnazione con quattro affermazioni:

1 - il Figlio di Dio discese dal Cielo;

2 - si è fatto uomo;

3 - prendendo la "carne" umana nel seno della Vergine Maria;

4 - per opera dello Spirito Santo.



SI E' FATTO UOMO

Il punto centrale sta nelle parole "si è fatto uomo": è questa la realtà che vogliamo affermare. Una realtà sconvolgente se ci pensiamo bene. Dio, il Creatore, l'Onnipotente, l'Infinito si è fatto uno di noi, "si è fatto in tutto simile a noi eccetto il peccato" come dice la Bibbia (cfr Ebr 4,15). Per questo Egli "discese dal Cielo": questa espressione non vuole denotare un movimento da luogo a luogo, ma un atteggiamento di umiliazione e di povertà. Scrive San Paolo: "Cristo Gesù era Dio, ma non pensò di dover conservare gelosamente il fatto di essere uguale al Padre. Rinunziò a tutto; scelse di essere servo e diventò uomo fra gli uomini. Tanto che essi lo riconobbero come uno di loro. Svuotò sè stesso e fu obbediente a Dio sino alla morte e alla morte di croce" (Filipp 2,6-8).

Notate bene i tre verbi usati da San Paolo per esprimere questo mistero:

"rinunziò a tutto"; "scelse di essere servo"; "svuotò sè stesso".

- Egli era ricchissimo, non gli mancava nulla: ebbene, ri­nunziò a tutto.

- Egli era il Padrone del mondo: ebbene scelse di essere il servo.

- Egli era la Pienezza dell'Essere e della vita: ebbene svuotò sè stesso fino alla morte di croce.

Perché e per chi, ha compiuto questo gesto così sconvolgente? "Per noi uomini e per la nostra salvezza", cioè perché ci ama e ci vuole salvare.



L'ESEMPIO DI GESU’

- Il nostro nemico, quello che ci porta alla rovina, è la superbia. Allora Il Figlio di Dio si è fatto umile per insegnarci e donarci l'umiltà che salva, la sua umiltà.

- La superbia produce la disobbedienza. Allora Egli si è fatto obbediente fino alla morte per insegnarci e donarci la sua obbedienza offerta per la nostra salvezza.

- Noi siamo dominati dall'avarizia e dalla passione per le ricchezze di questo mondo. Egli si è svuotato di tutto, si è fatto povero per insegnarci e donarci la sua povertà che salva e libera dalla schiavitù del denaro e dei beni terreni.

La spiegazione di tutto è l'amore: "per noi uomini e per la no­stra salvezza discese dal cielo"!

E qui entriamo nel grande mistero di Gesù, il mistero dell'Incarnazione che si esprime così: Il Figlio Eterno di Dio si è fatto uomo per amor nostro.

Notate bene l'espressione: si è fatto uomo. Noi non diciamo "ha rivestito la nostra umanità": diciamo che si è atto uomo, è diventato uno di noi. Prima era Dio: ora è anche uomo, cioè ha una natura come la nostra: un'anima come la nostra ed un corpo come il nostro. Quindi ha un'intelligenza che ragiona come la nostra, un cuore che ama come il nostro, una sensibilità che soffre e gioisce come la nostra, istinti come i nostri, sensi e nervi, mani e piedi, fantasia ed impulsi come i nostri. Egli è un vero uomo: non un fac-simile, non una caricatura, non un robot. E' un uomo vero, tale quale sono io e siete voi. "In tutto uguale a noi eccetto il peccato". L'unica cosa che Egli non ha potuto assumere come sua è stato il peccato, perché il peccato è l'opposto di Dio. In compenso, però, si è caricato di tutti i nostri peccati e li ha portati fino sulla croce perché ogni peccato morisse con lui e fosse espiato con il suo sangue.

questo Gesù, uomo vero e Dio vero, è la manifestazione visibile di Dio. In Lui è Dio stesso che si fa vedere e toccare da noi. "Chi vede me, vede il Padre" ha detto ai suoi discepoli "perché io sono nel Padre ed il Padre è in me!" (cfr Gv 14,9 -10) .

Attraverso la vita umana di Gesù Dio ci mostra visibilmente e palpabilmente chi è realmente, che cosa pensa, che cosa sente, che cosa vuole. Gesù, se mi permettete l'espressione, traduce nel linguaggio umano (fatto di gesti, di parole e di sentimenti), l'amore infinito di Dio. Per esempio: quando Gesù abbraccia i bambini compie un gesto di tenerezza che rivela la tenerezza di Dio e quando mangia con gli amici compie un gesto di affetto con il quale rivela l'amicizia affettuosa di Dio. Ricordatevi che Gesù rivela chi è Dio più con i fatti che con le parole.

Tutti i filosofi e tutti i grandi fondatori delle varie religioni che hanno parlato mirabilmente di Dio, ne hanno parlato dal di fuori, come un astronomo che parla delle sue sco­perte nel cosmo conosciute guardando dal suo telescopio. Gesù invece rivela Dio dal di dentro come l'astronauta che viene da un altro mondo e che ha toccato con i suoi piedi e con le sue mani i pianeti e le stelle dell'universo. San Giovanni scrive giustamente: "Nessun uomo mai ha visto Dio! Ma Gesù che né è il Figlio Unigenito, Lui sì ce lo ha ri­velato" (cfr Gv 1,18) .



NEL SENO DI MARIA

Ma in che modo il Figlio Eterno di Dio si è fatto uomo? La fede risponde: "per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria".

Non è possibile spiegare adeguatamente questo mistero, ma possiamo tentare di capirci qualcosa ricorrendo, magari, a qualche immagine.

a) Noi diciamo innanzitutto che Egli "si è incarnato": la parola "carne" nella Bibbia, significa "natura umana", cioè corpo e anima.

Affermando che Gesù si è incarnato, noi intendiamo dire che Egli ha fatto sua la nostra natura umana, diventando uomo come noi. Colui però che si è incarnato (ossia il Figlio eterno di Dio) non ha assunto una persona umana, ma semplice­mente la natura umana per cui abbiamo in Cristo due nature (quella umana e quella divina) e una sola Persona: la Se­conda Persona della Ss.ma Trinità, ossia il Figlio. Egli rimane sempre lo stesso come era prima, la Persona di prima, cioè quella del Verbo, la Seconda Persona della Ss.ma Trinità, ma si è fatto anche uomo assumendo la nostra natura umana! Quindi è nello stesso tempo vero Dio e vero uomo. Dio eterno ed infinito come il Padre, uomo vero e mortale come noi!

b) Ci domandiamo: come ha fatto a diventare vero uomo pur rimanendo vero Dio?

Da dove ha preso la carne, cioè la natura umana? "Dal seno della Vergine Maria." risponde la fede cristiana. Non ha preso una natura umana creata ex-novo dal nulla: in tal caso non sarebbe stato uno di noi! Neppure l'ha voluta prendere da un padre terreno perché Egli ha già un Padre vero: quello del Cielo. Invece ha preso la natura umana da una Vergine senza macchia di peccato perché fosse sì carne come la no­stra, però senza la corruzione della nostra. Egli è uno di noi per quel che riguarda la natura umana, ma è diverso da noi per quel che riguarda l'origine. La sua origine non è da Adamo, ma dal Padre. La Madonna gli ha dato la carne, cioè la natura di uomo: il Padre, che da tutta l'eternità lo genera come vero Dio, per opera dello Spirito Santo, Lo ha generato anche come vero uomo.



L'OPERA DELLO SPIRITO

Con Gesù comincia un'umanità nuova che ha la sua origine dallo Spirito. Gesù è un uomo nuovo. E' uomo come noi, ma la sua vita umana viene da Dio per opera dello Spirito.

Di conseguenza con Gesù Dio dà inizio ad una umanità nuova perché Gesù diventa la sorgente di una vita nuova per quanti si uniscono a Lui, formando con Lui una cosa sola.

Ebbene, noi affermiamo che tutto ciò è "opera dello Spirito Santo". Con queste parole esprimiamo due realtà:

- la prima è che la vita umana di Gesù ha la sua origine dalla Potenza Infinita di Dio e non dal seme umano. Maria ha concepito da sola il suo Figliolo, senza il concorso dell'uomo, come invece avviene in ogni umana generazione. Ha potuto farlo perché Dio stesso gliene ha dato il potere con la forza onnipotente del suo Spirito;

- la seconda realtà è che il concepimento di Gesù, in quanto uomo, è opera dell'Amore infinito di Dio. Nella generazione di Gesù non manca l'amore, solo che non è quello del maschio verso la donna, ma è l'Amore stesso di Dio, la Terza Persona della Santissima Trinità (cioè lo Spirito Santo), che avvolge Maria come una nube di grazia: `Eo Spirito Santo scenderà su di te e la Potenza dell'Altissimo ti avvolgerà nella sua ombra" (Lc 1,35). Maria, a sua volta, presta il proprio assenso all'Incarnazione spinta dal suo amore verso Dio e verso di noi: "Eccomi, sono la serva del Signore; si faccia di me secondo la tua parola" (Le 1,38). Il risultato di questo misterioso scambio di amore è Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, vero Dio e vero uomo.



MARIA

In tutto questo mistero la Vergine Maria ha un suo ruolo che è centrale, unico, ínsostituibíle.

- Essa è il nuovo Paradiso Terrestre dove nasce l'Uomo Nuo­vo, quello che piace a Dio.

La Bibbia ci racconta che nell'antico Eden l'uomo venne dalla terra, creato dalla potenza e dall'amore di Dio, adorno di Grazia e di doni. A causa del peccato però la terra è stata maledetta e da quel momento ogni uomo nasce peccatore, corrotto, privo della Grazia e dei doni celesti che lo facevano "immagine" della divinità. Per cominciare una nuova uma­nità Dio ha voluto una terra vergine ed immacolata. Per questo ha preservato Maria dal peccato originale e l'ha riempita della sua divina benedizione! Da lei, dal suo seno, Dio ha tratto l'Uomo Nuovo, Gesù Cristo!

- Maria è il vero tempio vivente di Dio. L'accenno dell'angelo Gabriele alla nube misteriosa e divina che avvolgeva Maria ci richiama la nube altrettanto misteriosa che avvolgeva il tempio del Signore nel deserto. Quando quella nube scendeva sul tempio, gli ebrei sapevano che Dio stesso si faceva presente e parlava con Mosè. Qui Dio si fa presente con la sua Potenza ed il suo Amore in Maria per compiere in Lei il mistero dell'Incarnazione. In nessun altro luogo Dio è così presente come in Maria!

- Maria è vera Madre di Dio. Essa è la vera mamma di Gesù in quanto uomo e lo è come nessun'altra donna lo è mai stata e mai lo sarà. Essa, infatti, non solo dona a suo figlio quello che le altre mamme donano ai loro figlioli quando li generano; Gli dona molto di più. Le altre mamme, infatti, donano la vita ai loro figli unitamente ai mariti; Maria invece è sola nel dargli la vita umana. Ne vengono conseguenze importantissime di carattere genetico, somatico, psicologico. Per non addentrarci in questioni che non ci competono, diremo solo questo: che la somiglianza fisica e psicologica tra Gesù e sua madre non può essere che eccezionale, unica, proprio per il concepimento verginale.

Maria viene chiamata dalla Chiesa vera Madre di Dio perché il Figlio da lei generato è Lo stesso che il Padre Celeste gene­ra ineffabilmente da tutta l'eternità, come abbiamo visto sopra. Questo titolo meraviglioso Le fu riconosciuto ufficialmente nel Concilio di Efeso (a. 431) quando venne proclamato il dogma della Theotòcos (= Madre di Dio). Allora tutta la cristianità esultò di gioia e da quel momento la devozione mariana si diffuse in tutto il mondo.

Il fatto poi che Gesù sia figlio di Maria e figlio di Dio, comporta per la Madonna una singolare partecipazione all'amore paterno di Dio nei riguardi di Cristo. Il Cuore di Maria ne divenne e ne rimane per eccellenza il traduttore, per così dire, in termini materni. Maria cioè tradusse e traduce, con sentimenti materni unici, l'amore unico di Dio Padre per il suo Figliolo Gesù. Il che colloca Maria nel mistero della Santissima Trinità donandole una dignità che San Tomaso d'Acquino non esita a dire quasi infinita.

Infatti:

- il Padre e Maria si incontrano in un comune soggetto di generazione e d'amore, in un comune figlio: Gesù!

Gesù è tutto per il Padre Celeste: "Questi è il mio figlio, il diletto!"

Ma Gesù è tutto anche per Maria: "La. madre di Gesù!";

- il Figlio ha con Lei una relazione unica per il fatto che è anche suo vero figlio, come lo è del Padre Celeste;

- infine Maria ha una relazione unica anche con lo Spirito Santo. Egli infatti ha operato in Lei e con Lei l'incarnazione di Cristo;

- un'ultima osservazione tra le tante che potremmo ancora fare. Nessuna mamma ha mai amato, e mai amerà suo figlio come la Madonna ha amato e ama Gesù. Un giorno il Si­gnore ha detto queste parole: "Chi ama il proprio figlio più di me, non è degno di me". Con ciò Egli intendeva dire che per tutti gli uomini c'è un oggetto d'amore che supera anche le relazioni più care e più intime: Dio! Ecco perciò il grande comandamento: "Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze!" (Mt 22,37).

Ci sono delle mamme che si sono trovate nella necessità di passare sopra l'amore dei propri figli per rispondere all'amore di Dio. Ricordo, ad esempio, la mamma dei sette fratelli Maccabei, di cui parla la Bibbia, o Santa Francesca di Chantall che, chiamata da Dio al monastero dopo la morte del marito, ha saputo staccarsi dai suoi figlioli per donarsi al servizio del Signore pur dovendo superare la loro tenace opposizione gridando loro: Dio prima di tutto, Dio sopra tutto! Maria iinvece può riversare tutta la pienezza del suo amore di madre e di creatura su Gesù perché è proprio Gesù che deve amare con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le sue forze! Gesù è il suo figliuolo, ma è anche il suo Dio!

Per Lei amare Dio e amare suo figlio è la medesima cosa!

eletti non abbiano conseguito per sempre la gloria finale" (LG 61-62).

E' da queste verità di fede che deve sgorgare la vera de­vozione alla Madonna, non dal nostro sentimentalismo. La devozione a Maria deve esprimere il rapporto stupendo che Dio ha stabilito tra Lei (Madre di Dio e Madre nostra) e noi (figli di Dio e figli suoi): un rapporto fatto di venerazione per la sua grandezza, di amore filiale per la sua bontà e di fiducia illimitata per la sua potente intercessione materna presso il Figlio Gesù.



CONTEMPLAZIONE

Il brano di vangelo che ti propongo per la tua preghiera contemplativa è uno dei più significativi e dei più profondi del Nuovo Testamento. Affrontalo con umiltà e chiedi allo Spirito di illuminarti e guidarti.

Vangelo di Giovanni cap. 1

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Egli era in principio presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno ac­colta.

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente, ma- i suoi non- l'hanno accolto.

A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,

i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».

Dalla sua. pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.

Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la ve­rità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.



OFFLINE
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05/09/2009 16:10


- Capitolo 12 -

"...E SI EFATTO UOMO"

IL VERBO SI E' FATTO CARNE


E ' questa, come abbiamo detto, la realtà centrale del eri­stianesimo davanti alla quale il credente cade commosso in adorazione ed in rendimento di grazie. Nel seno della Vergine Maria, come in una meravigliosa cattedrale, il Figlio di Dio, la Seconda Persona della Santissima Trinità, si è sposato con la nostra misera carne umana, cioè con la nostra natura di uomini, così da formare con essa una cosa sola! Notate bene: il Figlio di Dio non ha preso una persona umana, ossia uno di noi: in- tal caso si sarebbe unito soltanto ad un uomo, a quell'uomo. No! Egli ha assunto la natura umana, non una persona umana: in tal modo si è unito in maniera mirabile e misteriosa a quanti posseggono questa natura, quindi ad ogni creatura umana. La natura umana è quella cosa che noi uomini abbiamo in comune; ciascuno però la possiede individualmente e personalmente. La natura umana è ciò che ci fa essere uomini e ci fa capaci di agire da uomini e non da angeli o da animali. Noi infatti siamo per natura uomini: pensiamo da uomini, amiamo da uomini, ci comportiamo sempre in ogni cosa da uomini. Il gatto, invece, vive e agisce da animale, perché la sua natura non è umana, ma animalesca.

L'angelo a sua volta si comporta da spirito, perché la sua natura è spirituale, non umana. L'angelo non ha, ad esempio, i limiti della nostra carne (la malattia, la sofferenza, la morte) perché è un essere spirituale.

Noi siamo esseri umani composti di corpo e di spirito: siamo mortali per il corpo, immortali per lo spirito. Noi facciamo parte di una specie vivente tra le innumerevoli specie che hanno popolato e popolano la Terra: noi siamo la specie umana La Bibbia, pur chiamando ciascuno con il proprio nome per sottolineare l'individualità delle persone, quando parla di tutti usa un termine concreto, ci unisce tutti in un solo essere e ci chiama: adàm, il terrestre. Noi tutti formiamo una sola natura umana, una sola specie: siamo i terrestri. Io sono un terrestre, tu sei un terrestre, tutti noi siamo terrestri, cioè composti di materia e di spirito.

Ebbene il Figlio di Dio, per redimere questo terrestre peccatore, si è fatto a sua volta terrestre "in tutto simile a noi, eccetto il peccato" dice San Paolo. Perché eccetto il peccato? Perché il peccato non è nella natura umana, ma è nelle persone. E' la persona che pecca, non la sua natura umana.

II peccato, infatti, è un atto individuale, personale, respon­sabile e perciò imputabile a colui che lo ha commesso.

Il Figlio di Dio, facendosi uomo, non ha assunto una persona umana, un uomo, ma soltanto la natura della specie umana: ha assunto un corpo come il nostro e un'anima spirituale come la nostra. Il corpo lo ha preso dalla carne della Vergine Maria, l'anima è stata creata direttamente da Dio, come la nostra. Ma mentre per me la creazione dell'anima ha comportato la creazione di una persona umana, il mio io, per Gesù non è stato così. L'io di Gesù, la sua Persona, esisteva già ab aeterno, da sempre: è la Seconda Persona della Santissima Trinità, la persona del Figlio. Questa Persona Eterna, ha fatto suoi e il corpo e l'anima diventando così uomo: "et homo factus est!" Notate bene questa frase del Credo: et homo factus est! E' la medesima che troviamo nel Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si è fatto carne". Dire carne e dire uomo è la stessa cosa. Notate come noi non possiamo dire: mi sono fatto uomo! Ma solo sono stato fatto uomo.

Prima io non esistevo. C'è stato qualcuno che mi ha fatto, e mi ha fatto uomo. Non mi sono fatto da me!



THEOTOCOS - MADRE DI DIO

Di Gesù invece la Bibbia dice: " il Verbo si è fatto carne!" (Gv 1,14). Il Verbo, cioè il Figlio di Dio, esisteva ancora prima di farsi carne: Egli esiste da sempre perché è eterno! Ma, come insegna San Paolo, "quando arrivò il tempo stabilito, Dio mandò il Figlio Suo, nato da donna" (Gal 4,4). Colui che esiste ab aeterno come Figlio di Dio, cominciò ad esistere nella nostra storia e sulla nostra terra anche come figlio di una donna. Non sono due persone distinte, una che esiste in Cielo e che viene ad abitare in quell'altra che esiste sulla terra come insegnava Nestorio nel secolo V. Nestorio credeva e insegnava questo errore: in Gesù ci sono due nature: la natura spirituale ed unica di Dio e la natura carnale dell'uomo. Inoltre, egli diceva, in Gesù ci sono pure due persone: la Persona del Figlio di Dio e la persona del figlio di Maria. In altre parole in Gesù ci sono - sempre secondo Nestorio - due esseri: Dio e l'uomo. L'uomo sarebbe come posseduto dalla Persona del Figlio di Dio, più o meno come avviene per coloro che sono posseduti dal demonio. Ne viene di conseguenza - dice ancora Nestorio - che Maria non può e non deve essere chiamata Madre di Dio ma semplicemente Madre di Cristo, ossia madre dell'uomo posseduto da Dio.

La Chiesa condannò come eretica, cioè falsa, questa interpretazione del Mistero dell'Incarnazione, e proclamò, nel Concilio di Efeso del 431, che Gesù è veramente Dio, come pure è veramente uomo. In Lui una sola è la Persona: quella eterna del Figlio, la seconda Persona della Santissima Trinità, mentre invece sono due le nature: quella divina e quella umana. Perciò Maria è vera Madre di Dio per cui può e deve essere chiamata così e non soltanto Madre di Gesù.

Tutto questo discorso potrà sembrarvi astruso e difficile. Difficile sì, lo ammetto, ma non astruso. Anzi esso è quanto mai concreto e incide profondamente nella nostra vita a patto che lo accogliamo in noi mediante la fede. Domandiamoci infatti perché mai il Figlio di Dio si è fatto uomo, ha preso cioè la natura umana e non anche la persona di un uomo.

Assumendo la nostra natura Egli ha assunto un po' cia­scuno di noi, si è incarnato, in un certo senso, in ciascuno di noi. Egli non si è fatto quell'uomo, ma si è fatto uomo. Non ha sposato quell'uomo, ma ha sposato l'uomo. In altre parole Egli, rimanendo nella sua Persona di Figlio di Dio, si è unito mediante una sua propria carne umana, a tutti gli uomini che furono, che sono e che saranno cosicché tutti gli uomini che Lo avessero accolto, potessero partecipare alla sua figliolanza divina. Ecco come ce ne parla la Bibbia: "Dio mandò suo Rglio, nato da donna, ...perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4,5), cioè perché diventassimo in Lui suoi figli adottivi. E ancora: "A coloro che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli cioè che credono in Lui" (Gv 1,12). Ecco chiaro allora il disegno di Dio: per rendere gli uomini partecipi della sua natura divina Egli si fa uomo, cioè fa propria la nostra natura umana composta di corpo e spirito. Da quel momento Dio è anche uomo e ogni uomo, se vuole, può partecipare alla vita stessa di Dio.



IL SEGNO DELL'ACCOGLIENZA: L'Eucaristia

Che cosa devo fare? Semplicemente credere, cioè accogliere il dono di Dio che mi viene offerto, ossia accogliere Gesù. Noi esprimiamo visibilmente questa accoglienza di fede quando ci accostiamo alla Santa Comunione Eucaristica. Dio, rap­presentato dal celebrante, ci offre suo Figlio fatto uomo, presente sotto le specie del pane e del vino. Noi accogliamo

questo Figlio e Lo facciamo nostro mangiando e bevendo. Ma questo gesto è un gesto sacramentale: esso raffigura e concretizza la fede. "E' il Corpo di Cristo" ci dice il celebrante mostrandoci la particola prima di mettercela in bocca come fa la mamma con il suo bambino. E noi rispondiamo: "Amen!", che vuol dire: è proprio così! lo credo! Poi, con la semplicità dei piccoli, apriamo le nostre labbra e ci lasciamo nutrire dalla nostra mamma che è la Chiesa, come il bambino si lascia nutrire dalla sua mamma.

A qualcuno piace di più ricevere la comunione in mano, per meglio esprimere la propria maturità! E' questione di abitudini e di gusti! lo però preferisco riceverla in bocca, perché amo di più essere trattato come un piccolo bambino, nutrito con tanto amore dal Padre e da Maria: il cibo santo che ricevo infatti è Gesù stesso, il Figlio di Dio e di Maria.

Comunque si faccia, il gesto sacramentale significa sempre lo stesso mistero: Dio mi dona suo Figlio fatto uomo, quel Figlio che esiste da sempre come Dio, ma che è nato dal seno di Maria come uomo! Egli me lo dona perché la vita divina ed eterna che è in Gesù, diventi anche mia: la mia nuova vita di figlio di Dio: "Colui che mangia di Me vivrà per Mc" (Gv 6,57).



IL SEGNO DELL'ACCOGLIENZA: il Matrimonio

Vi è un altro gesto sacramentale mediante il quale ci viene significato e donato questo mistero del Dio fatto uomo: è il matrimonio. Abbiamo accennato sopra come il seno di Maria sia stato la cattedrale immacolata e santa dove il Verbo di Dio ha sposato la nostra carne umana facendola sua per sempre. Non è affatto un gioco di parole o di fantasia; è realtà autentica, solo che noi siamo poco abituati a questo modo di parlare ed a riflettere a fondo sulle cose di Dio. Già nell'Antico Testamento i profeti hanno paragonato l'amore di Dio per il popolo eletto al fidanzamento e all'amore coniugale. Infatti la caratteristica dell'amore coniugale è il dono di se all'altro ed il frutto di questo amore è l'unione. "L'uomo lascerà suo padre e sua madre per donarsi alla donna - dice la Bibbia - i due saranno una carne sola" (Gn 2,24) ossia una realtà nuova formata dall'unione di due persone. Il matrimonio è una seconda nascita: muore l'individuo e nasce la coppia e la famiglia, muore l'egoismo e nasce l'amore che si dona!

Ebbene la Bibbia dell'Antico Testamento ci parla di Dio come di un fidanzato che ha visto una povera donna sola, abbandonata da tutti, preda dei violenti, schiava dei malvagi. Egli ha amato questa donna, l'ha riscattata a caro prezzo, l'ha rivestita di ricchi ornamenti, l'ha fatta regina piena di splendore e di bellezza. Potete leggere queste pagine commoventi nel libro del profeta Osea o anche in quello del profeta Isaia.

Gesù riprende il discorso e si presenta a noi come lo sposo celeste venuto sulla terra per celebrare il matrimonio con la sua fidanzata, cioè con l'umanità. Non per nulla ha scelto una festa nunziale, a Cana di Galilea, per manifestarsi come Colui che porta il vero vino inebriante dell'amore di Dio. E non per nulla ha voluto che ciò avvenisse per la preghiera di Maria! Maria non è soltanto la Madre del Verbo Incarnato: ne è anche la Sposa e la Compagna: Mater Domini, Sponsa Verbi, Socia Christi la chiamavano giustamente i Padri della Chiesa.

- Mater Domini: la madre di Dio in quanto Gli ha dato la vita umana. Lo ha generato come uomo.

- Sponsa Verbi: la sposa immacolata del Verbo, perché ha riassunto in sè tutta l'umanità quando ha dato il consenso alle nozze della natura divina con la natura umana in Cristo, Dio e uomo.

- Socia Christi: la compagna del Salvatore, perché da Lui assunta quale Madre di tutti gli uomini, collaboratrice nella sua opera di redenzione in nome ed in persona di tutta la Chiesa.

Il Concilio Vaticano II parla di questo ruolo sponsale di Maria nel cap. 8° della costituzione "Lumen Gentium" dove insegna che in Maria si riassume tutta la Chiesa. Del resto anche San Paolo, sia pure indirettamente, accenna a Lei quando descrive le meraviglie che l'amore nunziale di Cristo compie nella Chiesa Sua Sposa: la rende pura e senza macchia, gloriosa, senza difetto e senza ruga, tutta bella! E dov'è che la Chiesa raggiunge il vertice della sua immacolatezza, della sua santità, della sua bellezza e della sua gloria se non nella Madonna? Ecco, amici, il grandioso mistero d'amore che esprimiamo nel Credo quando diciamo: "et homo factus est! E si è fatto uomo!". E' una grandiosa realtà che coinvolge non solo Gesù e la Madonna, ma anche noi, sia personalmente, che collettivamente presi. Mediante il battesimo, infatti, veniamo uniti all'umanità che il Verbo ha sposato e diventiamo membra del suo Corpo che è la Chiesa. Mediante l'Eucaristia, il Matrimonio e gli altri sacramenti noi partecipiamo allo sposalizio ed al convito nuziale di Cristo con l'umanità redenta.

Mediante il nostro sforzo e la nostra virtù cooperiamo a rendere sempre più pura e santa e gloriosa la Sposa del Verbo, cioè la Chiesa.

Infine noi viviamo nell'intimità del nostro essere, l'unione misteriosa del Figlio di Dio con la carne umana, perché Egli vive in noi e ci unisce sempre più strettamente a sè mediante l'amore che lo Spirito Santo effonde nel nostro cuore.

Il cristianesimo, amici, è un mistero d'amore e di unione. Quindi un mistero di gioia e di salvezza!

La Madonna ci aiuti a comprenderlo e a viverlo sempre più come l'ha vissuto Lei!



CONTEMPLAZIONE

Immagina di essere presente alle nozze di Cana e di partecipare al colloquio tra Gesù e sua Madre. Cerca di penetrare con fede e umiltà nel profondo del mistero. Quelle nozze alludono al matrimonio cristiano nel quale Gesù si fa presente sacramentalmente quale mistico sposo della Chiesa che dona il "vino nuovo", simbolo dello Spirito Santo.

Vangelo di Giovanni cap. 2

Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.

Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».

E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».

La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».

Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.

E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo.

Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi glíene portarono.

E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo

e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».

Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Efesini cap. 5

Il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.

E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,

per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola,

alfine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.

Questo mistero è grande; lo dico in ríferimento a Cristo e alla Chiesa!



- Capitolo 13 -

"SI E’ FATTO UOMO" (2)

UNO DI NOI


Nel capitolo precedente abbiamo meditato sul mistero dell'incarnazione che esprimiamo nel Credo con le paro­le: "et homo factus est!" 'E si è fatto uomo!" Abbiamo contemplato con fede e con umiltà lo sposalizio del Verbo, cioè del Figlio di Dio, con la nostra natura umana ed ab­biamo ammirato in Maria non solo la Madre di Dio, ma anche la Sposa, Colei cioè che impersona e riassume in sè tutto il Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa.

Ora vogliamo procedere oltre nella contemplazione del Verbo Incarnato, guardando soprattutto a questa carne che Egli ha assunto, ossia alla sua umanità. San Paolo ha due bellissime descrizioni che desidero sottoporre alla vostra attenzione:

la prima è in Filippesi 2.6-7 e dice: "Gesù era come Dio (cioè era uguale al Padre), ma non pensò di dover conservare gelosamente (cioè solo per sè stesso) il fatto di essere uguale a Dio. Rinunziò a tutto; scelse di essere come un servo e diventò un uomo fra gli uomini. Tanto che essi lo riconobbero come uno di loro";

la seconda si trova in Ebrei 4.15-16: "Noi non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato Lui stesso provato in ogni cosa, come noi, eccetto il peccato. Per questo possiamo accostarci con fiducia piena al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno".

Nel primo brano San Paolo ci descrive l'annientamento del Figlio di Dio che ha rinunciato alla sua gloria divina per diventare uno di noi, un servo.

Nel secondo brano San Paolo ci invita alla fiducia perché Gesù, nato sommo sacerdote, sa comprendere e compatire le nostre debolezze in quanto, eccetto il peccato, si è fatto simile a noi in tutto, anche nella debolezza della carne.

Tutto questo ci aiuta a comprendere che cosa significhi per noi il fatto che il Figlio di Dio è diventato uomo e ci aiuta a capire meglio chi è Gesù. Ci sono in Lui due realtà: la realtà della sua natura divina per cui è vero Dio e la realtà della natura umana per cui è vero uomo.

Fermiamoci un poco su questa natura umana.

1 - "Diventò uomo tra gli uomini - scrive S. Paolo - tanto che essi lo riconobbero come uno di loro". Ecco un primo aspetto di Gesù che merita tutta la nostra attenzione: "Egli è uomo tra gli uomini". Che cosa vuol dire? Vuol dire che Egli non finge di essere un uomo come noi, ma lo è realmente! Fino al punto - scrive ancora l'apostolo - da conoscere le nostre debolezze eccetto il peccato!

Vi ho già spiegato che il peccato è proprio della persona, non della natura. Ognuno ha il suo peccato, quello che commette personalmente.

Il Figlio di Dio ha assunto la natura umana, non una persona umana. Egli personalmente non ha mai commesso un peccato. E' stato l'unico uomo che abbia potuto lanciare questa sfida: "Chi può accusarmi di peccato?" (Gv 8,46). Tuttavia il peccato è gravato sulle sue spalle, lo ha coperto tutto, lo ha infangato fin nel profondo del cuore. Scrive la Bibbia: "Colui che non ha mai commesso un peccato perso­nale, Dio lo ha fatto diventare un peccato vivente per liberare noi dal nostro peccato!" (cfr 2Cor 5,21).

Il peccato che copre Gesù non è il suo, ma il nostro! Egli però, se eccettuiamo il peccato, è uno di noi in tutto, anche nella debolezza umana. Qualcuno potrà scandalizzarsi, ma è questa la verità! C'è infatti una debolezza che deriva dal peccato e c'è una debolezza che viene dalla natura. La prima non c'è in Gesù, perché Gesù non è un peccatore. Ma la se­conda sì che c'è, perché Gesù è un uomo.

Egli, in quanto uomo, ha avuto tutto un cammino da compiere sia nella sua crescita fisica, corporale, sia nel suo sviluppo intellettuale, morale, spirituale, proprio come avviene per noi. Ha avuto bisogno della mamma non solo per nascere, ma anche per imparare a camminare, a parlare, a pregare, a vivere. Maria non gli ha dato soltanto la vita, lo ha pure educato all'amicizia, all'amore, alla bontà proprio come fa una mamma con il suo bambino. Le virtù che troviamo nel Signore, il suo linguaggio fiorito e poetico, i suoi sentimenti affettuosi e forti non sono dovuti solo alla potenza divina che è in Lui, sono pure il frutto di un lungo cammino educativo compiuto soprattutto sotto la guida attenta, premurosa, affettuosa e forte della sua mamma e del suo papà putativo.

Vediamo uno sprazzo di questa verità nell'episodio dello smarrimento nel tempio. I suoi genitori si mostrano assai preoccupati per lui e la mamma lo rimprovera dolcemente, ma apertamente. La risposta che egli dà non è capita subito e mi fa pensare a quello che succede nelle nostre famiglie quando i figli crescono e nascono le prime incomprensioni tra loro ed i genitori. Subito dopo però vediamo Gesù docile, obbediente, sottomesso nella povera casa di Nazareth e vediamo Maria pensosa in meditazione a riflettere su quanto era successo per cercare di capire quel suo misterioso figliolo! Tanti pensano alla casa di Nazareth come ad un luogo meraviglioso dove tutto doveva essere miracolo e luce. La realtà però è ben diversa: Nazareth è stata la palestra umile e preziosa dove Gesù si è esercitato, giorno dopo giorno, nelle virtù familiari e sociali e dove Maria viveva nella fede umile e semplice la sua grande missione materna.

Il vangelo infatti dice espressamente che il primo segno miracoloso dato da Gesù è stato il prodigio di Cana, quando ormai aveva più di trent'anni. Ciò vuol dire che fino a quel momento Egli non aveva fatto nulla di straordinario. Ne abbiamo una controprova quando parla nella sinagoga di Nazareth ed applica a se stesso la profezia di Isaia. 1 suoi compagni restano scandalizzati da quello che dice di essere perché lo avevano sempre visto e conosciuto semplicemente come il figlio di Maria, il figlio del falegname, il fratello (cioè il parente) di Giacomo, di Simone ecc. E sono talmente indignati dalla sua rivelazione come Messia, che tentano di buttarlo giù dal dirupo del monte. Ciò vuol dire che fino a quel momento Gesù non aveva mai detto o fatto nulla di diverso da quello che dicevano o facevano gli altri. Essi infatti si chiedono: Ma dove ha imparato questa cosa? Da dove gli viene questa sapienza? (cfr Mt 13,54). Non sapevano spiegarselo perché era stato a scuola con loro per imparare a leggere ed a scrivere e non aveva mai frequentato le scuole di Gerusalemme dove insegnavano i rabbini più rinomati! Per questo non seppero mai accettare come Messia quell'umile figlio di Maria che era vissuto accanto a loro e come loro per tanti anni senza dare mai alcun segno di superiorità e di straordinarietà! Era stato bambino come i loro bambini: aveva giocato, gridato, pianto come i loro piccoli. Era cresciuto, si era fatto adolescente e poi giovane e uomo maturo partecipando alla loro vita di contadini e di artigiani, frequentando ogni sabato la loro sinagoga dove, di tanto in tanto, si prestava alla lettura della Bibbia ed alle altre incombenze liturgiche stabilite dalla Legge. Alla porta del villaggio, dove si radunavano gli anziani per parlare di politica e discutere gli affari del paese, egli sedeva in disparte, insieme agli altri giovani, ascoltando ed interrogando con, umiltà e deferenza. "Con - gioia sincera partecipava alle feste dei suoi concittadini in occasione di nozze e di altri lieti avvenimenti come pure ne condivideva il lutto ed il dolore quando la morte o la sofferenza entrava nelle loro povere case. Insomma non era mai stato diverso da loro e S. Paolo parla rettamente quando afferma che " lo riconobbero come uno di loro!".

A noi sembra strano che il Figlio di Dio sia stato un uomo qualsiasi, sperduto tra la massa degli uomini di quel tempo! Eppure questa è la realtà del Verbo fatto uomo! Egli ha condiviso in tutto la vita quotidiana della sua gente e non si distingueva dagli altri in nessun modo, tant'è vero che quando si presenta loro rivelandosi come il Messia, essi lo rifiutano scandalizzati! "Ma non è il figlio del falegname? E Maria sua madre non è qui in mezzo a noi?" (Mt 13,55).

2 - Ma se dall'aspetto esteriore della sua vita passiamo ad esaminare quello intimo, così come ci viene rivelato a sprazzi, quasi sempre per caso, dai racconti evangelici, ci troviamo ancora di fronte ad una sorpresa. Egli ci appare pienamente uomo anche nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti e nei suoi affetti. Lo vediamo tenero e dolce con i bambini che gli si affollano attorno: li prende in braccio, li bacia, li coccola, li benedice. Ed a chi gli rimprovera questa tenerezza quasi fosse una perdita d1 tempo prezioso e di di­gnità, risponde sdegnato che farebbe meglio a farsi bambino pure lui. Parole che fanno riflettere ancora perché pure oggi ci sono pastori ed educatori che non capiscono l'importanza dei fanciulli agli occhi di Dio! Non sanno che chi accoglie tra le braccia un bambino, accoglie Lui stesso, Gesù?

Lo vediamo ancora affettuoso con gli amici, delicato con i peccatori, paziente con gli importuni, attento e premuroso con i malati, ma anche forte con i potenti, irritato e quasi violento con gli ipocriti, insofferente e duro con quanti op­primono i piccoli ed i poveri. Lo vediamo piangere sulla tomba dell'amico Lazzaro e sulla città che ama, commosso davanti alle lacrime della vedova di Naim, addolorato e rattristato di fronte alle sofferenze dei malati e della povera gente. Mostra da sempre un'umanità delicata e profonda, sentimenti ed affetti in tutto simili ai nostri. Del resto anche la sua predicazione è fatta di parole semplici, di parabole e di immagini tolte dalla vita quotidiana del suo tempo e della sua gente: segno chè, egli vi partecipa in pieno. Non è uno che si sforza di calarsi giù nella vita degli altri: è uno che la condivide in pieno!

Anche delle faccende politiche del suo tempo si mostra al corrente, pur affermando il suo chiaro distacco da esse. Sa e dice che Erode è "una volpe" (Lc 13,32); butta in faccia a Pilato il vuoto della sua vanitosa autorità, rifiuta con decisione e forza i pericolosi entusiasmi della folla che vorrebbe farlo re.

Accanto a queste manifestazioni di umanità, altre ce ne sono che ci lasciano perplessi, se non scandalizzati. Egli appare uomo amante della compagnia e della tavola: accetta volentieri l'invito a pranzo e spesso lo fa in casa "dei publicani e dei peccatori", in contrasto con il comportamento dei benpensanti e dei farisei del suo tempo. Per questo c'è chi, paragonandolo all'austero Giovanni Battista, lo accusa di essere un mangione ed un beone. Al contrario dei rabbini e dei farisei non disdegna colloquiare con le donne, talvolta anche con quelle di equivoca fama e lo fa con una libertà di spirito che impressiona e colpisce. Mostra di avere le debolezze della nostra umanità quali la fame, la sete, la stanchezza, la noia, la paura, il disgusto. A volte è triste, talvolta piange, ora si irrita, ora invece si commuove. Tutti i nostri umani sentimenti li troviamo anche in lui, tutti i no­stri affetti più cari hanno posto anche nel suo cuore! Egli è uno di noi, Egli è un vero uomo: "et homo factus est"'.

Com'è bello, amici, leggere e meditare il Vangelo da questa visuale di umanità. Provate! Leggete i vari episodi sottolineando i sentimenti, gli affetti, i pensieri ed i comportamenti che ne rivelano l'umanità e vi ritroverete di fronte ad un Gesù nuovo, inedito, ma vero, autentico.

Il Figlio di Dio, infatti, non ha sposato la nostra carne per finta, ma ha voluto che essa diventasse la sua vita per essere in tutto uno di noi, eccetto il peccato. E così Egli ci rivela la realtà profonda della natura umana, ce ne mostra la bellezza e la preziosità.

Non c'è nulla nell'uomo che vada disprezzato se eccettuiamo il peccato! Tutto è bello, tutto è buono, tutto è apprezzabile dal momento che Dio stesso ha assunto la nostra carne umana, la nostra vita, il nostro cuore! La fede in Gesù porta inevitabilmente alla fede nell'uomo perché in Gesù l'uomo è stato assunto e vissuto da Dio.

Quando io mi accosto a Gesù lo penso e lo vedo così! Sì certo, Egli è il Figlio di Dio e ciò mi fa sentire piccolo e povero dinanzi a Lui. Ma quando Lo guardo nella sua umanità, quando, come Giovanni, poso il mio capo sul suo cuore, allora non ho più alcun timore. Allora sento di avere in Lui un caro amico che mi comprende, mi ama, è pieno di tenerezza e di premura per me, sa compatirmi e perdonarmi nei miei errori. Oh! quale torto fanno a Gesù quei predicatori e quei catechisti che Lo presentano quasi svestito della sua umanità!

Penso che sarebbe cosa assai bella e utile raccontare il Vangelo con semplicità, sottolineando l'umanità del Signore, il suo amore per noi, le sue virtù ed i suoi sentimenti. Altri potranno dedicare la loro competenza all'esegesi ed al­l'ermeneutica dei Vangeli, cose assai importanti e preziose, che stanno alla base di ogni lettura e meditazione. Personalmente preferisco raccontare il Vangelo così come si raccontano gli episodi della vita di persone care. E sono convinto che anche questo contribuisce alla crescita della fede del popolo cristiano!

"Et homo factus est! Dio si è fatto uomo!" Quale mistero di umiltà e di amore! Facendosi uomo si è fatto nostro amico, nostro fratello. Ha assunto e fatti suoi i nostri sentimenti ed i nostri affetti, la nostra lingua ed il nostro cuore! Ecco il dono di Dio, ecco il regalo del suo amore paterno: suo Figlio fatto uomo!

Maria, che sei vissuta accanto a quest'uomo dopo che gli hai donato la nostra carne, aiutaci a conoscerlo sempre più. Ottienici la grazia di poterlo conoscere così com'è nella sua umanità e, soprattutto, nel suo cuore umano, quel cuore di cui tu, per prima, hai gustato la ricchezza di affetti e sentimenti!



CONTEMPLAZIONE

Guarda con gli occhi del cuore Gesù nella sua infanzia, nella sua adolescenza e nella sua maturità. Ti sarebbe utile recitare la Prima Parte del Rosario in cui si contemplano i Misteri del Gaudio. Ti aiuterebbero a contemplare Gesù, vero uomo, con gli occhi di Maria sua madre.

Filippesi cap. 2

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso informa umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;

perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra;

e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

2 Corinti cap. 5

Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sè mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconci­liazione.

E' stato Dio infatti a riconciliare a sè il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della. riconciliazione.

Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.



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05/09/2009 16:11


- Capitolo 14 -

"FU ANCHE CROCIFISSO PER NOI"

LA CROCE


P rocedendo nella recita del Credo, dopo aver affermato che il Figlio di Dio si è fatto uomo, aggiungiamo: "Crucifvcus etiam pro nobis". Nella traduzione italiana (che è quella che usiamo nella Messa) diciamo: "Fu crocifisso per noi".

Per motivi linguistici è stato trascurato quell' "etiam" (= an­che) che invece ha un valore non trascurabile. Si dovrebbe dire infatti: e fu anche crocifisso per noi! La frase si rifà a S. Paolo là dove afferma: "Egli era come Dio, ma non pensò di dover conservare gelosamente il fatto di essere uguale a Dio. Rinunciò a tutto; scelse di essere come servo e diventò uomo tra gli uomini. Tanto che essi lo riconobbero come uno di loro. Abbassò se stesso e fu obbediente a Dio sino alla morte ed alla morte in croce" (Filipp 2,6-8).

