Capitolo 2°: "I segni si addensano..."

"Le stelle mi mandano tristi presagi, Isilion. Un'altra volta ti accompagnerò nella foresta, e mi insegnerai quello che sai. Ma non stasera. E so che tu meglio degli altri puoi capirmi."

Alle parole del compagno, lo sguardo dell'Elfo si fece serio e, appoggiandogli una mano sulla spalla, guardandolo fisso negli occhi e con voce un po' più bassa gli disse:

"Gwaeron, è appunto per questi tuoi presagi che ti invito a seguirmi nel bosco; è tempo ora . . . e non un domani . . ."

Guardando negli occhi l'elfo, Gwaeron rimase fermo per qualche istante. Forse Isilion aveva ragione, e dopo tutto era sicuro che l'elfo potesse insegnargli molte cose sulle stelle. Non era forse stato un elfo a istruire suo padre molti anni prima?
Raccolse le sue cose, e senza parlare fece un passo avanti in direzione della foresta...

Gwaeron si voltò verso la grotta nella quale si erano accampati. Meneldir fumava solo all'entrata, e Olin si prendeva cura del fuoco. Era saggio lasciare i due compagni da soli al campo? Con uno sguardo perplesso guardò prima Isilion e poi Yeras, che ancora non aveva risposto...

*No. Non mi sembra saggio lasciare quei due compagni da soli; ma se Isilion dice così, avrà le sue buone ragioni...*

"Sì, messere Isilion, verrò!
Ma siete sicuro che sia una buona idea lasciare Meneldir e Olin da soli?
Credete sia così sicuro questo posto?"

Non dubitava delle ragioni dell'elfo; solo voleva una conferma.

"Yeras, non preoccuparti per Meneldìr e tanto meno per Olin, in questo luogo sono al sicuro; comunque la mia intenzione è quella di non allontanarci troppo . . .
Andiamo prima che l'ora del riposo si avvicini che vi devo raccontare diverse cose"

L'Elfo si inoltrò nel bosco insieme ai suoi due compagni e, dopo un centinaio di passi, si rivolse a Yeras e Gwaeron dicendo loro:

"Potreste aiutarmi ad individuare un albero dal quale poter osservare il nostro accampamento senza essere visti? Sapete, avrei qualcosa da riferirvi riguardo a Meneldìr e non vorrei che quell'uomo ci seguisse o sentisse i nostri discorsi . . ."

Isilion aveva lasciato Meneldìr al di fuori della caverna e probabilmente il numenoreano era ancora assorto nei propri pensieri, mentre il fumare lo aiutava a rilassarsi, quindi l'elfo cercava un punto da dove poter osservare i suoi movimenti da una raguardevole distanza, e che gli permettesse nello stesso tempo di avere un dialogo con Yeras e Gwaeron senza essere udito . . .

Mentre aspettava una risposta da parte dei suoi due compagni, Isilion si fermò davanti ad un albero, poi guardò in direzione dell'accampamento e quindi si arrampicò per vedere se riusciva a scorgere qualcosa di più . . .

Trovò quindi un pratico e stabile appoggio ad una certa altezza e diresse il proprio sguardo verso l'accampamento; da quella posizione poteva vedere bene Meneldìr che continuava pigramente a fumare la pipa, scambiando due chiacchiere con Olin e riattizzando il fuoco del campo.

Quindi Isilion, senza girare la testa, cominciò a parlare serioso, in modo che Yeras e Gwaeron lo sentissero:

"Amici, credo che abbiate già capito che le erbe profumate da mettere nel fuoco erano una scusa per parlarvi senza essere ascoltato . . .
Nessuno di voi due ha una strana impressione riguardo Meneldìr? Non vi sembra che ci stia nascondendo un po' troppe cose?
Siamo arrivati ormai vicinissimi alla nostra destinazione; ho notato che Meneldìr seguiva un sentiero guidato da segnalazioni, messe lì probabilmente dalla sua gente; quella grotta in fine, è stata frequentata recentemente . . .
Non trovate niente di strano in tutto questo?
Perchè, se Meneldìr ha amici da queste parti, avrebbe bisogno del nostro aiuto per rientrare in possesso della sua rocca?
Potrebbe essere che io mi stia ponendo problemi inesistenti, ma volevo sentire anche il vostro parere . . ."

"I tuoi dubbi sono fondati, Isilion. E' evidente che Meneldir ha amici da queste parti, eppure ha cercato i suoi compagni lontano da qui. Ci sono due possibilità. I raminghi suoi amici non vogliono entrare a Barad Eithel, oppure Meneldir non vuole che altri Raminghi lo accompagnino. In ogni caso non sapremo molto da lui. I prossimi giorni porteranno sangue. Anche le stelle mi mettono in guardia..."

