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Capitolo 3 - La Torre nel Bosco

Ultimo Aggiornamento: 28/07/2006 07:38
04/11/2005 04:00
 
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Master
Il gruppo marciò con discreta andatura, nel folto del bosco, per il resto della mattinata, fermandosi soltanto quanto bastava per mettere qualcosa sotto ai denti intorno a mezzogiorno, per poi riprendere il cammino. Nel corso del pomeriggio si resero conto che non avrebbero fatto in tempo a raggiungere Pasel prima che calasse la sera, per cui ad Halya fu affidato il compito di tenere gli occhi aperti alla ricerca di una buona zona per accamparsi.
Il pomeriggio era ormai inoltrato e, tra gli alberi, la luce del sole si era affievolita di parecchio, quando Halya fece cenno di fermarsi.
“Laggiù c’è un buon posto per passare la notte, piuttosto riparato e vicino ad una sorgente”, disse indicando una discesa, sul lato sinistro della strada, alla base della quale era possibile scorgere una radura erbosa.
Jarek aguzzò la vista, ma tra le ombre della foresta non riuscì a vedere molto della radura. Si chiese come avesse fatto Halya a capire che era riparata e, soprattutto, come facesse a sapere dell’esistenza di una sorgente. Era tentato di chiedere chiarimenti, ma se ne astenne per timore di ricevere spiegazioni di tipo elfico che lui di certo non avrebbe capito.
“Potremmo camminare ancora, per almeno un’ora o due”, stava dicendo nel frattempo Halya. “Ma difficilmente avremmo di nuovo la fortuna di trovare un posto buono come questo per accamparci. Che si fa?”
Nessuno ebbe il tempo di rispondere alla domanda dell’elfa. Proprio in quel momento, da dietro di loro, giunse alle loro orecchie il rumore di molti cavalli lanciati al galoppo sulla strada.

[Modificato da bvzk 04/11/2005 4.01]

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07/11/2005 04:22
 
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Master
La prima a reagire all'evento inaspettato fu Halya. Con sorprendente rapidità, dopo aver mormorato un frettoloso "Nascondetevi!", si tuffò nella vegetazione sulla sinistra della strada, senza attendere la reazione dei compagni.
Jarek, dal canto suo, passato il primo istante di indecisione, non appena vide l'elfa schizzare fuori della strada, si arrampicò velocemente sulla destra, dove il terreno era in salita, tirando per un braccio Vilahir per invitarlo a fare lo stesso. Il bardo, naturalmente, non si fece pregare e lo seguì in fretta.
Nel frattempo Naetro aveva deciso di seguire l'elfa, non senza premurarsi di allentare l'ascia nel fodero e di assicurarsi che Kuma lo seguisse.
Trovandosi in un punto più alto rispetto alla strada, Jarek e Vilahir poterono far capolino dal cespuglio dietro al quale si erano nascosti per vedere chi fossero i nuovi arrivati, sicuri che fosse piuttosto difficile che qualcuno dalla strada potesse individuarli.
Ben presto alcuni cavalieri furono visibili e percorsero a gran velocità il tratto di strada sotto di loro, per poi scomparire dietro una svolta.
Si trattava di una decina di Orientali a cavallo armati fino ai denti. Sembrava che non si fossero minimamente accorti della presenza del gruppo nascosto nei pressi della strada, ed era evidente che avessero una gran fretta di raggiungere il posto verso cui galoppavano.
La visuale di Halya e Naetro era limitata, dato che dove si trovavano il terreno scendeva bruscamente facendo sì che la strada si trovasse in alto rispetto a loro. Per questo l'unica cosa che riuscirono ad intravedere furono le zampe dei cavalli lanciati al galoppo che passarono come un lampo sopra le loro teste con fragore di tuono.
Solo quando anche l'eco del rumore dei cavalli fu spento in lontananza, i quattro si arrischiarono ad uscire dai loro nascondigli.

