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Capitolo 2 - I preparativi

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2007 23:10
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ROWEENA
Roweena ringraziò per il cibo e per la gentile idea di portarlo in camera di Leveret. Aveva fame anche lei. Promise che quando avrebbero finito avrebbero chiamato Hildor e si sarebbero recati da Sire Elrond.

Rimasta sola con Levert gli spiegò chi era Sire Elrond, e gli disse anche della guardia armata alla porta. Forse qualcosa turbava questo regno di pace.

Quando ebbero finito di pasteggiare, Roweena si sistemò gli abiti e cercò di rendersi il più presentabile possibile, poi chiese a Leveret se se la sentiva di camminare da solo.

Poi si avviò verso la porta.

[Modificato da silmie 19/04/2007 20.47]

Silme calyëa tiellma
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LEVERET

Quando l’elfo entrò nella stanza, Leveret sgranò gli occhi, e sul suo viso si impresse quella che sarebbe dovuta essere un’espressione di stupore, mentre invece la sua cicatrice la trasformò in un orribile ghigno.
Mai prima d’ora Leveret aveva visto un elfo. Seguì ogni suo movimento con occhi rapiti, come un bimbo segue con o sguardo il suo aquilone che si libra nel cielo.
Ammirò la grazia e l’eleganza dei movimenti di quell’immortale, il suo portamento, la sua beltà... Quasi non ringraziò del cibo che gli venne offerto, tanta era la sua meraviglia.
Quando l’elfo fu uscito, iniziò a mangiare avidamente, ingozzandosi con la zuppa e le fragranti fette di pane. Prestò poca attenzione alle parole di Roweena, che gli narrava di Elrond e di Granburrone, concentrato com’era sul suo pasto. Fra una cucchiaiata ed un boccone di pane, uno strano pensiero gli si formò nella mente: quell’elfo era tanto aggraziato nei movimenti e nei gesti quotidiani... chissà come sarebbe stato eccitante trovarselo innanzi in un combattimento. Chi avrebbe avuto la meglio? La i movimenti rapidi ed eleganti dell’elfo o la sua fredda e spietata tattica, accompagnata da una buona dose di “trucchetti”. Al pensiero ridacchiò e per poco non si strozzò con il cibo, cominciando a tossire e sputacchiando qua e là sul candido lenzuolo di lino pezzi di verdura masticata.
Quando ebbe terminato la zuppa bevve un lungo sorso di un vino speziato, si asciugò il mento unto e sudicio prima con il dorso della mano e poi con il lembo del lenzuolo. Vide quindi Roweena che si alzò e si diresse verso la porta. Che si fosse impressionata dal... suo galateo? *Bhé, affari suoi... Ah, no! Deve andare a chiamare... chiamare... Mha, un elfo. Sarà bene che mi vesta.*
Senza aspettare che la ragazza fosse uscita, provò ad alzarsi, e si accorse che le forze non gli mancavano. *Quell’elfo... Elrond, il capo, - pensò – ha fatto proprio un bel lavoro. Guarda qua, non si direbbe che mi sia scontrato con un troll!* e si diede una vigorosa pacca su di una coscia. Si diresse verso la sedia ove erano ripiegati i suoi abiti, assolutamente incurante di Roweena. Leveret, privo di ogni pudore, ora che si era spogliato delle lenzuola, appariva in tutta la sua nudità. Il corpo era asciutto e muscoloso, ma ricoperto da profonde cicatrici, segno dei molti combattimenti che aveva affrontato. Prima di indossare i suoi panni, si fermò ad ammirare nuovamente la sua vecchia cappa. Il blasone di Tharbad pareva che lo sfidasse, ributtandogli addosso il peso dei ricordi.
Quando fu vestito di tutto punto si rivolse a Roweena dicendole un po’ rudemente: “Bene, ofa fono pfonto. Poffiamo andafe da quefto Elfond.”

[Modificato da monfa72 20/04/2007 19.24]

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I due vennero guidati da Hildor verso l'edificio principale della tenuta, scortati dalla guardia che si teneva qualche passo indietro.
Mentre attraversavano il giardino illuminato dal caldo sole estivo, notarono un elfo e due uomini, intenti evidentemente a discutere. Il più alto di loro, un uomo scuro di capelli, sembrava discutere animatamente con l'elfo, il quale rispondeva pacatamente alle sue argomentazioni. La terza figura era in silenzio, le braccia incrociate e lo sguardo pensoso fisso a terra.
Quando si avvicinarono, interruppero la loro discussione e si volsero, restando immobili mentre passavano a pochi metri da loro.
Qualcosa nei loro sguardi fece improvvisamente pensare a Roweena che forse i tre stavano parlando proprio di lei, ma scacciò il pensiero immediatamente, come una mosca molesta.

Giunsero infine alla loro meta, e si fermarono davanti ad una porta di legno scuro, presidiata da Hilvanar.
Haldir bussò lievemente, aprì la porta ed entrò, seguito da Leveret e Roweena e dalle due guardie, che richiusero la porta dietro di loro e rimasero immobili ai suoi lati.
Ora erano al cospetto del Signore di Gran Burrone.