Dopo esserci trovati di fronte al mistero dell'incarnazione, ora ci troviamo di fronte ad un mistero più grande e più incomprensibile: quello della passione. morte e risurrezione di Gesù.

La domanda che viene spontanea è questa: ma perché? Perché il Figlio di Dio ha dovuto patire, morire per poi risor­gere?

Questa domanda se la son posta anche i due discepoli che, la sera di Pasqua, camminavano tristi verso Emmaus. La risposta venne loro da Gesù che li rimproverò così: "Voi capite poco davvero! Come siete lenti a credere quello che i profeti hanno scritto! Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria.?" (Lc 24,25-26).

Notate bene:

1 - Gesù rimprovera ai discepoli la lentezza nel capire e nel credere perché la Bibbia parla chiaramente di questo mi­stero;

2 - Gesù afferma che il Messia doveva soffrire tutte queste cose "per entrare così nella. sua gloria". In tal modo Gesù ci indica la strada per arrivare alla soluzione di questo mistero: è la strada della fede nella Parola di Dio, nella Bibbia.

Perché il Messia doveva morire? Semplicemente perché doveva risorgere!

Il punto fondamentale non è la morte, ma la risur­rezione.

La morte è in funzione della risurrezione, per cui, nella no­stra fede e nel nostro culto, non dobbiamo mai separare la morte di Gesù dalla sua risurrezione.

Ma perché Gesù doveva risorgere? Perché in Lui doveva cominciare una vita nuova per l'umanità, un uomo nuovo, creato secondo Dio nella bontà e nella santità. Per questo bisognava che l'uomo vecchio, quello chiamato Adamo, venisse distrutto dalla morte insieme al suo peccato ed alla sua corruzione. Solo così era possibile dare origine ad un uomo nuovo! E Dio voleva un uomo nuovo, un'umanità nuova.

Quando una lampada si è bruciata non è più possibile usarla: non la si può neppure riparare. Bisogna sostituirla con una lampada nuova.

La lampada di Adamo (cioè la nostra umanità peccatrice) è stata bruciata dalla superbia fin dal principio. Nella nostra terra c'era il buio perché la lampada era spenta. Dio ha lasciato che gli uomini tentassero la via della riparazione perché si rendessero conto che era una via impossibile. Per questo diede a Mosè la sua Legge. La Legge infatti indica agli uomini la strada per piacere a Dio, per diventare giusti e santi. Ma la Legge non basta conoscerla: bisogna metterla in pratica!



LEGGE E GRAZIA

Ebbene gli uomini, messi di fronte alle esigenze dei divini comandamenti, hanno capito che cosa avrebbero dovuto fare per piacere a Dio, ma non per questo ci sono riusciti. Anche i più santi tra di loro, si sono scoperti ingiusti e peccatori. La luce della legge è una luce che ti fa sentire di più il peso del buio. Quando si brucia la lampada si ricorre al fiammifero: esso ti illumina sì, ma si mostra insufficiente a risolvere il tuo problema: ti fa sentire sempre più la necessità di una lampada nuova.

Una sera mi trovavo nella mia stanza con alcuni amici per fare un certo lavoro di ricerca. Avevamo messo sul tavolo tanti libri e stavamo leggendo or qua or là, quando venne a mancare la luce. A tentoni cercai la scatola di fiammiferi e ne accesi uno. Immediatamente ci fu un po' di luce. Guardammo la lampada: era bruciata. Bisognava cambiarla! Subito il fiammifero si spense e ne dovetti accendere un altro. Proseguire nello studio era impossibile con la luce del fiammifero. Occorreva una lampada nuova. Allora mi misi a cercarla, sempre alla luce dei fiammiferi, mentre i miei amici dovevano restare fermi ed inerti: al buio non si può lavorare ed è pericoloso muoversi. Finalmente trovai una lampada nuova. Era molto più luminosa di quella che si era bruciata: ora ci si vedeva veramente bene!

Con il peccato originale si è fatto buio su tutta la terra: la luce della divina grazia si era spenta. 'Tenebrae factae sunt... " (Sono venute le tenebre).

L'umanità ha tentato invano di riprendere il suo cammino accendendo i fiammiferi delle varie religioni e filosofie.

Allora Dio affidò a Mosè ed al Popolo Ebreo due fiaccole: la Legge e la Rivelazione dell'Antico Testamento. Anch'esse però si dimostrarono incapaci di riportare la pace e la comunione tra l'uomo e Dio. Anzi, illuminando le esigenze della santità divina esse mostrarono sempre più l'incapacità dell'uomo a salvarsi. "Nessuno mai si è salvato ad opera della Legge" scrive la Bibbia (Rm 3,20).

E pensare che c'è anche oggi chi cerca di salvarsi con i propri sforzi, quasi che dipenda da lui, dalle sue opere, dalle sue penitenze la salvezza!

In realtà la salvezza è dono di Dio. Solo Lui può salvarci! Ed ecco allora il Piano, il Progetto, il Mistero di Dio: un piano molto semplice, ma anche molto profondo. Egli non solo ha cercato di migliorare l'umanità peccatrice: ma l'ha sostituita con una nuova!

E' inutile sforzarsi di battere sulla lampada spenta quando è bruciata: conviene svitarla e metterne una nuova al suo posto. Dio ha fatto proprio così: ha svitato la vecchia lampada spenta per il peccato, ed ha avvitato una lampada nuova capace di dare una luce infinitamente più bella e più grande. Quindi Dio ha compiuto due operazioni:

- una negativa: ha svitato la lampada vecchia e morta;

- una positiva: ha avvitato la lampada nuova, splendente. Queste due operazioni Dio le ha compiute in Gesù:

- in Lui, mediante la croce, ha fatto morire la vecchia uma­nità con tutti i suoi peccati;

- in Lui, mediante la risurrezione, ha fatto brillare una nuova umanità, costruita secondo i suoi progetti.

Non è possibile avvitare la lampada nuova, se prima non si toglie quella vecchia. Non è possibile dare una vita nuova, se prima non si fa morire quella vecchia.

Ecco perché Gesù dice che "il Messia doveva morire per entrare nella sua. gloria.". La gloria del Messia è la vita nuova, la vita della risurrezione che Egli ha ottenuto dal Padre come premio della sua passione e morte. Così Egli è diventato sorgente della nuova vita per tutti gli uomini che credono in Lui!

Morendo sulla croce Gesù ha fatto morire con sè ed in sè tutti noi: ci ha come racchiusi nel suo cuore trapassato dalla lancia nel suo corpo trafitto dai chiodi. Tutti noi siamo stati crocifissi con Lui e siamo morti con Lui. Questa è stata la parte negativa del Mistero della Croce. Questa morte però era finalizzata alla vita nuova della risurrezione.

Gesù è morto per risorgere, ci ha uniti alla sua morte per unirci alla sua nuova vita. Così quando la lancia del soldato trapassò il cuore di Gesù, subito ne uscì sangue ed acqua, simbolo della nuova vita. Il cuore di Gesù è diventato la sorgente della vita eterna per tutti noi.

Una vita che si è mostrata in tutto il suo splendore nella sua risurrezione. Ecco come saremo: come Gesù Risorto! Dunque Gesù è morto in croce non solo per dimostrare la bruttezza e la gravità del peccato, non solo per dimostrare l'amore suo e del Padre per noi, ma anche e prima di tutto per compiere in sè stesso (come in una cellula germinale) il trapasso dalla vecchia alla nuova umanità, dalla corruzione all'incorruttibilità, dalla morte alla vita senza fine!

Capite ora l'importanza di quell' "etiam pro nobis "? Non solo si è fatto uomo come noi, ma anche è stato crocifisso per noi! Vedete allora come la Croce di Gesù è davvero il punto centrale della storia umana: la porta che fa passare ogni uomo da una vita mortale e peccatrice, ad una vita immortale e santa. La Croce è come la porta che immette in una nuova dimensione, nella dimensione degli uomini nuovi, rinati, giusti! Gesù ha aperto questa porta là, sul Calvario, nel suo Cuore trafitto e nel suo sepolcro. Non è possibile diventare giusti, diventare uomini nuovi, possedere la vita eterna, se non passando attraverso quella porta.

Ogni uomo, se vuole salvarsi, deve prendere il fardello dei propri peccati e camminare verso questa porta. Come egli la oltrepassa, ecco che i peccati scompaiono ed una vita nuova lo invade.



IL SEGNO DEL BATTESIMO

Gesù stesso ha scelto un rito che esprime questo passaggio: è il rito del Battesimo. Il peccatore, pieno di fede, passa attraverso l'acqua del fonte battesimale, vi depone la vita vecchia con tutti i suoi peccati e poi risale rinnovato e trasformato dallo Spirito Santo. La vita nuova di Gesù lo invade completamente. Un giorno anche il suo corpo sarà trasformato dalla vita del Cristo Risorto!

Tempo fa sono stato a Nazareth ed ivi ho ammirato il fonte battesimale dell'antichissima basilica giudeo-cristiana. Vi è una scala che scende in una vasca e poi un'altra scala, composta di 7 gradini, che risale. I sette gradini raffigurano i 7 doni dello Spirito Santo che riempiono l'anima del battezzato. Costui, appena risalito come da un sepolcro, viene a trovarsi su un mosaico dove, in maniera veramente sublime, è simbolicamente descritta la nuova vita che ora lo riempie: vi è il simbolo del Paradiso, il simbolo di Cristo Salvatore, il simbolo della Ss.ma Trinità alla cui vita ora partecipa in Gesù!

I primi cristiani erano molto istruiti in questa visione del di­segno di Dio tanto che S. Paolo vi accenna continuamente nelle sue lettere e fa intendere che i suoi lettori lo capivano bene e sapevano bene di che cosa parlava.

Ecco perché, tra l'altro, egli afferma convinto che di null'altro si gloria se non della croce del Signore! Ogni altra cosa, dice S. Paolo, è inutile: non serve alla salvezza! Solo la Croce di Gesù, cioè il mistero della sua morte e della sua risurrezione, è per noi fonte di vita e di salvezza!

E' così anche per noi? Oppure meritiamo anche noi il rimprovero del Signore: "Come siete lenti a capire ed a credere?". Dio ci mostra il grande mistero della Croce perfettamente rea­lizzato in una creatura: la Vergine Maria. In vista di questa Croce Essa è stata preservata da ogni peccato, anche da quello originale, è stata riempita di grazia fin dal primo istante della sua immacolata concezione ed ora si trova in Cielo viva, non solo con il suo spirito, ma anche con il suo corpo glorioso vivi­ficato dalla nuova vita donatale da Gesù Risorto. Guardando a Lei noi ammiriamo quello che un giorno saremo anche noi se con fede accogliamo in noi Gesù quale nostro Salvatore e Signore, sorgente unica ed inesauribile di vita eterna.



CONTEMPLAZIONE

Con il tuo spirito oltrepassa i confini del tempo e portati con Maria sul Calvario ai piedi della croce e domandati: perché? Perché Gesù deve patire e morire? Poi portati sulla strada di Emmaus e cammina con i due discepoli ascoltando le spiegazioni di Gesù...

Luca 24

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.

Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.

Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste;

uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».

Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;

come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.

Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro

e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».

Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!

Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».

E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Rom 3,20

Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giu­stificato davanti a lui perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato.

Gal 2,19-20

In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio.

Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Gal 6,14

Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.



- Capitolo 15 -

... SOTTO PONZIO PILATO... "

IL CRISTIANO E LA CROCE


orrei riprendere e approfondire la riflessione su quell'articolo del Credo che dice:

"Crucifixus etiam pro nobis sub Ponzio Pilato passus et sepultus est! Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto!".

Abbiamo visto come con queste parole la Chiesa affermi la sua fede nel mistero della Croce, ossia nel mistero della Redenzione. Il Messia doveva morire perché in Lui doveva essere distrutto l'uomo peccatore nato da Adamo e da Lui doveva nascere e risorgere un uomo nuovo, creato dallo Spirito Santo nella giustizia e nella verità.

Ogni credente partecipa a questa trasformazione e la fa sua quando, animato dalla fede scende nel sepolcro del fonte battesimale, depone la propria vita ed i propri peccati nella morte di Cristo e risale, fatto nuovo dalla potenza dello Spirito, per partecipare alla nuova vita della risurrezione.

La Croce, abbiamo detto, è la porta attraverso la quale il credente, in virtù del Sangue di Cristo, entra nella nuova dimensione dei figli di Dio. Però non solo il credente in quanto tale, bensì anche ogni cosa che faccia parte della vita del credente perché, come insegna la Bibbia, tutta la creazione è in attesa di essere redenta per partecipare alla gloria dei figli di Dio (cfr Rm 8,18,25). Questa precisazione è molto importante per la nostra vita spirituale di ogni giorno, soprattutto per dare il giusto valore alle nostre sofferenze quotidiane, piccole o grandi che siano. Voglio farvi un esempio da fantascienza. In un film che ho visto tempo fa alcuni scienziati avevano scoperto la porta che immetteva in una dimensione temporale diversa. Essa era nascosta in una roccia. Chi si appoggiava a quella roccia veniva come risucchiato dalla misteriosa porta e si ritrovava in un altro tempo, un tempo simile a quello della preistoria. Ma quello che mi ha colpito in questo film fu il fatto che anche i vestiti e le armi degli uomini venivano ridimensionati. Non più giacca e pantaloni, ma semplicemente una pelle di animali; non più fucili e pistole, ma una clava ed una lancia. La porta ridimensionava tutto: uomini e cose. Era un film di fantascienza!



NON UN FILM, MA REALTA’

Il Mistero della Croce non è fantascienza: è una realtà fondata su un fatto storico. Ecco perché si nomina Ponzio Pilato quando si parla della passione e morte di Gesù: "sub Pontio Pilato passus et sepultus est! Patì sotto Ponzío Pilato, morì e fu sepolto!". Ponzio Pilato è, suo malgrado, il garante storico della morte di Gesù. Fu lui, infatti, che si accertò, come dice il Vangelo, se Gesù fosse veramente morto prima di dare il permesso di toglierlo dalla croce perché venisse sepolto. Ed è sintomatico che di tutti i personaggi nominati nel racconto della passione e morte del Signore, proprio di lui, Ponzio Pilato, si sia trovata una prova indiscutibile a Cesarea marittima. Così egli continua a testimoniare nei secoli che Gesù è veramente morto sulla croce.

Mi preme qui sottolineare, ancora una volta, come la nostra fede sia una fede storica, avendo come oggetto non tanto delle verità astratte, quanto dei fatti concreti; una storia di salvezza nella quale Dio si è rivelato gradualmente agli uomini con dei fatti. Ad essi le parole dei Profeti prima, di Cristo e degli Apostoli poi, hanno dato la giusta spiegazione. L'incarnazione è un fatto storico, come storico è il fatto della morte e risurrezione del Signore. Il nome di Ponzio Pilato inserito nel Credo dà a questi fatti, oggetto della nostra professione di fede, la loro dimensione storica.

Credere è, per noi, accogliere la verità racchiusa in questi fatti, leggerne il messaggio divino, far nostro il dono di salvezza che ci portano. Mediante la fede ed i sacramenti questi fatti divini si fanno presenti ed attuali per noi, cosicché ogni generazione, fino alla fine del mondo, può parteciparvi come se vi fosse presente attingendone la potenza di grazia e di salvezza.

E' quanto ha insegnato ancora una volta il Papa Giovanni Paolo II nel suo Messaggio per il Congresso Eucaristico di Lourdes. Parlando della Messa egli ha richiamato la millenaria dottrina della Chiesa Cattolica: "La Messa - Egli ha detto - ricongiunge la nostra generazione al sacrificio unico ed irripetibile di Cristo sulla croce. Celebrando la Messa noi partecipiamo sacramentalmente (cioè mediante il segno sacramentale del pane e del vino), ma realmente alla morte e risurrezione di Gesù, diventando con Lui ed in Lui sacerdoti e vittime mediante l'offerta di noi stessi a Dío".

Ciò che si dice del Battesimo e della nostra Messa lo si deve dire anche di ogni altro sacramento della Chiesa. Mediante i sacramenti i grandi fatti divini della nostra redenzione sono resi presenti a noi che per mezzo della fedeli facciamo no­stri con tutta la ricchezza di grazia e di salvezza che contengono.

Rimane però incontestabilmente vero che il fatto centrale e fontale (cioè quello che è il centro e la sorgente del cri­stianesimo) è la croce del Signore, ossia la sua Morte e la sua Risurrezione. Bisogna perciò che tutta la nostra vita cristiana passi attraverso la porta di questo mistero pasquale di morte e risurrezione. E' quanto ci insegna Gesù quando afferma: "Chi vuol essere mio discepolo prenda ogni giorno la sua croce e mi segua" (Mt 16-24).

Gesù non vuole il dolore per il dolore, la sofferenza per la sofferenza, la morte per la morte! Anzi, Gesù annuncia un Regno dove dolore, sofferenza e morte non ci saranno più! Tutte queste cose sono il frutto del peccato, non della grazia! Gesù non ha mai neppure predicato la penitenza e la mortificazione per se stesse, anzi, le ha respinte quando venivano praticate così! Gesù non è stato un asceta come Giovanni Battista e come i profeti dell'Antico Testamento. Qualcuno dei suoi contemporanei lo ha additato come un mangione ed un beone, perché amava la vita, la gioia, l'amicizia in tutte le sue manifestazioni, compresa quella che consiste nello star insieme a tavola. Addirittura ha fatto di questo segno di amicizia e di fraternità umana il segno per eccellenza di amicizia e di fraternità cristiana ed ha parlato del Regno di Dio come di un convito nuziale.



PRENDI LA TUA CROCE

Gesù però sapeva bene che tutta la vita dell'uomo deve passare attraverso la porta della croce se vuol essere trasformata e trasfigurata, se vuol essere resa capace della risurrezione.

Anche l'oro deve passare dal fuoco del crogiolo se vuole li­berarsi dalle incrostazioni e dal magma in cui la natura lo ha racchiuso. Anche il seme deve marcire sotto terra se vuol dare origine alla nuova pianta. Anche il ferro deve essere immerso nel fuoco se lo si vuol rendere malleabile e trasformarlo in opera d'arte.

Guardiamoci attorno: nulla avviene se non attraverso una morte e una risurrezione. La pietra deve morire come roccia, lasciarsi staccare, squadrare, togliere: solo così può essere usata per la costruzione della casa. Il blocco del marmo deve morire e lasciarsi trar fuori dalla madre montagna, se vuole diventare, tra le mani dell'artista, una statua o un monumento.

Persino la nostra nascita è una morte: nasciamo staccandoci dolorosamente dal grembo materno ed è solo così che possiamo vivere la nostra vita personale ed individuale. Tutto avviene mediante la morte e la risurrezione.

Tanto più ciò è necessario, secondo il disegno di Dio, per far passare questa creazione dominata dal peccato, nel Regno della grazia e della luce! E' la Croce di Gesù, cioè il mistero della sua morte e della sua risurrezione, che trasfigura questo mondo e lo rende capace di partecipare alla vita dei figli di Dio.

Ecco perché Gesù ci esorta a prendere coraggiosamente ogni giorno la nostra croce.

C'è dell'oro in noi, nella nostra famiglia, nella nostra società, nella creazione che ci circonda, ma c'è anche il magma del peccato. E' necessario staccarci da questo magma e lasciarci purificare dal fuoco. Il martello che ci stacca è la Croce del Signore, il fuoco che ci purifica è il dono del suo Spirito.

Il vero cristiano, cioè colui che ha veramente accolto il messaggio del Vangelo, non solo non ha paura del dolore, della sofferenza e della morte, ma le abbraccia con amore, come con amore Gesù ha abbracciato la sua croce. Dire che le abbraccia con amore, non significa dire che non soffre e non patisce! Vuol dire invece che soffre e patisce nella fede cioè sapendo e volendo trasformare la sofferenza, il dolore e la morte nella Croce di Gesù. Il dolore rimane dolore quando è sofferto senza fede! Il dolore diventa croce quando è accolto nella fede! La morte rimane morte quando è subita senza fede. La morte diventa croce e risurrezione quando la si aspetta e la si accoglie con fede! Nel Vangelo di Giovanni Gesù ci rivela il vero volto della morte quando dice: 'Abbiate fede in Dio ed abbiate fede anche in me. Vado a prepararvi un posto. Nella casa del Padre mio ci son tante stanze. Io vado a preparare la vostra stanza e quando sarà pronta io stesso tornerò a prendervi perché possiate essere anche voi là dove sono io!" (cfr Gv 14,1-3). Ecco il vero volto, il volto cristiano, della morte: non lo scheletro spaventoso di certi drappi funebri del passato e neppure la falce terribile di certi quadri, ma il volto sorridente di Gesù che ti dice: La tua stanza è pronta! Vieni con me!

Allora noi passeremo attraverso la porta della Croce e ci troveremo in una dimensione nuova, quella della risurrezione.

E' così che dobbiamo guardare alla nostra morte. Non dob­biamo aver paura, anche se è umano sentirci spaventati. Ricorriamo alla luce della fede e guardiamola nella sua realtà cristiana: è la Croce del Signore, la Porta della Vita Eterna! Altrettanto facciamo per ogni dolore e sofferenza corporale o spirituale che sia! Sono croci di cui si serve il Signore per farci morire al peccato che è in noi e attorno a noi, per li­berarci dal magma del male che ci imprigiona, per purificarci dalle incrostazioni dell'egoismo e dei vizi capitali. Solo così veniamo preparati e resi degni di partecipare al Regno di Dio in Cielo.

Nella Bibbia si racconta come nella costruzione del Tempio di Gerusalemme i leviti squadravano le pietre fuori dal recinto sacro. Poi le pietre venivano portate e collocate al loro posto dai sacerdoti, mentre si cantavano i salmi di lode al Signore. Così fu costruito il Tempio dell'Antico Testamento. Anche nel Nuovo Testamento si sta costruendo il Tempio per il Signore: lo si costruisce in Cielo, ma le pietre vengono preparate qui in terra mediante la mortificazione, la penitenza, la croce di ogni giorno. In questa visione l'ascesi, cioè la mortificazione spirituale e corporale, ha senso e significato. E' partecipazione alla Croce di Gesù, è trasfigurazione della nostra vita quotidiana, nell'attesa di essere trovati degni di venir collocati al nostro posto nel Regno Celeste.

Ecco perché il mistero della Croce che professiamo nel Credo è quanto mai attuale anche per noi!



COME MARIA

La Madonna ci aiuti a viverlo ogni momento con fede e con amore come l'ha vissuto Lei stessa accanto al suo Gesù. "Maria" - infatti - "stava presso la croce di Gesù" (Gv 19,25). E che cosa faceva? Si univa al Figlio in un unico sacrificio per la gloria di Dio e la salvezza dell'umanità. Quest'intima unione è stata predetta da Simeone quando disse a Maria: "Una spada Ti trapasserà l'anima" (Lc 2,35). La spada è stata la lancia che ha trafitto il Cuore di Cristo già morto, e contemporaneamente ha trapassato il Cuore palpitante della Madre che stava sotto la croce immersa in un atroce dolore materno. Era il dolore di un nuovo parto, un parto spirituale perché dava la Vita all'umanità redenta dal Sangue di Cristo. Per questo, dice il vangelo: "Gesù vedendo la Madre e lì accanto il discepolo che Egli amava disse alla Madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua Madre!" (Gv 19,27). In queste parole del Signore è racchiuso il grande mistero della maternità corredentrice per cui Maria cooperò all'opera della salvezza e divenne Madre della Chiesa e dei singoli cristiani, madre di tutti gli uomini redenti da Cristo. Qui ci vengono rivelate due grandi verità.

• Prima verità: noi siamo figli di Maria: "Ecco tuo figlio!".

• Seconda verità: Maria è nostra Madre: "Ecco tua Madre!". Notate bene come Gesù parla al singolare. Non dice: Ecco vostra Madre, ma dice: Tua Madre. Questo per insegnarci che la maternità spirituale di Maria, come del resto tutta l'opera della redenzione, è sì estesa a tutti gli uomini, ma nello stesso tempo è singolare, cioè specifica per ciascun uomo personalmente. Maria non è soltanto la Madre della Chiesa e dell'umanità, ma è in particolare la mia Mamma personale. Il suo amore materno non è generico, rivolto a tutti gli uomini, ma è specifico, rivolto a ciascun uomo. Di conseguenza la Madonna non è per me come una grande

santa, come la più grande santa, ma è mia Mamma, colei che mi ha generato alla vita soprannaturale e mi tiene racchiuso spiritualmente nel suo seno per generarmi, al momento stabilito da Dio, alla vita eterna.

Ecco allora una terza verità rivelata contenuta nelle parole dell'evangelista il quale annota: "E da quel momento il discepolo la prese con sè" (o nella sua casa o anche tra le sue cose, nella sua vita). Con queste parole Giovanni ci svela in che cosa consiste la vera devozione a Maria: consiste cioè in un rapporto nuovo che Gesù ha stabilito dall'alto della croce tra me e sua Madre: un rapporto mamma-figlio fondato non su un vago sentimento di affetto, ma sul fatto indiscutibile della generazione soprannaturale. Io sono vero figlio di Maria e Maria è mia vera Mamma nell'ordine della Grazia, per cui La devo accogliere nella mia vita e darle il posto materno che Le spetta di diritto quale mia vera Madre. Inoltre la sostituzione fatta da Gesù con la mia persona, m'impegna a sostituirlo in tutto come figlio, amandola, onorandola e servendola con il Suo stesso Cuore Divino. La vera devozione alla Madonna. dunque. consiste nell'essere Gesù per Maria. nel sostituirlo in tutto come figlio.

Anche qui vale quanto scrive l'apostolo Paolo: "Non io, ma Cristo in me!".



CONTEMPLAZIONE

Raffigurati la crocifissione di Gesù con la Madonna e Giovanni ai piedi della croce. Immagina di sentire con le tue orecchie le parole che Gesù rivolge loro.

Vangelo di Giovanni cap. 19

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella. di sua. madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!».

Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre.!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

Lettera ai Romani cap. 8

Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi.

La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio;

essa infatti è stata sottomessa alla caducità non per suo vo­lere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa e nutre la spe­ranza

di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.

Sapppíamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto;

essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.



PREGHIERA

Signore, la tua croce è la via della mia salvezza e io voglio abbracciarla con amore accogliendo nella fede ogni sofferenza che la Divina Provvidenza oggi vorrà mandarmi per la mia purificazione e santificazione, ma anche per partecipare, nella mia pochezza, all'opera della tua redenzione come m'insegna S. Paolo. "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e do compimento nella mia carne a ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo che è la Chiesa" (Col 1,24). Vergine Addolorata, prega per me.



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05/09/2009 16:12


- Capitolo 16 -

"IL TERZO GIORNO E' RISUSCITATO SECONDO LE SCRITTURE"

LA PASQUA


Nel Credo, dopo aver professato la nostra fede nella Passione e Morte Redentrice del Signore, affermiamo: "Il terzo giorno è risuscitato secondo le scritture". Qual'è il si­gnificato di questo articolo del Credo?

Ho già detto che la Passione e la Morte del Signore non sono fine a se stesse, ma hanno come scopo la Risurrezione.

Se non ci fosse stata la Risurrezione, la morte di Cristo risulterebbe vana, inutile. Tutta l'opera redentrice e salvatrice di Dio in Gesù Cristo è tesa alla Risurrezione gloriosa come a mèta. Perché?

Semplicemente perché la Risurrezione di Cristo è la Vita Nuova che Dio ha donato all'umanità peccatrice. Gesù è come il chicco di grano sepolto nelle zolle della terra. Esso è destinato a morire affinché possa nascere da lui una bella spiga, carica di chicchi nuovi. "Se il grano non muore - dice Gesù - rimane solo, ma se muore produce come frutto una nuova spiga, una nuova pianta" (cfr Gv 12,25). Dio è il buon contadino che ha seminato in questo povero mondo il chicco di grano che è Gesù; lo ha fatto morire non solo per l'espiazione dei peccati, perché al nostro posto li pagasse tutti, uno ad uno, ma anche e prima di tutto perché ci acquistasse una nuova vita, la vita della risurrezione.

S. Paolo scrive nel capitolo 15 della Prima Lettera ai Corinti: 'Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.

In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola. volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto".



LA PASQUA DI GESU' E NOI

Il fatto storico della Risurrezione sta a dimostrare che Gesù ha realmente espiato tutti i peccati, ha realmente crocifisso nel proprio corpo la vecchia umanità ed è diventato, per chiunque crede in Lui, la sorgente della nuova vita. Dal sepolcro di Cristo, con la risurrezione. è uscita la nuova umanità. quella che piace a Dio. quella che è destinata a regnare nei Cieli per sempre.

Di questa nuova umanità noi abbiamo un modello e un'anticipazione nella Vergine Maria assunta in Cielo. Questo spiega perché la Chiesa celebra con tanta gioia que­sta festa mariana: è la festa più solenne della Madonna, ma è pure la festa più bella della Chiesa. E' la conclusione della Pasqua di Gesù, è la celebrazione anticipata della Pasqua del Cielo. Infatti mentre a Pasqua noi proclamiamo la risurrezione e la glorificazione di Gesù, nell'Assunzione di Maria noi celebriamo l'immagine profetica della risurrezione e glorificazione del suo Corpo Mistico, cioè della Chiesa rappresentata dalla Madonna. Portando Maria viva e gloriosa in Paradiso, Dio annuncia ed anticipa la risurrezione e la glorificazione della Chiesa.

Abbiamo soprattutto due passi della Sacra Scrittura che, in un certo senso, riguardano questo mistero mariano. Dico in un certo senso perché letteralmente non parlano di questo fatto. Ciò non toglie però che la luce che da essi promana non serva ad illuminare anche l'assunzione di Maria.

Il primo passo lo troviamo nella Lettera agli Efesini, là dove Paolo rivela il rapporto tra Gesù e la sua Chiesa come un rapporto sponsale. Egli dice che Gesù "ha amato la Chiesa fino a sacrificare la sua vita per lei, per renderla santa e pura, purificata dall'acqua del battesimo e dalla parola di Dio; per farla comparire alla sua presenza gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa del genere, ma santa e perfetta" (cfr Ef 5,21-32). Evidentemente queste parole riguardano la Chiesa nelle due fasi della sua esistenza la fase della purificazione e la fase finale la Chiesa del Cielo. Soltanto allora essa comparirà davanti a Gesù gloriosa e perfetta!

Sappiamo però che Dio ha voluto darci in Maria l'anticipazione, l'immagine profetica, il bozzetto (per così dire) della Chiesa. Non solo, ma in Lei ha voluto realizzare già la pienezza, il vertice della perfezione ecclesiale.

Dov'è che la Chiesa, la sposa del Signore, raggiunge il vertice dell'immacolatezza e della pienezza di grazia e salvezza se non in Maria Immacolata, esente da ogni peccato e piena di grazia? Dov'è che la Chiesa raggiunge la perfezione della sua fedeltà allo Sposo Celeste, cioè la pienezza della sua verginità spirituale, se non nella verginità di Maria? Dov'è che la Chiesa tocca il vertice della sua maternità spirituale se non in Maria, Madre di Cristo e dei credenti? E dov'è che la Chiesa vive già fin d'ora la pienezza della glorificazione mediante la nuova vita della risurrezione se non nella Madonna assunta in Cielo?

Vedete come tutti i privilegi che Dio ha dato a Maria, pur essendo strettamente personali, sono dati in vista della Chiesa perché, per mezzo di essi, possiamo contemplare in Maria, come in un identikit, il volto glorioso della Chiesa quale sarà alla fine dei tempi.

- Queste parole sono suffragate dalle altre che troviamo nell'Apocalisse al cap. 12 ed al cap. 21. San Giovanni si serve qui di due immagini per rivelarci il destino della Chiesa nel corso della storia ed alla fine dei tempi.

Nel cap. 12 si serve dell'immagine di una Donna, vestita di sole, coronata di stelle, madre del re dell'universo in lotta contro satana ed i suoi seguaci.

Questa immagine è certamente profezia della Chiesa, ma è anche profezia di Maria che la riassume e la rappresenta. Nel cap. 21 invece Giovanni ci parla delle nozze fra l'Agnello Gesù e la Chiesa Sua Sposa, che raffigura nella celeste Gerusalemme. Anche qui l'immagine riguarda la Chiesa, ma non esclude, anzi suppone Maria che la impersona e la anticipa.

Ecco perché affermo che anche la festa dell'Assunzione del 15 di agosto è la celebrazione profetica della Pasqua Celeste. Questa Pasqua, queste nozze tra l'Agnello Divino e la Sua Sposa son già state celebrate, oserei dire per procura, quando Maria è stata assunta nel Cielo. In Lei era tutta la Chiesa che andava incontro allo Sposo celeste per essere incoronata di gloria per tutta l'eternità.



LA PASQUA DELLA CHIESA

Ecco il frutto meraviglioso della Risurrezione del Signore! Ecco perché Gesù doveva patire e morire: proprio perché la sua sposa, la Chiesa, potesse nascere dal suo cuore squarciato e potesse entrare in possesso della vita celeste della risurrezione. Se Gesù non fosse morto, se il suo Cuore Divino non fosse stato trapassato dalla lancia, la Chiesa, simboleggiata dal sangue e dall'acqua sgorgati dalla ferita, non sarebbe nata. Anche la prima umanità, raffigurata in Eva, è nata dal costato dell'uomo addormentato, dal corpo di Adamo, per opera del Creatore. E' un'immagine, certamente, ma un'immagine che illumina il disegno di Dio. Adamo dormiva: profezia del nuovo Adamo, Cristo che sulla croce s'addormenta per noi nel sonno della morte. Dal costato del primo Adamo Dio trae Eva, la vecchia umanità che cadrà nel peccato. Dal costato del nuovo Adamo, Cristo, Dio trae la nuova Eva, la Chiesa; la nuova umanità della risurrezione. E come il vecchio Adamo, una volta risvegliatosi dal sonno, riconobbe in Eva la sua sposa e proclamò la legge del matrimonio dicendole: "Tu sei carne della mia carne ed ossa delle mie ossa" (Gen 2,23), così il nuovo Adamo, risvegliatosi dal sepolcro con la risurrezione, riconobbe nella Chiesa la sua sposa e le donò il suo Spirito di vita e di santità.

La risurrezione del Signore, dunque, è lo scopo di tutta l'opera della redenzione che Dio ha compiuto nel suo Figlio Gesù e Maria, assunta in Cielo, è l'immagine profetica della Chiesa del futuro, cioè della glorificazione che sarà manife­stata alla fine dei tempi. Dico manifestata, non attuata ed a ragione. Infatti la vita della risurrezione che sgorga dal Cristo glorioso è già presente ed operante in noi, ma non è manifesta.

Voglio farvi un esempio tolto dal Vangelo dove si parla della trasfigurazione di Gesù. Voi sapete come Gesù prese con se Pietro, Giacomo e Giovanni, salì su di un alto monte (pro­babilmente il Tabor) e lì si trasfigurò davanti a loro. Il suo volto divenne splendente come il sole e le sue vesti candide come la neve. Dopo questa visione Gesù ritornò come prima e tale rimase fino alla Pasqua. Quello splendore celestiale, quella luce misteriosa che lo avvolse lassù sul Tabor, era forse scomparsa da Gesù? Si era dissolta come la nebbia al sole? No! Gesù era sempre quello che gli apostoli avevano contemplato estasiati, ma la sua gloria non era manifesta. Era nascosta agli occhi umani dal velo della sua carne mortale. Egli rimaneva sempre il glorioso Figlio di Dio, ma appariva allo sguardo della gente come il povero figlio di Maria. Solo dopo la Pasqua lo splendore della sua gloria sfolgorò per sempre, come avviene anche oggi in Paradiso. Ebbene la medesima cosa si ripete per noi. Mediante il battesimo della fede noi veniamo sepolti con Cristo e risorgiamo insieme a Lui a nuova vita: la vita della risurrezione. Questa vita però non è manifesta, ma è nascosta. La possediamo realmente, ma non la vediamo e non la sentiamo. Possiamo coglierne la bellezza e la potenza solo con gli occhi della fede. Noi siamo di ià uomini risorti, uomini nuovi, ma lo sappiamo per fede, non per esperienza. Verrà un giorno in cui si manifesterà ciò che siamo realmente ed allora capiremo la grandiosa trasformazione che Dio ha operato in noi quando ci ha uniti a Gesù. Allora capiremo quanto la morte corporale sia necessaria perché anche il nostro corpo possa partecipare alla vita nuova della risurrezione.

Il corpo infatti parteciperà alla vita della risurrezione, ma solo alla fine dei tempi. Lo spirito, invece, vi partecipa fin da ora, ma nella fede, non nella manifestazione.

"Miei cari, fin d'ora noi siamo figli di Dio: quello che saremo però ancora non si vede. Ma quando Gesù ritornerà, saremo simili a Lui, perché lo vedremo come è realmente" (1 Gv 3,1-2). "Quando avete ricevuto il battesimo - scrive S. Paolo ai Colossesi - siete stati sepolti insieme con Cristo e con Lui siete risuscitati perché avete creduto nella potenza di Dio che ha risuscitato Cristo dalla morte! Un tempo, quando eravate immersi nel peccato e lontani da Cristo, di fatto eravate come morti. Ma Dio che ha ridato la vita a Cristo, ha fatto rivivere anche voi. Egli ha perdonato tutti i vostri peccati... Voi siete morti con Cristo e siete stati liberati dagli spiriti del male che dominavano il mondo... Perché allora vivete come se la vostra vita dipendesse ancora dalle regole di questo mondo?... Se voi siete risuscitati insieme con Cristo, cercate le cose del cielo, dove Cristo regna accanto a Dio. Pensate alle cose del cielo e non a quelle di questo mondo. Perché voi siete già come morti: la vostra vera vita è nascosta con Cristo in Dio. E quando Cristo, che è la vostra vita, si farà visibile a tutti, allora tutti vedranno anche la vostra gloria, insieme con la sua" (cfr Col 2,12-23 3,1-4).

E' così, che la fede nella risurrezione di Gesù diventa principio e norma di vita per i credenti. Bisogna però essere realmente convinti in ogni momento ed in ogni circostanza. Vi faccio un esempio. In me c'è una vita animale ed una vita spirituale. La vita animale è fatta di istinti, di sensi, di carnalità. La vita dello spirito invece è fatta di pensiero, di affetti, di volontà e di libertà. Molto spesso c'è contrasto tra l'una e l'altra. Quando mi metto a mangiare non lascio che mi guidi il mio istinto, ma la ragione. La mamma, quand'ero piccolo, e mi vedeva mangiare in maniera maleducata mi diceva: sembri un maialino! Mangia da uomo e non da bestia! E quando qualcuno si comporta male gli diciamo: sei un animale! Al contrario quando uno si comporta educatamente diciamo ammirati: è un vero gentiluomo, è un vero uomo! Ebbene in noi ci son due vite: la vita umana del peccatore figlio di Adamo e la vita che lo Spirito Santo che ci ha donato unendoci a Gesù. La prima è stata crocifissa con Gesù, la seconda ci è stata donata nella sua risurrezione. Questo lo sappiamo per fede.

Perciò dobbiamo mortificare sempre più la vita della vecchia natura, vita che è destinata a morire per sempre. Invece dobbiamo sviluppare sempre più la vita della nuova natura, quella che è opera dello Spirito Santo e che ha la sua sorgente nella risurrezione del Signore Gesù!

Ricordatevelo: voi non siete più quelli di prima, schiavi del peccato e delle passioni umane! Voi siete nuovi, risorti con Gesù ed un giorno anche il vostro corpo risorgerà!

Vivete dunque da figli della luce e della risurrezione e non da figli delle tenebre e della morte!



CONTEMPLAZIONE

Guarda con gli occhi del cuore, illuminati dalla fede, la Donna vestita di sole di cui parla la Bibbia nella quale Dio ci mostra, anticipata in Maria, la glorificazione della sua Chiesa e nostra, frutto della redenzione di Gesù.

Apocalisse cap. 12

Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.

Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono.

La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.



- Capitolo 17 -

"SALI’" AL CIELO E SIEDE ALLA DESTRA DEL PADRE"

GESU’ NOSTRO AVVOCATO


D opo aver meditato sulla risurrezione del Signore, medi­tiamo ora sulla sua ascensione al Cielo. Nelle nostre cele­brazioni liturgiche la risurrezione e l'ascensione costituiscono due feste distinte. Nella realtà esse sono un unico mistero. L'ascensione, infatti, è il coronamento della risurrezione: è la glorificazione di Gesù non solo davanti agli uomini, ma anche davanti a Dio. Vediamo di spiegare un po' questo mistero.

Quando il Figlio di Dio si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria, ha preso come sua la nostra natura umana. Da quel momento, pur restando vero Dio, cominciò ad essere anche vero uomo. Sappiamo che l'umanità era stata cacciata fuori dal Paradiso Terrestre, come racconta la Bibbia, a causa del suo peccato. Si tratta di un'immagine per indicare la separazione da Dio e dal suo gradimento. Per l'uomo non c'era più posto in Cielo. Per lui non rimaneva, dopo questa vita, che l'inferno. Ebbene Gesù ha ristabilito la situazione primitiva, quando Dio e l'uomo stavano insieme ed erano amici. Ha riportato l'umanità in Paradiso. Non solo, ma addirittura l'ha fatta sedere alla destra del Padre perché è figlia di Dio, partecipe della natura divina.



UN RITO PROFETICO

Nell'Antico Testamento questa meravigliosa realtà era stata profetizzata in un rito liturgico che si compiva una volta all'anno, nel giorno dell'espiazione. In quel giorno, dopo aver digiunato e confessato i peccati suoi e del popolo, il sommo sacerdote ebreo immolava un agnello e ne raccoglieva il sangue in un bacile d'oro. Poi, pieno del santo timor di Dio, apriva il velo che separava il luogo santissimo dov'era l'Arca dell'alleanza dal santuario dove ogni giorno si offriva l'incenso profumato al Signore. Tutto il popolo stava fuori in preghiera. Le trombe suonavano ed i sacerdoti lodavano Dio. Solo lui, il sommo sacerdote, con il cuore coperto da un pettorale su cui brillavano dodici pietre preziose simboleggianti le dodici tribù d'Israele, solo lui, dico, entrava in quel luogo buio. Infatti non c'erano né finestre, né lampade. Solo il tenue bagliore del candelabro d'oro che illuminava il santuario giorno e notte faceva arrivare fin là qualche raggio di luce. Nella penombra il sommo sacerdote avanzava verso l'Arca dell'Alleanza. La cassa, tutta rivestita d'oro, conteneva le tavole della legge. Sul coperchio c'erano due cherubini alati in ginocchio, con le ali tese a fare come un baldacchino. La Bibbia dice che quello era il luogo dove posavano i piedi di Dio. Un modo per indicare la presenza misteriosa, ma reale, del Signore. Era il luogo del perdono, chiamato propiziatorio! Il sommo sacerdote, avvicinatosi all'Arca santa, le girava intorno e l'aspergeva con il sangue dell'agnello, mentre invocava supplichevole il nome di Jahwè, nome che nessun ebreo osava mai pronunciare! Con quel gesto il sommo sacerdote intendeva espiare per i peccati suoi e del suo popolo mediante l'offerta del sangue dell'agnello. Egli sentiva di portare sulle sue spalle tutto il popolo ebreo, raffigurato dalle 12 pietre preziose: ne portava le miserie, i peccati, ma anche la fede e l'amore per il Signore.

Compiuto il rito usciva dal luogo santissimo e si recava alla porta del santuario dove benediceva la folla esultante. Questo avveniva nel Tempio di Gerusalemme una sola volta all'anno, ma avveniva ogni anno, perché nessun agnello con il suo sangue poteva espiare i peccati degli uomini. Il sommo sacerdote entrava sì nel luogo santissimo, ma poi ne usciva subito, pieno di timore, perché temeva che la giustizia di Dio colpisse lui e tutto il popolo peccatore.

C'è una Lettera del Nuovo Testamento che ci dà una spiegazione profonda di questo rito e ce lo presenta come la profezia di una realtà che noi ora viviamo. Si tratta della lettera agli Ebrei. L'autore sembra sia S. Paolo, anche se lo scrittore ispirato è certamente uno dei suoi discepoli, forse quell'Apollo di cui Paolo parla nella la ai Corinzi o anche Barnaba, che era stato un levita. Poco importa sapere chi scrisse materialmente questo libro del Nuovo Testamento. Conta invece il fatto che esso è ispirato da Dio e ci rivela il pensiero di Dio.

