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Hillary parla alla convention democratica

Ultimo Aggiornamento: 27/08/2008 11:33
27/08/2008 11:33
 
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Ha bruciato la tessera
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La convention
Hillary, show e rimpianti
«Ma ora tutti per Barack»
L'ex First Lady fa appello all'unità del partito

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

DENVER (Colorado) — Hillary Clinton è tornata. Per «rinnovare la promessa dell'America». Ma non nel ruolo che aveva sognato ancora meno di un anno fa. E non per aprire al popolo democratico il suo cuore pieno di rimpianti. Eppure l'ex first lady, costretta a inchinarsi all'uomo che le ha tolto la corona, ha recitato la sua parte con dignità e decenza. Lunedì, in un incontro privato con i delegati della sua New York, Hillary aveva parlato chiaro: «Come democratici, non siamo stati tutti dalla stessa parte. Ma ora non ci possono essere equivoci, il nostro scopo è lavorare uniti e far sì che a novembre Barack Obama venga eletto presidente». E ieri sera, alla Pepsi Arena, la donna che fu incoronata troppo presto ha rispettato il copione della correttezza e della disciplina di partito. È stata la notte della terza dinastia progressista, quella che vede il suo potere ventennale al tramonto, spazzata via dal mondo nuovo degli Obama, ma non si rassegna a uscire di scena, né a vedersi negato un posto nell'Olimpo dei numi democratici, sul modello dei Kennedy. Questa sera toccherà a Bill Clinton andare sul podio.

Non aveva un compito facile, Hillary, costretta a camminare su un sentiero sdrucciolo e pieno di incognite. Doveva dissipare ogni dubbio sul suo appoggio per Obama, far da ponte tra i suoi irriducibili e quelli di Barack, consolidare la propria immagine. Ma doveva anche spargere balsamo sulle frustrazioni dei suoi fan, far sentire le loro voci, inviare loro il discreto messaggio che tutto non è stato inutile: «Dovrebbe dire più o meno questo: abbiamo fatto la Storia, ma ora è tempo di guardare avanti e domani è un altro giorno. Ma nulla di più, altrimenti sarebbe un invito alla divisione», ci ha spiegato alla vigilia Susan McManus, dell'University of South Florida. Ma a complicare la vita di Hillary, c'era anche la campagna di John McCain, che da giorni usa senza scrupoli le divergenze e le accuse delle primarie tra lei ed Obama, per attaccare il candidato democratico e lanciare messaggi trasversali ai sostenitori di Clinton. L'ultimo spot pubblicitario dei repubblicani riprende quello della campagna di Hillary, con la famosa telefonata delle 3 del mattino e lei che dice: «John McCain porterebbe alla Casa Bianca l'esperienza di una vita, Barack Obama ha solo un discorso fatto nel 2002». L'unico commento aggiunto è: «Hillary ha ragione. John McCain for president».

Sebbene l'ex first lady li abbia denunciati, sono attacchi che toccano corde profonde fra i suoi fedeli. Non è scontato, per esempio, che questa sera, al momento della conta Stato per Stato che dovrà consegnare ufficialmente la nomination a Barack Obama, i suoi delegati la seguano. Hillary starebbe infatti negoziando con la campagna di Obama di lanciare un appello a metà votazione, dopo che alcune delegazioni abbiano avuto la possibilità di indicare il suo nome, per sospenderla e nominare Barack per acclamazione, ha detto Blaine Whitford, delegata della Florida. Per tenere sotto controllo gli umori dei loro delegati, gli uomini di Hillary hanno creato addirittura una squadra di 40 whips, le cosiddette fruste incaricate di assicurare che la situazione non sfugga di mano. Il discorso di Hillary era stato preparato da un terzetto di speechwriter, Lissa Muscatine, Jim Kennedy e Jon Lowett, che hanno ripreso tutti i temi della sua campagna presidenziale, puntando soprattutto su quella linea di populismo economico che aveva funzionato molto bene nell'ultima fase delle primarie. Dove l'attenzione data ai drammi quotidiani dell'americano medio, segnala anche quale ruolo veda per sé nel futuro la senatrice di New York: non solo avvocato delle cause femminili, ma anche campione dei più deboli e di chi lavora.

Paolo Valentino
27 agosto 2008



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