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I contatti sonar

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2004 13:45
26/10/2004 13:45
 
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l’Operation Deepscan (operazione scandaglio profondo)




La più celebre tra queste è stata senza dubbio l’Operation Deepscan (operazione scandaglio profondo), capeggiata dal biologo Adrian Shine. Il 9 ottobre 1987 scattò il più massiccio scandaglio sonar mai eseguito su di un lago d’acqua dolce: 24 imbarcazioni, di cui 19 in fila equipaggiate con sonar Lowrance X-16 e le restanti a seguire pronte a visualizzare ed esaminare tutti i dati raccolti. Il primo giorno di ricerche tre forti contatti furono registrati a profondità dai 78 ai 180 metri.



Il più chiaro di questi fu rilevato presso la sponda opposta della baia d’Urquarth. L’oggetto in questione entrò nel raggio del sonar a 174 metri di profondità e fu seguito per 140 secondi. Nel rapporto venne riportato che i 3 segnali erano più forti di quelli che ci si potrebbe essere aspettato da dei comuni pesci d’acqua dolce. David Steensland, disse che il segnale rilevato a 78 metri poteva essere stato lasciato da una sorta di grosso pesce, mentre i restanti due erano molto strani e più forti di quelli lasciati dagli squali sulla costa della Florida durante un precedente esperimento.



Adrian Shine, leader del Loch Ness Project, aggiunse che a suo modo di vedere i tre segnali erano diversi da quello che ci si sarebbe aspettato dai comuni abitatori del Loch Ness, come salmoni, anguille o banchi di pesci e che erano di una forza considerevole.



E’ logico che con questi presupposti il primo giorno di operazioni si concluse in un clima di un certo ottimismo, specialmente per quanto concerne la stampa, verso il secondo giorno. L’indomani le imbarcazioni coinvolte nell’operazione furono ridotte a 19, Shine infatti mandò cinque di esse nei punti in cui si erano registrati i segnali il giorno precedente, ma non fu trovato alcun che. Ciò dimostrava che non erano stati provocati da oggetti inanimati, ma da bersagli in movimento a grande profondità.



Nel secondo giorno non si registrarono segnali di importanza rilevante, e ciò fece credere alla stampa che l’Operazione Deep Scan si fosse conclusa in un grosso flop. Fu stimato che l’area del lago ricoperta dalle onde sonar fu di circa il 60%. Secondo la nostra conoscenza della biologia, gli incroci tra consanguinei causano problemi genetici insuperabili nel giro di poche generazioni rendendo sterile una popolazione non abbastanza numerosa. Per far si che gli animali del Loch Ness siano potuti sopravvivere per tanto tempo sarebbe stato necessario un numero di individui di poco superiore al centinaio di unità, mentre i contatti rilevati dai sonar di Shine in due giorni di ricerche furono troppo esigui.



Ho avuto modo di discutere di questo problema in una serie di corrispondenze con Michel Raynal e il ricercatore svedese Jan Ove Sundberg, ed ebbi la fortuna di conoscere personalmente la guardia costiera ausiliaria George Edwards, il discusso scopritore del presunto punto di massima depressione del lago. L’unica spiegazione plausibile al riguardo è che i “mostri”, vivendo in acque torbide come quelle del Loch Ness, in cui la visibilità è ridotta al minimo già a qualche metro di profondità, possano avere sviluppato un sistema di orientamento sonar simile a quello dei cetacei, che li renderebbe molto sensibili alle onde sonore sviluppate dalle apparecchiature dei ricercatori.



Quest’ipotesi, per quanto plausibile, non è comunque sufficiente a colmare le altre numerose contraddizioni che caratterizzano il dossier, non ultima l’impossibilità di ascrivere Nessie ad una qualunque categoria zoologica conosciuta.


Si ringrazia
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