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FINGAL - Poema Epico

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2004 20:51
24/11/2004 20:35
 
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Traduzione di Melchiorre Cesarotti - Poesie di Ossian


FINGAL

POEMA EPICO

INTRODUZIONE


Arto, supremo re d'Irlanda, essendo venuto a morte, ebbe per successore Cormac suo figliuolo rimasto in minorità. Cucullino, figliuolo di Semo, signore dell'isola della nebbia, una delle Ebridi, ritrovandosi a quel tempo in Ulster, ed essendo rinomatissimo per le sue grandi imprese, fu in un'assemblea di regoli, e capi delle tribù radunate per quest'oggetto a Temora, palagio del re d'Irlanda, eletto unanimemente custode del giovine re. Non avea governato a lungo gli affari di Colmac, quando fu recata la novella che Svarano, figlio di Starno, re di Loclin, o sia della Scandinavia, avea disegnato d'invader l'Irlanda. Cucullino, a tal nuova spedì tosto Munan figliuolo di Stirmal, guerriero irlandese, a Fingal, re o capo di quej Caledonj, che abitavano la costa occidentale della Scozia, per implorarne soccorso. Fingal mosso non meno da un principio di generosità, che dall'affinità che passava tra lui e la famiglia regale d'Irlanda, risolse di far una spedizione in quel paese: ma prima ch'egli arrivasse, il nemico era già approdato ad Ulster. Cucullino, in questo frattempo aveva raccolto il fiore delle tribù a Tura, castello di Ulster,e mandati scorridori lungo la costa, perchè gli dessero pronte notizie dell'arrivo del nemico. Tal è lo stato degli affari, quando il poema comincia.

L'azione del poema non comprende che cinque giorni, e cinque notti. La scena è nella pianura di Lena, presso una montagna chiamata Cromla, sulla costa di Ulster.

[Modificato da m.harlock 24/11/2004 21.20]

24/11/2004 20:37
 
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CANTO I

ARGOMENTO



Cucullino postosi a seder solo sotto d'un albero, alla porta di Tura, mentri gli altri capitani erano iti a caccia sul vicino monte di Cromla, è avvisato dello sbarco di Svarano da Moran, figliuolo di Fiti, uno dei suoi scorridori. Egli raduna i capi della nazione: si tiene un consiglio, nel quale si disputa se debbasi dar battaglia al nemico. Conal, regolo di Togorma ed intimo amico di Cucullino , è di parere che debbasi differire sino all'arrivo di Fingal, ma Calmar, figlio di Mata, signore di Lara, contrada del Connaught, è d'opinione che s'attacchi tosto il nemico: Cucullino, già desideroso di combattere, s'attiene al parere di Calmar. Nella rassegna dei suoi soldati non vede tre de' suoi più valorosi campioni, Fergusto, Ducomano e Catbar. Giunge Fergusto e dà notizia a Cucullino della morte degli altri due capitani. L'armata di Cucullino è scoperta da lungi da Svarano, il quale manda il figliuolo di Arno ad osservare i movimenti del nemico, mentre egli schiera le sue truppe in ordine di battaglia. Descrizione del carro di Cucullino. Le armate si azzuffano; ma, sopraggiunta la notte, la vittoria resta indecisa. Cucullino, secondo l'ospitalità di que' tempi invita Svarano ad un convito per mezzo del suo bardo Carilo. Svarano ricusa ferocemente l'invito. Carilo narra a Cucullino la storia di Grudar e Brassolis. Si mandano per consiglio di Conal, alcune scorte ad osservare il nemico e con questo termina l'azione del primo giorno.