Se i due si aspettavano una residenza sfarzosa, rimasero delusi: l'arredamento della stanza era confortevole, ma semplice e pratico. Le travi di legno scuro e le finestre ad abbaino donavano all'ambiente un calore ed una intimità inaspettate.
Roweena e Leveret videro un alto uomo, in piedi vicino a loro che li osservava: simile eppure dissimile da quello che avevano visto pochi minuti prima, sembrava più vecchio.
Accanto a lui un elfo, la bionda chioma che gli cadeva sulle large spalle e gli occhi azzurri che li fissavano, freddi.
Le sue membra erano muscolose ed agili, e Roweena si stupì che una creatura che esprimesse tale forza riuscisse ad essere anche un guaritore di tale bravura.
Alla ragazza sembrò però di vedere per un momento una tenue luce illuminare il volto dell'elfo, qualcosa che mai aveva visto in un essere vivente, una luce che illuminava anche i suoi occhi attenti. Si convinse che un grande potere era nascosto in lui, e che forse era quella la spiegazione dei suoi straordinari talenti di guaritore.

Quando una terza figura entrò nella stanza, Roweena comprese di aver commesso un errore: Elrond, li guardò in silenzio con i suoi profondi occhi grigi.
Ora la ragazza poteva quasi sentire il grande potere che si sprigionava dal mezzelfo, una figura che sommava in sè la forza ed il vigore di un grande guerriero, alla saggezza ed alla sapienza di un vecchio studioso.
A differenza dell'elfo, il cui volto non tradiva il lento ed inesorabile passare del tempo, i lineamenti di Elrond sembrano testimoniare le tante ed incredibili vicende che il Signore di Gran Burrone aveva vissuto nella sua lunga vita.
Ma non erano rughe, o cicatrici che ne segnavano il viso od il corpo, ma piuttosto una luce nello sguardo, tale da infondere soggezione e rispetto ai suoi interlocutori.

Con un cenno li invitò ad avvicinarsi:

"Vedo con piacere che il riposo e l'aria di Gran Burrone hanno giovato al coraggioso guerriero che abbiamo raccolto due notti fa."

Sorrise, e tutta la tensione che improvvisamente aveva afferrato Rweena e Leveret scomparve; indicò gli altri due occupanti della stanza:

"Questi sono Halbarad e Glorfindel, due fidati amici del cui consiglio cerco di non privarmi mai. Voi chi siete, e come siete giunti fino alle porte del nostro rifugio?"
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ROWEENA
L'aura emanata dagli elfi aveva messo Roweena in una posizione di riverenza e soggezione. Si sentiva onorata di essere ammessa alla loro presenza e nonostante l'educazione che aveva ricevuto si sentiva imbarazzata. Ma bastò un sorriso del terzo elfo al farla tornare coi piedi per terra. Sire Elrond era come loro eppure diverso. Qualcosa in lui ispirava confidenza, ma era giusto, da quel grande guaritore che era. Cominciò a pensare che da un certo punto di vista, trovarsi qui a Gran Burrone poteva essere un occasione per lei di imparare. La sua professione oramai era tutto ciò che le restava, e forse...

Ma ora le era stata posta una domanda e da quello che aveva visto di Leveret, aveva capito che non era all'altezza di sostenere una conversazione con esseri di tal levatura, quindi prese la parola. In fondo, a casa, era stata educata per succedere al padre e sapeva come comportarsi, anche se a dirla tutta i signori che si presentavano alle porte di Elgaer non erano certo elfi. Si inchinò a Elrond e disse:

"Buongiorno, sire Elrond, sono Roweena di Elgaer," Poi indicando Leveret continuò "E questi è Leveret, un guerriero. La strada che mi ha condotto a incontrare questo prode guerriero e ad approdare al vostro rifugio è presto detta.
Ho lasciato la casa di mio padre per cercare il mio maestro al quale avevo affidato ben più della mia educazione"
Il suo tono divenne quasi sommesso nel parlare di Garland "Ma sono incappata nel più grande errore della mia vita. L'avevo trovato, ma al primo segnale di pericolo se l'è data a gambe. Il nostro avvampamento è stato assalito da un troll. Stavo per assistere alla mia fine quando questo prode cavaliere mi ha soccorso. Purtroppo però il troll era più forte di lui, nonostante il suo coraggio, soccombette ben presto. Per la seconda volta mi credetti spacciata quando arrivarono Hilvanar e Ascarnil. Ho prestato le prime cure a Leveret, sono una guaritrice anche se non sapiente come voi, e siamo stati accompagnati qui"

Tacque per sentire la risposta di Elrond con la segreta speranza che le dicesse qualcosa sul suo operato.
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21/04/2007 19:05
 
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LEVERET



Giungendo a quella che si aspettava essere una sfarzosa stanza del trono, restandone, però sorpreso dalla semplicità degli arredi, Leveret aveva avuto modo di intravedere parte dei giardini di Gran Burrone: in quel luogo segreto pareva regnare una sorta di magica protezione climatica. Se sulle montagne incombeva la brutta stagione ed in alcuni passi vi era anche la neve, li pareva al massimo un dolce autunno. Sotto splendidi pergolati e riposanti chiostri aveva poi notato la presenza anche di uomini e non di soli elfi. Cos’era, dunque, questo Gran Burrone? Una sorta di porto franco per tutte le razze?



