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La Danza come offerta

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2009 05:13
10/03/2007 13:19
 
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Vi riporto un pezzo tratto da "indagine sul santo graal" di Jessie Weston (come libro l'ho trovato di una noia mortale ma la parte in questione è carina e riguarda proprio la danza come ritualità )

" Il movimento, particolarmente quello che potremmo chiamare movimento di gruppo, come stimolo per le energie naturali, è ritenuto molto importante per tutte le popolazioni "primitive" (l'ho messo io tra virgolette perchè francamente è un concetto che sopporto poco [SM=g27828] ) ; tra di esse la danza ricopre un ruolo equivalente a quello assegnato alla preghiera tra le comunità "più avanzate".
[...]
è il caso degli indiani Tarahumara dell'america centrale tra i quali è consuetudine che, mentre tutta la famiglia è a lavorare nei campi, uno degli uomini debba danzare ininterrottamente in un luogo prescelto della casa ; se egli non assolve il suo compito la fatica degli altri andrà perduta."

Mi sembrava uno spunto piuttosto interessante.
Un bacio a tutte

24/03/2007 23:56
 
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ballare con un sacco di disciplina, tecnica ferrea, movimenti per nulla naturali (chiudi le costole, tieni gli addominali, dentro la pancia, dentro il sedere, giù il coccige, indietro le scapole, dritta la testa, su il mento... e che palle...) non mi faceva sentire molto vicino alla Dea, che è morbida e sensuale, e non ha certo tecniche particolari per incantare con la sua Danza Magica


belle parole Violet, anch'io mi trovo ogni giorno a cercare l'equilibrio tra spontaneità e tecnica,
ammiro tantissimo chi danza,anche la danza classica ma come dici tu il lavoro che si fa in essa è spesso poco naturale.
Potremo dire che la danza classica esaspera un' estetica ideale,mentre la danza del ventre ricerca l'equilibrio tra energia e movimento,ottenendo così la naturalità della bellezza.

riporto un brano un po'pazzerello [SM=g27822]


la strada ai fuochi centrali

"Questo fuoco non si spegne mai: i sogni del monaco Vadusfadamo,il vero,il reale,l'irreale,l'eterno,l'effimero giocano languidamente tra le fiamme palpitanti.Dalla sua narrazione così pacata,si destano e si riaddormentano i discepoli.

Egli veglia.

Sospira,ogni tanto.

La fatica nata dal muovere le corde delle menti,come un chitarrista spagnolo,tramuta anche il sudore nella gioia delle note giuste.Come nuvole veloci,gonfie,si addensano avvenimenti,scorrono,come il sangue nelle vene,le Forze sulle linee sincroniche.

Di questo palpitare è consapevole Vadusfadamo,il monaco temporale,e ne sentono l'odore,l'odore come prima del temporale,anche i Lanù più attenti.

Nell'atmosfera magica,il silenzio interrotto dal crepitio dei rami accesi,dall'alito di un vento alto,sulle cime degli alberi,che ricorda tutte le stagioni,occhi assonnati,poi attenti,seguono i gesti del monaco.
Egli si è elevato,muove le mani ed i piedi,ritmicamente,come passi di tai chi.

Il respiro è il suo tamburo,il crepitio si fa a poco a poco ritmico,attento ai movimenti dell'uomo.
I discepoli assonnati danno di gomito a quelli che dormono,destandoli silenziosamente.

Ma quale notte è?
Quella in cui iniziò il racconto,o quella del dialogo tra gli Dei,o un'altra,forse in un tempo parallelo?
Pare lo stesso bosco...ma forse quell'albero non era li,e quel cespuglio pareva assai più piccolo...

Egli danza.

Lento muove le mani attorno ad invisibili forme,accarezzandole.
I Segni,ora attentamente seguiti con gli occhi,paiono risvegliare qualcosa dentro le menti,qualcosa di antico,di ancestrale...

Vadusfadamo si muove senza movimento apprarente,avanza ed indietreggia,pur portandosi attorno al fuoco,ora più vivido e alto.
Annuisce ripetutamente,sorridendo.