24/11/2004 20:38
 
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CANTO I



Di Tura accanto alla muraglia assiso,
Sotto una pianta di fischianti foglie
Stavasi Cucullin(1): lì presso, al balzo
Posava l'asta; appiè giacea lo scudo.
Membrava ei col pensiero il pro' Cairba
Da lui spento in battaglia; allor che ad esso
L'esplorator dell'ocèan sen venne,
Moran figlio di Fiti. Alzati, ei disse,
Alzati, Cucullin: già di Svarano
Veggo le navi; è numerosa l'oste,
Molti i figli del mar. Tu sempre tremi,
Figlio di Fiti, a lui rispose il duce
Occhiazzurro d'Erina(2), e la tua tema
Agli occhi tuoi moltiplica i nemici.
Fia forse il re de' solitarj colli,(3)
Che a soccorrer mi vien. No, no, diss'egli,
Vidi il lor duce; al luccicar dell'arme,
Alla quadrata torreggiante mole
Parea masso di ghiaccio: asta ei solleva
Pari a quel pin che folgore passando
Disfrondato lasciò: nascente luna
Sembra il suo scudo. Egli sedea sul lido
Sopra uno scoglio, annubilato in volto,
Come nebbia sul colle. O primo, io dissi,
Tra' mortali, che fai? son molte in guerra
Le nostre destre, e forti: a ragion detto
Il possente sei tu; ma non pertanto,
Più d'un possente dall'eccelsa Tura
Fa di sè mostra. Oh, rispos'ei, col tuono
D'un'infranta allo scoglio, e mugghiante onda,
Chi mi somiglia? al mio cospetto innanzi
Non resistono eroi; cadon prostrati
Sotto il mio braccio. Il sol Fingallo, il forte
Re di Morven nembosa(4), affrontar puote
La possa di Svaran. Lottammo un tempo
Sui prati di Malmorre(5), e i nostri passi
Crollaro il bosco; e traballàr le rupi
Smosse dalle ferrigne ime radici;
E impauriti alla terribil zuffa
Fuggir travolti dal suo corso i rivi.
Tre dì pugnammo, e ripugnammo; i duci
Stetter da lungi, e ne tremàr. Nel quarto
Vanta Fingàl, che 'l re dell'oceàno
Cadde atterrato; ma Svaran sostenta
Ch'ei non piegò ginocchio, e non diè crollo
Or ceda dunque Cucullino oscuro
A lui, che nell'indomita possanza,
L'orride di Malmor tempeste agguaglia.
No, gridò il duce dal ceruleo sguardo,
Non cederò a vivente: o Cucullino
Sarà grande, o morrà. Figlio di Fiti,
Prendi la lancia mia; vanne, e con essa
Batti lo scudo di Cabar(6) che pende
Alla porta di Tura: il suo rimbombo
Non è suono di pace; i miei guerrieri
L'udiran da' lor colli. Ei va; più volte
Batte il concavo scudo: e colli, e rupi
Ne rimbombaro, e si diffuse il suono,
Per tutto il bosco. Slanciasi d'un salto
Dalla roccia Curan; Conallo afferra
La sanguinosa lancia; a Crugal forte
Palpita il bianco petto; e damme, e cervi
Lascia il figlio di Fai. Ronnàr, Lugante,(7)
Questo è lo scudo della guerra, è questa
L'asta di Cucullin: qua, qua, brandi, elmi;
Compagni all'arme. Vèstiti l'usbergo
Figlio dell'onda: alza il sanguigno acciaro
Fero Calmàr. Che fai? su sorgi, o Puno,
Orrido eroe: scotetevi, accorrete
Eto, Calto, Carban: tu 'l rosseggiante
Alber di Cromla(8), e tu lascia le sponde
Del patrio Lena(9); e tu t'avanza, o Calto,
Lunghesso il Mora, e l'agil piede impenna.
Or sì gli scorgo: ecco i campion possenti
Fervidi, accesi di leggiadro orgoglio.
La rimembranza dell'imprese antiche
Sprona il valor natio. Son i lor occhi
Fiamme di foco, e de' nemici in traccia
Van dardeggiando per la piaggia i sguardi.
Stan su i brandi le destre: escon frequenti
Dai lor fianchi d'acciar lampi focosi.
Ciascun dal colle suo scagliossi urlando,
Qual torrente montan. Brillan i duci
Della battaglia nei paterni arnesi,
Precedendo ai guerrier: seguono questi
Folti, foschi terribili a vedersi,
Siccome gruppo di piovose nubi
Dietro a rosse del ciel meteore ardenti.
S'odon l'arme stridir; s'alzan le note
Del bellicoso canto: i grigi cani
Le interrompono cogli urli; e raddoppiando
L'indistinto fragor Cromla rintrona.
Stettersi tutti alfin sopra il deserto
Prato di Lena, e l'adombrar; siccome
Nebbia là per l'autunno i colli adombra,
Quando oscura, ondeggiante in alto poggia.
Io vi saluto, Cucullin comincia,
Figli d'anguste valli, oh vi saluto,
Cacciatori di belve; a noi ben altra
Caccia s'appresta, romorosa, forte
Come quell'onda che la spiaggia or fere.
Dite, figli di guerra: or via, dobbiamo
Pugnar noi dunque, od a Loclin la verde
Erina(10) abbandonar? Parla, Conallo,
Tu fior d'eroi, tu spezzator di scudi,
Che pensi tu? più d'una volta in campo
Contro Loclin pugnasti; ed or vorrai
Meco la lancia sollevar del padre?
Cucullino, ei parlò, placido in volto,
Acuta è l'asta di Conallo, ed ama
Di brillar nella pugna, e diguazzarsi
Nel sangue degli eroi: pur se la guerra
Pende la man, sta per la pace il core.
Tu che alle guerre di Corman(11) sei duce
Guarda la flotta di Svaran: stan folte
Sul nostro lido le velate antenne
Quanto canne del Lego(12); e le sue navi
Sembran boschi di nebbia ricoperti,
Quando gli alberi piegano alle alterne
Scosse del vento; i suoi guerrier son molti:
Per la pace son io. Fingàl, non ch'altri,
L'incontro scanseria, Fingallo il primo,
L'unico tra gli eroi, Fingal che i forti
Sperde, qual turbo la minuta arena.
A lui rispose disdegnosamente
Calmar figlio di Mata. E ben va', fuggi
Tu pacifico eroe, fuggi, e t'inselva
Tra' colli tuoi, dove giammai non giunse
Luce d'asta guerriera: ivi di Cromla
I cervi insegui, ivi coi dardi arresta
I saltellanti cavriol del Lena.
Ma tu di Semo occhi-ceruleo figlio,
Tu delle pugne correttor, disperdi
La stirpe di Loclin; scagliati in mezzo
Dell'orgogliose schiere, e latra, e ruggi.
Fa' che naviglio del nevoso regno(13)
Più non ardisca galleggiar sull'onde
Oscure d'Inistor(14). Sorgete o voi
Voi d'Inisfela(15), tenebrosi venti,
Imperversate tempeste, fremete
Turbini e nembi. Ah sì, muoja Calmarre
Fra le tempeste infranto, o dentro a un nembo
Squarciato dall'irate ombre notturne;
Muoja Calmar fra turbini e procelle,
Se mai grato gli fu suono da caccia,
Quanto di scudo messaggier di guerra.
Furibondo Calmar, Conàl riprese
Posatamente, è a me la fuga ignota;
Misi l'ale al pugnar: bench'anco è bassa
La fama di Conallo, in mia presenza
Vinsersi pugne, e s'atterràr gagliardi.
Figlio di Semo la mia voce ascolta:
Cura ti prenda del regal retaggio
Del giovine Corman; ricchezze e doni,
E la metà della selvosa terra
Offri a Svaran, finché da Morven giunga
Il possente Fingallo in tuo soccorso.
Questo è 'l consiglio mio: che se piuttosto
