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Risurrezione...quando?

Ultimo Aggiornamento: 25/03/2008 13:41
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18/03/2008 13:45
 
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Il termine ebraico refa’im compare 34 volte nel TM (testo masoretico). Di queste circostanze, 26 volte è usato in testi narrativi, e tradotto solitamente come “refaim” (nome patronimico di un popolo di Canaan), mentre 8 volte è usato in testi poetici (Gb 26:5; Sl 88:10; Prov 2:18; 9:18; 21:16; Isa 14:9; 26:14; 26:19). Nei testi poetici, il termine è associato ai morti. In quest’ultimo caso, la TNM traduce sempre “quelli impotenti nella morte”, riferendosi semplicemente ai defunti. La LXX (insieme alla versione siriaca e alla Vulgata), confondendo l’uso refa’im in testi narrativi con quello in testi poetici, spesso traduce “i giganti”. In Salmo 88:10 traduce “i guaritori”, collegando il termine con il verbo rafa’ “guarire”. In Prov 2:18 “l’Ades con i nati della terra” (Vulgata Clementina: “gli inferi”), in Prov 9:19 “i nati delle terra”. La traduzione “i figli della terra” è usata dal Targum e dalla Siriaca in Prov 21:16.
Altre traduzioni moderne, invece, lasciano intendere che i refa’im siano le “ombre” dei morti, che conducono una semi-esistenza nel regno dell’aldilà (lo Sceol). Ad esempio, la Nuova Riveduta traduce 4 volte “i defunti” e 4 volte “le ombre”, mentre Rotherham traduce sempre “le ombre”. La traduzione di Young, invece, semplicemente traslittera il termine (“Rephaim”).
La parola refa’im si pensa sia correlata al verbo rafa’ “guarire”, o al verbo rafah “indebolirsi, sprofondare” (46 volte nel TM). BDB collega la parola col verbo rafah, dandole il significato “sprofondati, impotenti”, citando il fenicio rp’m.
Comunque, la traduzione “ombre” dei morti risente del criticisimo e dell’interpretazione delle parole ebraiche alla luce dell’ugaritico e di altre lingue affini (fenicio), come lo studioso M. Dahood e altri hanno fatto. Cercare di capire l’ebraico alla luce dell’ugaritico è possibile, ma non è conclusivo e non è l'unica chiave di lettura.
In ugaritico, la parola refa’im è usata in riferimento agli eroi e re del passato. In fenicio, iscrizioni del 5° secolo aEV indicano i refa’im come “coloro che i viventi incontrano nella morte”, e considerano i “divini Refaim” come “le ombre sacre”. Comunque, non è possibile affermare con certezza che in ugaritico ci sia la incontestabile evidenza che la parola “ombra” sia usata come designazione dei morti.
Leggere nella parola refa’im l’idea di una esistenza semicosciente nello Sceol significa introdurre la mitologia cananea nel testo biblico. Non c’è un solo passo nell'AT in cui si sostenga l’idea che i morti siano “vivi”, o in cui si dica che i morti vivono come “ombre”. Questa idea è estranea al concetto ebraico della morte, che invece afferma il concetto di inesistenza nello Sceol (cfr. Sl 146:6; Eccl 9:5, 10; Isa 38:18).

Volendo si potrebbe aprire un'apposita discussione sul tema dei refaim, spesso strumentalizzato dagli "immortalisti", non avendo altri basi bibliche a supporto della loro tesi!
[Modificato da christofer2006 24/03/2008 09:40]
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