Un'alta fiamma multicolore si stacca dal falò,e senza bisogno di nutrimento,pare imitare i gesti del Monaco Temporale.
Balla fuori dal fuoco,alta quanto Vadusfadamo,diventa una fiamma capace di gettare la propria ombra.
Tu sei viva.E la tua vita,figlia del fuoco,è specchio ai gesti dell'Uomo.
Quale compagna di ballo più seducente,quale ballerina più scattante,piu attenta di te?

Il fuoco al centro del ritmo,il vento sviluppa il tema,i discepoli battono le mani e qualcuno le ha attratte dal tamburo dalla calda pelle.
C'è chi osserva stupito le proprie dita percuotere il tamburo,cosa mai fatta,e trarne ritmi che non si fa in tempo a pensare.
è solo ritmo,è respirare assieme,intendersi,lasciare spazi nel suono affinchè altri ancora possano inserirvisi.
Rullare,suonare: alcuni battono ciotoli,traendone acuti echi.

Vadusfadamo si muove come il fuoco,con scatti improvvisi,ma armonici,è la danza che da ritmo alla musica.
Tutti sono ora desti,attenti.
Il fuoco è nutrito,la notte viva.
Negli occhi passano fulmini,lampi sonori,luci mormoranti.

Il monaco danza,tra il fuoco e gli alievi destati.
E poi,improvviso,si muove di fronte ad uno di essi ,lo guarda,fa cenni col capo,le mani modellano forme nell'aria,oltre il fuoco,nel fuoco,
nulla arde se non la vita".

Tratto da: "Le Sette Porte Scarlatte"


Alcuni uomini si adattano alla realtà,altri la creano



06/08/2007 18:45
 
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Vorrei contribuire a questa discussione rifacendomi ad una mia recente lettura. Nella "Strega di Portobello" di P.Coeho la danza è motivo centrale della narrazione, e viene indicata essenzialmente come ricerca e connessione divina. I movimenti corporali,se spontanei, possono infatti condurre a quello che l'autore chiama "Vertice", ovvero ad una sorta di luce interiore che dona forza nella vita quotidiana. Credo che questa visione dela danza come energia vivificatrice, come mezzo e fine allo stesso tempo, come contributo reale e "balsamico" alla nostra esistenza sia assai vera. Da piccola, sono letteralmente scappata dal corso di danza classica dopo anni di torture, poichè la sensazione che provavo durante le prove e gli spettacoli era una freddezza composta insopportabile. Penso che vedere il movimento come calore e luce sia uno dei modi migliori per rendere il nostro ballo artefice di armonia, e penso che in esso l'offerta, l'adorazione della Divinità, la ricerca di un contatto intimo con essa nelle sensazioni del nostro corpo a contatto con l'aria vibrante intorno a noi, io nostro benessere fisico e spirituale si fondano nella musica. In parole povere credo che la danza sia un'espressione completa che riunisce in sè molti aspetti e che sia inoltre un modo per "connetterci" con la nostrta individualità ed unicità, nello scoprire il nostro corpo e le sue movenze.



"Negli occhi bruni di una figlia della Terra riposa la Pace, che essa possa essere tua eterna compagna"

Sciamana Sarah
08/03/2009 22:52
 
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"antiche danze italiche"
ciao a tutti,
quando ho trovato questi link ho pensato a voi. Si tratta di ciò che rimane di un antico ballo, tutt'ora vivo e pulsante nelle terre del sud italia.
La pizzica/tammurriata/taranta sono balli che hano origini antiche, si pensa che arrivino in italia con l'arrivo dei greci e che siano retaggio di culti dionisiaci.