La pugna eleggi, eccomi pronto; e lancia
Brandisco e spada; mi vedrai tra mille
Ratto avventarmi, e l'alma mia di gioja
Sfavillerà nei bellicosi orrori.
Sì, sì, soggiunse Cucullin; m'è grato
Il suon dell'armi, quanto a primavera
Tuono forier di desiata pioggia.
Su dunque tosto si raccolgan tutte
Le splendide tribù; sicch'io di guerra
Ravvisi i figli ad un ad un schierarsi
Sulla pianura, rilucenti come
Anzi tempesta il sol, qualora il vento
Occidental le nubi ammassa, e scorre
Il sordo suon per le morvenie querce.
Ma dove son gli amici? i valorosi
Compagni del mio braccio entro i perigli?
Ove se' tu Catbarre? ove quel nembo
In guerra Ducomano? e tu Fergusto
M'abbandonasti nel terribil giorno
Della tempesta? tu de' miei conviti
Nella gioja il primier, figlio di Rossa,
Braccio di morte. Eccolo; ei vien, qual leve
Cavriol de Malmorre. Addio possente
Figlio di Rossa, e qual cagion rattrista
Quell'anima guerriera? In su la tomba
Di Catbarre, ei rispose, in questo punto
S'alzano quattro pietre(16), e queste mani
Sotteràr Ducoman, quel nembo in guerra.
Catbarre, o figlio di Torman, tu eri
Raggio sulle colle: o Ducoman rubesto
Nebbia eri tu del paludoso Lano(17),
Che pel fosco d'autunno aer veleggia,
E morte porta al popolo smarrito.
O Morna, o tra le vergini di Tura
La più leggiadra, è placido il tuo sonno
Nell'antro della rupe. Ah tu cadesti
Come stella fra tenebre che striscia
Per lo deserto, e 'l peregrin soletto
Di così passaggier raggio si dole.
Ma di', riprese Cucullin, ma dimmi
Come cadder gli eroi? cadder pugnando
Per man dei figli di Loclin? qual altra
Cagion racchiude d'Inisfela i duci
Nell'angusta magi0n(18)? - Catbar cadeo
Per man di Ducomano appo la quercia
Del mormorante rio; Ducoman poscia
Venne all'antro di Tura, e a parlar prese
All'amabile Morna: O Morna, o fiore
Delle donzelle, a che ti stai soletta
Nel cerchio delle pietre, entro lo speco?
Sei pur bella, amor mio: sembra il tuo volto
Neve là nel deserto, e i tuoi capelli
Fiocchi di nebbia che serpeggia, e sale
In tortuosi vortici, e s'indora
Al raggio occidental. Sembran le mamme
Due liscie, tonde, luccicanti pietre
Che spuntano dal Brano(19): e le tue braccia
Due tornite marmoree colonne,
Che sorgon di Fingallo entro le sale.
E donde vieni? (l'interruppe allora
La donzelletta dalle bianche braccia:
Donde ne vieni o Ducoman, fra tutti
I viventi il più tetro? oscure e torve
Son le tue ciglia, ed hai gli occhi di bragia.)
Comparisce Svaran? di', del nemico
Qual nuova arrechi, Ducomano? - O Morna,
Vengo dal colle, dal colle de' cervi
Vengone a te; coll'infallibil arco
Tre pur or ne trafissi, e tre ne presi
Coi veltri della caccia. Amabil figlia
Del nobile Cormante, odimi: io t'amo
Quanto l'anima mia: per te col dardo
Uccisi un cervo maestoso; avea
Alta fronte ramosa, e piè di vento.
Ducoman, ripigliò placida e ferma
La figlia di Cormante: or via, non t'amo,
Non t'amo, orrido ceffo; hai color di selce,
Ciglio di notte. Tu, Catbar, tu solo
Sei di Morna l'amor, tu che somigli
Raggio di sole in tempestoso giorno.
Di', lo vedesti amabile, leggiadro
Sul colle de' suoi cervi? in questa grotta
La sua Morna l'attende. E lungo tempo
Morna l'attenderà, ferocemente
Riprese Ducoman: siede il suo sangue
Sopra il mio brando. Egli cadeo sul Brano:
La tomba io gli alzerò. Ma tu donzella
Volgiti a Ducomano, in lui tu fisa
Tutto il tuo core, in Ducoman che ha 'l braccio
Forte come tempesta. Oimè! cadeo
Il figlio di Torman? (disse la bella
Dall'occhio lagrimoso); il giovinetto
Dal bel petto di neve? ei ch'era il primo
Nella caccia del colle? il vincitore
Degli stranier dell'oceàno(20)? Ah truce
Truce sei Ducoman; crudele a Morna
È 'l braccio tuo. Dammi quel brando almeno,
Crudo nemico, ond'io lo stringa; io amo
Il sangue di Catbar. Diede la spada
Alle lagrime sue: quella repente
Passogli il petto: ei rovinò qual ripa
Di torrente montan. Stese il suo braccio,
E così disse: Ducomano hai morto;
Freddo è l'acciaro nel mio petto: o Morna
Freddo lo sento. Almen fa' che 'l mio corpo
L'abbia Moina: Ducomano il sogno
Era delle sue notti; essa la tomba
Innalzerammi; il cacciator vedralla,
Mi loderà: trammi del petto il brando,
Morna; freddo è l'acciar. Venne piangendo;
Trassegli il brando: ei col pugnal di furto
Trafisse il bianco lato, e sparse a terra
La bella chioma: gorgogliando il sangue
Spiccia dal fianco; il suo candido braccio
Striscian note vermiglie: ella prostesa
Rotolò nella morte, e a' suoi sospiri
L'antro di Tura con pietà rispose.
Sia lunga pace, Cucullin soggiunse,
All'alme degli eroi: le loro imprese
Grandi fur ne' perigli. Errinmi intorno
Cavalcion sulle nubi, e faccian mostra
De' lor guerrieri aspetti; allor quest'alma
Forte fia ne' perigli, e 'l braccio mio
Imiterà le folgori del cielo.
Ma tu, Morna gentil, vientene assisa
Sopra un raggio di luna, e dolcemente
T'affaccia allo sportel del mio riposo,
Quando cessò lo strepito dell'arme,
E tutti i miei pensier spirano pace.
Or delle mie tribù sorga la possa,
Alla zuffa moviam. Seguite il carro(21)
Delle mie pugne: a quel fragor di gioja
Brillivi l'alma: mi sien poste accanto
Tre lancie, e dietro all'anelante foga
De' miei destrier correte. Io vigor quindi
Novo concepirò, quando s'offusca
La mischia ai raggi del mio brando intorno.
Con quel rumor, con quel furor che sbocca
Torrente rapidissimo dal cupo
Precipizio di Cromla, e 'l tuon frattanto
Mugge su i fianchi, e sulla cima annotta;
Così vasti, terribili, feroci
Balzano tutti impetuosamente
D'Inisfela i guerrier. Precede il duce,
Siccome immensa d'oceàn balena,
Che gran parte di mar dietro si tragge.
Lungo la spiaggia ei va rotando, e a rivi
Sgorga valor. L'alto torrente udiro
I figli di Loclin: Svaran percosse
Lo scudo, e a sè chiamò d'Arno la prole.
Dimmi, che è quel mormorio dal monte,
Che par d'un sciame di notturni insetti?
Scendono i figli d'Inisfela, o 'l vento
Freme lungi nel bosco? in cotal suono
Romoreggia Gormal(22), prima che s'alzi
De' flutti miei la biancheggiante cima.
Poggia sul colle, o figlio d'Arno, e guata
L'oscura faccia della piaggia. Andonne,
Ma tosto ritornò: tremante, ansante
Sbarra gli occhi atterriti, e il cor nel petto
Sentesi palpitar; son le voci