Il luogo santissimo in cui si trova l'Arca dell'Alleanza, dice questa Lettera, è il Paradiso, il Cielo, mentre il santuario è la terra. Il velo che separa l'uno dall'altro è la morte, castigo del peccato. Gesù è il nostro sommo ed eterno sacerdote. Egli ha preso su di se tutti noi con i nostri peccati quando ha abbracciato la croce e si è avviato verso la cortina della morte non con il sangue di un agnello, ma con il suo sangue. Ed ecco che Egli ha superato il velo della separazione ed è entrato nel luogo santissimo del Cielo, là dove Dio siede glorioso tra miriadi di cherubini e di serafini. Gesù si è presentato a Lui non solo come 2a Persona della Ss.ma Trinità, ma anche come vero uomo, carico di tutte le miserie umane e ha presentato al Padre il suo sangue in espiazione. Il Padre, vedendo il sangue del suo Figliuolo e la sua obbedienza fino alla morte, ha perdonato ogni peccato, una volta per sempre. Non ha rimandato indietro Gesù perché tornasse a patire ed a morire ogni anno, come si faceva nell'Antico Testamento con l'agnello, ma lo ha accolto una volta per sempre, lo ha riconosciuto come Figlio anche nella sua carne umana, lo ha fatto sedere anche come uomo alla sua destra affinché prendesse possesso, nella sua carne umana, del ruolo che quale Dio aveva da tutta l'eternità. La cortina che separava la Terra dal Cielo si è squarciata, come dice il Vangelo. Si è squarciata quando la lancia del soldato romano ha squarciato il cuore di Gesù crocifisso. Ora il nostro sommo sacerdote è lassù, alla destra di Dio e noi possiamo entrare nel luogo santissimo, nel Paradiso. Ho già detto che la morte, per noi credenti, è la porta che ci immette nella nuova dimensione della vita eterna! Ma anche finché siamo quaggiù ci è possibile passare attraverso la cortina della carne di Cristo per salire con Lui alla destra di Dio, a colloquio con Dio. Lo facciamo soprattutto quando ci accostiamo all'Eucarestia, allorché attraverso il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, Cristo stesso si fa nostro cibo e nostra bevanda. Ma lo facciamo anche quando andiamo a confessarci: allora noi portiamo i nostri peccati, bagnati dal sangue di Cristo, alla presenza del Padre per averne il perdono. Li portiamo insieme a Lui, vivente ed operante nel ministero della sua Chiesa.

Così pure quando preghiamo, quando celebriamo le varie liturgie, quando offriamo al Signore le nostre opere e le no­stre sofferenze noi passiamo attraverso il velo squarciato del Cuore di Cristo e ci accostiamo al trono dell'Altissimo con la sicura fiducia di essere accolti come figli perché sappiamo che siamo una cosa sola con Gesù.



NEL TEMPIO CELESTE

Ecco: questo è il profondo significato della nostra fede nel mistero dell'Ascensione. Non vogliamo solo affermare che Gesù ora è in Cielo: vogliamo anche proclamare che Egli è là per noi come nostro sommo ed eterno sacerdote e come no­stro avvocato.

"Egli è là ad intercedere per noi" scrive S. Paolo e non a­vrebbe potuto esprimere in modo migliore la situazione di Gesù in Cielo. S. Giovanni poi, nella sua la lettera, parla del Corpo glorioso di Gesù come del propiziatorio, cioè del luogo del perdono. Il propiziatorio era, come abbiamo visto, il co­perchio dell'Arca Santa, sul quale il sommo sacerdote versava il sangue dell'agnello in espiazione dei peccati: per questo veniva chiamato luogo del perdono.

Gesù in Cielo è dunque Colui che prega per noi ed il luogo del perdono per ogni nostro peccato. Non solo! Ancora S. Giovanni ce lo presenta come il Consolatore, cioè l'Amico che ci difende. Lo chiama proprio così: "Abbiamo in Cielo un Paraclito, Gesù il Giusto". Paraclito vuol dire: amico che ci consola e ci difende. Da chi ci difende in Cielo? Ci difende da colui che ci accusa davanti a Dio. E' un'immagine biblica quella del giudizio celeste: da una parte c'è Satana, il nostro avversario, colui che ci accusa giorno e notte. Ci accusa di essere peccatori e perciò meritevoli di condanna. Ma c'è anche Gesù, il nostro Paraclito, cioè il nostro amico avvocato, che ci difende. In che modo?

Prima di tutto offrendo il suo sangue per pagare ogni nostro delitto. In secondo luogo presentando in se stesso una umanità nuova, giusta, perfetta. Il Padre ascolta Gesù e ci accoglie come suoi figli perdonandoci ogni peccato e donandoci la sua grazia che ci fa giusti e santi. Ecco perché S. Paolo osa dire: "Ora non c'è più alcuna condanna per quelli che sono uniti a Cristo Gesù" e poi si chiede: "Che cosa diremo di fronte a questi fatti? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Lui che non ha risparmiato il suo Figlio, ma lo ha dato per tutti noi; come non potrebbe darci ogni cosa insieme con Lui? E chi potrà accusare gli eletti di Dio? Nessuno, perché Dio stesso li dichiara giusti, innocenti. Chi allora li potrà condannare? Nessuno, perché Gesù è morto per loro. Anzi è risorto ed ora si trova accanto a Dio, dove sostiene la nostra causa" (Rm 8).

Capite allora, cari amici, il vero significato delle parole del Credo quando diciamo che Gesù "salì al Cielo e siede alla destra del Padre"?



IL DONO DELLO SPIRITO

Ma vi è un'altra cosa da considerare. Gesù aveva legato alla sua glorificazione il dono dello Spirito Santo per i suoi di­scepoli qui sulla terra. Non solo cioè Egli sarebbe salito al Cielo, come nostro sommo sacerdote, per aprirci la strada della fiducia e per difenderci come nostro avvocato, ma promise che avrebbe inviato sulla Terra un altro amico, lo Spirito Santo: "E' bene per voi che io vada in Cielo perché, quando me ne sarò andato, vi manderò un altro Consolatore, un altro Paraclito, lo Spirito di verità che procede dal Padre. Egli vi guiderà al possesso di tutta intera la verità" (cfr Gv 16,7 e 13). In Cielo Gesù ci difende ed intercede per noi; sulla terra lo Spirito Santo ci guida al possesso della verità tutta intera. Ecco i frutti dell'ascensione e della glorificazione di Gesù alla destra del Padre.



RIASSUMENDO

Osservate bene come è fatta la nostra fede cristiana. Ci sono dei fatti che ne costituiscono la base storica. Su questi fatti viene costruita da Dio una realtà nuova che ci coinvolge subito, fin da adesso, e che possiamo cogliere solo per fede. Questa realtà si espande verso il futuro quando, al tempo stabilito da Dio, si manifesterà in tutta la sua pienezza. Allora il Disegno di Dio apparirà completo e definitivo.

1) Primo fatto: Il Figlio di Dio si è fatto uomo nel seno di Maria. L'umanità viene rinnovata, comincia un mondo nuovo che avrà la sua completezza in Cielo. Gesù è il seme, noi siamo la pianta.

2) Secondo fatto: Gesù muore per noi sulla croce e versa il suo sangue in espiazione dei nostri peccati. Conseguenza: ogni peccato è perdonato in virtù del sangue di Cristo e noi moriamo con lui sulla croce. Il nostro vecchio uomo è morto per sempre. Non esiste Più.

3) Terzo fatto: Gesù risorge con una vita nuova ed eterna. Egli è la sorgente della nuova umanità, l'umanità che deve dar vita ad un mondo nuovo, a nuovi cieli ed a nuova terra. 4) Quarto fatto: Gesù è salito al Cielo e siede alla destra di Dio come nostro avvocato e nostro sommo sacerdote. Di conseguenza Dio ci accoglie come suoi, ci dichiara innocenti, ci vuole accanto a se nella gloria del Cielo ed intanto ci dona il suo Spirito affinché ci purifichi e ci prepari.

E' molto importante, amici, aver fede in questi fatti e nelle loro conseguenze.

Tutto il cristianesimo è qui: nel credere veramente in questi fatti e nel credere veramente e concretamente nelle loro conseguenze. Molti cristiani invece hanno poca fede e si comportano come se questi fatti non esistessero o non avessero nessun influsso su di noi.

Faccio un esempio molto semplice.

Un mio amico ha depositato in banca per me una grossa somma e me lo ha scritto: Sappi che ho depositato la tal somma sul tuo conto corrente. Usala come vuoi: Ecco: questo è un fatto!

Di fronte ad esso io posso comportarmi in due modi:

a) o io non credo al mio amico ed allora non credo neppure di possedere quella somma. Di conseguenza non la uso e rimango povero;

b) oppure io credo al mio amico ed allora so di essere ricco e di poter usare quella somma. Ma qui ci sono due casi:

- so di possedere quella somma, ma non la uso. Resto povero!

- so di possedere quella somma, e ne uso. Vivo da ricco!

Molti cristiani non credono. Altri credono sì, ma non tirano le conseguenze della loro fede: e sono i più!

- Dicono di credere nell'incarnazione del Figlio di Dio, ma non si sentono figli di Dio, e neppure membra del suo Corpo Mistico.

- Dicono di credere nella morte e nel sangue di Gesù, ma non hanno fiducia nel perdono e vivono ancora schiavi del peccato, pur sapendo di essere già morti con Gesù.

- Dicono di credere nella risurrezione del Signore, ma non si sentono partecipi della sua nuova vita.

- Dicono di credere nella glorificazione di Cristo, ma non credono alla presenza dello Spirito Santo in loro e non hanno fiducia nell'intercessione di Gesù.

Questo modo di vivere il cristianesimo è falso e dispiace a Dio. Dio vuole gente che creda sul serio e che tiri le conseguenze della propria fede ogni momento, in ogni circostanza.

Il mondo stesso ha bisogno di gente così e non di gente incerta e triste, come sono nella maggior parte i cristiani di oggi!

I fatti che Dio ha compiuto sono realtà storiche e le conseguenze che da essi derivano sono realtà vive e concrete che invadono tutta la nostra esistenza riempiendola di gioia. Se vogliamo rinnovare la Chiesa ed il Mondo non c'è niente che noi possiamo fare di nuovo: c'è solo da credere sul serio a quello che ha già fatto Dio e tirarne le conseguenze.



BEATA PER LA TUA FEDE

Così ha fatto Maria! E per questo lo Spirito Santo l'ha proclamata beata proponendola come modello di fede viva a tutti i discepoli del Signore: "Beata colei che ha creduto nel compimento della Parola. del Signore'1 (Le 1,45). Non ha creduto solo alla Parola, ma ha creduto nel suo compimento: cioè nella sua concreta realtà! La fede di Maria anticipa e riassume in sè la fede della Chiesa. Nel cammino della fede Maria ci precede. Se vogliamo piacere a Dio dobbiamo seguirne le orme che passano dalla stanzetta dell'Annunciazione alla grotta di Betlemme; dalla casetta di Nazareth a Gerusalemme e al Calvario per sfociare nell'oceano meraviglioso della visione di Dio. Guardiamo a Maria, Donna nuova, Donna di fede e chiediamo che ci ottenga una fede come la sua.



CONTEMPLAZIONE

Mettiti davanti al quadro meraviglioso che la Lettera agli Ebrei ti presenta e, con il tuo cuore, sali con Gesù al trono del Padre in umile e devota adorazione.

Lettera agli Ebrei cap. 9

Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno.

Fu costruita infatti una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola. e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo.

Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con

l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la. manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza.

E sopra l'arca stavano i cherubini della. gloria, che facevano ombra al luogo dell'espiazione. Di tutte queste cose non è ne­cessario ora parlare nei particolari.

Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto;

nella. seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo.

Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda. Essa infatti è una figura per il tempo attuale, offrendosi sotto di essa doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, l'offerente,

trattandosi solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate.

Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo. cioè non appartenente a questa creazione. non con sangue di capri e di vitelli ma con il proprio sangue entrò una volta 12er sempre nel santuario. Procurandoci così una redenzione eterna.

Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo. che con uno Spirito eterno o ffrì se stesso senza macchia a Dio. purifìcherà la nostra coscienza dalle opere morte. per servire il Dio vivente?

Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che è stata promessa. Dove infatti c'è un testamento, è necessario che sia accertata la morte del testatore, perché un testamento ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive.

Per questo neanche la prima alleanza fu inaugurata senza sangue.

Infatti dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, ne asperse il libro stesso e tutto il popolo,

dicendo: Questo è il sangue dell'alleanza che Dio ha stabilito per voi.

Alla. stessa maniera asperse con il sangue anche la Tenda e tutti gli arredi del culto.

Secondo la legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue e senza spargimento di sangue non esiste perdono.

Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificati con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi.

Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo Largura di quello vero ma nel cielo stesso. per comparire ora al cospetto di Dio in nostro, favore, e non per offrire se stesso più volte come il sommo sacerdote che entra nel santuario o_ni anno con sangue altrui.

In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. Ora invece una volta sola. alla pienezza dei tempi è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.

Davanti a tanto mistero non c'è che da adorare in silenzio con Maria.



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05/09/2009 16:13


- Capitolo 18 -

"DI NUOVO VERRA' NELLA GLORIA PER GIUDICARE I VIVI E I MORTI"

IL GIORNO DEL SIGNORE


ascensione gloriosa del Signore Gesù alla destra del adre non pone la parola fine alla sua opera di salvezza. Egli continua la sua missione non solo in Cielo, ma anche quaggiù mediante il dono dello Spirito Santo ed il ministero della Chiesa che è il suo corpo, mentre lassù, come abbiamo visto, incessantemente intercede per noi. Così, con il passare degli anni e dei millenni, la Celeste Gerusalemme, anticipata dalla gloriosa Vergine Maria assunta e glorificata in Cielo, si va formando pietra su pietra, man mano che le anime dei giusti arrivano al porto della salvezza.

Dopo aver professato la nostra fede in questa verità, il Credo ci fa dire: "E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi ed i morti". Con queste parole noi scavalchiamo la storia e ci collochiamo al suo termine, in quel giorno misterioso e meraviglioso che la Bibbia chiama "il giorno del Signore". Di solito lo si rappresenta come un giorno terribile, come il giorno del giudizio e della vendetta di Dio. Ciò è vero, ma per i non salvati, per i reprobi, per quanti non hanno posto la loro fiducia nel Signore Gesù. Ma per noi che abbiamo sperato in Lui e che Lo abbiamo accolto nella fede come nostro Salvatore e Signore, per noi sarà un giorno di gioia e di festa.

Mi viene alla mente il giorno in cui le truppe alleate sono entrate vittoriose nelle città e nei paesi della Germania sconfitta. Quanti si trovavano da anni nei campi di prigionia

e di sterminio, trattati peggio delle bestie da parte di aguzzini spietati, appena sentirono il tuono dei cannoni avvicinarsi, furono tutti presi da una grande speranza e gioia: la liberazione era vicina, era alle porte. Certo, ci furono recrudescenze di ferocia da parte dei nazisti, i quali, talvolta, cercarono di sterminare quanti erano ancora in vita nella folle illusione di togliere di mezzo pericolosi testimoni. Ma il giorno dell'ira e della giusta punizione non poteva più essere fermato ed anche quelli che morivano pregustavano la soddisfazione che l'infamia stava per aver termine.

Così, è per noi! Il mondo ride della nostra fede, ci tratta da pazzi e da illusi. Spesso ci perseguita, ci emargina, ci uccide. Ma noi sentiamo già il tuono del giorno del Signore che si avvicina e guardiamo a quel giorno con grande speranza. Sappiamo che verrà, anche se non ne possiamo conoscere il tempo. Con buona pace dei Testimoni di Geova e sette affini, quel giorno è un segreto di Dio e nessuno lo conosce. Dice infatti Gesù ai suoi apostoli: "Non spetta a noi sapere quando esattamente ciò accadrà: solo il Padre può deciderlo" (cfr Atti 1,7). Quanti vanno cianciando sulla prossima fine del mondo e quanti vanno facendo conti cabalistici basandosi su questo o quel testo della Bibbia interpretato cervelloticamente, devono fermarsi davanti a parole di Gesù così chiare ed esplicite: solo Dio conosce quel giorno, nessun altro!

Sappiamo però che quel giorno ci sarà e sarà terribile per i malvagi e gioioso per i fedeli. A questi Gesù dice: "Quando queste cose cominceranno ad accadere, alzatevi e state sicuri, perché è vicino il tempo della. vostra liberazione" (cfr Le 21,28). Capite, amici? Non solo non dobbiamo aver paura di quel giorno, ma, al contrario, dobbiamo corrergli incontro, come si corre incontro al papà che finalmente torna a casa carico di doni e desideroso di abbracciarci! Credete voi che Gesù non desideri incontrarci ed abbracciarci? Che cosa aspetta

Egli in Cielo se non che anche l'ultimo nemico del genere umano, cioè la morte, sia finalmente vinto e tutti i suoi fratelli possano partecipare in pienezza alla vita beata della risurrezione? Non è Egli venuto proprio per questo? E per questo non è Egli morto e risorto? A che cosa tende la sua continua intercessione lassù, in Cielo, alla destra del Padre, se non a che nessuno dei suoi discepoli vada perduto e tutti li possa abbracciare presto nel giorno del giudizio?



LA GIUSTIZIA DI DIO

Voi mi direte: ma non dobbiamo temere il giudizio di Dio, noi che siamo peccatori? E' una domanda legittima ed importante, che merita una risposta chiara e completa. Certo, il peccatore deve temere Dio e la sua giustizia, perché Dio non lascerà impunito neppure il più piccolo peccato. Gesù afferma che "anche di una parola inutile ci verrà chiesto il conto" (cfr Mt 12,36). Se è così per le parole inutili, che cosa sarà per quelle cattive? Che cosa sarà per i pensieri ed i desideri malvagi, per le opere e le azioni indegne dei figli di Dio e persino degli uomini?

Ma non dobbiamo fermarci qui, perché se tutto ciò è vero, è pure altrettanto vero che Gesù è "vittima di propiziazione per ogni nostro peccato!" (cfr 1Gv 2,2), il che significa che Egli ha pagato e cancellato con il suo sangue i nostri peccati uno ad uno, tanto il più grosso, quanto il più piccolo.

Immaginatevi di avere tra le mani numerose fatture di debi­ti che avete contratto e dobbiate presentarvi alla banca per pagarle. Colui che non avesse alcuna fonte cui attingere il denaro necessario, dovrebbe sì aver paura. Ma chi sa di avere in banca un conto aperto con un ingente deposito di denaro, perché dovrebbe temere? Ebbene noi abbiamo un conto aperto presso il Padre con un deposito infinito di meri­ti. Lo ha aperto il Signore Gesù quando è morto per noi sulla croce, quando ha versato tutto il suo sangue in riscatto per i nostri peccati. Questo deposito è così grande che supera di gran lunga tutta la lista delle nostre colpe. Anzi, dice S. Giovanni, supera anche quella di tutto il mondo! Perché allora aver paura del giudizio di Dio? Questa paura nasce da una fede che ha un falso fondamento. Una fede che mette a confronto la nostra miseria e la nostra cattiveria con la giu­stizia degli uomini. Ma noi non possiamo pensare alla giu­stizia di Dio come alla giustizia degli uomini. Sono due cose diverse. La giustizia degli uomini consiste nel dare a cia­scuno il suo: ai buoni il premio, ai malvagi il castigo. La giustizia di Dio invece giustifica l'uomo peccatore, purché abbia fede in Cristo. "Secondo la tua giustizia, salvami!" si dice nei Salmi. La tua giustizia, non la mia, non quella fondata sul merito mio, ma quella fondata sul merito infinito di Gesù e che la Chiesa mi dona in nome e col potere di Cristo Redentore.

Infatti la giustizia di Dio è salvatrice. Proprio perché è giu­sto, Dio mi salva per i meriti infiniti di Cristo! Certo, se Egli guardasse soltanto ai miei peccati, mi dovrebbe punire. Ma non sarebbe giusto se il suo sguardo si fermasse lì. Il suo sguardo sale invece alla Croce ed al Sangue di Gesù ed allora, proprio per giustizia, mi perdona. Gesù infatti ha pagato tutto per me!

Leggete il Vangelo e ditemi se non è proprio questa la Buona Novella! Coloro che si dannano, sono quelli che vogliono presentarsi a Dio con la loro giustizia e rifiutano la grazia di Cristo. Costoro non vanno all'Inferno perché hanno peccato, ma perché, avendo peccato, non hanno accolto Gesù come loro Salvatore.

Anche noi abbiamo peccato ed anche noi meritiamo l'inferno! Ma noi crediamo in Gesù, Lo accogliamo come nostro Salvatore, ci affidiamo al suo Spirito affinché ci liberi dal male e ci renda capaci di fare il bene mediante la nuova vita che ci ha portato! Perciò se da una parte dobbiamo temere Iddio e la sua ira e perciò evitare tutto ciò che lo offende, dall'altra dobbiamo guardare al suo giudizio ed alla sua giustizia con fiducia perché noi siamo perdonati e giustificati dalla nostra fede in Gesù.



IL SACRAMENTO CHE CI RICONCILIA

E qui, riscopriamo la bellezza dei sacramenti e, soprattutto, del sacramento della Riconciliazione. Vi ho detto, in altra occasione, che esso è celebrazione della divina misericordia. Ora aggiungo che è celebrazione anticipata del Giudizio finale. Infatti quando tu vai a confessarti ti sottoponi al giudizio di Dio per mezzo della Chiesa. Prendi i tuoi peccati, uno ad uno, e li metti lì davanti al sacerdote perché, in nome e con l'autorità ricevuta dal Signore, esprima il giudizio di Dio su di essi. Ma quale sarà il giudizio di Dio su questi peccati? Sarà un giudizio di condanna o un giudizio di assoluzione? Dipende da te, dalla tua fede! Se tu riconosci umilmente e sinceramente i tuoi peccati e credi nel perdono di Dio per i meriti infiniti di Cristo, il giudizio della Chiesa sarà un giudizio di assoluzione, un giudizio che porta fino a te il fatto della Croce ed il Sangue redentore, un giudizio che anticipa fin da ora l'assoluzione di Cristo quando dirà: "Venite, benedetti del Padre mio: prendete possesso del Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34).

Il sacerdote che ti assolve non fa che rendere attuale e tangibile questo giudizio di assoluzione. E' Gesù stesso che ti dichiara perdonato ed assolto perché ti ha lavato con il suo sangue e perciò ti ha già accolto come suo discepolo fedele nel Regno dei Cieli. Il tuo nome è scritto nel Libro della Vita senza alcun debito; tutto infatti è stato pagato dal Sangue Prezioso di Gesù!

Ogni volta che andiamo a confessarci rinnoviamo, nella ce­lebrazione sacramentale, il mistero della Croce e del Sangue che ci redime ed anticipiamo su di noi il giudizio assolutorio di Dio. In quel giorno tale giudizio sarà ufficialmente proclamato davanti a tutto il mondo, come oggi è proclamato nel segreto del confessionale o nella liturgia penitenziale comunitaria. Pensate, quanto siamo sciocchi noi peccatori che non ci accostiamo frequentemente al sacramento della riconciliazione e magari siamo pieni di timore e paura per il futuro giudizio di Dio! Abbiamo qui il mezzo per rinnovare anche ogni giorno, se lo vogliamo, la riconciliazione con Dio e l'anticipazione del suo giudizio finale di assoluzione e trascuriamo stupidamente un mezzo così efficace di pace e di serenità!

Ce ne parla anche S. Paolo nella 1 a Lettera ai Corinzi, proprio là dove tratta dell'Eucarestia e dove raccomanda la purità di coscienza per non mangiare indegnamente il Corpo del Signore: "Se ci giudichiamo attentamente ora - egli dice - non cadremo sotto la condanna di Dio" (cfr 1Cor 11,31). In che modo ci possiamo giudicare ora? Riconoscendo i nostri peccati e confessandoli con fede perché siamo assolti dal Signore mediante il ministero della Chiesa: "Coloro ai quali rimetterete i peccati, li avranno rimessi!" (Gv 20,23).

Nella Lettera ai Romani S. Paolo scrive: "Ora, non c'è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù" (Rm 8,1). Perché? Perché Gesù ha inchiodato alla Croce la sentenza di condanna che era stata emessa contro di noi a causa dei nostri peccati e l'ha tolta di mezzo pagando ogni nostro debito con il suo Sangue. Quello che importa è che noi siamo in Cristo Gesù cioè uniti a Lui mediante la fede vera, quella fede cioè che è animata dall'amore! Se siamo in Cristo non dobbiamo più temere il giudizio perché, scrive S. Paolo, "chi potrà mai accusare quelli che Dio riconosce come suoi eletti? Nessuno, perché è Dio stesso che li dichiara non colpevoli. Chi allora potrà condannarli? Nessuno, perché il giudice, Gesù Cristo, proprio Lui, è morto per loro. Anzi, è risuscitato per loro ed ora si trova accanto a Dio, dove sostiene la loro causa!" (cfr Rm 8,31-39). Dio non può accusare quelli che Lui stesso ha reso innocenti, in quanto sono una cosa sola nel suo Figlio innocente! Gesù, il giudice del giudizio finale, non può condannare quelli che Lui stesso ha salvato con la sua croce e per i quali continua ad intercedere! Ha dunque ragione S. Paolo nel dire che "ora non c'è più alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù!" Com'è possibile, allora, aver paura del Giudizio?

S. Giovanni insegna: "Noi sappiamo e crediamo che Dio ci ama. Dio è amore e chi vive nell'amore è unito a Dio e Dio è presente in lui. Così è per Gesù e così e per noi in questo mondo. Se l'amore di Dio è perfetto in noi, ci sentiamo sicuri per il giorno del giudizio. Perché chi vive nell'amore di Dio non ha paura. Anzi, l'amore di Dio, quando è veramente perfetto in noi, caccia via la paura. Chi ha paura si aspetta un castigo, e non vive nell'amore di Dio in maniera perfetta" (cfr 1 Gv 4,16-18).

Nel leggere questo passo della Bibbia c'è il pericolo di fraintenderlo nel senso che si pensa all'amore che noi dobbiamo avere per Iddio. Se fosse così chi mai potrebbe dire: in me l'amore di Dio è perfetto? Ma San Giovanni non parla qui del nostro amore per Iddio, ma dell'amore di Dio per noi. Egli dice infatti: "Noi sappiamo e crediamo che Dio ci ama" e poi prosegue dicendo che questo amore, quando è perfetto in noi, caccia via la paura del giudizio. E quand'è che questo amore di Dio è perfetto in noi? Quando viene accolto per fede! Vi faccio un esempio: il sole brilla all'orizzonte ed illumina tutto il panorama. Quand'è che questo panorama e questa luce diventano perfetti, ossia pienamente reali, in me? Quando io apro gli occhi e guardo. Allora la luce porta dentro di me il meraviglioso paesaggio che mi sta dinanzi! Quand'è che l'amore che Dio mi porta diviene reale in me? Quando io credo a questo amore e ci credo pienamente! Ora se tu credi davvero che Dio ti ama, come puoi aver paura per il giorno del giudizio?



UN SOGNO

Permettetemi di raccontarvi un sogno che io ho fatto molti anni fa. Dategli il peso che merita un sogno, ma vedrete l'insegnamento in esso contenuto, molto vero e molto valido. Era morto da poco un ragazzo ed io ero preoccupato per la sua salvezza perché era morto tragicamente senza aver avuto la possibilità di ricevere i sacramenti della Chiesa. Pregai molto per lui. Poi il tempo me lo fece dimenticare. Altri problemi mi assillavano: tra questi quello del giudizio di Dio. Una notte vidi in sogno quel ragazzo: era tutto bello e felice. Meravigliato gli chiesi: ma tu non sei morto? Perché sei qui? Mi rispose: sono qui per te! Voglio dirti che sono con il Signore.

- Davvero? Ma, dimmi, come è stato il giudizio di Dio? E' vero che si tratta di un giudizio molto severo?

- Non severo, ma esigente. Molto esigente... - Qui il ragazzo tacque quasi cercando le parole giuste. Poi, sorrise e mi disse: "esigente, ma paterno!". E disparve!

Esigente, ma paterno! Non saprei come meglio parlare del giudizio di Dio!

Esigente, perché Dio non potrà mai accettare neppure il più piccolo peccato.

Paterno, perché Dio ci ama quali figli diletti e ci vede in Cristo, quindi purificati dal suo sangue e santificati dal suo Spirito.

Nessuna paura, dunque, ma impegno. Quello si! Impegno ad evitare ogni peccato, per piccolo che sia, affinché Dio veda che viviamo da veri figli suoi, come Gesù! Ma se pecchiamo, non scoraggiamoci: ricordiamoci che "Gesù è propizíazione

per i nostri peccati" per ogni peccato e che in Cielo intercede sempre per noi! Ricorriamo subito al suo giudizio di misericordia e così eviteremo alla fine della vita ed alla fine della storia il giudizio di condanna.

La Madonna ci aiuti con la sua materna intercessione.



CONTEMPLAZIONE

Immagina di essere davanti al Giudice Divino nel "grande giorno di Dio" mentre emana le sue sentenze. Poi rivolgiti a Maria e chiedi la sua materna intercessione.

Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.

E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.

Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.

Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti ab­biamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?

Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?

E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?

Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.

Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.

Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;

ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti ab­biamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?

Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.

E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna.



- Capitolo 19 -

"... VERBA' NELLA GLORIA PER GIUDICARE I VIVI E I MORTI" (bis)

SAREMO GIUDICATI SULL'AMORE


Nel capitolo precedente abbiamo meditato sull'articolo del Credo che dice: "Di nuovo Egli verrà nella gloria per giudicare i vivi ed i morti.

Abbiamo visto come, con queste parole, noi esprimiamo la nostra fede nel ritorno del Signore Gesù quale giudice di tutti gli uomini. Quel giorno è conosciuto nella Bibbia con il nome di giorno del Signore perché allora sarà lui a dominare gli eventi. La prima volta egli non è venuto nella gloria, ma nell'umiltà, nella povertà, nella sofferenza. E' venuto per compiere l'opera della salvezza, mettendosi al nostro posto e pagando con il suo sangue ogni nostro peccato. In quel giorno, invece, tornerà nella gloria cioè con tutta la maestà e la potenza che gli è propria come Figlio Unigenito di Dio e verrà per fare il giudizio, cioè per discernere, per separare ciò che è suo, da ciò che è di Satana. Gesù ha raffigurato più volte quello che farà in quel giorno servendosi di parabole. In una ha parlato di pescatori che, seduti sulla riva, separano i pesci mangerecci dagli altri. In un'altra ha parlato di mietitori che separano il buon grano dalla gramigna.

Ma c'è una parabola soprattutto nella quale il Signore raffigura quel giorno come una grande opera di separazione: la parabola del Re Pastore che mette alla sua sinistra i caproni ed alla sua destra le pecorelle (Mt 25,31-46).

Questa parabola è densa di insegnamenti e rivelazioni... Facciamo soltanto alcune considerazioni:

1) innanzitutto è facile comprendere chi è questo Re Pastore: è Gesù! Ed è facile pure comprendere che parla del suo grande giorno: l'ultimo di questa storia ed il primo di una storia nuova;

2) anche chi rappresentano i capri e le pecorelle non è difficile capirlo: i capri rappresentano tutti quelli che non sono di Cristo, le pecorelle invece sono quelli che appartengono a Lui e che in altra parte del Vangelo egli chiama le mie pecorelle... i miei agnelli, il mio gregge;

3) c'è un segno che distingue capri dalle pecore, coloro che appartengono a Gesù da coloro che non sono suoi: è l'amore. Quelli che non sono animati dall'amore, non sono di Dio perché "chi non ama non conosce Dio e non è nato da Lui" (1Gv 4,9).



L'AMORE VERO

Ora è importante capire di quale amore si parli, perché sotto l'etichetta della parola amore noi siamo abituati a contrabbandare molte altre cose, ben diverse dal vero amore. Ebbene qui è chiaro che Gesù parla dell'amore che viene da Dio, cioè della carità, ossia di quell'amore che nasce dal Cuore di Dio, si comunica al nostro cuore mediante la Grazia che ci eleva ad essere partecipi della divina natura in Cristo, e, attraverso noi, si dona ai fratelli nei quali vediamo e riconosciamo Gesù stesso. E' l'amore che parte dall'Amore e si espande nel mondo mediante i canali dei nostri cuori per poi ritornare all'Amore. Un po' come avviene per la pioggia. Nasce dall'oceano, si trasforma in nubi per irrorare la terra, poi ritorna all'oceano mediante i fiumi. Si tratta dunque del dono gratuito di sè, ad imitazione di Dio e ad imitazione di Gesù. Anzi si tratta dell'amore stesso di Dio, anche se non sempre illuminato in maniera esplicita dalla fede. Sembra quasi che Gesù, in questa parabola, parli soltanto di questa situazione, cioè della situazione di chi ama e dona a Dio senza saperlo. Infatti tutti gli interpellati si meravigliano di aver dato o rifiutato al Signore qualche cosa: "Quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato (o non ti abbiamo dato) da mangiare?".

Gesù ci vuol rivelare qui una verità assai importante: ciò che ci rende figli di Dio è la presenza del suo amore in noi, non la conoscenza di esso. Se uno è figlio di un re, lo è perché generato da lui, perché nelle sue vene scorre il sangue reale, che egli lo sappia o meno. Non è il fatto del saperlo che lo rende figlio, ma il sangue che scorre in Lui!

Così non è il fatto di sapere che Gesù è presente nel fratello, che ci manifesta figli di Dio. Anche Satana lo sa, eppure non è figlio di Dio! Quello che conta è che tu ami con l'amore stesso di Dio e che ami Dio concretamente nei tuoi fratelli: questo ti salva! Ora c'è della gente a questo mondo che sa per fede che Gesù vive nelle sue membra, cioè nei fratelli e c'è della gente che questa realtà non la conosce perché nessuno gliel'ha insegnata. Ma l'importante non è tanto il sapere questo, quanto piuttosto il fatto di amare concretamente Gesù nei fratelli. Certo, colui che conosce questa misteriosa presenza di Gesù nei fratelli è facilitato nell'amore. Una tale conoscenza è un dono! Ma è pure una grossa responsabilità perché non ha alcuna scusa se non ama i fratelli. Gesù non accetta per valida neppure la scusa di coloro che dicono: io non lo sapevo! Quanto meno accetterà scuse da coloro che lo sapevano o lo dovevano sapere, quali siamo noi cristiani! Gesù bada ai fatti, non alle parole. Davanti a lui ciò che conta non è che tu sappia o meno che Lui stesso vive nei fratelli, ma il fatto che tu lo abbia o non Lo abbia amato in essi.

Da questo punto di vista credenti e non credenti sono messi sullo stesso piano: sul piano dell'amore! Hai la fede ed hai amato? Allora appartieni a Dio. Hai la fede e non hai amato? Allora la tua fede è sterile e tu non sei di Dio. Non hai avuto il dono della fede, ma hai amato? Tu non lo sapevi, ma di fatto appartieni a Dio, perché Dio è amore. Invece non hai la fede e non hai amato?'Allora tu non sei in Dio, perché chi non ama non vive in Lui!

In fondo il giudizio di Dio è tutto qui: nel discernere quelli che vivono nel suo amore e del suo amore da quelli in cui domina invece l'egoismo.

Qualcuno si potrebbe domandare: ma perché proprio l'amore-carità è la discriminante tra i buoni ed i cattivi, tra i vivi ed i morti come dice l'articolo del Credo?

Voglio tentare di rispondere a questa domanda perché mi pare che colga il cuore della vita cristiana.

Noi sappiamo che Dio ci ha creati non perché restassimo per sempre su questa Terra, ma per il Regno dei Cieli.

Ora in che cosa consiste il Regno dei Cieli? Quale sarà la vita che si vive in esso?

Nel libro dell'Apocalisse la Bibbia ci parla della vita eterna come di una luna di miele tra il Signore Gesù e la sua Sposa, la Chiesa, raffigurata nella Celeste Gerusalemme: una luna di miele che non avrà mai fine. Siamo infatti chiamati ad una felicità senza fine e questa è possibile soltanto in un amore senza fine, non inquinato da egoismo. Ora, come la vita coniugale deve essere preparata dal fidanzamento durante il quale l'uomo e la donna imparano a conoscersi, a rispettarsi e ad amarsi rinunciando progressivamente al proprio egoismo, ciò avviene anche tra noi e Dio. Qui sulla terra noi viviamo il nostro fidanzamento con Dio ed impa­nàmo a conoscerlo e ad amarlo. Per questo Egli si è fatto ih tutto simile a noi nell'umanità di Gesù. Inoltre Egli ci ha offerto nella Vergine Maria il modello della Sposa Celeste ed ha anticipato in Lei la gloria e la gioia del matrimonio che ci attende in Paradiso. Queste parole non sono elucubrazioni mistiche di un esaltato, ma dottrina biblica, ispirata da Dio. Infatti S. Paolo paragona la comunità cristiana di Corinto ad una giovane fidanzata: "Vi ho presentati a Cristo come fidanzata" (cfr 2Cor 11,2), egli scrive. E Giovanni Battista, il profeta del Nuovo Testamento, parlando di Gesù lo paragona al Fidanzato che viene per conoscere e sposare la sua ragazza: "Io - dice - sono soltanto l'amico dello sposo e sono felice che egli sia venuto e che la folla lo segua. E' giusto, infatti, che la sposa segua lo sposo, mentre all'amico dello sposo basterà condividerne la gioia" (cfr Gv 3,29). Diceva così perché i suoi seguaci erano invidiosi del successo di Gesù in mezzo alla gente. Ecco allora il segreto della vita cristiana: imparare ad amare per essere capaci, un giorno, di vivere in perfetta comunione con Dio.

Per aiutarci in questo cammino Gesù ci ha rivelato l'amore di Dio per noi, la sua bontà, la sua misericordia. Inoltre ci ha reso palpabile questo amore con il suo amore, fino a dare la vita per noi. "Così - ci ha detto - dovete amarvi tra di voi: proprio così, come io ho amato voi!" (cfr Gv 15,12). E' questa la lezione fondamentale che dobbiamo imparare da Gesù e non solo teoricamente, ma concretamente. Sarà proprio su questa lezione che dovremo dare l'esame in quel giorno!

Voi capite bene che una fidanzata per quanto bella e piena di ottime qualità non vale niente se non ama il suo fidanzato. Al contrario se c'è in essa un grande amore, il fidanzato passerà sopra alle sue pecche. Quello che è fondamentale nel matrimonio è l'amore: allora ogni problema può essere risolto. Ma se manca l'amore, tutto il resto non vale niente. Così Dio ci esamina solo sull'amore perché a tutto il resto sa provvedere Lui con la sua infinita potenza e sapienza.



IL FUOCO PURIFICATORE

Che cosa sarà il Purgatorio se non l'opera dell'amore purificante? Il Purgatorio non è un luogo di tormento vendicativo, ma uno stato d'amore in cui l'amore prende pieno possesso del nostro essere purificandolo da ogni egoismo e trasformandolo finché non sarà degno di entrare alle nozze eterne. Io penso che il fuoco del Purgatorio sia il fuoco dell'amore che brucia ogni residuo di egoismo fino a quando tutto in noi sarà dominato dall'amore. Solo allora potremo godere la gioia eterna della comunione con Dio. Questo fuoco d'amore comincia la sua opera quaggiù me­diante la carità che lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori. Ci sono in noi come due fuochi: quello che nasce dalla no­stra natura corrotta e produce l'egoismo con tutti i suoi frutti di peccato e quello che nasce dallo Spirito Santo e porta i suoi frutti di salvezza e di santità. La nostra vita è una continua lotta tra l'egoismo e la carità. In questa lotta noi commettiamo di solito un gravissimo errore ed è quello di far appello al nostro cuore per vincere l'egoismo. Ora il nostro cuore è proprio la sede dell'egoismo: è il suo trono. Ecco perché, nonostante i nostri buoni propositi, per quanto sinceri e santi, noi non riusciamo a vincere l'egoismo. Purtroppo succede che anche molti direttori spirituali cadano in questo errore consigliando di ricorrere solo o prevalentemente alla nostra buona volontà, al nostro impegno. Una volontà ed un impegno molto deboli ed essi stessi inquinati di egoismo. Che direste se in una battaglia si chiedesse aiuto agli alleati del nemico? Non sarebbe una cosa sciocca e pericolosa?

Se vogliamo vincere l'egoismo che è in noi non rimane che una cosa da fare: fare spazio allo Spirito Santo che è in noi! E' Lui che diffonde nei nostri cuori l'amore che viene da Dio, l'unico capace di vincere e distruggere l'egoismo. Santo diventa non colui che ci mette più buona volontà soltanto, ma colui che prima di tutto fa più spazio allo Spirito del Signore.

Ecco allora la strategia spirituale da seguire, se vogliamo arrivare al Giudizio con il cuore colmo di carità ed essere accolti tra le pecorelle di Gesù: lasciarci dominare dallo Spirito Santo facendo continuo appello alla carità divina, soprattutto nel nostro rapporto con i fratelli.

Alla luce della Parola di Dio lo Spirito ci fa scoprire Gesù nei fratelli. Non basta saperlo: bisogna esserne convinti concretamente. Ora questa convinzione è dono dello Spirito Santo. Tutti i cristiani hanno sentito dire che nei fratelli vive il Signore, ma solo pochi ne sono convinti. Per questo solo pochi sanno amare come ci ha amato Gesù. Ma se tu fai posto all'azione dello Spirito Santo, allora Egli formerà in te la convinzione della fede che ti farà vedere Gesù in ogni fratello, specialmente nel più povero e nel più piccolo. Di fronte a questa divina realtà la carità sgorgherà dal tuo cuore perché lo Spirito Santo è l'Amore di Dio che tende a Gesù. Come un vento impetuoso Egli ti trasporterà verso Gesù vivente nel fratello per amarlo con l'amore stesso di Dio! Molta gente, umile e semplice, vive questa carità magari senza rendersene conto del tutto. II fatto è che si lascia docilmente guidare e condurre, anzi portare, dalla potenza dello Spirito Santo. Invece c'è gente che conosce bene le Scritture e la Dottrina Cristiana, ma è superba ed è incapace di amare in questo modo. Lo Spirito non può agire in essi perché la loro autosufficienza Lo imprigiona e Lo blocca. Ritornando al tema del giudizio com'è presentato da Gesù nella parabola del Re-Pastore, ricordiamoci che saremo esaminati sull'amore perché solo chi ama può oltrepassare la frontiera del Regno dell'Amore Infinito ed Eterno.

Per questo, fin d'ora, impariamo ad amare Gesù nei fratelli. E' lì infatti che lo troviamo se ci lasciamo guidare e condurre dallo Spirito. Dice S. Paolo: "Chi ha lo Spirito di Cristo, appartiene a Cristo!" (Rm 8,9). Se lasciamo che lo Spirito Santo operi in noi e diffonda in noi la carità di Dio, allora siamo di Cristo, apparteniamo a Lui e non abbiamo nulla da temere nel giorno del Giudizio.



IL CUORE DI MARIA

Guardiamo a Maria: lo Spirito che agiva sovranamente nel suo cuore l'ha condotta da Elisabetta e là si è servito di lei per compiere il primo atto di salvezza e di santificazione operato da Gesù su questa terra. Nel cuore di Maria agiva l'Amore di Dio perché era un cuore dominato dallo Spirito Santo. In questo cuore Egli non ha mai trovato resistenza, ma al contrario un perfetto abbandono e una perfetta obbedienza ai suoi impulsi di grazia.

Per questo la Chiesa ci propone il Cuore Immacolato di Maria come il modello più sublime dell'amore di carità verso Dio e verso i fratelli, fino a riassumere in esso tutta la persona e tutta la vita della Madre di Dio. Infatti quando noi parliamo del Cuore Immacolato di Maria prendiamo l'immagine del cuore come segno del suo amore e della sua stessa persona avvolta nella carità di Dio e riverberante questa carità su tutti gli uomini tradotta, per così dire, in termini materni. In Maria, per la sua intima e unica partecipazione alla vita della Ss.ma Trinità, si riversano come tre raggi di luce infuocata simboleggianti l'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come vide S. Matilde in una delle sue grandi visioni mistiche.

Ci aiuti, dunque, la Vergine Santa ad abbandonarci a questo divino Spirito affinché la carità di Dio si serva dei nostri cuori a favore dei fratelli, specialmente di quelli più piccoli e più bisognosi.



CONTEMPLAZIONE

Mettiti davanti al S. Cuore di Gesù, come davanti ad una fornace di fuoco, così come Lo ha visto S. Margherita Maria Alacoque. Da questa fornace attingi, in silenziosa preghiera, il fuoco dell'Amore.