[Modificato da bvzk 16/11/2005 3.46]

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07/11/2005 14:00
 
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Halya
Quando sentì i cavalli allontanarsi l'elfa si azzardò a fare capolino dal suo nascondiglio, si portò sul ciglio della strada e guardò bene a destra e a sinistra, per vedere se poteva esserci una eventuale retroguardia.
Sicura del passato pericolo si rivolse a Naetro.
"Vieni puoi salire, se ne sono andati."
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08/11/2005 10:08
 
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Jarek
Jarek uscì dal suo nascondiglio e si ritrovò di nuovo sul sentiero, insieme ad i suoi compagni.
Avevano una gran fretta” disse scrollandosi di dosso le foglie ed i rametti che gli erano rimasti impigliati nei vestiti.
Spero che quei cani rognosi non facciano troppi danni a Pasel!
L’eothraim si girò verso Halya e le chiese:
Allora? Ci accampiamo?
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09/11/2005 09:58
 
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Vilahir
Intenti a discutere del possibile accampamento, i compagni quasi non si accorsero che Vilahir era rimasto fuori della strada, nel nascondiglio, ed aveva continuato a guardare il sentiero con aria assente...

[Modificato da bvzk 09/11/2005 14.13]

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09/11/2005 18:08
 
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Naetro
"Andiamo, Kuma", incitò Naetro mentre si arrampicava fino alla strada. Il cane lo sorpassò di corsa.
Giunto sulla via, rivolgendosi a Jarek e scrutando il sentiero, il guerriero disse:
"Potremmo anche accamparci... Sentiamo se il Bardo è d'accordo.
Tutto bene, Vilahir?"

[Modificato da bvzk 16/11/2005 3.49]

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09/11/2005 19:09
 
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Vilahir
Il Richiamo del compagno riscosse, almeno in parte, il bardo dai suoi pensieri. Scese sulla strada e raggiunse i compagni.
"Arriveremo comunque tardi..." , disse senza rivolgersi a nessuno in particolare, prima di concentrare su Naetro la sua attenzione. "No, Naetro, non va tutto bene, ma comunque sì, accampiamoci: sarebbe inutile inseguire gli orientali."
*Sarebbe deleterio, anzi...*

[Modificato da bvzk 11/11/2005 4.32]