Rotte, lente, confuse. Alzati, o figlio
Dell'oceàn; veggo il torrente oscuro
Della battaglia, l'affollata possa
Della stirpe d'Erina: il carro, il carro
Della guerra ne vien, fiamma di morte,
Il carro rapidissimo sonante
Di Cucullin figlio di Semo. Addietro
Curvasi in arco, come onda allo scoglio,
Come al colle aurea nebbia: i fianchi suoi
Son di commesse colorate pietre
Variati, e distinti; e brillan come
Mar che di notte ad una barca intorno
De' remi all'agitar lustra, e s'ingemma.(23)
Forbito tasso è 'l suo timone, e 'l seggio
Di liscio e lucid'osso: e quinci, e quindi
Aspro è di lancie, e la più bassa parte
È predella d'eroi: dal destro lato
Scorgesi il generoso, il ben-crinito,
Di largo petto, di cervice altera,
Alto-sbuffante, nitritor destriero;
L'unghia sfavilla, ed i suoi sparsi crini
Sembran quella colà striscia fumosa.
Sifadda ha nome, e Duronallo è l'altro,
Che al manco lato del terribil carro
Stassi, di sottil crin, di robusta unghia,
Nelle tempeste dell'acciar bollente
Veloce corridor, figlio del colle.
Mille striscie di cuojo il carro in alto
Legano; aspri d'acciar bruniti freni
Nuotano luminosi in biancheggiante
Corona ampia di spume, e gemmi-sparse
Liscie sottili redini scorrendo
Libere van su' maestosi colli
De' superbi destrieri: essi la piaggia
Libano velocissimi, qual nebbia
Le acquose valli, e van ferocemente
Con la foga de' cervi, e con la possa
D'aquila infaticabile, che piomba
Sulla sua preda, e col fragor del verno
Là per le terga di Gormal nevose.
Sul carro assiso alto grandeggia il duce,
Il tempestoso figlio della spada,
Il forte Cucullin, prole di Semo,
Re delle conche(24): le sue fresche guancie
Lustrano a paro del mio tasso(25), e 'l guardo
De'cerulei suoi lumi ampio si volve
Sottesso all'arco delle ciglia oscuro.
Volagli fuor come vibrante fiamma
Del capo il crin, mentr'ei spingesi innanzi
Crollando l'asta minacciosa: fuggi
O re dell'oceàn, fuggi, ei s'avanza
Come tempesta. E quando mai, rispose,
Mi vedesti a fuggir? quando ho fuggito,
Figlio di codardia? Che? di Gormallo
Le tempeste affrontai, quando dei flutti
Torreggiava la spuma; affrontai fermo
Le tempeste del cielo, ed or vilmente
Fuggirò da un guerrier? Foss'ei Fingallo,
Non mi si abbuierìa l'alma di tema.
Alzatevi, versatemivi intorno,
Forti miei mille(26), in vorticosi giri
Qual rotante profondo: il brando vostro
Segua il sentier del luminoso acciaro
Del vostro duce; e dei nemici all'urto
Siate quai rupi del terren natio,
Che baldanzosamente alle tempeste
Godon di farsi incontro, e stendon tutti
Al vento irato i tenebrosi boschi.
Come d'autunno da due balze opposte
Iscatenati turbini focosi
S'accavallan tra lor, così l'un l'altro
S'avviluppan gli eroi; come dall'alto
Di rotte rupi rotolon cadendo
Due torrenti spumosi urtansi in giostra
Con forti cozzi, e giù con le miste onde
Van rovinosi a tempestar sul piano;
Sì romorose, procellose, e negre
Inisfela, e Loclin nella battaglia
Corronsi ad incontrar: duce con duce
Cambiava i colpi, uomo con uom; già scudo
Scudo preme, elmetto elmo, acciar percosso
Rimbalza dall'acciaro: a brani, a squarci
Spiccansi usberghi; e sgorga atro, e fumeggia
Il sangue; e per lo ciel volano, cadono
Nembi di dardi, e tronchi d'aste, e schegge;
Quai circoli di luce, onde s'indora
Di tempestosa notte il fosco aspetto.
Non mugghiar d'oceàno, e non fracasso
D'ultimo tuono assordator del cielo,
Può uguagliar quel rimbombo. Ancor se presso
Fosservi i cento di Corman cantori,
Per dar al canto le guerresche imprese,
Pur di cento cantor foran le voci
Fiacche per tramandar ai dì futuri
Le morti degli eroi; sì folti e spessi
Cadeano a terra, e de' gagliardi il sangue
Sì largo trascorrea. Figli del canto,
Piangete Sitalin; piangi, Fiona,
Sulle tue piagge il grazioso Ardano.
Come due snelli giovinetti cervi
Là nel deserto, essi cadèr per mano
Del feroce Svaran; che in mezzo a mille
Mugghiava sì, che il tenebroso spirto
Parea della tempesta, assiso in mezzo
Dei nembi di Gormal, che della morte
Del naufrago nocchier s'allegra e pasce.
Nè già sul fianco ti dormì la destra,
Sir della nebulosa isola(27): molte
Del braccio tuo furon le morti, e il brando
Era un foco del ciel quando colpisce
I figli della valle; incenerite
Cadon le genti, e tutto il monte è fiamma.
Sbuffan sangue i destrier; nel sangue guazza
L'unghia di Duronal, Sifadda infrange
Pesta corpi d'eroi: sta raso il campo
Addietro lor, quai rovesciati boschi
Nel deserto di Cromla, allor che 'l turbo
Sulla piaggia passò carco de' tetri
Spirti notturni le rugghianti penne.
Vergine d'Inistorre allenta il freno
Alle lagrime tue, delle tue strida
Empi le balze, il biondo capo inchina
Sopra l'onde cerulee, o tu più bella
Dello spirto dei colli in su 'l meriggio,
Che nel silenzio dei movernj boschi
Sopra d'un raggio tremulo di luce
Move soavemente. Egli cadeo:
È basso il tuo garzon; pallido ei giace
Di Cucullin sotto la spada; e 'l core
Fervido di valor, più nelle pugne
Non fia che spinga il giovinetto altero
De' regi il sangue ad emular. Trenarre,
L'amabile Trenar, donzella, è morto.
Empion la casa d'ululati i fidi
Grigi suoi cani, e del signor diletto
Veggon l'ombra passar. Nelle sue sale
Pende l'arco non teso, e non s'ascolta
Sul colle de' suoi cervi il corno usato.
Come a scoglio mille onde, incontro Erina
Tal di Svaran va l'oste; e come scoglio
Mille onde incontra, di Svaran la possa
Così Erina incontrò. Schiude la morte
Tutte le fauci sue, tutte l'orrende
Sue voci innalza, e le frammischia al suono
Dei rotti scudi: ogni guerriero è torre
D'oscuritade, ed ogni spada è lampo.
Monti echeggiano e piagge, al par di cento
Ben pesanti martelli alternamente
Alzantisi, abbassantisi sul rosso
Figlio della fornace(28). E chi son questi,
Questi chi son, che tenebrosi, orrendi
Vanno con tal furor? veggo due nembi,
Duo folgori vegg'io: turbati intorno
Sono i colli minori, e trema il musco
Sull'erte cime delle rupi annose.
E chi son questi mai, fuorché il possente
Figlio dell'oceàno, e il nato al carro(29)
D'Erina correttor. Tengon lor dietro
Spessi sul piano ed anelanti sguardi
Dei fidi amici, alla terribil vista
Turbati, incerti: ma già già la notte
Scende, e tra nubi i due campioni involve;
E all'orribil conflitto omai dà posa.