Anticamente questi balli erano privi di inibizioni e di censure. Pura espressione di vita, del potere della fertilità, ne rappresentavano il pulsante battito.
Non è un caso che questi "riti agresti" venissero celebrati al limitare dei campi, nel mezzo di vigneti e boschi.
L'utilizzo di "bevande inebrianti apriva le danze", al termine delle quali i più fuggivano nel verde godendo di una sensualità giosiosa e libera -vi ricorda qlc?-
Ed è proprio con la scusa di un'eccessiva licenziosità che, con il consolidarsi del cristianesimo, questi riti vennero censurati e ridotti a danze folcloristiche. In realtà pare che le danze fossero il preludio ai misteri dionisiaci che venivano celebrati in particolari periodi dell'anno.
Mi piace pensare che fosse un modo, per la comunità, di rinsaldare il proprio rapporto con il divino attraverso un atto di comunione cui tutti partecipavano (e che quindi rinsaldava i rapporti della comunità stessa). Credo infatti che il vero motivo per cui qs danze furono così stravolte attraverso la censura fu la possibilità di una comunione diretta con il divino, senza bisogno di "un intemeridario" -un duro colpo proprio al cuore del potere ecclesiastico-.
Il rapporto con il divino era "intimo" anche se paradossalmente condiviso con l'intera comunità. L'uomo attraverso i vecchi culti "viveva" il divino, ne prendeva parte "coscientemente". Attraverso i suoni e i movimenti l'uomo esprimeva la magia e il mistero della vita, il potere della fertilità e della creazione.
Il ritmo ipnotico e in alcuni momenti ossessivo ben si accordava con l'espressione del pulsare della vita che i ballerini rappresentano attraverso continue fughe, rincorse, sfide, balzi e corteggiamenti. Mi piace pensare che fosse il modo in cui il molteplice poteva vivere l'Uno.
La coppia al centro del cerchio rappresentava il divino femminile e il divino maschile, danzando senza sosta catalizzava su di se' l'energia diventando un tutto unico per vivere e restituire alla comunità il potere che sta fra cielo e terra.
La coppia era infatti circondata dalla comunità che accerchiando i ballerini ne limitava lo spazio, potenziandone, accrescendone e contenendone l'energia attraverso tamburelli, sonagli, bastoni e canti...
All'apogeo il cerchio si scioglieva e la gente correva nei campi rifugiandosi nel verde...

Si tratta di danze ancora oggi peculiari: si ballano in coppia, sia fra uomo e donna che fra coppie dello stesso sesso.

La danza con sole donne è piena espressione di femminilità: forte e lieve al contempo. E' un continuum di vortici e passi in punta di piedi. Sono movimenti fluidi, flessibili, circolari, le donne danzano catalizzando in sè stesse l'energia di terra e il cielo.

Ecco un esempio di ciò che oggi ne rimane:
www.youtube.com/watch?v=m6M8Jv9jEw0
www.youtube.com/watch?v=V-UHk-7uoFI

La danza con soli uomini ha un'espressività completamente diversa. E' un modo decisamente maschile di esprimere il potere della vita, il suo vigore. I movimenti sono possenti, pesanti, rigidi, il piede batte forte e con l'intera pianta il suolo. E' come un duello in cui i contendenti esprimono tutta la loro virilità attraverso salti, balzi e improvvise tensioni del corpo.

La versione che preferisco e' quella tra uomo e donna.
E' così sensuale e così potente, mi piace credere che la terra tremasse sotto i loro passi. In questa danza la complementarietà e la specularità dei movimenti tra uomo e donna esprime appieno la differenza tra i sessi e la magia che nasce dall'incontro di qs due forze elementari.
Nella danza entrambi i ballerini sono eretti -come arbusti verso il cielo-, entrambi danzano a piedi nudi sulla nuda terra.
E, mentre la donna chiama, apre e al tempo stesso fugge, l'uomo insegue, rincorre e al tempo stesso chiude. I due ballerini si studiano, si chiamano, si inseguono e fuggono per poi riaffrontarsi in un gioco di passi, salti, vortici, sguardi e sorrisi.

eccone un moderno assaggio
www.youtube.com/watch?v=1CiwG3Hkrdo

e buone danze a noi




)O(
09/03/2009 01:32
 
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Anziana dell'Isola
"Anticamente questi balli erano privi di inibizioni e di censure. Pura espressione di vita, del potere della fertilità, ne rappresentavano il pulsante battito.
Non è un caso che questi "riti agresti" venissero celebrati al limitare dei campi, nel mezzo di vigneti e boschi.
L'utilizzo di "bevande inebrianti apriva le danze", al termine delle quali i più fuggivano nel verde godendo di una sensualità giosiosa e libera
"

Splendide parole... splendido intervento... [SM=g27819] [SM=g27823]



"Oltre ogni tempo e tuttavia nel cuore del tempo."
Haria

"Incappucciate e velate, con le trecce color notte, le Fate porteranno ciò che nessun profeta intuì."
Lord Dunsany

