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L'AVE MARIA è biblica, evangelica e Preghiera Ecclesiale

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 20:17
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03/09/2009 20:14

L’AVE MARIA

Missione Devoniana - Santuario SS Salvatore – 70031 Andria Bari nr 08
-08

1. Maria nella fede della Chiesa

Noi non sappiamo nulla di Maria al di fuori di quanto ci racconta­no i Vangeli. È vero che nei primi secoli della Chiesa sono circolati altri racconti che parlano di lei - i cosiddetti vangeli apocrifi - ma queste composizioni, successive alla stesura dei Vangeli canonici e spesso assai fantasiose, vogliono riempire gli spazi vuoti della storia e rispon­dere alla curiosità popolare. Ritornano alla mente le parole di Thomas Merton, teologo e mistico: «Tutto ciò che si è scritto intorno alla Vergine Maria prova che la sua santità è la più nascosta di tutte. Poiché - visto che Dio ci ha rivelato assai poco su di lei - gli uomini, cercando di aggiungere altro, manifestano soltanto se stessi...» (in Semi di con­templazione, 1949).



La storia e la fede

Tutto ciò che è detto di Maria nei Vangeli può essere riassunto così: Maria, del tutto disponibile a Dio, nella fede, è diventata madre di Gesù. E tutto ciò non è detto in una prospettiva storica, ma viene dalla fede.

Anzi, per essere ancora più chiari: di Maria niente sarebbe stato ricordato se degli uomini e delle donne non fossero stati conquistati da Cristo, trasformati dall'incontro con Gesù crocifisso e risorto. È que­sto il punto di partenza della fede. Da queste esperienze i discepoli par­tirono per annunciare dovunque che «Cristo è morto per i nostri pec­cati ed è risorto per la nostra giustificazione» (1Cor 15,1-8). Questo è il loro annuncio. A partire da qui le prime comunità cristiane comin­ciarono a scrutare la vita, i gesti e le parole di Gesù di Nazaret, sco­prendo come in lui Dio si era fatto incontrare e riconoscere.



Maria, madre di Gesù... e di Dio

È in questo contesto che i discepoli hanno parlato della madre di Gesù, da cui il figlio ha preso la sua piena umanità. E Maria ha preso, progressivamente, un posto significativo nella proclamazione della fede nascente. Ma anche assai di­screto perché al centro della fede non c'è lei ma suo Figlio, il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Meditando queste realtà profon­damente umane e, nello stesso tempo, totalmente aperte a Dio, i credenti scoprirono poco a poco Maria come «madre di Dio».

Una volta accolto Gesù come pienamente uomo e pienamente Dio, il cammino della fede li condusse a comprendere Maria alla luce di que­sto mistero e a venerarla come madre di Dio. Il Concilio di Efeso del 431, uno dei primi grandi concili ecumenici, darà a Maria il titolo di «theotokos, madre di Dio».



Presente alla nascita della Chiesa

Abbiamo già accennato alla discrezione delle fonti evangeliche. Giovanni ricorda la presenza di Maria ai piedi della croce e le parole di Gesù che la riguardano. Con pochi cenni, l'evangelista mostra come Maria, madre di Gesù, è data come madre alla Chiesa che, in quel momento, sta per nascere dalla vita del Cristo offerta per la moltitudine (Gv 19, 26). Allo stesso modo Luca, all'inizio degli Atti degli Apostoli, presenta Maria che veglia in preghiera con i discepoli nell'attesa del dono dello Spirito da cui, nella Pentecoste, nasce la Chiesa (Atti 1,14).

Una tradizione ulteriore ricorderà la morte, la dormitio di Maria a Gerusalemme, dove la sua tomba è ancora venerata, mentre un'altra tra­dizione conduce ad Efeso, accanto all'apostolo Giovanni. Ma queste tradizioni sono fragili. Il volto di Maria si dissolve nel momento in cui nasce la Chiesa.




2. Alle fonti dell'Ave Maria

L' Ave Maria prende forma nel medioevo. Essa nasce poco a poco, come una meditazione gioiosa sul mistero, come una preghiera che abita il cuore e si mormora con le labbra. San Bernardo, una delle gran­di figure di questo periodo, ha alcune parole su Maria, cesellate come un poema: seguendola non si smarrisce la via; pregandola non si dispe­ra; pensando a lei non ci si inganna. Se ti tiene per mano non cadrai; se ti guida non conoscerai la fatica; se è con te sei sicuro di giunge­re a buon fine». L'Ave Maria è una preghiera semplicissima. Nessun'altra, probabilmente, se si eccettua il Padre Nostro, è così cono­sciuta e diffusa. Si dice spesso che è la preghiera dei poveri ed è proba­bilmente vero. La si chiama, talvolta, il "saluto angelico", perché ini­zia con le parole rivolte dall'angelo a Maria.



L'origine dell'Ave Maria

Nelle prime parole dell'Ave Maria, noi ripetiamo le prime paro­le del saluto dell'angelo Gabriele a Maria: «Ave, piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28), intrec­ciate a quelle di Elisabetta in oc­casione della Visitazione: «Tu sei benedetta fra tutte le donne e bene­detto il frutto del tuo seno» (Lc 1,42). I due saluti sono stati riuniti in una stessa preghiera nel IV o V secolo, in particolare nelle liturgie greche dette di san Giacomo, di san Basilio e di san Marco che, dopo la parola «Ave», inseriscono il nome di Maria. Le Chiese d'Oriente aggiungono assai presto a questo primo saluto: «perché hai generato il Salvatore delle nostre anime». Questa pre­ghiera contempla Maria e medita il mistero dell'accoglienza della paro­la, del dono inaudito di Dio che la sceglie perché ha creduto.

La prima parte dell' Ave Maria entra nella liturgia latina nel VI seco­lo, nell'antifona offertoriale di una Messa d'Avvento attribuita a Gregorio Magno. Diventa una preghiera più personale nel VII seco­lo, ma il suo uso al di fuori della liturgia resta raro fino al 1198.