Tenendo sempre lo sguardo verso l'accampamento e il circondario, Isilion indugiò qualche istante prima di rispondere ai suoi compagni, poi disse:

"Chiedere spiegazioni a Meneldìr riguardo i nostri dubbi, potrebbe creare attriti che non gioverebbero di certo alla compagnia; già il fatto di avervi parlato die quelli che sono i miei dubbi, non sarebbe nel mio modo di fare . . .
Io sono deciso ad affrontare qualsiasi difficoltà che venga posta sul nostro cammino e credo che le sorprese non saranno poche . . .
Mi aspettavo di trovare qualche segno della presenza di orchi da queste parti, ma della convivenza tra luoghi sicuri per i raminghi e le solite perlustrazioni notturne delle lurg orchesche, non vedendo di queste alcuna traccia, non ne ho mai sentito parlare; questo mi porta a pensare che, o siamo di fronte ad un gruppo di orchi che resta barricato notte e giorno all'interno di Barad Eithel, senza uscire mai in perlustrazione, oppure siamo di fronte a qualcosa che con gli orchi non centra . . .
Di solito, se un gruppo di orchi resta barricato alla difesa di una rocca, non è un buon segno, perchè vuole nascondere la propria presenza e quindi qualcosa che deve rimanere sicuramente segreto . . .
Se fossero invece uomini quelli all'interno di Barad Eithel?
I dubbi sul fine della nostra missione sarebbero molto gravi!
Capisco che, per quello che sappiamo, la legittima proprietà della rocca sarebbe di Meneldìr, ma questo è quello che ci è stato raccontato, quindi conosciamo solo una parte della verità . . .
Queste sono le mie deduzioni signori miei . . . voi che ne pensate?"

"Meneldir ci è stato presentato da Halbarad, persona che io conosco e giudico rispettabilissima.
Halbarad era presente durante la sua spiegazione della missione, e non ha dubitato un attimo della sua storia.
E Meneldir è in possesso di una chiave che proverebbe forse l'appartenenza della fortezza alla sua famiglia.

No.
Io non credo che non ci siano orchi in quella fortezza...

Però c'è anche un negromante, e, per quanto mi è dato di capire, io credo che il negromante sia "uomo"...

Io credo che dovremmo sapere qualcosa di più su questo uomo: perchè è lì, e che cosa nasconde.

Sì! Perchè qualcosa di "nascosto" c'è di sicuro...

Anzi, glielo vado a chiedere io chi è questo negromante!"

E Yeras fece per alzarsi...

[Modificato da Martino NonancoraRe 18/04/2004 21.26]

Olin si stava occupando del fuoco e della cena quando i tre si allontanarono dal campo. Non gli erano mai piaciuti i silenzi troppo prolungati, perciò con un po' di imbarazzo iniziale si decise a parlare.

"Allora, messer Meneldir, non sembrate poi così entusiasta di tornare a casa, come mai avete quello sguardo così grave?"

Il nano aspettò la sua risposta con una certa apprensione, era tutto concentrato ad osservare la reazione che l'uomo avrebbe avuto.

Appoggiato a un grosso albero, Gwaeron rifletteva. Per una volta condivideva i pensieri di Yeras, e questo gli sembrò strano.
Non aveva dubbi sulle intenzioni di Meneldir. E anche per lui la parola di Halbarad era una garanzia più che sufficiente. Tuttavia c'era evidentemente qualcos'altro che ancora Meneldir non aveva rivelato, e ora che si avvicinavano a Barad Eithel ne erano più consapevoli.
Masticando una buona presa di tabacco, Gwaeron guardò il ragazzo e l'elfo, ma senza parlare...

L'Elfo distolse quindi il suo sguardo dall'accampamento e scese dall'albero dove si era arrampicato . . .
Guardò i suoi due compagni con volto sereno e disse loro:

"Bene, io vi ho espresso le mie perplessità e credo che ben presto avremo le risposte alle nostre domande."

Isilion si chinò ai piedi di una grossa roccia che affiorava dal terreno e raccolse una manciata di muschio fresco, poi disse a Yeras e Gwaeron:

"Visto che siamo nel bosco, avete qualcosa di interessante da fare o altre argomentazioni da proporre? Altrimenti io tornerei all'accampamento . . ."

Meneldir fumava tranquillamente alla luce del fuoco, quando venne riscosso dai suoi pensieri dalle parole di Olin:

"Messere Nano, Barad Eithel non è più casa mia ormai. Ahimè, essa è lontana e stavo pensando proprio a chi mi aspetta tra le sue mura. Forse è per questo che non avevo molta voglia di andare ad indagare sul nuovo padrone della torre quando Halbarad me lo ha chiesto: sono ormai mura consumate dal tempo che non significano più nulla per me. Purtroppo però non sempre riusciamo a fare ciò che desideriamo, ed in questo come in altri casi il passato torna a bussare alla nostra porta, che lo vogliamo o meno. Avrei preferito rimanere con le persone che amo, ma per proteggerle a quanto pare dovrò ancora una volta aspettare e seguire le indicazioni e gli ordini di chi mi indica una via che ora mi sembra ignota ed oscura. Voi non pensate alla vostra casa ed alla vostra gente con rimpianto, quando siete lontani da loro come adesso?"

