A volte sembra che le parole del Papa siano coperte sempre troppo corte. Finisce che, a tirare dalla propria parte, ogni volta qualcuno ci lascia fuori i piedi e si lagna. Adesso nei Suoi confronti siamo addirittura alla protesta preventiva, quella che si fa per portarsi avanti.

Non sapendo che pensare un amico mi ha scritto alcune considerazioni che ho trovato illuminanti.

“[...]
1) Prima di lamentarti aspetta almeno di sapere perché.

2) Comunque, quand’anche ne avessi motivo, non lamentarti, oportet ut scandala eveniant. Ma poichè nessuno sa mai dove stia esattamente il vero motivo di scandalo, non provarci nemmeno a fare baruffa: potresti trovarti fregato ancora al “E però io…”. E guai a colui attraverso il quale gli scandali arrivano, giusto?


2) Il Summorum Pontificum non é politica: non serve a litigare ma a pacificare. Perciò solo quando una Messa porta pace allora si onora il senso di una Messa e del SP. Vero è che spesso la pace è un seme che ha da germogliare, perciò pensa a zappare.

3) Il cristianesimo è dei martiri, e la pazienza è un martirio spirituale. Perchè vuoi scappare da quest’ottima occasione?


4) Il SP non é per pochi eletti (o pochi “disgraziati”, a seconda) ma è per tutti i fedeli di buona volontà. Va da sé che la buona volontà non è di tutti. Tu pensa alla tua.


5) Il SP è un coraggioso atto della riforma della Chiesa, ma non è la Riforma della Chiesa. Diciamo piuttosto un buon inizio: cammina perchè non sei ancora arrivato.


6) La riforma della Chiesa è sempre e comunque opera dello Spirito Santo, anche quando soffia attraverso del parole del Papa. Tu per primo lo devi lasciar agire: i tuoi buoni consigli lo impicciano.


7) Se un cuore è sordo, è sordo. Con chi non vuol sentire non serve urlare. Prega piuttosto che Dio gli doni orecchi e sussurri le parole che solo Lui sa. Di questi tempi potresti ritrovarti “padre” nella fede di numerosa prole. Non sei felice?


8 ) Davanti al rifiuto continua a cantare le lodi a Dio. C’è chi si è commosso per questa mite insistenza.


9) Un documento interpretativo è l’interpretazione della norma, non è la contraddizione della norma; e talvolta quello che crediamo essere “restrizione” della norma è semplice “discrezione”. Perciò dormi tranquillo, perché tanto la tua comunione frequente e il tuo Rosario quotidiano non vengono toccati.


10) Come ordinano i preti e cosa facciano a Milano sono faccende che riguardano i preti e chi abita a Milano. Lascia che chi deve decidere decida, perché non capiti di arrogarti diritti che non hai, e ancor peggio, di violare diritti che altri hanno. E poi, per risolvere certe faccende, converrai bisognerebbe rivedere la Ministeria Quaedam. Non si può fare tutto insieme.


11) Le norme non sono cannoni, l’Istruzione non è una mitragliatrice, l’Ecclesia Dei non è il Quartier Generale della battaglia finale. Dovresti aspirare a metterti in testa un’aureola, non un elmetto.


12) Il SP è salvo perché è nelle mani di questo meraviglioso Papa. Lo è sempre stato e lo sarà sempre. Quindi sta sereno, prosegui umile e confida in Dio. L’Istruzione che non ti cambierà la vita è pronta. Tu, piuttosto, sei pronto?

[...]“

 

 

a 4 anni di distanza dal MP ricordiamo volentieri:

 

 

«Ite missa est»: viaggio tra i seguaci della messa in latino

di Redazione

Un ringraziamento commosso del sacerdote a Papa Benedetto XVI durante l’omelia e, in conclusione, il canto del «Te Deum». Questi alcuni dei momenti che hanno caratterizzato una delle messe che si celebrano a Roma col rito tridentino. È stata una «prima» importante, ieri, per la numerosa comunità tradizionalista romana. L’emanazione papale del «Motu Proprio» è stata vissuta, infatti, come un giusto e atteso riconoscimento liturgico per i tanti seguaci della liturgia in latino.

Per capire gli umori e le reazioni dei fedeli, abbiamo assistito a una delle celebrazioni che si tengono secondo l’antico rito. Nella chiesa di Gesù e Maria al Corso si riunisce una delle storiche comunità di seguaci del rito romano. Per questi non è stata una domenica come le altre: «Abbiamo ricevuto un dono di grazia, che ha riparato a molte incomprensioni che duravano da decenni», spiega Carlo Marconi, presidente romano dell’associazione «Una Voce». Uno dei gruppi più attivi nella difesa della liturgia latino-gregoriana: l’importanza dell’avvenimento è sottolineata dal fatto che «a giorni il nostro presidente internazionale ringrazierà ufficialmente il Sommo Pontefice». Tanti i giovani che hanno assistito alla celebrazione. Tra questi, numerosi sono gli aderenti del «Trifoglio», un’associazione identitaria che utilizza il latino come lingua madre delle sue campagne culturali: «Oggi siamo entusiasti perché festeggiamo la “liberazione” del rito romano - dichiara Alfredo Iorio, presidente del “Trifoglio” -. Noi siamo stati sempre convinti che la messa è un rito che non va solo capito ma soprattutto vissuto. È un’esperienza che può rappresentare un momento di rinascita per la nostra civiltà».

Tra gli altri luoghi di culto dove si celebra l’antica liturgia vi è la chiesa di San Gregorio dei Muratori, in via Leccosa. Qui, dal 1992, padre Joseph Kramer ha il permesso di celebrare la messa in latino. Le celebrazioni avvengono tutti i giorni feriali, alle 18.30, e la domenica. I sacerdoti della «Fraternità San Giovanni», invece, celebrano la messa nelle chiesa di San Nicola in Carcere, in via del Teatro Marcello, tutti i giorni alle 12.15 e la domenica alle 9.15. Solo la domenica, alle 11, la liturgia viene officiata nelle chiesa di San Giuseppe a Capo le Case, in via Francesco Crispi, mentre solo l’ultimo mercoledì di ogni mese, alle 16.30, viene celebrata nella basilica di Santa Maria Maggiore. Infine nella cappella di Santa Caterina da Siena di via Urbana celebrano messa i sacerdoti della «Fraternità San Pio X», seguaci di Monsignor Lefevbre. «Tutte le domeniche, alle 11, la nostra cappella è ed è stata sempre piena di fedeli, soprattutto giovani - spiega don Fausto Buzzi -. Affermando il diritto di celebrare la messa secondo l’antico rito, il Papa ha riconosciuto che questo non è mai stato abrogato. È bello vedere come la tradizione è più viva che mai».

 Il Giornale, 9 luglio 2007