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Pubblicate le lettere di Scott dal Polo Sud

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2007 16:49
12/01/2007 16:47
 
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www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/01_Gennaio/12/sco...

Rese note le ultime lettere inviate dal capitano Scott 95 anni fa
«Alla mia vedova: muoio, al Polo Sud»
L'esploratore, battuto da Amundsen, sapeva che non sarebbe riuscito a tornare. Morì a poche miglia da una base antartica

LONDRA - Il 17 gennaio di 95 anni fa il capitano Robert Falcon Scott aveva raggiunto il suo sogno ghiacciato, il Polo Sud, ma sapeva che era l'ultimo. Le parole scritte alla moglie sono quelle di un uomo la cui spedizione aveva catturato l'immaginazione di una nazione intera, ma anche di un esploratore sconfitto proprio sul traguardo. Le sue ultime lettere, quando sentiva che non sarebbe riuscito a fare ritorno in patria, sono state rese pubbliche per la prima volta e saranno esposte in mostra allo Scott Polar Institute all'interno della stessa università di Cambridge: «Alla mia vedova, carissimo tesoro abbiamo grossi problemi e dubito che ce la faremo. Nelle brevi ore per il pranzo utilizzo quel poco di calore per scrivere lettere in vista di una possibile fine».
BATTUTO DA AMUNDSEN - Scott - le cui lettere la moglie avrebbe ricevuto soltanto l'anno dopo, quando il suo cadavere fu ritrovato - non stava esagerando: il destino sembrava essersi messo contro di lui fin dall'inizio. Il 17 gennaio la sua spedizione - il luogotenente Henry Bowers, il dottor Edward Wilson, il sottoufficiale Edgar Evans, il capitano Lawrence "Titus" Oates e lui - raggiunse il Polo Sud, solo per scoprire che il norvegese Roald Amundsen li aveva battuti arrivandovi un mese prima di loro. Il gruppo si era messo dunque sulla strada del ritorno, ostacolato da terribili tempeste di neve. La prima vittima, a metà febbraio, fu Evans, seguito il 17 marzo da Oates, che abbandonò di sua volontà i compagni consapevole del fatto che con i suoi geloni stava rallentando la marcia di tutti. «Il povero Titus se n'è andato - scrisse Scott - era in uno stato terribile. Il resto di noi continua a procedere e a immaginare di avere una possibilità di farcela, ma il clima gelido non molla».
LA FINE - Scott e i suoi compagni morirono a poche miglia dalla base che stavano cercando di raggiungere, bloccati da una tempesta di neve. Le parole con cui Scott illustra la sua determinazione a lottare fino alla fine danno prova di una volontà pressochè eroica. «Penso che la nostra ultima possibilità sia sfumata. Abbiamo deciso di non ucciderci, ma di lottare fino alla fine per arrivare alla base, ma grazie a questa lotta avremo una fine priva di dolore, perciò non ti preoccupare», scrisse l'esploratore alla moglie. Scott esorta quindi la sua consorte a costruirsi un'altra vita, a risposarsi (cosa che lei fece nove anni dopo, con il politico Edward Hilton Young, che divenne in seguito barone) e a prendersi cura di loro figlio Peter, che all'epoca della sua morte aveva solo tre anni. «Cerca di fare in modo che il bambino si interessi alla storia naturale, è meglio dei giochi», si raccomandò.
IL FIGLIO - Le sue parole non caddero nel vuoto: Peter Scott si laureò al Trinity College di Cambridge e divenne un celebre ornitologo e conservazionista che aiutò a fondare il WWF. Il giovane ereditò anche lo spirito avventuriero del padre e vinse la medaglia di bronzo per la vela alle Olimpiadi del 1936 oltre a diventare campione britannico di volo planato nel 1963. Le lettere dell'esploratore sono state recentemente donate all' università di Cambridge da Philippa Scott, vedova di Peter, morto nel 1989.
12 gennaio 2007
"Nonostante la loro tendenza a costruire Morti Nere, mi sono sempre considerato un tipo da Impero" - Sheldon Cooper, da The Big Bang Theory
12/01/2007 16:49
 
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Per conoscere meglio Scott, da it.wikipedia.org/wiki/Robert_Falcon_Scott :

Sir Robert Falcon Scott (Devonport presso Plymouth, Inghilterra, 6 giugno 1868 - Antartide 29 marzo 1912) fu un ufficiale della marina britannica ed esploratore antartico.