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14/11/2005 18:13
 
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Master
Naetro, subito imitato anche da Halya e Jarek, fissò per un momento il bardo, come se aspettasse qualche spiegazione riguardo le sue enigmatiche parole. Fu chiaro, però, che Vilahir non aveva alcuna intenzione di chiarire il concetto, per cui il guerriero accantonò la faccenda con una scrollata di spalle e si rivolse ad Halya.
“Bene, sembra che siamo tutti d’accordo: ci fermiamo qui per la notte”, le disse. “Facci strada, Halya. Kuma, stai vicina a me!”
Il gruppo abbandonò la strada e percorse la ripida discesa che conduceva alla radura. Perfino ad una prima occhiata era chiaro che il luogo era quanto di meglio potessero aspettarsi per approntare un campo. La zona era protetta a nord e ad est dalla scarpata dalla quale erano scesi, e gran parte del perimetro a sud e ad ovest era circondato da una fitta macchia di cespugli. Ovviamente, su tutto torreggiavano gli alberi secolari della foresta. Guardando in alto, ad est, era possibile scorgere il piano della via per Pasel, per cui chiunque volesse raggiungere il luogo da quella parte sarebbe stato avvistato con un certo anticipo.
Jarek cominciò a gironzolare ed a guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcosa. Ben presto, ben incassata nella scarpata a nord, individuò la sorgente di cui aveva parlato Halya. Da un buco circondato da rocce, zampillava un allegro getto d’acqua che riempiva una piccola polla poco più in basso, per poi defluire in direzione sud-ovest e scomparire sotto i cespugli che delimitavano la radura da quella parte.
“Aveva detto che avremmo trovato una sorgente e, naturalmente una sorgente c’è!”, disse parlando tra sé e sé. Guardò in direzione della strada e si accorse che era impossibile scorgerla da lì, a causa degli alberi e del fitto sottobosco. Sorrise. “Anche se, che io sia dannato, vorrei proprio sapere come faceva a saperlo.”
“Hai detto qualcosa?”, gli chiese Naetro che, poco distante, era intento a sistemare le sue cose, mentre Kuma si era accucciata lì accanto. “Cos’hai da sorridere così?”
“Nulla di importante, Naetro”, rispose Jarek. “Stai tranquillo.”
“Sono tranquillissimo”, dichiarò Naetro. “Sono la personificazione della tranquillità!” Il guerriero sorrise di rimando e tornò ad occuparsi del suo zaino. Ma a Naetro non era affatto sfuggita la rapida occhiata che Jarek aveva lanciato verso Halya.
Nel frattempo l’elfa, dopo aver posato in un angolo il suo zaino, si era piazzata al centro della radura ed aveva cominciato a guardarsi intorno con aria indagatrice.
“Qualcosa non ti convince?”, le chiese Vilahir, che si era seduto poco lontano ed aveva preso il liuto, cominciando a pizzicare distrattamente le corde.
“Cosa? No, no, tutto a posto”, rispose Halya. “Stavo solo riflettendo se sia il caso di accendere un fuoco.”
“Mmm…”, rifletté il bardo. “Non so.”
“Jarek!”, chiamò Halya. “Che ne dici di accendere un fuoco?”
L’eothraim lasciò il luogo della sorgente e raggiunse i due. “Sarebbe piacevole mangiare un pasto caldo”, rispose. “Inoltre da queste parti fa piuttosto freddo la notte, in questa stagione.”
“Vero”, commentò Vilahir. “Ma come la mettiamo con gli Orientali? Non correremo il rischio che possano scorgere la luce del fuoco? O il fumo?”
Jarek si guardò intorno. “Un rischio c’è, inutile negarlo. Ma molto minore di quanto pensi, bardo. Non è facile vedere il fumo se sei circondato da ogni parte dal bosco, a meno di non arrampicarti su un albero o di trovarti in una zona scoperta e più elevata. Quanto alla luce, la zona mi sembra ben riparata.”
“Sarà come dici, sei tu l’esperto in questo genere di cose”, replicò in tono poco convinto Vilahir. “Ma io non dimentico che ci stanno cercando. Non mi piacerebbe che ci piombassero addosso mentre dormiamo.”
“Ah! Ma a questo possiamo rimediare facilmente con dei turni di guardia. E poi…”, Jarek ammiccò ridacchiando in direzione di Halya, “…abbiamo la fortuna di avere occhi ed orecchi elfici con noi. Nessuno coglierà di sorpresa la nostra Halya! Guai allo sventurato che si provi a disturbare il suo riposo!”
Naetro scoppiò a ridere, Vilahir non riuscì a trattenere un sorriso mentre Jarek, con aria innocente, finse di non notare l’occhiataccia che gli aveva indirizzato l’elfa e si accinse ad aprire il suo zaino.
“Uomini!”, esclamò Halya con rassegnazione, prima di mettersi a sistemare alcune pietre entro le quali accendere il fuoco. “Non ci sarà nessun fuoco”, annunciò poi Halya, “se un eothraim di mia conoscenza non accantonerà per un momento le sue geniali battute per mettersi a cercare un po’ di legna!”
“Sapevo che me l’avrebbe fatta pagare, ma non ho potuto resistere” sogghignò Jarek, voltandosi verso Naetro. “Be’, Naetro, mi accompagni a cercare legna?”
Il guerriero raccolse la sua ascia e raggiunse Jarek. “Andiamo”, disse. Kuma, temendo di essere lasciata indietro, si affrettò a raggiungere il padrone.
Jarek finse di sobbalzare quando fu colpito dal rametto lanciatogli da Halya. Questa volta fu Vilahir a scoppiare a ridere.