Come detto, la sala del trono appariva più come una sobria stanza ove un padrone di casa intratteneva gli ospiti graditi. I due personaggi al fianco di sire Elrond, Halbarad e Glorfindel, avevano attirato la sua attenzione solo per un attimo, perché al comparire del mezzelfo, questa fu tutta per lui. Sebbene Leveret non ignorasse qualunque nozione di magia, della natura elfica e delle sue meraviglie, percepì una grande forza scaturire da Elrond.
* Le storie che ho udito narrare – pensò – dicono che gli stregoni riescono ad incantare gli uomini con un semplice sguardo... eppure quest’elfo non mi pare... malvagio. Oppure la sua furbizia sta proprio in questo? Apparire saggio e caritatevole per poi stregarti? *
Eppure Leveret era pervaso da uno strano senso di benessere, le sue inquietudini ed i suoi tormenti, almeno per ora, parevano dissolti come la bruma ai caldi raggi del sole.
Ascoltò distrattamente le parole della ragazza, cercando di osservare meglio i tre personaggi che aveva innanzi, per cercare di capirne dal loro aspetto e per sincerarsi che i loro sguardi non si soffermassero troppo sulla cicatrice che gi deturpava il volto.
Quando Roweena ebbe terminato di parlare, Leveret non attese che pochi istanti per parlare a sua volta.
Non si inchinò, non fece nessu gesto di referenza, questo non perché fosse un impudente ed un insolente, ma semplicemente Leveret non credeva più in nessu potere od ordine costituito. Quell’elfo poteva anche essere un re, lo chiamavano sire, anche se dall’aspetto non lo si sarebbe detto, ma certamente rappresentava un potere in cui lui non si riconosceva. Aveva smesso da tempo di inchinarsi di fronte ai signori degli uomini, perché avrebbe dovuto farlo innanzi ad un re di un’altra razza?

“Come ha già detto la ragaffa, il mio nome è Leferet, ed il mio meftiere è l’arme. Non conosfo quefta donna, ero diretto... – in realtà non era diretto da nessuna parte in particolare quando si imbatté in Roweena – ...a fud, quando una fera ho fcorto il fuo bifacco e ho cercato un po’ di riftoro. Poi dal bofco irruppe quel gigantefco effere, ed io...”

Leveret si interruppe titubante. Non voleva rivelare il vero motivo del suo intervento, cioè che per un attimo nella sua mente era apparso uno dei fantasmi del suo passato, e come colto da un raptus si era gettato, spada in pugno, contro il troll per salvare un’altra donna, morta da più di dieci anni. La fronte gi si imperlò di goccioline di sudore. E se quell’elfo fosse stato in grado di leggergli nella mente? Aveva udito di tali poteri: molti asserivano che la razza primigenia fosse capace di leggere i pensieri degli umani.

“...e... Ecco... sono... fono interfenuto. Mi è ftato detto, poi, che la creatura mi ha abbattuto con poco fforfo, e che fono apparfi in feguito due dei tuoi guerrieri e che l’hanno uccifa falfandoci. Mi è anche ftato riferito che la mia pronta guarigione la debbo a te. Fo che in questi tempi cofì trafagliati neffuno fa nulla per nulla, e tu mi hai accolto, curato e rifanato... Non poffeggo falori, tutto quel che ho è in quefto braccio. Fe la mia lama può efferti utile in tempo di guerra o... in tempo di pace, – lo disse con un filo di voce, per dar capire ciò che non era lecito dire – no hai che da chiedermelo.”

Leveret era un uomo vissuto e pratico. Aveva speso tutti i suoi anni con la gente della peggior specie: farabutti, taglieggiatori, ladri, assassini... e quando finalmente aveva trovato un briciolo di serenità... le era stato strappato dal crudele destino. Tutte le sue vicissitudini, tutte le avversità che aveva dovuto subire sin dalla nascita lo avevano reso freddo e cinico.

[Modificato da monfa72 21/04/2007 19.07]

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23/04/2007 15:02
 
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Il mezzelfo osservò per un istante Leveret ed i suoi occhi grigi si strinsero mentre valutava attentamente il suo interlocutore: il guerriero sentì un grande peso improvviso gravare sulla sua mente. Un peso che gli impediva persino di parlare e di muoversi, si sentiva nudo ed indifeso di fronte al Signore di Gran Burrone: tutta la sua spavalderia, il suo cinismo, il suo coraggio, e la sua determinazione scomparvero, sciolti come neve al sole.
Ora era solo un bimbo spaurito di fronte al suo severo genitore, che stava valutando la sua ultima ragazzata e decidendo se punirlo o perdonarlo.