A quest'epoca il vescovo di Parigi Oddone di Seliac prescrive ai preti in cura d'anime di esortare i fedeli alla sua recita insieme con il Padre Nostro e il Credo. E a partire dal XIII secolo, l'uso si diffonde largamente: in Francia, in Spagna, in Inghilterra, in Germania. Anche gli ordini religiosi, come i Cistercensi, i Certosini, i Domenicani e molti altri la prescrivono. Ma in quest'epoca l' Ave Maria termina con le paro­le di Elisabetta a Maria: «E benedetto il frutto del tuo seno»; spesso si recita accompagnata da un inchino o da una genuflessione, o viene ripetuta più e più volte come gesto di penitenza. Papa Sisto IV (+ 1484) concederà un'indulgenza di 30 giorni a coloro che concluderanno que­sta preghiera aggiungendo le parole: «Gesù Cristo. Amen».

Un po' alla volta nasce, dunque, il bisogno di completare questo saluto con una supplica o una preghiera. E molti lo fanno, liberamente, spontaneamente. Così san Bernardino da Siena, prima del 1440, in un ser­mone che conclude con l'Ave, scrive: «E io non posso impedirmi di aggiungere: Sancta Maria ora pro nobis peccatoribus, Santa Maria prega per noi peccatori!». Già un breviario certosino del XIII secolo aggiun­geva: «Sancta Maria, ora pro nobis, Santa Maria prega per noi». Verso il 1500, infine, molti breviari in differenti luoghi d'Europa (Francia, Italia...) aggiungono: «Ora e nell'ora della morte. Amen!». E nel 1568, il papa Pio V prescrisse ai sacerdoti di iniziare la recita del breviario con il Pater e l' Ave nella forma che utilizziamo oggi. All'inizio del XVII seco­lo, l' Ave Maria, così come la conosciamo, è ormai in uso in tutta la Chiesa.

"Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te"

Il Vangelo di Luca si apre con le parola dell'angelo di Dio a Zaccaria, marito di Elisabetta, sacerdote del tempio di Gerusalemme, per annun­ciargli che sua moglie - la sterile! - concepirà e darà alla luce un figlio. E subito dopo «L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. En­trando da lei, disse: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,26-28). Anche a Maria - giovane donna di una borgata lontana da Gerusalemme, l'angelo annuncia una cosa inaudita: l'incarnazione del Figlio di Dio nel suo seno. Attraverso di lei, umile, Dio viene ad "abita­re" in mezzo a noi.



Rallegrati...

“Ave Maria piena di grazia il Signore è con te”
«Ave...» dice l'angelo nella traduzione latina del Vangelo che è entrata nella nostra preghiera. Cioè «Ti saluto...». O meglio, secondo le parole che il Vangelo di Luca trasmette in greco, «Rallegrati».

Per Luca, la gioia è sinonimo di salvezza; è il tratto distintivo di Dio quando interviene a favore dell'uomo. La gioia percorre, da parte a parte, tutto il suo Vangelo: da Maria ai pastori di Betlemme, fino al pubblicano Zaccheo. Quando Dio interviene è un momento di gioia straordinaria.



...piena di grazia

Maria è colmata di grazia... E la parola impiegata da Luca per dire «piena di grazia» è assai rara. La si ritrova solo un'altra volta in tutto il Nuovo Testamento, nella Lettera di Paolo agli Efesini.

Là, contemplando il dono straordinario che ci è fatto, Paolo assi­cura che «Dio ci ha destinati a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lo­de e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto» (Ef 1,5-6).

Così l'espressione "piena di grazia" designa la pienezza dell'a­more di Dio quando esso tocca l'uomo. E quando Gesù aprirà la sua predicazione nella sinagoga di Nazaret tutti, dice Luca, «gli ren­devano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22). La grazia rappresenta il mistero di Dio che sfiora, con delicatezza, l'umanità per inserirla nel suo mistero di salvezza.



... il Signore è con te!

Si può, forse, rivolgere un saluto più bello di questo ad un uomo o ad una donna? «Il Signore - dice l'angelo a Maria - è con te»: Dio si è fatto prossimo, vicino, ti ha raggiunta sulla tua strada, ti ha scelto...

L'espressione viene da lontano. Già nell'Antico Testamento, quando l'angelo del Signore chiama un uomo perché realizzi il pro­getto di Dio, gli assicura la sua presenza con questa formula benau­gurante. Il saluto dell'angelo, in questi casi, esprime la realtà del­l'impegno di Dio e della sua presenza accanto all'uomo. Quando chia­ma qualcuno a portare il suo progetto nel cuore della storia, Dio si impe­gna accanto all'uo­mo, in modo totale. ...Un esempio?

Un giorno, l'an­gelo del Signore parlò così a Ge­deone, mentre bat­teva il grano nel tino per sottrarlo ai Madianiti. L'angelo del Signore si rivol­se allora a Gedeone con le stesse paro­le che risuoneranno a Nazaret: «Il Signore è con te!».

E gli affidò il com­pito di diventare, nel nome di JHWH, giudice e liberatore del suo popo­lo (Gdc 6,12).



Un immenso progetto di Dio

Le parole dell'angelo risuonano, all'interno della grande tradizio­ne biblica, come l'apertura insieme familiare e solenne di un racconto di vocazione. Si capisce che qui Dio apre un momento inedito della sto­ria di salvezza.

L'angelo chiama Maria, da parte di Dio, per un progetto che la supe­ra immensamente, un progetto di benevolenza per l'umanità tutta inte­ra: «Maria, il Signore è con te...»

Rileggendo queste parole del Vangelo, ciascuno di noi vi sente l'eco di altre pagine bibliche, come il canto straordinario di Sofonia: «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sof 3,14-17). È questo canto che noi con­dividiamo con meraviglia quando preghiamo umilmente l'Ave Maria! "Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno"

Con le parole del saluto angelico riprese integralmente all'inizio dell'Ave Maria, la preghiera intreccia le parole di Elisabetta a sua cugi­na: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42). Come se queste parole continuassero senza interruzione le parole dell'angelo.

Luca insiste, qui, sul posto centrale occupato dallo Spirito Santo. È lui che realizza in Maria la parola annunciata dall'angelo.

È Lui che si manifesta in Elisabetta quando il bambino trasalisce di gioia nel suo seno. È lui che interviene ancora per ispirare le paro­le di Elisabetta che si uniscono con grazia, nel soffio della stessa fede, a quelle dell'angelo: «Benedetta tu fra le donne». Parole che ven­gono direttamente dal cuore di Dio.