Il Tempio della Ninfa

20/03/2009 12:30
 
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tammurriata

ciao a tutti,
ieri sono andata a fare la prima prova di tammurriata, due ore di balli, canti e tammurra (lo stereo non andava ed io ero così felice......), non posso descrivere quanto queste 2 ore mi abbiano fatto bene.
La tammurriata è un ballo campano anch'esso di origine greca e risalente ai riti in onore di Dioniso. Non ho trovato filmati degni di essere postati -quello che si trova in rete non rende minimamente l'idea-
Ho pensato quindi di integrare le info sulla Pizzica (che è dello stesso gruppo di danze della tammurriata) con quelle che ho trovato in rete sulla Tammurriata.
Fonte
www.officinadellatammorra.it/Pages/storia/storia.html

"Le origini della tammorriata si perdono nella notte dei tempi; essa è senza dubbio una delle più sensuali e seducenti forme di ballo ed affonda le sue origini nelle antiche danze greche e, probabilmente, nelle antiche danze delle genti campane, come i sanniti.
Per nostra fortuna e nonostante i secoli trascorsi la tammorriata ha mantenuto i tratti fondamentali delle antiche danze, continuando a rappresentare i riti della sessualità e della fertilità connessi alla terra intesa come madre d i ogni cosa e, quindi, fonte della vita

Le origini
Nel mondo greco, la danza veniva considerata dono degli dei agli uomini e mezzo per questi di accostarsi al la divinità fino ad identificarsi con essa, unico modo per raggiungere, almeno idealmente, l'immortalità. Il dono del movimento del corpo era quasi sempre una vera e propria pantomima che rappresentava miti e celebrazioni di figure divine e mitologiche. In quel tempo i danzatori ellenici si muovevano con gesti corporei strettamente collegati alla voce ed alla musica per il raggiungimento dell'ebbrezza terrena. Con la nascita del teatro greco, a partire dal V secolo avanti Cristo, queste danze furono schematizziate affinché entrassero a far parte delle sue rappresentazioni. Alcune di queste antiche danze , appartenenti o no al teatro, presentavano gesti caratteristici che si ripropongono nella figurazione tematica dell'odierno ballo su tammorra; questi sono testimoniati da citazione letterarie, dipinti, raffigurazioni su vasi,da un'infinità di sculture e bassorilievi disseminati in vari musei del mondo.
Quelli riproposti nell'odierna danza campana sono soprattutto due: il primo è la cheironomia,cioè la posizione assunta dalle mani nel corso del ballo, molto importante poiché attraverso di essa si esplicitano particolari sentimenti ed emozioni; il secondo gesto e il saltare di tipo demoniaco che agita tutto il corpo. Entrambi questi movimenti erano eseguiti dai satiri,adoratori del culto di Dioniso e Cibele. La danza dei satiri descritta, probabile antenata della nostra tammorriata, si chiama sìkinnis, e si ballava nel naos, il tempio divino.

Continuando la storia delle antichissime origini del nostro ballo, possiamo ancor osservare che le danze bacchiche sostituirono, più tardi, in Grecia la sìkinnis. Queste nuove danze,sempre in onore del dio Dioniso,erano costituite dalla elevazione ritmica delle braccia, da piccoli passi e dall'agitazione di tutto il corpo. Tutti questi movimenti servivano alle baccanti ed alle sacerdotesse del dio per giungere a furore erotico.

La danza delle baccanti o menadi, cioè delle donne seguaci di Dioniso, era detta turbé,una danza fortemente oscena eseguita di solito durante i riti auspicanti fecondità. Nella schematizzazione della danza dionisiaca confluì anche la gestualità della pirrica greca, anch'essa presente, seppure travisata, anche in alcuni tipi di tammorriata. Le danze pirriche erano di carattere giocoso, ma anche guerresco e venivano eseguite da un'amazzone armata di lancia e di un piccolo scudo ed anche da un sileno che le protendeva la tipica pelle di daino , propria dei cultori di Dioniso. Nello stesso tempo, però, i satiri parodiavano mimicamente la mancanza di coraggio dei cultori della vita agreste ed in alcuni casi sembrano danzare in preda alla più accesa paura:cadono in ginocchio e stendono un braccio come se tentassero di allontanare un oggetto abominevole, oppure, sempre in ginocchio, poggiano la mando destra in terra e la sinistra sulla testa. Una splendida decorazione pittorica su di un vaso conservato nel museo archeologico nazionale di Napoli raffigura due satiri che attorniano, danzando, un kelebe colmo di vino, inginocchiandosi e volteggiando con le gambe sino ad arrivare ad incastrarle. Tutte queste movenze satiriche sono riscontrabili in atteggiamenti coreutici della tammurriata campana.