Quando, dopo un tempo che gli parve interminabile, gli occhi di Elrond si distolsero da lui, Leveret non potè fare a meno di emettere un sospiro di sollievo: la terribile morsa che lo attanagliava la aveva finalmente abbandonato.

"Molto bene." disse il mezzelfo con voce rilassata e cordiale, "Apprezzo la tua offerta, che mi pare sincera e disinteressata. Non la dimenticherò."

Si volse di nuovo verso Roweena e Glorfindel le porse un piccolo biglietto:

"Ascarnil ha trovato questo biglietto nel vostro accampamento." le disse l'elfo con voce piatta "Che cosa puoi dirci al riguardo?"

La ragazza lesse rapidamente ciò che gli era stato porto:

7, norui
Il nostro rifugio è stato violato: i dùnedain hanno riconquistato ciò che era stato loro sottratto ed hanno quindi potuto ottenervi informazioni su ciò che cerchiamo.
La nostra ricerca non deve essere disturbata, per cui recati subito al Luogo d’Incontro: il giorno di Mezzo Anno vi troverai le tue istruzioni.
Conosci la ricompensa per il fallimento

D.
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ROWEENA
Roweena lesse diverse volte il biglietto. Non riusciva a capire. Era persa in quelle parole. Non riconosceva la calligrafia e il tono di quelle parole le metteva i brividi addosso. Al campo non c'era nessuno tranne lei e Garland, quindi se non era suo doveva appartenere a...
No, non era possibile... ma tutto combaciava.
Quei 'Non dovevi venire' che Garland ripeteva dacchè si erano rivisti. Non era chi diceva di essere.
E questo fu per lei come uno schiaffo ricevuto in piena faccia.
Sul suo volto si potevano leggere stupore, sospetto, paura, delusione e amarezza.
Ci impiegò un po' di tempo prima di rispondere. Le sue parole riflettevano tutti i sentimenti che si accavallavano in lei.
"Mi dispiace non sapere nulla di questo biglietto. Io mi fidavo ciecamente della persona che era con me."
Poi con un tono più dimesso continuò "Ne ero innamorata. Ma già dal momento in cui mi sono presentata al campo mi continuava a ripetere che non avrei dovuto seguirlo. Purtroppo sono sempre stata avventata, e ora ne pago le conseguenze. Affidare il mio cuore a una persona che..." Non riuscì a trovare le parole per finire il pensiero.
Dopo una breve pausa continuò: "Si era presentato al castello di mio padre. Era ferito. Lo aiutai e in cambio mi insegnò molte cose sull'arte della guarigione. Grazie a lui appresi come trattare diverse ferite e anche la magia che guarisce, ma non mi aveva mai parlato del suo passato. O almeno di quello più recente. Mi raccontava del suo apprendistato e di tutto quello che faceva da bambino, ma ora che ci penso non mi ha mai detto dove fece questo apprendistato nè il paese in cui era nato." Parlò di getto, senza neanche rendersi conto che stava in pratica raccontando tutta la sua vita a degli sconosciuti, ma la fiducia che provava nei confronti di sire Elrond non le permetteva di tralasciare nulla.
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24/04/2007 00:28
 
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Elrond le prese le mani e la fissò intensamente.
Roweena era incapace di muovere un muscolo e Leveret vide che impallidiva e si irrigidiva mentre il mezzelfo ne studiava ogni piccolo, impercettibile movimento.
Il guerriero stava per intervenire, quando un gesto imperioso di Glorfindel lo dissuase dall'intromettersi; attese quindi nervosamente che il Signore di Gran Burrone la lasciasse andare.
Evidentemente le stava riservando lo stesso trattamento che era toccato a lui.

Elrond rimase a lungo in silenzio, ponderando le parole di Roweena, poi finalmente la lasciò, e riprese a parlare:
"Il tuo cuore è sincero, dama Roweena." disse con un lieve sorriso alla ragazza.

"Il biglietto accenna ad una questione che per noi riveste una grande importanza" proseguì,
"e sento che tu sei legata, tuo malgrado, a tale questione."

Elrond si avvicinò alla finestra, i cui vetri erano illuminati dal sole mattutino:

"Ora di fronte a te si aprono due strade, Dama Roweena: tornare da dove sei venuta oppure intraprendere un viaggio lungo, oscuro e pericoloso per capire chi vuoi diventare. Dove porti questo cammino neanche i miei occhi possono vedere. E la scelta spetta solo a te."


La sua voce si era fatta improvvisamente stanca, e malinconica, ed il sorriso con il quale le parlava sembrava triste.