Un incontro indicibile

L'incontro tra le due donne, carico di tenerezza e di grazia infini­ta, ha ispirato una grande varietà di dipinti e di icone di ogni epoca. Maria è giovane e porta in sé la vita del Figlio che Dio dona all'umanità. L'anziana Elisabetta, considerata sterile, ora conosce la giovinezza infinita di una gravidanza ritenuta impossibile.

L'incontro delle due donne è di straordinaria intensità, perché entrambe si sentono toccate da Dio e dai suoi progetti. L'una e l'altra sono benedette e colmate della vita che viene da Dio.

Il trasalimento di Giovanni nel ventre di Elisabetta professa già la fede del profeta: Giovanni Battista riconosce e annuncia il Figlio di Dio.

La sua testimonianza profetica che, ai confini del deserto di Giuda, sarà rude ed impietosa, in questi primi istanti si esprime come un immenso giubilo. L'esultanza di Giovanni Battista nel grembo della madre altro non è che il segno della venuta del Messia. Fin dal grembo materno - lascia intendere l'evangelista - Giovanni è il pre­cursore.

Anche Elisabetta è invasa dallo spirito profetico e si meraviglia: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?».



“Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù”
Benedetta tu…
Le parole di Elisabetta nel suo incontro con Maria ispireranno tutte le parole della Chiesa su Maria. Luca - come anche Matteo nel suo rac­conto centrato su Giuseppe e tuttavia così delicato verso Maria (Mt 1-2) - le ha ricevute da una comunità credente che aveva contempla­to Maria e le ha scolpite per sempre nel suo Vangelo.

«Benedetta sei tu tra tutte le donne», esclama Elisabetta. Nella tradizione biblica, "benedire" non è tanto una parola ma un gesto con il quale colui che benedice trasmette la vita, dono di Dio. Così Giacobbe benedice i suoi figli quando sente che i suoi giorni sono compiuti. E in essi sono benedette le dodici tribù d'Israele (Gen 49). E poiché Dio è, per eccellenza, colui che benedice, la proclamazione di Elisabetta assicura che Dio stesso offre a Maria il dono eccezionale della vita che germoglia in lei.



...tra le donne

Proclamare che Maria è benedetta significa sottolineare la sua con­dizione con un superlativo. Anche qui Luca ha di certo in mente le Scritture quando scrive queste parole. Forse pensa al libro di Giuditta. Lo ricordate?

In questo antico racconto epico che esprime il Credo d'Israele nel Dio che salva, il popolo eletto è spinto sull'orlo del baratro da Nabucodonosor e dal suo esercito. Giuditta utilizza la sua bellezza, ma soprattutto la sua fede, per affrontare Oloferne, il capo dell'esercito nemico, e ucciderlo riportando al suo popolo la testa del tiranno. Questa storia assicura che Dio salva il suo popolo.

Davanti a Giuditta, il popolo salvato loda il Signore con gran­de allegria. E le sue parole ci mostrano cosa vuol dire che una per­sona è benedetta tra le donne: «Tutto il popolo era oltremodo fuori di sé e tutti si chinarono ad adorare Dio, esclamando in coro: "Benedetto sei tu, nostro Dio, che hai annientato in questo giorno i nemici del tuo popolo".

Ozia a sua volta disse a Giuditta: "Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra è ti ha gui­dato...

Davvero il coraggio che hai avuto non cadrà dal cuore degli uomini, che ricorderanno sempre la potenza di Dio". E tutto il popolo esclamò: "Amen! - Amen!» (Gdt 13,14.17-20).

Sì, «benedetta tra le donne»! Anche Maria si rende disponibile al proget­to di Dio per entrare in una storia di salvezza. Per que­sto il bambino che nascerà da lei si chiamerà "Gesù" che significa «Il Signore salva... egli - infatti - salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).

Dire che Maria è benedetta tra le donne significa benedire il Signore, l'Altissimo, che ha creato il cielo e la terra e che la sostiene. E riconoscere che l'uomo vive del progetto di Dio e della sua bontà infinita.

Elisabetta, dunque, con il suo «benedetta tra le donne», ricono­sce l'immensità del dono di Dio che scende ad altezza d'uomo.



... benedetto il frutto del tuo seno

«Benedetto il frutto del tuo grembo!» dice Elisabetta. Come se Maria fosse la sola a dare la vita a Gesù. Come se fosse suo figlio, e lo è veramente! Ma tutto il racconto sottolinea (e Matteo lo dice forse, ancora più chiaramente) che Gesù è figlio di Dio, concepito dallo Spirito Santo (Mt 1,18-25; Lc 1,35). Proprio quello che Elisabetta pro­clama con una sola parola: «Benedetto il frutto del tuo seno»!

Così Gesù nasce pienamente uomo - il frutto del tuo seno -, ma anche pienamente Dio («A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?»). Gesù, figlio di Maria, è benedetto.

Ma questo figlio viene da Dio, è di Dio, è Dio. La devozione della Chiesa e la teologia approfondiranno all'infinito queste affermazioni evangeliche, discrete e illuminanti, che conducono nel cuore della fede.



...Gesù

L'abbiamo già ricordato: l'Ave Maria è apparsa progressivamen­te nella fede e nella preghiera della Chiesa. Alle parole dell'Angelo e di Elisabetta, che la fede ha velocemente intrecciato, è stato aggiunto successivamente il nome di Gesù.

Pronunciare questo nome nella preghiera significa ridire, qui anco­ra come si fa nel Credo, che Gesù è al centro della fede. In lui siamo salvati.



"Santa Maria, Madre di Dio"

La seconda parte dell'Ave esprime la preghiera della Chiesa e si apre con una professione di fede: «Santa Maria madre di Dio». Maria è entrata nella fede cristiana grazie all'incarnazione del Verbo. Ma per forgiare le parole della fede in Cristo, la Chiesa ha impie­gato quasi cinque secoli e diversi «concili cristologici» che hanno per­messo di comprendere progressivamente l'identità di Gesù, tra tensioni e tentazioni che conosciamo anche oggi.

