Momenti epici

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Dopo la battaglia

(...)
"Ora siamo liberi" disse Fëaringel. Si avvicinò a Narbeleth e tirandola a sé con la punta sul tavolo ne trasse una nota pura e squillante. Moran gli si accostò ed impugno' l'ampia e robusta elsa di Geburah, apprezzandone il tepore. Vaiga, senza un suono, comparve nelle agili mani di Hierax.

"...liberi...", mormorò Ice Green accostandosi ai pesanti scuri della finestra. Si voltò per un attimo verso di loro, ed anche nel buio furono tutti certi che stesse sorridendo. La finestra si spalancò e la vita rientrò nella buia e fredda sala. Di colpo, il martellare delle fucine in cortile, le risate dei soldati, i rumori della giungla davanti al Forte li riportarono alla realtà.

"...liberi, sì! Liberi di seguire il nostro destino. Non di scegliere l'epoca in cui nascere, questo no. Né liberi di sapere se saremo all'altezza, o se il nostro fallimento trascinerà sul fondo tante persone quante ne innalzerà alla gloria eterna la nostra vittoria. No, non siamo liberi di fare tutto. Di una cosa però nessuno potrà mai privarci".

I suoi tre amici erano ormai dietro di lui, e guardavo insieme l'ampio tetto verde degli alberi, il mare, le isole e le montagne lontane.

"Della libertà di scegliere che cosa fare del tempo che ci viene dato su questa terra, e di lottare per essere ricordati!", terminò il mago.

"Noi nasciamo poveri", disse Hierax a voce bassa. Sembrava stesse citando una frase che aveva letto o sentito tempo prima, imparandola a memoria. "Ogni uomo non ha che queste sue mani, e muore povero, come uno schiavo. Tuttavia se qualcuno disegnerà i suoni della sua storia, costui potrà dirsi ricco".

"Si, quell'uomo potrà sicuramente dirsi ricco!" disse Moran, completando la citazione.

"E libero", mormorarono assieme Rin Galen e Fëaringel.

Il mondo, là fuori, li aspettava...


Vergato col sangue da Ossian
www.jsmoran.it/thekeepers/archives/2004_01.html

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[Modificato da Ashtarazor 16/06/2006 1.38]

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L’Obelisco di pietra


Ai piedi delle colline,
al centro di un piccolo spiazzo erboso,
leggermente rialzato al di sopra del sottile strato di nebbia,
era posto massiccio un grande Obelisco di pietra.

Alto, solenne, rosicchiato dal tempo.

Antiche iscrizioni celavano forse oscuri segreti indicibili
e i resti di roccia d'un altare di pietra granitica giacevano poco distanti.
Erano macchiati di sangue rappreso.

Nel terreno lì intorno scarno e rude
non era difficile inciampare nel teschio
di qualche sventurato mortale
o nei miseri resti di vampiri avventati.

Era notte.
Un uomo giaceva in quella radura,
riverso al suolo in una fedita pozza di sangue,
immobile mormorava qualcosa.

”Maledetti vampiri....”
forse diceva..poi perse i sensi di nuovo, accasciandosi al suolo,
forse per sempre, tra le lacere vesti.
Da lontano sarebbe sembrato soltanto un grosso fagotto di stracci.
Accanto c'era il suo fidato Martello da Guerra,
Gùthlang era chiamato, il Leggendario.

Le ombre notturne sembravano ingigantirsi alla luce di Luna
e i suoni erano solo stormire di fronde; per il resto, innaturale silenzio.
ma forse invero c'era qualcosa, che anch'essa si trascinava lenta dal bosco
o invece qualcuno s'avvicinava dal fiume, poco distante.

L'Obelisco però,
impassibile e vecchio,
osservava solenne,
dominando quel mondo di ombre,
indifferente.

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(…)
“Eravamo vicini ad un sistema binario.. due stelle.. di cui una pulsar
Quel vascello ci stava in scia da non so quante ore..
ci aveva danneggiato il generatore di campo dell’iperguida..
Non potevamo fare il balzo nell’iperspazio e non riuscivamo a tenere più di 8 nodi/sec
avevamo perso uno scudo deflettore e i sistemi d’arma principali erano sovraccarichi..

C’era sempre dietro..
quella nave..
Era l’Agamènnon, una corsara... di classe decisamente superiore, un tre ponti di almeno duecento uomini…
Non conoscevo il capitano. Non l’avevo mai visto prima..
Ma forse lui conosceva me...