"Cosa farai ora, ragazza del nord?"
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ROWEENA
Il contatto con Elrond lasciò Roweena spossata. Era sicura che le avesse letto ogni suo recondito pensiero, e che sapeva già la risposta. Ciononostante si prese qualche momento per riflettere. La prospettiva di dover incontrare di nuovo Garland non le faceva fare salti dalla gioia, ma forse doveva a se stessa qualcosa. L'uomo era fuggito e lei si era sentita amputata di qualcosa e non era giusto. Se voleva riaggiustare i cocci della sua vita, avrebbe dovuto agire e non tornare da suo padre con la coda tra le gambe. Quest'ultima prospettiva la fece inorridire ancora di più. Dare ragione a suo padre? Questo mai! Piuttosto il cammino doloroso. Ma mai, mai, mai e poi mai tornare indietro. Indietro sapeva cosa l'aspettava: un matrimonio forzato con qualche vecchietto e una vita piatta. Davanti l'incertezza. Ma anche una possibilità.

Un sorriso le si apri sul volto: "Se sono legata a qualche questione che riguarda... quell'uomo e se questo cammino mi darà la possibilità di dare altro senso alla mia vita, ebbene, che sia. Le difficoltà non mi spaventano e il mio cuore, per quello che lo conosco, è retto. La possibilità di tornare indietro non la contemplo neanche. Se posso aiutare... Tuttavia posso fare ben poco da sola." fece un leggero inchino agli elfi e guardò verso Leveret, l'unico essere che conosceva, anche se da pochissimo, ma in fondo le aveva già salvato la vita e questo era già molto.
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Yeras
Yeras camminava per uno dei numerosi corridoi esterni di Imladris fiancheggiato da Olin e rimuginava sugli avvenimenti della precedente giornata e sulla notizia che Meneldir aveva riferito al gruppo:
*Isilion e Gwaeron non prenderanno parte alla spedizione*
In seguito a quella affermazione, erano scaturiti lunghi ed accesi discorsi che li avevano portati a rimanere svegli fino a tarda sera; alla fine i cinque compagni si erano ritirati a dormire nelle loro stanze senza che la situazione fosse minimamente cambiata.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il nano interruppe il silenzio e, continuando a camminare, disse:
Mi sembri molto dispiaciuto, Yeras.
Il giovane ramingo rispose con una sorta di roco “Si …
Fattene una ragione”, proseguì Olin “ormai tutto è deciso: io, te, Meneldir e Kithomir partiremo per Khazad–dum mentre Isilion e Gwaeron seguiranno la via per l’Agrifogliere con un compito diverso dal nostro se pur parallelo.
Questa mi sembra l’unica cosa chiara” rispose Yeras “il resto mi appare totalmente oscuro.
Ad ogni modo hai ragione, inutile rimuginare ancora sulla separazione del nostro gruppo … tant’è!

Continuarono a camminare in silenzio fin quando non giunsero in prossimità di un ampio giardino illuminato dal sole estivo. Li trovarono Meneldir intento a discutere con Isilion. Gwaeron era al loro fianco, silenzioso, con le braccia incrociate.
Al loro sopraggiungere la discussione cessò immediatamente.
Abbiamo interrotto qualcosa?” chiese il nano rivolto a Meneldir.
No … non direi.” rispose il dunedan scuro in volto
Di cosa stavate parlando, se ci è concesso saperlo” incalzò Yeras
Beh … stavo dicendo ad Isilion che credo sia …” Meneldir fu bruscamente interrotto da Gwaeron. Il taciturno Uomo del Nord disse soltanto: “Sta arrivando l’Uomo del Sud”.
I Cinque compagni si girarono seguendo la direzione dello sguardo di Gwaeron: Kithomir si stava avvicinando con passi lenti, ma lunghi.
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Kithomir
Kithomir camminava tranquillo senza accorgersi di essere diretto verso un gruppo di persone. Percepi', prima di vedere, la presenza di un gruppo di persone davanti a se. Un grande giardino, normalmente allietato dal canto di piccoli uccelli, stranamente silenzioso. Senza allarmarsi troppo (dopotutto era a Rivendell) prosegui' e oltre una curva vide Yeras, Olin, Meneldir, Isilion e Gwaeron.

*Ecco i miei amici del cuore...gia' da qui sento l'affetto dei loro sguardi* commento' tra se e se.

"Bentrovati, signori"

*No. Non amici. Non ancora. Forse mai*

"Spero di non avervi interrotto in un momento delicato" disse senza celare un certo imbarazzo.

*Questi sono amici che si sono salvati la buccia a vicenda non so quante volte. Ed ora che due di loro se ne vanno per la loro strada vengono sostituiti da un perfetto estraneo*

"Io...passavo di qua. Volevo un po' schiarirmi le idee. Il Consiglio e' stato faticoso e molto lungo, e credo che la testa faccia male un po' a tutti a forza di pensare"

"Non scusarti, ragazzo. Stavamo solo parlando un po'. Comunque, e' la stessa faccenda che riguarda te, quindi tanto vale che resti" commento' Olin

"Se vuoi una risposta schietta vai da un Khazad...Quant'e' vero! Beh, grazie, allora"

Gli altri, a parte forse Yeras, non sembravano tanto felici della presenza di Kithomir, ma cercarono di non darlo a vedere. Tuttavia, la conversazione non riprese e tutti rimasero persi in un silenzio vagamente imbarazzato.

"Pensavo...ecco, pensavo che tutto il Consiglio sia stato come un estenuante tentativo di infilare un palo quadrato in un buco tondo"

Olin sorrise. Incoraggiato, Kithomir prosegui'.