Un'altra danza rituale greca, eseguita dai giovani durante la vendemmia e caratterizzata anch'essa da un'azione mimica, è detta epilenios; il suo movimento gioioso ed estatico, cadenzato dal ritmo della cetra e dal suono delicato delle tibie, si può rilevare in alcune movenze tammorrare. Con questa ritualità mimetica sono rappresentate tutte le azioni svolte dai vignaioli durante il periodo della vendemmia. Tra le danze allegre appartenenti al genere teatrale, bisogna ricordare soprattutto la kordax; quest'ultima appartiene al genere della commedia greca di tipo orgiastico ed è caratterizzata da movimenti eccitanti, in particolare dal movimento turpe dei fianchi.

Altro importante elemento di questo tipo di danze rituali è il luogo dove si svolgono. Per i popoli antichi era lo spazio antistante il tempio del dio, oggi, in una ideale continuità con il paganesimo, il sagrato o la piazza antistante la chiesa della madonna o del santo.

Il Ballo

La tammurriata è una danza a coppia, ed esprime rappresentazioni rituali che non riguardano mai il quotidiano, quanto, piuttosto, tutto ciò che il quotidiano nega e reprime. Non deve, quindi, essere associata alla tradizionale danza d'amore, cosa che invece può rappresentare la tarantella. Il ballo r' 'e campagnole, ossia il ballo dei contadini, è costituito da una gestualità ritualizzata che, nel momento collettivo, assume un significato simbolico e magico. I suoi gesti possono essere spontanei, derivati da gesti che si effettuano durante il lavoro quotidiano nei campi o in casa, come setacciare la farina o spezzare i maccheroni, oppure imitazioni degli atteggiamenti degli animali come il volo degli uccelli e le gestualità tipiche dei gallinacei.

Quando la musica comincia a scandire il suo tempo, tra i potenziali ballatori, attraverso un gioco di sguardi avviene la ricerca del partner, poi l'incontro tra i due ed, infine, la formazione della coppia di ballerini. Nella prima fase del ballo sembra che i due danzatori cerchino la giusta intesa tra loro ed assaporino bene il ritmo della tammorra, sul quale poggia anche il canto, e ballando, cominciano anche a saggiare il loro rapporto con lo spazio. In questo momento di ricerca i due esprimono la loro volontà psicologica di possedere un proprio spazio entro cui agire protetti sia dalla barriera che si è venuta a creare tra la coppia sia da quella formata dagli astanti i quali, a loro volta, sono sempre dei potenziali partecipanti alla danza stessa visto che potrebbero intervenire in ogni istante. Durante l'esecuzione della tammurriata, infatti, non esistono attori e spettatori, non vi sono barriere tra i partecipanti alla festa, né esistono palcoscenici, ma si formano spontaneamente dei cerchi con tutti i presenti all'interno nei quali si fondono, in un tutt'uno, suonatori, cantatori e spettatori.

Il cerchio simboleggia la volontà umana di sfuggire il tempo canonico, si tenta, attraverso di esso, di fermarlo almeno per quel momento di festa donato alla divinità. Il duro vivere quotidiano viene così dimenticato ed esorcizzato. Il cerchio formato dagli spettatori serve a potenziare le energie umane dei partecipanti alla tammurriata; nel suo interno la danza si svolge regolarmente sempre sulla ritmica dello schioccare delle castagnette, tenute in mano un po' da tutti tra gli sguardi fissi e reciproci dei ballatori. In alcuni momenti di spontaneo eccitamento, però, la frase musicale che segue la scansione ritmica dei versi del cantatore, tende a stringere gli accenti; in questo momento uno dei due danzatori comincia ad assumere un ruolo aggressivo di evidente atteggiamento amoroso o di sfida , assecondato o scacciato dall'altro. Quest'ultimo può allora indietreggiare, perché incalzato dal compagno o dalla compagna, oppure decidere di accettare il corteggiamento o il duello.