Quella notte il gruppo si riunì intorno al fuoco e perfino Vilahir fu costretto ad ammettere che, dopotutto, la piacevolezza del momento valeva la pena di correre qualche rischio.
La conversazione che intrattennero durante la cena era pervasa di moderata allegria ed a nessuno di loro venne in mente di accennare, neanche lontanamente, alla difficile situazione in cui si trovavano. Avevano tutti bisogno di distrarsi un po’, di pensare a cose più allegre, e quell’accampamento notturno nelle profondità della foresta, accanto al fuoco caldo e scoppiettante, fornì loro la migliore delle occasioni. Jarek divertì tutti raccontando qualche sua avventura con le annoiate nobildonne di Widu, Naetro descrisse Brea, la città da cui proveniva, e raccontò del suo viaggio fino alle Terre Selvagge, Halya narrò loro antiche leggende del suo popolo. Infine, Vilahir prese il suo liuto e cominciò a suonare una dolce melodia. Era sua intenzione accompagnare la musica con delle parole, ma si avvide che lentamente un dolce canto si era levato, diverso da qualunque cosa avesse mai sentito.
E Jarek, Naetro e Vilahir videro Halya, esile fanciulla seduta sull’erba a gambe incrociate, con il volto illuminato dalla luce del fuoco e gli occhi scintillanti che scrutavano le stelle che brillavano in alto nel cielo. Ed ella cantava, nella lingua del popolo silvano, ed il canto era triste eppure dolce allo stesso tempo e si fondeva in sorprendenti melodie con la musica del liuto. E come per incanto Vilahir scoprì che le sue dita viaggiavano da sole sulle corde, intessendo un accompagnamento adatto al canto, e che la musica che scaturiva in quel piccolo accampamento aveva coinvolto in qualche modo il bosco che li circondava e le creature che lo abitavano.
Tutto si fermò, in ascolto.
Poi, lentamente come era iniziata, la musica si spense.

Jarek si ritrovò con le lacrime agli occhi e, imbarazzato, accennò un colpo di tosse e, senza dire una parola si stese sul suo giaciglio, chiudendo gli occhi.
Naetro si alzò, fece un profondo inchino in direzione di Halya e, anch’egli in silenzio, fece un cenno a Kuma perchè lo seguisse e si diresse al suo giaciglio.
Vilahir rimase seduto dov’era, incapace di distogliere gli occhi dall’elfa, quasi inconsapevole di avere ancora il liuto stretto tra le mani.
Halya guardò il bardo e sorrise. “Sembra che il primo turno di guardia tocchi a noi, Vilahir”, disse.

Passarono lunghi istanti di silenzio. Poi Vilahir si schiarì la voce e disse:
“Sai, Halya, per questa mattina…”
L’elfa alzò lo sguardo sul bardo. “Sì?”
“Be’, non avevo alcuna intenzione di litigare, né con te, né con nessun altro…” Vilahir si interruppe ancora, come se fosse incerto di come proseguire. Halya attese fissandolo.
“Il fatto è che in fondo avevi ragione: ho un motivo personale per voler andare a Pasel, per incontrare di nuovo Haleth…”
Halya aggrottò le sopracciglia.
“Ma ho fatto un sogno… Ho sognato Haleth che mi chiamava, aveva bisogno di me per trovare i Guardiani e per correre in aiuto di un guerriero assalito dagli Orientali…. Non ho fatto in tempo… E’ morto.”
“Vilahir, perdonami ma non capisco una parola di quello che stai dicendo”. Halya parlò con dolcezza.
“E credi che io invece capisca?” Vilahir allargò le braccia. “Sto cercando disperatamente di sbrogliare questa maledetta matassa, ma ogni volta che credo di aver compreso qualcosa, ecco che succede qualcos’altro che complica ulteriormente la situazione. L’unica cosa che so, è che Haleth ha qualcosa a che fare con Elarin e credo che sia utile per tutti capire che cosa. Quindi non è solo una motivazione di carattere personale a spingermi a Pasel.”
Vilahir fissò negli occhi Halya, cercando comprensione.
L’elfa annuì e sorrise. “Non credo che tu sia il tipo da metterci in pericolo per un capriccio. Quali che siano le tue motivazioni, hai esposto la tua alternativa a Jarek, ed egli l’ha accettata. Fine della questione. Ora siamo qui e cerchiamo di fare del nostro meglio.”
Anche Vilahir sorrise. Lasciò trascorrere alcuni attimi, poi cambiò discorso:
“Senti… Credi che sia possibile… Una volta che tutta questa storia sarà finita… Insomma, potresti insegnarmi a cantare così?”
Halya si lasciò sfuggire una risatina. “Io non posso insegnarti. Magari qualche nostro menestrello, alla corte di Re Thranduil potrebbe esserti d’aiuto. Se mai questa storia finirà, e se sarà possibile, ti ci accompagnerò.”
“Lo faresti davvero?”
“Certo. Ma prima abbiamo altre cose a cui pensare.”
“Hai ragione”, concordò Vilahir. Poi, come se si fosse ricordato improvvisamente di qualcosa, si alzò in piedi.
“Scusa un momento, Halya”, disse. “Devo fare un cosa. Torno subito.”
Halya annuì ed il bardo corse verso il suo zaino. L’elfa lo vide armeggiare con le sue cose, tirar fuori un sacco ed un sacchetto più piccolo. Trafficò per un paio di minuti, poi rimise tutto a posto e tornò vicino al fuoco.
Vilahir cominciò a chiacchierare del più e del meno. Halya comprese che l’uomo non aveva intenzione di dare spiegazioni su quello che aveva fatto poco prima, per cui si astenne dal chiederne.

