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LA REVISIONE DELLA COSTITUZIONE NON PUO' ESSERE RIDOTTA A STRUMENTO DI LOTTA POLITICA

Ultimo Aggiornamento: 14/06/2006 23:58
14/06/2006 23:58
 
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MOZIONE DELL'UNIONE GIURISTI CATTOLICI ITALIANI:

UNIONE GIURISTI CATTOLICI ITALIANI

Mozione
in merito al referendum confermativo della riforma della Costituzione Italiana.

Il Consiglio Centrale dell’UGCI, riunitosi a Roma il 31 maggio 2006, ha attivato un ampio dibattito in merito alla riforma della Costituzione così come approvata, in sede di seconda deliberazione, dalla Camera dei Deputati (20 ottobre 2005) e dal Senato della Repubblica (16 novembre 2005) e che verrà presto sottoposta, mediante referendum, all’attenzione del corpo elettorale del nostro Paese. Il Consiglio è concorde nel ritenere che non spetta all’UGCI dare specifiche indicazioni di voto, ma che è suo dovere riflettere e invitare a riflettere su questioni che incidono su valori e principi fondamentali.

Dal dibattito, particolarmente ampio, sono sorte molte osservazioni e molte perplessità. Quelle di più spiccato carattere tecnico-giuridico potranno, se sarà il caso, continuare a trovare ospitalità su Iustitia ed essere comunque oggetto di seminari e di convegni da parte delle Unioni Locali. L’ampio ventaglio di posizioni giuridiche e dottrinali presenti nell’Unione (che è sempre stata attentissima nel riconoscere ai propri soci la massima libertà “dottrinale”, in specie su tematiche che non ledono direttamente i valori fondamentali di cui l’Unione è portatrice) potrà rendere utile l’apporto che la nostra Associazione darà, come ha sempre dato in passato, allo sviluppo della cultura giuridica e costituzionalistica italiana.

Diverso ordine di considerazioni emerge invece da un dato di fatto che sta sotto gli occhi di tutti: la riduzione della revisione e degli emendamenti alla Costituzione a strumento di lotta politica.
La contrapposizione tra le forze politiche trasferita nell’arena della revisione costituzionale rischia di dare agli emendamenti costituzionali il carattere congiunturale proprio di quella contrapposizione. Le disposizioni costituzionali, al contrario, portano in sé la vocazione a durare nel tempo al di là delle stagioni politiche: usano un linguaggio che sa andare ben oltre le circostanze del momento e che si presta a interpretazioni adeguatrici.
Sempre sul piano del metodo, suscita inoltre molte e profonde perplessità la riduzione della Carta costituzionale a oggetto di “scambio politico”, sia tra le componenti della maggioranza che si è assunta la responsabilità di approvarne la revisione, sia tra i due opposti “poli” che sono chiamati a impegnarsi nella campagna referendaria. In tal modo la Costituzione finisce di essere, come è invece doveroso che sia, il luogo dei limiti e dei condizionamenti al potere politico, divenendo un indebito strumento di lotta politica.

Accanto a queste fondamentali preoccupazioni, se ne possono porre altre.
La prima è che appare poco persuasiva la tesi secondo cui modificare la seconda parte della Costituzione (Ordinamento della Repubblica) non presenti alcuna implicazione per i Principi fondamentali (artt. 1 – 12) e per la prima parte (Diritti e doveri dei cittadini) della stessa.
La seconda questione è il carattere disomogeneo che, per forza di cose, una riforma ampia finisce per avere. In questa logica, una sola legge di revisione è capace di emendare vari titoli della seconda parte della Costituzione, trattando insieme aspetti tra loro privi di omogeneità.
Inoltre non può tacersi la difficoltà nella quale si verrà a trovare il cittadino chiamato a esprimersi con un sì o con un no su di una legge di revisione costituzionale dai contenuti profondamente eterogenei.

In conclusione, il Consiglio Centrale dell’UGCI non può che rilevare con amara preoccupazione come il tema della riforma della Costituzione, da molti ritenuto essenziale a tanti anni di distanza dall’approvazione della Carta, venga ancora una volta discusso e gestito in forme non appropriate alla sua rilevanza storica, democratica e ideale. Il Consiglio concorde auspica –quale che possa essere l’esito di questo referendum confermativo- che non vada perduta la consapevolezza che è affidata al dettato costituzionale, un bene -l’unità non solo istituzionale, ma anche e soprattutto dei valori di riferimento del nostro Paese- che è il massimo che si possa realizzare all’interno di una comunità politica.



INES TABUSSO
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