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"Tracce di Alberto su sapone"
I carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche di Parma hanno depositato una nuova relazione che "inchioda" Alberto Stasi, accusato dell'omicidio della fidanzata a Garlasco. La perizia dei Ris ha ribadito che le impronte digitali trovate sul portasapone di casa Poggi insieme al Dna della vittima sono proprio di Stasi. Stessa certezza anche sul fatto che il ragazzo non può aver scoperto il cadavere senza sporcarsi le scarpe di sangue.
Queste tesi, già note, rafforzano le conclusioni di Marzio Capra, il biologo-genetista della famiglia Poggi. La nuova relazione è arrivata durante l'udienza preliminare per decidere se rinviare a giudizio Alberto Stasi, unico imputato dell'omicidio di Chiara. Ancora battaglia in aula tra accusa e difesa: dubbi sulle impronte, sulle tracce di Dna, basate su molteplici perizie.
La perizia della procura, richiesta ai Ris, ribadisce che le tracce portano tutte a indicare Stasi come colpevole. Quella del consulente di parte civile, Marzio Capra, che ha depositato una mini memoria di quattro pagine per dimostrare, tra l'altro, come sull'erogatore di sapone del bagno di casa Poggi ci siano le impronte di Alberto, mischiate al sangue di Chiara. Una prova che il giovane si sarebbe lavato le mani dopo aver ucciso, ma che è stata duramente contestata dai legali di Stasi. Al punto da provocare la reazione di Capra che ha definito "assolutamente inaccettabile e scorretto" il tentativo da parte dei consulenti della difesa di Alberto Stasi di invalidare queste analisi. Secondo Capra il Dna sull'erogatore è "stato rilevato nonostante la preventiva, necessaria esecuzione di parzialmente distruttivi trattamenti chimico-fisici per l'esaltazione delle impronte digitali". I Ris nella loro relazione hanno dato ragione a Capra.
Ma la battaglia è stata anche sulle perizie relative alle scarpe che Alberto indossava al momento della scoperta del corpo di Chiara. Il giovane ha infatti sempre sostenuto di aver trovato Chiara morta e di essere subito scappato a cercare aiuto. Lo scontro tra difesa (per Stasi, gli avvocati Angelo Giarda e Giuseppe e Giulio Colli) e accusa è per dimostrare se effettivamente il giovane poteva entrare in casa senza sporcarsele di sangue o se invece le ha buttate via dopo l'omicidio. Si è parlato a lungo del tipo di falcata (60 centimetri, 70, 90) necessaria ad Alberto per non macchiarsi le scarpe.
Secondo l'accusa e la parte civile, che ha fatto eseguire una nuova consulenza anche su questo aspetto, con qualunque passo abbia camminato nella villetta dei Poggi il giovane non può non essersi sporcato di sangue. Resta infine la questione del computer. Alberto, che è accusato anche di detenzione di materiale pedopornografico, ha sempre sostenuto che all'ora del delitto stava lavorando al computer alla tesi a casa sua. Secondo una nuova consulenza da parte della famiglia Poggi che si è affidata all'ingegner Paolo Reale. Secondo l'esperto non è con il pc che Alberto può garantirsi un alibi.
tgcom |