Jarek fu svegliato dolcemente da Vilahir, quando giunse il suo turno di montare la guardia. Gli parve di aver dormito solo per pochi attimi, e scoprì di essere ancora turbato a causa del canto di Halya.
Mentre Vilahir gli augurava la buonanotte ed andava a dormire, l’eothraim vide l’elfa ancora sveglia, accanto al fuoco, e si affrettò a raggiungerla.
Rimasero qualche attimo in silenzio, poi Jarek disse:
“Sembra che io debba rivedere alcune cose riguardo il mio giudizio su di te e la tua gente, Halya. Quel canto era qualcosa che mai, in vita mia, avevo avuto la fortuna di ascoltare.”
“La musica ed il canto sono parte di me”, spiegò Halya, tenendo gli occhi fissi sulle fiamme. “Sono parte di tutti gli Elfi. L’abbiamo nel sangue. La musica ci accompagna da tempi remotissimi, quando il Sole ancora non solcava i cieli e gli Elfi vagavano sotto la luce delle Stelle.”
“Io sono solo un piccolo Uomo Mortale ma, per quello che vale, il tuo canto era meraviglioso.”
“Vale moltissimo, credimi. Un piccolo Uomo Mortale, dici? Sei molto più di questo, Jarek, e credo che finalmente tu stia cominciando a capirlo. Anche se non riesci proprio ad evitare di minimizzare la cosa, vero?”
Jarek non rispose.
“Ad ogni modo”, continuò Halya, “forse anch’io ti ho giudicato troppo affrettatamente, all’inizio. Ma voglio rimediare. Parlami un po’ di te.”
“Cosa vuoi sapere?”
“Be’, di te e Mejan, prima di tutto. Il vostro è uno strano rapporto. Diverso da quello tra madre e figlio, eppure tu dici che lei è la tua famiglia…”
Jarek sospirò. “Non ho idea di chi sia la donna che mi ha generato ne tantomeno chi sia l'uomo che l'ha messa incinta”, chiarì. “E, che tu ci creda o no, ormai non mi importa più nulla di scoprirlo. All'inizio è stata un po' dura, sai come sono fatti i bambini. E' difficile accettare di essere diverso da tutti gli altri, di non avere nessuno da chiamare "mamma" o "papà".”
Si interruppe. Halya attese in silenzio.
“Mejan mi ha allevato”, riprese Jarek. “Mi ha trovato che ero in fasce e mi ha cresciuto come un figlio. Non mi ha mai fatto mancare nulla. Capisci adesso cosa significa quella donna per me? E' tutta la mia famiglia!
Purtroppo, in questi trent'anni, credo di averle dato più dispiaceri, pensieri e preoccupazioni che altro. Mi sento in colpa nei suoi confronti. Temo di non aver mai ricambiato tutto l'amore che lei mi ha dato.”