Immagina pure l'apparizione della Madonna a Fatima, quando mostrò ai pastorelli, avvolgendoli nella luce di Dio, il suo Cuore Immacolato. In silenzio contempla e immergiti nel suo amore materno.

Prima Lettera ai Corinzi 13

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,

non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,

non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.

La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.

Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.

Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.

Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.

Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!

Prima Lettera di Giovanni cap. 4,7 ss.

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.

In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.

In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.

Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi.

Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito.

E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.

Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio.

Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.

Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo.

Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore.

Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo.

Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.

Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.





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05/09/2009 16:14


- Capitolo 20 -

"CREDO NELLO SPIRITO SANTO"

LO SPIRITO SANTO


Noi proclamiamo: "Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato ed ha parlato per mezzo dei profeti". Poco prima, parlando di Gesù, si dice: "Si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

Sono poche parole, ma densissime di significati. Voglio meditarle una ad una per meglio comprendere, per quanto ci è consentito dai nostri limiti umani, le meravigliose realtà divine in esse rivelate e proposte alla nostra fede.

1 - La prima affermazione è la seguente: "Io credo nello Spi­rito Santo".

Richiamo il significato di quel " io credo in" che indica l'adesione di tutta la nostra persona non ad una verità astratta, ma a Qualcuno di concreto.

Questo Qualcuno è lo Spirito Santo: credo nello Spirito Santo!



CHI E' LO SPIRITO SANTO?

A questo punto sorge spontanea la domanda: ma Chi è lo Spirito Santo?

Noi adulti, che abbiamo studiato a memoria le risposte del vecchio catechismo, diciamo subito: lo Spirito Santo è la Terza Persona della Ss.ma Trinità!

Esatto! Ma comprendiamo il senso di queste parole?

Cosa significa che lo Spirito Santo è una Persona e precisamente la Terza Persona della Ss.ma Trinità? Che incidenza ha questa realtà nella nostra vita e nella nostra storia?

Procediamo con ordine. Intanto prendiamo atto che alcune sette pseudo cristiane (tipo i Testimoni di Geova) rifiutano la Persona dello Spirito Santo come del resto rifiutano tutto il mistero della Ss.ma Trinità. Per loro Dio (lo chiamano Geova sbagliando la traduzione del nome divino dall'ebraico) è una Persona sola. Gesù sarebbe soltanto un essere superiore a noi, ma creato da Dio. Quindi non suo Figlio nel senso proprio della parola, né tantomeno Dio lui stesso. Quanto allo Spirito Santo poi essi negano che sia una persona: lo presentano e lo ritengono soltanto una forza di luce e di amore che proviene da Dio: una "cosa", dunque, non una persona. Accanto ai Testimoni di Geova possiamo mettere, con sfumature diverse, i Mormoni e sette simili.

Tutti costoro non sono "cristiani" perché i cristiani sono i discepoli di Gesù, quelli cioè che accettano integralmente la rivelazione di Cristo, soprattutto quella riguardante la Ss.ma Trinità e la sua divinità. Così le vere chiese cristiane, fin dai primissimi secoli, hanno sintetizzato la dottrina cristiana nel Credo che noi recitiamo durante la Messa.

Esso viene recitato ed accolto dai Cattolici, dai Protestanti e dagli Ortodossi. In quanto Simbolo della Fede ci ritroviamo uniti, anche se ci dividiamo poi su altre cose.

Ma perché i Testimoni di Geova ed altri rifiutano di acco­gliere l'insegnamento cristiano sulla Persona dello Spirito Santo? Semplicemente perché leggono con un criterio sba­gliato la Sacra Bibbia e rifiutano la luce della Tradizione Apostolica.

Come sapete bene, la Bibbia è composta da molti libri, parecchi dei quali sono stati scritti nell'Antico Testamento, ossia prima di Gesù; altri, invece, nel Nuovo Testamento, ossia dagli apostoli di Gesù e dagli evangelisti. Dio infatti ha rivelato se stesso e la propria opera di salvezza gradualmente, lungo il corso di molti secoli, ispirando alcuni uomini a raccogliere, nello scritto, tutto e solo quello che Dio voleva dire alla nostra umanità. Ciò significa che la luce della divina rivelazione ha fatto un certo cammino col passare del tempo. Dio non ha rivelato tutto e subito, ma un po' alla volta, gra­dualmente, man mano che la storia procedeva nel suo corso ed il popolo eletto maturava nella comprensione della Divina Parola. La pienezza della luce venne solo con Gesù. Solo Lui poté dire: "Io sono la luce del mondo" (Gv 8,12), come anche "Io sono la via, la verità, la vita" (Gv 14,6)! Gesù è, nella sua Persona e nella sua opera, la rivelazione piena del Padre: "Chi ha visto Me, ha visto il Padre!" (Gv 14,9).

Di conseguenza se io voglio conoscere tutta la verità che Dio ci ha rivelato, guardo a Gesù, come ci insegna la Lettera agli Ebrei che dice: "Tenete fisso lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore della Fede!" (Ebr 12,2).

Se invece voglio seguire il cammino storico che la rivelazione ha percorso, allora comincio dall'Antico Testamento e, su su, arrivo fino alla luce del Nuovo.

Nella Bibbia tutto è ispirato da Dio, perché tutto viene da Lui: ma non tutto ha l'identica intensità di luce. La fiamma della candela è luce perché è fuoco. Anche il sole è luce, perché è fuoco! Ma quale differenza tra la candela ed il sole! La candela mi può servire per illuminare le tenebre della notte, ma quando brilla il sole è meglio spegnerla: non serve, o serve a poco. Anzi, al sole la fiamma della candela fa ombra per terra! Bene, i Testimoni di Geova commettono l'errore di leggere l'Antico Testamento senza prima tener conto della luce piena che c'è nel Vangelo. Questo lo fanno su tutte le verità della fede: sull'anima, su Gesù, sullo Spirito Santo, ecc. Sarebbe come uno che volesse illuminare il sole con la fiammella della candela!

Noi cristiani invece partiamo dalle parole di Gesù, dal suo Vangelo, perché in esso abbiamo la pienezza della divina ri­velazione. Allora poi comprenderemo meglio gli sprazzi di luce che Dio ha donato nell'Antico Testamento.

Ebbene, a proposito dello Spirito Santo, che cosa ci ha rivelato Gesù?



UNA PERSONA DIVINA

Gesù ci ha rivelato tante cose sullo Spirito Santo, ma la prima di tutte è questa: lo Spirito Santo non è una "cosa" di­vina: è una Persona divina, come sono Persone divine il Padre e il Figlio. Vi cito soltanto alcune parole di Gesù in proposito. Durante l'ultima cena Egli ha detto ai suoi discepoli: "Io pregherò il Padre ed Egli vi manderà un altro Paraclito, lo Spi­rito di verità che procede dal Padre" (Gv 14,16-18).

Per capire bene questo testo è necessario metterlo a confronto con un altro della prima Lettera di Giovanni dove si dice: "Vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, (sappia che) abbiamo un Paraclito presso il Padre, Gesù Cristo, giusto" (la Gv 2,1).

Paraclito significa "avvocato difensore", colui che ci consola difendendoci, prendendo le nostre difese. Per questo viene tradotto anche con la parola "Consolatore". Orbene San Giovanni, nella sua Prima Lettera, ci rivela che i peccatori hanno in Cielo, presso il Padre, un Avvocato Difensore, un Consolatore che parla a loro difesa. Chi è? E' Gesù Cristo, il Giusto, cioè Colui che non ha mai peccato e che ci giustifica con la sua grazia. Dunque Gesù è il primo Paraclito. Ma Gesù è "una cosa" o una persona? Certamente è una Perso­na. Ora lo stesso Gesù parla di "un altro Paraclito" che ci viene donato dal Padre per sua richiesta: "lo pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito". Ciò vuol dire che come abbiamo una Persona (Gesù) che in Cielo prende le nostre difese, così abbiamo un'altra Persona che ci consola e ci difende qui in terra. E' lo Spirito Santo.

San Paolo ci rivela il medesimo mistero quando afferma che Gesù siede alla destra del Padre "in continua preghiera per noi", mentre lo Spirito Santo sta nel nostro cuore da dove fa salire una preghiera ineffabile che solo il Padre comprende. Vedete come appare chiaro dalle parole della Bibbia che lo Spirito Santo è una Persona! Solo di una persona, infatti si può dire che è "un altro avvocato difensore", solo di una persona si può dire che prega per noi!

Un secondo esempio lo abbiamo ancora nel discorso dell'ultima cena, quando Gesù dice: 'Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa e vi guiderà verso la verità totale" (cfr Gv 14,26). Poi dice ancora: "Egli mi renderà testimonianza e anche voi mi renderete testimonianza" (Gv 15,26). Solo una persona può insegnare, può guidare verso la verità totale, può rendere testimonianza. Una "cosa" non può compiere azioni che sono proprie di una persona! Per questo Gesù usa il pronome personale "Egli" non solo in questo passo del vangelo, ma anche in altri.

Infine nel libro degli Atti, gli apostoli, scrivendo ai credenti di Antiochia, dicono: "E' sembrato bene allo Spirito Santo e a noi insegnarvi queste cose" (cfr Atti 15,28).

Notate bene come lo Spirito Santo viene presentato come uno che decide insieme agli apostoli l'insegnamento da dare ai fedeli. Non può essere "una cosa": Egli è una persona! Questa è la grande affermazione che troviamo nel Nuovo Testamento sulla bocca di Gesù e degli Apostoli! Nell'Antico Testamento che cosa si dice? Ecco, nell'Antico Testamento si parla molto di Spirito Santo, ma non si dice mai che Egli è una persona. Si parla della potenza di Dio, non della Terza Persona della Ss.ma Trinità. Tutt'al più ci sono delle espressioni in cui la parola Spirito, di Dio equivale a Dio stesso, ma la rivelazione della Persona dello Spirito Santo si trova con chiarezza ed in maniera esplicita solo nel Nuovo Testamento.

L'errore dei Testimoni di Geova, come delle altre sette affini, sta proprio nel guardare all'Antico Testamento senza aver prima ascoltato la Parola di Gesù e degli apostoli. Se non facessero così non cadrebbero in tutta quella caterva di errori in cui si trovano. Ma tant'è: chi abbandona la Chiesa che San Paolo chiama "colonna e fondamento della verità" (1Tm 3,15) non può che finire così! Ce ne dispiace, anche perché in genere si tratta di fratelli nostri che hanno abbandonato la nostra fede, probabilmente perché non l'hanno mai studiata a fondo e si sono lasciati ingannare dal Maligno!



RELAZIONI CON LO SPIRITO

Ma ritorniamo a noi: lo Spirito Santo, dunque, è una Per­sona Divina!

Questa realtà costituisce per tutti noi una rivelazione che coinvolge tutta la nostra vita. Infatti con le Persone si intrecciano rapporti personali fatti di amicizia, di amore, di fede, di impegno. Se lo Spirito Santo fosse soltanto una cosa, una forza, noi non potremmo avere alcun rapporto con Lui, se non quello che si ha con un oggetto. Ma poiché Egli è una Persona, ecco che possiamo entrare in comunione con Lui, diventare suoi amici, parlare con Lui, pregarlo, amarlo, ascoltarlo.

Ed è qui che manchiamo di fede! Diciamo che è una Persona e lo trattiamo come un estraneo! Purtroppo trattiamo da estraneo proprio Colui che ci è più vicino. Infatti Gesù è sa­lito al Cielo e di là tornerà visibilmente tra noi solo alla fine del mondo. Nel frattempo Egli, vero Dio, vive nei nostri cuori mediante lo Spirito. Infatti il compito dello Spirito è proprio quello di metterci in comunione con Gesù nostro Salvatore e nostro Signore. Per questo Egli ce lo ha dato! Come lo Spirito ha misteriosamente, ma realmente, portato il Verbo di Dio, Gesù Cristo, nel seno di Maria, così, in modo diverso, ma in maniera sempre reale, Lo porta nei nostri cuori perché sia la nostra vita. Gesù ha detto: "Io sono la Vita!". E ha pure detto: "Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza!" (Gv 10,10). Ora perché possiamo avere questa vita è necessario che Egli sia presente in noi. Ebbene questo è il compito dello Spirito Santo. Gesù è salito in Cielo come uomo perché lo Spirito potesse portarlo in noi come Dio e Vita nostra. Provate a pensare: se Gesù fosse rimasto sulla terra visibilmente sarebbe stato confinato in un unico luogo, come avviene per noi. Quanti di noi avrebbero potuto vederlo, toccarlo, ascoltarlo almeno una volta in vita? E come avrebbe potuto Gesù vivere nel cuore di ciascuno dei suoi discepoli ed amici? Ecco allora che Gesù "sale alla destra del Padre", cioè scompare alla vista umana, per essere presente invisibilmente, mediante la fede, in tutti i credenti. "lo sto alla porta e busso. Se uno mi ascolta e mi apre la porta, entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3,20). Come abbiamo visto mediante la fede l'uomo apre la porta della sua vita a Gesù e Gesù entra in Lui portandogli una vita nuova: la sua stessa vita di Figlio di Dio. Ma è lo Spirito che porta Gesù nel cuore, così come lo ha portato nel seno di Maria. Vi ricordo l'esempio del soffio. lo porto nel vostro cuore il mio affetto dicendovi: vi voglio bene! E' il soffio delle mie labbra che fa arrivare queste parole alle vostre orecchie e le porta nel vostro cuore dove voi le accogliete con riconoscenza. Lo Spi­rito Santo è il "Soffio" di Dio. Egli prende Gesù, il Figlio di Dio, dal seno del Padre e Lo porta nel vostro cuore aperto dalla vostra fede. Così Gesù, che è la Vita Eterna, entra in voi e voi avete la vita: "Chi accoglie Gesù, il Figlio, accoglie la Vita Eterna!" scrive San Giovanni (cfr 1Gv 5,12).

Ora questo Soffio Divino è il nostro Amico Consolatore. Egli ci ama e proprio per questo porta dentro di noi Gesù! Come possiamo restare indifferenti a tanto amore?

Come possiamo ignorare un Amico Divino così buono e così importante?

La Madonna ci ottenga dal Signore la grazia di conoscere sempre più il grande dono che ci ha fatto Gesù quando ha effuso in noi il suo Spirito; Lei che è stata riempita di Spirito Santo sin dalla sua immacolata concezione; Lei nel cui seno verginale lo Spirito Santo ha portato il Figlio perché prendesse la nostra carne e diventasse uomo come noi; Lei che divenne subito dopo strumento dello Spirito Santo per santificare il Battista nel seno di Elisabetta e che, ispirata dallo Spirito, innalzò a Dio il meraviglioso Cantico di lode del Magnificat profetizzando l'avvento di un Regno di giustizia e di pace; Lei che, alle nozze di Cana, ottenne da Gesù il vino nuovo simboleggiante il dono dello Spirito ai credenti; Lei che, ai piedi della croce, accolse la prima effusione dello Spirito dalle labbra di Gesù morente e Lo contemplò nel segno misterioso dell'acqua e del sangue sgorganti dal Cuore trafitto del Redentore; Lei infine, che aprì allo Spirito il cuore della Chiesa nel giorno della Pentecoste.

Quali relazioni meravigliose ci furono tra Maria e lo Spirito Santo!

Ci aiuti la Vergine santa ad aprire il nostro cuore allo Spirito che vive in noi!



CONTEMPLAZIONE

Come spunto per la contemplazione che segue questa riflessione sulla Persona dello Spirito Santo prendiamo il racconto dell'Annunciazione. Mettiamoci accanto alla Madonna e ascoltiamo con attenzione amorosa la rivelazione dello Spirito che scende su Maria. E' lo stesso Spirito che nel battesimo è sceso anche su noi. Guardiamo come Lo ha accolto Lei!

Vangelo di Luca cap. 1

Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Si­gnore è con te».

A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.

L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.

Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo: il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».

Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:

nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.



- Capitolo 21 -

"E' SIGNORE E DA' LA VITA"

LA FONTE DELLA VITA


Nel Credo, dopo aver affermato che lo Spirito Santo è una Persona, e precisamente la Terza Persona della Ss.ma Trinità, affermiamo altre due realtà: 1 ° che Egli è Signore; 2° che Egli dà la vita.

1 - Lo Spirito Santo è Signore. Che vuol dire?

Si tratta di una professione di fede nella divinità dello Spi­rito Santo: Egli è una Persona Divina in tutto uguale al Padre ed al Figlio. Tant'è vero che gli viene dato il medesimo titolo divino che nell'Antico Testamento si dava a Jahwè e nel nuovo Testamento a Gesù glorificato.

Di solito noi chiamiamo Signore il Padre e Gesù. Diciamo, per esempio: il Signore ha fatto il cielo e la terra. Oppure: vado a pregare il Signore.

In queste espressioni intendiamo parlare semplicemente di Dio. Ma diciamo pure: Il Signore è morto e risuscitato per noi Ed in questo caso intendiamo parlare del Figlio di Dio, cioè di Gesù.

Chiamando Signore anche lo Spirito Santo intendiamo ri­conoscergli la medesima natura divina che è nel Padre e nel Figlio. Dire che lo Spirito Santo è Signore, significa dire che è Dio! Certo, per noi è difficile parlare della Ss.ma Trinità, tanto più che noi accompagniamo sempre le nostre parole con immagini e non c'è nessuna immagine che possa esprimere questo mistero. Certe immagini che vengono talvolta presentate non solo sono inadeguate, ma addirittura pericolose perché possono falsificare il vero mistero della Trinità.

E' un mistero, cioè una realtà divina incomprensibile e basta! Noi l'accettiamo per fede, perché ce lo ha rivelato Gesù e non perché lo comprendiamo!

Ebbene, proprio per fede noi crediamo che lo Spirito Santo è Dio come il Padre e come il Figlio: un unico Dio, il Dio che ci ha creati, il Dio che ci ama, il Dio che ci aspetta in Cielo. Ma è una Persona distinta sia dal Padre che dal Figlio. Una Persona con la quale, come abbiamo visto nel capitolo precedente, possiamo intrattenere rapporti di amicizia e di amore.

2 - Ma è il secondo titolo che ora c'interessa più da vicino: Egli è vivificante dice il Credo, cioè Colui che dona la vita.

E' Gesù stesso che ce lo rivela al termine del suo grande di­scorso eucaristico nel cap. 6° di S. Giovanni. Egli dice: "E' lo Spirito che dà la vita!".

Di quale vita si parla qui? Non della vita naturale, ma della vita soprannaturale quella che Gesù chiama vita eterna e che noi usiamo chiamare "Grazia di Dio". Certo, lo Spirito Santo è anche il donatore della vita in genere, come lo è il Padre, come lo è il Figlio. Infatti ogni vita viene da Dio Creatore, in modo particolare la vita degli uomini. Nell'uomo, infatti, la vita procede sì da una generazione biologica, ma c'è anche uno spirito immortale (che noi siamo abituati chiamare anima) e questo non può che essere dono di Dio.

Tuttavia la vita di cui si parla qui, nel Credo, è un'altra: quella della grazia. Si tratta di una realtà nuova, superiore ad ogni aspettativa ed esigenza umana che Dio dona ai di­scepoli di Gesù facendoli così diventare suoi figli di adozione. Questa parola "adozione" non deve trarci in inganno. Infatti altra è l'adozione umana, altra l'adozione divina.

L'adozione umana è una finzione giuridica mediante la quale un bambino viene accolto come figlio nella famiglia dell'adottante. Ne riceve il nome, l'eredità, i titoli: non però la vita.

Invece nell'adozione divina noi riceviamo una vita nuova: diventiamo partecipi della vita stessa di Dio! Come inse­gna S. Pietro nella sua Lettera (cfr 2Pt 1,4). E S. Giovanni afferma: "Non solo siamo chiamati figli di Dio: lo siamo nella realtà. Ora però non si vede questa realtà in maniera manifesta. Ma verrà un giorno in cui essa apparirà visibilmente. Allora vedremo Dio faccia faccia, cioè vivremo anche in maniera manifesta la nuova vita che abbiamo ricevuto" (cfr 1Gv 3,1-2).

Questa rivelazione è molto importante: è fondamentale! Non si riesce a capire il cristianesimo se non si coglie la realtà della nostra vita. Infatti Gesù è venuto proprio per darci questa nuova vita: "Sono venuto - Egli dice - perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza!" (Gv 10,10 ). Egli definisce se stesso "pane della vita" ed addirittura la vita" stessa: "Io sono la vita". Gesù usa paragonare questa vita di grazia all'acqua viva e paragona lo Spirito Santo alla sorgente che zampilla questa vita per tutta l'eternità (cfr Gv 7,37-38).

Noi siamo soliti dire che Gesù è venuto a togliere i nostri peccati ed a morire per i nostri peccati. Ed è giusto! Ma non è esatto fermarsi lì. Bisogna aggiungere che Egli è venuto a toglierci i peccati per darci la nuova vita ed è risorto perché noi potessimo avere questa vita mediante la sua risurrezione. Cerchiamo di spiegarci.

Con il peccato l'uomo si separa da Dio, fonte eterna della vita. Questa separazione è raffigurata nella Bibbia dal racconto del peccato originale, quando Adamo ed Eva furono cacciati via dal Paradiso Terrestre affinché non potessero più gustare i frutti dell'albero della vita. Quell'albero è un simbolo: il simbolo della vita eterna che Dio vuole donare all'uomo perché, pur restando uomo, possa partecipare alla felicità stessa di Dio! La vita umana ci viene data, sempre da Dio, per naturale generazione e mediante la creazione dell'anima immortale. Ma questa vita umana è inquinata di peccato ed ha come punto di riferimento prima la morte fisica, poi un'immortalità infelice, lontana da Dio. Questo è il destino dell'uomo dopo il peccato! Ma Dio non ha accettato questo destino: non si è arreso di fronte al peccato dell'uomo! Dio persegue il suo disegno d'amore nonostante il peccato. Dio, infatti, non ci vuole bene perché siamo buoni noi, ma ci vuol bene perché Lui è buono! Il suo amore scatu­risce dalla sua bontà: non è frutto della nostra giustizia!

Di fronte al peccatore l'amore di Dio diviene misericordia, ossia un amore rivolto al misero, attratto dalla miseria, come l'acqua della sorgente corre a riempire le buche e le valli, fino alla grande buca del mare.

Dio, dunque, persevera nel disegno di fare dell'uomo un suo figlio di adozione. Ma per ottenere ciò è necessario ché l'uomo venga rifatto ex-novo, sia ri-creato cioè creato di nuovo, rigenerato cioè generato ex novo non più dalla carne, ma dallo Spirito.

San Paolo insegna che " la carne non possederà mai il regno di Dio" (1Cor 15,50). Con la parola carne Egli intende l'uomo peccatore discendente da Adamo. Occorre far "rf-nascere" l'uomo, ma dallo Spirito. Come? Ecco il meraviglioso disegno di Dio: Egli manda dal Cielo il proprio Figlio Unigenito come sorgente della nuova umanità. Egli sarà per gli uomini il nuovo Adamo, la fonte della nuova vita spirituale, il nuovo Albero della vita.

Chiunque viene innestato in questo albero, riceve una vita nuova, la vita eterna! Ma per essere innestati, bisogna prima essere staccati dal vecchio albero marcio: bisogna morire al peccato!

Come può un uomo morire e rinascere?

Ecco il grande mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo.

Il Figlio di Dio si fa uomo e si carica del peccato dell'uomo. Poi lo porta sulla croce dove muore. Muore non solo per espiare il peccato, ma perché la sua carne deve essere riempita di una vita nuova in modo da diventare sorgente di vita eterna per tutti noi. Con la morte di Gesù la vecchia umanità peccatrice muore, ed è distrutta sia nella carne, che nel peccato. Con la risurrezione di Gesù una vita nuova entra nella carne umana: una vita eterna.

Ecco: Gesù Risorto è l'Albero della Vita Eterna!

Che cosa deve fare un uomo per possedere questa vita? Una cosa sola: credere!

Mediante la fede nel Salvatore e nel Signore Risorto l'uomo mangia, per così dire, il frutto dell'albero della vita "Io sono il Pane deUa vita... Chi mangia di Me non morrà in eterno!" (cfr Gv 6,48-51). La fede porta l'uomo ad unirsi alla morte ed alla risurrezione di Gesù nel Sacramento del Battesimo ed in ogni altro sacramento. Allora la Vita Eterna, che è Gesù stesso, fluisce in lui, lo vivifica ora nell'anima, un giorno anche nel corpo. Questa carne mortale deve passare, con Gesù, attraverso la morte fisica, ma per risorgere alla vita eterna!

Ed è qui che lo Spirito Santo si mostra datore della vita, vi­vificante.

E' il Soffio Santo di Dio, la Terza Persona della Santissima Trinità, che compie in noi il passaggio dal peccato alla vita di grazia, dalla morte alla risurrezione. E' questa la Missione che Egli ha compiuto nella carne di Gesù ed è la Missione che compie nei credenti.

Egli ha riempito con il suo amore e con la sua potenza il seno verginale di Maria e l'ha fatta diventare Madre del Figlio di Dio e Madre di tutti i credenti. Egli ha fatto compiere alla carne (cioè alla natura umana) di Gesù il passaggio dalla morte alla vita. Ora Egli fa compiere questo passaggio ai credenti: prima nella fede e nei sacramenti, poi nella morte fisica e nella risurrezione:

Per questo Gesù ha detto: 'E' bene che io me ne vada, perché se io non me ne vado non verrà a voi il Consolatore" (Gv 16,7). Una volta salito al Cielo alla destra del Padre, Gesù lascia l'umanità allo Spirito Santo che ha il compito di vivificarla. Lo Spirito porta la vita stessa del Figlio di Dio nel cuore e nella carne dei credenti per cui ogni cristiano può dire: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me". Verrà un giorno in cui questa vita nuova ed eterna si renderà visibile: sarà il giorno della risurrezione. Ora essa è già presente in noi, ma noi possiamo rendercene conto solo mediante la fede. Noi sappiamo che in noi c'è una vita nuova ed eterna, non perché la sentiamo, ma perché crediamo alla Parola del Signore.

II fondamento della nostra certezza è la Parola del Signore. Questa Parola ci assicura che Gesù ora siede alla destra del Padre e che, di conseguenza, lo Spirito ci è stato donato come vivificante: Colui che porta la vita. "Quando sarò andato al Padre, vi invierò lo Spirito" ha promesso Gesù (cfr Gv 14,15-17). Dove è ora Gesù? E' alla destra del Padre! Dunque lo Spirito ci è dato, secondo la sua promessa! Non conta il sentirlo o non sentirlo: conta la Parola del Signore! "Carissimi, vi scrivo per dirvi che voi siete figli di Dio e che possedete la vita eterna" dice San Giovanni. Poi afferma: "Sappiamo che chiunque è nato da Dio non appartiene più al mondo del peccato: la vita di Dio lo salva ed il Maligno non può fargli alcun male.

Sappiamo anche che noi veniamo da Dio, mentre il mondo appartiene al Maligno.

Sappiamo infine che il Figlio di Dio è venuto per darci la conoscenza del vero Dio (cioè la fede) e così inserirci (immetterci) in suo Figlio. Questo Figlio è vero Dio ed è la Vita eterna" (cfr 1Gv 5,18-20).

Sappiamo: è la certezza della fede, fondata sulla Parola di Dio!

Credo nello Spirito Santo che dà la vita! Grazie, Signore!

Maria, tempio dello Spirito Santo, prega per me!



CONTEMPLAZIONE

Come spunto per la contemplazione di questo mistero immagina di trovarti con gli apostoli nel cenacolo e ascolta, con le orecchie del cuore, quello che Gesù dice.

Vangelo di Giovanni cap. 14

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e ab­biatefede anche in me.

Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;

quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.

E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?».

Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?

Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.

Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.

In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.

Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.

Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.

Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,

lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete. Perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.

Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.

Ma il Consolatore. lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome. egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia ti­more.

Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.

Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.

Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo, egli non ha nessun potere su di me,

ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato».



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05/09/2009 16:15


- Capitolo 22 -

"... CHE DA' LA VITA"

IL CRISTIANO E' UN ALTRO CRISTO


I1 tema dello Spirito Santo che porta in noi la vita è così vasto e così importante che occorrerebbero molti incontri per esaurirne la portata.

Abbiamo visto come il cristiano abbia ricevuto da Dio, me­diante la fede in Cristo, una vita nuova che lo fa figlio di Dio. E' Gesù stesso che viene a vivere in lui mediante l'azione salvatrice e santificatrice dello Spirito Santo. Per farci capire meglio questa realtà, Gesù usa paragonare se stesso alla vite e noi ai tralci (cfr Gv 15). Appare così evidente l'intima unione dei credenti con Lui e come un'unica linfa vitale scorra da Lui in noi, una linfa che ci rende capaci di produrre frutti di santità. Questa linfa è immagine dello Spirito Santo che ci è stato donato. Egli ha il compito di far maturare la nostra esistenza cristiana rendendola capace di produrre in noi come frutto il carattere di Gesù, ossia la sua immagine spirituale. Così il cristiano maturo è simile a Gesù: un altro Cristo.



IL FRUTTO DELLO SPIRITO

S. Paolo, nella lettera ai Galati, ci svela quale sia il frutto dello Spirito Santo: "Il frutto dello Spirito Santo in noi è: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dolcezza, dominio di sè" (Gal 5,22). E' come se dicesse: `Eo Spirito Santo produce in noi le caratteristiche spirituali di Gesù, che sono: amore, gioia, pace ecc. ".

Accade spesso che parlando di qualcuno diciamo: E' tutto suo padre! Ha lo stesso carattere, la stessa intelligenza, la stessa passione di suo padre! Ebbene lo Spirito Santo tende a produrre in noi le stesse caratteristiche spirituali che sono in Gesù, cosicché guardandoci, ognuno, possa dire: è tutto Gesù! E' simile a Gesù! Soprattutto è il Padre Celeste che dovrebbe dire così guardando ciascuno di noi!

Ma è possibile tutto questo? Certo che è possibile! Ed, è logico, anche! Infatti non è logico che da un melo si producano mele e da un pesco si producano pesche? E' nella natura del melo produrre mele ed è nella natura del pesco . produrre pesche. Ogni albero produce frutti secondo la propria specie. E' naturale che nascano animali da coppie di animali. Nessuno si pone la domanda: è possibile? Perché è logico, è naturale che sia così!

Perché allora ci poniamo la domanda quando si tratta del frutto dello Spirito Santo? Non è stato lo Spirito Santo a produrre Gesù, il Figlio di Dio incarnato nel seno di Maria Vergine? Dove c'è lo Spirito, lì è naturale che ci sia il frutto, cioè il Cristo! Per questo infatti esso ci è stato dato dal Padre! Ma l'esperienza - direte voi - ci mostra il contrario: noi vedia­mo ogni momento dei cristiani che non assomigliano affatto a Gesù, anzi agiscono spesso in pieno contrasto con il suo Vangelo. Noi stessi poi constatiamo di giorno in giorno come ben altri siano i frutti della nostra vita: invidie, gelosie, cattiverie, peccati di ogni genere. Ciò vorrebbe significare che in noi non c'è lo Spirito? No! Lo Spirito c'è e la Parola di Dio ce ne rende sicuri: "Chi ha sete venga a me e chi crede in me beva. Una sorgente d'acqua pura zampillerà in vita eterna dal suo seno!" (cfr Gv 7,37-38). Sono parole di Gesù! "Voi siete il tempio di Dio - scrive S. Paolo - e lo Spirito Santo abita in voi!" (1Cor 3,16).

Perché allora non troviamo in noi il frutto dello Spirito, mentre troviamo i frutti del peccato? La risposta ci viene dalla Bibbia, come sempre, e precisamente dalla Lettera ai Galati. In essa S. Paolo ci insegna come in noi ci siano due forze potenti: la forza dell'Egoismo e la forza dello Spirito Santo. La forza dell'Egoismo ha la sua radice nella carne, ossia nella nostra natura corrotta. Fino a quando non moriremo la forza dell'Egoismo vivrà con noi ed in noi. Quando moriremo, essa pure morirà e noi risorgeremo trasformati, diversi, in tutto simili a Gesù. Allora resterà in noi solo la forza dello Spirito.

Fino a quel momento però noi dobbiamo lottare contro l'egoismo per mortificarlo per dominarlo, per assoggettarlo alla forza dello Spirito. In ogni istante ed in ogni circostanza noi siamo arbitri di una grande lotta tra queste due forze e spetta a noi scegliere l'una o l'altra. Se lo, Spirito non produce il suo frutto di santità è solo perché noi diamo corda all'egoismo e mortifichiamo lo Spirito. Lo Spirito è l'ospite divino dell'anima. Spesso però è più prigioniero che ospite in quanto Gli impediamo di agire, non Lo ascoltiamo, non seguiamo i suoi consigli, non chiediamo il suo aiuto (cfr Gal 5).

A questo punto penso che ognuno di noi abbia fatto un rapido esame di coscienza e riconosca umilmente di tenere im­prigionato lo Spirito, mentre lascia scorrazzare liberamente il proprio egoismo. Che fare? E' semplice: liberate lo Spirito Santo dalla prigione in cui l'avete confinato. Allora Egli agirà in voi e voi produrrete il frutto della santificazione. Ebbene la liberazione dello Spirito può essere fatta in vari modi. Io voglio insegnarvene uno. Nella mia esperienza l'ho trovato molto efficace. Qualcuno chiama questa liberazione dello Spirito battesimo nello Spirito Santo; qualche altro preferisce il termine effusione dello Spirito Santo. Così preferisce dire la Chiesa.

Si tratta di parole diverse per indicare un'unica realtà: non si tratta di ricevere in noi lo Spirito, perché esso ci è stato donato dal Signore quando siamo diventati cristiani. Si tratta di liberare lo Spirito che è in noi, affidandogli la guida della nostra vita ed il potere assoluto sulla nostra persona e ciò avviene mediante un libero atto della nostra volontà illuminata dalla fede. Lo Spirito è pronto a prendere in mano la situazione della nostra esistenza, ma vuole il nostro consenso incondizionato.

Vi racconto una storia che vi illustrerà meglio questo concetto. C'era un piccolo industriale a cui le faccende andavano piuttosto male. Allora pensò di associarsi un amico verso il quale aveva una grande stima. L'amico accettò di entrare in società con lui, ma gli fece un discorso molto serio: "lo ti sono amico e ti voglio bene - gli disse - Ho di te molta stima per quel che riguarda la tua. onestà, ma devo sinceramente dírti che non vali molto come industriale: non hai fiuto, non hai coraggio, non hai capacità amministrative. Io accetto di aiutarti, ma ad una condizione ben chiara: firmami una carta con la quale affidi a me la direzione dell'impresa senza alcuna riserva. Se fai questo, ti prometto che in poco tempo farò rifiorire la tua industria". Quell'uomo rimase perplesso: si trattava di un grande atto di fiducia che gli veniva richiesto: un atto in cui si giocava tutta la sua vita! Non mancarono perciò dubbi, incertezze, paure: ma la fiducia nel suo amico fu così grande che gli fece superare ogni remora e firmò la carta. Da quel momento l'industria, guidata da mani esperte, rifiorì ed egli cominciò ben presto a goderne i frutti.



CAMMINARE NELLO SPIRITO

Cari amici, lo Spirito Santo ci fa, più o meno, lo stesso di­scorsetto: “Vuoi vedere nella tua vita il frutto della santificazione? Allora non c'è che un mezzo. Tirati da parte e lasciami agire. Non mettermi bastoni tra le ruote, non riservarti nulla, ma affidati totalmente a me. Lasciati condurre da me e toccherai ben presto con le tue mani il mio frutto”.

Troppo semplice, direte voi! Sì semplice, perché è semplice il Vangelo, ma non facile! Semplice è una cosa, facile un'altra. Infatti se è semplice capire come la soluzione consista nell'affidare al Signore tutta la nostra vita, non è facile per noi tirarci da parte! Quante persone, anche religiose ed impegnate nella pastorale, si consacrano al Signore e poi si riprendono, tutto od in parte, quanto hanno donato: la volontà, il cuore, la vita! Bisogna invece che facciamo come ha fatto Maria: Essa si è affidata senza riserva a Dio, ma ha vissuto tutta la sua esistenza in questa fede assoluta. Ha detto: "Si faccia di me secondo la Tua Parola" ed è stata coerente fino alla croce, lasciando che Dio operasse in Lei, senza mai tentare di far qualcosa di suo, di autonomo, ma agendo sempre come ancella del Signore! Lo Spirito Santo ha trovato in lei la disponibilità più radicale e ha prodotto in lei la pienezza del suo frutto, Cristo Signore. Inoltre Egli ha fatto di lei l'immagine vivente della sua "sposa", cioè della persona che si dona e si lascia possedere totalmente nell'amore. Se vogliamo essere anche noi ripieni di Spirito Santo e portare frutti di salvezza e di santità, dobbiamo fare come Maria: dobbiamo affidare al Signore tutta la nostra vita, senza riserva alcuna. Non si tratta però di un gesto unico, delimitato nel tempo e nello spazio, ma di un gesto continuo. Infatti noi viviamo in una successione di momenti, non in un momento fisso.

Perciò dobbiamo ripetere spesso, ad ogni nuova situazione, la nostra fede ed il nostro abbandono allo Spirito. E' un cammino di crescita fino al giorno in cui questo possesso di noi da parte del Signore sarà completo e definitivo.

In pratica vi consiglio di fare queste cose.

1 - Confessare i vostri peccati e tutto ciò che blocca in voi l'azione dello Spirito Santo. Finché c'è in voi qualcosa, per piccola che sia, che lo Spirito detesta e che voi invece amate, non potrete esser riempiti di Spirito Santo. Bisogna buttare fuori tutto, mettendolo davanti al Signore, riconoscendolo lealmente come male nello stesso modo in cui lo riconosce Dio: pensieri, affetti, azioni, omissioni, sentimenti cattivi... Non dovete nascondere nulla, non dovete tenere il cuore attaccato a nulla che sia male agli occhi di Dio! Non è ne­cessario che facciate sacramentalmente questa confessione generale se avete la certezza morale di essere già stati assolti dai vostri peccati. Basterà che li confessiate di nuovo davanti a Dio in quanto volete sciogliere ogni legame che ancora vi ricollega ad essi.

Questa confessione a Dio ripetetela spesso, ogni giorno. Oltretutto sarà un'ottima preparazione alla riconciliazione sacramentale che è doveroso fare dopo ogni colpa grave ed è bene fare con una certa regolarità anche se non vi sono peccati mortali.

2 - Accettate Gesù come vostro Salvatore e Signore. In altre parole affidate la vostra salvezza e la vostra vita a Gesù consacrandola al suo servizio. Molti sono cristiani soltanto perché sono stati battezzati, ma non hanno mai affidato la loro vita al Signore affinché ne usi secondo la sua amorevole volontà. Si tratta di un grosso atto di fede perché con questo atto voi mettete nelle sue mani tutta la vostra esistenza, senza alcuna riserva. Anche questo atto va ripetuto spesso, non tanto perché Dio abbia bisogno di sentirselo ripetere, ma perché, come ho detto prima, cambia continuamente la situazione in cui viviamo ed è giusto che ogni nuova situa­zione sia affidata anche esplicitamente al Signore Gesù, alla sua Croce, alla sua Risurrezione, al suo Spirito.

3 - Infine spalancate le porte e le finestre al Soffio Santo di Dio, alla Terza Persona della Ss.ma Trinità affinché prenda possesso della vostra mente, del vostro cuore, dei vostri sensi, della vostra vita intera. Allora la potenza dello, Spirito vi invaderà e comincerà ad operare in voi! Attenti però a non misurare l'azione dello Spirito con il metro delle emozioni o dei sentimenti. C'è un abisso tra le due realtà. Le emozioni ed i sentimenti appartengono al mondo materiale, mentre l'azione dello Spirito appartiene al mondo spirituale e si può cogliere solo per fede! Una volta che abbiate compiuto i tre gesti di cui vi ho parlato, voi dovete camminare nella fede, cioè lasciarvi guidare unicamente dalla Parola di Dio. Uno dei primi frutti dello Spirito sarà proprio quello che Gesù fece ai suoi apostoli la sera di Pasqua: "Aprì le loro menti perché intendessero il senso delle scritture!" (Lc 24,45). Sarà la Parola di Dio, soprattutto le Promesse del Signore, che dovranno guidarvi d'ora in poi. Dovrete fondare la vostra certezza non su quello che voi provate o sentite, ma su quello che Dio afferma e promette.

Vi dice Egli "lo son con voi ogni giorno"? Ebbene voi dovete essere certi che Egli è realmente con voi oggi, ora, in questa circostanza. Come è possibile mettere in dubbio la Parola del Signore?

Lo Spirito vi aiuterà in questo cammino di fede e vi offre anche un punto certo di riferimento e di verifica: il Magistero ed il Ministero della Chiesa! "Conferma nella fede i tuoi fratelli" ha detto Gesù a Pietro (Lc 22,31)! Il nostro cammino nello Spirito Santo sarà sicuro solo se in armonia continua con "coloro che lo Spirito ha posto quali ministri della sua Chiesa" (cfr Atti 20,28).

Ecco, cari amici, quanto volevo dirvi a proposito dello Spirito Santo che è vivificante, cioè datore di vita. Resta ora da vedere un altro aspetto di questa verità e cioè attraverso quali strumenti Egli comunichi a voi la vita di figli. Ne parleremo nel prossimo capitolo.

La Madonna vi ottenga luce e grazia, Lei che in ogni circostanza ha saputo vedere e accogliere la voce dello Spirito con - piena disponibilità e - generosa ubbidienza.



CONTEMPLAZIONE

Ora mettiti davanti a Dio e compi con fede questi tre gesti per essere riempito di Spirito Santo.

1 - Confessa a Dio tutte le tue colpe con umiltà e sincerità. Così come le vede Lui, senza cercare scuse di sorta. Non è necessario che tu le richia­mi una ad una, ma quelle che Dio stesso ti mostra nell'intimo della tua coscienza... Poi prendi tutta la tua vita di peccato e mettila nelle mani di Gesù pregandolo che ti ottenga il perdono del Padre per i meriti del suo sangue versato per te sulla croce. Se lo ritenessi necessario o utile potresti anche fare la tua Confessione sacramentale generale, abbracciando cioè tutta la tua vita.

2 - Riconosci che Gesù è il tuo personale Salvatore e Signore. Chiedigli perciò di venire nel tuo cuore riconoscendolo e accogliendolo esplicitamente quale tuo Salvatore e Signore. E' molto importante affidare questo gesto all'intercessione materna di Maria perché sia Lei a produrre in te questa disponibilità: è la sua missione materna nella Chiesa fino alla fine dei tempi... Perciò mettiti nelle mani di Maria riconoscendola come tua Mamma e accogliendola nella tua vita come ha fatto Giovanni sul Calvario: "E il discepolo la prese con se" (Gv 19,27).

3 - Ora chiedi allo Spirito, in nome di Cristo, di prendere possesso di te senza riserva alcuna. Abbandona tutta la tua vita a Lui perché ti riempia di se e produca in te il suo frutto, che è Gesù, mediante i suoi doni e i suoi carismi. Accogli questo Dono dello Spirito con umiltà e con fede, certo che Egli ora è presente in te con tutta la sua pienezza di grazia se­condo la promessa di Cristo: "In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio Nome, Egli ve la darà" (Gv 16,23). E ancora: "Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del Cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!" (Le 11,13).



- Capitolo 23 -

"LO SPIRITO VIVIFICANTE" (3)

SACRAMENTI E CARISMI


Nel capitolo precedente abbiamo visto come lo Spirito Santo sia datore di vita eterna. Egli infatti porta in noi e fa crescere in noi una vita nuova, la vita del Figlio di Dio. Per questo Gesù paragona lo Spirito Santo ad una sorgente di acqua viva.

Ora ci vogliamo chiedere: in che modo e con quali mezzi lo Spirito di Dio produce e fa crescere in noi la nuova vita? Qui è necessario che facciamo alcune considerazioni molto importanti.

Prima considerazione: Dio è invisibile perché è spirito. Egli non ha un corpo come noi. Di conseguenza per rendersi accessibile a noi Egli deve scendere al nostro livello e usare il nostro stesso linguaggio. Ora noi abbiamo due modi di esprimerci: le parole ed i gesti. Facciamo un esempio: io voglio bene ad un amico. Il mio amore è nel cuore, è un affetto spirituale, invisibile. Come posso far capire il mio amore a questo amico? Come far sì che il mio amore passi nel suo cuore?