Così, nel 325, al concilio di Nicea, la Chiesa affermò con forza che Gesù è nello stesso tempo vero uomo e vero Dio. In seguito, nel con­cilio di Efeso del 431, venne proclamata la divina maternità di Maria. Maria è "madre di Dio" (theotokos) non perché il Verbo di Dio ha preso da essa la sua natura divina, ma perché è da lei che Egli ha preso il corpo per cui «nacque secondo la carne».

Con questo grido della fede, maturata attraverso i secoli dalle comu­nità cristiane d'Oriente e d'Occidente, inizia la seconda parte dell'Ave Maria: «Santa Maria madre di Dio...».



Santa Maria, madre di Dio...

La Chiesa ama dire che Maria è «santa». E ama ripetere conti­nuamente nella sua preghiera, Santa Maria... Afferma così che Maria è segnata da Dio in modo straordinario.

E che questa traccia di Dio la abita; che tutto, in lei, è disponibi­lità all'Altissimo. Per questo nel suo grembo, il Verbo si fa carne. E la santità, pur supponendo il consenso dell'uomo, è esclusivamente l'opera di Dio in noi.

Così, quando preghiamo: «Santa Maria, madre di Dio», noi ridi­ciamo le parole attraverso le quali la Chiesa esprime l'appartenenza totale di Maria a Dio. Ed è questo mistero dell'infinita vicinanza di Maria con il Cristo che noi scrutiamo in queste poche parole che apro­no le umili domande della seconda parte dell'Ave Maria.



... prega per noi peccatori

Le due espressioni che chiudono l'Ave Maria sono apparse, come abbiamo visto, progressivamente. In effetti, dopo aver adottato in modo abituale, nella sua preghiera, la prima parte dell'Ave Maria, la Chiesa l'ha un poco prolungata supplicando Maria di intercedere e pregare per noi peccatori.

Perché anche noi siamo sfiorati da questa luce immacolata che sola può penetrare la nostra vita carica di oscurità e di corruzione.

Forse questa insistenza sulla povertà dell'uomo che si riconosce peccatore viene da un tempo in cui, più di oggi, si insisteva sul peccato. E tuttavia, ancora una volta, noi siamo al centro della fede. Infatti il kerygma, il nucleo della fede apostolica, il cuore del Vangelo, è la proclamazione di Paolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato».

Cristo ci ha salvati dal peccato, dalla morte... Si va all'essenziale: chiedendo a Maria di pregare per noi, non le chiediamo la salvezza - noi siamo salvati solo dalla morte di Cristo e trascinati da lui verso la risurrezione! - ma la sua vicinanza materna, la sua intercessione. Come poveri e bisognosi, imbocchiamo il cammino della preghiera a Maria, riconoscendo quanto ci siamo allontanati dal Figlio suo.

Ciò che diciamo, lo si capisce, si inscrive nella grande corrente della tradizione cattolica.

I "protestanti" non farebbero queste stesse affermazioni: solo il Cristo può salvarci; solo a lui possiamo gridare come il cieco sulla stra­da: «Salvaci»! La tradizione cattolica, tuttavia, non ha mai rifiutato l'intercessione di Maria. A lei, madre di Gesù e dell'umanità, noi affi­diamo la nostra debolezza.



...adesso e nell'ora della morte

L'ultima supplica dell'Ave Maria è ancora più umile e più fiduciosa. Essa tocca il punto che vorremmo talvolta passare sotto silenzio, quella realtà conclusiva della nostra vita che ci trova totalmente impotenti. Così preghiamo Maria per l'oggi, che conosciamo, e per l'ora della nostra morte che non conosciamo affatto e che, forse, ci piacerebbe dimenticare. La preghiera è verità e qui confessiamo la nostra estrema fragilità.

Molti uomini e donne hanno sperimentato la bontà e la protezione di Maria nei momenti ultimi. Maria, madre di Dio e madre degli uomi­ni, nell'ultimo istante, conduce l'umanità sulle strade illuminate dal suo Figlio. Si è spesso affermato che l'Ave Maria è la preghiera del pove­ro: una preghiera semplice amata da tanta gente, dai piccoli, dai malati, da noi stessi...

Tante persone hanno in mano un rosario quando si mettono in pre­ghiera rivolgendosi verso il cielo. Esse sanno bene che si rivolgono a Dio, ma sono anche consapevoli della vicinanza materna della Madonna. A Lourdes e in tanti altri santuari mariani, la preghiera dell'Ave Maria spinge ad una forte disponibilità interiore e alla fiducia.



Amen
Con l'Amen finale noi diamo piena ade­sione all'insieme di questa breve preghiera che riunisce la terra e il cielo nella fiducio­sa supplica alla madre del Salvatore.

Stella Cogito


L'Ave Maria offre le parole alla pre­ghiera interiore di ciascuno, ripetendo il mormorio evangelico dell'angelo dell'an­nunciazione e di Elisabetta. E con pochi cenni presenta a Dio, per mezzo di Maria, tutte le pagine della nostra vita di pove­ri peccatori. Maria, madre di Dio e madre degli uomini, ci con­duca sul cammino che conduce al suo Figlio.



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03/09/2009 20:17

NELLA GIOVANE DONNA DI NAZARET... IL VOLTO DI TANTE DONNE

Ho incontrato tante volte Maria di Nazaret nella mia vita di donna, di madre e di giornalista. Ma non nelle chiese dove avevo imparato sin da piccolissima a pregarla, soprattutto nel mese di maggio, quando la mia nonna mi portava per mano la sera, attraverso i prati, palpitanti di lucciole oggi scomparse, in un'antica cappella a recitare il rosario. Non nella grande Basilica di Maria Ausiliatrice dove studentessa mi recavo con la mia classe a festeggiarla nei momenti liturgici importanti del­l'anno. E neppure nell'amatissimo Santuario della Consolata, cuore di Torino devota che ha affollato di ex voto, commoventi e naìf, i corri­doi laterali. In questi luoghi di culto mi sono inginocchiata davanti alla sua effigie e ne ho ricevuto conforto e consolazione in tanti momenti dif­ficili, di sofferenza e di gioia, di ringraziamento e di richieste.