Divenne famoso per la "competizione" con Roald Amundsen sul raggiungimento del Polo Sud. Amundsen lo raggiunse pochi giorni prima di Scott che, sfortunatamente, nella marcia di rientro al campo base perse la vita insieme ai membri della sua spedizione.
Indice
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* 1 Famiglia e formazione
* 2 La spedizione Discovery (1901 - 1904)
o 2.1 L'incontro con Clements Markham
o 2.2 L'inizio della spedizione
o 2.3 Una mongolfiera all'Antartide
o 2.4 Il tentativo di raggiungere il Polo Sud
o 2.5 I rapporti fra Scott e Shackleton
* 3 La spedizione Terra Nova (1910 - 1912)
o 3.1 L'inizio
o 3.2 Il fallimento della spedizione
* 4 Bibliografia
* 5 Collegamenti esterni

[modifica] Famiglia e formazione

Scott era il terzo dei sei figli di John e Hannah Scott. Il padre era proprietario di una birreria, ma la carriera in marina era un'antica tradizione di famiglia. Così nel 1881, dopo aver terminato gli studi, Scott, su consiglio del padre, si arruolò nella Royal Navy.

Cominciò la sua carriera come cadetto sulla nave scuola HMS Britannia, rimase per quattro anni sulla Boadicea e successivamente frequentò il Royal Naval College presso il quale superò gli esami per diventare tenente. Nel 1889 venne nuovamente promosso. Ma Scott sognava un'attività più avventurosa di quella dell'ufficiale di marina in tempo di pace. Con l'avanzare del tempo si rese conto che da parte della famiglia di origine mancavano sia i mezzi economici sia le relazioni per accelerare la sua carriera in marina in modo adeguato alle sue ambizioni.

[modifica] La spedizione Discovery (1901 - 1904)

[modifica] L'incontro con Clements Markham

La svolta nella carriera di Scott è dovuta in gran parte all'incontro con Clements Markham, anch'egli con un passato da esploratore e divenuto in seguito presidente della Royal Geographic Society. Il primo incontro con Markham avvenne quando Scott aveva appena 18 anni. Negli anni seguenti si rincontrarono numerose volte e, quando Scott si candidò per la guida della spedizione alla ricerca del Polo Sud, Markham ne appoggiò la candidatura. Secondo Markham l'esperienza di Scott nella marina militare era sufficiente per la conduzione della spedizione: fu così che sebbene gli scienziati della Royal Society avrebbero preferito uno scienziato, Markham riuscì ad imporre la sua decisione. A Scott venne quindi affidato il comando della "National Antarctic Expedition" benché - così ammise in seguito - ai tempi non avesse "una particolare predilezione per l'esplorazione polare". Ma comunque egli la considerava un mezzo per soddisfare le sue ambizioni.

[modifica] L'inizio della spedizione

Dopo la sua nomina, a Scott rimase un anno di tempo per preparare la spedizione. Fece parte dei preparativi anche una visita a Fridtjof Nansen, l'esploratore norvegese. Nansen consigliò a Scott l'utilizzo dei cani da slitta, un consiglio che Scott seguì, trascurando però il fatto che il loro efficace utilizzo richiedesse anche persone con capacità di conduzione di mute.

[modifica] Una mongolfiera all'Antartide

All'inizio di agosto del 1901 la Discovery salpò da Londra con a bordo 48 persone (di cui 39 erano membri della Royal Navy). Il 3 gennaio 1902 la nave attraversò il Circolo Polare Antartico, passò il mare di Ross e raggiunse la barriera di Ross.

Il 22 gennaio 1902 Scott e Edward Wilson sbarcarono a Capo Crozier e scalarono il monte Terror. Da qui avvistarono una distesa pianeggiante di ghiaccio che si estendeva fino all'orizzonte: quella vista alimentò il desiderio di Scott di provare a raggiungere il Polo Sud. La stagione era però già troppo avanzata per poter preparare l'impresa, per cui Scott decise di trascorrere l'inverno antartico a bordo della Discovery e di costruire una capanna di legno come magazzino e riparo d'emergenza nel caso la nave venisse schiacciata dalla banchisa. La località è nota ancora oggi come Hut Point.

Scott fu anche il primo ad utilizzare una mongolfiera nell'Antartico: a bordo si trovavano Scott e Ernest Shackleton. Il velivolo subì però dei danni durante il suo primo utilizzo e non poté essere impiegata nel prosieguo della spedizione.

[modifica] Il tentativo di raggiungere il Polo Sud

Il 1 novembre 1902 Scott, accompagnato da Edward Wilson e da Shackleton, lasciò Hut Point per dirigersi a sud con le slitte trainate dai cani. Scott, nell'erronea convinzione che il terreno sarebbe stato pianeggiante e agevole da percorrere, aveva previsto dei quantitativi di razioni alimentari molto ridotti. La spedizione incontrò all'inizio bufere con caduta di neve fresca che resero difficile il cammino, al punto che i tre erano costretti a trasportare metà del loro carico per mezzo miglio e poi tornare indietro per recuperare l'altra metà. I tre commisero inoltre alcuni errori tecnici: uno di questi fu quello di spostare i cani da una muta all'altra, scatenando feroci liti e diminuendo così l'efficacia delle mute. Inoltre i cani non erano preparati per l'impresa e per le condizioni climatiche, avendo passato l'inverno al riparo a bordo della nave con pochissime uscite di allenamento.
Nessuno dei tre aveva esperienza di sopravvivenza in ambienti estremi come quello antartico: si pensi che Shackleton non aveva mai montato una tenda né dormito in un sacco a pelo.
Quando i tre erano già sfiniti dalla cecità da neve, dalle scarse reazioni, dal clima avverso e, nel caso di Shackleton, dallo scorbuto, avvistarono le catene montuose antartiche che eliminarono le speranze di poter raggiungere il Polo. Nonostante ciò Scott decise di proseguire e solo intorno all'82° parallelo si arrese all'evidenza dell'impossibilità di proseguire. Dai suoi diari si evince che Scott attribuì l'intera colpa del fallimento ai cani e non agli errori tecnici nella preparazione. Scott, Wilson e Shackleton raggiunsero il punto più meridionale il 31 dicembre 1902, a 480 miglia dal Polo.

