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I sussurri del cosmo. Parla il Nobel Smoot.

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2007 01:11
23/08/2007 01:11
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Le galassie? Sono nate da minime «increspature» della temperatura dell’universo. Parla il Nobel Smoot, domani al Meeting


I sussurri del cosmo


«Siamo riusciti a "vedere" l’embrione delle stelle, ne abbiamo come scoperto i resti fossili. Una radiazione cosmica di fondo è il messaggio che ci arriva direttamente dall’inizio del tempo»


Di Luigi Dell’Aglio

«Gli esseri umani hanno avuto l’audacia di concepire una teoria della creazione, e ora noi siamo in grado di provare questa teoria. Crediamo di aver scoperto i resti fossili dell’universo giovane, progenitore dell’universo di oggi. Nel momento del Big Bang (l’esplosione primordiale all’origine del cosmo), lo spazio era più piccolo di un minuscolo puntino che compare sullo schermo del vostro televisore, e il tempo era più breve del tempo che occorre alla luce per raggiungere quel puntino». Così parla George Smoot, permio Nobel per la Fisica nell’ottobre scorso. «Si può affermare che abbiamo assistito alla nascita dell’universo»; confidano i suoi collaboratori. Insieme con lui e sotto la sua guida – nel Lawrence Berkeley National Laboratory dell’Università della California – sono riusciti a misurare e mappare l’universo giovane e a disegnarne la forma. L’ostinazione conoscitiva di Smoot è tutta per la radiazione cosmica di fondo; è questa il prezioso «fossile», «il messaggio che ci arriva direttamente dal Big Bang, cioè dall’inizio del tempo». Il Nobel ha scoperto che la temperatura della radiazione varia da una regione all’altra dell’universo (fenomeno noto come anisotropia). Le variazioni producono «increspature» che, crescendo, hanno generato le galassie. E, in certe zone, sono concentrati miliardi di galassie, mentre in altre, vastissime, le galassie sono praticamente assenti. Perciò Smoot ha smentito la tesi comune secondo la quale nell’universo la materia è uniformemente distribuita. Studiando le variazioni, analizzando centinaia di milioni di dati e misure, verificando il tutto con l’aiuto di satelliti artificiali e palloni-sonda, il premio Nobel ha confermato la validità della teoria del Big Bang e del modello dell’universo piatto e in espansione. Smoot illustrerà la sua scoperta domani al Meeting di Rimini.

«Queste variazioni sono come il sussurro delle galassie appena nate. Sono impronte di piccole increspature dello spazio-tempo. Costituiscono i semi primordiali di quelle che poi – in miliardi di anni, grazie alla formidabile espansione dell’universo – sono diventate le galassie più mature e i grappoli di galassie. Si tratta di variazioni piccolissime. Ma di quanto? Di un decimo, un centesimo, un centomillesimo di grado? Per saperlo, bisognava conoscerle».
Quando ha reso noti i risultati delle sue ricerche, un muro di scetticismo si è alzato attorno a lei. Perché?
«La scienza non riusciva ad accettare l’idea che nell’universo possano trovarsi zone densamente popolate di galassie e zone caratterizzate da un colossale vuoto. Poi anche gli scettici sono stati costretti a rivedere il loro atteggiamento. Tutta la ricerca sull’origine e sull’evoluzione dell’universo ha cambiato corso».
Per lungo tempo, la cosmologia è stata considerata scienza puramente speculativa e astratta, incapace di affrontare prove sperimentali. In questa disciplina, lei è un pioniere: ha inaugurato un approccio nuovo, basato sulla ricerca spaziale. Come ha fatto a convincere la Nasa?
«Ho esercitato un pressing incessante sullo stato maggiore dell’agenzia. Ho spiegato che, per documentare i parametri che ci interessavano, bisognava interrogare lo spazio. E l’agenzia ci ha fornito le risorse necessarie, soprattutto con il satellite Cobe (Cosmic Background Explorer). Cobe ha provato che le fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo sono reali. Per decenni la scienza aveva eluso ogni domanda al riguardo. Noi abbiamo documentato quelle fluttuazioni. Abbiamo dimostrato che anche le teorie cosmologiche si possono testare».
È vero che ha offerto un biglietto d’aereo per il giro del mondo a chi riuscirà a scovare un solo errore o un’inesattezza nei vostri calcoli?
«Sì, e finora non si è fatto vivo nessuno. Supponiamo che in una qualunque ricerca si commetta uno sbaglio dell’ordine di uno su dieci mila. Un’inezia. Ma non per noi. Non potremmo permettercela. Perciò continuiamo le nostre osservazioni. Un’ulteriore conferma della nostra scoperta dovrebbe venire dal satellite Planck Surveyor dell’Agenzia Spaziale Europea. Il lancio è previsto per il prossimo anno. Meglio misuriamo, e con maggiore precisione conosceremo i parametri generali dell’universo. L’uomo congetturava sul cosmo molto prima di Aristotele. Noi abbiamo trovato le vestigia della Creazione. Siamo tornati indietro al periodo compreso fra i 300 mila e i 400 mila anni dopo il Big Bang. Sembrano tanti quegli anni ma, se pensiamo che il Big Bang è avvenuto 15 miliardi di anni fa, per noi "vedere" l’universo giovane è stato come osservare un embrione formatosi da poche ore».




da: www.avvenire.it/

vanni
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