L'ho incontrata per strada

Maria di Nazaret l'ho incontrata per strada, nelle case, nei paesi del benessere e in quelli della povertà, in luoghi geografici a volte nep­pure segnati sulle cartine, in situazioni da tutti ignorate, nella solitu­dine di destini che nessuno registra, neppure all'anagrafe.

Sulle montagne delle isole di Capo Verde, un arcipelago battuto dal vento e assetato di pioggia nell'Oceano Atlantico, l'ho vista usci­re da una casupola isolata fra i detriti lavici, tutto attorno un deserto di pietre, che si raggiunge solo a dorso di mulo. Si è affacciata sul­l'uscio con un bimbo per mano, il volto giovanissimo invecchiato da un reticolo di rughe, il corpo magro di chi mangia forse neppure una volta al giorno. Aveva due uova in mano e non c'è stato verso di rifiu­tarle, mi ha costretta a prenderle con uno sguardo d'intimità affettuosa che mi ha rivelato la sua storia di sacrifici nascosti, di esistenza igno­rata, di umiliazioni subite.

Un momento magico e irrepetibile in cui ci siamo confidate senza parlare, lei rassegnata al suo destino accettato con amore, io d'im­provviso svuotata di tutte quelle sovrastrutture che impediscono all'a­nima di uscire allo scoperto, nuda nella mia pochezza d'inquilina di tanti privilegi, con un desiderio improvviso di essenzialità che mi ha ripulita di tante inutilità. Ci siamo abbracciate come vecchie amiche, come la giovane Maria con la cugina Elisabetta, e mi sono saliti dal cuore spontanei i primi versetti del Magnificat: «L'anima mia magni­fica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva».



Nei bambini di Bornbay

Ho incontrato Maria Bambina in India, in una strada di Bombay affollata di bimbi denutriti, con gli occhi grandi che occupano tutto il visino macilento, le manine tese verso il turista che li guarda incu­riosito o infastidito, ogni momento rischiano il pericolo di essere tra­volti dalle macchine che corrono senza regole e neppure vedono quel­le formichine assiepate lungo i marciapiedi o sugli spartitraffico. La bambina stava in disparte, nei suoi occhi sembrava finito tutto il dolo­re del mondo, un abisso d'angosce e di paure. A differenza dei suoi coe­tanei più arditi, non porgeva le manine perse dentro ad un vestito a brandelli che copriva a stento le gambine esili, il corpicino prosciuga­to da tanti digiuni, il faccino smunto e sporco di polvere, con una traccia di lacrime.

I suoi occhi nei miei occhi, ci siamo guardate, lei senza alcuna pretesa, io con un rimescolio nelle mie viscere di madre che spesso non ha saputo capire di che cosa i figli hanno veramente bisogno, li ha inondati di privilegi che rendono esigenti e indifferenti, non ha sapu­to offrire quell'attenzione quotidiana che significa crescere insieme, godere insieme ai nostri ragazzi dei piccoli, ma importanti gesti d'a­more, di generosità, di conoscenza nascosti nelle pieghe delle gior­nate. Significa cercare insieme quel senso vero e profondo delle cose che aiuta a liberarsi dei falsi miti d'oggi, reagire all'amoralità dilagante, alla sete di denaro e di potere.

Ho visto nei suoi occhi la sofferenza di milioni di bambini ai quali è stata, e continua ad essere, violata e rapita l'infanzia, stuprato il corpo, uccisa l'anima. Vittime innocenti e senza voce non solo di tanti turpi e criminali commerci, ma anche di situazioni familiari "normali", dove l'egoismo degli adulti, la povertà dei cuori, l'ottusità delle menti, sacri­ficano l'esistenza dei figli. Mentre mi allontanavo dalla mia Maria Bambina indiana ho capito come ognuno di noi è complice di questa strage degli innocenti se non la denunciasse non opera in qualche modo perché venga sconfitta, se la ignora per distrazione o per omissione.



Nella ragazza di Korogocho

Ho incontrato Maria, giovane ragazza madre, a Korogocho, una delle fatiscenti bidonville che circondano Nairobi, dove ero andata a trovare padre Alex Zanotelli, centomila abitanti che vivono nel fango e fra le fogne a cielo aperto, a ridosso di una grande discarica. Il 60% ha l'Aids. Si chiamava Wangoi, diciotto anni, sola al mondo, era stata obbligata a prostituirsi per mantenere il figlio che aveva avuto dal­l'uomo che l'aveva abbandonata e così si era presa anche lei l'Aids.

Ridotta a un mucchietto di ossa, mi guardava dal suo giaciglio nella baracca infestata dai topi con lo sguardo d'infinita materna tenerezza che tanti pittori sono riusciti a consegnare alle loro Madonne. Vicino a lei il piccolo Kimeo di quattro anni, anche lui un grumo di ossicini. Wangoi aveva chiesto ad Alex di battezzarla insieme al suo bimbo che pregava l'Abba, "Ba, Ba", perché salvasse la sua mamma. Aveva detto al comboniano, che da più di dieci anni condivideva la vita con questi ultimi fra gli ultimi: «Più mi sono sentita sola e tradita, più ho avuto fame e sete di Lui. Vorrei il battesimo. So che Lui mi accoglierà! Ho sete di acqua viva». Wangoi, madonna africana con il suo bimbo fra le braccia già crocifisso anche lui all'Aids, che mi ha fatto capire quando siamo spesso superficiali nei nostri giudizi affrettati e quanto la nostra morale è ipocrita, quando emargina o condanna senza tene­re presente le cause che inducono al male e che spesso arrivano pro­prio dal nostro mondo perbenista, da una nostra complicità fatta di omissioni, di non interventi.

E mi sono risuonate nelle orecchie le parole di Alex: «Non capi­sco più nulla di fronte a questi poveri che non mi lasciano dormire. Se guardo con i loro occhi leggo tutto in modo diverso, le certezze e le sicurezze che ho maturato negli anni si sbriciolano. Prima di arri­vare qui ero come il cieco nato del Vangelo. Lo siamo un po' tutti, noi del primo mondo, come quel cieco!». Grazie Wangoi di avermi fat­to incontrare la giovane donna di Nazaret e in lei i milioni di donne sfruttate, offese, umiliate soltanto perché donne.



