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Capitolo 1 - Il Consiglio

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2006 15:10
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21/02/2006 19:05
 
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Meneldir attendeva le richieste dei suoi compagni, ma per lunghi istanti un imbarazzato silenzio seguì le sue parole. Esso venne rotto all'improvviso dalle domande di Yeras.

"Mi chiedi quale peso avranno le vostre decisioni sulla mia partenza, giovane ramingo?"
rispose il dùnadan
"E' presto detto: partirò per Moria con chiunque voglia seguirmi, ma lo farò da solo se necessario."

Il viso di Meneldir tradiva una certa rassegnazione, come di chi si trovi trascinato ad affrontare un problema importante, imprevisto e del quale non vede ancora chiaramente la soluzione. Riprese a parlare quasi subito:

"Sul motivo che mi spinge a partire, è inutile ricordarvi quello che è stato detto al Consiglio sull'importanza dell'artefatto cui si fa riferimento nel manoscritto. Vi parlerò quindi della ragione principale in virtù della quale non posso esimermi dal farlo: partirò perchè me lo ha chiesto il mio Capitano, e devo onorare un giuramento prestato a lui ed al mio popolo."
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22/02/2006 17:24
 
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Olin
Olin ascoltò in silenzio le brevi parole scambiate dai due uomini. Osservava le espressioni dei volti per capire quali fossero i dubbi che gravavano sui suoi compagni.

Isilion era nervoso, non stava partecipando alla discussioni, anzi sembrava che non gliene importasse niente. Era come se fosse assente.

Gwaeron, il taciturno uomo del nord, continuava ad avere lo sguardo perso in chissà quali pensieri. Era chiaro che fosse ben lungi dal prendere una decisione.

Il giovane Yeras era quello più morbido. Era chiaro che fosse combattuto sulla possibilità di aggregarsi o meno alla spedizione. Il giovane nano ne ignorava i motivi.

Meneldir aveva appena asserito che lui sarebbe andato comunque, anche da solo.

*Ancora non capisco se quest'uomo è un folle e sta cercando di dimostrare qualcosa al suo capitano, oppure è un prode.

Olin continuava a rimuginare su tutti questi pensieri, poi alcune domande gli salirono alla gola.

"Le tue motivazioni sono senza dubbio molto nobili, mio buon Meneldir, ma qui, adesso, dobbiamo decidere se andare o meno ad infilarci in quello che è ritenuto, non so se a torto o a ragione, uno dei posti più pericolosi della Terra di Mezzo. Perchè questi uomini e quest'elfo dovrebbero seguirci? Se non sbaglio l'artefatto di cui si parlava al consiglio era di origine numnoreana giusto? Quali dovrebbero essere dunque le motivazioni che potrebbero spingere un Noldo a partire? Quale implicazione potrebbe avere un uomo come Gwaeron o come Yeras in questa vicenda? Perchè in questa sala adesso c'è solo un dunadan se l'oggetto di cui stiamo parlando appartiene di diritto alla vostra stirpe?"

Il nano non si rese conto di aver formulato le ultime domande con un tono di voce troppo alto, quasi irato, non voleva accendere i toni della discussione, ma il gruppo aveva bisogno di una smossa.

"Io ho già preso la mia decisione, vedrò la dimora dei miei padri!"

Detto ciò tacque aspettandosi l'inevitabile tempesta che sarebbe seguita.
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23/02/2006 13:07
 
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Yeras
Yeras attese che Olin finisse di parlare e poi aggiunse alcune parole di risposta alle ultime affermazioni di Meneldir:
Scusatemi se prendo nuovamente la parola” disse rivolto a tutti i suoi compagni “ma preferisco uscire da questa stanza con l’animo più sereno e la coscienza libera da rimorsi e rimpianti.
Si prese un attimo di pausa e poi continuò:
La mia opinione, messa in confronto con quella dei Saggi presenti alla riunione di questa mattina, vale molto meno di un vecchio arco privo della sua corda. Nonostante ciò sento di poter affermare che al Consiglio non sono state presentate, a mio avviso, motivazioni sufficienti per cui uno dei più valenti e nobili figli che gli Uomini dell’Ovest hanno qui al Nord debba andare a rischiare la propria esistenza in uno dei posti più misteriosi e pericolosi delle Terre dell’Ovest.
Yeras si era espresso come era solito fare, senza usare termini difficili, con schiettezza e sincerità. Forse le sue argomentazioni potevano risultare sbagliate, ma erano dettate da quello che il cuore gli diceva.
Il giovane ramingo fermò con un gesto della mano la pronta replica che Meneldir gli stava per dare:
No, dunedan! Sono una persona semplice e non possiedo tutte le vostre conoscenze, ma secondo me il Consiglio non ti ha ancora dato un buon motivo per andare a rischiare la vita fin laggiù.
Capisco, tuttavia, che il giuramento che ti lega al tuo Capitano possa essere per te un vincolo molto importante … e che ti possa spingere senza indugio in questa ardua impresa.