"Avevamo davvero poche informazioni, e ancora meno tempo per discuterle. Molti interessi in gioco e, temo, non tutta la fiducia reciproca che servirebbe in queste faccende" disse guardando Meneldir.

"Comunque, non posso biasimare nessuno per quello che e' successo. Speravo che la sola fiducia di Sire Elrond bastasse a giustificare la mia presenza, ma pare non sia cosi'"

"E' tutto a posto, uomo del Sud...Kithomir...Nessun rancore" disse Meneldir. Anche se non sembrava del tutto sincero, Kithomir apprezzo' lo sforzo.

"Grazie...Nemmeno io sono stato del tutto sincero, sebbene il mio riserbo sia dovuto piu' ad ordini dall'alto che a una mia scelta. Comunque, volevo scusarmi se sono stato troppo sarcastico o supponente, al Consiglio"

"Bene, queste sono invece scuse che puoi presentare, ragazzo"disse Olin soddisfatto. "E sono scuse bene accette, vero Meneldir?" concluse fissando il Dunadan.

Persino Meneldir si lascio' scappare un sorriso ed annui' al nano.

"Dovevi fare il diplomatico, Olin" aggiunse Gwaeron.

"La cosa mi da molto sollievo, signori. Vedete, per preparato che sia sull'argomento, e di esperienza non me ne manca, il mio problema e' che sono anche io, in un certo modo, in prova. Non mi e' stato comunicato ufficialmente, ma da questa missione dipende molto del mio futuro. Il solo fatto che sia deciso a rischiare la pelle intraprendendola depone a mio favore, ma come verro' giudicato dal mio Maestro al mio ritorno, beh, dipendera' da come tornero'"

"Non ho capito. Lo fai per una promozione?" chiese Yeras.

"Non proprio...o non solo. Sono fermamente convinto dell'importanza di questa missione, e la intraprendo perche' spero di fare qualcosa di buono. Ma e' anche vero che se in futuro voglio avere la possibilita' di avere altri incarichi come questo, devo comportarmi bene e dimostrare quanto valgo. Altrimenti finiro' a fare la sentinella di confine ed il cacciatore di reliquie, come molti prima di me"

"Basta che non fai scemenze e non ci metti nei guai, e che al momento giusto combatti con noi, e non contro di noi, e per me puoi seguirci anche sotto la Montagna Solitaria" rispose Olin.

"Grazie, Maestro nano. Vedrete che sire Elrond, e anche voi, non avete riposto male la vostra fiducia" concluse Kithomir con un inchino accennato.

[Modificato da Ossian77 02/05/2007 16.13]

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Il Giardino
Alle parole di Kithomir seguì un nuovo silenzio imbarazzato, e l'uomo del sud osservò ancora una volta che i suoi nuovi compagni stavano aspettando che Meneldir aggiungesse qualcosa allo scambio di battute.
Il dùnadan però rimase ostinatamente in silenzio, e solo dopo qualche altro momento lo ruppe, schiarendosi la gola:

"Prima del tuo arrivo, stavano esaminando un'improvvido sviluppo della situazione che ha scombussolato tutti i nostri piani, spingendo Elrond a chiedere ad Isilion e Gwaeron di compiere una missione per lui nell'Eriador."

Tutti potevano notare lo sforzo di Meneldir nel pronunciare queste parole, ed egli non faceva nulla per nascondere tale difficoltà. Kithomir però non potè fare a meno di osservare anche che il dùnadan ora gli parlava direttamente, in modo più schietto e diretto, senza i formalismi e le fredde cerimonie che lo avevano contraddistinto in precedenza.

"Pare che due notti fa siano giunti due misteriosi viaggiatori, i quali, soccorsi da due Elfi di Gran Burrone, siano stati trovati in possesso di un messaggio importante, scritto forse proprio dal fantomatico avversario che aveva preso possesso di Barad Eithel, l'antica dimora della mia famiglia. Io avuto la possibilità di leggerlo, e dimostra che egli conosce l'importanza del manoscritto in nostro possesso e si preoccupa che qualcuno possa intraprendere la ricerca che ci attende. Sta quindo cercando di muovere le sue pedine per impedire la nostra missione, o almeno rallentarla per il tempo necessario a precederci."
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L'alloggio del Sire
"La storia legata a questa lettera è molto complessa, e pericolosa.
Un gruppo di coraggiosi deve penetrare in un regno oscuro e dimenticato, rischiando di perdervi la vita. E deve farlo perchè un oggetto di grande potere, proveniente dai Tempi Remoti, potrebbe altrimenti cadere nelle mani sbagliate, e questo non deve assolutamente accadere.
La loro meta incute timore e reverenza: Khazad-dùm, il regno dei Nani nelle viscere delle Montagne Nebbiose ed in questo momento essi attendono di partire. Vorrei che voi li accompagnaste: hanno bisogno di qualcuno che curi le loro ferite, quelle del corpo e quelle dell'animo."


