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I pipponi del calcio - Stranieri per caso

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 21:51
10/06/2010 21:51
 
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Guardiano del faro

Mavaffffffff!!
In libreria (dal sito di Repubblica.it)
A modo loro hanno lasciato un segno. Provocando in gradinate intere di tifosi più che urla di gioia, vere e proprie maledizioni. Oltre a sospiri di sollievo al monento della loro partenza. Meteore del calcio, comete apparse sul prato verde e velocemente sparite. Bidoni, insomma. Ovvero quella lunga serie di giocatori stranieri che hanno calcato, dall'apertura delle frontiere in poi, il suolo italico. Gente arrivata in Italia accompagnata da spasmodiche attese, roboanti titoli sui giornali e, spesso, da mazzette di soldi finite nelle tasche di astuti procuratori e presunti talent scout.
Il libro di Cristian Vitali ("Calciobidoni, non comprate quello straniero". Piano B edizioni. 240 pagine. euro 12,90) ne mette in fila 90.
Ciascuno accompagnato dal resoconto dell'esperienza italiana. Dai primi Ottanta a oggi. Passando dal calcio naif del passato al giro di miliardi di oggi. Dove tutto è cambiato ma i "bidoni" continuano a fare la loro parte.

L'elenco è lungo e traccia una linea che abbraccia l'intero pianeta. America Latina, Europa, Africa, persino la Cina. Perché il bidone non conosce latitudini. Alcuni sono tuttora scolpiti nella memoria degli appassionati di calcio. Chi non ricorda l'uruguaiano Jorge Caraballo che vestì la maglia del Pisa dal luglio del 1982 al giugno del 1983? La leggenda narra che a segnalarlo ai dirigenti toscani fu un tassista uruguagio. Quando arrivò in Italia Caraballo la sparò grossa: "Sarò il nuovo Schiaffino". Finì che giocò sette partite senza segnare un gol e che i pisani coniarono per lui un motto ad hoc: "Caraballo, meglio perderlo che trovallo". Ma i lontani anni Ottanta sono pieni di giocatori di belle speranza mai realizzate. Come il greco Nikolaos Anastopoulos, approdato all'Avellino nel luglio del 1987. "Scende dall'Olimpo il cannoniere dell'Avellino" titolò la Gazzetta. Come finì? Sedici partite e nessuna rete. Peggio ancora andò alla Roma che, nel 1987, decise di far indossare la casacca giallorossa al brasiliano Jorge Andrade (9 presenze, 0 gol). Era tra i calciatori più lenti che abbiano mai giocato in Italia, e l'ironia capitolina non lo risparmiò, ribattezzandolo "er moviola".

Sempre per restare in Brasile vale la pena di ricordare Beto che giocò nel Napoli dal luglio del '96 al giugno del '97. Ferlaino lo prese mentre la piazza partenopea aspettava Baggio. E già questo non lo aiutò. Alla fine collezionò 22 presenze e 4 reti. E che dire di Luther Blisset? Il "bombardiere nero" che l'allora presidente del Milan, Giussy Farina, portò in Italia dal Watford di Elthon John? Il patron rossonero lo presentò come una macchina da gol e il fatto che in Inghilterra storpiassero il suo nome in "Missit" (sbaglialo) venne considerato un dettaglio trascurabile. Fu un flop totale, coronato con un devastante scontro con un palo della porta per segnare un gol (il quinto in 30 presenze) contro il Pisa. San Siro lo osservò incredulo.

A volte, poi, non resta che buttarla sull'ironia. A quella ricorsero i tifosi empolesi quando si videro davanti il croato Davor Cop. "Si pronuncia Ciop" puntualizzò lui. E la domenica dopo al Castellani apparve lo striscione: "Abbiamo Ciop, ci manca Cip". E che dire del più eclatante caso di nepotismo calcistico che si ricordi? Al Saadi Gheddafi, il figlio del potente colonnello libico Muhammar. Convintosi di essere un giocatore "come gli altri" trovò ospitalità nel Perugia, l'Udinese e la Sampdoria (del petroliere Garrone). Bilancio totale: due presenze.

Un passo indietro al luglio del 1980 ed ecco spuntare quello che, forse più di altri, può essere considerato l'emblema del bidone. La Pistoiese arriva in A e compra il brasiliano Luis Silvio Danuello. Le prime perplessità arrivarono dal connazionale Falcao: "Danuello? E chi è?". Il campo leva ogni dubbio. Mentre il brasiliano, dopo 6 presenze e nessun gol, leva le tende. Sulla sua attuale occupazione ancora oggi fioriscono le leggende. Venditore di bibite? Attore porno? Di sicuro in Italia in pochi l'hanno dimenticato.

In pochi, invece, sanno che anche la Cina ha contribuito alla "bidoneide". Era il luglio del 2000 quando il patron del Perugia Luciano Gaucci ingaggiò Ma Ming Yu. In realtà pare che il figlio del presidente avesse visionato un altro giocatore ma che la federcalcio cinese gli rifilò Ma Ming Yu. Gaucci ci scherzò sopra: "Il suo nome vuol dire cavallo, animale che io adoro". Il figlio Alessandro, invece, si fece serio: "Scopriamo talenti, ripeterà l'exploit di Nakata. D'altronde i cinesi sono un miliardo, ci sarà pure un fenomeno". Probabile, ma di certo non era Ma.

Si potrebbe andare avanti parecchio. Partendo da Edmar, i brasiliani del Catania Luvanor e Pedrinho, il bolognese Eneas e la sua calzamaglia contro il freddo, Geovani, i romanisti Trotta e Renato, lo slovacco Gresko, Binz. Proseguendo con Magallanes, Mirnegg, Neffa, Gilberto, Hatz. E molti altri. Uniti da un destino che li ha comunque consacrati protagonisti, dalla parte "sbagliata", in quella commedia umana che è il calcio.


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"Notte, ore 11 - Esperienza indimenticabile...luogo meraviglioso...piazza con rudere di tempio romano...chiesa rinascimentale...fontana con delfini...messaggero di pietra...musica celestiale...tenebrose presenze"
"Ricordo ancora notte indimenticabile in casa di O. Che io possa essere dannato se accetto di nuovo un suo invito"
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