Di Cromla intanto sull'irsuto fianco
Pose Dorglante i cavrioli e i cervi,
Felici doni della caccia innanzi
Che lasciassero il colle i forti eroi.
Cento guerrieri a raccor scope in fretta
Dansi, trecento a scer le lisce pietre;
Dieci accendon la fiamma, e fuma intorno
L'apprestato convito. Allor d'Erina
Il generoso duce il suo leggiadro
Spirito ripigliò: sulla raggiante
Lancia chinossi, e a Carilo(30) si volse,
Canuta prole di Chinfena, e dolce
Figlio de' canti: E per me solo adunque
S'imbandirà questo convito, e intanto
Starà il re di Loclin sulla ventosa
Spiaggia d'Ullina abbrividato, e lungi
Dai cervi de' suoi colli, e dalle sale
De' suoi conviti? Or via, Carilo sorgi,
Porta a Svaran le mie parole: digli
Che la mia festa io spargo: ei venga in queste
Ore notturne ad ascoltare il suono
De' miei boschetti, or che gelati, acuti
Pungono i venti le marine spume.
Venga, e la dolce arpa tremante, e i canti
Ascolti degli eroi. Carilo andonne
Con la voce più dolce, e così disse
Al re dei bruni scudi: Esci dall'irte
Pelli della tua caccia,(31) esci, Svarano,
Signor dei boschi: Cucullin diffonde
La gioja delle conche, e a sè t'invita.
Vieni, o Svaran. Quei non parlò, muggìo,
Simile al cupo brontolio di Cromla
Di tempeste forier: "Quand'anche, Erina,
Le giovinette tue mi stendan tutte
Le loro braccia di neve, e faccian mostra
Dei palpitanti petti, e dolcemente
Girino a me gl'innamorati sguardi;
Fermo quai mille di Loclin montagne
Qui Svaran rimarrà, finché 'l mattino
Venga co' raggi suoi dal mio orìente
A rischiarar di Cucullin la morte.
Grato mi freme nell'orecchio il vento
Che percuote i miei mari: ei nelle sarte
Parlami, e nelle vele, e mi rimembra
I verdi boschi di Gormal, che spesso
A' miei venti echeggiar, quando rosseggia
La lancia mia dietro le belve in caccia.
A Cucullin tu riedi: a ceder pensi
L'antico trono di Cormano imbelle;
O i torrenti d'Erina al nuovo giorno
Alle sue rupi mostreran la spuma
Rossa del sangue del domato orgoglio".
Carilo ritornò: ben, disse, è trista
La voce di Svaran. Ma sol per lui,
Ripigliò Cucullin(32): tu la tua sciogli,
Carilo intanto, e degli antichi tempi
Rammenta i fatti; fra le storie e i canti
Scorra la notte: entro il mio core infondi
La dolcezza del duol(33); che molti eroi,
E molte vaghe vergini d'amore
Già fioriro in Erina, e dolci all'alma
Scendon le note del dolor, che s'ode
Ossian(34) cantar là d'Albi0n(35) su i monti
Quando cessò la romorosa caccia,
E s'arresta ad udir l'onda del Cona.
Venne in Erina nei passati giorni,
Ei cominciò, dell'oceàn la stirpe.
Ben mille navi barcollar sull'onde
Ver l'amabile Ullina. Allor s'alzaro
I figli d'Inisfela, e fersi incontro
Alla schiatta dei scudi. Ivi Cairba
Cima dei duci, ed ivi era pur Gruda,
Maestoso garzon: già lunga rissa
Ebber tra lor pel variato toro,
Che nella valle di Golbun muggìa.
Ciascun volealo, e fu spesso la morte
Già per calar sulle taglienti spade.
Pur nel gran giorno l'un dell'altro a lato
Pugnar que' prodi; gli stranier fuggiro.
Qual nome sopra il colle era sì bello
Quanto Gruda, e Cairba? Ah perchè mai
Tornò 'l toro a muggir? quelli mirarlo
Trescar bizzarro, e saltellar sul prato,
Candido come neve, e si raccese
L'ira dei duci: in sull'erbose sponde
Del Luba(36) essi pugnaro, e 'l maestoso
Gruda cadeo. Venne Cairba oscuro
Alla valle di Tura. Ivi Bresilla,
Delle sorelle sua la più leggiadra,
Sedea soletta, e già pascendo il core
Coi canti della doglia. Eran suo canto
Le prodezza di Gruda, il giovinetto
De' suoi pensier segreti; ella il piangea
Come già spento(37) nel campo del sangue.
Pur sosteneala ancor picciola speme
Del suo ritorno. Un cotal poco uscìa
Fuor delle vesti il bianco sen, qual luna
Che da nubi trapela: avea la voce
Dolce più ch'arpa flebile gemente:
Fissa in Gruda avea l'alma, era di Gruda
Il suo segreto sospiretto, e il lento
Furtivo sogguardar delle pupille.
Gruda quando verrai? guerriero amato
Quando ritorni a me? Venne Cairba,
E sì le disse: "Or qua, Bresilla, prendi
Questo sanguigno scudo, entro la sala
L'appendi per trofeo: la spoglia è questa
Del mio nemico." Alto tremor le scosse
Il suo tenero cor, vola repente
Pallida, furibonda; il suo bel Gruda
Trovò nel sangue, e gli spirò sul petto.
Or qui riposa la lor polve, e questi
Due mesti tassi solitarii usciro
Di questa tomba, e s'affrettar l'un l'altro
Ad abbracciarsi con le verdi cime.
Tu sul prato, o Bresilla, e tu sul colle
Bello eri, o Gruda; il buon cantor con doglia
Rimembrerà i tuoi casi, e co' suoi versi
Consegnerà questi amorosi nomi
Alla memoria di remote etadi".
Dolce è la voce tua, Carilo, e dolce
Storia narrasti: ella somiglia a fresca
Di primavera placidetta pioggia,
Quando sorride il sole, e volan levi
Nuvole sottilissime lucenti.
Deh tocca l'arpa, e fammi udir le lodi
Dell'amor mio, del solitario raggio
Dell'oscura Dunscaglia(38); ah tocca l'arpa,
Canta Bragela: io la lasciai soletta
Nell'isola nebbiosa. Il tuo bel capo
Stendi tu, cara, dal nativo scoglio,
Per discuoprir di Cucullin la nave?
Ah che lungi da te rattienmi, o cara,
L'invido mar: quante fiate, e quante
Per le mie vele prenderai la spuma
Del mar canuto, e ti dorrai delusa!
Ritirati, amor mio; notte s'avanza,
E 'l freddo vento nel tuo crin sospira.
Va' nella sale de' conviti miei
A ricovrarti, e alle passate gioje
Volgi il pensier; che a me tornar non lice,
Se pria non cessa il turbine di guerra.
Ma tu fido Conal, parlami d'arme,
Parla di pugne, e fa' m'esca di mente,
Che troppo è dolce, la vezzosa figlia
Del buon Sorglan, l'amabile Bragela
Dal bianco sen, dalle corvine chiome.
"Figlio di Semo, ripigliò Conallo
A parlar lento, attentamente osserva
Del mar la stirpe; i tuoi guerrier notturni
Manda all'intorno, e di Svaran la possa
Statti vegliando. Il pur dirò di nuovo,
Per la pace son io, finché sia giunta
La schiatta del deserto, e che qual sole
L'alto Fingallo i nostri campi irraggi".
Cucullin s'acchetò, colpì lo scudo
Di scolte ammonitor; mossersi tosto
I guerrier della notte, e su la piaggia
Giacquero gli altri al zufolar del vento.
L'ombre de' morti intanto ivan nuotando
Sopra ammontate tenebrose nubi;
E per lo cupo silenzio del Lena
S'udiano ad or ad or gemer da lungi
Le fioche voci e querule di morte.