1° - Posso servirmi della parola. Gli dico: "Ti voglio bene, sono tuo amico". In queste parole io racchiudo il mio affetto spirituale. Lo rendo, per così dire, sensibile. Egli lo può capire ascoltando le mie parole e può farlo suo accogliendo le mie parole. Allora egli sa che io lo amo e si sente pieno del mio amore. In un certo senso io mi sono donato a lui con le mie parole. Anche Dio fa così! Egli si serve delle parole per rivelarci e donarci il suo amore. Non solo ce lo rivela e ce lo fa sapere: ma se Gli apriamo il cuore con fede, ce lo dona. Con il suo amore entra dentro di noi, ci trasforma e ci dona una vita nuova. La Bibbia dice che noi siamo stati generati ad una vita nuova dalla Parola di Dio accolta con fede.

2° - Oltre che di parole, io posso servirmi di gesti per manifestare e comunicare il mio amore. Così tornando all'esempio dell'amico che amo, io posso comunicargli il mio affetto con le parole, ma posso anche abbracciarlo, baciarlo, fargli un dono. Da questi gesti il mio amico capisce che io lo amo davvero.

Anche Dio fa così! Anch'Egli si serve di questi gesti per ri­velarci e donarci il suo amore e la sua salvezza.

Possiamo dire che il gesto di Dio è uno solo: quello di donarci Gesù. In Gesù Dio ci rivela e ci dona sè stesso, il suo amore, la sua salvezza. "Dio ha tanto amato il mondo - scrive Giovanni nel suo Vangelo - da darci il suo stesso Figlio Unigenito affinché il mondo si salvi per mezzo di Lui" (Gv 3,16). E San Paolo ci insegna che "l'amore di Dio per noi si misura dal fatto che ha mandato Gesù a morire per i peccatori" (cfr Rm 5,8).

Gesù, dunque, è il gesto con cui Dio si rivela a noi e si dona a noi con la pienezza della sua vita e della sua salvezza.

In greco (lingua originale dei Vangeli) questo "gesto" di Dio viene chiamato mistero: Gesù è il mistero di Dio, scrive San Paolo.

In latino la parola mistero viene tradotta con sacramento: Gesù è il sacramento di Dio.

Ecco come Dio si fa sentire, vedere, toccare: con il gesto di donarci Gesù, cioè con quel mistero, con quel sacramento vivo che è Cristo.

Ascoltate ora come San Giovanni ci parla di questo modo di agire da parte di Dio: "IL Figlio di Dio, il Verbo della vita, esisteva fin dal principio. Ebbene noi apostoli lo abbiamo udito e visto con i nostri occhi, lo abbiamo contemplato, e le nostre mani lo hanno toccato. Egli, che è la vita, si è mostrato a noi e noi vi garantiamo di averlo visto e ve lo annunciamo" (cfr Gv 1,1-4).

3° - Eccoci al terzo punto. Dio, fonte della vita, si fa presente in Gesù e così, mediante questo mistero o sacramento, Egli può essere visto, toccato, accolto. Egli che è Spirito, si fa toccare nel corpo di Gesù: Egli che è invisibile, si fa vedere nell'umanità di Gesù. Con la bocca di Gesù ci parla, con il cuore di Gesù ci rivela il suo amore, con gli occhi di Gesù ci guarda, con la carne e il sangue di Gesù ci nutre.

C'è un solo modo dato all'uomo per entrare in contatto con Dio: la fede in Gesù, ossia accogliere Gesù "sacramento" di Dio. Ebbene questo sacramento è stato formato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. E' stato lo Spi­rito a prepararci in Gesù la sorgente della salvezza e della vita eterna! Ora lo stesso Spirito porta Gesù in altri gesti sacramentali nei quali e mediante i quali noi possiamo toccare ed accogliere Dio stesso.

Il primo di essi è la Chiesa, la comunità cristiana. La Chiesa, infatti, è il Tempio vivente in cui dimora Gesù: è il suo Corpo. Perciò là dov'è la Chiesa, ivi è Gesù, ivi è Dio!

Ecco, dunque, un secondo sacramento: la Chiesa.

Il primo, quello che è la fonte di tutti gli altri, è Gesù stesso. 4° - E ora veniamo al quarto punto. Dio che si fa presente e si dona in Gesù, Gesù che si fa presente e si dona nella Chiesa, si fa pure presente e si dona a noi mediante il mi­nistero della Chiesa in alcuni segni o gesti che chiamiamo Sacramenti. Essi, come sapete, sono sette: il battesimo, la cresima, l'eucarestia, la confessione, l'unzione degli infermi, l'ordine sacro ed il matrimonio. Questi sette sacramenti sono stati istituiti da Gesù e ci sono stati rivelati da Lui stesso o dai suoi santi apostoli.

In modo chiaro ed esplicito Gesù ci ha rivelato quattro sacramenti: il battesimo quando ha detto: "Andate e battezzate nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Ci ha poi rivelato il sacramento dell'eucarestia quando, dopo la consacrazione del pane e del vino ha comandato: "Fate questo in mia memoria" (Lc 22,19). Ci ha rivelato il sacramento dell'ordine sacro e della confessione quando, la sera di Pasqua, ha soffiato sopra gli apostoli dicendo: "Ricevete lo Spirito Santo. Coloro ai quali rimetterete i peccati, li avranno rimessi..." (Gv 20,22).

In questo passo, anzi, la struttura del sacramento appare in tutta chiarezza:

a) c'è Gesù che compie un gesto: alita sopra gli apostoli. Con questo gesto Egli vuole significare il dono che viene dal suo Cuore: lo Spirito;

b) c'è la Parola che dà senso al gesto, ne rivela il contenuto soprannaturale. Dice: "Ricevete lo Spirito Santo";

c) c'è il dono significato dal gesto e dalla Parola: è il dono dello Spirito Santo;

d) infine c'è l'effetto soprannaturale procurato negli apostoli dal Dono ricevuto: il potere di rimettere i peccati.

Vedete come il Signore ha racchiuso in questo gesto pasquale una meravigliosa realtà divina che trasforma gli apostoli in ministri di Cristo: "Come il Padre ha mandato Me, così Io mando voi! Ricevete lo Spirito Santo... Coloro ai quali rimetterete i peccati, li avranno rimessi".

Così ha fatto per gli altri sacramenti. Ne abbiamo notizia esplicita o implicita negli stessi Vangeli nonché dalla tradizione apostolica, che è stata accolta e proposta solennemente dalla Chiesa nel Concilio di Trento. Tutti e 7 provengono da Gesù: sono gesti di Gesù mediante i quali ci viene donato lo Spirito Santo vivificante.

Il Dono del sacramento è sempre lo Spirito, il quale poi agisce e compie in noi l'opera della santificazione secondo il fine che è proprio di ciascun sacramento.

Così nel Battesimo lo Spirito ci fa rinascere a vita nuova, unendoci alla morte ed alla Risurrezione del Signore Gesù. Nella Cresima ci conferma quali testimoni e discepoli di Cristo.

Nell'Eucarestia ci dona, mediante il Corpo ed il Sangue di Cristo, il nutrimento soprannaturale che ci fa diventare una cosa sola, una sola comunità, un solo corpo con Lui e ci fa partecipare al sacrificio di Cristo per la gloria del Padre e la salvezza del mondo.

Nella Riconciliazione cancella i nostri peccati per i meriti infiniti di Gesù e ci guarisce dalle nostre piaghe spirituali, soprattutto dall'egoismo, radice di ogni peccato.

Nell'Olio degli infermi ci rende partecipi della sofferenza di Cristo, ci consola e ci dà forza per affrontare la lotta della malattia e della morte trasformandole nella croce di Gesù che è la porta della vita eterna.

Nel matrimonio trasforma l'amore degli sposi nell'amore di Gesù e della Chiesa, come a Cana trasformò l'acqua nel vino miracoloso.

Infine, come abbiamo visto, nell'Ordine Sacro lo Spirito scendendo sugli eletti al ministero li rende capaci di operare nel nome e nella persona del divino Pastore Gesù a favore della sua Chiesa.

Sono gesti sacramentali diversi, che producono effetti diversi, ma nei quali agisce sempre lo stesso unico Spirito vivificante.

Parola di Dio e Sacramenti: ecco i due mezzi principali di cui si serve lo Spirito Santo per unirci e trasformarci sempre più in Cristo. Alla Parola ed ai Sacramenti noi dobbiamo corrispondere con la nostra fede accogliendo con amore il dono di Dio.

Così come ha fatto Maria, quando ha accolto nel suo Cuore prima e nel suo seno poi il Verbo di Dio portato in Lei dallo Spirito Santo.

Seconda considerazione. Ma vi è una seconda considera­zione da fare ed è questa: lo Spirito non agisce soltanto per mezzo della Parola e dei Sacramenti, ma elargisce pure alla sua Chiesa innumerevoli doni di grazia che usiamo chiamare carismi. Le lettere di San Paolo contengono diverse elencazioni e descrizioni di questi carismi. Essi sono doni gratuiti (in quanto non sono dati in base ai meriti della persona, ma in base alle necessità della Chiesa). I carismi sono la risposta dello Spirito Santo alle varie necessità della comunità cristiana. Alcuni di essi sono permanenti, altri transitori. Questi carismi non sono mai cessati nella Chiesa, anche se può essere cessata, in genere, la loro straordinarietà. Voglio dire che il carisma c'è anche quando non appare in maniera miracolosa. Ci sono però anche i carismi straordinari, come vediamo nei santi. Tuttavia ordinariamente noi li troviamo senza questo alone di miracolo e li troviamo spesso nelle persone più umili e più semplici. Possiamo dire che in ogni comunità cristiana, in ogni parrocchia, lo Spirito diffonde con abbondanza i suoi carismi secondo le necessità di quella comunità e secondo il disegno che Dio vuole attuare in essa e per mezzo di essa. E' compito del Pastore, coadiuvato dal consiglio pastorale, individuare i carismi dello Spirito per arricchirne la comunità tutta e per conoscere il disegno di Dio su di essa. E' qui, soprattutto, che deve intervenire il consiglio pastorale, più che nel fare sterili discussioni sull'orario delle messe e sul numero delle candele da accendere. Un vero consiglio pastorale coadiuva il Pastore nel discernere l'opera dello Spirito nella comunità e l'o­rientamento che Egli, mediante i carismi, indica alla me­desima.

In tal modo noi scopriamo nella nostra comunità il carisma della profezia: ci sono cioè persone sagge che parlano in nome di Dio, ci fanno conoscere la volontà di Dio, i suoi desideri. Basta metterci in ascolto. Lo Spirito parla alle chiese magari servendosi della vecchietta o del bambino. Egli fa le sue scelte, che sono ben diverse dalle nostre. Così, se stiamo attenti, scopriremo il carisma dell'inse­gnamento che è tipico dei catechisti. Non tutti sono chiamati a questo ministero perché non tutti hanno il carisma per esercitarlo con efficacia. Scopriremo in altre persone il cari­sma della consolazione: sono spesso le persone più umili e più semplici del popolo, quelle persone che hanno una particolare capacità per assistere con amore e con dolcezza i malati ed i sofferenti.

Ecco come lo Spirito di Dio vivifica e il singolo discepolo e le comunità della Chiesa. Ci sarebbero tante altre cose da dire in proposito, ma non mi è possibile parlare di tutti i carismi e le operazioni dello Spirito. Mettiamoci invece al cospetto del Signore, come ha fatto la Madonna, nella quale Dio ci offre il modello e l'immagine vivente non solo del cristiano, ma anche della Chiesa e chiediamo il Dono dello Spirito su di noi e sulle nostre comunità perché ci porti la vera vita, perché ci riempia dei suoi doni, perché ci faccia sempre più simili al Signore Gesù!

Vieni, Santo Spirito... Vieni, datore dei doni... Vieni, fonte di vita!



CONTEMPLAZIONE

Ora mettiti in preghiera devota davanti al Tabernacolo o ad una imma­gine sacra. Ascolta con le orecchie del cuore l'insegnamento dello Spirito dalla bocca dell'apostolo Paolo.



Prima Lettera ai Corinti cap. 12

Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio che restiate nell'ignoranza.

Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare verso gli idoli muti secondo l'impulso del momento.

Ebbene, io vi dichiaro: come nessuno che parli sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire «Gesù è anàtema», così nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo.

Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.

E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spi­rito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far-guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue.

Ma tutte queste cose è l'uníco e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.

Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.

E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.

Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.

Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue.

Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. Ebbene vi mostrerò la via più sublime.

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,

non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,

non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.



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05/09/2009 16:16


- Capitolo 24 -

"HA PARLATO PER MEZZO DEI PROFETI"

RIVELAZIONE E ISPIRAZIONE


X q bbiamo visto, nei capitoli precedenti, il significato di uelle parole del Credo in cui si dice: Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita.

Ora vorrei meditare con voi le altre, che dicono: "ed ha parlato per mezzo dei profeti". Con questa espressione la Chiesa proclama la sua fede nella divina rivelazione e nella ispirazione della Bibbia. Sono due realtà molto interessanti per la nostra vita cristiana.

Dico due realtà perché altro è la divina rivelazione, altro l'ispirazione della Bibbia.

La fede cattolica proclama che alla fonte di queste due realtà sta l'azione divina dello Spirito Santo.

1° - La prima realtà è la divina rivelazione.

Che cosa intendiamo noi con queste parole? Immaginatevi di essere in una piazza all'inaugurazione di un monumento. La statua è coperta da un velo tricolore che la nasconde ai no­stri occhi. Il sindaco tira una cordicella ed il velo cade a terra e vien tolto. Ed ecco appare il monumento in tutta la sua bellezza. La gente batte le mani felice e lo scultore della sta­tua viene congratulato da tutti. E' commosso per la gloria che ne riceve. Poi il sindaco fa un discorso e spiega il perché di quel monumento illustrandone il significato. Così tutta la gente lo capisce e lo ammira ed ogni volta che passa da quel luogo, guardando quel monumento, rivive l'avvenimento che esso ricorda, il fatto glorioso o la persona famosa alla cui memoria e gloria è stato innalzato.

Ebbene, Dio ha fatto proprio così nella storia della salvezza. Egli ha innalzato numerosi monumenti per richiamare il suo amorevole disegno paterno verso l'uomo peccatore: la sua volontà di salvarlo ad ogni costo. Questi monumenti sono i grandi fatti storici che costellano i secoli della vicenda umana, da quando siamo stati creati fino all'ultimo giorno del mondo. Con linguaggio biblico-liturgico vengono chiamati "memoriali".

Il monumento centrale è la Croce Gloriosa di Cristo, ossia il mistero dell'Incarnazione, della Passione, della Morte, della Risurrezione, della Glorificazione di Gesù e dell'effusione dello Spirito Santo ai credenti. Ma attorno a questo avvenimento centrale e fondamentale ce ne sono molti altri sia nell'Antico, come nel Nuovo Testamento. Ebbene Dio si è servito di alcuni uomini per rivelarci il mistero racchiuso in questi fatti. Con le parole Egli ha tolto il velo che copriva questi misteri. Ecco da dove viene la parola rivelazione: si­gnifica appunto togliere il velo perché tutti possano vedere quello che Dio ha fatto, fa e continuerà a fare per tutti noi e per ciascuno di noi!

Gli uomini che hanno prestato la loro voce a Dio si chiamano ro eti. (Profeta vuol dire: colui che parla in nome di Dio).

In questi "profeti" Dio ha agito in tempi e modi diversi.

- A volte appariva loro in visione e rivelava loro i suoi pro­getti: così ha fatto con Abramo e Mosè.

- A volte, invece, li illuminava nel sonno con sogni che non erano frutto della fantasia, ma che venivano da Dio: così accadde a Giuseppe l'ebreo, quello che venduto dai fratelli divenne vicerè dell'Egitto. E così accadde anche a San Giu­seppe, lo sposo di Maria.

- Altre volte ancora Dio illuminava la mente del profeta facendogli capire la divina volontà, il disegno della salvezza, i progetti del suo cuore. Allora il profeta si sentiva invaso da una luce interiore sconosciuta e soprannaturale e sapeva con certezza assoluta che in quel momento Dio parlava dentro di lui e lo spingeva a proclamare le parole del Signore al popolo. Così accadde ad Isaia, a Geremia ed a tanti altri profeti.

- Spesso Dio univa insieme visioni e parole interiori e rivelava al profeta anche cose future. In questo caso il profeta, pur sapendo di parlare in nome di Dio e di rivelare il futuro non capiva fino in fondo il significato di quello che profetizzava per cui era costretto a ricorrere a parole e ad immagini che, a prima vista, sembrano oscure, ma quando il futuro si rea­lizza, appaiono in tutta la luce della loro verità.

- Infine alcune volte il profeta sentiva l'impulso interiore di esortare il popolo alla conversione, di richiamarlo dal peccato, di minacciarlo dei divini castighi e lo faceva con parole sue e con sentimenti suoi, anche se sapeva che era Dio stesso a volere ciò. Così è accaduto spesso ai vari profeti dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Notate bene che non sempre il carisma della profezia era unito alla santità della vita. Dio si è sempre mantenuto libero nelle sue scelte. Talvolta si è servito anche di gente pagana ed idolatra (come Balaam), in certi casi anche di persone indegne e cattive, come accadde al pontefice ebreo Caifa quando affermò: "E' meglio che Gesù solo muoia per tutti noi, piuttosto che i Romani vengano a massacrarci" e così, senza saperlo e senza volerlo (come recita il Vangelo) egli disse una grande verità e cioè che Gesù è morto al no­stro posto, per noi tutti. La Chiesa insegna che nei profeti è lo Spirito Santo che agisce e parla e perciò che dai loro gesti e dalle loro parole noi veniamo a conoscere il disegno di Dio sul mondo. Ecco: questa è la divina rivelazione!

Essa ha il suo centro in Gesù: Gesù è il Profeta per eccellenza. Egli infatti non solo ci dice di Dio cose che nessun altro ha mai detto né potrà dire, ma addirittura mostra Dio in se

stesso: "Chi vede Me, vede il Padre!". Per questo ogni altra rivelazione deve essere verificata con la rivelazione di Gesù e trova il suo compimento nella persona di Lui, nelle sue parole e nella sua opera.

Per questo anche non è possibile un'ulteriore rivelazione che aggiunga qualcosa alla rivelazione di Gesù. Certo, lo Spirito Santo ha ancora dei profeti in questo mondo e ne avrà sempre, ma essi non sono più chiamati a portare messaggi nuovi, bensì a richiamare ed a rischiarare il grande messaggio di Gesù, la sua Buona Novella. Oggi Dio ha dotato il suo popolo con un carisma nuovo: quello che ha affidato al Papa ed ai Vescovi, il carisma dell'infallibilità per confermare nella vera fede tutti i fratelli. Di fronte a nuove, presunte, rivelazioni stiamo ben attenti se siano in perfetta armonia con il Vangelo del Signore ed accolte come autentiche dalla Chiesa e dal suo Magistero. Purtroppo oggi c'è molta gente che corre a cercare rivelazioni a destra ed a sinistra... Gesù stesso e gli apostoli ci hanno messo in guardia da questa pericolosa insidia di Satana!

Il poeta Dante, raccogliendo la vera saggezza cristiana, afferma:

Avete il Vecchio e Nuovo Testamento e il Pastor della Chiesa che vi guida. Questo vi basti a vostro salvamento.

2° - Veniamo ora all'altro carisma dello Spirito Santo: quello dell'ispirazione.

Con questa parola intendiamo quell'azione dello Spirito mediante la quale, uomini scelti ed illuminati da Dio, hanno scritto tutte e solo quelle cose che Egli voleva trasmetterci. Nel corso dei secoli lo Spirito Santo si è posato su certe persone (profeti e non, apostoli e non) ed ha agito in esse con una triplice azione soprannaturale:

a) le ha spinte a mettere per iscritto alcune cose (fatti, di­scorsi, poesie, ecc.);

b) le ha illuminate perché scrivessero tutto e solo quello che Egli voleva fosse scritto;

c) le ha assistite perché nello scrivere non tradissero in nessun modo la verità, ma la servissero anche con la scelta delle stesse parole usate.

Queste persone, che usiamo chiamare autori sacri, agiografi o anche uomini ispirati non sempre erano i profeti. Spesso erano i loro segretari, o i loro discepoli: così, per esempio, il vangelo di S. Marco è stato scritto da Marco, discepolo di Pietro, pur contenendo la predicazione dell'apostolo. Al­trettanto avvenne soprattutto per i profeti dell'Antico Testamento. Gli stessi discorsi di Gesù non sono stati scritti da Lui, ma dai suoi discepoli.

I profeti perciò erano illuminati dallo Spirito Santo affinché trasmettessero agli uomini la divina rivelazione; invece gli scrittori sacri erano ispirati affinché la scrivessero secondo il desiderio dello Spirito.

Non tutto ciò che è stato rivelato, è stato anche scritto, specialmente nel Nuovo Testamento. Per questo la Chiesa attinge la divina rivelazione dalla predicazione apostolica che arriva a noi e nella Sacra Scrittura e nella Sacra Tradizione.

Ecco come ne parla il Concilio Vaticano 11:

"La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un unico sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa. La Chiesa ha sempre considerato e considera le Divine Scritture, insieme con la Sacra Tradizione, come la regola suprema della propria fede: esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, imparti­scono immutabilmente la Parola stessa di Dio e fanno risuonare, nelle parole dei Profeti e degli Apostoli, la voce dello Spirito Santo".

I santi Padri della Chiesa paragonano l'ispirazione biblica all'incarnazione di Cristo. E, a dire il vero, il paragone è quanto mai significativo.

a) Chi è che si incarna nel seno di Maria? E' il Verbo di Dio, cioè la Parola Persona, il Figlio Eterno del Padre.

E chi è che si rivela nelle sacre scritture? E' sempre Lui, la Parola Vivente di Dio.

b) In che modo si incarna il Verbo nel seno di Maria?

Si incarna per l'azione divina dello Spirito Santo. Gesù è il frutto dell'opera dello Spirito.

Così avviene nella Bibbia. E' l'azione dello Spirito che incarna, per così dire, la Parola Eterna di Dio ispirandola al sacro scrittore.

c) Come si incarna in Maria il Verbo di Dio?

Si incarna in un determinato momento storico, assumendo un determinato aspetto fisico, parlando, vivendo, agendo secondo la mentalità e le modalità di quel momento e di quel luogo.

Così è avvenuto anche per l'ispirazione della Bibbia. Lo Spirito Santo ha illuminato gli scrittori sacri, ma li ha la­sciati nella loro situazione terrena di ambiente, di linguaggio, ecc. La Bibbia è stata scritta per tutti gli uomini di tutti i tempi: essa porta un messaggio divino che è sempre attuale.

Però la parola che incarna questo messaggio rispecchia una mentalità, un carattere, una particolare situazione storica. E come per capire Gesù mi è necessario uno sforzo per entrare nel suo tempo e nel suo linguaggio, così devo fare per capire la Bibbia. Essa mi porta sì un messaggio per me oggi, ma lo porta rivestito di parole umane frutto di una si­tuazione e di una mentalità.

Ecco perché, tra l'altro, noi abbiamo bisogno di una guida e di una maestra nella lettura e nella comprensione della Scrittura. Questa guida e questa maestra è la Santa Chiesa:-

L'apostolo San Pietro scrive in proposito:

"Per mezzo dello Spirito Santo mandato dal Cielo, alcuni uomini vi hanno portato il messaggio del Vangelo...". E ancora: "Le parole dei profeti sono degne di fiducia, oggi più di prima. E voi farete bene a considerarle con attenzione. Esse sono come una lampada che brilla in un luogo oscuro, fino a quando non comincerà il giorno, e la stella del mattino illuminerà i vostri cuori. Soprattutto sappiate una cosa: gli antichi profeti non parlavano mai di loro iniziativa, ma furono uomini guidati dallo Spirito Santo e parlavano in nome di Dio. Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia" (cfr 2Pt 1,19-21) .



CONTEMPLAZIONE

Negli Atti degli Apostoli ci viene raccontato un fatto molto significativo per chi vuole conoscere la Bibbia. Chissà quante volte sarà capitato anche a te di non capire quello che leggi. Ebbene, hai vicino a te la Chiesa che, guidata dallo Spirito Santo, ti può condurre alla verità, Contempla questo episodio mettendoti umilmente accanto al ministro della regina Candàce.

Atti degli Apostoli cap. 8

Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: «Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta».

Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etíope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia.

Disse allora lo Spirito a Filippo: «Và avanti, e raggiungi quel carro».

Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?».

Quegli rispose: «E come lo potrei se nessuno mi istrui­sce?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui.

Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora fu condotta al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.

E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?».

Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: «Ecco qui c'è acqua; che- cosa mi impedisce di essere battezzato?».

Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.

Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Fi­lippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.



- Capitolo 25 -

"COME LEGGERE LA BIBBIA"

LA BIBBIA E LA VITA


E ccoci a riprendere la nostra meditazione sulla parola del Credo con cui affermiamo che lo Spirito Santo "ha parlato per mezzo dei profeti".

Abbiamo visto nel capitolo precedente come, con questa espressione, la Chiesa afferma i fatti divini della Rivelazione e dell'Ispirazione Biblica.

"Rimani fermo, fedele alla verità che hai imparato e della quale sei pienamente convinto - scrive San Paolo a Timoteo - Ricorda da chi l'hai imparato. Tu infatti conosci la Bibbia fin da quando eri bambino: essa può darti la saggezza che conduce alla salvezza, per mezzo della fede in Cristo Gesù.

Tutto ciò che è scritto nella Bibbia è ispirato da Dio, e quindi è utile per insegnare la verità, per convincere, per correggere gli errori ed educare a vivere in modo giusto. E così ogni uomo di Dio può essere perfettamente pronto, ben preparato a compiere ogni opera buona".

In questo brano della seconda lettera a Timoteo (2,14-16), San Paolo ci insegna diverse cose a proposito della Bibbia. a) Innanzitutto egli ci dice come le nostre convinzioni di fede sono formate sulla Sacra Scrittura. Essa è il fondamento della nostra fede.

b) In secondo luogo egli ci ricorda come "tutto ciò che è scritto nella Bibbia è ispirato da Dio" ossia è Parola di Dio incarnata nello scritto.

c) Ci dice anche che la Bibbia ci dona quella saggezza che conduce alla salvezza, mediante la fede in Gesù. Cioè: se noi accogliamo nel cuore e con fede la Parola di Dio essa produce in noi una vita nuova, la vita di Cristo e ci salva!

d) Ci insegna che la lettura della Bibbia è utile:

- per insegnare la verità (quindi ai predicatori, ai catechisti, ai genitori, ecc.);

- per convincere (cioè per portare la gente alla fede e farla crescere nella fede);

- per correggere gli errori (ossia per farci vedere dove sbagliamo nel nostro modo di pensare e nel nostro modo di vivere) ;

- per educare a vivere in modo giusto (cioè per farci camminare sulla via della giustizia cristiana, della santità cristiana).

e) Infine l'apostolo ci assicura che la lettura della Bibbia forma "l'uomo di Dio" ossia il vero cristiano rendendolo pronto e capace a compiere ogni opera buona.

Vedete quali meravigliosi frutti produce in noi e attorno a noi la lettura della Bibbia!



COME LEGGERE LA BIBBIA

Però attenti: c'è lettura e lettura! C'è una lettura esegetico-scientifica, c'è una lettura teologica e c'è una lettura spirituale.

1) La prima, la lettura esegetico-scientifica è propria degli studiosi i quali ci fanno il servizio, davvero encomiabile e necessario, di darci il testo autentico della Bibbia collocandolo nel suo contesto storico e culturale.

Questo lavoro di solito (parlo per la gente comune), si trova nelle pagine di introduzione ai vari libri della Bibbia e nelle note a pié di pagina.

Conoscere queste cose è importante per capire bene il vero senso della Bibbia.

2) La seconda lettura è quella teologica. Essa ci dona il frutto dello studio dei teologi sui testi biblici. Un frutto assai prezioso e utile perché il messaggio di Dio va colto nel suo insieme e non soltanto in questo o quel versetto come fanno, purtroppo, certi gruppi che si ritengono ispirati dallo Spirito Santo! Non si può isolare un versetto o un brano da tutto il resto, perché tutto è ispirato da Dio e tutto va messo a confronto. Tanto più che la rivelazione divina nella Bibbia ha un carattere di gradualità, va cioè dal meno al più, fino a trovare la pienezza della luce in Cristo. I teologi aiutano a leggere la Bibbia tenendo presente questo aspetto.

Anche questo lavoro lo troviamo, in genere, nelle introduzioni e nelle note, ma soprattutto in libri speciali dove i teologi trattano a fondo i vari temi della teologia biblica.

Ogni cristiano che voglia accostarsi alla Bibbia dovrà tenere in massima considerazione queste due prime letture: quella esegetica e quella teologica.

Naturalmente ciascuno farà secondo le proprie capacità. Ma almeno sappia essere umile e si riconosca bisognoso di essere aiutato chi non ha la possibilità di fare da solo questo cammino! E qui ci si incontra con la Chiesa, con il suo Ma­gistero, con i suoi specialisti! Ma occorre umiltà, tanta umiltà!

3) La lettura più importante però è quella spirituale. Gli antichi la chiamavano "lectio divina", "lettura divina". Essa presuppone le altre due, ma le oltrepassa, quanto il Cielo oltrepassa la terra! Là, infatti, siamo ancora a livello di intelligenza umana, anche se illuminata dalla fede: siamo a livello scientifico dove si può cogliere la verità senza essere toccati e coinvolti. Infatti ci sono esegeti e teologi che non credono, altri che credono poco, altri ancora che credono, ma non vivono ciò che credono!

La lettura spirituale della Bibbia, invece, è diretta a tutta la persona, specialmente al cuore e tende, come insegna San Paolo, a formare "l'uomo di Dio". E' la lettura che si fa sotto l'azione dello Spirito Santo e che nessuno può fare se non nello Spirito Santo. E' la lettura che ci fa "comprendere le scritture" e ce le fa gustare. Ricordate l'episodio dei due di­scepoli di Emmaus? Dopo che Gesù si era loro rivelato allo spezzar del pane, riconoscono che il loro cuore ardeva nel petto mentre Egli spiegava loro la Bibbia! E più tardi, quando arrivarono a Gerusalemme, Gesù apparve a tutti e diede a tutti il dono dello Spirito Santo "affinché potessero comprendere il vero senso delle Scritture" (Lc 24,45). E' questo dono che noi dobbiamo chiedere al Signore per fare la lettura spirituale della Bibbia!



PRIMO: PREGARE LO SPIRITO

Ecco allora la prima cosa da fare: pregare, chiedere il dono dello Spirito Santo. Nessuno mai dovrebbe mettersi a leggere e a meditare il Vangelo o l'Antico Testamento senza prima aver pregato lo Spirito Santo. Nella Scrittura infatti c'è un senso letterale che è abbastanza facile da scoprire, soprattutto con 1'esegesi. Ma vi sono altri sensi nascosti, che solo lo Spirito Santo può rivelarci. Vi faccio un esempio tolto dalla stessa Bibbia. Voi avete letto certamente l'episodio in cui Mosè fece sgorgare acqua fresca da una roccia del deserto per dissetare il popolo (cfr Num 20,1-11). Questo fatto è stato letto da migliaia e migliaia di Ebrei i quali vedevano in esso l'amore di Dio per il suo popolo e la potenza divina del Signore. Sotto sotto però c'era un altro significato, assai più profondo, ma nessuno mai era riuscito a capirlo. Ce lo ha rivelato San Paolo (cfr 1Cor 10,1-5) quando scrisse che quella roccia, dalla quale sgorgò acqua viva, era immagine di Cristo Crocifisso, dal quale è sgorgato Sangue ed Acqua, simbolo della nostra vita. Se lo Spirito Santo non avesse illuminato San Paolo nella comprensione di questa verità, chi mai l'avrebbe conosciuta e con certezza? Ebbene lo Spirito Santo che ha ispirato ogni parola della Bibbia, ha nascosto spesso, sotto episodi e racconti apparentemente insignificanti, un senso spirituale che Lui solo conosce e che Lui solo può rivelarci. Però questo senso spirituale deve essere verificato confrontandolo con l'insegnamento della Chiesa, unica garanzia di verità e di certezza.

A parte ciò, rimane sempre il fatto che la Parola di Dio per produrre in noi il suo frutto di luce e di grazia ha bisogno dell'azione dello Spirito che illumini la mente portandola alla convinzione, riempia di grazia il cuore facendogli gustare la bellezza della divina rivelazione e rafforzi la volontà rendendola capace di attuare nella vita l'insegnamento divino ricevuto. Senza lo Spirito Santo questo triplice frutto è impossibile e la lettura della Bibbia rimane sterile.



SECONDO: SCEGLIERE UN METODO

Una seconda cosa da farsi per la lettura spirituale della Bibbia è quella di scegliersi un metodo appropriato. Di metodi ce ne sono tanti, a cominciare da quello liturgico che consiste nel leggere le Sacre Scritture proposte dalla liturgia, giorno dopo giorno. Certamente è il metodo più sicuro e più valido, sia perché è garantito dalla Chiesa, sia perché la liturgia lo propone in tutto un contesto di preghiere, di canti, di riflessioni che lo rendono quanto di più completo possa immaginarsi in proposito. E' il metodo tipico dei sacerdoti e dei religiosi i quali, più volte al giorno, sono chiamati a pregare con la Bibbia e a meditare la Bibbia. Oggi aumentano sempre di più anche i laici che seguono questo metodo e di ciò dobbiamo ringraziare Dio.

Un altro metodo efficace sta nel leggere un capitolo della Bibbia ogni giorno, con perseveranza, incorniciandolo di preghiere prima e dopo la lettura. In questo caso consiglio una traduzione facile, specialmente da parte di chi si acco­sta alla Bibbia per la prima volta. Consiglio la bellissima edizione interconfessionale "La Parola del Signore". Consiglio anche di sottolineare con una matita e magari di trascrivere su un quaderno i versetti che vi colpiscono per l'attrattiva che hanno sul vostro cuore.

Sarà bene cominciare a leggere la Bibbia dal Nuovo Testamento e precisamente dai Vangeli e poi passare agli Atti, alle Lettere degli Apostoli e solo dopo all'Antico Testa­mento.

Un altro metodo (che io consiglio però solo a chi ha già letto la Bibbia per intero) è quello di seguire non i libri e i capitoli, ma gli argomenti, per esempio: "l'amore di Dio per noi", Io Spirito Santo", " la preghiera", ecc. Per far ciò bisogna servirsi di un buon indice analitico che trovate in quasi tutte le edizioni moderne della Bibbia intera o del Nuovo Testamento soltanto.

L'importante è che si faccia una lettura spirituale autentica e cioè che facciate questi quattro passi:

1° passo: osservare quali sono i personaggi presenti nel brano, quale è il fatto o il discorso che viene presentato, dove avviene, ecc. (es. l'ultima cena, Gesù, gli Apostoli, la notte, il cenacolo);

2° passo: interpretare, ossia cercare di vedere come il Si­gnore è presente in questo brano, di che cosa parla, quale tema tratta e con quale versetto si potrebbe riassumere tutto il brano (è il cosidetto versetto "chiave");

3° passo: applicare quanto si è detto a sè stessi, chiedendoci che cosa significhi per noi quello che abbiamo letto, che cosa voglia dire a noi, ora, il Signore, con quelle parole, che cosa mi invita a fare (es. la certezza che Gesù mi ama e vuole da me la corrispondenza al suo amore con la mia fiducia in Lui) ;

4° passo: pregare, ossia lodare e ringraziare Dio per averci parlato con questo brano della Bibbia, chiedendogli perdono per non aver capito e fatto prima quello che ora comprendia­mo e vogliamo fare. Chiedere l'intercessione di Maria.

Ecco: questo è un modo semplice e piacevole per fare ogni giorno la vostra lettura spirituale della Bibbia.

Mi auguro vivamente che tutti voi che leggete questo libro mettiate in pratica, se già non lo fate, il mio consiglio: leggere ogni giorno un capitolo della Bibbia mettendovi in ascolto di Dio che vi parla mediante il suo Spirito.

La Madonna vi sia di esempio e di aiuto.

Nella basilica di S. Stefano in Verona c'è un bellissimo e prezioso affresco di Martino da Verona (sec. XIV) rappresentante l'Annunciazione e la glorificazione di Maria. L'annunciazione raffigura l'angelo Gabriele che saluta Maria stando in ginocchio e avendo in mano un giglio lo porge alla Vergine, mentre con l'altra mano le mostra tre dita, simbolo della Ss.ma Trinità. Davanti a lui, seduta su un trono sta la Madonna in ascolto tenendo sulle ginocchia un libro aperto mentre sullo scrittoio che ha davanti a se sta un secondo libro, ma chiuso, con accanto l'inchiostro e la penna. L'autore probabilmente ha voluto raffigurare nel libro chiuso l'Antico Testamento e nel libro aperto il Nuovo in quanto esso inizia proprio con l'Annnuncio a Maria e viene scritto, prima che sui libri, nel Cuore della Vergine giustamente visto da alcuni Padri della Chiesa come il vangelo vivente dello Spirito perché, come dice Luca: "Maria da parte sua custodiva tutti questi fatti, meditandoli nel suo cuore... Sua madre custodiva tutti questi fatti nel suo cuore" Wc 2,19.51). Si tratta di una raffigurazione simbolica importante per chi vuol mettersi alla scuola della Bibbia prendendo Maria come modello e maestra. Il metodo semplice di cui vi ho parlato sopra è proprio il metodo di Maria.

a) "Maria da parte sua custodiva tutti questi fatti": cioè osservava quanto accadeva in Lei e attorno a Lei e che riguardava il suo Gesù. Noi "questi fatti" li troviamo scritti nel vangelo.

b) "Meditandoli nel suo cuore": il verbo greco usato da Luca indica l'attività del cuore, cioè dello spirito di Maria, che esaminava e confrontava quanto vedeva. Ecco la meditazione sotto la luce dello Spirito.

c) "Sua. madre custodiva questi fatti nel suo cuore". Dopo aver meditato Maria pregava e faceva tesoro di quanto aveva capito. Impiantava la Parola del Signore nel 'suo cuore, la inaffiava di preghiera e l'attuava nella vita. E' questo che dobbiamo fare anche noi. In questo modo la fede vive, cresce e diventa vita santa.



CONTEMPLAZIONE

Ti propongo come soggetto di contemplazione, ancora una volta, il racconto dell'Annunciazione. Osserva con gli occhi del cuore come Maria ascolta la Parola che Dio le annuncia per mezzo dell'angelo.

Vangelo di Luca cap. 1

Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.

Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Si­gnore è con te».

A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.

L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.

Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».

Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.

Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:

nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.



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05/09/2009 16:18


- Capitolo 26 -

"CREDO LA CHIESA"

LA CHIESA


Nei capitoli precedenti abbiamo parlato dell'articolo del Credo riguardante lo Spirito Santo. Ora passiamo al successivo che dice: "Credo Ecclesiam unam, sanctam, catholicam et apostolicam", "Credo la. Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica".

Prima però vorrei richiamare ancora una volta, per evitare spiacevoli equivoci, che lo scopo di questo nostro scritto non è l'esposizione sistematica della dottrina cristiana, ma la meditazione di alcuni aspetti di essa, sulla traccia del simbolo niceno-costantinopolitano, ossia del Credo della Santa Messa. Si tratta più che altro di quella che nel passato si chiamava theologia cordis, cioè contemplazione della teologia, più che theologia mentis o esposizione della verità. Questa nostra scelta spiega anche il genere del discorso che non è catechetico, ma omiletico: è un'omelia, una piccola predica su quelle che sono le grandi verità della fede. Chi cerca la completezza dell'esposizione e la sistematicità teologica della trattazione deve cercarla altrove. Qui trova alimento solo colui che vuole contemplare la verità nell'umiltà e nella semplicità. Ed è proprio per questa gente che scrivo: ad essa mi rivolgo, convinto come sono che il popolo cristiano tutto, anche nei suoi strati più umili e più semplici, è capace di accogliere un discorso approfondito su Dio e sulle verità eterne, purché si faccia appello non tanto all'erudizione, quanto alla luce dello Spirito Santo.

Veniamo dunque a parlare dell'articolo del Credo che riguarda la Chiesa. „ „ , .

C'è innanzitutto un particolare da rilevare: qui non si dice credo nella Chiesa, come si dice credo in Dio, credo in Cristo, credo nello Spirito Santo. Si dice credo la Chiesa. Perché?

Secondo me i motivi sono due:

1 ° - se la fede è adesione della mia persona ad un'altra persona, qui mi trovo di fronte ad una realtà diversa, perché la Chiesa non è una persona. Essa perciò è oggetto della mia fede, ma non come lo è la Persona del Padre, la Persona del Figlio, la Persona dello Spirito Santo;

2° - in secondo luogo mentre nei riguardi delle Tre Persone divine io mi apro con un cammino di fede che non avrà mai fine perché per tutta questa vita e per tutta l'eternità io continuerò a penetrare sempre più nella conoscenza e nell'amore della Ss.ma Trinità, nei riguardi della Chiesa ciò non avviene in quanto io stesso sono Chiesa, vivo già immerso nella sua vita, partecipo alla sua esistenza come membro del Corpo di Cristo.

La Chiesa per me non è qualcosa verso cui cammino, ma è un mistero nel quale mi trovo in virtù della grazia del Si­gnore. E' come l'umanità: non è che io possa tendere verso l'umanità perché io stesso sono umanità, partecipo di essa in virtù della mia nascita.

Come io mi trovo costituito uomo per il fatto che sono nato da un uomo e da una donna, così io mi trovo costituito cri­stiano per il fatto che sono nato dall'acqua e dallo Spirito Santo.

Non siamo dunque di fronte ad un nuovo oggetto di fede, ma semplicemente alle conseguenze dell'atto di Fede nello Spi­rito Santo. Infatti la Chiesa, l'unico battesimo in remissione dei peccati, la risurrezione dei morti e la vita del mondo futuro, sono i frutti della missione dello Spirito.

La Chiesa è associata allo Spirito Santo come sua prima opera, cui segue la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna.

Tutto ciò è molto logico. Infatti se leggete bene il Credo voi vedete come a ciascuna delle Tre Divine Persone viene associata un'opera o una missione.

Alla Persona del Padre viene associata l'opera della creazione; alla Persona del Figlio viene associata l'opera della salvezza; alla Persona dello Spirito Santo viene asso­ciata la Chiesa fino al suo compimento nel regno dei cieli. Eccoci allora di fronte ad una realtà divina troppo spesso trascurata quando si parla della Chiesa: la sua natura di opera dello Spirito. Tecnicamente si direbbe la sua natura pneumatica (dalla parola greca pneuma che vuol dire spirito). Ma qui cadiamo nel difficile e perciò lasciamo i termini tecnici. A noi interessa capire che la Chiesa non è opera di uomini, ma dello Spirito Santo. Essa è formata sì da uomini, ma è animata dallo Spirito di Dio che trasforma questi uomini e li unisce in un grande corpo misterioso, soprannaturale: il Corpo Mistico di Cristo.



I DUE ASPETTI DELLA CHIESA

Abbiamo così due aspetti della Chiesa che non possiamo trascurare:

a) il primo è l'aspetto di realtà soprannaturale e misteriosa creata ed animata dallo Spirito Santo. Questo aspetto è per natura sua invisibile;

b) il secondo invece è visibile ed è costituito dalla realtà umana in cui il mistero della Chiesa s'incarna.

Si ripete nella Chiesa, per analogia, quello che avviene in Gesù.

Che cosa avviene in Gesù? In Gesù il Verbo di Dio si fa vi­sibile e agisce attraverso una natura umana che ha assunto. Per questo noi diciamo che Gesù è il "sacramento" di Dio. Infatti Dio, nella sua realtà divina soprannaturale, è invisibile, impalpabile, irraggiungibile.

San Paolo afferma che "Egli abita in una luce inaccessibile". Però quando si incarna nel seno della Vergine Maria, Egli si fa visibile e palpabile attraverso la carne umana che ha assunto. Qualcosa di simile avviene nella Chiesa: la Chiesa è una realtà spirituale e soprannaturale invisibile, generata dal Cristo e animata dallo Spirito Santo. Essa è il Corpo Mistico di Gesù, ma è pure una realtà visibile in quanto è incarnata negli uomini ed in una struttura umana. In questo senso possiamo parlare di Chiesa sacramento e Chiesa mistero. Essa è il luogo ove vive Cristo. Come lo Spirito Santo ha operato l'unione del Figlio di Dio con la carne umana tratta da Maria Vergine, così lo stesso Spirito opera continuamente la nuova incarnazione rendendo presente Gesù nella Chiesa con una nuova generazione per fede, mediante l'acqua e lo Spirito. San Giovanni dice: "A coloro che lo hanno accolto ha fatto un dono: quello di diventare Figli di Dio. Costoro sono stati generati non dall'uomo, ma da Dio" (cfr Gv 1,12). E San Paolo insegna che i cristiani "sono stati trasferiti dal regno delle tenebre nel Regno della luce mediante la redenzione operata dal Sangue di Gesù" (Col 1,13).