Questa fase del ballo è la più coinvolgente e frenetica ed è chiamata rotella o vutata. La vutata è dunque il simbolo della sfida o dell'accoppiamento, ma può risultare da parte della donna un rifiuto dell'uomo che la sta corteggiando; la coppia, allora, si può spezzare ed in questo momento può entrare, per formare una nuova coppia, un altro personaggio, come nuovo potenziale corteggiatore. In questa fase si modificano anche la ritmica e la parte cantata, infatti la tammorra batte in uno, il cantate canta su una nota sola molto prolungata, o aggiunge dei versi più brevi per seguire i due danzatori che girano su loro stessi quasi incatenati. In questo momento della vutata si assiste alla totale liberazione ad allo sblocco di tutte le tensioni muscolari. Nella girata l'andamento della danza, nella maggior parte dei casi, è antiorario.

Non c'è limite di tempo alla danza se non quello di sfinire, raggiungere, con la perdita della coscienza, l'acme che dischiude nuovi orizzonti prima sconosciuti. Il ballo non è soltanto frenesia, e neanche semplice stato di ebbrezza, ma è puro invasamento divino. Non esiste scuola per imparare questo ballo, ma solo iniziazione; quando si è ragazzi si comincia a ballare con gli anziani ed allora bisogna solo seguire i passi senza prendere l'iniziativa. Seguire lo sguardo di colui che guida è importantissimo, soltanto guardandosi sempre negli occhi si può entrare perfettamente in sintonia.

La tammorriata descritta sino ad ora ha delle caratteristiche ben precise, ma vi sono delle differenze a secondo dei luoghi dove si balla; vicino al mare ed in pianura , ad esempio, la danza è stata sempre considerata un avvicinamento sensuale ed amoroso, mentre tra le montagne la necessità di conquistare le vallate le hanno conferito delle caratteristiche più dure e scattanti, quasi guerresche. La tammorriata scafatese è sicuramente certamente la più ballata ed il suo fine è essenzialmente di natura sensuale; la paganese è più saltellante rispetto alla prima; i ballerini presentano minori momenti di attaccamento e la stessa vutata mantiene i ballerini distaccati. In questo tipo di tammorriata che si può osservare a Pagani e nei paesi limitrofi, il corteggiamento sembra lasciare il posto ad una sfida tra i ballatori .Un terzo tipo di tammorriata è la giuglianese; la sua caratteristica principale è costituita dalla presenza del doppio flauto,del tamburello e dello scacciapensieri; il ritmo, (il sisco) inoltre, è più veloce, quasi ossessivo.

L'ultimo modo di ballare che prendiamo in considerazione è quello dell'avvocata, in onore della Madonna dell'Avvocata. La sua caratteristica fondamentale è nella presenza di un numero elevato di tammorre suonate contemporaneamente che può arrivare sino a dieci. C'è una tammorra principale che guida il tempo e, insieme alla voce, dà il numero dei colpi della vutata secondo il testo delle barzellette intonate. Qui la musica e i movimenti sono veri e propri richiami guerreschi, incitamento agli uomini nei momenti di combattimento."

Credo che qs estratto dia pieno respiro a quanto oggi rimane di quegli antichi culti e di come anche oggi sia possibile riviverne gli echi.

La meravigliosa creatura che ieri ha per noi danzato, cantato e suonato l'ha così definita: "la Tammurriata non è altro che Terra e Sangue ragazzi, Terra e Sangue. Sentite la Terra, sentite il sangue che scorre, abbandonatevi a loro e danzate"

Buona primavera a noi

)O(
28/10/2009 05:13
 
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Copio un brano tratto da un libro, perché, sebbene sia un po’ lungo, non riuscirei a riassumerlo degnamente. Spero di non allontanarmi troppo dal tema della discussione, però mi sembra un testo bello e pieno di spunti di riflessione. D’altronde, non so danzare e potrei sbagliare. Senz’altro saprete giudicare meglio di me…