Si fermò un attimo e poi concluse:
Anche io ho un debito di riconoscenza nei tuoi confronti, Meneldir … e ne ho uno ancor maggiore nei confronti di Olin. Se non fosse stato per la sua ascia a quest’ora non sarei qui a parlare con voi. E’ per questo che se uno di voi due pensa che la mia presenza possa essere di qualche aiuto al buon fine della spedizione, beh … allora … io non esiterò un attimo ad affiancarvi
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23/02/2006 22:03
 
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Meneldir abbassò gli occhi per un attimo mentre valutava le due inattese risposte che aveva appena udito.
Il silenzio dei suoi compagni lo aveva preoccupato: temeva che gli altri, non comprendendo le scarne informazioni che erano state elargite durante il Consiglio, avessero già deciso di lasciarlo senza dubbio al suo destino, senza accompagnarlo.
Nei loro occhi aveva letto il dubbio, nel loro silenzio aveva udito lo scetticismo.
Ma proprio quando ormai si era rassegnato a rinunciare al loro aiuto, le parole di Olin e di Yeras lo avevano improvvisamente rincuorato: evidentemente i loro dubbi ed il loro scetticismo non avevano ancora vinto.

"Ora vi racconterò qualcosa di più," rispose "in modo che possiate meglio valutare e decidere sulla spedizione. Le Sette Pietre Veggenti vennero portate in tempi remoti nella Terra di Mezzo dai padri della mia stirpe, ma sono scomparse dalla faccia della terra ormai da secoli. Gli antichi documenti in possesso di Elrond affermano che esse permettono ai loro utilizzatori di guardare cose lontane nel tempo e nello spazio, acquisendo informazioni preziose anche su terre lontane e popoli che vorrebbero restare nascosti. Popoli come il mio, sparuto e disperso, che sopravvive solo grazie alla segretezza e che ripone tutte le sue speranze su essa, una sopra tutte. Questo dovrebbe farvi comprendere che se il manoscritto dice il vero, e se davvero esiste una delle Palantìri, questa non deve assolutamente cadere nelle mani del Nemico, o dei suoi servi."

Sospirò, poi concluse il suo intervento:

"La Speranza che coltiva il mio popolo è la speranza di tutti i Popoli Liberi: degli Elfi, dei Nani e degli Uomini, e quindi di Isilion, di Olin e di Yeras e Gwaeron. Ahimè, non posso dirvi di più, perchè giuramenti mi impediscono di farlo persino a voi, con i quali ho condiviso cosi tanto negli ultimi mesi. Fidatevi però della mia parola: questa speranza è ancora di là da venire, ma essa è il nostro ultimo baluardo contro l'Oscurità, che rischia di travolgerci tutti."

[Modificato da Valandur 23/02/2006 22.10]

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24/02/2006 10:52
 
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Olin

Olin ascoltò le parole di Meledir con molta attenzione. Sperava che il dunadan riuscisse a smuovere gli animi indecisi dei suoi nuovi amici.
Yeras avava rivelato quali fossero le ragioni che lo stavano legando a questa missione ed Olin era felice di averle sentite, sapeva però che il giovane ramingo stava sottovalutando la portata dell'impresa. Yeras non poteva avere idea delle dimensioni di Khazad Dum e quindi non poteva nemmeno sapere quanti e quali pericoli li potevano attendere.
Sorrise al giovane esprimendogli tutto il suo riconoscimento.
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25/02/2006 18:28
 