[Modificato da m.harlock 24/11/2004 20.39]

24/11/2004 20:46
 
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CANTO II

ARGOMENTO.



L'ombra di Crugal, uno degli eroi irlandesi ch'era stato ucciso in battaglia, apparisce a Conal e predice la sconfitta di Cucullino nel prossimo combattimento. Conal comunica a questo la sua visione, e lo sollecita vivamente a far la pace con Svarano; ma Cucullino è inflessibile per principio d'onore ed è deciso a continuare la guerra. Giunge il mattino. Svarano propone a Cucullino disonorevoli condizioni, le quali vengono rigettate. La battaglia incomincia e dura ostinatamente per qualche tempo, finchè alla fuga di Grumal tutta l'armata irlandese va in rotta. Cucullino e Conal coprono la ritirata. Carilo conduce i soldati irlandesi ad un monte vicino dove sono tosto seguiti da Cucullino medesimo, il quale scopre da lungi la flotta di Fingal, che s'avanza verso la costa: ma sopraggiunta la notte, la perde di vista. Cucullino, afflitto ed abbattuto per la sua sconfitta, attribuisce questo sinistro avvenimento alla morte di Ferda, suo amico, qualche tempo innanzi da lui ucciso. Carilo, per far vedere che il cattivo successo non seguita sempre coloro che innocentemente uccidono le persone a lor care, introduce l'episodio di Comal e Galvina.

