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da "autobiografia di un lupo-cane"

Ultimo Aggiornamento: 04/11/2008 08:36
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02/11/2008 21:57
 
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"Rivincite, smargiassate canine e torturatori"
Dicevo delle passeggiate con le mie amiche umane, che quasi immancabilmente a un certo punto privavo all’improvviso dell’onore della mia presenza; perché all’inizio mi lasciavo mettere il guinzaglio, ma loro resistevano poco: per un po’ giocavo a fare il bravo cane disciplinato, poi di colpo mi mettevo a tirare talmente forte (volevo assolutamente la mia libertà di movimento!) che le poverette erano costrette a lasciarmi andare libero… soprattutto quando entravamo in posti come la spiaggia o in aperta campagna. Si preoccupavano un po’, ma non volevano strattonarmi… anche se io, da bravo husky che non si ribella mai all’umano, non le avrei certo morsicate per questo. Temevano che mi perdessi e non tornassi più, soprattutto quando sparivo alla loro vista e non ce la facevano di sicuro a rincorrermi… solo due o tre volte riuscirono, con l’astuzia, a fregarmi, cioè a riacchiapparmi e rimettermi il dannatissimo guinzaglio, per poi non togliermelo più fino a casa. Per la mia incolumità, naturalmente. Allora mi rassegnavo a fare il bravo cane ubbidiente, per un pochino (In fin dei conti se lo meritavano, poverette). Invece, in poco tempo, avevo sviluppato un buon senso dell’orientamento: magari dopo due giorni, ma ce la facevo sempre a ritrovare la via di casa. A volte tornavo un po’ malconcio, quasi sempre a causa di qualche scambio di vedute con un collega per questioni di femmine, ma niente di grave: qualche morso, qualche escoriazione e via. Ormai anche il mio capobranco ci aveva fatto l’abitudine, non si preoccupava più di tanto se per un po’ non mi vedeva. E anche le mie amiche bipedi. Tutti loro sapevano, o per lo meno speravano, che presto sarei tornato. Più di una volta, però, certe mie sparizioni, o il loro risultato, li fecero veramente preoccupare. Come quella volta che, da vero figlio di una lupa, andai a fare gli “sberleffi” ad un grosso maschio (un mio amico, fra l’altro) che in quel momento si trovava (purtroppo per lui e fortunatamente per me) dietro le sbarre del suo cancello; facevamo entrambi la corte ad una cagnetta e, naturalmente, ero io in posizione di vantaggio, essendo libero (altrimenti avrei girato al largo: era grosso, quello!). Non mi accontentai di montare la cagnetta sotto i suoi occhi, incurante del suo ringhiare furibondo per la frustrazione: a fatto compiuto volli fare lo spaccone e mi avvicinai troppo, e ripetutamente, al cancello, per “sfottere” il cagnone. Finché lui si arrabbiò per davvero, io non fui abbastanza svelto a ritirarmi e quasi mi staccò un orecchio con un morso fulmineo, tanto era inferocito. Non gli portai rancore, dopotutto me l’ero proprio cercata: al suo posto, io avrei fatto lo stesso. In quell’occasione il mio umano chiese aiuto alla nostra simpatica vicina, quella che già si prendeva un po’ cura di me con le passeggiate in gruppetto, e dovettero portarmi insieme dal “torturatore di bestiole”. Mammina husky mia dolce, aiutami tu! Che posto sinistro! Che tremori avvertivo all’intorno, che vibrazioni di paura si sprigionavano da ogni dove! Che terrore m’incutevano quei camici bianchi! Devo ammettere però che il “torturatore” servì a qualcosa: non furono affatto divertenti quelle sedute forzate (dovettero mettersi in quattro per riuscire a stento ad abbrancarmi e tenermi fermo –sul pavimento, perché, dopo una lunga, estenuante lotta rinunciarono a cercare di stendermi sul tavolo delle torture-: i due camici bianchi, il mio umano e la vicina, e feci in tempo a notare sulle loro facce, per cause di forza maggiore accostate alla mia pelliccia, smorfie di disgusto, causa probabile il mio odore, che loro evidentemente non sapevano apprezzare), ma il mio orecchio tornò praticamente a posto. Ma quella sì era vita! Le schermaglie tra maschi per il possesso delle femmine (possesso per modo di dire: erano loro stesse che ci chiamavano in quei determinati periodi! E sono richiami imperativi ai quali non si può non rispondere), e poco importava se ogni tanto qualcuno ne usciva con qualche buco sanguinante o col rischio di perdere un orecchio. Faceva parte del gioco. Io però forse esageravo un po’. Avevo preso un po’ troppo spesso il brutto vizio, da vero figlio di una lupa… meretrice (scusami mamma, non volevo tirarti in ballo, non so neppure cosa voglia dire. E’ solo un modo