Jarek chiuse gli occhi e si strinse il volto tra le mani. Halya si rese conto che Jarek non avrebbe detto di più, sull’argomento. Rispettò il suo desiderio e cambiò discorso.
“E di Vilahir cosa mi dici? Eri con lui, quando sei giunto alle rovine di Garik, ma non ricordo che lo frequentassi in precedenza o, per lo meno, io non vi avevo mai visto insieme prima. E’ un tipo strano, ma dotato di una certa… profondità. Siete buoni amici?”
“Buoni amici non direi. Quell’uomo è un enigma ma, che il cielo mi strafulmini, comincia a piacermi. Comunque…, beh ... l'ho incontrato a Widu tempo fa. Diciamo che tra noi è subito nato un particolare ... legame. Ad ogni modo è una storia di poco conto e non intendo raccontarla.”
Halya avrebbe voluto saperne di più su Jarek, su Vilahir e Mejan e, in generale, su tutta quella pazzesca vicenda. Ma sapeva anche accorgersi di quando era il caso di soprassedere. Per come era fatto, Jarek le aveva detto anche più di quanto potesse aspettarsi. Meglio attendere un altro momento adatto alla conversazione, prima di cercare di approfondire.

Che fosse a causa della magia contenuta nel canto di Halya, o per mera fortuna, la notte passò senza che nessuno giungesse a disturbare il riposo del gruppo. Naetro dette il cambio ad Halya la quale, avendo meno bisogno di riposo degli Uomini, tornò di guardia al posto di Jarek un’oretta e mezza più tardi, insieme a Naetro.
Quando infine, il nuovo giorno si affacciò attraverso le chiome degli alberi, l’elfa si incaricò di svegliare i dormienti e si accinse a spegnere il fuoco.
In poco tempo, il campo fu tolto. Il fuoco spento, le coperte riavvolte e gli zaini in spalla. Il gruppo era pronto a riprendere il cammino.

[Modificato da bvzk 16/11/2005 3.53]

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Jarek
Il letto della taverna di Maccus era decisamente più comodo” disse Jarek stirandosi la schiena e massaggiandosi la base del collo.
Anche se, lo devo confessare, ho dormito in luoghi molto meno confortevoli!
Naetro ed Halya avevano fatto l’ultimo turno di guardia e quindi erano già pronti per ripartire.
Vilahir, proprio come l’eothraim, si era appena svegliato e stava facendo la conta delle sue ossa e dei suoi muscoli.
Che ne dite di buttar giù un boccone prima di metterci in marcia?
Si mise a rovistare nel suo zaino alla ricerca di qualcosa da mangiare e solo in quell’istante si rese conto di aver perso qualcosa.
Cercò meglio ma … niente.
La sua ricerca divenne più frenetica fino a quando, in un impeto tanto improvviso quanto inaspettato, svuotò tutto il contenuto della sua sacca in terra.
Non c’era!
Dannazione ma che fine aveva fatto? Ne aveva bisogno! Non poteva mettersi in cammino senza il suo … il suo …
Alzò lo sguardo e si rese conto che i suoi tre compagni lo stavano fissando increduli e meravigliati.
*Ma che ti succede Jarek? Ormai hai preso una decisione e non è il caso di tornare indietro! Hai fatto il primo passo sulla “Tua Strada”; che senso avrebbe, ora, fermarsi, girarsi e guardare indietro?*
L’eothraim scosse la testa, riacquistò la sua lucidità e fece un ampio sorriso:
Niente di importante. Mi ero scordato di essermi sbarazzato di una vecchia ed inutile cianfrusaglia e … niente … niente di importante, ormai!
Rimise tutto a posto evitando appositamente di soffermarsi sugli oggetti rinvenuti nella vecchia casa di Mejan.
*Meglio non pensarci, vecchio mio. Almeno non ora, non per il momento. Abbiamo dato un calcio al passato, il presente è un mistero e il futuro è … il futuro è una leggenda*
Strinse le cinghie dello zaino, si drizzò in tutta la sua statura e sorrise nuovamente:
Si mangia o no?
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Halya
Mangiarono alcune delle provviste che erano state fornite loro dal buon Maccus.
Finito il pasto l'elfa si occupò di spegnere bene il fuoco e di nascondere il più possibile le tracce della loro permanenza in quel luogo.
Poi, prendendo lo zaino in spalla, si girò verso i suoi compagni e disse:
"Allora, siete pronti per un'altra splendida giornata alla corte degli orientali?"
Sorridendo cominciò ad avviarsi verso la strada.
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Vilahir
Per quanto si sforzasse di nasconderlo, un briciolo dello spirito di Halya aveva contagiato il bardo.
"Mettiamoci d'accordo, Halya: una splendida giornata... OPPURE alla corte degli orientali?", chiese con un sorriso nell'incamminarsi a sua volta.