24/11/2004 20:51
 
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CANTO II






Posan gli eroi, tace la piaggia. Al suono
D'alpestre rio, sotto l'antica pianta
Giace Conallo: una muscosa pietra
Sostiengli il capo. Della notte udia
Stridula acuta cigolar la voce(39)
Per la piaggia del Lena; ei dai guerrieri
Giace lontan, che non temea nemici
Il figlio della spada. Entro la calma
Del suo riposo, egli spiccar dal monte
Vide di foco un rosseggiante rivo.
Per quell'ardente luminosa riga
A lui scese Crugallo, uno dei duci
Poc'anzi estinti, che cadeo per mano
Del fier Svaran: par di cadente luna
Raggio il suo volto; nugoli del colle
Forman le vesti: sembrano i suoi sguardi
Scintille estreme di languenti faci:
Aperta, oscura, nel mezzo del petto
Sospira una ferita. "O Crugal, disse
Il possente Conal, figlio di Dedga
Chiaro sul colle, o frangitor di scudi,
Perchè pallido e mesto? io non ti vidi
Mai nelle pugne impallidir di tema.
E che t'attrista?" Lagrimoso, e fosco
Quegli si stette: sull'eroe distese
La sua pallida man, languidamente
Alzò la voce in suon debole e roco,
Come l'auretta del cannoso Lego.
"Conàl, tu vedi l'ombra mia che gira
Sul natio colle, ma il cadaver freddo
Giace d'Ullina sull'ignude arene.
Più non mi parlerai, nè le mie orme
Vedrai sul prato: qual nembo di Cromla
Son vuoto e lieve, e per l'aere galleggio
Come nebbia sottile. Odimi, o duce:
Veggio l'oscuro nugolo di morte
Che sul Lena si sta: cadranno i figli
D'Inisfela, cadran: da questo campo
Ritirati, o Conallo; è campo d'ombre(40)".
Disse, e sparì come offuscata luna
Nel fischiante suo nembo. Ah no, t'arresta,
T'arresta, o fosco rosseggiante amico,
Disse Conal; vientene a me, ti spoglia
Di quel raggio celeste, o del ventoso
Cromla guerriero. In qual petrosa grotta
Ricovri tu? qual verdeggiante colle
Datti albergo e riposo? e non udremti
Dunque nella tempesta, o nel rimbombo
Dell'alpestre torrente, allor che i fiacchi
Figli del vento a cavalcar sen vanno
Per l'aeree campagne? Ei, così detto,
Rizzasi armato; a Cucullin s'accosta,
Picchia lo scudo: risvegliossi il figlio
Della battaglia. E qual cagion ti guida?
Disse del carro il reggitor sublime;
Perchè nel buio della notte armato
Vieni o Conàl? potea la lancia mia
Volgersi incontro a quel rumore, ond'io
Piangessi poi del mio fedel la morte.
Conàl che vuoi? figlio di Colgar(41) parla;
Lucido è 'l tuo consiglio a par del sole.
Duce, ei rispose, a me pur ora apparve
L'ombra di Crugal: trasparian le stelle
Fosche per la sua forma(42); avea la voce
Di lontano ruscello: egli sen venne
Messaggero di morte; ei favellommi
Dell'oscura magion. Duce d'Erina
Sollecita la pace, o a sgombrar pensa
Dalla piaggia del Lena. Ancor che fosche
Per la sua forma trasparian le stelle,
Soggiunse Cucullin, teco o Conallo
L'ombra parlò? questo fu 'l vento amico,
Che nelle grotte mormorò del Lena.
O se pur fu Crugàl, che nol forzasti
Di comparirmi innanzi? e non gli hai chiesto
Dove sia l'antro suo, dove l'albergo
Dell'ospite dei venti? allor potrebbe
Forse il mio brando rintracciar cotesta
Presaga voce, e trar da quella a forza
Il suo saper: ma 'l suo saper, Conallo,
credimi, è poco. Or come? egli poc'anzi
Fu pur tra noi; più su che i nostri colli
Ei non varcò: chi della nostra morte
Potriagli adunque rivelar l'arcano?
L'ombre su i venti e sulle nubi in frotta
Vengono e vanno a lor piacer, soggiunse
Il senno di Conal(43); nelle spelonche
Fanno alterni colloquj, e degli eventi
Parlano de' mortali. - E de' mortali
Parlino a senno lor, parlin di tutti;
Di me non già, che 'l ragionarne è vano.
Scordinsi Cucullin, perch'io son fermo
Di non fuggir: se fisso è pur ch'io caggia,
Trofeo di gloria alle future etadi
Sorgerà la mia tomba; il cacciatore
Verserà qualche lagrima pietosa
Sopra il mio sasso, e alla fedel Bragela
Sarò memoria ognor dolce, ed acerba.
Non temo di morir, di fuggir temo,
E di smentirmi: che più volte in guerra
Scorsemi vincitor l'alto Fingallo.
O tenebroso fantasma del colle,
Su via mostrati a me, vien' sul tuo nembo,
Vien' sul tuo raggio; in la tua man rinchiusa
Mostrami la mia morte, aerea forma,
Non fuggirò. Va', va', Conàl, colpisci
Lo scudo di Cabàr che giace appeso
Là tra quell'aste; i miei guerrier dal sonno
Sveglinsi tutti, e alla vicina pugna
S'accingan tosto. Ancor che a giunger tardi
L'eroe di Selma(44), e la robusta schiatta(45)
De' tempestosi colli, andiamne, amico,
Pugnisi, e sia con noi vittoria, o morte.
Si diffonde il rumor; sorgono i duci.
Stan su la piaggia armati al par d'antiche
Quercie crollanti i noderosi rami,
Se gelata onda le percuote, e al vento
S'odon forte stormir l'aride fronde.
Già la nebbiosa dirupata fronte
Di Cromla appar, già 'l mattutino raggio
Tremola su la liquida marina
Nè fosca più, nè ben lucente ancora.
Va roteando lentamente intorno
La grigia nebbia, e d'Inisfela i figli
Nasconde agli occhi di Svaran. Sorgete,
Disse il signor dei tenebrosi scudi,
Sorgete, o voi che di Loclin dall'onde
Meco veniste: già dall'armi nostre
Fuggir d'Erina i duci. Or che si tarda?
S'inseguano, s'incalzino. Tu Morla
Tosto alla reggia di Corman t'avvia:
Comanda a lui, che di Svaran la possa
Prostrato inchini, anzi che 'l popol tutto
Nella morte precipiti, ed Ullina
Altro non resti che deserto e tomba.
S'adunano color, simili a stormo
D'augei marini, quando il flutto irato
Li rispinge dal lido, e fremon come
Nella valle di Cona accolti rivi,
Qualor dopo notturna atra bufera
Alla sbiadata mattutina luce
Volvon riflussi vorticosi oscuri.
Sfilan, quai succedentisi sul monte
Nugoloni d'autunno, orride in vista
Le avverse schiere. Maestoso e grande
A par del cervo de' morvenii boschi
Svaran s'avanza, e fuor dell'ampio scudo
Esce il fulgor della notturna fiamma,
Che per la muta oscurità del mondo
Fassi guida e sentiero all'erranti ombre:
Guatale il peregrin pallido, e teme.
Ma un nembo alfin sorto dal mar la densa
Nebbia squarciò: tutti apparir repente
D'Inisfela i guerrier schierati, e stretti,
Qual catena infrangibile di scogli
Lungo la spiaggia. Oh, disse allor l'altero
Dei boschi regnator, vattene o Morla,
Offri pace a costoro, offri quei patti
Che diamo ai re, quando alla nostra possa
Piegan le vinte nazioni, e spenti
Sono i guerrieri, e le donzelle in lutto.
Disse. Con lunghi risonanti passi
Morla avviossi, e baldanzoso in atto
Venne dinanzi al condottier d'Erina,
Che stava armato: gli fean cerchio intorno
Gli eroi minori. O Cucullin, accetta,
Diss'ei, la pace di Svaran, la pace
Ch'egli offre ai re, quando alla sua possanza
Piegan le nazioni; a lui tu cedi
La verdeggiante Ullina, e in un con essa
La tua sposa, e il tuo can; la dal ricolmo
E palpitante sen bella tua sposa,
Ed il tuo can raggiungitor del vento.
Questi a lui cedi in testimonio eterno
Della fiacchezza del tuo braccio, e in esso
Scorgi il tuo re. - "Porta a quel cor d'orgoglio,
Porta a Svaran, che Cucullin non cede.
Egli m'offre la pace: io offro a lui
Le strade dell'oceàno, oppur la tomba.
Non fia giammai ch'uno stranier possegga
Quel raggio di Dunscaglia; e mai cervetta
Non fuggirà per le loclinie selve
Dal piè ratto di Lua(46)." Vano e superbo
Del carro guidator, Morla riprese,
Vuoi tu dunque pugnar? pugnar vuoi dunque
Contro quel re, di cui le navi figlie
Di molti boschi trar potrian divelta
Tutta l'isola tua seco per l'onde?
"Sì quest'Ullina è meschinetta, e poca
Contro il signor del mar. Morla, ei soggiunse,
Cedo a molti in parole, a nullo in fatti.
Rispetterà la verdeggiante Erina
Lo scettro di Corman, finchè respiri
Conallo, e Cucullin. Conallo, o primo
Tra' duci, or che dirai? pur or di Morla
Le voci udisti; o generoso e prode,
Saran pur anco i tuoi pensier di pace?
O spirto di Crugallo, e tu di morte
M'osasti minacciar? schiudimi il varco
Dell'angusta tua casa: ella fra' raggi
M'accoglierà della mia gloria involto.
Su su, figli d'Erina, alzate l'asta,
Piegate l'arco, disperatamente
Sul nemico avventatevi, ond'ei creda
Che a lui dall'alto si rovescin sopra
Tutti i notturni tempestosi spirti" .
Or sì mugghiante, orribile, profondo
Volvesi il bujo della zuffa: nebbia
Così piomba sul campo allor che i nembi
Invadono il solar tacito raggio.
Precede il duce; irata ombra il diresti,
Che dietro ha negra nube, ed infocate
Meteore intorno, e nella destra i venti.
Carilo era in disparte: ei fa che s'alzi
Il suon del corno bellicoso; e intanto
Scoglie la grata voce(47), ed il suo spirto
Sgorga nel cor de' bellicosi eroi.
Dove dove è Crugal? disse la dolce
Bocca del canto(48): ei basso giace, è muta
La sala delle conche(49); oblio lo copre.
Mesta è la sposa sua, che peregrina
Entro le stanze del suo lutto alberga(50).
Ma quel raggio vegg'io, che tra le schiere
Dei nemici si scaglia?(51) ella è Degrena,
La sposa di Crugallo: addietro ai venti
Lascia la chioma; ha rosseggiante sguardo,
Strillante voce. Ahi lassa! azzurro e vuoto
È ora il tuo Crugal: sta la sua forma
Nella cava del colle: egli al tuo orecchio
Fessi pian pian nel tuo riposo, alzando
Voce pari al ronzio d'ape montana.
Ve' ve' cade Degrena, e sembra nube
Che striscia in sul mattino: è nel suo fianco
La spada di Loclin(52). Cairba, è spenta,
Cadde Degrena tua; Degrena, il dolce
Risorgente pensier de' tuoi verd'anni.
Udì Cairba il mesto suono(53), e vide
La morte della figlia; in mezzo a mille,
Qual balena che 'l mar frange col pondo,
Slanciasi, e mugghia: la sua lancia incontra