[modifica] I rapporti fra Scott e Shackleton

Numerose biografie accennano ad un'intensa animosità fra Scott e Shackleton. Ranulph Fiennes nella sua biografia di Scott afferma che in realtà vi fossero poche prove della loro rivalità e definisce amichevoli i rapporti fra i due. È opinione di Fiennes che il reale motivo per il precoce allontamento e rientro in patria di Shackleton fosse davvero lo stato di salute di quest'ultimo e non dovesse essere ricercato in eventuali sentimenti di invidia e di rivalità da parte di Scott.

[modifica] La spedizione Terra Nova (1910 - 1912)
La Terra Nova
La Terra Nova

[modifica] L'inizio

Secondo Scott il raggiungimento del Polo da parte di un britannico non era importante solo per questioni di prestigio nazionale. Scott lo considerava anche un opportunità di arricchimento e di miglioramento di status per la sua famiglia.

Dopo il matrimonio con la scultrice Kathleen Bruce il 2 settembre 1908 e la nascita del loro unico figlio nell'anno 1909, partì per la sua seconda spedizione nell'Antartico. Il 1 giugno 1910 la nave Terra Nova salpò da Londra alla volta dell'Antartide.

[modifica] Il fallimento della spedizione

Fin da subito fu chiaro a Scott che il raggiungimento del Polo sud sarebbe stato una sorta di gara con il norvegese Roald Amundsen.
Entrambe le spedizioni partirono nell'ottobre 1911 dai rispettivi campi base. Ma mentre Amundsen e i suoi quattro compagni erano in viaggio con sci e cani da slitta, Scott e i suoi utilizzarono pony e motoslitte che si rivelarono ben presto difettose, nonché cani da slitta che anche stavolta nessuno sapeva condurre.
La spedizione composta da Scott, Edward Wilson, Edgar Evans, Lawrence Oates e dal tenente Henry Bowers, raggiunse il Polo Sud tra il 17 e il 18 di gennaio del 1912. Ma qui la delusione fu enorme, quando i cinque si resero conto che Amundsen li aveva preceduti di diversi giorni: sul ghiaccio svettava ancora la bandiera norvegese, lasciata da Amundsen già il 14 dicembre 1911.
Purtroppo per Scott e i suoi, la migliore organizzazione della spedizione di Amundsen fu evidente anche (e soprattutto) nel durissimo viaggio di ritorno. Se infatti il norvegese era riuscito a percorrere tra le 15 e le 20 miglia al giorno (pur avendo previsto di percorrerne 30 al giorno), Scott raggiunse una prestazione massima di 13 miglia al giorno.
Mentre Amundsen riuscì a rientrare al campo base senza difficoltà, per Scott e i suoi il rientro divenne ben presto una lotta disperata. In gran parte contribuirono anche le pessime condizioni meteorologiche con temperature talmente rigide che, dall'introduzione delle moderne stazioni meteo negli anni '60, furono nuovamente registrate una sola volta.

Il primo che perse la vita nel corso della marcia di rientro fu Evans che si era infortunato in seguito ad una caduta ed ebbe un crollo fisico e psicologico. Poco dopo peggiorarono le condizioni di Lawrence Oates tanto da ostacolare la marcia degli altri membri della spedizione. Quando Oates si rese conto di avere poche possibilità di sopravvivenza, ma soprattutto di rappresentare un fattore di rischio per i rimanenti membri della spedizione, abbandonò volontariamente la tenda durante una tempesta di neve. Il suo corpo non fui mai ritrovato.

Il gesto di Oates fu inutile. I cadaveri dei rimamenti membri della spedizione furono trovati sei mesi dopo a sole 11 miglia da un grande deposito di viveri allestito appositamente per la loro spedizione. Rimasero i loro diari nei quali descrissero nel dettaglio le sofferenze patite. É celebre la frase di Scott:

"Had we lived I should have had a tale to tell of the hardihood, endurance and courage of my companions which would have stirred the heart of every Briton".

Il diario di Scott termina con la frase: "For God's sake look after our people. R. Scott".
"Nonostante la loro tendenza a costruire Morti Nere, mi sono sempre considerato un tipo da Impero" - Sheldon Cooper, da The Big Bang Theory
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