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Yeras
Yeras fece un cordiale e rispettoso cenno con il capo di rimando ad Olin.
Avrebbe accompagnato i suoi due compagni, in quella che ai suoi occhi era un incomprensibile follia, sia per il debito di riconoscenza a cui aveva accennato in presenza, sia perché …
*… loro si comporterebbero nello stesso modo nei miei confronti!*

[Modificato da Admin-Geko 25/02/2006 18.29]

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28/02/2006 11:22
 
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L'Elfo era serio e voleva esprimere a tutti quello che aveva in mente, quindi prese la parola:

"Sentite . . .
Io questo viaggio non lo intraprenderei mai!
Ma ho dato la mia parola a mio padre che avrei seguito ed appoggiato Meneldir in qualunque maniera!
Per altro, se anche Elrond mi chiedesse di partire, i miei obblighi diventerebbero l'unica mia scelta plausibile!
Poi ci siete voi . . . che senza di me rischiereste la vita comunque . . . quindi io decido di partire . . ."


Nulla era sereno in quello che Isilion aveva detto, ma la serietà che era ben incisa sul suo volto, forse era appropriata in quella precisa situazione . . .
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28/02/2006 11:34
 
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Dopo la risposta di Isilion, Meneldir rimase in silenzio ad osservare Gwaeron, attendendo un suo parere che però non arrivava. Evidentemente aveva ancora bisogno di tempo per prendere la sua decisione, ma il tempo era proprio una delle cose che mancavano.

"Molto bene" concluse il dùnadan con un sorriso tirato "il mio animo è sollevato dalle decisioni di Isilion, Olin e Yeras. Sollevato ma non felice, perchè mi rendo conto che ci aspetta una missione difficilissima, che richiederà tutte le nostre capacità. "

*E sarà già un miracolo riuscire ad uscirne vivi*

"Provvederò io stesso ad informare Sire Elrond prima del Consiglio di domani mattina"
concluse Meneldir.

I cinque amici si congedarono, dandosi appuntamento per la mattina successiva.
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28/02/2006 11:38
 
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Olin
Il nano ascoltò le repliche dei suoi compagni, solo Gwaeron era ancora indeciso sul da farsi, ma Meneldir li congedò ugualmente.

Con la testa piena di pensieri si diresse verso l'officina dei fabbri e tornò al suo lavoro.

*Speriamo che la notte porti consiglio nei cuori degli indecisi
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28/02/2006 12:23
 
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Yeras
Yeras uscì dalla riunione con la testa piena di dubbi.
*Non ho alcun motivo per prendere parte a questa missione se non il forte legame con Meneldir e, soprattutto, con Olin … spero che questo possa bastare per poter dare un senso alla mia presenza in quel lontano, misterioso e pericoloso luogo*
Assorto in questi cupi pensieri, il Giovane ramingo passeggiava lentamente (senza una vera meta) tra i giardini di Imladris.
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28/02/2006 18:37
 
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Il mattino successivo li accolse con un sole splendente, che illuminava con i suoi caldi raggi la bella valle di Gran Burrone, il suo gorgogliante torrente, i suoi alberi carichi di frutti ed il suo giardino traboccante di fiori multicolori.
Tutto intorno a loro sembrava in contrasto con la tensione che li attanagliava: una morsa soffocante che spezzava il respiro.
I cinque compagni si guardavano nervosamente, rimanendo in silenzio nell'ampio salone che li ospitava, ed anche gli altri ospiti convenuti non sembravano avere molta voglia di parlare, limitandosi ad aspettare che la riunione avesse finalmente inizio.
Il suono di una campana li fece sobbalzare, annunciando che il Consiglio stava per ricominciare; tutti si accomodarono ai posti che avevano occupato il giorno precedente.
Il Signore di Rivendell entrò pochi istanti dopo, accompagnato da Erestor e Glorfindel, i cui bei volti imperturbabili però non sembravano toccati dalla tensione che aleggiava nella sala.
Dopo un breve saluto, Elrond entrò subito nel vivo della discussione, l'argomento che stava a cuore a tutti i presenti.

"Meneldir" annunciò con voce limpida, "se avete deciso chi vi accompagnerà a Khazad Dùm, comunicatelo ai presenti."