Nel coraggio di Almira

Sulle palafitte della Baia di Todos Los Santos, a Salvador di Bahia, ho incontrato Maria, silenziosa e solerte custode della sua povera casa di Nazareth. Si chiama Almira ed ha cre­sciuto i suoi cinque figli nella baracca sull'acqua, assistendo, spesso impotente e a volte in ritardo, al dramma dei bambini che, lasciati soli, cadevano nel liqua­me del mare stagnante e venivano ripescati già morti o straziati dagli spuntoni dei pali infissi dai pescatori. Un giorno Almira ha deciso che quel drammatico spettacolo non era più sopportabile. I figli erano cresciuti e se n'erano andati di casa. Allora ha preso la pentola nella quale aveva preparato i pasti per anni, le suppellettili consumate dal­l'uso, un materasso e la Bibbia. Ha attraversato la passerella di assi marce che la separava dalla terra ferma ed è andata a cercare un ango­lo di terreno per accamparsi. Lì ha piantato quattro pali di legno, una latta per tetto, pareti di cartone.

Ha sistemato le sue poche cose e subito dopo ha cominciato ad accogliere durante il giorno i bambini che venivano lasciati soli sulle palafitte. Dieci, venti, duecento.

La Provvidenza l'aiuta a nutrirli e san Francesco, il suo santo preferito, a salvarli da situazioni sempre più pericolose. Ha creato una escolina che è anche una casa di accoglienza per la notte e il giorno. «Quando vado nelle baracche mi sento un po' come Maria che va a fare visita a santa Elisabetta. Spesso ritorno con in brac­cio qualche neonato che stava per fare una brutta fine. Un giorno sono arrivata appena in tempo, i genitori ubriachi stavano per taglia­re in due la figlia di pochi mesi. La miseria della gente delle pala­fitte è così senza soluzioni che a volte li fa impazzire». La sera quan­do i bambini dormono Almira degli alagados legge il Vangelo, guar­da i suoi figli adottivi e si sente come Maria a Nazaret che veglia il suo Bambino, si sente "in paradiso".



Nel dolore di una madre

La Madonna dei dolori, quella del Calvario, l'ho incontrata in un condominio popolare di una grande città del Nord Italia, nel piccolo appartamento che odorava di cucina e di medicinali. Era seduta accan­to al letto del figlio devastato dall'Aids. Il marito l'aveva abbandona­ta, spaventato da quel dramma familiare che tanti padri non riescono a reggere, mentre le madri non scappano mai, rimangono in trincea fino alla fine. Con mano leggera spostava le lenzuola divenute trop­po pesanti per il corpo scarnificato del ragazzo e con una garza bagnata gli inumidiva le labbra con gesto dolcissimo che rivelava tutta la sua profonda intimità con la sofferenza del figlio, la sua disperazione che aveva sete di speranza.

Lui, quando apriva gli occhi smarriti, cercava lo sguardo della madre e vi si perdeva, poi li rinchiudeva con il volto disteso in un'om­bra di sorriso. Non erano più soltanto una madre ed un figlio, ma Maria che sotto la Croce piange e soffre con il suo Gesù, lo abbraccia ideal­mente in attesa di riceverlo fra le sue braccia, quando glielo deposi­teranno in quel grembo che lo ha partorito.

Sono soltanto alcune delle Madonne che ho incontrato nelle stra­de della mia vita. Madonne sconosciute che non saranno mai messe sugli altari, ma che mi hanno permesso di scoprire in Maria, una donna dei nostri tempi con la quale colloquiare, soffrire e sperare. Una Madonna alla quale posso confidare tutto, veramente tutto, perché lascia ogni giorno il cielo nel quale è stata assunta, per vestire la carne delle nostre fragilità e sofferenze, delle nostre povertà e delle nostre speranze. Insieme, con le parole dei nostri tempi difficili, camminiamo nella vita verso quella luce dell'amore emanato dalla sua maternità misericordiosa che consola, lenisce le ferite, dispensa aiuti e grazie, mai ci abbandona nei momenti del dolore come in quelli della gioia.

Mariapia Bonanate


IL SANTO ROSARIO [SM=g27998]
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.


Noi diciamo a Maria: Intercedi per noi. Ricorda a Gesù che ha voluto nascere, soffrire e morire per salvarci. Egli ha accumulato meri­ti infiniti nell'incarnazione, nella vita nascosta, nelle fatiche aposto­liche, nella passione e morte di croce. Presentagli questi meriti, e avrai diritto a tutte le grazie. Noi preghiamo per la Chiesa, preghiamo per la patria, per la famiglia, per gli amici vivi e defunti. La tua bontà è illimitata; attingi, o Maria, dal Cuor di Gesù tutte le grazie che ci sono necessarie. P Dehon



O Dio vieni a salvarmi! Signore, vieni presto in mio aiuto!



Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo, come era in principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen!



Dolce Cuore di Gesù, fa che io t'ami sempre più! Dolce Cuore di Maria, sii la salvezza mia!



Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua mise­ricordia!

Maria, Regina della Pace, prega per noi!



1 Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.



10 Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei bene­detta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen



MISTERI DELLA GIOIA (Lunedì e Sabato)

1. Nel primo mistero della gioia con­templiamo l'angelo che annuncia a Maria che diventerà Madre di Dio (Lc 1, 26-38).

Approfittiamo del grande esempio di Maria per sottometterci alla grazia appena si pre­senta.

Appena Dio parla all'anima per ispirarci una buona azione o per allontanarci da una cattiva, seguiamo immediatamente l'attrattiva di questa grazia, umiliamoci, riconosciamo Ia grandezza di Dio e la nostra miseria, la sua autorità la nostra dipendenza. Diciamo con Maria: «Sia fatto secon­do la tua Parola». E Dehon



2. Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria SS. Ad Elisabetta (Lc 1,39-45).

In tutto questo mistero della Visitazione straripa la carità del Cuor di Gesù, che spande le grazie su tutti quelli che egli visita, è l'umile riconoscenza del Cuor di Maria che c'insegna a dimostrare a Dio tutta la gratitudine attribuendogli fedelmente tutto il bene che egli opera in noi, suoi poveri servi umilissimi e piccolissimi. P. Dehon



3. Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù a Betlemme (Lc 2,1-7).