"No. Solo... Occhi aperti e mente sveglia!"
Rispose Yeras a Isilion, ripetendo la frase che soleva dirgli suo padre quando gli insegnava i principi della caccia.

E si allontanò verso l'accampamento.

Quando si avvicinò a Meneldir, che stava fumando e chiaccherando con Olin, Yeras non si curò di destare sospetti sul precedente complotto, e sui dubbi discussi nell'oscurità del bosco con gli altri compagni, ma si riferì a lui in maniera diretta e innocente, come era solito fare:

"Vorrei sapere qualche cosa di più su questo negromante, Messere Meneldir, se l'argomento non vi è di disturbo..."

Dalle sue parole, forse avventate (come successe in precedenza), Meneldir avrebbe forse potuto capire che si era discusso di qualcosa alle sue spalle...

Meneldir prese un'ultima boccata dalla sua pipa:

"Purtroppo le notizie che ho su di lui sono molto vaghe, giovane ramingo. Dai racconti impauriti di alcuni cacciatori della zona, fuggiti in tutta fretta verso est, sembra che si tratti di un potente stregone che compie tremendi esperimenti all'interno della torre e che comanda innumerevoli orchi. Si tratta evidentemente di esagerazioni, ma Halbarad mi ha chiesto di indagare, visto che solo io sono in possesso dell'unica chiave rimasta in grado di aprire la porta di Barad Eithel. Si narra infatti che all'interno della torre vi siano numerose trappole, poste dall'ultimo membro della casata che vi ha dimorato, e che l'ingresso sia magicamente precluso a chi non appartenga alla famiglia degli Eldanar, l'unica possibilità essendo la chiave runica che porto al collo. Da molto tempo però nessuno è mai entrato al suo interno, ed ignoro se queste storie siano vere oppure frutto di antiche superstizioni. Ma a quanto pare lo scopriremo presto, ed ora credo proprio che sia ora di andare tutti a dormire, domani dovremo percorrere ancora parecchia strada."

Il dùnadan raccolse quindi le sue cose e cominciò a preparare il suo giaciglio per la notte...

*Esperimenti?!*

Dalle sue parti usavano quella parola con accezione negativa...
Per di più, se a farli doveva essere uno stregone, con un uso maligno della magia contrario ai principi della Dea della Natura, la cosa non doveva apparire per nulla buona agli occhi di Yeras...

*Non mi piace questa storia degli esperimenti! Nessuno ha il diritto di turbare ciò che Natura ha fatto!*


"Sì, Messere Meneldir.
Trovo anch'io giusto indagare meglio su questa faccenda...
E se qualcosa al suo interno non dovesse piacermi, e parermi contrario ai principi della Dea, gli porrò termine come voi dite!"

Yeras si trovò determinato, per la prima volta in quel momento, ad entrare in quella dannata fortezza!

[Modificato da Martino NonancoraRe 22/04/2004 23.26]

Il gruppo si rimise in cammino la mattina successiva, di buon'ora. Procedevano cautamente, attenti ad ogni segnale che potesse in qualche modo tradire presenze ostili nei dintorni.
Prima di partire infatti, Meneldir li aveva messi in guardia:

"Finora abbiamo proceduto tranquillamente e senza intoppi, ma d'ora in poi dovremo essere vigili: la torre è sempre più vicina ed i suoi occupanti potrebbero pattugliarne i dintorni. Occhi aperti quindi, ed attenti ad ogni rumore sospetto."

Il ritmo di marcia era infatti molto rallentato ed in più occasioni Meneldir, che guidava il gruppo, aveva interrotto il cammino insospettito da rumori provenienti dal folto della foresta. Finora però la sua cautela era risultata inutile: nessun segno di orchi sul loro sentiero.
Quando ormai le ombre del pomeriggio si erano allungate, ed il gruppo cominciava già a pensare alla sosta serale, la loro guida si acquattò bruscamente segnalando agli altri di fermarsi. Tutti lasciarono rapidamente il sentiero nascondendosi dietro i cespugli che lo fiancheggiavano.

Maneldir indicò in silenzio ad Isilion ciò che lo aveva allarmato: qualche decina di metri più avanti sembrava aprirsi una piccola radura. In essa si intravedevano i resti di un fuoco da campo ed i corpi di due Orchi stesi sul terreno vicino. Gli alberi ed il sottobosco impedivano la visione dell'intera radura, ed era palesemente necessario avvicinarsi per verificare le condizioni dei due corpi e dell'equipaggiamento che si intuiva dalla loro posizione.
Tutto intorno a loro il silenzio...