di dire umano, non prendertela. Per la verità, gli umani usano un termine equivalente dal suono molto più colorito… ma non mi è concesso di usarlo qui. Pare che non stia bene. Qui posso usare solo l’equivalente “colto”… che in realtà non ho mai sentito pronunciare da una voce umana), di andare a sbeffeggiare i colleghi che, poveretti, mi vedevano sfilare libero e spavaldo, rosi dall’invidia, da dietro le sbarre di un cancello, impotenti all’azione. Ed erano tanti, quasi in ogni giardino davanti al quale passavo ce n’era uno. Io spesso lanciavo un tipo di provocazione che, tradotta in termini umani, sarebbe suonata più o meno così: “COMPARE, SEI UN GALERA? IO CI SONO STATO PER 7 ANNI, SENZA AVER FATTO NIENTE… COME TE, FORSE…. MA STACCI UN PO’ TU, ADESSO! IO SONO FUORI, ALLA FACCIA TUA!” Logico che lo sventurato s’incavolava alquanto, si avventava contro le sbarre e sfogava la sua rabbia minacciandomi che se per caso mi avesse beccato fuori di lì… non posso riportare altre esternazioni, suonerebbero troppo scurrili tradotte in linguaggio umano. Voi avreste percepito solo un ringhiare furioso. Ma il senso lo si può facilmente immaginare. Atteggiamento un po’ cattivello da parte mia, lo ammetto. In realtà noi siamo un popolo molto solidale, ma la convivenza con la specie umana, la dominante, ci ha talmente…. “snaturato” (Sì. Qui ci vuole.) che a volte capita che uno col mio lungo vissuto di represso e recluso forzato ceda alla tentazione di fare ogni tanto un po’ lo str… con i suoi simili. E qualche volta ne pagavo le conseguenze. Regolare, tutto previsto. E poi, dopo lo “sfottò”, proseguivo impettito per la mia strada. Rividi spesso il cagnone che per poco non mi aveva tranciato l’orecchio, abitava nei pressi della “grande casa estiva” (spiegherò più avanti di che si trattava), rimase per parecchio tempo imbestialito nei miei riguardi, indubbiamente non riteneva di essersi vendicato abbastanza. Così, non mi sognai più di andarlo a dileggiare quando era rinchiuso in giardino, e quando mi capitò, talvolta, di avvistarlo libero nei paraggi, mi affrettai a prendere il largo (non sapevo se avesse deciso di essersi vendicato abbastanza e non me la sentivo di andarglielo a chiedere!), oppure, se c’era il mio umano sulla strada, mi piazzavo accanto alle sue gambe e le usavo come barriera di protezione fra me e “il nemico”: sapevo che in quel caso non si sarebbe azzardato ad aggredirmi. Lui, il mio capobranco umano, se ne accorgeva e per averne la conferma faceva una passeggiatina con me che non lo mollavo un attimo, e col rivale che continuava a tenermi sotto tiro con lo sguardo. Allora ridacchiava benevolmente, facendomi una carezza in testa. Ancora a proposito dei torturatori di bestiole: con l’occasione dell’orecchio da ricucire, i camici bianchi, già che c’erano, mi sistemarono anche un vecchio disturbo… al “pancino”, al quale, ad essere sinceri, io non davo troppa importanza: me lo trascinavo dietro fin dai tempi della reclusione sul terrazzo, un piccolo tormento fisico col quale avevo imparato a convivere, euforico e innamorato della vita libera com’ero. E alquanto coriaceo pure, riguardo al dolore fisico. Per me non era neppure un vero problema. Ma loro, i camici bianchi, convinsero il mio umano a somministrarmi alcune strane palline bianche… il poveretto riuscì, con molta fatica, a forzarmi le fauci e a cacciarmele in gola (più che altro lo lasciai fare, per farlo contento). Sentii appena il sapore sgradevolissimo, ma effettivamente l’antico fastidio sparì in poco tempo, tornai in forma “veramente” perfetta, stavolta, acquistai anche qualche chilo, il che giovava alla mia salute e al mio aspetto (sembra infatti che fossi un po’ sottopeso, un po’ troppo “magrone”, nonostante le mie riserve di energia quasi inesauribile). Scoprii che, effettivamente, eliminato quel problemuccio, se prima mi sentivo bene, dopo mi sentii benissimo; non lo credevo possibile, invece… Evviva i torturatori! (Anche perché ebbi modo di conoscerli solo in quell’occasione! E non ne sentii mai più la mancanza.)

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02/11/2008 22:04
 
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Akela, sono proprio un disastro, ho dimenticato di specificare "cap 4" nel titolo... potresti fare tu la modifica? Penso che ti ci voglia poco. Giusto per avere un po' più di ordine. Grazie!
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04/11/2008 08:36
 
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Mamma mia che tipino questo husky :DDDD
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