Avevo provato tutti i trucchi che sapevo per distanziarli.
Tutta l’energia ausiliaria era canalizzata per aumentare spinta di flusso e curvatura.. lanciati al massimo lungo una geodetica gravitazionale di tutto rispetto, ma loro ancora non ci mollavano.
Minuto dopo minuto, il vascello accorciava il distacco.
E noi potevamo andare solo diritti, per non perdere l’abbrivio, distanziarli in lunghezza e cercare di rimanere fuori tiro.

Poi nel quadrante di prua ricomparve quel sistema doppio. Un gran casino.
Per la fretta e i disturbi indotti ai sensori, avevamo commesso un errore di rotta e ora l’avevamo proprio in rotta di collisione.
Una delle due stelle era dannatamente piccola, una trottola impazzita che succhiava materia a quell’altra..
Un gradiente di marea da tempesta di plasma, parola mia.
E tutt’intorno, vortici e filamenti di polveri, materia e gas incandescenti, e un disturbo di campo che non vi dico.
Assurdo passarci in mezzo, anche trovando un canale d’entrata decente.

Stavo già passando a una geodetica meno pendente per mettere in panna e dare il segnale di resa,
quando mi accorsi che quei maledetti ci avevano già “agganciato”...
Siluri protonici.
Quei dannati non ci volevano catturare.
Ci volevano morti.

Dico, un mercantile della federazione..
non so perché...
Li evitammo per un soffio..

Non avevamo più speranza di uscirne in quelle condizioni.
Allora deviammo e ci lanciammo dritti nella tempesta.
Una pazzia, ma almeno lì non ci avrebbero seguito..
Individuammo un varco tra i vortici di materia e c’infilammo dritti verso il cuore del mostro, sperando di far perdere le tracce e tornarne poi fuori in qualche modo senza arrostirci troppo presto.

Tutta la potenza a scafo, scudi, deflettori frontali e sistemi vitali, attivammo i sensori dinamici per la navigazione di scandaglio, per tracciare le zone e i cunicoli meno densi, un po’ come si fa nei campi d’asteroidi..- lo sapete no? -
e al tempo stesso dovevamo cavalcare radialmente le onde d’energia pulsante, come nelle peggiori tempeste ioniche.


E invece niente. Non ci mollava quel bastardo. Ci stava sempre dietro. A velocità ridotta e col rischio d’ingavonarsi e colare a picco ad ogni onda traversa... grosso almeno dieci volte più di noi.
Più stabile ma meno agile. Certo il loro scafo poteva resistere più a lungo..

Sul ponte, i parametri critici aumentavano a vista d’occhio. Non so come ho fatto a stabilizzarli per tutto quel tempo.
La navigazione era al limite dell’impossibile.
E loro erano sempre dietro, proprio nel nostro stesso canale.
E ci sparavano addosso.
Pazzi.
In quelle condizioni.
Roba da innescarsi dietro onde di trascinamento tali che avrebbero spazzato via tutti quanti, noi e loro insieme.

Scudi all’80%

Allora tentammo il tutto per tutto, l’ultima chance che avevamo: seminarli passando attraverso il sistema binario stesso, proprio in mezzo alle due stelle, nella bocca del mostro.
Calcolammo una traiettoria con cui avremmo seguito la loro reciproca rotazione a spirale, sfiorando appena l’orizzonte energetico critico di entrambe le stelle, per arrivare dall’altra parte nel minor tempo ed esposizione possibile..
Tracciammo la curva
Era dannatamente difficile la faccenda, ma c’incanalammo lo stesso, in quel “tunnel”.
E i maledetti dietro.
Gli scudi al 70%.
e una volta dentro, accadde l’imprevisto: dovevamo fare un’ulteriore correzione per non perdere la traiettoria.
Fummo costretti a rallentare.
Ben presto gli scudi scesero al 40%
Il vascello dietro di noi si avvicinava sempre di più.
scudi al 30%
Eravamo in trappola.

Il vascello attivò i sistemi d’armamento.
Eravamo carne da macello.
Ci aspettavamo di esplodere da un momento all’altro.

