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MARCO TRAVAGLIO: ARSENIO E VECCHI MERLETTI

Ultimo Aggiornamento: 02/04/2006 17:58
02/04/2006 17:58
 
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(PARDON: prima ho sbagliato e ho scritto "arsenico")


L'UNITA'
MARCO TRAVAGLIO
BANANAS
Arsenio e vecchi merletti

Mentre il centrosinistra tafazzeggia fra cunei fiscali e Bot da orbi, il Caimòna escogita quotidianamente, insieme alla consueta raffica di balle, una serie di slogan facili facili, elementari, quasi primordiali, che si conficcano immediatamente nella testa della gente. Lavora giorno e notte. Infaticabile, titanico, onnipresente a raccattare uno per uno i voti che gentilmente i suoi avversari gli regalano, occupa militarmente tutti gli spazi di terra, di mare e di aria. Le tv locali dei posti più sperduti sfornano sue interviste a getto continuo. E così i giornali, dai samiszdat come “Liberal” e “Tempi” (hanno un paio di lettori ciascuno, ma bùttali via) alle riviste ben più diffuse come il mensile “Ricamo Italiano”, che nel numero di aprile gli dedica due pagine dense di spunti. Anzitutto una dichiarazione di grande apertura sul ruolo delle donne, dopo le ultime gaffes sulle quote rosa: “La gestualità e il prodotto finito - filosofeggia il Presidente Ricamatore - hanno un sapore di cose antiche perché antica è questa occupazione tutta femminile. Non a caso i romani ripetevano ‘donne alla maglia, uomini alla battaglia’”. Chissà la Prestigiacomo, che gioia. Ma, più delle risposte, sono notevoli le domande dell’intervistatrice Anna Condemi, al cui confronto La Rosa, Armeni e Palombelli sono tre iene. La più ficcante è questa: “Che lei fosse un collezionista d’arte, un esperto di parchi e un arredatore per hobby lo sapevamo, ma che s’intendesse anche di quest’arte cosiddetta minore e femminilissima è per noi una sorpresa a dir poco entusiasmante! E’, questa sua, una sensibilità innata o un gusto forgiato dalla cultura?”. Il Caimòna, pur alle corde, non si sottrae: “La cultura del bello è innata. Fa parte delle sensibilità primordiali dell’uomo”. Ma la Condemi lo incalza: “L’Italia, in questi ultimi anni, ha fatto molto in tema di ‘gusto’, con ottimi risultati sia sul fronte dell’occupazione che dell’economia. Non crede che si possa fare un’operazione simile con il ricamo, magari partendo dall’arte della tavola di cui i tovagliati sono un indispensabile e raffinato complemento?”. Il premier, molto preparato, estrae il Contratto con le Ricamatrici: “La bontà dei nostri piatti tipici ben si esalta se coniugata con la bellezza dei nostri tovagliati. Non a caso, in occasione di importanti visite ufficiali, ho seguito personalmente i preparativi prestando grande attenzione ai particolari”. Segue una lunga dissertazione sull’arte del ricamo, in cui il nostro premier ovviamente eccelle: “Oggi il merletto viene spesso sapientemente accompagnato da un ricamo. E nella bellezza del lenzuolo o della tovaglia da tavola, l’uno non può fare a meno dell’altro. Ecco, mi piace il merletto, ma anche il ricamo”. Poi, spiritosone, si concede una battuta delle sue: “Fa eccezione, se mi consente, il punto a croce. Sa, in questi cinque anni ho portato la croce e non ho potuto cantare, nè comunicare le tante riforme varate dal mio governo per migliorare la vita degli italiani. Abbiamo fatto tanto, ma c’è ancora molto da fare, per questo i moderati sceglieranno di andare avanti, verso il futuro”.
Ah, i bei tempi in cui lui, Previti e Squillante, fra una causa vinta e un conto in Svizzera, stemperavano la tensione davanti al caminetto con l’ago, il filo e l’uncinetto, mentre nel parco Dell’Utri e Mangano si rilassavano con un po’ di sana equitazione! A questo proposito, fra il lusco e il brusco, l’intervistatrice evoca lo “sfilato siciliano”,un ricamo particolare con “più di 80 i punti nati dalle mani e dal cuore di molte generazioni di donne”, conterranee di ricamatori d’eccezione come Vittorio e Marcello. Bellachioma è commosso, quasi alle lacrime: “Sappiamo bene che molti turisti ripartono dall’Italia portando in valigia un merletto fatto all'uncinetto o al tombolo, o una tovaglia ricamata a mano... La descrizione che lei fa di tante amiche dedite all’arte del ricamo fa venir voglia di saperne di più”. A questo punto la giornalista propone di istituzionalizzare per legge la figura delle “maestre d’arte, di ricamo, tombolo e pizzo” con un “titolo ufficiale per poter insegnare la professione ai nostri giovani”. Alla parola “pizzo”, il Caimòna s’illumina d’immenso: bisogna -dice, tutto emozionato- “tramandare quest’ attività di generazione in generazione”, agevolando “l’insegnamento di quest’arte antica per evitare che si disperda”. Si sa come sono questi giovani senza valori che, in balia del relativismo etico, stanno abbandonando il caro vecchio pizzo. Parole sagge, da pelle d’oca. L’amico stalliere, prematuramente scomparso, sarebbe orgoglioso di lui.

INES TABUSSO
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