IMMAGINI BIBLICHE DELLA CHIESA

La Bibbia parla di questo mistero che è la Chiesa ricorrendo a delle immagini.

La prima, e la più significativa, è quella del Corpo. Ascoltiamo: "Tutti insieme noi formiamo il Corpo di Cristo - scrive San Paolo ai Romani - e, individualmente, ognuno

di noi ha una funzione diversa da svolgere. Quindi apparteniamo gli uni agli altri, e ognuno ha bisogno degli altri" (cfr Rm 12,4-6).

Nella la Lettera ai Corinzi è più chiaro. Dice: "Il nostro corpo è composto di molte membra, e tutte queste parti, anche se sono molte, formano un unico corpo; ebbene è così anche il Corpo di Cristo. Ognuno di noi fa parte dell'unico Corpo di Cristo. Infatti tutti noi credenti, sia quelli di origine ebraica che quelli di origine pagana, sia schiavi che liberi, abbiamo ricevuto il battesimo di un unico corpo e tutti abbiamo bevuto alla fonte di un unico Spirito... Ecco cosa cerco di dirvi: tutti voi fate parte del Corpo di Cristo e, individualmente, ognuno di voi è parte di questo corpo" (cfr 1Cor 12).

San Pietro, invece, preferisce ricorrere ad un'altra im­magine: quella del Tempio Spirituale. Scrive: "Siate anche voi come tante pietre viventi che, entrando a far parte della struttura dell'edificio, formano un'unica casa spirituale... " (cfr 1 Pt 2,5).

Ecco, dunque, cosa è la Chiesa nel suo mistero: è il Corpo di Cristo, è il Tempio vivente di Dio.

Nel primo caso Gesù è la testa del Corpo e noi ne siamo le membra.

Nel secondo caso Gesù è la pietra fondamentale e noi siamo le pietre della struttura. Lo Spirito Santo abita in questo edificio e anima questo Corpo.

Per questo la Chiesa riflette in se stessa le caratteristiche di Gesù: è divina ed umana, invisibile e visibile, misteriosa e strutturata nello stesso tempo. In essa c'è qualcosa di così immenso e di così sublime che solo la Parola di Dio può ri­velare e solo la fede può percepire. Nello stesso tempo però in essa c'è qualcosa di umano, di debole, di fragile che possiamo vedere e constatare quotidianamente.

La parte divina (tanto per intenderci) della Chiesa sorpassa di gran lunga la realtà visibile: essa abbraccia non solo i battezzati, ma tutti i salvati, anche quelli che, senza loro colpa, non conoscono Gesù, ma, come insegna San Paolo, mettono la loro fiducia in un Dio Creatore e Rimuneratore. Questa realtà invisibile della Chiesa sfugge alla nostra percezione. Essa è il vero popolo di Dio nella totalità, quello che abbraccia tutti i giusti a cominciare da Abele - come insegna il Concilio Vaticano II -, fino all'ultimo giusto che lascerà questa povera terra. Notate bene come il Concilio parli di "giusti" e non di battezzati. Una volta ci si esprimeva con un altro linguaggio e si parlava di battesimo di desiderio. Si tratta cioè di tutti gli uomini di buona volontà, cristiani e non cristiani, giustificati da Dio in vista della loro fede esplicita o implicita nel Signore Gesù.

Questa immensa moltitudine di salvati costituisce, consciamente o meno, il Corpo di Cristo in questo mondo e nell'altro. Essa abbraccia i viventi ed i passati, come pure i futuri. Dio solo conosce i nomi di quelli che sono iscritti nel Libro della vita, di quelli cioè che costituiscono e costituiranno in eterno la Celeste Gerusalemme.

La parte visibile della Chiesa invece è quella che si identifica con la comunità dei battezzati, di quanti cioè aderendo al Signore Gesù sono stati rigenerati dall'acqua e dallo Spirito Santo.

Ed è su questa Chiesa strutturata e visibile che noi vogliamo fissare lo sguardo. Essa infatti non è diversa, né distinta da quella invisibile: ne è invece l'incarnazione. E come la carne umana che ha accolto il Verbo non ne ha esaurita o racchiusa l'immensità divina, così la Chiesa visibile non esaurisce e non racchiude la pienezza della salvezza. Piuttosto essa ha la missione di essere come la bandiera innalzata da Dio in mezzo a tutti i popoli della terra per indicare dove si trova la vera sorgente della salvezza e della vita: Cristo Signore.



LA CHIESA NASCE DALLO SPIRITO

1 ° - Ebbene questa Chiesa ha la sua origine dallo Spirito Santo, cioè nasce dallo Spirito.

Ce lo ha insegnato Gesù quando ha detto: "E' necessario che io me ne vada; altrimenti non verrà a voi il Consolatore che il Padre vi ha promesso. Ma se io me ne vado, lo manderà a voi ed Egli vi guiderà alla verità totale" (cfr Gv 16,7- 19). Quando Gesù concluse la sua missione di salvezza sulla croce "emise lo Spirito", scrive S. Giovanni, quasi ad indicare più che il fatto della morte il fatto del dono dello Spirito Santo da parte di Gesù. Cominciava la missione del Paraclito. Così pure quando il soldato aprì il costato di Cristo morto e da esso sgorgò sangue ed acqua Giovanni vide in questo un segno dello Spirito secondo la profezia e la promessa di Gesù: "Chi ha sete venga a Me e chi crede in Me beva. Dal suo seno scaturiranno fiumi d'acqua viva, zampillante per la vita eterna" (cfr Gv 7,37-39). 'Allora - annota il Vangelo - Gesù intendeva parlare dello Spirito Santo che i discepoli avrebbero ricevuto quando il Cristo fosse stato glorificato". Giovanni, vedendo quell'acqua ricordò le parole di Gesù e ne comprese il segno: quell'acqua e quel sangue erano il segno della nuova creatura che nasceva dal costato di Cristo come Eva, la mamma di tutti gli uomini, era nata dal costato di Adamo. Questa nuova creatura, nata da Cristo per opera dello Spi­rito Santo, è la Chiesa.

Tutto quello che ho detto è molto importante anche per le sue conseguenze pratiche. Infatti se la Chiesa è il frutto e l'opera dello Spirito Santo non siamo noi che la costruiamo, ma Lui. Allora anche il nostro apostolato per far nascere nuove comunità di Chiesa e per far crescere quelle già esistenti deve tener conto di questa realtà. Al contrario, noi poniamo spesso la nostra fiducia solo nelle nostre organizzazioni, nei nostri sforzi, nei- nostri piani ed ignoriamo o mettiamo al secondo posto l'azione generatrice dello Spirito. E' un errore gravissimo ed imperdonabile che spiega il fallimento di tante iniziative, in se stesse buone e valide, ma rese vane da un'impostazione sbagliata. Ancora: se la Chiesa è opera dello Spirito Santo essa non è in linea ascendente, ma discendente: non sono gli uomini che si mettono uniti per formare la Chiesa, come si mettono uniti per formare una società, ma è lo Spirito che li chiama, li unifica, li trasforma nel Corpo di Cristo che lo fa, come vedremo, mediante la Parola ed il sacramento, quindi mediante il ministero degli apostoli e dei loro successori i quali, di conseguenza, non sono espressione di una scelta democratica, ma di una elezione divina che si può manifestare in modi diversi, secondo le varie epoche e situazioni, ma che risale sempre alla libera iniziativa dello Spirito. Anche l'autorità che opera nella Chiesa, dunque, come pure il Magistero sono dono dello Spirito che genera la Chiesa non è invenzione degli uomini per un modo più ordinato di vivere, come vorrebbero certi nostri fratelli separati.

In fine l'essere chiamati a far parte del Corpo Mistico di Cristo come sue membra non è frutto di meriti o di sforzi nostri, ma è dono gratuito di Dio il quale, mediante il suo Spirito, ci offre, con la chiamata alla salvezza, la chiamata alla missione e, quindi, alla corresponsabilità secondo la personale vocazione cui ci destina ed i carismi di cui ci arricchisce.



LA CHIESA E' ANIMATA DALLO SPIRITO

2° - E qui veniamo a parlare del secondo aspetto della Chiesa in, quanto cioè non solo nasce dallo Spirito, ma ne è anche animata, come il corpo è animato dall'anima. Osserviamo bene ciò che avviene nella nascita e nella crescita dell'uomo. Nella cellula germinale è presente tutta l'anima e da essa quella cellula è già orientata verso un progetto particolare che richiede un particolare modo di crescere e di vivere.

Man mano che il corpo si sviluppa, l'anima lo riempie e lo vivifica secondo la particolarità delle singole membra. Così nell'occhio l'anima vede, nell'orecchio sente, nel cuore ama, nel cervello ragiona, nelle braccia lavora, nelle gambe cammina. Non ci sono tante anime quante sono le membra, ma c'è un'anima sola che vivifica ogni membro secondo la sua destinazione per il bene del corpo intero.

Così agisce lo Spirito nella Chiesa. Man mano che la Chiesa cresce Egli ne genera le membra, le vivifica, le alimenta, le guida alla realizzazione della loro particolare vocazione per il bene di tutto il Corpo Mistico. Non siamo noi che scegliamo il nostro posto ed il nostro ruolo: è il Signore che a ciò ci ha chiamati e deputati dall'eternità: "Non voi avete scelto Me, ma io ho scelto voi e vi ho posti perché portiate frutto ed il vostro frutto rimanga" (Gv 15,16).

Anche qui le conseguenze pratiche sono molte ed importanti.

Innanzitutto ciascuno di noi è chiamato ad occupare un proprio posto nella Chiesa ed è responsabile di esso. Siamo come le pietruzze di un grande mosaico vivente che lo Spi­rito va costruendo. Ciascuno ha il suo posto ed è fatto per esso. Bisogna accettarlo con fede e con umiltà secondo il disegno di Dio e bisogna esserne responsabili.

Purtroppo c'è sempre chi non si adatta mai al ruolo che Dio ha fissato per lui! Ne vorrebbe sempre uno diverso e così resta pietruzza inutilizzata o spostata, causa di sofferenze per sè e per gli altri.

Bisogna inoltre attuare in pienezza il carisma che lo Spirito ha dato a ciascuno per il bene di tutta la Chiesa. Ciascuno di noi ha un dono o più doni spirituali e soprannaturali: glieli ha dati lo Spirito perché alla Chiesa non manchi nulla:

il consiglio, la profezia, l'esortazione, la testimonianza eroi­ca, ecc. Guai se uno trascura il proprio carisma: non solo offende lo Spirito, ma priva la Chiesa di una ricchezza che dovrebbe avere. Guai anche a chi ignora o, peggio, mortifica e rende inutile il carisma degli altri: si rende responsabile di un delitto contro il Corpo di Cristo. Sarebbe come se tagliassi un piede o una mano al corpo umano. Non potrebbe più funzionare in pienezza secondo la sua natura. Tutto nella Chiesa deve essere ordinato verso la pienezza della vita di Gesù. Tutta la ricchezza spirituale che lo Spirito Santo ha posto in Cristo quale cellula germinale, deve ritrovarsi nella Chiesa distribuita secondo il Disegno di Dio. Allora si verifica la realtà di questo Disegno che è Cristo in noi, cioè la presenza di Gesù Salvatore e Signore nel mondo.



LA CHIESA E' SACRAMENTO DI SALVEZZA

3° - Ed eccoci al terzo aspetto, quello che riguarda la Chiesa come sacramento di salvezza per il mondo. Quale è lo scopo per cui lo Spirito conduce ed anima la Chiesa verso la pienezza della vita di Cristo? E' la salvezza di tutti gli uomini. Gesù è stato mandato, Gesù è venuto per salvare ogni uomo. Questo infatti è il disegno misericordioso di Dio. Ebbene Gesù ha fondato la Chiesa affinché sia il luogo visibile della sua presenza e lo strumento della sua opera di salvezza, come le mie mani ed i miei piedi sono strumento del mio agire. Noi cristiani siamo le mani ed i piedi di Gesù, siamo le membra del suo Corpo. Ebbene lo Spirito Santo si serve della Chiesa per continuare l'opera salvifica di Gesù sulla terra fino alla fine dei secoli e ne fa strumento di salvezza e di santificazione. Per questo noi diciamo che la Chiesa è sacramento di salvezza.

Ma in che modo lo Spirito si serve della Chiesa come di uno strumento per la salvezza di tutti gli uomini?

Egli se ne serve secondo tre linee precise:

a) la linea della Parola di Dio; b) la linea dei sacramenti; c) la linea del ministero.

Questi tre elementi costituiscono la struttura portante della Chiesa, quelli che la rendono visibile, segno e strumento della comunione con Dio e con gli uomini.

Di queste tre linee parleremo nel prossimo capitolo. Concludo riassumendo quanto ho detto: l'articolo del Credo che riguarda la Chiesa (Credo la Chiesa) è la continuazione di quello precedente che riguarda lo Spirito Santo, perché la Chiesa è il frutto dello Spirito.

Essa è un mistero con due facce: una invisibile che abbraccia tutti gli uomini salvati da Cristo, l'altra visibile che raccoglie tutti i battezzati ed è strutturata secondo le linee della Parola, del Sacramento e del Ministero. La Chiesa è il Corpo di Cristo animato dallo Spirito Santo, mediante il quale Dio rende presente ed operante nel mondo il Figlio suo Gesù Salvatore e Signore.



LA MADONNA E LA CHIESA

Preghiamo la Madonna che è la Madre della Chiesa e ne è pure l'icona ed il riassunto: in essa, infatti è cominciata la Chiesa, quando il Verbo di Dio si è fatto carne nel suo seno. "La Beata Vergine, per il dono e l'ufficio della divina maternità che la unisce con il Figlio redentore e per le sue singolari grazie e funzioni, è pure intimamente congiunta con la Chiesa: la Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava sant'Ambrogio, nell'ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo. Infatti nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine, la Beata Vergine Maria occupa il primo posto, presentandosi in modo eminente e singolare quale vergine e quale madre. Ciò perché nella sua fede ed obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio di Dio, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito Santo, come una nuova Eva credendo non all'antico serpente, ma senza alcuna esitazione, al messaggero di Dio. Diede poi alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra i molti fratelli (cfr Rm 8,29), cioè tra i credenti, alla rigenerazione e formazione dei quali essa coopera con amore di madre". Orbene, la Chiesa contemplando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera ad una vita nuova e immortale i figli concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è vergine, che custodisce integra e pura la fede data allo sposo; imitando la Madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo conserva verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità (Conc. Vat. II LG 63-64).



CONTEMPLAZIONE

Contempla la Chiesa nella prima comunità cristiana a Gerusalemme nel giorno della Pentecoste.

Atti degli Apostoli cap. 2

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.

Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro;

ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.

Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo.

Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.

Erano stupefatti e fuori di sè per lo stupore dicevano: «Co­storo che parlano non sono forse tutti Galilei?

E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?

Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della. Mesopotamía, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dío».

Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: «Ché significa, questo?».

Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto».

Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole:

Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.

Accade invece quello che predisse il profeta Gioele:

Negli ultimi giorni, dice il Signore, lo effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni.

E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno.

Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo.

Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue, prima che giunga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.

Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso.

Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.

Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Si­gnore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli.

Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai l'aníma mia negli inferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.

Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza.

Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi.

Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discen­dente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne vide corruzione. Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.

Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice: Disse il Si­gnore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come, sgabello ai tuoi piedi.

Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!».

All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».

E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.

Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa».

Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.



- Capitolo 27 -

"CREDO LA CHIESA" (2)

IL CORPO DI CRISTO


Si flettendo sull'articolo del Credo che dice: "Credo la Chiesa" abbiamo visto come essa sia opera dello Spirito Santo in quanto continua ed estende l'incarnazione di Gesù. Infatti come da Adamo discende per naturale generazione tutta l'umanità cosicché ogni uomo che nasce è un nuovo membro di essa, così da Cristo discende per rigenerazione soprannaturale la nuova umanità, quella dei salvati e dei santi, cosicché ogni uomo giustificato dalla grazia di Gesù diviene membro del suo Corpo Mistico. Tutto ciò viene compiuto da Dio per mezzo dello Spirito Santo. E' opera dello Spirito l'incarnazione del Figlio di Dio nel seno di Maria Vergine ed è opera dello Spirito il suo Corpo Mistico che è la Chiesa, nella quale e per la quale il mistero dell'incarnazione continua e si estende.

Abbiamo pure visto anche che come in Gesù ci sono due nature in una sola persona, così nella Chiesa ci sono due aspetti: uno invisibile e divino, l'altro visibile, strutturato ed umano.

La Chiesa è un po' come l'Eucarestia: nella particola di pane consacrato c'è qualcosa che si vede e si tocca, qualcosa che è strutturato secondo le leggi della chimica ed è quella che noi chiamiamo la specie del pane. Ma vi è pure una realtà sostanziale ed invisibile che sorpassa ogni nostra conoscenza ed è la presenza reale del Corpo e del Sangue del Signore. Così è della Chiesa: una realtà visibile e strutturata, segno e strumento di una realtà invisibile e divina che è il Corpo Mistico di Cristo.



LE TRE CARATTERISTICHE DELLA CHIESA VISIBILE

Ora se fermiamo il nostro sguardo all'aspetto visibile della Chiesa vi scorgiamo una struttura che segue le tre caratte­ristiche di Gesù: la profezia, la sacerdotalità, la regalità. Gesù infatti è profeta, è sacerdote, è re. Così la Chiesa: è profeta, è sacerdote, è re.

1 - Gesù è profeta ossia il Maestro che annuncia al mondo la Parola di Dio. Anzi Lui stesso, in persona, è la Parola di Dio.

Ebbene la Chiesa è strutturata innanzitutto per la Parola di Dio: 'Andate e predicate in tutto il mondo il mio Vangelo!". La Chiesa è prima di tutto "il luogo" dove risuona la Parola di Dio e dove si vive la fede. Il suo primo compito è l'evangelizzazione del mondo.

Non può esistere Chiesa senza evangelizzazione. Ora questa evangelizzazione comprende tre gradi.

a) Il primo grado è l'annuncio ossia la rivelazione dell'amore di Dio, del suo Piano di salvezza, di quello che Egli ha fatto e fa per noi.

In altre parole è la rivelazione di Gesù e della sua opera. Una Chiesa che cessasse di annunciare Gesù quale Salvatore e Signore, non solo resterebbe sterile, ma anche cesserebbe di essere la vera Chiesa di Dio.

Purtroppo oggi accade che molte delle nostre comunità ecclesiali si avviano alla sterilità ed all'annientamento proprio perché hanno cessato o stanno cessando di annunciare Gesù. Abbiamo cristiani che, pur essendo stati rigenerati dal Battesimo e santificati dagli altri sacramenti, praticamente non hanno mai accolto con vera fede Gesù quale loro Salvatore e Signore in maniera esplicita ed efficace, così da sperimentarne; la presenza viva nella loro vita quotidiana. Magari vanno a messa spesso, ma Gesù Lo tengono ancora fuori dalla loro porta perché nessuno ha mai insegnato loro ad aprirla.

C'è una fede implicita che, unita al gesto sacramentale della Chiesa, rigenera e ci fa membra del Corpo Mistico di Cristo: ciò avviene, per esempio, quando battezziamo un bambino. Ma non ci si può fermare lì. Occorre una fede esplicita perché Gesù diventi il Signore ed il Salvatore anche soggettivamente. Ritorno al solito esempio dell'assegno. Non basta regalare un grosso assegno ad un bambino per renderlo effettivamente ed efficacemente ricco. Occorre insegnargli anche il valore del dono ricevuto sicché ne usi secondo le proprie necessità.

Tutti i battezzati possiedono l'assegno salvifico che Dio ha loro donato in Cristo per mezzo dello Spirito: ma quanti ne sono a conoscenza? E quanti ne usano concretamente? Ciò accade perché manca l'annuncio, la rivelazione o comunque, se c'è, non è comprensibile o appetibile. Molti pastori d'anime e molti loro collaboratori lo presuppongono, ma a torto, perché non basta dire "dovrebbero conoscerlo", se poi, di fatto, nessuno lo conosce!

Secondo me questa mancanza della rivelazione di Gesù Salvatore e Signore è la causa fondamentale del venir meno della fede nella Chiesa e del crollo di tante comunità ecclesiali.

E' possibile costruire una casa senza fondamenta? L'annuncio o la predicazione di Gesù è il fondamento dell'edificio santo di Dio, insegna la Bibbia, e nessuna cosa al mondo lo può sostituire.

b) Dopo l'annuncio viene la catechesi, che è l'insegnamento sistematico delle verità che Dio ci ha rivelato. Se l'annuncio è paragonabile al fondamento, la catechesi lo è alla struttura della casa, ai pilastri che la sostengono. L'edificio della vita cristiana, costruito sull'adesione di fede a Gesù, non si sostiene se non mediante una solida ed appropriata cateche­si. Questa catechesi non può essere che l'applicazione della Parola di Dio e perciò deve essere totalmente ispirata, guidata e sostenuta dalla Parola di Dio. Inoltre essa deve abbracciare tutta la vita adattandosi alle varie età ed alle varie situazioni.

Come tutta la comunità è chiamata ad essere annunciatrice di Gesù, così tutta la comunità è chiamata ad essere catechista, sia pure in modi e gradi diversi.

c) Infine c'è 1'omilia. L'omilia, come dice la parola stessa che deriva dal greco omilèuo = spiego, è la spiegazione liturgica della divina Parola. Essa presuppone fedeli che già abbiano accolto Gesù quale loro Signore e Salvatore e già siano sufficientemente istruiti da una solida catechesi. In caso contrario (che, ahimè!, è il più comune) l'omilia o resta incomprensibile o rischia di cadere a fare la supplente dell'annuncio e della catechesi.

L'omilia è il vertice della predicazione e del ruolo profetico della Chiesa, perché avviene nella celebrazione liturgica: è essa stessa celebrazione della Divina Parola, la mensa verbí che precede e prepara la mensa panis: il banchetto della Parola che precede e prepara quello del Pane Eucaristico! L'omilia ha come effetto quella fede attuale e viva che rende il fedele capace di partecipare attentamente, piamente e vitalmente alla celebrazione liturgica. Essa, infatti, rivela la presenza del Signore nei segni sacramentali ed orienta il cuore alle realtà future. Purtroppo, come ho detto sopra, oggi è piuttosto raro ascoltare una vera omilia, perché i pa­stori d'anime preferiscono, per necessità di cose, usare del tempo destinato all'omilia per fare quell'annuncio e quella catechesi di cui il popolo di Dio è privo. Ma ciò non è né giu­sto, né efficace. Siamo fuori dal piano dello Spirito. Può essere necessaria questa supplenza, ma non è giustificata per sempre o per tutti.

La predicazione della Parola di Dio deve essere accompagna­ta dalla testimonianza. Anzi il suo vero cammino, come abbiamo detto più sopra, è questo: dall'esperienza di fede del credente nasce la proposta al fratello e la proposta si fa cre­dibile e accettabile mediante la testimonianza. La fede, infatti, genera fede se ed in quanto è trasmissione non di parole, ma di vita. Gesù ha voluto che la predicazione della Divina Parola, cioè l'evangelizzazione del mondo, fosse il primo cardine strutturale della sua Chiesa. Per questo ha dotato la sua Chiesa di adeguati carismi dello Spirito, primo tra tutti quello dell'infallibilità. L'infallibilità è un dono dello Spirito per garantire il cammino di fede della Chiesa. Esso è dato al Papa personalmente in quanto Pastore e Maestro universale, poi al corpo episcopale, che è in comunione con Lui, in quanto partecipe dell'unica missione pastorale ed infine alla totalità del Popolo di Dio in quanto ne segue le indicazioni e ne assimila gli insegnamenti.

Lo stesso Spirito infatti parla per bocca dei pastori ed illumina le menti ed i cuori dei fedeli.

2 - Gesù è sacerdote.

Esaminiamo ora il secondo elemento che struttura la Chiesa visibile: è il sacramento ossia la funzione sacerdotale. Gesù infatti è sacerdote cioè Mediatore tra Dio e l'uomo. Egli è il ponte attraverso il quale salgono a Dio le preghiere e le aspirazioni degli uomini, e scendono agli uomini i doni e la grazia di Dio. Questo ponte però è costituito da tante pietre: le pietre siamo noi cristiani, per cui tutta la comunità dei battezzati partecipa a questo ufficio sacerdotale di Gesù. Ogni battezzato è sacerdote in Cristo; non è invece, un prete. Infatti vi è un sacerdozio comune a tutti i fedeli ed un sacerdozio ministeriale, proprio di coloro che Dio chiama al servizio dei fratelli. Altro è il sacerdozio dei battezzati, altro quello dei preti. Tra l'uno e l'altro corre una grande differenza, che non è solo di grado, ma di essenza. Sono due cose diverse. L'importante è sapere questo: che tutta la Chiesa, tutta la comunità cristiana, partecipa al sacerdozio di Gesù, alla sua mediazione. In realtà non c'è che un solo sacerdote, un solo mediatore: Gesù Cristo. Noi siamo sacerdoti e mediatori in Lui, con Lui e per mezzo di Lui in quanto siamo il suo Corpo Mistico. Lo stesso sacramento che ci unisce come membra a Gesù è quello che ci rende partecipi del suo sacerdozio: il sacramento del battesimo. Ogni battezzato diventa parte del Corpo di Cristo e diventa sacerdote con Cristo.

E che cosa fa la Chiesa per esercitare il sacerdozio di Gesù in maniera visibile? Celebra i sacramenti!

Cosa sono i sacramenti? Sono dei gesti liturgici che celebrano, cioè contengono, annunciano e donano, una realtà divina. Sono dei segni che rendono visibile e portano nel cuore la grazia.

Faccio un solo esempio, quello che riguarda il sacramento per eccellenza, il vertice, ma anche la fonte di tutta la vita ecclesiale: l'Eucarestia.

Osservate la Messa: è una serie di riti, di gesti liturgici, quindi visibili, accompagnati da Parole divine che li spiegano. Non sono però dei gesti vuoti: in essi è contenuto e viene offerto il dono di Dio per eccellenza, che è Gesù Salvatore e Signore. Nella Messa il momento supremo ed eterno del sacerdozio di Cristo, il suo sacrificio in croce e la sua glorificazione pasquale, viene significato, annunciato e donato al mondo mediante l'opera sacerdotale e la mediazione del Popolo di Dio. La Messa infatti è la celebrazione liturgica dell'opera della redenzione: non è solo una rievocazione, ma una ri-presentazione vera, reale, efficace mediante il segno sacramentale del pane e del vino.

Si tratta di un segno che è fatto da tutta l'assemblea e non dal solo prete. Il prete vi ha un suo ruolo preciso, insostitui­bile e fondamentale, senza del quale non è possibile l'eucarestia. Questo ruolo gli è dato dal sacramento dell'Ordine che lo rende capace di agire " in persona" di Cristo Capo, Maestro e Sacerdote in maniera particolare e personale, per il servizio della comunità. Ma accanto al prete e, insieme con lui, in gradi e modi diversi, è tutto il Popolo di Dio che celebra l'Eucarestia. E' tutta la Chiesa che si fa presente nella piccola o grande assemblea eucaristica ed offre a Dio le preghiere, le pene, le angosce, le gioie, le speranze, l'amore, il pentimento di tutta l'umanità. E' tutta la Chiesa che predica la Parola mediante la proclamazione della Bibbia, mediante la meditazione comunitaria con il silenzio, 1'omilia, il canto o la recita dei salmi. E' tutta la Chiesa che loda, ringrazia, glorifica il Padre offrendogli, nello Spirito Santo, Gesù nostra Vittima di espiazione e nostro Salvatore. E' ancora tutta la Chiesa che dona questo Gesù al mondo nella mensa della divina Parola, come nella mensa del Pane e del Vino. Se c'è un segno per eccellenza nel quale si rende visibile in maniera evidente il Corpo Mistico del Signore, questo segno è la Messa. Non è l'unico, ma certamente il più importante ed efficace.

Accanto ad esso la Chiesa Cattolica ne conosce altri sei: il Battesimo, la Cresima, la Penitenza o Riconciliazione, l'Ordi­ne Sacro, il Matrimonio e l'Unzione degli Infermi. Inoltre ci sono degli altri segni liturgici chiamati "sacramentali" che, pur non essendo considerati sacramenti nel senso pieno della parola, come lo sono questi sette, tuttavia costitui­scono nel loro insieme un'unica grande azione liturgica del sacerdozio di Cristo e della sua Chiesa perché rendono sempre meglio visibile, palpabile, il mistero pasquale di Cristo e l'azione invisibile del Signore che, mediante lo Spirito, opera la salvezza del mondo.

Se non ci fosse la Chiesa con la sua liturgia, l'opera salvatrice del Signore resterebbe incomprensibile ed inafferrabile per noi.

3- Gesù è re.

Infine il terzo elemento che struttura la Chiesa è il ministero. Esso è, come dice la parola stessa, un dono per il servizio. La comunità ecclesiale non può essere garantita nella sua opera di evangelizzazione e nella sua azione sacerdotale senza la presenza dei sacri ministri. Per questo il Signore ha donato alla Chiesa il ministero gerarchico: affinché perpe­tuasse in mezzo ai fedeli il suo ruolo di Capo e di Pastore. Non è che il sacro ministro sia Gesù: Egli è, anzi, un niente, proprio come le specie del pane e del vino nell'Eucarestia che, in se stesse sono nulla: hanno soltanto funzione di segno.

Il Papa ed il Vescovo, sono un niente in se stessi. Ma, per mezzo del sacramento dell'Ordine e della successione apo­stolica, diventano segni vivi di Cristo Re, cioè di Cristo Capo e Signore della Chiesa. Partecipano perciò del potere di go­verno che ha Cristo: un potere che non è dominio, ma servizio. Un servizio autorevole però. Servono esercitando la sacra potestà del Signore che impersonano. I preti, a loro volta, partecipano a questo servizio episcopale, lo estendono, per così dire fino a tutte le più piccole cellule del Corpo Mistico di Gesù.

Questa funzione ministeriale appartiene anche ai laici, non però attraverso il sacramento dell'Ordine che costituisce la Gerarchia come abbiamo detto, ma attraverso il battesimo per ministeri diversi, come ad esempio il ministero coniugale. I ministeri dei laici sono numerosi e tutti utili, anzi necessari alla vita della comunità. Nella stessa liturgia i laici possono esercitare alcuni ministeri sacri: leggere le sacre letture, servire all'altare e via dicendo. Quando i laici compiono i ministeri loro propri in essi agisce lo stesso Gesù. Per mezzo di essi infatti Gesù esercita la sua regalità nella Chiesa e nel mondo.

Ecco, dunque, come si fa visibile la Chiesa invisibile: attraverso le tre linee di strutturazione: la predicazione della Parola, l'azione liturgico-sacramentale, il servizio ministeria­le e gerarchico.

E' questa, la Chiesa che noi crediamo: Credo Ecclesiam! E' questa la Chiesa di cui siamo membra vive!

In essa e per essa noi continuiamo sulla terra l'opera della salvezza del mondo.

Ne siamo consapevoli veramente?



LA MADONNA E IL SUO MINISTERO MATERNO

La Madonna, che nella sua persona, riassume tutta la Chiesa di Dio, ci aiuti con la sua preghiera e con il suo materno esempio. Essa è immagine della Chiesa anche in questo: infatti Essa ha un suo specifico, personale, mini­stero nella Chiesa, ministero che ha esercitato ed esercita tuttora a nostro favore per volontà di Dio. Lei è chiamata a dare al mondo Gesù. Lo ha dato quando lo ha generato alla vita umana, ma lo dona anche oggi mediante la sua materna intercessione e mediazione di grazia. Questa mediazione non sostituisce quella di Gesù, unico nostro Mediatore con Dio, e neppure la oscura. Anzi contribuisce a renderla più visibile e la estende in ogni anima che rigenera nello Spirito Santo diventandone la Mamma nell'ordine della grazia in obbedienza alla parola di Gesù: "Ecco tuo figlio". Il vangelo ci presenta diversi momenti in cui Maria esercita questo specifico ministero. Non solo quando genera Cristo a Betlemme, ma anche quando lo dona ai pastori e ai Magi, quando Lo offre a Dio nel Tempio, quando intercede per gli sposi a Cana, quando accoglie Giovanni (e noi in lui) come figlio ai piedi della croce e quando, con gli apostoli e i discepoli prega per ottenere il dono dello Spirito Santo.

Quest'azione ministeriale di Maria non è cessata con la sua Assunzione in cielo. Anzi è diventata più importante e più preziosa per la Chiesa e per il mondo come afferma Il Concilio Vaticano II: "Questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti anche dopo la sua assunzione in cielo non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata... E questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente; essa non cessa di farne esperienza e la raccomanda all'amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore" (L.G. 62).

Un "segno" di questa materna, attuale, carità ci è dato nelle cosidette apparizioni. Quando sono autentiche (e spetta alla Gerarchia esprimere un giudizio positivo o negativo su di esse, giudizio alla formazione del quale però contribuiscono anche i fedeli con le loro intuizioni di fede e, soprattutto, con l'esercizio di una devozione seria ed evangelicamente impe­gnata) le apparizioni costituiscono un fatto soprannaturale molto significativo per richiamare l'invito di Maria al messaggio evangelico predicato da Gesù, specialmente alla conversione e alla santificazione della vita, invito che estende quello dato ai servi a Cana di Galilea: "Qualsiasi cosa vi dirà fatela!" (Gv 2,5).



CONTEMPLAZIONE

S. Paolo ci aiuta a contemplare il mistero della Chiesa Corpo Mistico di Cristo.

Prima Letera ai Corinzi cap. 12

Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.

E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Gíudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.

Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra.

Se il piede dicesse: «Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo.

E se l'orecchio dicesse: «Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo.

Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato?

Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto.

Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo.

Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi».

Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie;

e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza,

mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava,

perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre.

Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.

Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue.



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05/09/2009 16:19


- Capitolo 28 -

"CREDO LA CHIESA UNA, SANTA, CATTOLICA E APOSTOLICA"

UNA E SANTA


ieccoci a meditare sull'articolo del Credo che afferma: "Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica". Osservate bene come la Chiesa venga designata secondo quattro caratteristiche o note: una, santa, cattolica, apo­stolica. Non si tratta di quattro etichette da appiccicare alla vera chiesa per distinguerla, ma di un unico grande dono a quattro facce, come un meraviglioso gioiello, che Dio Padre ha voluto regalare alla Sposa del suo diletto Figlio Gesù. E' un seme che deve svilupparsi fino a germogliare in quattro bellissimi fiori. Questo seme ha la sua origine ed il suo mo­dello nella Ssa.ma Trinità, ci è stato dato nel Signore Gesù e viene portato a maturazione dall'opera dello Spirito Santo. Esso è perciò oggetto di fede. Per questo diciamo: credo la Chiesa una santa cattolica ed apostolica!

1 - La Chiesa è una.

Se dovessimo fondarci sulla nostra esperienza ci troveremmo di fronte ad una realtà umanamente triste e peccaminosa. Le confessioni sono tante, le riunioni di persone che credono in Gesù sono molte, le Chiese sono parecchie, ma divise tra di loro. Dov'è la Chiesa una? Che se poi abbassiamo lo sguardo alla nostra comunità ecclesiale quante divisioni, quante chiusure, quanti ghetti!

Ciò nonostante noi crediamo la Chiesa una: "Essa è un popolo adunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spí­rito Santo", dice S. Cipriano. Questa frase, citata anche dal

Concilio Vaticano 11, ci offre il vero senso dell'unità della Chiesa.

"E' un popolo": quindi una moltitudine di persone, di gruppi, di comunità più o meno grandi. Ma è un popolo adunato, ossia convergente. La parola adunare (ad = verso qualcuno o qualcosa) (unificare = diventare una cosa sola), ci dice che questa moltitudine ha un punto di convergenza, come i raggi di una ruota convergono, sono adunati, nel perno. Notate bene che il verbo è messo nella forma passiva. Si dice: "è un popolo che viene adunato". Chi è allora che ci aduna?

S. Cipriano dice: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E' la Ss.ma Trinità che ci unifica. Ed attorno a che cosa ci unifica? Attorno alla sua unità divina: "La. Chiesa è un popolo adunato dall'unità del Padre del aglio e dello Spirito Santo". Dio ci dona la sua misteriosa unità come sorgente della nostra. Ecco perché Gesù quando prega per i suoi discepoli dice: "Fa che siano uno in noi!" (cfr Gv 17,21). Gesù ci svela anche altri aspetti di questa misteriosa unità. Prega infatti così: "Come tu, Padre, sei in Me ed io sono in Te, anch'essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato". La Ss.ma Trinità non solo è la sorgente dell'unità, ma ne è pure il modello. La Chiesa non può essere una in qualsiasi modo, ma nello stesso modo secondo cui le Tre Persone Divine sono un Dio solo. Ecco allora che questa unità diventa testimonianza per il mondo affinché possa credere in Gesù. Ed ecco perché questa unità non può essere opera degli uomini, ma unicamente di Dio. Perciò Gesù continua: "Io ho dato ad essi la stessa gloria che tu avevi dato a me, affinché anch'essi siano una cosa sola come noi" (Gv 17,22). Che cos'è questa gloria se non il Dono dello Spirito Santo? Lo stesso Spirito che fa di Gesù uomo un'unica persona con il Verbo di Dio unificando la natura umana e la natura divina, è quello che "di tanti credenti fa una Chiesa sola, l'unico corpo mistico del Signore".

Vi è, dunque, nella Chiesa di Gesù un'unità donata da Dio ed operata dallo Spirito Santo perché sia testimonianza in favore di Gesù.

E' necessario perciò che questa unità sia resa visibile, palpabile.

Ed è qui che il dono dell'unità diventa il nostro impegno di unità. Sentite come ce ne parla il Concilio: "Gesù per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell'amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell'amore da parte degli Apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi, con a capo il Papa, sotto l'azione dello Spirito Santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell'unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino, e nella fraterna concordia della famiglia di Dio..." (Decr. Ecum. n. 2).

Vediamo un po':

- chi è che vuole tutto questo nella Chiesa? E' Gesù;

- che cosa vuole? "Che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell'unità". Notate bene: non dice che sia conquistata o che sia ottenuta l'unità: essa c'è già nella Chiesa. Ce l'ha messa Dio. E' dono di Dio! Gesù ora vuole che questa comunione nell'unità cresca e sia perfezionata;

- come dovrà essere perfezionata? "Nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino, nella fraterna concordia della famiglia di Dio". Sono le tre linee su cui deve correre il cammino di ogni credente e di tutte le comunità cristiane;

- la confessione di una sola fede: cioè avere tutti lo stesso credo; - la comune celebrazione del culto divino: cioè tutti la stessa eucarestia, gli stessi sacramenti, la stessa liturgia anche se con modalità diverse;

- la fraterna concordia della famiglia di Dio: cioè la carità rispettosa delle differenze e dei vari doni al servizio del bene comune.

Con quali strumenti Gesù vuole ottenere tutto questo? "Per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, e del governo esercitato nell'amore da parte degli Apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il Papa, sotto l'azione dello Spirito Santo".

Ritornano qui le tre linee strutturali che rendono visibile la Chiesa e, in questo caso, ne rendono visibile il cammino verso la pienezza dell'unità.

Questa, è l'unità perfetta, questo è il dono di Dio Padre concesso mediante l'azione continua dello Spirito Santo nella storia nonostante le resistenze e le riluttanze dei cri­stiani.

Questa unità ha una rappresentazione sacramentale che è data dall'Eucarestia, sacrificio e sacramento del Signore, attorno alla quale si unificano i cristiani come diciamo nella preghiera o canone della Messa: "Per la comunione al Corpo ed al Sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo".

Questa unità ha pure una sua rappresentazione istituzionale nel Vescovo della Chiesa locale unito al collegio dei vescovi e con a capo il Papa vescovo di Roma. Ebbene, anche nella strutturazione visibile dell'unità, mediante il segno dell'eucarestia e della gerarchia rimane e vive il mistero della Chiesa "popolo adunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

2 - La Chiesa è santa.

Se è un mistero l'unità, altrettanto lo è la santità della Chiesa. Occorre la fede: Credo la Chiesa santa! Infatti, volendo cogliere la santità della Chiesa attraverso le persone che la compongono, si rischia di avere una grande delusione! Del resto anche il Concilio Vaticano II parla esplicitamente di Chiesa peccatrice, bisognosa di conversione continua. Ma anche nell'antichità non si cercava la santità della Chiesa nei suoi membri. Anzi l'espressione Chiesa santa era molto rara. Nella Bibbia la troviamo una volta sola e precisamente nella Lettera agli Efesini dove si dice: "Mariti, amate le mogli come Cristo ha amato la Chiesa ed ha dato se stesso per Lei per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnata dalla Parola al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa ed immacolata" (Ef 5,25-27).

Qui la Chiesa appare personificata come una sposa e la sua santità non è che il dono nunziale dello Sposo. Chiediamoci. - Quale è la causa della santità della Chiesa secondo questo passo della Lettera agli Efesini? E' l'amore di Cristo portato fino al sacrificio: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei".

La santità, dunque, non è una conquista della Chiesa e dei membri che la compongono, ma un regalo, un dono dello Sposo Celeste.

- In che cosa consiste questo dono? La Bibbia ci dice che il dono della santità della Chiesa è fatto di purificazione e di gloria: "per renderla santa purificandola", ecco il dono nella sua prima parte. 'Alfine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa ed immacolata": ecco il dono della santità nella sua fase finale.

La prima fase è quella della terra, la seconda fase è quella del Cielo. Nella prima fase Gesù purifica la Chiesa, nella se­conda la fa comparire davanti a sè tutta gloriosa.

- Infine chiediamoci: in che modo Gesù purifica, qui sulla terra, la sua Chiesa e la prepara a comparirglisi davanti in Cielo tutta gloriosa? Ancora la Bibbia risponde: "mediante il lavacro dell'acqua e la Parola", cioè mediante i sacramenti e la Parola di Dio.

Sono questi i mezzi che Gesù ha dato alla sua Chiesa perché sia resa pura, senza macchia né ruga o alcunché di simile. Le ha dato anche l'anticipazione ed il modello della vera e perfetta santità nella Vergine Maria riempita di grazia e assunta in Cielo.

Guardando alla Madonna ogni cristiano e tutta la comunità dei credenti, mentre La onorano e La amano come loro Madre, ne ammirano la perfezione e vi si ispirano con tutto il loro impegno e tutta la loro fede, sfor­zandosi di imitarla.

Ed è qui, in questo sforzo, sostenuto dalla Parola e dai Sacramenti che ciascuno di noi viene coinvolto nel dono di Dio, così come avvenne in Maria. Anche la santità, la pienezza di grazia, che c'è in Maria (pienezza già immensa quaggiù, ma resa perfetta ora in Cielo) è dono gratuito di Dio. Maria però non è rimasta passiva, ma ha accolto nella fede questo dono aderendo al Signore Gesù con tutto il suo cuore. Così deve fare la Sposa di Cristo, la Chiesa; così deve fare ciascuno di noi. Ma il cammino di questa adesione a Gesù, sorgente divina di grazia, è lungo, difficile, ostacolato dalla fragilità umana e dalla concupiscenza.



IL CAMMINO DELLA SANTITA'

E' un cammino che ha due risvolti: a) il primo è quello ascendente: è un cammino che va in su, verso l'alto, verso la perfezione ed è faticoso e duro. Noi usia­mo chiamare questo risvolto "ascesi o ascetica cristiana";

b) il secondo risvolto invece è quello discendente: è il cammino della grazia divina che viene in giù, verso di noi per attrarci. Esso precede, accompagna e corona il primo ri­svolto ed è misterioso, sfugge al nostro controllo ed al no­stro sforzo. Per questo noi lo chiamiamo "mistica cristiana". Essenzialmente la mistica consiste nel dono della grazia di-

vina elargito con modalità e gradualità diverse, infinite, se­condo il Disegno di Dio su ciascuno di noi.

Nessuno merita la grazia: essa è gratuita e ci è data solo perché Gesù l'ha meritata per noi e noi crediamo in Lui. Ma quando la grazia arriva al cuore può essere accolta o respinta. Essa interpella la buona volontà dell'uomo.