Il cor d'un figlio di Loclin: s'ingrossa
La sanguinosa mischia. In bosco annoso
Ben cento venti, o tra ramosi abeti
Di cento colli violenta fiamma,
Poriano appena pareggiar la strage,
La rovina, il fragor dell'affollate
Schiere cadenti. Cucullin recide
Come cardi gli eroi; Svaran devasta,
Diserta Erina: di sua man Curano
Cadde, e Cairba dal curvato scudo.
Giace Morglano in ferreo sonno, e Calto
Guizza morendo: del suo sangue ha tinto
Il bianco petto; è strascinata e sparsa
La gialla chioma per la molle arena
Del suo terren natio. Spesso ov'ei cadde
Già conviti imbandì, spesso dell'arpa
La voce sollevò; festosi intorno
Saltellavangli i veltri, e i giovinetti
Stavansi ad assettar faretre ed archi.
Già Svaran cresce, e già soverchia, come
Torrente che trabocca, e i minor poggi
Schianta e travolve, e i maggior pesta e sfianca.
Ma s'attraversa Cucullin, qual monte
Di nembi arrestator: cozzano i venti
Sulla fronte di pini, e i massi informi
La ripercossa grandine flagella:
Quello in sua possa radicato e fermo
Stassi, ed adombra la soggetta valle.
Tal Cucullino ombra faceasi, e schermo
Ai figli d'Inisfela: a lui d'intorno
Di palpitanti eroi zampilla il sangue,
Come fonte da rupe: invan, ch'Erina
Cade pur d'ogni parte, e si dilegua
Siccome neve a caldo sol. Compagni,
Gruma gridò, Loclin conquista, e vince:
Che più dunque pugnar, palustri canne
Contro il vento del cielo? al colle, al colle
Fuggiam compagni: ed ei fuggissi il primo
Come cervo inseguito, e la sua lancia,
Simile a raggio tremulo di luce,
Dietro traea. Pochi fuggir con Gruma,
Duce di picciol cor: gli altri pugnando
Caddero, e 'l Lena ricoprir coi corpi.
Vede dall'alto del gemmato carro
La sconfitta de' suoi, vedela, e freme
D'Erina il condottier: trafisse il petto
A un fier nemico, indi a Conàl si volse.
O Conallo, esclamò, tu m'addestrasti
Questo braccio di morte: or che farassi?
Ancor ch'Erina sia fugata o spenta,
Non pugnerem perciò? Sì sì: tu vanne,
Carilo, e i sparsi fuggitivi avanzi
Di nostre schiere là raccogli, e guida
Dietro quell'erto cespuglioso colle.
Noi stiam fermi quai scogli, e sostenendo
L'impeto di Loclin, de' fidi amici
La fuga assicuriam. Balza Conallo
Sopra il carro di luce: i due campioni
Stendono i larghi tenebrosi scudi,
Come la figlia dei stellati cieli
Lenta talor move per l'aere, e intorno
Di fosco cerchio s'incorona e tinge.
Palpitante, anelante e spuma e sangue
Spruzza Sifadda, e Duronallo a cerchio
Volvesi alteramente, e calca e strazia
Nemici corpi: quei serrati e folti
Tempestano gli eroi, quai sconvolte onde
Sconcia balena d'espugnar fan prova.
Di Cromla intanto sul ciglion petroso
Si ritrassero alfine i pochi e mesti
Figli d'Erina, somiglianti a un bosco,
Cui strisciando lambì rapida fiamma,
Spinta dai venti in tempestosa notte.
Dietro una quercia Cucullin si pose
Taciturno, pensoso: il torbid'occhio
Gira agli astanti amici. Ecco venirne
Moran del mare esplorator. "Le navi,
Le navi, egli gridò; Fingal, Fingallo,
Il Sol dei duci, il domator d'eroi,
Ei viene, ei vien: spumano i flutti innanzi
Le nere prue; le sue velate antenne
Sembran boschi tra nubi." O venti, o voi
Venti, soggiunse Cucullin, che uscite
Dall'isoletta dell'amabil nebbia,
Spirate tutte favorevoli aure,
Secondate il guerrier: vientene amico
Alla morte di mille, amico ah vieni.
Nubi dall'oriente a questo spirto
Son le tue vele, e l'aspettate navi
Luce del cielo, e tu mi sei tu stesso
Come colonna d'improvviso foco
Rischiaratrice della notte oscura.
O mio Conal, quanto graditi e cari
Ci son gli amici! Ma s'abbuja intanto
La notte: ov'è Fingal? noi le fosch'ore
Stiam qui passando, e sospiriam la luna.
Già sbuffa il vento; dalle fesse rupi
Già sboccano i torrenti: al capo irsuto
Di Cromla intorno s'adunò la pioggia,
E rosse tremolavano le stelle
Per le spezzate nubi. Appresso un rivo,
Di cui la pianta al gorgoglìo risponde,
Mesto s'assise il condottier d'Erina.
Carilo il buon cantor stavagli accanto,
E 'l pro' Conallo. Ah, sospirando disse
Di Semo il figlio, ah che infelice e fiacca
È la mia man, dacchè l'amico uccise!
O Ferda, o caro Ferda, io pur t'amava
Quanto me stesso. Cucullin, deh dinne,
L'interruppe Conàl, come cadèo
Quell'illustre guerrier? ben mi sovvengo
Del figlio di Damman. Grande era e bello
Come l'arco del ciel. - Ferda signore
Di cento colli, d'Albion sen venne.
Nella sala di Muri(54) ei da' prim'anni
L'arte del brando apprese, e d'amistade
Strinsesi a Cucullin: fidi alla caccia
N'andammo insieme; era comune il letto,
Era a Cairba(55) già signor d'Ullina
Deugala sposa: avea costei nel volto
La luce di beltà, ma in mezzo al core
La magion dell'orgoglio. Ella invaghissi
Di quel raggio solar di gioventude,
Del figlio di Damman. Cairba, un giorno
Disse la bella, orsù dividi il gregge;
Dammi la mia metà: restar non voglio
Nelle tue stanze: il gregge tuo dividi,
Fosco Cairba. Cucullin, rispose,
Lo divida per me: trono è 'l suo petto
Di giustizia: tu parti. Andai: la greggia
Divisi. Un toro rimaneva, un toro
Bianco di neve; al buon Cairba il diedi.
Deugala n'avvampò; venne all'amante:
Ferda, diss'ella, Cucullin m'offende;
Fammi udir di sua morte, o sul mio corpo
Scorrerà il Luba; la mia pallid'ombra
Staratti intorno, e del mio orgoglio offeso
Piangerà la ferita: o spargi il sangue
Di Cucullino, o mi trapassa il petto.
Oimè, disse il garzon, Deugala, e come?
Io svenar Cucullino? egli è l'amico
De' miei pensier segreti, e contro ad esso
Solleverò la spada? Ella tre giorni
Pianse; nel quarto dì cesse al suo pianto
L'infelice garzon. Deugala, ei disse,
Tu 'l vuoi, combatterò: ma potess'io
Cader sotto il suo brando! Io dovrei dunque
Errar sul colle, e rimirar la tomba
Di Cucullin? Noi presso a Muri insieme
Pugnammo: s'impacciavano l'un l'altro
Ad arte i brandi nostri, il fatal colpo
Sfuggendo, sdrucciolavano sugli elmi,
Strisciavano su i scudi. Eragli accanto
Deugala sua: con un sorriso amaro
Diedesi a rampognarlo: O giovinetto,
Debole è 'l braccio tuo, non è pel brando
Questa tenera età; garzone imbelle
Cedi al figlio di Semo; egli pareggia
Lo scoglio di Malmor. Corsegli all'occhio
Lagrima di vergogna; a me si volse,
E parlò balbettando: alza il tuo scudo,
Alzalo, Cucullino, e ti difendi
Dal braccio dell'amico: ho grave e negra
L'anima di dolor, che uccider deggio
Il maggior degli amici e degli eroi.
Trassi a quei detti alto sospir, qual vento
Da fessa rupe: sollevai del brando
L'acuto filo: ahi lasso! egli cadeo.
Cadde il Sol della pugna, il caro, il primo
Tra' fidi amici: sciagurata, imbelle
È la mia man, dacchè l'amico uccisi.
Figlio del carro, dolorosa istoria,
Carilo ripigliò, narrasti: or questa
Mi rimanda alla mente un fatto antico,
Che può darti conforto. Io spesso intesi
Membrar Comallo(56) che l'amata uccise;
Pur sempre accompagnò vittoria e fama
La sua spada, e i suoi passi. Era Comallo
Un figlio d'Albion, di cento colli
Alto signor: da mille rivi e mille
I suoi cervi beveano, e mille scogli
Rispondeano al latrar de' veltri suoi.
Era soavità di giovinezza
L'amabile suo volto; era il suo braccio
Morte d'eroi. De' suoi pensier l'obietto
Uno era e bello, la gentil Galvina,
La figlia di Colonco: ella sembrava
Sol tra le donne, e liscia ala di corvo
La sua chioma vincea; sagaci in caccia
Erano i cani suoi, fischiava al vento
La corda del suo arco. I lor soavi
Sguardi d'amor si riscontrar sovente:
Uno alla caccia era il lor corso, e dolci
Le lor segrete parolette e care.
Ma per la bella si struggea d'amore
Il fier Gormante; il tenebroso duce
D'Arven(57) nembosa, di Comal nemico.
Egli tutt'or della donzella i passi
Sollecito esplorava. Un dì che stanchi
Tornavano da caccia, e avea la nebbia
Tolti alla vista lor gli altri compagni,
Si riscontraro i due teneri amanti
Alla grotta di Ronna. Ivi Comallo(58)
Facea spesso soggiorno; ivi del duce
Pendean disposti i bellicosi arnesi:
Cento scudi di cuoio, e cento elmetti
Di risuonante acciar. Qui dentro, ei disse,
Riposati, amor mio, riposa o luce
Dello speco di Ronna: un cervo appare
Su la vetta di Mora(59); io là men volo,
Ma tosto tornerò. Comal, rispose,
Temo Gormante il mio nemico; egli usa
In questa grotta; io poserò fra l'armi:
Ma fa' tosto, amor mio. Volò l'eroe
Verso il cervo di Mora. Allor la bella
Volle far prova sconsigliatamente
Dell'amor del suo caro: il bianco lato
Ella coperse di guerriere spoglie,
E della grotta uscì. Comàl l'adocchia,
Credela il suo nemico; il cor gli balza:
Iscolorossi, intenebrossi; incocca
L'arco; vola lo stral; cade Galvina
Nel sangue suo. Quei furibondo, ansante
Vola all'antro, e la chiama: alcun non s'ode;
Muta è la rupe. O dolce amor rispondi,
Dove se' tu? Torna all'estinto, e vede
Il cor di quella palpitar nel sangue
Dentro il suo dardo. O mia Galvina! oh vista!
Or se' tu quella? e le cadeo sul petto.
Vennero i cacciatori, e ritrovaro
La sventurata coppia. Il duce ancora
Errò sul colle; ma solinghi e muti
Erano i passi suoi presso l'oscura
Magion dell'amor suo. Sceser le navi
Dell'oceàno(60); egli pugnò; fuggiro
Dal suo brando i stranier: cercò la morte,
Ma chi dar la poteagli? a terra irato
Scagliò lo scudo; una volante freccia
Riscontrò alfine il maschio petto. Ei dorme
Con l'amata Galvina in riva al mare;
E fendendo il nocchier le nordiche onde,
Scorge le verdi tombe, e ne sospira.

[Modificato da m.harlock 24/11/2004 20.52]

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