Il dùnadan si alzò lentamente, e per alcuni istanti lunghissimi rimase in silenzio. Improvvisamente la tensione lo aveva colto e la sua bocca era secca. Indicò i compagni che la sera prima avevano acconsentito a seguirlo:

"Yeras, Olin ed Isilion, qui presenti, si sono volontariamente offerti di accompagnarmi. Lo faranno senza avere altri obblighi che quelli dettati dalla fedeltà e dall'onore alla parola data."

[Modificato da Valandur 28/02/2006 18.46]

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02/03/2006 00:07
 
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Gwaeron, la notte precedente
La riunione nella Sala della Quercia Bianca era terminata, e se era servita a chiarire le motivazioni di alcuni dei suoi compagni, non così era stato per Gwaeron, che camminando lentamente e in silenzio si era ritrovato in un luogo tranquillo e appartato, un angolo di prato soffice illuminato dalle stelle che punteggiavano il cielo sereno, l'aria ormai libera della morsa dell'inverno, la natura intorno a lui che si risvegliava dal quieto e dolce letargo nella valle di Elrond.
Dalla tasca estrasse un sacchetto di pelle, da cui prese le pietre diverse e particolari con cui studiava il cielo e i segni degli astri, e con calma e attenzione le dispose sul prato in ordine preciso, ognuna a rappresentare la luna o le stelle che guidano marinai e viaggiatori, e nonostante non avesse dubbi sulla posizione nè sul posto in cui si trovava, il ripetere un rituale tanto familiare gli lasciò una sensazione di calma e di tranquillità.
Poi, prendendo nuovi punti di riferimento, ridispose le pietre sull'erba, con cura e senza fretta, e senza pensieri; una volta terminato, respirando lentamente, chiuse gli occhi per il tempo di alcuni respiri, e li riaprì con lo sguardo rivolto alle pietre sull'erba davanti a lui.
Un'ascia spezzata.
Non si aspettava di sentire segnali di pericolo anche in quel luogo, e nelle ultime ore aveva pensato che sarebbe ritornato al nord con calma, in fondo la storia di Meneldir e di Olin non gli apparteneva. O forse si?
Richiuse gli occhi, ed i suoi respiri si fecero più rapidi.

Buio.
Rumore di passi strascicati.
Un gemito.
La luce tremolante di alcune torce che illumina debolmente un vasto salone, in fondo al quale è distinguibile un'alta figura completamente rivestita di un'armatura nera, il viso coperto da un elmo, anch'esso nero.
Ai suoi piedi un grosso orco, che in atteggiamento di ossequio sta cercando di parlare.
Un calcio. L'orco rotola per terra. Due figure emrgono dalle ombre e raccolgono il suo corpo.
Un gesto e le due figure spacciano la sfortunata creatura, che si affloscia come un sacco vuoto.
La figura in armatura se ne sta andando mentre i suoi sgherri raccolgono le spoglie dell'orco.
Si ferma.
Si volta, guardandosi intorno in cerca di qualcosa. O qualcuno.
Gelo.
Paura.
Angoscia.
Una spada con impugnatura e nappe rosse.


Il risveglio. Ancora notte nella valle di Imladris, la luna già tramontata, il buio intorno a sè.
Ancora nervoso, sudato, con una paura sorda e quasi indefinibile nel cuore, Gwaeron si alzò, come a scacciare i fantasmi. Ma sapeva che quei fantasmi non lo avrebbero lasciato tanto presto..

[Modificato da Valandur 02/03/2006 11.41]

[Modificato da Valandur 06/03/2006 13.15]

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02/03/2006 11:17
 
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Olin, la notte precedente
Olin tornò nella fucina, salutò Arthad e si rimise a lavoro.

Aveva terminato le riparazioni necessarie alla sua piccola ascia, quindi prese Celenaur. La esaminò con attenzione per l'ennesima volta, nemmeno un graffio.

*E' incredibile, dopo essere steta abbattuta più volte contro molti orchi, non ha nemmeno un graffio. Questa è davvero un'arma meravigliosa.

Olin poggiò delicatamente la pesante ascia contro il muro con un moto di tenerezza negli occhi, quindi rivolse la sua attenzione all'armatura. Gli anelli erano schiacciati in alcuni punti, ma nel complesso la cotta aveva retto bene alla battaglia, c'era solo un po' di ruggine.

*Complimenti padre, avete fatto un ottimo lavoro!