Anche Maria, che pure aveva ricevuto in un dono privilegiato di grazia fin dalla sua concezione, ha fatto un cammino di perfezione aderendo sempre più a Cristo suo Salvatore e Si­gnore. Per questo la Chiesa si specchia in Lei e nella sua santità. E per questo anche noi, che vogliamo contribuire con la nostra vita santa a rendere sempre più pura e senza macchia la Chiesa, guardiamo a Lei e La invochiamo con fi­liale affetto.

Fermiamoci qui. Vedremo nel prossimo capitolo le altre due note: la cattolicità e 1'apostolicità.

Preghiamo per la Chiesa! Affidiamola alla materna prote­zione di Maria ed impegniamoci ogni giorno ad essere santi secondo la volontà del Signore!



CONTEMPLAZIONE

Contempliamo la bellezza della Chiesa, Sposa del Signore, con occhi di fede fissi nel Cielo dove già molti nostri fratelli sono uniti a Maria nella gloria della Celeste Gerusalemme.

Apocalisse cap. 21

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.

Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".

E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.

Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita.

Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.

Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo sta­gno ardente di fuoco e di zolfo. E' questa la seconda morte». Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello».

L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.

Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.

La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele.

A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte.

Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.

Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura.

La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali.

Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo.

Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.

Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di cri­sòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista.

E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.

Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.

La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.

Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza.

Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte.

E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.

Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.



- Capitolo 29 -

"CREDO LA CHIESA CATTOLICA ED APOSTOLICA"

CATTOLICA E APOSTOLICA


Nel parlarvi delle quattro note della Chiesa "una, santa, cattolica ed apostolica" mi sento sempre più incapace man mano che procedo perché vedo l'orizzonte farsi sempre più ampio, mentre invece il tempo e le capacità si restringono. Per me è una sofferenza grande dover dire: ora basta! Per voi, forse, sarà un sollievo!

II fatto è che sull'unità e sulla santità della Chiesa non ho fatto che balbettare alcune povere cose, quando la realtà è così grande e così bella! Ma pazienza! Voi perdonerete la mia incapacità, come, ne sono certo, mi perdonerà il Signore! Passiamo dunque alle altre due note della Chiesa: la Chiesa è cattolica, la Chiesa è apostolica.



1 - LA CHIESA E' CATTOLICA

- Che cosa significa "la Chiesa è cattolica"?

In greco la parola katholicos significa "universale" e nell'antica filosofia serviva a designare delle affermazioni valide per tutti.

Il primo ad attribuire alla Chiesa questo titolo fu Ignazio di Antiochia il quale scrive: "dove c'è il vescovo, là c'è la comunità, come dove c'è Cristo, là c'è la Chiesa cattolica". Più tardi l'aggettivo divenne sostantivo così che parlando della Chiesa sparsa nel mondo si usava chiamarla senz'altro " la Cattolica". Infine, nel bollore delle polemiche fra le varie Chiese, la parola è ritornata ad essere aggettivo per desi­gnare la nostra Chiesa, quella cioè che fa capo al Vescovo di Roma, al Papa, per cui oggi parliamo di Chiesa Cattolica, di Chiesa Riformata e di Chiesa Ortodossa. Di qui è facile che intorno alla nota "cattolica" professata nel Credo sorgano equivoci e pregiudizi o, comunque, interpretazioni non complete.

Diciamo subito che quando il Credo venne composto le Chiese erano ancora unite per cui il titolo di "cattolica" non designava una di esse in particolare, ma l'unica Chiesa allora esistente.

Diciamo anche che la cattolicità della Chiesa non consiste per se nel fatto che attualmente essa sia diffusa in tutto il mondo e tra tutti i popoli: caso mai questa realtà è il frutto della cattolicità, non la sorgente. La Chiesa era già cattolica al mattino della Pentecoste quando tutti i suoi membri erano contenuti in una piccola sala; lo era ancora al tempo in cui le ondate ariane sembravano sommergerla nella loro eresia, lo sarà anche domani qualora le masse si staccassero dalla vera fede ed essa rimanesse priva di quasi tutti i suoi figli. Infatti l'essere cattolica per la Chiesa non è questione di geografia o di cifre, ma è prima di tutto e soprattutto qualche cosa di intrinseco (cfr H. De Lubac, Cattolicesimo).

In che cosa consiste, dunque, l'essenza della cattolicità della Chiesa?

Consiste nel fatto che la vita che essa porta e comunica è di tale natura che può riunire tutto il genere umano e condurlo a Dio. Consiste, dunque, in un dono che essa ha ricevuto dal Signore per compiere il Disegno della salvezza universale. Questo disegno, più e più volte annunciato dai profeti e proclamato dagli apostoli, lo troviamo espresso anche sulle labbra del grande accusatore di Gesù, il sommo sacerdote Caifa, il quale, senza saperlo, profetizzò quando disse: 'E' meglio che muoia uno solo per tutti". Queste parole vengono commentate così dall'evangelista Giovanni: "Questo però non lo disse di suo, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Giov 11,50-52). Le parole di Caifa, senza che egli se ne rendesse conto, rivelano il cuore della fede cristiana e cioè che il Cristo è morto per tutti, perché sia data la vita eterna a tutta la famiglia umana: è l'universalità della salvezza, è la cattolicità di cui facciamo professione; cattolicità che noi attribuiamo alla Chiesa quale luogo della salvezza nel corso della storia.

Questa, è la capacità, questa è la vocazione intrinseca della Chiesa: dare la vita di Dio a tutti gli uomini, di tutti i luoghi e di tutti i tempi, senza distinzione alcuna. Dice la Bibbia: "Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità" (1Tim 2,4). Poi soggiunge: "Perché uno solo è Dio e uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini: l'uomo Gesù Cristo. Egli ha dato la vita come prezzo del riscatto di noi tutti. A questo modo, nel tempo stabilito, egli ha dato la prova che Dio vuol salvare tutti gli uomini. Per questo io sono stato fatto messaggero ed apostolo, con l'incarico di insegnare ai pagani la fede e la verità" (id. 5-7). In queste parole della Scrittura abbiamo non solo la rivelazione della cattolicità, cioè dell'universalità, del Vangelo, ma anche quello della Chiesa. Paolo, infatti, afferma di essere stato fatto messaggero ed apostolo con la missione di portare a tutti i popoli il vangelo della salvezza.

E qui nasce il nostro impegno di cattolici. Non possiamo rimanere fermi. Abbiamo ricevuto un dono che è stato dato per tutti gli uomini del mondo. Ogni cristiano deve essere anche cattolico, il che significa missionario, proteso verso tutta l'umanità per evangelizzarla.

Rileggiamo meglio e più a fondo le parole della Bibbia.

- S. Paolo afferma innanzitutto quale è la volontà di Dio: "Dio vuole che tutti gli uomini si salvino". Questa volontà è assoluta, non esclude nessuno.

- Ma come possono salvarsi tutti gli uomini? Risponde S. Paolo: "e giungano alla conoscenza della verità". La salvezza è data gratuitamente per fede. E la fede presuppone l'annuncio della verità, cioè dell'evangelo.

- Paolo mette il fatto, l'evento, della morte di Cristo in Croce come fondamento e sorgente della salvezza: "Gesù ha dato la vita come prezzo del riscatto di noi tutti". Ecco la fonte della vita, ecco la base della fede che salva: non verità astratta, ma un fatto concreto: la morte di Cristo. E' su questo fatto che si deve fondare la nostra fede ed il nostro apostolato. Gesù è morto per noi, è morto per tutti!

- "A questo modo, nel tempo stabilito, egli ha dato la prova che Dio vuole salvare tutti gli uomini". Morendo in croce per tutti, Gesù non solo ha compiuto di fatto la salvezza, ma l'ha proclamata, manifestando al mondo il Disegno di Dio. Aveva detto a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di Lui" (Gv 3,16). Ed ancora: "Io quando sarò esultato da terra attirerò a Me tutte le cose" (Gv 12,32). E' questo fatto centrale che noi dobbiamo annunciare a tutti gli uomini testimoniandolo con la nostra fede e con la nostra vita.

- Ma se davvero crediamo al Disegno di Dio - scrive San Paolo - ne viene di conseguenza l'impegno apostolico: "Per questo io sono stato fatto messaggero e apostolo, con l'incarico di insegnare ai pagani la fede e la verità".

Questo impegno è connaturale alla Chiesa: fa parte del suo essere. La Chiesa è per essenza "mandata" a tutte le genti: è cattolica!

Ebbene, anche la natura della cattolicità deve essere visibile: non basta che la Chiesa la possegga: è necessario che si veda! Come l'unità, come la santità anche la cattolicità deve farsi visibile, palpabile.

Ora, secondo il mio modesto avviso, è proprio nel ministero del Papa che ciò avviene. Mentre l'essenza della cattolicità è presente in ogni comunità ecclesiale, non così lo è la sua vi­sibilità. C'è soltanto una persona che incarna visibilmente questa cattolicità perché si presenta al mondo come il vescovo di tutta la Chiesa, il Vicario di Gesù in terra, Colui attorno al quale si raduna tutto il Popolo di Dio, pecorelle e pastori. Questa persona è il Papa. E' nel Papa che ogni credente trova il punto d'incontro con tutti i fratelli sparsi nel mondo e si sente membro di un'unica famiglia. Non certo perché il Papa, in quanto uomo, possa avere il potere di essere centro della Chiesa. Vi è un solo centro nella Chiesa e questo centro è il Cristo. Ma il Papa ne è il segno che Lo rende visibile come Pastore universale. Quando ho avuto la grazia di celebrare l'Eucarestia insieme al Papa ho fatto un'intima esperienza della cattolicità. Sentivo che quel piccolo altare, nella cappella privata del Pontefice, era il vertice del mondo, il punto più alto della Chiesa, il luogo dell'incontro di Gesù con la sua Sposa. Ciò avviene in ogni messa e su ogni altare, lo so. Ma lì io lo sentivo in maniera quasi palpabile. Sentivo che lì si unificavano tutte le preghiere e le aspirazioni dei credenti e di tutto il mondo. E lì ho imparato a rendere più cattolica la mia Messa. Lì c'era una visione grande, come dall'alto di una montagna. Lì, per me, il Papa era il segno visibile della cattolicità della Chiesa. Ogni altra persona, per quanto degna ed importante rappresenta e rende visibile solo una parte del Popolo di Dio. Un Vescovo, pur essendo vescovo per tutta la Chiesa, di fatto rende visibile la sua diocesi: è il vescovo di quella porzione del Popolo di Dio. Il Patriarca d'Oriente esprime la sua comunità, il Pastore protestante la sua congregazione, il Prete la sua parrocchia. Solo il Papa esprime visibilmente l'universalità della Chiesa, la sua cattolicità. Lui solo è il Pastore per eccellenza: "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle!" (Gv 21,15 ss). Se mancasse il Papa non saprei come la nota della cattolicità si potrebbe rendere visibile in maniera adeguata! Basta aprire la radio e la televisione in una delle grandi feste cristiane per avere un'immagine visibile della cattolicità ecclesiale! Basta trovarsi una volta tanto in piazza S. Pietro e partecipare ad una di quelle grandiose udienze per sentirci coinvolti nell'universalità della Chiesa. Lì ci si trova diversi per lingua, costume, espressione: ma ci si sente un cuor solo ed un'anima sola nell'unica fede. Ed il segno di questa unità e di questa cattolicità è sempre quell'uomo vestito di bianco: il Papa. Italiani, tedeschi, inglesi, spagnoli, americani, asiatici, africani: ci sentiamo come nel giorno di Pentecoste: ci sentiamo cattolici; respiriamo l'universalità del Vangelo e della Chiesa.



2 - LA CHIESA E' APOSTOLICA

- Vediamo ora che cosa significa che la Chiesa è apo­stolica.

Immediatamente questa parola rievoca l'immagine dei dodici apostoli e ben a ragione. Su di essi, infatti, è costruita la Chiesa come dice S. Giovanni nell'Apocalisse quando de­scrive la Celeste Gerusalemme: "Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i nomi dei dodici apo­stoli dell'Agnello" (Ap 21,14). E S. Paolo nella Lettera agli Efesini scrive: "Voi siete concittadini dei santi a familiari di Dio, edíficati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In Lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in Lui anche voi, insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef 2,19-22).

Ecco qui chiaramente descritta la nota dell'apostolicità della Chiesa.

Esaminiamola un po' meglio.

- S. Paolo si rivolge ad una comunità particolare, quella di Efeso, e che cosa dice? Dopo aver riconosciuto che una volta questi fedeli erano pagani, senza Dio, separati dal Popolo di Dio, ora afferma che, per la redenzione di Cristo, essi sono diventati concittadini dei santi e familiari di Dio. Qui la parola santi non indica i beati del Cielo, ma i credenti in Cristo, i cristiani. Mediante la fede ed il battesimo gli Efesini (e con loro ogni altro uomo che crede in Gesù) entrano a far parte della famiglia di Dio e diventano concittadini dei santi, cioè parte del Popolo di Dio che è la Chiesa e figli di Dio, quindi fratelli tra loro.

- "Infatti - scrive ancora S. Paolo - voi siete stati integrati in quella costruzione che ha per fondamento gli apostoli ed i profeti". Egli paragona la chiesa al Tempio Vivente di Dio, alla sua casa, alla sua Dimora. Ebbene questa Casa ha come fondamento gli apostoli ed i profeti (qui con la parola profeti s'intendono i predicatori del Vangelo più che i profeti dell'Antico Testamento) cioè ha per fondamento la predicazione, la parola, la dottrina degli apostoli di Gesù. La vera Chiesa è fondata sull'insegnamento apostolico. Infatti è agli apostoli che Gesù comanda: 'Andate in tutto il mondo e predicate il mio Vangelo a tutte le creature".

- S. Paolo prosegue affermando che Gesù stesso è la pietra angolare, quella cioè che tiene unite in un corpo solo le due componenti della Casa di Dio: gli ebrei ed i pagani. Una volta essi erano divisi, ora, per opera della predicazione apostolica, essi formano una sola cosa in Cristo. In tal modo "tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore".

Vedete, cari amici, quanto sia importante essere fondati sulla predicazione apostolica. E' questa predicazione che ci garantisce l'appartenenza alla vera Chiesa di Gesù. S. Ire­neo, vescovo di Lione e martire, scrive: "Il Signore di tutte le cose diede ai suoi apostoli il potere di annunciare il Vangelo ed attraverso di loro abbiamo conosciuto la verità, cioè l'insegnamento del Verbo di Dio. A loro il Signore disse: chi ascolta voi, ascolta me e chi disprezza voi, disprezza me e Colui che mi ha inviato. Non attraverso altri noi abbiamo conosciuto l'economia (il progetto) della nostra salvezza, ma attraverso coloro per mezzo dei quali il Vangelo è giunto fino a noi. Quel Vangelo essi allora lo predicarono, poi per la volontà di Dio ce lo trasmisero in alcune scritture perché fosse fondamento e colonna della nostra fede... Chi non dà il proprio assenso a questi insegnamentí, disprezza coloro che sono diventati partecipi del Signore, disprezza il Signore, e di­sprezza anche il Padre e si condanna da sè... " (Ad. Her. III, par. 1,2). Più avanti S. Ireneo ci dice che la predicazione apostolica continua per mezzo dei vescovi della Chiesa: " la tradizione che viene dagli apostoli si conserva nella Chiesa grazie alla successione dei presbiteri... Questa tradizione, manifestata in tutto il mondo, possono vederla in ogni Chiesa tutti coloro che vogliono vedere la verità e noi possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli apostoli nelle chiese ed i loro successori fino a noi". S. Ireneo scrive queste parole per confondere gli eretici che insegnavano dottrine contrarie a quelle insegnate dalla tradizione apostolica e chiama a prova di quanto dice la successione apostolica dei vescovi. "Ma poiché sarebbe troppo lungo in quest'opera enumerare la successione di tutte le chiese - egli scrive - prenderemo la Chiesa grandissima ed antichissima ed a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo... Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d'accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte - essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli" (Ir. C. H. 111, 3). "Questa è la prova più completa che una e medesima è la fede vivificante degli apostoli che è stata conservata e trasmessa nella verità" (id.).

E' ancora nel Papa e nei vescovi in comunione con Lui che risalta la nota della apostolicità. La vera Chiesa di Gesù è apostolica in quanto è fondata sulla tradizione degli apostoli conservata e predicata dai loro successori, il Papa ed i vescovi. Chi si separa da loro si separa dalla vera Chiesa.

Come possiamo far risplendere questa nota se non mediante la fedeltà al Papa ed al Vescovo? Non è fedeltà agli uomini, ma al Signore che rappresentano. Possono essere anche meno capaci e meno degni di tanti altri, possono essere pieni di li­miti e di debolezze, addirittura possono essere anche dei grandi peccatori, ma non cessano per questo di essere i garanti della Tradizione Apostolica: "Chi non dà il suo assenso ai loro insegnamenti - dice San Ireneo - disprezza il Signore, disprezza anche il Padre e si condanna da sè!".

Fedeltà all'insegnamento del Papa e dei Vescovi: ecco il no­stro impegno di cattolici ed apostolici. Ecco come noi pos­siamo e dobbiamo mostrare a tutto il mondo la realtà della vera Chiesa.

"Credo la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica" è la professione della nostra vera fede, è l'impegno della nostra te­stimonianza cristiana.

Se amiamo Gesù e amiamo la Chiesa facciamo sì che la no­stra vita sia adorna di queste quattro note, le quattro note che rendono visibile e garantita l'autentica Chiesa del Signore.

La Madonna vi illumini e vi accompagni in questo vostro impegno.



CONTEMPLAZIONE

Questa volta useremo per la nostra contemplazione un brano dell'Antico Testamento. Immagina di vedere, con gli occhi del cuore, quanto descrive il profeta e lasciati trasportare dalla preghiera.

Isaia cap. 2

Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide riguardo a Giuda e a Gemsalemme.

Alla. fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla. cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti.

Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. For­geranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la. spada contro un altro popolo, non si eserci­teranno più nell'arte della guerra.

Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore. Salmo 86

Le sue fondamenta sono sui monti santi;

il Signore ama le porte di Síon più di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose stupende, città di Dio.

Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono; ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia: tutti là sono nati.

Si dirà di Sion: «L'uno e l'altro è nato in essa e l'Altissimo la tiene salda».

R Signore scriverà nel libro dei popoli: «Là costui è nato». E danzando canteranno; «Sono in te tutte le mie sorgenti».



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05/09/2009 16:21


- Capitolo 30 -

"CONFESSO UN SOLO BATTESIMO PER LA REMISSIONE DEI PECCATI"

LA GIUSTIFICAZIONE PER FEDE


Dopo la professione di fede nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, il Credo prosegue dicendo: "Con­fiteor unum baptisma in remissionem peccatorum: confesso che esiste un solo battesimo per la remissione dei peccati". Nel simbolo apostolico si afferma semplicemente: "Credo la remissione dei peccati".

Questo articolo del Credo, nella sua brevità, dice molto di più di quello che appare a prima vista. Infatti esso professa la fede cristiana:

- nell'esistenza del peccato e dei peccatori;

- nella remissione, ossia nel perdono o giustificazione;

- nel ministero della Chiesa che con i suoi sacramenti tale perdono attualizza in noi.

Vediamo attentamente i singoli punti.

1) Il Credo professa la fede cristiana nell'esistenza del Peccato e dei peccati.

Per Peccato intendo il peccato originale. Per peccati intendo le colpe personali. Queste dipendono da quello: non siamo peccatori perché facciamo peccatiu ma facciamo peccati perché siamo peccatori. I peccati personali sono il frutto del Peccato che è radicato in noi fin dall'origine.

E' difficile determinare in che cosa consista concretamente in noi il Peccato originale. Sappiamo che c'è e che si chiama così perché sta all'origine della nostra storia umana. all'origine della nostra esistenza personale ed all'origine di ogni nostro peccato. E' la fede che ce lo dice. La ragione umana può solo prendere atto della corruzione che esiste in ogni uomo ed in ogni generazione dell'umanità a cominciare dai primi uomini che comparvero sulla terra. Il male esiste e non solo al di fuori dell'uomo, ma anche al di dentro di lui. Nessuna persona intelligente può negare questa triste realtà. Tutta la storia è lì a dimostrarla. Tuttavia questo non è il peccato originale che confessa la fede cristiana. Semmai ne è la conseguenza, la prova palpabile. Il peccato originale, come del resto ogni peccato, lo si può cogliere solo per fede perché riguarda il rapporto con Dio.

Il peccato non è il male semplicemente: è il male visto nella luce di Dio. Perciò chi non ha fede può cogliere l'esistenza del male, ma non quella del peccato. Vi faccio un esempio: la menzogna. La menzogna è ritenuta un male morale da tutte le persone intelligenti ed oneste. Nessuno, se ha il bene dell'intelletto e la rettitudine del cuore, osa affermare che la menzogna è un bene! Però solo chi crede nel comandamento di Dio "Non dire il falso" sa e crede che la menzogna è anche peccato, cioè disobbedienza a Dio, offesa di Dio! Se uno non crede in Dio, non può credere neppure nel peccato, anche se riconosce il male.

Infatti: chi determina ciò che è bene e ciò che è male se non ci fosse Dio? E fino a che punto un male sarebbe male? Torno all'esempio della menzogna. Per certa gente che non crede in Dio il fine giustifica i mezzi, per cui si può anche dire delle bugie in certe circostanze, si può anche giurare il falso per il bene del partito o dello stato. Altrettanto si dica dell'assassinio. Per chi non crede in Dio uccidere un ragazzo è un orribile delitto, procurare un aborto invece è lecito. Questo avviene, ed è logico, quando il bene ed il male sono determinati dalla propria coscienza o da quella dello stato o del partito. Ma se uno crede in Dio allora è da Lui e da Lui soltanto che viene determinato il bene ed il male. Allora non dire il falso vale sempre, in ogni caso. Così il non uccidere riguarda ogni vita senza eccezione. In questo caso la coscienza umana è illuminata dalla Parola di Dio e l'eventuale trasgressione della sua legge si evidenzia come peccato, ossia come offesa al Signore ed ostacolo alla comunione con Lui. Questa distinzione tra male e peccato è molto importante anche riguardo alla remissione dei peccati. Se uno non crede in Dio e commette un'azione malvagia, sentirà un senso di colpa in sè. Come lo toglierà? Cercando di persuadersi di non aver fatto niente di male (che male c'è?) oppure autopunendosi con il rimorso e magari con l'autocritica. Non per questo però avrà la vera pace! Il sassolino che c'è nella scarpa non cessa di farti zoppicare nonostante che tu ti vada ripetendo che è niente. Se però non lo togli di fatto, esso continuerà a darti fastidio e salterà fuori al primo passo. Viceversa se ti fermi e lo togli, il tuo piede resterà libero e tu potrai camminare speditamente.

Ora il male non lo si può togliere negandolo e neppure con l'autocritica o l'auto punizione. C'è una sola medicina: quella del perdono. Perché? Perché il perdono toglie il peccato e, con esso, il male. E' questo il vero senso della remissione dei peccati. Essa non è una finzione psicologica: è un intervento divino accolto con fede che fa scomparire nel nulla il peccato. Questo intervento si chiama anche giustificazione.

2) E siamo così al secondo oggetto della fede: la remissione. La Chiesa proclama la sua fede nella remissione dei peccati, sia del peccato originale come dei peccati attuali e personali.

Il peccato originale, vi ho già detto, sta all'origine della no­stra vita e della nostra storia. Inoltre è lui l'origine, la causa di ogni nostro peccato personale. Quando l'albero è marcio non può dare che frutti bacati.

L'uomo è inquinato fin dalle origini: nasce peccatore. Questo ci insegna la Bibbia! In seguito l'uomo compie azioni malvagie, commette peccati. Non c'è nessun uomo che non sia peccatore: tutti nascono peccatori, tutti sono peccatori. Anche questo ce lo insegna la Bibbia. Per cui io mi riconosco peccatore non solo perché faccio quotidiana esperienza di peccati personali, ma prima ancora perché la Parola di Dio mi rivela che lo sono. Anche un bambino, che noi diciamo innocente, in realtà è un peccatore: non ancora per aver commesso peccati personali, ma perché porta il marchio del peccato nella sua carne umana. E' nato da un albero malato, dall'albero inquinato dell'umanità.

A questo punto la Parola di Dio mi fa un'altra rivelazione: mi rivela che Dio mi rende giusto per mezzo della fede in Cristo. Per mezzo di questa fede Dio mi sottrae alla corruzione dell'umanità e mi rende partecipe di un'umanità nuova.

Per mezzo di questa fede Dio mi cancella i peccati personali e mi dona una vita santa.

Questa azione di Dio in me per mezzo della fede si chiama giustificazione o anche remissione dei peccati.

a) Vediamo prima di tutto come Dio mi giustifica dal peccato originale.

Abbiamo visto come il peccato originale si trovi alla radice della nostra vita umana. Dio, dunque, deve agire lì, alla radice. E così Egli ha fatto una volta per sempre. Egli ha creato una umanità nuova. Prima però ha distrutto quella vecchia, quella del peccato.

Quando? Come? Dove? Quando Gesù è morto in croce sul Golgotha! Allora Dio ha caricato sopra il suo Figlio la nostra umanità peccatrice e l'ha fatta morire in Croce con Lui. Quando è morto Gesù in Lui e con Lui è morta l'umanità peccatrice, così come se io metto un segnalibro in un volume e brucio il volume, con lui brucio anche il segnalibro. Poi Dio ha dato a suo Figlio una umanità nuova: quella della risurrezione. La Croce è stata la porta attraverso la quale la vecchia umanità è stata trasformata in quella nuova. Questo è un fatto meraviglioso che Dio ha compiuto una volta per sempre e per tutti in Cristo Gesù.

In che modo ora questo mistero di morte e di risurrezione, di distruzione e ricostruzione, può attuarsi in me? Mediante la fede. Una fede però non solo creduta ma anche professata come insegna la Bibbia: "Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza" (Rom 10,9-10).

Ecco allora il battesimo. E' una professione di fede nella morte e nella risurrezione di Gesù. Professi la morte tua in Cristo immergendoti nell'acqua come il cadavere viene calato nella tomba. Professi la tua risurrezione in Cristo emergendo dall'acqua, come Cristo è uscito dal sepolcro, come il bambino emerge dal seno materno, come il mondo è emerso dalle acque primordiali.

Il battezzato è un uomo nuovo, una creatura nuova, è una nuova creazione. Tutto ciò che apparteneva alla vecchia uma­nità è rimasto sepolto per sempre nella tomba di Cristo raffi­gurata dall'acqua del fonte battesimale. Ora c'è nel battezzato una vita nuova, quella di Cristo e un giorno anche la sua carne parteciperà alla risurrezione dopo che sarà stata distrutta dalla croce nella morte. Allora la giustificazione sarà attuata in tutta la sua pienezza e il disegno salvifico di Dio, per mezzo di Cristo ed in Cristo, apparirà in tutta la sua gloria.

b) Ora vediamo invece come Dio ci giustifica dai peccati attuali e personali.

Il battezzato dovrebbe comportarsi da uomo nuovo, cioè sull'esempio di Cristo. Purtroppo avviene che si lasci ancora dominare dal peccato, che ritorni ancora schiavo del peccato e sotto il dominio delle passioni. Capita come al drogato che ha fatto la cura necessaria per liberarsi, una volta per sempre, della schiavitù della droga. Egli ora è libero. Se vuole può cominciare a vivere una vita nuova. Ma ecco che gli antichi compagni lo assediano, lo tentano ed egli cede alle loro sollecitazioni e ricade nel giro.

Con il battesimo Dio ti ha liberato dal peccato e ti ha dato una vita nuova. Ma il demonio, la carne, il mondo ti tentano e tu cadi ancora in balìa del peccato. Commetti delle azioni che Dio condanna come peccato. Ritorni ad essere un peccatore. Ebbene, Dio misericordioso ti offre ancora la possibilità di liberarti dal peccato e salvarti mediante la fede nel Sangue Prezioso di Gesù. Gesù infatti non solo ha preso su di sè la nostra natura peccaminosa per distruggerla con la Croce e ricostruirla con la risurrezione, ma anche ha preso su di sè ogni nostro peccato personale, lo ha portato con sè sulla croce e lo ha espiato con il suo sangue. Questo sangue è così prezioso agli occhi di Dio che basta ad espiare ogni colpa passata, presente e futura. La Bibbia ci rivela che il Sangue di Gesù è offerto in espiazione per tutti i peccati del mondo e per ogni singolo peccato. In che modo questa espiazione di Gesù si attua in me e per il mio peccato? Ancora mediante la fede. creduta e professata. Anche qui occorre il cuore e la bocca. Il cuore crede riconoscendo sinceramente il peccato e detestandolo perché ha offeso Dio. La bocca diventa confessione pubblica, cioè proclamazione del perdono per i meriti del Sangue di Cristo. Anche questo avviene nella Chiesa per mezzo di un sacramento: il sacramento della Riconciliazione. Quando vai a confessarti tu professi la fede che hai nel cuore; proclami cioè la misericordia di Dio celebrando nel rito sacro la tua partecipazione al mistero della morte e della risurrezione del Signore che si attua in te mediante la remissione dei peccati. San Giovanni scrive infatti: "Se riconosciamo i nostri peccati Egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci puríficherà da ogni colpa" (S. Giov 1,9).

Battesimo e Riconciliazione sono due professioni di fede nell'unico mistero della redenzione e della remissione dei peccati.

3) E qui siamo giunti al terzo punto della nostra professione di fede.

Dio si serve del ministero della Chiesa per la remissione dei peccati. Egli ha detto: 'Andate e battezzate tutti gli uomini" (cfr Mt 28,19) come pure: "Coloro ai quali rimettete i peccati li avranno rimessi, coloro ai quali non li rimettete saranno loro ritenuti" (Gv 22,23). Non c'è, dunque, remissione dei peccati se non nella Chiesa e per il ministero della Chiesa. Dicendo così non intendiamo che sia la Chiesa a giustificare il peccatore: chi giustifica è Dio. La Chiesa è soltanto il luogo e lo strumento della giustificazione e della remissione perché la Chiesa è Cristo attuale e vivente nel mondo di oggi. Il potere di rimettere i peccati Dio lo ha dato a suo Figlio e suo Figlio vive ed opera nel suo Corpo che è La Chiesa.

4) Un'ultima cosa, essa pure importante. L'opera dello Spirito Santo.

E' Dio che giustifica, per i meriti di Cristo, mediante la fede ed il ministero della Chiesa, ma chi compie la k trasformazione interiore dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita è lo Spirito Santo. Avviene come quando uno apre la finestra in una stanza buia. Chi apre sei tu, ma chi caccia via il buio è il sole con i raggi. Il peccato è come il buio: scompare quando entra la luce. Tu apri la finestra con il tuo battesimo o con la tua confessione. Allora entra nella tua anima lo Spirito Santo ed il peccato scompare per sempre. Lo Spirito porta in te la luce, il calore, la vita di Cristo co­sicché non c'è più buio, freddo, morte in te. Non sei più tu che vivi, vive in te Gesù!

La giustificazione quindi non è soltanto remissione dei peccati: è anche santificazione operata dallo Spirito Santo. Anzi, è proprio il dono dello Spirito che cancella e toglie in te il peccato. Perciò la giustificazione è vita nuova, è realtà nuova. Essa ci fa giusti e santi agli occhi di Dio, il che si­gnifica che lo siamo davvero: ciò che Dio dichiara giusto e santo non può che essere giusto e santo nella realtà.

Allora ecco di nuovo la fede, io devo credere nella dichiarazione di Dio e ritenermi realmente rinnovato, reso giusto, santificato! Allora non ha più ragione di esistere il senso di colpa che mi accompagna anche dopo la mia giu­stificazione. Esso è un'illusione demoniaca che tende a far prevalere le mie sensazioni sulla fede in Dio e nella sua Parola. Mi è stato detto: "I tuoi peccati sono stati perdonati'? Dunque lo sono davvero. Dunque devo comportarmi di conseguenza: ossia nella pace, nella serenità, nella gioia. 1 miei peccati non ci sono più e non ci saranno mai più. Dio non ritorna mai sulle sue decisioni. Ha deciso di perdonarmi per i meriti di Cristo? Ebbene il suo perdono è vero ed eterno! Perché allora tormentarmi ancora? Non è meglio invece che dedichi tutte le mie energie a lodare ed a ringraziare la bontà di Dio ed a vivere la vita nuova che Egli mi ha dato?

Credo la remissione dei peccati! Sì, o Signore, ci credo sul serio e per questo ti lodo e ti benedico. Mi hai perdonato, mi hai fatto un uomo nuovo. Aiutami a vivere questa nuova realtà che è in me per opera del tuo Spirito. E tu, Maria, che non hai mai conosciuto peccato, sei stata resa giusta e santa dalla bontà di Dio in virtù dei meriti di Cristo fin dalla tua concezione, prega per me!



CONTEMPLAZIONE

Di fronte a queste meravigliose verità di fede non ti resta che contemplare la bontà e la misericordia del Signore e cantare con Maria il tuo Magnificat.

Vangelo di Luca cap. 1

Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troní, ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi.

Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».

1a Lettera di Giovanni cap. 1

Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre.

Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.

Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi.

Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa.

Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.



- Capitolo 31 -

"ASPETTO LA RISURREZIONE DEI MORTI"

LE ULTIME REALTA'


Gli ultimi due articoli del Credo ci mettono di fronte alla realtà del mondo futuro. Essi dicono: 'Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà".

La fede del cristiano assume qui un atteggiamento di attesa. Colui che attende è certo, è sicuro di quello che aspetta altrimenti non resterebbe lì in attesa. C'è, dunque, la certezza della fede insieme con la tensione della speranza. San Paolo insegna: "Noi siamo stati salvati nella speranza" (Rm 8,24). Che cosa vuol dire? Vuol dire che se le basi, cioè i fatti fondamentali della nostra salvezza sono già state poste da Dio, la pienezza ed il completamento della loro azione si avrà solamente nel futuro. Noi mediante la fede possediamo già le basi della salvezza, cioè i fatti salvifici di Dio, ma non possediamo ancora nella pienezza il loro frutto. Per questo noi siamo come uno che aspetta. C'è un appuntamento con "Qualcuno" e con "qualcosa". E noi siamo lì che aspettiamo che questo Qualcuno venga e questo qualcosa si compia. Ne siamo certi, sicuri. Ecco perché siamo qui in attesa!

Chi è questo Qualcuno che aspettiamo? E' Gesù: "Egli verrà di nuovo nella gloría!", come abbiamo detto in un altro articolo del Credo!

E cos'è questo qualcosa che attendiamo? `Ea risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà".

Del ritorno di Gesù abbiamo già parlato. Ora dobbiamo me­ditare un po' sul significato delle due realtà future che attendiamo ossia la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.

La risurrezione dei morti.

E' un argomento molto interessante perché ci tocca nel più intimo delle nostre aspirazioni. Noi, infatti, ci sentiamo ribellare di fronte alla morte e quando questo doloroso avvenimento entra in qualche modo nella nostra vita, ecco che ne siamo rattristati ed angosciati.

Anche i pagani si sono posti la domanda se esista un aldilà, cioè una vita oltre la morte. In genere hanno dato una risposta positiva, ma gli argomenti filosofici e religiosi addotti lasciano ampi margini all'incertezza. Non c'è un argomento razionale o scientifico capace di togliere ogni dubbio su questo punto. Oggi si moltiplicano libri, discussioni e sperimentazioni a livello parapsicologico e scientifico. L'interesse cresce ogni giorno più, ma non per questo vengono meno i dubbi e lo scetticismo.

Dobbiamo onestamente riconoscere che la fede in una vita oltre la morte è alquanto scaduta in questi ultimi tempi. Una recente statistica demoscopica sulla religiosità degli italiani ci dice che mentre coloro che affermano di credere in Dio sono tra 1'80 ed il 90% della popolazione e coloro che si dichiarano credenti in Cristo sono tra il 70 e 1'80%, quelli che professano la fede nell'aldilà sono appena il 50%.

Come mai questa differenza?

Leggendo un articolo comparso sulla Civiltà Cattolica ho trovato delle cose interessanti in proposito che desidero riassumere con parole semplici, comprensibili a tutti.

Le cause che portano molta gente a rifiutare o a mettere in dubbio l'esistenza di una vita ultra terrena sembrano essere principalmente due:

- la prima è questa: è difficile per noi, che viviamo in questo mondo, concepire e pensare un'esistenza diversa, senza il corpo, o con il corpo risuscitato. Per cui o la si pensa né più, né meno come un prolungamento del nostro modo di vivere

terreno (con le stesse esigenze, gli stessi sentimenti, ecc.) e ciò è falso; oppure ci si serve di simboli e di immagini (il Pa­radiso visto come un banchetto, un bel giardino, ecc.) e allora facilmente si cade nel puerile o nel favoloso. Purtroppo un certo modo di predicare o di scrivere su questo argomento ha facilitato questi due errori;

- la seconda causa, invece, è di ordine sociologico. Sotto la pressione dell'ideologia materialista sembra a molti cristiani che la fede nell'aldilà disimpegni il credente dalla costru­zione di un mondo diverso quaggiù. Il che risulta assolutamente falso da un punto di vista evangelico, tanto è vero che Cristo condanna proprio i fannulloni, quelli che seppelliscono i loro talenti.

Purtroppo un certo tipo di cristianesimo del passato (che tuttora vive in alcune frange del nostro popolo) sembra proprio dar ragione a questa accusa, in quanto sembra indurre ad una certa acquiescenza di fronte all'ingiustizia, a tutto beneficio dei potenti e dei ricchi, quasi che non ci si possa e non ci si debba indignare e ribellare davanti all'ingiustizia così come ha fatto il Signore Gesù. In tal modo è facile far passare la fede nella vita eterna come l'oppio del popolo, cioè come qualcosa che serve ad addormentare la povera gente perché non si ribelli. Ma anche qui si tratta di una interpretazione distorta del Vangelo, perché il vero Vangelo proclama beati coloro che hanno fame e sete di giustizia e coloro che si adoperano per portare nel mondo l'ordine e la pace. Gesù stesso ha avuto parole roventi e minacce severe contro i ricchi e gli sfruttatori, mentre si è decisamente schierato con i poveri e gli sfruttati. Solo che la rivoluzione portata da Gesù non è fatta di bagni di sangue e di lager, ma è una rivoluzione d'amore. Altro è dire che non vogliamo vincere l'ingiustizia con le fucilazioni e con la Siberia e altro è dire che vogliamo stare dalla parte dei potenti. Il cristiano deve lottare per la giustizia e la pace, ma la sua sarà una lotta formata sull'amore.

Certo, chi non ha fede in Dio non ha fede neppure nella potenza dell'amore e crede solo nella forza e nella violenza. Invece chi crede in Dio ha fiducia nella rivoluzione dell'amore perché in essa agisce la potenza del Signore. Vedete allora come lo scadere della fede nell'aldilà dipende da una non ben stabile fede in Dio ed da una dolorosa e colpevole ignoranza del vero insegnamento del Vangelo.



L'ALDILA' CRISTIANO

Ma veniamo ora ad esaminare la dottrina cristiana dell'aldilà, quella che proclamiamo con le parole: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà".

- Diciamo innanzitutto che la visione cristiana dell'aldilà, tecnicamente chiamata escatologia (dalla parola greca Eschata = le cose ultime), comprende due momenti: 1) quello che segue immediatamente la morte del singolo uomo e 2) quello che avrà luogo alla fine dei tempi. Questi due momenti sono distinti nel tempo, ma costituiscono un unico fatto, un unico evento. Così infatti ci appare dalla Bibbia e dall'insegnamento costante della Chiesa. E' sbagliato separarli perché il primo prepara il secondo, è in funzione del secondo. Tutto, infatti, è ordinato al Regno Eterno di Dio. - In secondo luogo quando si parla di questo fatto bisogna saper ben distinguere l'insegnamento della fede - quale si trova nella Sacra Scrittura e nelle definizioni del Magistero della Chiesa -, dalle rappresentazioni che durante i secoli sono state date di tali realtà ultime, sia nell'insegnamento comune, sia nelle raffigurazioni artistiche, sia nell'imma­ginazione popolare. Purtroppo la maggior parte dei cristiani guarda all'aldilà proprio con questi occhi strabici e, di conseguenza, ha una visione distorta, se non falsa, della verità.

Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di ristabilire il giusto equilibrio, sperando di non scandalizzare nessuno.



LA MORTE CRISTIANA

Il primo fatto che vogliamo esaminare è la morte. Che cosa è la morte per un cristiano? La morte ha due facce: una faccia biologica ed una faccia cristiana.

1 - Da un punto di vista biologico la morte è il logico compimento del ciclo vitale dell'uomo: si nasce, si muore! L'esperienza ci dice che ogni essere vivente (pianta, animale, uomo) segue questo ciclo senza eccezione.

"Dalla terra sei stato tratto ed alla terra dovrai ritornare": è la realtà che constatiamo in ogni momento (Gen 3,19). Tuttavia, come abbiamo detto all'inizio, l'umanità, fin dai tempi più antichi, ha sempre avuto fede nell'immortalità dell'uomo. Anche i pagani, a cominciare dagli uomini della preistoria fino ai popoli più evoluti, hanno sempre avuto cura dei loro morti ed hanno sempre manifestato la loro certezza nel proseguimento della vita umana nell'aldilà. La filosofia occidentale antica ha individuato nell'uomo due elementi: materiale e corruttibile (quindi mortale) l'uno e lo ha chiamato corpo; spirituale ed incorruttibile (quindi immortale) l'altro e lo ha chiamato anima. Questa terminologia è stata accolta anche dalla teologia cristiana, benché il punto di vista sia diverso: la teologia, infatti, parte non dal ragionamento o dall'esperienza, ma dalla Parola di Dio. E la Parola di Dio conferma che nell'uomo c'è un elemento spirituale ed immortale, chiamatelo come volete: anima, spirito, ecc.: le parole sono solo strumenti per capire e per comunicare. Quello che conta è il contenuto: e qui il contenuto è proprio l'immortalità dell'uomo.

2 - Da un punto di vista cristiano la morte non è solo un fatto biologico: è anche e soprattutto un fatto umano e sal­vifico. Che cosa vuol dire? Voglio dire che la morte costitui­sce per l'uomo un momento importantissimo, anzi il più importante, della sua esistenza perché da esso dipende il suo futuro nell'aldilà. Infatti è proprio nel momento della morte che l'uomo assume definitivamente la propria responsabilità di fronte a Dio ed al suo Regno.

E' lì che si decide definitivamente per il sì o per il no!

E' come quando uno arriva alla frontiera e deve esibire il suo passaporto: o è in regola e passa, o non è in regola e viene fermato e, magari, arrestato.

Guardate che cosa è successo ad un regista qualche tempo fa. Nel suo lontano passato c'era una pendenza con la legge: aveva commesso un reato pecuniario, che non aveva mai espiato. Un giorno, mentre si reca all'aeroporto per andare ad una mostra cinematografica in Russia, ecco che, esibendo il passaporto, si sente dire: Lei è in arresto! E te lo hanno messo dentro per due anni. Fortuna per lui che il Presidente della Repubblica gli ha concesso la grazia!

Quando si arriva alla morte, siamo alla frontiera e bisogna esibire il passaporto. Bisogna cioè decidersi: o con Dio o contro di Lui! Non ci sono vie di mezzo. Per noi è difficile comprendere come ciò avvenga, specialmente quando la morte ti coglie all'improvviso o quando (come capita spesso) uno entra in coma e non capisce più niente. Io ho pensato spesso a questo fatto e mi sono chiesto: in che modo si fa questa terribile decisione in punto di morte? Come la può fare colui che muore improvvisamente o colui che è in coma? Allora mi è venuto alla mente un fatto che sperimento sempre quando vado al supermercato. Prendo questo, prendo quello e poi quell'altro. Metto tutto nel carrellino e mi presento alla cassa. La cassiera controlla e batte il prezzo di ogni articolo sulla tastiera. Poi tocca il tasto del totale e zac! eccoti il mio conto finale. A volte ci rimani male. Una volta mi è capitato di fare la brutta figura di non avere soldi abbastanza. Ero stato stupido quando avevo preso i vari articoli senza badare al prezzo e senza tener conto di quanto avevo in tasca. Il conto finale ti è presentato in un attimo, basta battere il tasto del totale. Ma è fatto di tanti numeri ed ogni numero corrisponde ad un articolo che tu, liberamente, hai preso. Così avviene al momento della morte. Non è ne­cessaria una lunga discussione fra te e Dio. E' sufficiente battere il tasto finale del totale e questo avviene in un attimo. Si muore come si vive! Vivi bene! Morirai bene! Vivi male, morirai male! Dio non aggiunge e non toglie nulla: il totale è tuo e lo stai fabbricando ora con ognuno dei tuoi pensieri, dei tuoi affetti, delle tue azioni! Non ci vuole molto a tirare le somme! Basta premere il tasto del totale!