Ciò che particolarmente ci deve rallegrare, è che Maria non è sola­mente la madre del Salvatore, essa è anche la madre nostra. Questa dignità di figli da qualche diritto a partecipare a tutti i suoi beni spi­rituali. Noi possiamo unirci alle adorazioni, alla gioia, alle lacrime, alla felicità di Maria; anzi possiamo dire con lei: Un bambino ci è nato, ci è stato dato un figlio (Is 9). P Dehon



4. Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presenta­zione di Gesù al tempio (Lc 2,21-52).

Andiamo a Gerusalemme con la sacra Famiglia. Eccola al Tempio, ecco l'altare, ove si offrirà il più gran sacrificio che la terra possa offri­re a Dio. Eccomi, Signore, io mi offro, mi dono a Te, con Te, in unio­ne ai sentimenti del tuo Cuore. Accoglimi e non permettere che io mi riprenda mai più. P Dehon



5. Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù tra i dottori del tempio (Lc 41-52).

O Gesù, dove sei? Molte volte ho sentito la tua presenza meglio di quest'oggi; ritorna ancora, io ti cerco, ti scongiuro di ritornare; purifico la mia anima perché possa riceverti. Il mio cuore non ha pace che nell'unione col tuo. P. Dehon



MISTERI DELLA LUCE (Giovedì)

1. Nel primo mistero della luce contempliamo il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano (Mt 3, 16-17).

Il battesimo del Salvatore è l'ul­timo atto della sua lunga prepara­zione di trent'anni. Riceve il battesi­mo non per sé, ma per gli uomini suoi fratelli, e viene immerso nell'acqua in segno di morte e di risurrezione. Il suo battesimo simboleggia ed annuncia la sua morte reale e la sua risurrezio­ne, mentre il nostro esprime solo una morte spirituale al peccato e la risur­rezione alla vita soprannaturale. P. Dehon



2. Nel secondo mistero della luce contempliamo la manifestazione di Gesù alle nozze di Cana (Gv 2,1-5).

Gesù va a Cana, Maria s'interessa di tutto, vede ciò che manca, dice ciò che si deve fare. Dice a Gesù: "Manca il vino" ed ai servi: "Fate ciò che vi dirà". E' l'amica benevola, l'anima che da un buon consiglio, l'amica sicura e fedele. "Siate in buoni rapporti con molti, dice il Saggio, ma scegliete il consigliere fra mille ". (Eccl. 6,6). Maria è per noi questo consigliere unico. P. Dehon



3. Nel terzo mistero della luce contempliamo l'annuncio del Regno di Dio con l'invito alla conversione (Mc 1, 15-16).

Questo regno ha un bandiera la croce prima, il Crocifisso il cui cuore è stato trapassato dalla lancia; poi il Crocifisso stesso apre la tenda, e ci mostra nel petto il Cuore aperto, e allora questo Cuore diventa un secondo segno aggiunto alla Croce: segno che ci richia­ma a dare amore al Salvatore, una domanda d'amore sempre più pres­sante, una domanda di riparazione e di sacrificio amoroso. O Gesù, vieni e regna nell'anima mia. P. Dehon



4. Nel quarto mistero della luce contempliamo la trasfigura­zione del Signore (Lc 9, 29-35).

Questa parola divina: «Ascoltatelo» attende da noi una risposta e non basta una risposta vana: «ascolterò», occorre una disposizio­ne abituale: «ascolto, ascolto sempre; parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta». Ascolterò al principio di ogni azione per sapere ciò che devo fare, e come devo fare. P Dehon



5. Nel quinto mistero della luce contempliamo l'istituzione dell'Eucaristia (Gv 13,1)

Gesù ha voluto manifestare l'amore infinito che ha per gli uomi­ni, dandosi a loro e trovando il mezzo di restar in mezzo a loro. Ha preso il pane e il vino per indicare che egli era per noi il nutrimento delle anime, una sorgente di forza, di gioia, di consolazione e il pegno della vita stessa. P. Dehon



MISTERI DEL DOLORE (Martedì e Venerdì)

1. Nel primo mistero del dolore contempliamo Gesù che prega nell'orto degli ulivi (Mt 26,36-39).

Gesù vuole insegnarci che nei giorni d'angoscia e di tristezza dob­biamo cercare la consolazione nella preghiera. Vuole insegnarci che dobbiamo pregar bene, che dobbiamo ritirarci nella solitudine ed allon­tanarci dal fracasso degli uomini. O Gesù, permetti che io ti contem­pli lungamente e piamente durante questa mia preghiera. P. Dehon



2. Nel secondo mistero del dolore con­templiamo Gesù innocente flagellato alla colonna (Mt 27,24-26).

Non solamente egli subiva la flagella­zione per la nostra salvezza, ma la santifi­cava, facendone come un accumulatore di grazie capace di agire fino alla fine del mondo. Egli prendeva la maggior parte delle sofferenze per sé, e ci meritava la gra­zia di imitarlo un pò. Non lasciamo perde­re queste grazie, offriamo a nostro Signore qualche penitenza volon­taria in unione alla sua flagellazione. P Dehon



3. Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù incorona­to di spine (Mt 27,27-31).

Soffrendo, Cristo ha riscattato il mondo, ed ha meritato di dive­nirne il re supremo. Le spine della sua corona terrestre sono divenu­te le gemme della sua corona celeste. Signore, ti riconosco per mio vero re. Regna veramente su tutta la mia vita. P. Dehon



4. Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che porta la croce fino al Calvario (Lc 23,26-32).

Maria segue Gesù fino al Calvario, e Gesù soffrirà doppiamen­te. Maria pertanto è il nostro modello. Essa dimentica interamente se stessa, e da a Gesù tutto ciò che il suo Cuore può attendersi: com­passione, riparazione, amore, riconoscenza. Camminiamo con lei, imi­tiamola, consoliamola, come faceva san Giovanni. P. Dehon



5. Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore sulla croce per salvarci (Gv 19, 25-30).