Con movimenti esperti riparò i danni, quindi chiese all'elfo se ci fosse un secchio on della sabbia dentro. L'elfo lo inndicò appena fuori la porta. Olin uscì, immerse l'armatura nella sabbia, chiuse il barile e cominciò a farlo rotolare. L'operazione fu lunga, il nano voleva essere sicuro del risultato.
Riaprì il barile ed estrasse la cotta di maglia. Dopo averla liberata dalla sabbia, rientrò nell'officina ed estrasse dal suo zaino uno straccio e una fiaschetta d'olio. Cominciò a lucidare l'armatura fin quando il metallo non tornò a brillare. Alzò lo sguardo solo a lavoro finito. Fuori era già l'alba, Arthad era andato via da un pezzo, mentre Aranwe non era ancora tornato. Contemplò la sua armatura, sembrava nuova.

Rimise tutto a posto, infilò l'armatura nel sacco, si assicurò l'ascia al fianco e Celenaur alla schiena. Stava per andarsene quando il suo sguardo fu calamitato dalla porta sul fondo dell'officina.
Sapeva che on doveva avvicinarsi a quella porta, ma la curiosità era troppa. Si diresse con passi lenti verso la porta, appoggiò la mano sulla maniglia ed aprì uno spiraglio.
La stessa luce blu che aveva visto si riversò nella stanza. Olin guardò dentro.
La nuova stanza era illuminata da quel chiarore azzurrino, le pareti erano lisce come marmo e la volta era a cupola. Al centro della stanza si ergeva una fornace, era quella la fonte del chiarore, mentre al lato c'era un grosso tavolo da lavoro con degli strani attrezzi sopra.
Il giovane nano, vinto dalla curiosità, entrò nella stanza e si avvicinò al tavolo. Poteva riconoscere solo pinze e martelli, ma anche quelli avevano una forma particolare, poi il suo sguardo si rivolse alla forgia. Sembrava accesa ed una luce pulsante impediva al nano di vedere cosa ci fosse all'interno, la cosa strana era che non emanava nessun calore.
D'un tratto la porta si spalancò e Aranwe entrò come una furia in quel laboratorio segreto.

"Cosa credete di fare naugrim!" Urlò l'elfo.
Olin rimase paralizzato davanti alla furia del noldo. Il suo bel volto era distorto dalla rabbia, brandiva un martello da fabbro.
"La vostra curiosità era troppo forte vero? Eppure mi sembrava di essere stato chiaro! Avete abusato della nostra ospitalità e per questo sarete punito!"
L'elfo si mosse ad una velocità inaudita, Olin non riuscì nemmeno ad alzare le braccia quando il martello si abbattè sulla sua testa.
Il mondo cominciò a girate vorticosamente, quindi percepì il freddo del suolo poi solo buio.

[Modificato da Valandur 06/03/2006 13.16]

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03/03/2006 11:40
 
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Kithomir, al contrario di quanto si era aspettato, aveva dormito come un sasso per dodici ore filate.
La notte prima, dopo aver parlato col ramingo di nome Yeras, la tensione aveva iniziato lentamente a mangiarselo vivo. Dopo aver divorato la cena, si avvio' verso il fiume Rombirivio e inizio' a camminare. Cammino' cosi', senza meta, per quasi un'ora, girando per lo piu' in tondo e meravigliandosi di quanti angoli nascosti e splendide radure si potessero trovare in una valle piccola come Imladris. Giunse infine in uno spiazzo poco lontano dal Palazzo Ovest, illuminato dalla luce della luna. Vi si trovavano dodici seggiole, intagliate in cceppi interi, disposte in cerchio intorno ad uno spazio aperto. Per terra, si trovavano alcune spade di legno.

*Meravigliose! Pur essendo dei giocattoli, e dovendole usare solo per allenarsi, i falegnami di questo luogo le hanno intagliate come fossero delle armi vere. Quanto amore che mettono in ogni singola azione. Davvero ammirevole*

Ricordo' di quando suo padre gli portava delle nuove armi di legno, e di come si esercitassero assiduamente nel cortile, lui ed i suoi due fratelli. Di certo non erano armi belle come quelle.

[...]