[Modificato da bvzk 16/11/2005 3.25]

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Naetro
Il guerriero abbozzò un sorriso all'elfa, fischiò alla sua Kuma per dirle di seguirlo e si mise in strada.
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Jarek
Il gruppo si rimise in marcia.
Halya in testa affiancata da Vilahir.
Naetro, un passo indietro, procedeva con andatura decisa accompagnato da Kuma.
Jarek chiudeva la fila, qualche metro staccato dai suoi compagni, silenzioso e pensieroso.
*E’ come se mi mancasse qualcosa, ne sono certo*
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Il gruppo si mise in cammino con buona andatura. L’aria era fresca e pervasa dei profumi della foresta, il cielo che si intravedeva a sprazzi oltre le chiome degli alberi era azzurro e limpido, gli uccelli cantavano gioiosi. Il tutto contribuiva a rendere la camminata piacevole anche se faticosa, dato che la strada, più o meno sin dal campo notturno, aveva cominciato a procedere in salita, arrampicandosi sulle colline boscose che caratterizzavano quella parte del territorio.

Mentre marciava, ad un certo punto Halya, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, intenta a scrutare la via davanti a sé, si voltò verso Vilahir e chiese:
“Ieri mattina, ad Ocrey, hai notato per caso un vecchio, simile a quello che ti abbiamo descritto io e Naetro, girare per il villaggio quando sei andato dal conciatore?”
La domanda era stata posta in tono leggero, quasi che l’elfa stesse parlando del più e del meno. Tuttavia Vilahir parve colpito oltremisura e fu chiaro ad Halya che la domanda aveva turbato il bardo.
Vilahir non rispose subito: si soffermò un momento a pensare.
”Forse...”, rispose infine. “Un uomo che si teneva ai margini della folla. L’ho notato solo alla fine della mia esibizione, se vogliamo chiamarla così, quando ormai la gente stava andando via. Stavo intrattenendo un’interessante conversazione con Raul, una delle Guardie al cancello, quando ho visto un uomo anziano che stava in disparte ma che aveva decisamente l'aria di non essere lì per caso. Ma non ne posso essere sicuro.”
Halya annuì, come se la risposta del bardo confermasse qualche suo sospetto. “Forse ci sta seguendo”, commentò poi, in tono quasi distratto.
Vilahir non replicò, ma sapeva che ad Halya non era sfuggito il suo turbamento. Si immerse nei suoi pensieri: *Come è possibile che anche un semplice accenno a quel vecchio mi faccia sentire come se il cuore volesse balzarmi via dal petto?* Era irritato da quella strana situazione. *Era solo un vecchio, come tanti altri*, tentò di convincersi. *Eppure…*

Dopo circa tre ore di marcia, la strada percorse l’ultimo tratto in ripida salita e sbucò su un verde altopiano, circondato da ogni parte dalle colline alberate, in fondo al quale, costruito sui pendii di un verde colle, il gruppo poté vedere in lontananza il villaggio di Pasel.
L’arrivo dei quattro viandanti fu salutato dal frenetico abbaiare di alcuni cani che, sbucati da chissà dove alla loro sinistra, si erano piazzati tra il gruppo ed un gregge di pecore che pascolava poco lontano. Alla loro destra, invece, alcuni cavalli, anch’essi al pascolo, sollevarono pigramente la testa per osservare i nuovi arrivati.
“Molto bello qui”, commentò Naetro mentre si guardava intorno. “Il villaggio, poi, mi ricorda la mia città: Brea.”
“Felice che ti piaccia, Naetro”, disse Vilahir. “Io invece gradirei procedere alla svelta. Non mi piace il modo in cui mi guardano quei cani.”
“Non temere, non ci attaccheranno”, lo tranquillizzò Halya. “Sono brave bestie che conoscono il loro mestiere. Ci stanno solo avvisando che non permetteranno che qualcuno di noi si avvicini al gregge.”
“Non ho la minima intenzione di avvicinarmi al gregge”, dichiarò Vilahir, per nulla convinto. “Andiamo?”
“Il bardo ha ragione”, interloquì Jarek. “Potremo ammirare le bellezze del posto o discutere dei cani da pastore un’altra volta. Ora abbiamo altro a cui pensare.”
E, detto questo, l’eothraim sorpassò gli altri tre con andatura decisa e si diresse verso il villaggio. Gli altri furono costretti a seguirlo in fretta.