Nei momenti dolorosi della prova noi innalziamo i nostri sguardi al crocifisso per ritemprare il nostro coraggio, ma quanto l'immagi­ne del Cristo ci sarà più dolce ancora fortificante, se accanto a lui vedremo Maria in piedi nella sua eroica rassegnazione! Non scorag­giamoci mai. P. Dehon



MISTERI DELLA GLORIA (Mercoledì e Domenica)

l. Nel primo mistero della glo­ria contempliamo Gesù che risor­ge dalla morte (Mt 28, 5-6).

O Maria, fammi condividere la tua santa gioia! O Gesù, fa che io viva veramente una vita risuscitata, in unio­ne a Te, nel distacco dalle cose della terra e nell'amore delle cose del cielo. Rinnovo il mio proposito di unirmi a Te in ogni mia piccola azione. P. Dehon



2. Nel secondo mistero della glo­ria contempliamo Gesù che ascen­de al cielo (Le 24, 36-53).

A Natale Gesù è nato per noi; durante la Passione ci ha incorpo­rati alle sue sofferenze e ci ha chiamati ad offrire la nostra vita per ripa­rare le offese che ancora oggi si fanno al suo amore fedele; a Pasqua ci ha comunicato la vita nuova, distaccata dalla terra: con l'ascensio­ne ci ha formati alla vita celeste. P. Dehon



3. Nel terzo mistero della gloria contempliamo la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli

Lo Spirito Santo è un legame d'amore. Come ha unito Gesù al Padre, così unisce noi a Gesù e desidera unirci tra di noi. E’ il legame più stret­to che fortifica in noi l'amore, perché noi possiamo donarlo ai nostri fratelli e amare con verità e nella quotidianità Colui che ha donato la sua vita per noi. P. Dehon



4. Nel quarto mistero della gloria contempliamo l'assunzione di Maria al cielo (Gv 13, 18-20).

Maria è diventata lassù la nostra mediatrice presso il Cuore di Gesù, il canale delle grazie divine e il sostegno della Chiesa. O Madre mia, io unisco la mia lode a quella degli angeli e dei Santi, poiché Tu sei degna di ogni mia venerazione. P. Dehon



5. Nel quinto mistero della gloria contempliamo Maria inco­ronata Regina degli Angeli e dei Santi (Ap 12,1).

Eccola Maria, Regina della gloria, ma anche Regina di bontà e di misericordia. Andiamo a lei noi tutti che siamo feriti, la sua poten­za non ha i limiti di amore. Essa è l'asilo dei peccatori, la protettrice dei giusti, la speranza ed il sostegno della Chiesa, la risorsa dei popo­li e delle nazioni. P. Dehon



LITANIE LAURETANE

Sono le più antiche, formatesi lentamente. Nel 1587 furono ap­provate ufficialmente da Sisto V, il quale eresse la Diocesi di Loreto e ne fece costruire la facciata del Santuario.

Lungo i secoli, secondo i bisogni della Chiesa e lo sviluppo dottrinale del Magistero, sono state aggiunte altre invocazioni. L'ulti­ma - Regina della famiglia - è stata inserita per espressa volontà di Giovanni Paolo II.

Queste Litanie sono una miniera inesauribile di potenti stimoli per la riflessione e la pietà popolare verso Maria.

Signore, pietà Signore pietà

Cristo, pietà Cristo pietà

Signore, pietà Signore pietà

Cristo, ascoltaci Cristo ascoltaci

Cristo, esaudiscici Cristo esaudiscici

Padre del Cielo, che sei Dio abbi pietà di noi

Figlio, Redentore del Mondo, che sei Dio abbi pietà di noi

Spirito Santo, che sei Dio abbi pietà di noi

Santa Trinità, unico Dio abbi pietà di noi

Santa Maria prega per noi

Santa Madre di Dio prega per noi

Santa Vergine delle vergini prega per noi

Madre di Cristo prega per noi

Madre della Chiesa prega per noi

Madre della divina grazia prega per noi

Madre purissima prega per noi

Madre castissima prega per noi

Madre sempre vergine prega per noi

Madre immacolata prega per noi

Madre degna d'amore prega per noi

Madre ammirabile prega per noi

Madre del buon consiglio prega per noi

Madre del Creatore prega per noi

Madre del Salvatore prega per noi

Madre di Misericordia prega per noi

Vergine prudentissima prega per noi

Vergine degna di onore prega per noi

Vergine degna di lode prega per noi

Vergine potente prega per noi

Vergine clemente prega per noi

Vergine fedele Specchio della santità divina prega per noi

Sede della sapienza prega per noi

Causa della nostra letizia prega per noi

Tempio dello Spirito Santo prega per noi

Tabernacolo dell'eterna gloria prega per noi

Dimora tutta consacrata a Dio prega per noi

Rosa mistica prega per noi

Torre di Davide prega per noi

Torre d'avorio prega per noi

Casa d'oro prega per noi

Arca dell'alleanza prega per noi

Porta del cielo prega per noi

Stella del mattino prega per noi

Salute degli infermi prega per noi

Rifugio dei peccatori prega per noi

Consolatrice degli afflitti prega per noi

Aiuto dei cristiani prega per noi

Regina degli Angeli prega per noi

Regina dei Patriarchi prega per noi

Regina dei Profeti prega per noi

Regina degli Apostoli prega per noi

Regina dei Martiri prega per noi

Regina dei veri cristiani prega per noi

Regina dei Vergini prega per noi

Regina di tutti i Santi prega per noi

Regina concepita senza peccato originale prega per noi

Regina assunta in cielo prega per noi

Regina del Santo Rosario prega per noi

Regina della pace prega per noi

Regina della famiglia prega per noi



Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo perdonaci, Signore

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo esaudiscici, Signore

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi.



P. Prega per noi, Santa Madre di Dio.

A. E saremo degni delle promesse di Cristo.

PREGHIAMO - O Dio, il tuo unico Figlio Gesù Cristo ci ha procurato i beni della salvezza eterna con la sua vita, morte e risurrezione; a noi che, con il santo Rosario della Beata Vergine Maria, abbiamo meditato questi misteri concedi di imitare ciò che essi contengono e di raggiungere ciò che promettono. Per Cristo nostro Signore.
Amen.


[SM=g27998]



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