Kithomir si presento' al consiglio al meglio delle proprie condizioni, fresco e ristorato. Merito del piccolo 'amuleto' che aveva trovato tra le sue cose la notte prima. Entro' nella sala e prese posto. Di molte cose si sarebbe discusso, quel giorno, e i membri della spedizione sarebbero stati decisi. Lui voleva entrare in quella lista, ad ogni costo. Lo aveva giurato sulla spada del padre.

Una spada corta, scheggiata, di legno logoro e dalla forma rozza. Ma era pur sempre un regalo del padre. Sotto la tunica bianca, ne strinse l'impugnatura per darsi coraggio e sorrise ai suoi vicini.

[Modificato da Ossian77 03/03/2006 11.59]

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Il dùnadan si schiarì la voce e riprese a parlare:

"Attendo una risposta solo da Gwaeron, qui presente, il quale mi ha chiesto questa notte per poter riflettere sulla sua decisione finale."

Indicò il suo compagno, invitandolo ad intervenire.
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Olin, prima del Consiglio
Il nano fu svegliato bruscamente. Aveva ancora la vista annebbiata per il colpo ricevuto e la testa gli faceva un gran male, ma era contento di essere ancora vivo. Toccò la fonte del dolore ed un'esplosione di dolore rischiò di farlo svenire di nuovo.

dalle finestre entrava una luce soffusa, alzò lo sguardo ed incrociò lo sguardo corrucciato di Aranwe.

"Finalmente vi siete ripreso!"Disse l'elfo "sbrigatevi ad alzarvi, mastro Elrond desidera parlarvi!" Detto ciò si fece da parte per permettere ad Olin di alzarsi. Il volto dell'elfo era tornato calmo, nelle sue parole non v'era traccia della furia che lo aveva colto in precedenza. Olin tentò di alzarsi dal giaciglio, ma un giramento di capo lo fece ricadere. Al secondo tentativo ci riuscì.

Mentre si incamminava dietro all'elfo disse con un filo di voce: "Spero che possiate perdonarmi messere, ho tradito la vostra fiducia, ma la curiosità è stata più forte del mio onore, di questo mi vergogno molto!" La voce del nano era carica di dispiacere.

"Ormai è fatta, volete sapere per cosa avete rischiato di morire almeno?" chiese l'elfo con un cenno di sorriso.
Olin era esterrefatto, quell'elfo lo aveva accolto, lo aveva difeso, poi lo aveva colpito ed ora stava parlando come se nulla fosse accaduto.

"Credo di essermene fatto un'idea, si tratta di una fornace a freddo vero?"
"Forse siete privo di buon senso, ma almeno la conoscenza non vi manca. Sì quella è una fornace a freddo, è lì che vengono create le leghe più difficili, ma, ahimè, oggi le materie prime sono estremamente rare."

Olin tornò a toccare il bernoccolo che aveva in testa, questa volta con più delicatezza.

"Per quento tempo sono rimasto svenuto?" Chiese.

"Non più di un'ora, sire Elrond desidera parlarvi prima del consiglio, è per questo motivo che vi ho svegliato." rispose l'elfo.

Olin non rispose, già si stava preparando a ricevere una punizione esemplare per la sua curiosità.
Entrarono in uno studio, sire Elrond era seduto dietro una pesante scrivania.

"Prego mastro Olin, accomodatevi."disse Elrond indicando una delle poltrone davanti alla scrivania, quindi continuò "mastro Aranwe mi ha riferito dell'incidente avvenuto nella fucina." Il mezzelfo lasciò la frase in sospeso. Olin sapeva bene che stava valutando la sua reazione quindi senza indugio disse "Signore, sono mortificato per l'incidente avvenuto poco fa, sono stato spinto dalla curiosità che la mia razza nutre per la lavorazione dei metalli. In effetti mio padre è uno dei fabbri della Montagna ed io sono cresciuto nella sua fucina. Non sapevo cosa avrei trovato dietro quella porta, ma ero sicuro che fosse qualcosa inerente all'arte di lavorare i metalli. Solo questo mi ha spinto a disubbidire ad un ordine preciso del buon Aranwe."

la voce di Olin era ferma, ma dispiaciuta. Aranwe gli era simpatico, ma la sua azione era stata a dir poco grossolana.

Elrond parlò con voce altrettanto ferma "Sono sicuro che un incidente del genere poteva essere evitato, tuttavia ormai il danno è fatto, parlerò dell'accaduto con il vostro re, sono certo che sapremo trovare un rimedio. Per il momento però, vi ordino di accompagnare Meneldir nella sua cerca, quale pegno per il torto arrecatoci. Adesso avviatevi al consiglio, io arriverò tra breve."