Nella sua opera «Nel labirinto» (Torino, Bollati Boringhieri, 2004, pp. 106-110), Karoly Kerenyi cita alcuni passi di Walter Otto, dai saggi «La figura umana e la danza» e «La danza della scuola di Elizabeth Duncan», che, a quanto mi risulta, non sono stati tradotti in Italiano…

«“La danza, nella sua più antica e veneranda tipologia cultuale, rappresenta la verità, e insieme la giustificazione, dell’essere-del-mondo: fra tutte le teodicee, è la sola inconfutabile ed eterna. Non insegna, non discute. Avanza soltanto. E con il suo incedere porta alla luce quel che sta alla base di ogni cosa: non la Volontà e il Potere, non l’Angoscia e la Cura e tutti i pesi di cui si vuol gravare l’esistenza, bensì l’Eternamente-splendido e il Divino. La danza è la verità dell’ente, di ciò che è, ma anche, nel modo più immediato, la verità di ciò che vive.

«“Non appena la vita è veramente se stessa, nel momento cioè in cui riesce a sciogliersi dai vincoli del transeunte e di quanto è bisogno e convenienza, viene afferrata dal ritmo e dall’armonia, da quella matematica, le cui origini sono divine, che agisce alla base di tutte le cose e che torna ad essere visibile nel compiersi della forma. Gioia e dolore, allora, non costituiscono più una tragica polarità: al contrario, vengono riunificati e illuminati dalla sacralità dell’Essenza originaria.

«“In quell’attimo, l’essere vivente riesce a liberarsi dalle pastoie della quotidianità, abbandonandosi ai movimenti primordiali: lenti o rapidi, misurati o concitati, ma sempre maestosi e solenni. Ciò significa che egli si è fuso in una sola realtà con il fluire universale della vita, che non è più “un individuo” o “una persona”, bensì l’Uomo in quanto figura originaria [Urgestalt], contrapposta non più a mutevoli apparenze e a singoli individui, bensì all’universo nella sua totalità. Meglio ancora: egli non si contrappone neppure più all’universo: “è” dentro di lui, “è” lui stesso il mondo. L’essere, con la sua verità, parla attraverso la forma, il gesto, il movimento.

«“Anche se in ultima analisi questo è il senso fondamentale dell’arte nel suo complesso (lo sa bene chi ha appreso appieno come penetrare nell’intimo delle cose), tuttavia la danza è la più degna di venerazione, la più “primordiale” tra tutte le forme d’arte: in essa, infatti, l’uomo non sta forgiando la materia, ma diviene egli stesso risposta, forma, verità”».

Prosegue Kerenyi:

«Per Otto, la ragion d’essere della danza è la musica originaria dell’Essere, che ha dato origine al canto e alla lingua, e di cui i Greci probabilmente possedevano una conoscenza segreta: per questo i compagni selvaggi di Dioniso (non solo le Baccanti, ma anche gli esseri per metà animaleschi e per metà divini: i Satiri, i Sileni e Pan) erano danzatori e musici. La danza, il canto, l’arte di suonare il flauto, sono “nati dal miracolo di una natura e di un mondo aperti, ricolmi di divinità: miracolo che, dalla sua muta risonanza, tende a esprimersi attraverso la figura e la voce dell’uomo”.

[…] “Il cosmo stesso, cioè il sublime ordine dei movimenti del cielo, è una danza in cerchio. Secondo la concezione pitagorica antica, i divini corpi celesti, il sole, la luna, la nostra terra e i pianeti, danzano intorno al centro del Tutto. L’uomo li venera proprio in quanto danzando risponde a loro, si forma a loro immagine”. […] “Coloro che affermano il vero sull’origine della danza—si legge in un trattato ‘Sulla danza’ compreso tra gli scritti di Luciano—ti dicono che la danza ha fatto la sua apparizione insieme all’antichissimo Eros, l’amore che dà origine al mondo […] Il movimento circolare degli astri, il ritmico intrecciarsi delle stelle fisse e dei pianeti, la loro ordinata armonia sono la prova della danza originaria”».






E sempre il vento e l’ombra misuravano il tempo,
il sole portava riflessi come grate di gioia
alloggiata là fuori, incurante degli agguati—
quella che si sarebbe dovuta cercare.


Crevice Weeds






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