Fu a quel punto che il cannoniere della nostra torretta aprì disperatamente il fuoco contro di loro.
Ma colpì appena lo scafo di prua e causò soltanto un lieve sovraccarico nei loro scudi frontali.
Ci preparammo alla fine.
Passarono degli attimi di pura angoscia.
Il vascello però rimase stranamente silenzioso, indeciso.
Poi d’improvviso, s’inclinò su un lato e prese a scivolare lentamente alla deriva.
Dopo pochi istanti, i miei uomini lo videro scomparire risucchiato nell’abisso, inghiottito per sempre da un getto di plasma stellare.

Così, tradito dal sovraccarico di un semplice scudo deflettore, nel fuoco senza tempo delle stelle, scomparve in un istante la maledetta Agamènnon, col suo pazzo capitano e tutto l’equipaggio, duecento uomini e più…

Noi invece riuscimmo a scampare da quell’inferno appena in tempo…
senza scudi, con lo scafo terribilmente rovente e danneggiato, quasi semidistrutti,
ma ancora vivi, liberi, col carico e una bella storia da raccontare…
…

Ora però, signori,
immagino che dovremmo parlare un po’ d’affari, non credete anche voi?”



Sean O’Conner Alkijon
Umano, ex contrabbandiere, un tempo conosciuto come Jack il fortunato..

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Scritto da: monfa72 19/06/2006 17.39
Ciao ragazzuoli.
Voi tutti ormai lo dovreste sapere che io mi travesto spesso da master "alternativo"... basta ricordarsi quel mio post in cui racontavo come "costringevo" i giocatori ad inventarsi delle vere e proprie formule magiche in rima per far attivare gli incantesimi :
Questi vs ultimi post mi hanno fatto ricordare un altro particolare: ai bardi, io, li faccio cantare e pure danzare!
La cosa è nata così: il Ferro doveva attivare un incantesimo di "Muta forma" e non riusciva a trovare la una rima decente... pensa che ti ripensa e ad un certo punto schizza dalla sedia, ci guarda e sogghigna: mimando nelle mosse e nella voce Piero Pelù comincia a cantare "...E' il mio corpo che cambia, nella forma e nel colore... è in trasformazioooneeee!" Scoppiammo tutti a ridere, ed al Ferro appioppai un quantitativo astronomico di PE per l'iniziativa.
Da quella sera giocare con i bardi è stato molto più divertente.
Meditate gente, meditate.

Monfa

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“ Ebbene.. Schiere di Valinor.. Avete dunque udito voi stessi!
La Guerra d’Ira è compiuta!
Gioite! ed esultate! Poiché grande è stata la Lotta contro le insidie dell’Ombra.
A voi, Uomini valorosi, affideremo di nuovo la Terra.
Conservatela e tenetela monda.. poiché Varda, signora delle Stelle, è con voi!
I Valar benedicono.. e proteggono.. il vostro cammino sotto il cielo.
Andate dunque.. figli benedetti d’Iluvatar..
e ripulite la terra dalle nequizie rimaste..

Noi.. qui.. abbiamo finito. ”

Tuono' la voce di Eonwe. All'inchino di Ronan, fecero seguito quelli di Lasya e Meriel ed Arhiael e di tutte le comparse che, timidamente, avevano riguadagnato la scena.

Lentamente, il maestoso sipario rosso, inizio' a chiudersi, fino a lasciare tutti gli Aranrim nel buio.

"Non ancora, ragazzi, non ancora...non abbiamo...ancora...finito..." disse Lossadan digrignando i denti in un ultimo sforzo.

Il sipario si riapri' quasi di colpo, e Lossadan si tolse l'elmo, imitato da Ronan ed Arhiael. Si inchinarono ad una folla che si stava letteralmente spellando le mani per gli applausi. Fecero tre inchini, profondi e lenti, seguiti da altrettanti scrosci di applausi. Fiori volavano sul palco e la gente urlava per l'emozione. Gli Aranrim si sforzarono di sorridere compiacenti, come se fosse stato tutto previsto, e tutti notarono la Contessa ed il Conte in piedi, che battevano le mani in segno di approvazione.

Dopo il terzo inchino, con gli applausi che ancora continuavano, tutto il cast sali' sul palco, e tutti gli Aranrim, con Lossadan e Meriel al centro, tenendosi per mano in una lunga fila, eseguirono altri tre lunghi inchini, molto meno formali, alzanod le mani al cielo tra uno e l'altro.
Dopo questi inchini, finalmente, il sipario si richiuse, per l'ultima volta, sul palco dei "Monaci Bianchi".

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