Olin uscì dalla stanza con la testa piena di interrogativi.

*Davvero questi elfi si comportano in modo strano, alla Montagna un'infrazione del genere poteva costare molto cara.

Arrivò alla sala del consiglio e si riunì ai suoi compagni. Nessuno parlò fin quando il sire non giunse nella sala.

[Modificato da Valandur 07/03/2006 14.32]

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Gwaeron

La mattina era arrivata troppo presto, e la notte gli aveva lasciato solo dubbi e paure, ma forse, pensò Gwaeron, era meglio che fosse così. Lentamente, in silenzio, si unì agli altri nella stanza del consiglio, salutando con brevi cenno e senza grandi sorrisi, e soffermandosi per un attimo a guardare Olin.
Quando Meneldir parlò, si stupì delle sue parole, era sicuro infatti di non avergli chiesto la notte per riflettere, forse il dunadan aveva indovinato i suoi pensieri...ad ogni modo, ormai non importava più. Si alzò in piedi.

"Verrò con te, Meneldir. Ho deciso, e non tornerò indietro."

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Isilion Calafëar
L'Elfo cercò con lo sguardo Elrond, come a chiedergli di voler prendere la parola ed il Mezzelfo annuì . . .

"Mio Signore" disse Isilion con un tono serioso, "abbiamo deciso chi prenderà parte alla cerca, ma non sono sicuro che le nostre forze e tantomeno le nostre conoscenze siano sufficenti per riuscire ad intraprendere con successo questa missione.
Kithomir, forse uno studioso come lui potrebbe essere un buon sostegno per il gruppo . . ."
e osservando i volti dei suoi compagni proseguì, "Voi cosa ne pensate?"

Quindi Isilion aspettò un parere da parte di tutti a riguardo, soffermando il proprio sguardo in maniera particolare su Elrond.

[Modificato da Lord T.Einiks 07/03/2006 16.25]

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Olin
Il nano annuì al sugerimento di Isilion.

"Sono sicuro che una mente sveglia a volte sia più preziosa di due braccia forti!" disse con una vena di autoironia un po' insolita per lui.

[Modificato da endik 07/03/2006 16.10]

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Kithomir
Il sorriso compiaciuto di Kithomir gli rimase attaccato alla faccia come una maschera incollata in malomodo. Annuiva col capo. Sorrideva. Si guardava attorno. I suoi occhi, invece, dicevano.

*Per le Maglie di Angainor! Ma che ci sono venuto a fare qui? Mi sembra di essere un pezzo di arredamento! Ma si puo' essere piu' approssimativi? Come se andare a Moria fosse una questione di spade e di asce. Non e' posto per combattere se proprio non si e' costretti. Io ho studiato mappe, rapporti, diari di viaggio! Posso essere utile, posso farceli entrare in quel posto dannato e sopratutto posso farli uscire. Eh no, no no no. Che mi possano cadere le braccia se non andro' con loro e se questa sara' l'ultima o la maggiore delle mie fatiche. Aveva ragione papa'. Vuoi un lavoro fatto bene? Fattelo da solo! Se aspetto che mi chiamino me ne posso anche tornare con la coda tra le gambe ad Angrenost.
Gia' lo sento il Maestro.

-Kithomir, mio discepolo, giunge ad Isengard
-Cosi' e' Maestro (inchino)
-Dimmi, ragazzo mio. Che nuove del Consiglio?
-Sono andati a Moria a recuperare un Palantir
-Sono andati a Moria? (pausa, sogghigna). Eccellente. Allora racconta, la pietra veggente, la avet....un momento, hai detto SONO?

E poi segue sequenza di bastonate tra le mie corna*


Kithomir cerco' di radunare le forze, calmare il respiro ed ordinare i propri argomenti.

*Tanto diro' solo un mucchio di scemenze, gia' lo so....ma almeno proviamoci*

Stava per chiedere la parola quando la salvezza giunse, insapettata, dalle ultime due persone dopo Meneldir da cui se la sarebbe aspettata.

*Oh beh...forse anche papa' puo' sbagliarsi, ogni tanto*
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