[Modificato da bvzk 22/11/2005 16.12]

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Halya
"Vuoi fare un'entrata trionfale a Pasel?"
Chiese Halya a Jarek in tono semiserio.
"Non dimenticare gli orientali di ieri, è possibile che qualcuno di loro controlli il paese, quindi andiamo con cautela."
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Jarek
Nessuna entrata trionfale, Halya, non sarebbe nel mio stile” rispose Jarek senza rallentare l’andatura.
E’ altrettanto vero, però, che non ho intenzione di entrare a Pasel di soppiatto … come fossi un ladro”.
Il tono della sua voce non era stato affatto duro, ma piuttosto determinato.
Coraggio” aggiunse “se li dentro ci sono degli orientali lo scopriremo presto … e ad ogni modo, tra quella feccia, non esiste alcun testimone dello scontro di due giorni fa che sia rimasto in vita!
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VIlahir
*Non proprio nessuno*, pensò amaramente il bardo, ma preferì non esternare il proprio pensiero mentre si accodava a Jarek.

[Modificato da bvzk 25/11/2005 6.17]

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26/11/2005 04:32
 
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Master
Il gruppo, ora guidato da Jarek, lasciò le propaggini della foresta e si diresse verso le porte del villaggio.
I cani, rassicurati che nessuno dei nuovi arrivati avesse cattive intenzioni nei confronti del gregge, smisero di abbaiare e si accucciarono nell'erba.
Non ci volle molto perchè Jarek si rendesse conto che le porte erano chiuse e che in giro non si vedeva anima viva. Rallentò l'andatura, preoccupato che qualcosa non andasse per il verso giusto. Si fermò di botto, a pochi passi dal cancello sprangato, nel momento in cui una voce imperiosa giunse alle sue orecchie, proveniente dalla torretta che sovrastava le porte.
"Fermi dove siete!", comandò la voce. Nè Jarek nè nessuno degli altri, riuscì a vedere chi fosse l'uomo che parlava. L'unica cosa che si distingueva, all'ombra del tetto della torretta, era una sagoma scura.
"Non siete i benvenuti!", Insistè la voce. "Non lasciamo entrare nessun forestiero in questi giorni oscuri! Tantomeno un Elfo!!! Tornate da dove siete venuti."
C'era una nota strana nella voce... Paura? Forse di Halya?

[Modificato da bvzk 26/11/2005 4.34]

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Jarek
Jarek alzò la testa spostando lo sguardo in direzione della torretta.
Se è l’elfa che ti spaventa, fratello, allora non hai nulla da temere. Lei ed il resto del gruppo rimarranno fuori, entrerò solo io” disse l’eothraim utilizzando l’idioma del suo popolo.
Il mio nome è Jarek ed ho bisogno di parlare con una persona, una tua concittadina. Fammi entrare, solo per pochi minuti, giusto il tempo di trovarla e riferirle un importante messaggio … dopodiché me ne andrò, hai la mia parola!”.
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Halya
"Io non credo sia una buona idea farti entrare da solo li dentro Jarek."
Disse l'elfa in un sussurro udibile a stento anche dai suoi compagni.
"Al limite io rimarrò fuori, se è la sottoscritta che li spaventa, ma almeno Vilahir e Naetro devono venire con te, e non dirmi che non si può fare perchè non mi interessa, non ti ho accompagnato fin qui per vederti morire in maniera così stupida."
"E poi il bardo ha detto di conoscere questa Haleth per cui sarà più semplice entrare se sei accompagnato da lui."
Tutto il discorso fu pronunciato da Halya senza togliere gli occhi dal cancello di Pasel, nella direzione da cui ipoteticamente era giunta la voce, il che dimostrava che non era un semplice colloquio ma un monologo senza possibilità di replica.
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