La morte è il momento della verità sulla tua vita. E' il tasto del totale della tua esistenza! Ecco perché si tratta di un evento importantissimo! Gli antichi Padri della Chiesa lo chiamavano: Momentum a quo pendet aeternitas! Il momento da cui dipende l'eternità! In questo senso giustamente il momento che precede la morte si chiama agonia che vuol dire combattimento. Infatti allora si combatte l'ultima e decisiva battaglia non soltanto tra la vita e la morte, ma tra il bene ed il male, tra il rifiuto e l'accettazione di Dio e della sua salvezza. Ed è lì che Gesù Salvatore gioca tutte le sue carte per vincere la resistenza folle del peccatore e strapparlo al suo peccato, alla sua vita disordinata ed alla terribile sorte che lo attende. Ed è per questo che la Chiesa, qual buona madre di misericordia, accorre al capezzale del figlio moribondo e lo conforta (cioè gli dà forza) con i suoi sacramenti e le sue preghiere. Oggi, purtroppo, è invalso l'uso di lasciare morire i credenti senza assistenza religiosa e spesso, anche negli ospedali, si aspetta proprio l'ultimo momento per chiamare il prete. E' un modo falso di concepire il rispetto per la libertà umana. L'uomo è veramente libero quando capisce, non quando è in coma. D'altra parte se una persona, durante la sua vita terrena, ha manifestato fede in Dio ed in Cristo, perché privarla, in punto di morte e, prima ancora, nel decorso della malattia, del conforto che gli viene dalla Parola del Signore e dai sacramenti della Chiesa?

La laicizzazione degli ospedali viene spesso intesa, purtroppo, come se tutti i malati fossero atei e si giunge talvolta a porre numerosi ostacoli anche alla visita del prete, quando non lo si allontana del tutto da parte di parenti preoccupati solo di non spaventare il moribondo! Per quanto mi riguarda voglio dire ora, pubblicamente, che ritengo un attentato alla mia libertà di coscienza ed al mio più amato diritto umano qualsiasi impedimento da parte di chicchessia, medici, primari, infermieri. e 'chi volete voi, alla visita del sacerdote che mi porta il conforto della fede e dei sacramenti.

lo non so quando, dove, come morirò. Ma voglio che prima di tutto e soprattutto, se qualcuno mi vuole veramente bene, chiami i presbiteri della Chiesa che vengano a parlarmi di Gesù ed a portarmi i sacramenti della mia fede. Vi esorto a dichiarare, al più presto e per iscritto, la stessa cosa anche voi, se volete affrontare la vostra agonia con l'aiuto del Si­gnore. Perché, non dimenticatelo, quello sarà il momento cruciale della vostra esistenza, il momento della salvezza, il momento della misericordia. Dopo, una volta passata la frontiera, nessuno potrà più aiutarvi.

Talvolta vengo chiamato al capezzale di qualcuno che è morto da più ore. 1 parenti prima hanno pensato al medico, poi a chiamarsi l'un l'altro, poi a rivestire la salma. Alla fine chiamano il parroco perché dia la benedizione al defunto.

Tutto bello, ma che volete che faccia la mia benedizione al defunto se questo nel premere il tasto del totale si è trovato con il segno rosso del passivo?

Non era meglio chiamarmi prima che morisse così che potessi aiutarlo nel suo combattimento finale?

E coloro che assistono i moribondi per affetto o per professione, se sono dei cristiani, li aiutino a pregare, leggano loro qualche versetto del Vangelo, li confortino con parole di fede!



GESU’ HA TRASFORMATO LA MORTE

Ma andiamo avanti guardando la morte con gli occhi della vera fede. Essa era il castigo del peccato. Gesù l'ha presa su di sè, l'ha portata sulla croce e nel sepolcro, l'ha vinta per sempre. Noi affermiamo questa verità quando diciamo che Cristo è disceso agli inferi. Significa che Gesù ha vinto la morte con la sua morte. Egli ha pagato il debito del peccato dell'umanità con la sua morte. Da quel momento l'umanità ha diritto a superare la soglia della morte per entrare nella vita di Dio. Allora la morte non è più il nemico, il castigo: è diventata la Croce di Gesù. E' diventata il ponte che ci fa passare da questa vita alla vita eterna. Per questo la Chiesa chiama la morte dei cristiani transítus cioè passaggio o anche dies natalts, giorno della nascita al Cielo.

La morte cristiana, però, è un morire in Cristo, ossia un partecipare alla morte del Signore. Questa partecipazione ha tre momenti intimamente compiuti: il battesimo, la vita, la morte.

- Nel battesimo noi veniamo inseriti in Cristo così da formare una cosa sola in Lui. Di conseguenza noi veniamo uniti alla sua morte per essere uniti alla sua risurrezione.

- Nel corso della vita questa partecipazione si esplica con la bontà, con la celebrazione dei sacramenti (soprattutto dell'eucarestia e della confessione) e con la filiale sottomissione alla Volontà di Dio, specialmente nell'ac­cettazione umile e generosa della croce quotidiana.

- Al momento della morte anche il corpo partecipa alla Croce di Gesù affinché possa partecipare alla sua risurrezione.

Il cristiano allora guarda alla sua morte non con terrore, ma con fede e con amore, anche se la sua carne ha paura. Avviene come quando uno subisce un'operazione chirurgica di una certa importanza. Quando viene narcotizzato si abbandona fiducioso nelle mani del chirurgo, sicuro che questi lo guarirà. Certo, ha paura, ma viene rassicurato dal medico che, con parole suadenti, lo rincuora e gli infonde fiducia.

La morte è la più grande operazione chirurgica della vita. Da essa nasce una creatura nuova e, a farla nascere, non è un medico qualsiasi, ma è Dio stesso.

Egli ha già compiuto questa operazione in Gesù e la risurrezione del Signore è il segno e la garanzia della nostra risurrezione perché noi siamo uniti a Lui per sempre. "Se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo", dice la Bibbia! Ecco allora la nostra fede: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà!".

Fermiamoci qui. Proseguiremo nel capitolo seguente. Mi auguro che queste parole vi siano di conforto.



LA MADONNA E LA MORTE

La Madonna vi aiuti e vi benedica, Lei che è passata dalla vita terrena alla gloria celeste con una morte che non ha uguali. Infatti Essa è l'unica che non ha subìto la morte come castigo del peccato perché in Lei non c'è mai stato peccato alcuno, neppure quello originale. La Chiesa ha sempre chiamato la morte di Maria dormizione proprio per distinguerla dalla nostra morte di peccatori. Per Lei il passaggio da questo mondo al Paradiso è stato come un addormentarsi tra le braccia di Gesù per ritrovarsi subito viva con Lui nella gloria, non solo con il suo spirito, ma anche con il suo corpo. Maria è l'unica creatura che ha visto la morte come Dio l'aveva programmata per ciascuno di noi se non ci fosse stato il peccato. Ora Lei è in Cielo e guarda ad ogni uomo con amore materno per aiutarlo nel corso della sua vita, ma soprattutto nel momento della sua morte affinché muoia nella grazia di Dio e si salvi. Per questo la Chiesa ce la fa invocare così: "Prega per noi peccatori adesso (cioè in questa vita) e nell'ora della nostra morte". Quando diciamo il rosario noi chiediamo per ben cinquanta volte questo materno intervento di Maria. Pensate che la Madonna non corra in nostro aiuto in quel momento e rimanga sorda alle nostre invocazioni? Certamente no! Perciò invocatela spesso, soprattutto invocatela con il rosario quotidiano e alla fine della vostra vita La troverete accanto a voi per consolarvi e aiutarvi.



CONTEMPLAZIONE

Contempla con gli occhi del cuore la grande verità che la Parola di Dio ti annuncia per bocca dell'apostolo Paolo.

Prima Lettera ai Corinzi cap. 15

Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?».

Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere.

E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo.

Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.

Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.

Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore.

Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile;

si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;

si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.

Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.

Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.

Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.

E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.

Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.

Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati,

in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.

E' necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta. di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria.

Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.

Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Si­gnore nostro Gesù Cristo!

Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.



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05/09/2009 16:24


- Capitolo 32 -

"ASPETTO LA RISURREZIONE DEI MORTI" (2)

RISORGEREMO!


Wprendiamo la nostra meditazione sulle realtà ultime, scatologiche (come si usa dire in termine tecnico). Abbiamo visto la prima di queste realtà, o meglio, quella che fa da cerniera tra il mondo presente ed il mondo dell'aldilà: la morte. L'abbiamo vista nella luce della fede quale partecipazione alla morte di Cristo perché sia la porta che ci conduce alla partecipazione della risurrezione. II cristiano perciò non subisce la morte, ma la domina con la sua fede: il cristiano muore offrendosi in sacrificio a Dio, in comunione con il sacrificio di Cristo in croce.



LA MORTE DEL CRISTIANO

La morte del cristiano è un secondo battesimo. Nel primo battesimo, quello nell'acqua, il credente muore sacramentalmente, cioè nel simbolo e nel mistero. Infatti immergendosi nell'acqua del fonte battesimale egli simboleggia ed attua nel mistero, cioè nella fede, la sua partecipazione alla morte e alla sepoltura di Gesù; uscendo dall'acqua egli simboleggia e attua la partecipazione alla sua risurrezione. Ebbene nel momento della morte corporale questa partecipazione si fa visibile nella nostra carne. Quello che abbiamo vissuto nel mistero battesimale ora si attua nel nostro essere mortale: ci abbandoniamo liberamente alla morte per essere uniti a Gesù nella risurrezione.

Per questo, l'atteggiamento del vero credente di fronte alla morte è quello di Gesù: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!" (Le 23,45). E' il supremo atto di fiducia, di abbandono in Dio. E' il contrario del peccato che è sfiducia e autosufficienza; è l'opposto del peccato originale che è rifiuto di fede alla Parola di Dio. Questo abbandono di tutto il nostro essere, di tutta la nostra vita nelle mani di Dio, fatto in comunione con Cristo, acquista agli occhi del Padre il valore del sacrificio della Croce.

E' la Croce di Gesù che diventa la nostra Croce!

Ora, la Croce, nel momento stesso che uccide, vivifica, dona la vita. Come è accaduto a Cristo, così accade al credente che muore in Lui e con Lui. Gesù morendo sulla Croce ha ottenuto in dono, dalla misericordia del Padre e mediante la Potenza dello Spirito Santo, la nuova vita della risurrezione. Egli l'ha ottenuta non solo per sè (la possedeva già in quanto Figlio di Dio) ma per tutti noi, per quanti cioè credendo in Lui con Lui muoiono abbandonandosi al Padre: "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito!". Allora la morte diventa una porta che si apre sulla vita: non più su di una vita mortale, sofferente, penosa, ma su di una vita immortale, felice, beata. Questa è la certezza che ha il cristiano: certezza che si fonda sulla Parola di Dio che troviamo nel Vangelo di Giovanni e nella I Lettera ai Corinzi al cap. 15°. Non c'è bisogno di molte spiegazioni. Sono sufficienti poche parole per situare il di­scorso di S. Paolo sulla risurrezione così da renderlo logico. Inoltre vi riporto le parole dell'Apostolo in una traduzione un po' "larga" non letterale, in modo che la possiate capire senza difficoltà. Se volete invece una traduzione letterale cercatela in una qualsiasi Bibbia approvata.



LA PAROLA DI GESU’

Più e più volte Gesù ha parlato della nostra futura risurrezione. Non è il caso di riportare qui tutte le parole del Signore. Mi piace piuttosto fermarmi su quanto Egli ha detto nel famoso discorso sul Pane di Vita nella Sinagoga di Cafarnao (vedi Giovanni capitolo VI): "La volontà di Colui che mi ha mandato è che io non perda nulla di quanti Egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno". Più avanti Gesù conferma la sua promessa dicendo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,54). Osserviamo bene quest'ultima frase. Gesù vi afferma una realtà presente e ne prospetta un'altra futura.

• La realtà presente è la vita eterna in seme, cioè quella che chiamiamo "Grazia". Questa divina realtà è già presente in colui "che mangia la mia carne beve il mio sangue", colui cioè che con l'Eucaristia si ciba di Cristo per vivere della vita stessa di Cristo come afferma S. Paolo: "Non sono più io che vivo: in me vive Cristo!" (Gal 2,20).

• La realtà futura è la promessa della risurrezione dei morti nell'ultimo giorno: "Io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Quando nel Credo affermiamo 'Aspetto la risurrezione dei morti" oppure "credo la risurrezione della carne", rendiamo testimonianza alla promessa di Gesù, sicuri che Egli la manterrà.

Naturalmente qui Gesù parla della risurrezione dei buoni, dei giusti, di quelli cioè che "hanno veduto il Figlio e creduto in Lui". Vedere il Figlio significa aprire la mente e il cuore alla Parola che ce Lo rivela. Credere nel Figlio significa accoglierlo con amore nella nostra vita come Salvatore e Si­gnore. A quanti si comportano così Gesù promette la risurrezione gloriosa rivelandoci anche il fondamento della promessa: "Questa è infatti la volontà del Padre mio!". Il Padre ha mandato Gesù per una missione di salvezza che riguarda tutti gli uomini: "Egli vuole che io non perda nulla (= nessuno) di quanto mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno". Questa è dunque la volontà del Padre e questa è la missione di Gesù! Come possiamo dubitarne?

Eppure, fin dai tempi apostolici ci sono stati cristiani, poco illuminati, che hanno dubitato.



LA PAROLA DI S. PAOLO

S. Paolo scrive ai fedeli di Corinto i quali erano turbati da alcuni falsi profeti a proposito della risurrezione dei morti (più o meno quello che capita a noi quando ci incontriamo con gente come i testimoni di Geova). Costoro affermavano non essere vero che i morti risuscitano. Sostenevano invece che i morti sarebbero rimasti immortali nella loro anima, senza però risorgere nel corpo. S. Paolo, al contrario, parla proprio della risurrezione del corpo e la presenta come frutto della risurrezione di Cristo. La dottrina dell'apostolo è chiara ed esplicita: come Cristo è risorto, anche noi risorgeremo. Ecco quello che scrive l'Apostolo: "Ecco, trasmetto a voi quello che anch'io ho ricevuto (per divina rivelazione) e cioè che Cristo morì per i nostri peccati, come sta scritto nella Bibbia, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno sempre secondo le Scritture. Apparve a Cefa (cioè a Pietro) e quindi ai Dodici Apostoli tutti insieme. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta. Oggi la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo, e quindi ancora a tutti gli Apostoli. Alla fine, ultimo, apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli Apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Ebbene, sia io che loro, così predichiamo e così voi avete creduto.

Ora, se si predica che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non c'è la risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto!

Ma se Cristo non è risorto, la nostra predicazione sarebbe vuota e vuota sarebbe anche la vostra fede. Inoltre, noi risulteremmo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio avremmo testimoniato che Egli ha risuscitato il Cristo, mentre di fatto non lo avrebbe risuscitato, se fosse vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto vana è la vostra fede e voi siete ancora immersi nei vostri peccati perché Gesù non sarebbe il Figlio di Dio tanto atteso e non avrebbe alcun potere per rimettere i peccati. Perciò anche quelli che sono morti credendo in Cristo sono perduti. Se noi avessimo speranza in Cristo soltanto per questa vita, saremmo i più sventurati di tutti gli uomini. Che cosa ci dà infatti Cristo in questa misera vita? A che servirebbe credere in Lui e nel suo vangelo se Egli non fosse risorto dimostrando la sua divinità?" (cfr 1 Cor cap. 15).

Come vedete S .Paolo pone la risurrezione di Cristo alla base di tutta la nostra fede. Se c'è la risurrezione di Cristo, c'è anche la nostra, ma se Cristo non è risuscitato tutto l'edificio della fede cristiana crollerebbe, risulterebbe falso e inutile.



IL DOGMA FONDAMENTALE

A questo punto l'Apostolo proclama solennemente il dogma fondamentale del cristianesimo: "Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti" (e che a loro volta risorgeranno). Poi prosegue rivelandoci il Disegno eterno di Dio su di noi e su Gesù: "Se a causa di un uomo (Adamo) è venuta la morte, così a causa di un altro uomo (Cristo) verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però al suo momento: il primo a risorgere è Cristo; poi, al suo ritorno glorioso, risorgeranno quelli che credono in Cristo e sono uniti a Lui, poi ci sarà la fine del mondo, quando Egli consegnerà al Padre il regno conquistato con la sua passione, dopo aver annientato ogni potere. Infatti è necessario che Egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte... Quando poi tutto Gli sarà sottomesso, anche Lui, il Figlio, si sottometterà al Padre affinché Dio sia tutto in tutti".

Come vedete il Progetto di Dio è chiaro: Egli ha mandato suo Figlio a riconquistare il mondo reso schiavo di Satana a causa del peccato. Gesù annienterà tutte le potenze malefiche che dominano questa povera umanità fin dalle origini. Quando le avrà vinte tutte allora vincerà anche la morte strappandole i corpi da essa ridotti in cenere. La risurrezione dei morti sarà l'inizio dell'atto finale del Disegno di Dio! Infatti dopo che i morti saranno risuscitati Cristo annienterà ogni potere malefico, sia umano che satanico, e tutto metterà sotto i suoi piedi. Poi consegnerà al Padre il regno riconquistato con il suo sangue affinché il Padre sia tutto in tutti. Da quel momento comincerà per i giusti un regno eterno di luce, di pace e di gioia ineffabile; per i malvagi, invece, un regno eterno di tenebre, di odio e di dolore sotto il dominio di Satana. Sarà questa la fine della nostra storia, della storia cioè della razza umana che noi conosciamo e della quale facciamo parte.



E SE CI FOSSERO ALTRI UOMINI NELL'UNIVERSO?

Ci sarà un'altra storia con un'altra umanità? E, contemporaneamente alla nostra, ci sono nel cosmo altre storie con altri esseri? Noi non lo sappiamo. Non possiamo negarlo, come non abbiamo nessuna prova per affermarlo. Dio non ci ha rivelato nulla di preciso in proposito. Nella Bibbia però si parla spesso della sovranità di Dio su tutto l'universo per cui, se davvero altri esseri esistessero avrebbero la loro storia, magari senza mai un incontro con la nostra (pensiamo alle immense distanze insuperabili che separano la nostra terra dalle stelle), ma non per questo sarebbero fuori dal regno di Dio. Anche per loro non vi è che un unico Creatore e Signore e anche per loro Gesù è il Figlio di Dio. Lo conosceranno in Cielo, a meno che non ricevano essi pure una rivelazione. Sono tutte ipotesi su cui non sappiamo niente e che è meglio lasciare da parte, mentre è doveroso vivere santamente la nostra fede cristiana per essere degni di partecipare al regno eterno che Gesù ci ha conquistato con la sua Incarnazione e la sua Redenzione. Questo atteggiamento viene espresso dalle parole 'Aspetto la. risurrezione dei morti". Diciamo "aspetto" cioè attendo con fiducia. Si aspetta una persona quando si è sicuri che verrà; si aspetta una cosa quando si è sicuri che accadrà! 'Ti aspettavo" diciamo ad una persona della cui venuta eravamo sicuri. "Me lo aspettavo" diciamo di un fatto di cui eravamo certi.

Nel Credo non diciamo "spero", ma "aspetto" perché ne siamo sicuri. E su che cosa si fonda questa sicurezza? Sulla parola di Dio rivelata da Gesù e insegnata dalla sua Chiesa. Gesù non può ingannarsi perché è Dio e, in quanto tale, sa tutto. Gesù non vuole ingannarci perché è Bontà infinita. Ciò che Egli dice è vero e ci rende sicuri più che se vedessimo con i nostri occhi o toccassimo con le nostre mani. I sensi, infatti, possono ingannarci e talvolta lo fanno, come nel caso delle allucinazioni. Dio invece, non sbaglia mai! Di qui, da questa sicurezza nasce la nostra fede nella risurrezione dei morti e nella vita eterna.



L'ASSUNTA

Gesù non si è accontentato di rivelarci la nostra futura risurrezione e la vita dell'aldilà, non solo ce ne ha mostrato il modello e la sorgente nella sua stessa risurrezione, ma ha pure voluto darcene un esempio nella sua Mamma risuscitata dalla sua potenza e introdotta nel Regno celeste dal suo amore per lei e per noi. L'assunzione, infatti, è un dono non solo per Maria, ma anche per tutti noi.



COME RISORGEREMO?

A questo punto Paolo si pone una domanda importante: "Come risusciteranno i morti? Con quale corpo risorgeranno?". A questa domanda risponde invitandoci a guardare la natura che ci circonda: "Osserva: ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Inoltre, quello che semini non è lo stesso corpo che nascerà, ma un semplice chicco, per esempio di grano o di altro genere e Dio gli dà un corpo come ha stabilito: a ciascun seme il suo corpo. Infatti non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne degli uomini e altra quella degli animali; altra la carne degli uccelli e altra quella dei pesci. Inoltre vi sono corpi terrestri e corpi celesti. Altro è lo splendore del sole e altro quello della luna e delle stelle. Anzi, ogni stella differisce dalle altre nello splendore.

Ebbene, sarà così anche la risurrezione dei morti: viene se­minato un corpo corruttibile e risorge un corpo incorruttibile; si semina un corpo ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale. Se c'è un corpo animale, c'è anche un corpo spirituale. Sta scritto, infatti, che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo, cioè Cristo, divenne spirito datore di vita spirituale... Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo invece viene dal cielo. Com'è l'uomo terreno (Adamo), così sono i suoi discendenti, fatti di terra; e com'è l'uomo celeste (Cristo), così i suoi saranno celesti. Come siamo simili all'uomo terreno (Adamo), così saremo simili all'Uomo celeste (Cristo)". Questo però non verrà dalla carne e dal sangue (cioè da una nascita terrena), perché "la carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Dio" (1 Cor 1,50), ma da una nascita celeste, cioè come dice Gesù nel vangelo di Giovanni 3,5 "bisogna nascere di nuovo dall'acqua e dallo Spirito" mediante la fede. Questo è il discorso di S. Paolo.



L'ULTIMO GIORNO

Vi sono altri aspetti della risurrezione che S. Paolo insegna. Ne troviamo alcuni nelle due Lettere ai Tessalonicesi. Anche costoro erano turbati dalla predicazione dei falsi profeti, ma in un altro senso. Qui i falsi profeti annunciavano come imminente la fine del mondo e, quindi, come inutile l'impe­gno nelle cose terrene, quale il lavoro e lo sforzo per migliorare il mondo. Inoltre, sostenevano che quanti morivano nel frattempo erano quasi messi in castigo in paragone ai vivi, perché alla venuta del Signore non sarebbero stati presenti.

Paolo da una parte nega che sia imminente la fine del mondo e perciò condanna come fannulloni quelli che non si impe­gnano nel lavoro; in secondo luogo afferma che, quando verrà la fine del mondo, prima ci sarà la risurrezione dei morti e poi l'incontro con il Cristo glorioso. Oggi per noi questo problema è secondario mentre ci interessa di più il primo, anche perché viene gente nelle nostre case a parlarci di una prossima fine del mondo appellandosi alla Bibbia, quando in realtà la Bibbia dice il contrario e cioè che solo Dio conosce quando verrà quel giorno!

Vedremo nel prossimo capitolo che cosa ci aspetta nell'aldilà, sia immediatamente dopo la morte, sia alla fine dei tempi. La Madonna interceda per noi ed il Signore Gesù ci benedica. Amen.



CONTEMPLAZIONE

Apri lo sguardo della tua mente e del tuo cuore sull'ultimo giorno, il giorno del Signore, meditando la Parola di S. Paolo ai Tessalonicesi la lettera ai Tessalonicesi cap. 4

Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza.

Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui.

Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti.

Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;

quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore.

Confortatevi dunque a vicenda con queste parole. cap. 5

Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro:

voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre.

Non dormíamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.

Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte.

Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza.

Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo,

il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.

Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.



- Capitolo 33 -

"ASPETO LA VITA DEL MONDO CHE VERBA"

IL MONDO CHE VERRA'


Siamo all'ultimo versetto del Credo della Messa. Dobbia­mo approfondire il suo contenuto che dice: "Et expecto... vitam venturi saeculi". Cioé: "Aspetto la vita del mondo che verrà!'.

La Parola di Dio ci dà la certezza dell'immortalità e della risurrezione, ma che cosa ci dice a proposito dell'aldilà? Che cosa c'è aldilà della frontiera della morte, oltre la risurrezione? La Chiesa dona una sua risposta categorica, precisa: ' Vitam venturi saeculi. La. vita del mondo che verrà!". Due realtà, dunque ci attendono: la vita ed un mondo nuovo!

Con la parola vita (spesso seguita dall'aggettivo eterna) s'intende il possesso pieno e definitivo di ogni bene e con la parola il mondo che verrà s'intende il Regno celeste di Dio o. come dice il linguaggio biblico la celeste Gerusalemme, il Paradiso.

Di fronte però a questa visione di vita e di gioia senza fine, sta un'altra visione, di morte e di sofferenza senza fine. La Bibbia chiama questo quadro terribile inferno: una parola che può essere fonte di equivoci, se non fosse ben intesa e ben capita.

Non è alle parole in se stesse che dobbiamo fermarci (come fanno tutte quelle sette pseudo-cristiane che trattano la Bibbia quasi fosse un libro morto, uno scrigno da cui tirar fuori, di tanto in tanto, la perla preziosa del momento). L'ispirazione di Dio infatti, pur comprendendo ogni singola parola della scrittura, va più in là, va ad un messaggio vivo

e dinamico. Per restare all'esempio delle perle esse possono essere prese in mano una ad una, oppure possono essere ammirate nella loro collocazione in un diadema, in una collana, ecc. Una perla, presa per sè stessa, è certamente preziosa, ma il suo vero valore si rivela appieno quando è collocata nel diadema, al suo giusto posto. Allora essa risplende non solo di luce propria, ma nella luce di tutto il diadema.

Così è delle parole della Bibbia, parole che lo scrittore sacro non inventa di sana pianta, ma prende dal linguaggio umano del suo tempo e del suo ambiente per collocarle in quel diadema divino che è tutta la Rivelazione. In particolare, le due parole usate anche da Gesù per esprimere la salvezza o la dannazione definitiva (e cioè Paradiso ed Inferno) possono e debbono essere lette e capite nell'insieme di tutta la Rivelazione. In questa visione le ha lette e colte la Chiesa e in questa luce ce le trasmette. Vediamo di capirle un po' anche noi.



L'INFERNO

Esiste dunque l'Inferno? E che cosa è questo Inferno? La parola, vi dicevo, è equivoca in sè stessa perché, anticamente, significava semplicemente l'aldilà, il luogo dei morti.

Più tardi venne a significare il luogo dell'eterno tormento, della dannazione senza fine. E così la intendiamo noi oggi. Che questo luogo esista è verità affermata più e più volte da Gesù. Mi basterà citare un suo discorso che troviamo in Giovanni 5,29. ­

Gesù parla del giudizio finale e di ciò che avviene dopo la risurrezione: "Io vi dico una cosa: viene un'ora, anzi è già venuta, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e chi la sente vivrà. Infatti Dio è la fonte della vita ed ha dato anche al Figlio di essere fonte della vita. Gli ha dato anche il potere di giudicare, perché è il Figlio dell'uomo.

Non vi meravigliate: viene l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e verranno fuori: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna".

Secondo Gesù, dunque, ogni uomo risorgerà, buono o cattivo che sia. Ma la risurrezione è diversa: per la vita risorgono i buoni, quelli che hanno operato il bene; per la condanna risorgeranno i malvagi, quelli che hanno operato il male.

Come sarà questa condanna? Gesù la descrive con parole inequivocabili nel racconto del Giudizio universale (Matteo 25,41) quando rivolgendosi ai maligni dice: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli".

Qui c'è tutta la dottrina cristiana e cattolica sull'inferno. C'è gente che non crede all'inferno e che arzigogola con stupide speculazioni sulle parole della Bibbia. Le parole di Gesù invece sono chiarissime e precisissime.

1) "Via, lontano da me". Ecco la realtà misteriosa, ma esplicita dell'inferno: la lontananza da Gesù e, quindi, da Dio. Questa lontananza è voluta dal peccatore con il suo peccato. Infatti il peccato è il rifiuto di Dio, è un voltare le spalle a Dio, una separazione da Dio! La strada del peccato va in senso opposto a quella che conduce a Dio e ad un certo punto rende impossibile il ritorno. Passata la frontiera della morte non è più possibile tornare indietro! Si rimane così separati dal Signore e dal suo gregge, lontano da Lui, per sempre! L'inferno essenzialmente è qui: in questa lontananza definitiva da Dio! Gesù, per salvarci da essa, l'ha voluta gustare in un modo misterioso, ma doloroso, tanto che, facendo sue le parole dell'antico profeta, ha gridato dall'alto della croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34). In quel momento Gesù rappresentava tutti i peccatori del mondo ed era carico di tutti i nostri peccati. Egli si sentiva solo, abbandonato da tutti, anche dal Padre: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Ecco la vera sofferenza dell'inferno: la solitudine.

Il dannato è solo, solo per sempre! Solo con il suo rimorso che Gesù, in altro luogo del Vangelo, chiama "verme che non muore".

L'uomo è fatto per amare ed essere amato. E' felice quando ama qualcuno e quando ne è riamato. Per questo troverà solo in Dio la sua piena realizzazione e felicità, essendo Dio l'Amore. Ma proprio per questo sarà del tutto infelice rimanendo lontano da Lui. Tagliatosi fuori liberamente e coscientemente dall'Amore, che cosa gli resterà se non la solitudine dell'odio?

2) "Maledetti". La seconda parola che descrive l'inferno è maledetti: "via, lontano da Me, maledetti". La maledizione è attaccata come una seconda pelle al dannato, perché egli forma ormai una cosa sola con il suo peccato. Il peccato è fanti-Dio, il contrario di Dio. Questa maledizione non è un augurio di male, ma è la constatazione di una realtà ormai irreformabile. La Bibbia chiama Dio il Benedetto e chiama Satana il Maledetto, il Maligno. Il dannato non è più con Dio, ma con Satana e partecipa al suo stato di maledizione.

3) "Nel fuoco eterno". La terza parola dice: "nel fuoco eterno". E' certamente un'espressione tolta dal linguaggio apocalittico, cioè da quelle immagini che i profeti e lo stesso Gesù usavano per descrivere le realtà future. Ma non per questo è una parola vuota, priva di significato reale. Essa esprime il luogo dove il dannato, il maledetto, dovrà andare

in eterno, per sempre. Non solo egli dovrà andare lontano da Dio, ma Gesù rivela anche dove (il greco usa la particella eis che indica verso un luogo): nel fuoco eterno! Cosa sia questo fuoco eterno è impossibile dirlo. Certamente indica un tormento che toccherà non solo lo spirito, ma anche il corpo dell'uomo, perché è detto di persone già risuscitate. A parte certe raffigurazioni e certe descrizioni terrificanti, io penso che la parola del Signore Gesù sia già di per sè stessa paurosa soprattutto per quell'aggettivo "eterno" che significa senza fine.

4) 'Preparato per il diavolo". L'ultima parola contiene, per così dire, la giustificazione di Dio: "preparato per il diavolo e per gli angeli suoi". Gesù vuol dirci che l'inferno non è nelle intenzioni di Dio, come non lo è il male. Se l'inferno esiste, lo si deve al diavolo ed agli angeli suoi. Ma l'uomo, nel dise­gno del Padre, non doveva andare all'inferno, bensì in Para­diso "preparato per voi fin dalla fondazione del mondo"! L'inferno te lo crei tu, con il tuo peccato con il tuo rifiuto di Dio e del Salvatore!

Ci sarebbero molte altre frasi nel Vangelo e nelle Lettere degli Apostoli che potremmo meditare a proposito dell'inferno. Ma fermiamoci a queste. Esse sono quanto mai chiare ed esplicite. Chi ha orecchi da intendere, intenda.



IL PARADISO

Passiamo invece a meditare un po' sul Paradiso, perché ad esso siamo chiamati e per esso siamo stati creati. Lo avete già sentito più sopra: "Paradiso" in origine significava giardino di delizie.

E' facile comprendere il vero senso di questa parola se si ha la possibilità di passare qualche ora, come ho potuto fare io stesso, nel deserto.

Un caldo terribile, una distesa immensa di sabbia e di rocce, una sete continua, inestinguibile ed un silenzio pauroso. Allora la piccola oasi verde, l'acqua fresca della fonte, l'esuberanza delle piante e dei fiori, il riposo alla loro ombra appaiono come il non plus ultra del desiderabile.

Pensiamo anche ai lussureggianti giardini pensili di Babilonia che gli ebrei esuli e prigionieri hanno potuto ammirare ed invidiare e ci sarà facile capire perché questo nome Paradiso sia servito ad indicare il futuro regno di Dio nei cieli. Ma non è che un'immagine usata dai profeti ed anche da Gesù, come quando annuncia la salvezza al buon ladrone dicendogli: "Oggi tu sarai con me nel Paradiso!" (Lc 23,43). Da notare che il ladrone gli aveva chiesto "Ricordati di me quando sarai nel tuo regno!". Le due parole regno e paradiso si identificano, indicano la medesima cosa.

Per parlare del Paradiso prendiamo la descrizione che ne fa Gesù in Mt 25,34: "Venite, voi che siete i benedetti del Padre mio; entrate nel regno che è stato preparato per voi fin dalla creazione del mondo".

1) "Venite". E' la prima cosa che balza agli occhi questo invito alla comunione con Gesù! Il Paradiso è il luogo in cui ci troveremo insieme con Gesù. S. Paolo dice: "E così staremo sempre insieme con il Signore" (1Tess 4,17). Questa comunione di vita con Gesù non sarà più nella fede, come ora, ma nella visione e nel possesso. Ce ne parla S. Giovanni nella sua prima lettera quando scrive: "Miei cari, ora siamo figli di Dio: quello che saremo ancora non si vede. Ma quando Gesù ritornerà, saremo simili a Lui, perchè lo vedremo come è realmente" (1Gv 3,2).

2) "Benedetti". La seconda cosa che ci colpisce è la benedizione divina: "voi che siete i benedetti del Padre mio", dice Gesù ai giusti. Abbiamo detto più sopra come Dio sia il

Benedetto. Ebbene tutti coloro che lo temono partecipano a questa benedizione nei cieli, come vi hanno partecipato, nella fede, qui in terra. Mi spiego: benedire, deriva da bene­dicere, cioè annunciare il bene. Questo verbo se applicato all'uomo indica una lode o un augurio: così si dice per esempio: benedici il Signore! Cioè, loda, glorifica il Signore. Noi infatti non possiamo dare alcun bene al Signore; egli possiede tutto! Possiamo solo lodarlo e glorificarlo!

Ma se il verbo viene applicato a Dio allora le cose cambiano: la Parola di Dio è efficace, compie sempre ciò che annuncia! Quando Dio benedice, ossia annuncia il bene, quel bene certissimamente viene donato.

La benedizione sostanziale, essenziale, fondamentale e glo­bale di Dio è Gesù. Per questo S. Paolo lo chiama `Yl benedetto nei secoli". Questo perché Dio, donandoci Gesù, in Lui ci ha dato Sè stesso, il Bene Infinito ed Eterno. Accogliendo Gesù nella fede, noi accogliamo la Benedizione vivente ed eterna di Dio, nostro Padre. Questa benedizione, che porta in sè "tutti i tesori della sapienza e della scienza e tutta la pienezza della divinità" (cfr Col 2,3), oggi è nostra per fede, ma domani, quando moriremo, sarà nostra anche nella manifestazione, cioè nella visione e nel possesso. Dice infatti: "Venite a possedere...". Allora sapremo di possedere la Benedizione di Dio, cioè Dio stesso e con Lui ogni bene, non solo perché crediamo alla sua parola (come avviene oggi), ma anche e soprattutto perché ne faremo esperienza viva e per sempre. E ciò sarà per noi sorgente inesauribile di gioia, di pace e di felicità.

3) "ll Regno". La terza cosa che ci colpisce nella descrizione del Paradiso fatta da Gesù è l'Amore Eterno di Dio. Gesù parla del " il Regno preparato per voi fin dal principio del mondo". Ciò vuol dire che Dio ha creato l'uomo per il Para­diso e che il Paradiso è la meta finale di tutto il cosmo. Ecco perché noi aspiriamo dal profondo di tutto il nostro essere alla vita eterna! Questa aspirazione è iscritta nella struttura stessa del nostro essere, anzi nella struttura stessa di tutto l'universo, come insegna S. Paolo nella Lettera ai Romani quando afferma che " le stesse creature saranno liberate dal­la schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio" (Rm 8,21). In queste parole dell'Apostolo trova conferma quanto esprimiamo con il Credo dicendo " la vita del mondo che verrà". Il Paradiso sarà un mondo nuovo e non soltanto una vita nuova. Ne parla anche S. Pietro nella sua seconda Lettera: "Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia" (2Pt 3,13). Secondo la Scrittura dunque, Dio non distruggerà il mondo, ma lo rinnoverà per renderlo adatto alla nuova umanità risorta con Cristo per la gloria. Questo evento straordinario viene chiamato, con una parola propria, Palingenesi, che vuol dire: rinascita totale dell'universo in cui oggi viviamo.

Come saranno questi cieli nuovi e questa nuova terra? E' difficile per noi farcene un'idea adeguata perché non ne abbiamo esperienza. Possiamo però cercare di cogliere qualche sprazzo di luce ricorrendo alla Scrittura, anche se sappiamo che essa ce ne parla solo con le immagini di questo mondo. E' soprattutto il libro dell'Apocalisse che ci offre queste immagini del nostro futuro di beati. Vi invito a leggere con attenzione i capitoli 21 e 22. Ve ne riporto solo alcuni versetti: 'E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono (di Dio) e diceva: Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suo popolo ed Egli sarà il Dio-con-loro. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno perché le cose di prima sono passate. E Dio disse: Ecco Io faccio nuove tutte le cose!" (Apc 21,1-5). Il Regno di Dio che ci attende sarà una cosa veramente nuova, indescrivibile. S. Paolo nella Seconda Lettera ai Corinti racconta come, in visione, fu rapito in paradiso dove "udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare" (2Cor 12,4). Questo per dire l'impossibilità per noi mortali di esprimere adeguatamente le meraviglie del paradiso!

Ci sono alcune domande alle quali vorrei dare una risposta, sia pur breve.

Prima domanda: saremo molti o pochi in Paradiso? Ecco che cosa dice la Scrittura nel libro dell'Apocalisse: "Poi ap­parve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello!" (Ap 7,9-10). Si parla di una moltitudine im­mensa che nessuno poteva contare.

Seconda domanda: andranno in Paradiso anche i non cri­stiani? Ancora una volta la risposta ci viene dalla Bibbia. "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi Lo teme e pratica la giustizia, a qua­lunque popolo appartenga. Questa è la parola che Egli ha in­viato ai figli d'Israele, annunziando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti" (Atti 10,34-36). Sono le parole che Pietro pronunziò nella casa del centurione Cornelio quando vide la sua conversione. Del resto Gesù stesso, nel discorso di Cafarnao afferma: "Questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno!" (Gv 6,39). Nella Prima Lettera di S. Paolo a Timoteo si dice: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità!" (Tm 2,4). E' chiaro perciò che non sarà la differenza religiosa che ci salverà, ma l'adesione della nostra volontà a Dio e al suo progetto d'amore. Noi abbiamo la grazia, il dono gratuito del Signore, di poter conoscere in maniera esplicita e sufficiente questo divino progetto che trova in Gesù Cristo il suo centro. La maggior parte degli uomini invece non lo conosce, ma quasi sempre senza loro colpa. Tuttavia Gesù ha realizzato il progetto salvifico del Padre anche per loro. L'importante non è che lo conoscano, ma che vi aderiscano e questo lo possono fare implicitamente vivendo con onestà e giustizia secondo la retta coscienza. Vi faccio un esempio. Quando ero bambino la mamma mi portava spesso a Vicenza dove abitava uno zio. lo non conoscevo la strada. Mi lasciavo condurre da lei. Salivo sul treno con lei pur non conoscendo come il treno mi avrebbe portato dallo zio. Ma l'importante era che io arrivassi da lui, non che io conoscessi perfettamente il percorso.

Così avviene per molti uomini. Non conoscono Gesù o ne hanno sentito parlare in modo sbagliato. Tuttavia se agi­scono secondo la loro coscienza e con rettitudine di cuore il Sangue di Gesù, versato per la redenzione di tutti gli uomini, li purificherà dai loro peccati e li salverà. Dio infatti "non fa preferenza di persone, ma accoglie chi Lo teme e pratica la giustizia". Per questo noi cristiani non dobbiamo ritenerci superiori agli altri e migliori di essi a causa del dono della fede che abbiamo ricevuto, ma piuttosto dobbiamo vedere in questo dono un impegno a favore di tutti gli uomini per portare loro la luce della vera fede con la testimonianza di una vita evangelicamente vissuta affinché, liberamente, possano aderirvi secondo il grande mandato del Signore: 'Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo. Chi non crederà (cioè chi non vorrà credere) sarà condannato". La condanna sarà per quelli che, nonostante la luce della Parola e la grazia dello Spirito Santo, rifiuteranno pertinacemente di dare il loro sì a Dio che li vuol salvare.

Terza domanda: quando avverrà? Gesù risponde che "solo il Padre conosce quel giorno". Molte volte nel corso della storia ci sono stati dei falsi profeti che predicevano imminente il giorno del Signore, come viene chiamato l'ultimo giorno del mondo. La Bibbia però ci offre la giusta interpretazione per bocca di S. Pietro: "Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è paziente con voi perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. Ora, dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio... Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. La pazienza del Signore nostro consideratela come salvezza" (2Pt 3,8-15).



CONTEMPLAZIONE

Quest'ultima contemplazione la dedichiamo al Paradiso come ci viene presentato dall'Apocalisse.

Apocalisse cap. 21

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.

Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".

E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.

Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della. fonte della vita.

Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.

Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E' questa la seconda morte».

Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello».

L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.

Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosíssima, come pietra di diaspro cristallino.

La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele.

A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte.

Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura.

La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura do­dici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali.

Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo.

Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.

Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisò­lito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista.

E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.

Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.

La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.

Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza.

Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte.

E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.

Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della. vita dell'Agnello.

Apocalisse cap. 22

Mi mostrò poi un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello.

In mezzo alla. piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni.

E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla. fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.

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COMMIATO

Caro lettore,

eccoci giunti al termine del nostro cammino. Abbiamo visto insieme le grandi verità della nostra fede cristiana contemplandole nella preghiera alla luce della parola di Dio. Se hai seguito le mie indicazioni con assiduità e attenzione ti troverai con la mente più illuminata e con il cuore più aperto all'azione dello Spirito Santo. Di conseguenza la tua pietà personale sarà più solida perché fondata sulla roccia della verità. E' questo per me lo scopo che mi ha spinto a scrivere e per te quello che ti ha portato a leggere e a contemplare. Mi auguro che sia veramente così: ne sarei felice e ne ringrazierei vivamente il Signore. Tuttavia può succedere che, a causa di situazioni spirituali diverse, ciò non avvenga in maniera soddisfacente. In tal caso bisogna riflettere sul nostro modo di procedere. Forse non siamo stati del tutto fedeli al metodo proposto. Mi permetto di farti alcune domande alle quali dovrai rispondere con sincerità.

1 - Prima di iniziare la lettura delle singole riflessioni hai pregato lo Spirito Santo?

2 - Hai letto con attenzione e con il cuore aperto ai suggerimenti dello Spirito?

3 - Hai fatto le contemplazioni seguendo le indicazioni che ti venivano date di volta in volta? Ti consiglio di ripetere il cammino con maggior fedeltà al metodo. Vedrai che, con la grazia dello Spirito Santo, arriverai sicuramente a fondare la tua pietà sulla solida roccia della fede.

La Madonna ti sia vicina e ti accompagni con la sua benedizione speciale e materna.

DON LUIGI MARIA FUSINA



P.S.: Mi permetto di offrirti questa bella preghiera che potrai recitare anche ogni giorno:

Signore Gesù,

dammi gli occhi di Maria per contemplarti come Lei;

dammi le orecchie di Maria per ascoltarti, come Lei;

dammi la bocca di Maria per parlarti, come Lei;

dammi le mani di Maria per accoglierti e donarti, come Lei;

dammi i piedi di Maria per portarti alle anime, come Lei;

dammi il cuore di Maria per amartí, come Lei;

dammi lo spirito di Maria per servirti, come Lei;

e come Lei offrirmi con Te al Padre nello Spirito Santo

in un unico sacrificio d'amore.

Amen
.


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