Il Mezzelfo vide che la ragazza rabbrividì, forse il terrore che emanava la destinazione della missione l'aveva colta; sorrise mentre le si avvicinava e le strinse le mani delicatamente. Roweena potè percepire la grande forza che da esse emanava: sembravano quasi brillare di luce propria.
Le parlò dolcemente:

"Potreste fare molto Dama Roweena, il mio cuore mi dice che avrete un ruolo importante in questa vicenda, anche se i miei occhi ancora non riescono a vederlo chiaramente."


Si volse poi verso Leveret:

"E voi, cosa farete, guerriero del Sud?"
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Leveret

Che cosa voleva fare...?
Che cosa voleva fare...?
Qualunque cosa pur di andarsene da quel posto pieno di elfi e di stregoni...!
Nonostante Leveret avesse provato in quel luogo, almeno per un poco, una sorta di sollievo, di pace interiore, era ora risoluto ad andarsene, ed anche il prima possibile. Non voleva restare un attimo di più fra quelle strane genti immortali, così misteriose e sfuggenti... Sentiva ancora su di se il penetrante sguardo indagatore di Elrond e quello severo e minaccioso di Glorifindel. No, no... Decisamente gli elfi non gli piacevano. Quella razza aliena lo intimoriva, si sentiva messo a nudo innanzi a loro e con la certezza che potessero leggere in lui come in un libro aperto, sino i suoi più reconditi segreti e sentimenti...
Intimorito e confuso, riuscì solo a balbettare:

“Bhe... ecco... io non ho più il mio elmo...”

Come una sferzata sulla schiena, Leveret percepì qualche cosa dentro di sé, come una scossa improvvisa che lo spinse ad aggiungere:

“Fi! Fe quefto è il preffo per faldare il mio debito... lo pagherò. Fono pronto.”

Quasi non si accorse delle parole che stava pronunciano... Ma era proprio lui a parlare? Oppure era stato quello stregone, Elrond, a mettergliele in bocca? Oppure ancora si trattava solo di autosuggestione?
Qualunque cosa fosse stata, ormai aveva parlato, ciò che era stato detto era stato detto, e non poteva rimangiarselo.
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ROWEENA
Dopo le parole di Leveret ci fu un attimo di silenzio durante il quale Roweena cercò di analizzare brevemente la situazione. La sua partecipazione alla missione cominciava ad assumere grande importanza, e questo per lei dava un nuovo significato alla sua vita, si sarebbe trovata di fronte a situazioni pericolose, forse avrebbe dovuto anche combattere e questo sicuramente la spaventava, non era avvezza all'uso delle armi. Ma la possibilità di essere un sostegno allo spirito e al corpo di prodi avventurieri la stuzzicava. Non ultimo il fatto che forse avrebbe rincontrato Garland, e stavolta però sarebbe stato su due fronti opposti: non più confidente, maestro e amante, ma avversario. Sapeva che questa sarebbe stata una prova enorme, ma in qualche modo doveva mettere qualcosa tra lei, il ricordo che aveva di quella persona e quello che era veramente. Solo in questo modo sarebbe stata poi libera di conoscere di nuovo l'amore. Un ultimo pensiero andò al gruppo di persone che avrebbero dovuto affrontare la prova, Leveret si era già messo a disposizione ed era un abile guerriero, sperò che anche gli altri lo fossero.

"I Valar ci tolgono e ci danno molte opportunità. Sto per coglierne una, anche se con grande paura. Ma in qualche modo sento che questa è la mia strada. La mia maggior paura è di non riconoscere i richiami, e questo sono sicura è uno di quelli. Sono pronta anch'io."

[Modificato da silmie 04/05/2007 15.19]

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Kithomir
In giardino

"Uno sviluppo interessante...Non sarebbe male fare due chiacchiere con questi viaggiatori. Potrebbero avere delle informazioni importanti" disse Kithomir "E' possibile organizzare un incontro? Mi piacerebbe vedere chi sono, e magari capire in che rapporti sono con il nostro sfuggente avversario"

"Cosa vorresti chiedere loro?" disse Yeras

"Non so...Immagino solo fare due chiacchiere. Se Sire Elrond ha gia' parlato con loro, facciamo prima a chiedere la sua opinione sulla bonta' delle loro intenzioni. Tuttavia, facendo le domande giuste potremmo scoprire se hanno informazioni importanti per noi, magari cose che a loro sembrano dettagli e che a noi possono dare un indizio, una pista da seguire. Inoltre...beh, anche il messaggio va valutato con cura. La fretta non ci manca, sopratutto ora che sappiamo questa cosa, ma abbiamo a che fare con un bastardo astuto. Non conosco il testo del messaggio, ma spero che non sia un indizio lasciato volutamente per metterci fuori pista..."

Disse Kithomir parlando piu' a se stesso che agli altri.
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In giardino
Meneldir si fece sfuggire una risata, e Kithomir per la prima volta vide che dietro la maschera di durezza ed austerità del dùnadan c'era anche uno spirito allegro, pronto a saltar fuori appena l'occasione lo permetteva:

"Beh, Sire Elrond ci ha convocato tutti per un incontro nel pomeriggio, e qualcosa mi dice che ti toglierai assai presto la tua curiosità, Messer Esploratore."

