Caro Stefano,
il tuo ultimo messaggio sui filobus Casaro mi fa venire in mente un episodio al quale mi capitò di assistere nella primavera del 1970, pochi mesi prima della radiazione dei filobus in questione.
Potevano essere le sette, sette e mezza di un giorno di marzo, ed al termine di una giornata di studio avevo preso, per puro diletto, il 23 in direzione Bandino. Arrivati al capolinea, l'autista si rivolse ad un collega con queste testuali parole: "Beato te, che sei sull'11. Su questi filobùs(se) non c'è più sospensioni, non c'è più nulla!". Le osservazioni del conducente mi sembrarono più che giustificate: la linea 11 era servita da autobus di vario tipo, tutti in condizioni certamente migliori dei Casaro, peraltro neppure troppo vecchi all’epoca. Concordo con tuo padre: anche a me sono sempre sembrati dei veri cassoni, fin dal loro apparire sulla scena fiorentina, dalla marcia tutt'altro che confortevole, caratterizzata da continui strappi ed un forte, fastidioso sibilo. Esteticamente l'unico Casaro che mia sia mai piaciuto era quello in legno verniciato che da bambino (avevo sette anni, era il 1955) potevo ammirare, passando per via Guicciardini, nella vetrina del famoso negozio di giocattoli Menicucci, il noto ex-arbitro ed opinionista televisivo: un modello veramente ben fatto e fedele all'originale.
Eppure, ad onta delle lamentele del personale di guida, questi mezzi dovevano essere, se non altro, di una robustezza a tutta prova: giunti in Grecia in età non più verdissima, hanno continuato a circolare, accanto ai loro omologhi ateniesi, ancora per molti anni, in condizioni di traffico ben più difficili di quelle fiorentine. Nonostante la mia scarsa simpatia nei loro confronti, devo ammettere che quarant'anni d’operosa carriera costituiscono un ottimo risultato per questi mezzi ed una sicura testimonianza delle capacità costruttive dell'industria italiana del tempo, allora dominatrice assoluta a livello mondiale in campo filoviario.
E poi, a vederne le immagini su queste pagine, non nego di provare un sottile filo di nostalgia...smetto per non peccare di facile retorica.
A presto,
Paolo