L'Uomo del Sud notò il tono leggermente canzonatorio dell'ultimo appellativo rivoltogli da Meneldir, ma la pacca che ricevette sulla spalla ed il largo sorriso che l'accompagnava lo convinsero che il suo interlocutore lo aveva finalmente ammesso nel gruppo, almeno per il momento.
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10/05/2007 20:30
 
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Sala del Consiglio
All'ora convenuta i compagni si ritrovarono di nuovo nella Sala del Consiglio, dove vi trovarono Halbarad ed i due misteriosi viaggiatori.
Tutti notarono l'imbarazzo della ragazza ed il nervosismo dell'uomo che l'accompagnava, ma nessuno parlò e tutti presero posto silenziosamente.
Meneldir si era seduto di nuovo vicino al suo congiunto e tamburellava nervosamente le dita sul tavolo.
Il viso di Isilion sembrava invece sereno ed imperturbabile, e come al solito contrastava vistosamente con l'espressione seria e assorta di Gwaeron ed Olin.
Mentre attendeva l'arrivo del Sire di Gran Burrone, il nano si tormentava la barba e sbuffava vistosamente. I suoi occhi scuri scrutavano al difuori degli eleganti pannelli che fornivano luce alla stanza e davano sull'elegante porticato che si apriva sul giardino.

Finalmente giunsero gli elfi, ed ultimo tra essi arrivò Elrond che si sedette al posto che aveva occupato due giorni prima.
Presentò i due nuovi arrivati e li invitò a raccontare la loro storia.
Quando ebbero concluso il loro racconto, mostrò il messaggio che era stato rinvenuto e lo lesse ad alta voce: un mormorìo preoccupato si alzò per un momento sulla sala, subito zittito dal mezzelfo:

"Come potete vedere la situazione è molto delicata e le forze del nostro avversario si stanno gia muovendo. Gli agenti del Nemico sono all'opera e noi dobbiamo assolutamente precederlo senza però cadere nei suoi tranelli. A questo proposito abbiamo convenuto, io ed i miei consiglieri, di aggregare Dama Roweena ed il suo accompagnatore alla spedizione, nella speranza che possano dare il loro contributo alla sua buona riuscita."

I compagni rimasero sbigottiti: dei perfetti estranei avrebbero fatto parte del gruppo.
Tutti i loro sguardi si posarono su Meneldir, in attesa di uno dei suoi prevedibili attacchi di collera, ma videro che aveva chinato il capo.
Non sembrava però infuriato, ma rassegnato e quando rialzò la testa videro sul suo viso un sorriso beffardo.

"Mi attengo alle decisioni del Consiglio, come sempre. "
disse il dùnadan con un leggero inchino.
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ROWEENA
Roweena si sedette al posto indicatole e con aria imbarazzata si mise all'ascolto di ciò che veniva detto. Dietro richiesta di Sire Elrond aveva raccontato la sua storia ma era stato difficile, soprattutto parlare di Garland. Una cosa era parlarne con il signore del luogo, percepiva che le sue parole erno trattate con il giusto peso. Diverso il parlarne con altri sconosciuti, ma si era sforzata ed ora i suoi occhi azzurri erano limpidi anche se non nascondevano le recenti sofferenze. Era una vera donna del nord: alta anche se esile con la pelle chiarissima e i capelli biondo chiaro.

I suoi pensieri si soffermavano sui vari componenti del gruppo. Ma non era facile leggere sui loro visi se sarebbe stata beneaccetta o meno. Ma forse lo sarebbe stata solo quando avrebbero avuto bisogno delle sue cure, sempre che ne avrebbero avuto bisogno.
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16/05/2007 09:14
 
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Kithomir
Kithomir ascpolto' con molta attenzione, dovendo ammettere di essere distratto non poco dall'aspetto di Roweena. Quando tutti ebbero finito di parlare, penso'.

*Il biglietto recava una data in elfico, ma lo scrivente si riferiva a "i dunedain". La data era per chi in elfico ragiona, e dunque difficilmente un uomo. Ma questo Garland non era un elfo, e se non era un dunedain, allora l'uso della parola Norui era per chi scrive, e non per chi legge. Non un elfo, ne un uomo, ma un dunadan che considera "i dunedain" esterni a se stesso...un mornumedain? Un numenoreano nero? Esperto di arti magiche? Si mette male...*

"Leverett e Roweena, benvenuti. Ne avete passate tante, e mi spiace che non possiate riposarvi, e che vi dobbiate gia' rimettere per strada. Vedrete, in qualche modo andremo in fondo a questa storia, e avremo le risposte che cerchiamo" disse Kithomir.

*Spero tanto che anche questi due non siano solo una elaborata finzione, un modo per depistarci o atirarci in trappola...ma le ferite di Leverett sono vere, e vero era il troll...no, devono essere sinceri*
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