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tradizioni

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2013 23:04
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21/03/2013 23:04
 
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Attualità | giovedì 21 marzo 2013



Oggi è il primo giorno di primavera. Anzi no !!!!




Gli esperti dicono che la stagione che segna il risveglio della natura, in Italia, sia arrivata alle 12.02 di ieri, ma noi...

Siamo fra quanti, fedeli agli insegnamenti scolastici, portano dentro la convinzione che oggi – giovedì 21 marzo – sia il primo giorno di primavera. E lo festeggiano come se oggi si valicasse un ipotetico confine verso la bella stagione, il sole ed il caldo.

Così in effetti non è. Il primo giorno di primavera, quello che segna il risveglio della natura, i primi germogli sui rami degli alberi, le prime primule nei prati appena ripuliti dalla neve d’inverno, può coincidere con il 19, il 20 o il 21 marzo. Quest’anno, per la sesta volta consecutiva, la primavera è iniziata il 20 marzo. E non è un errore. L’equinozio di primavera, infatti, contrariamente da quello che abbiamo imparato da bambini e da quanto stabilito inizialmente dal Concilio di Nicea nel 325 d.C . e poi confermato nel 1582 da Papa Gregorio XIII, non cade necessariamente il 21 marzo.

Con il termine equinozio ci si riferisce infatti non già ad un giorno ben preciso ed immutevole, ma a un istante. Quello in cui il Sole attraversa, passando dall’emisfero australe a quello boreale in marzo e viceversa in settembre durante l’ equinozio di autunno. Questa sorta di magic moment, nel 2013, è avvenuto alle 11:02 (le 12:02 in Italia) di ieri, mercoledì 20 marzo.

Ci piace essere colpevolmente tradizionalisti. E continuare a credere che la primavera cominci oggi, anche in questo 2013 di grandi eventi .

E continuare a pensare ai momenti in cui il 21 marzo coincideva con l’indossare per la prima volta i calzoni corti, con i “pensierini” (allora si chiamavano così) scritti in bella calligrafia sul quaderno di scuola a proposito della bella stagione entrante, con le nostre mamme chine sui prati con il coltello in mano ad estirpare le prime, tenere “erbette” e le abbondanti primule, buone per una tenera insalatina le prime ed per una minestra mai amata e sempre mangiata le seconde, con i primissimi fiori di campo da portare a scuola avvolti in un foglio di giornale per farne dono alla maestra. Ed alle prime rondini svolazzanti nel cielo. Sparite anche quelle. E non soltanto in primavera.
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08/01/2013 12:34
 
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a Fontane
il museo di arti, mestieri, costellato dai panni d'epoca e dai preziosi ricami,suppellettili in ambienti perfettamente ricostruiti. tra roncole,asce,vanghe,anche un'idea di come si viveva nel passato...in un mondo faticoso nel lavoro, ma sereno per le piccole cose quotidiane... [SM=x1488181]
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14/10/2012 07:14
 
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ATTUALITÀ | sabato 13 ottobre 2012



Il Comune di Mondovì a caccia di nuovi prodotti De.C.O.

Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 25/2012 è stato approvato il “Regolamento della Denominazione Comunale di Origine (De.C.O.)”, che ha per obiettivo la tutela e la valorizzazione delle attività agro-alimentari ed artigianali tradizionali locali, in quanto risorse di valore economico, culturale e turistico e strumenti di promozione dell’immagine della Città. Tale provvedimento prevede la possibilità di attribuire il marchio De.C.O. ai prodotti tipici dell’ambito comunale, per attestarne la loro origine ed il loro legame storico e culturale con il territorio.

"Al fine di procedere ad una individuazione preliminare di prodotti e manufatti agro-alimentari ed artigianali che si possano fregiare di tale riconoscimento, si invita chiunque vi abbia interesse, a far pervenire al Comune di Mondovì una segnalazione, entro e non oltre il 31 dicembre 2012, utilizzando il modello reperibile presso lo Sportello Unico Comunale o sul sito internet istituzionale www.comune.mondovi.cn.it – sezione News. " affermano dal comune

La segnalazione potrà essere consegnata direttamente allo Sportello Unico Polivalente comunale (Corso Statuto 15), ovvero trasmessa via posta, via fax al nr. 0174/559.951 o tramite e-mail all’indirizzo ufficio.commercio@comune.mondovi.cn.it.
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27/09/2012 22:45
 
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VALLI MONREGALESI - 25-09-2012





Al Santuario di Vicoforte arrivano le “Terre dei Savoia”


Tra gli “addetti ai lavori”la notizia circolava da mesi, in attesa di una conferma: Vicoforte vuole aprire un punto informativo assieme alle “Terre dei Savoia”, proprio di fronte alla Basilica. Si troverà sotto la Palazzata, a fianco del passaggio pedonale che dai portici conduce al parcheggio sul retro, in un locale in cui fino ad alcuni mesi fa si trovava un negozio di oggettistica e antiquariato.
“Terre dei Savoia” è un’Associazione Piemontese (la sede è a Racconigi) che si occupa di promozione turistica dei territori che sono storicamente legate alla dinastia reale piemontese: paesi e cittadine che ospitano regge e residenze sabaude, palazzi aristocratici e ovviamente... monumenti come il Santuario di Vicoforte, fatto erigere da Carlo Emanuele I di Savoia affinché divenisse il mausoleo di famiglia (ruolo poi “dirottato” sulla Basilica torinese di Superga).
L’ipotesi, formulata mesi fa, dovrà prima vedere approvato dal Consiglio comunale l’accordo fra Comune e Amministrazione del Santuario: verrà votata nella seduta di venerdì 28 settembre. «L’accordo prevede che il locale venga concesso in comodato d’uso dal Santuario al Comune – ci spiega il sindaco Gasco –, che allestirà i locali in collaborazione con le “Terre dei Savoia”, grazie anche al contributo della Fondazione CRC, e si occuperà di gestirlo. Il centro-informazioni non sarà incentrato solo sul territorio di Vicoforte, ma su tutto il Monregalese: i turisti potranno fare riferimento per conoscere tutte le peculiarità e le attrazioni della zona».
M.T.


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Per chi vuole approfondire qualche notizia in più grazie a Wikipedia :

Storia del Santuario di Vicoforte

Il complesso trae le sue origini da un santuario medievale, composto da un modesto pilone decorato da un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna col Bambino, eretto da un fornaciaio per propiziare la buona cottura dei mattoni. Nel 1592, durante una battuta di caccia, un cacciatore di nome Giulio Sargiano colpì per sbaglio l'immagine della Vergine che, secondo la tradizione, sanguinò. La realtà vede invece il cacciatore pentito che appende il suo archibugio al pilone e inizia una grande raccolta di fondi per riparare il danno ed espiare così il suo peccato. Ancora oggi l'archibugio è conservato in una cappella del Santuario, accanto all'affresco deturpato.
Tomba di Carlo Emanuele I

Nel giro di pochi anni questo luogo divenne meta di pellegrinaggi sempre più frequenti ed attirò anche le attenzioni del duca Carlo Emanuele I di Savoia che, nel 1596, commissionò la costruzione di un grande santuario all'architetto di corte Ascanio Vitozzi. Nelle intenzioni del Duca, il Santuario avrebbe dovuto accogliere i molti pellegrini e diventare in seguito il mausoleo di Casa Savoia, luogo destinato alle tombe della famiglia, funzione assunta in seguito dalla Basilica di Superga sulla collina torinese. Il Vitozzi morì nel 1615, quando la grande costruzione era stata eretta fino al cornicione, dove sarebbe dovuto essere innestato il tamburo della cupola. Morto anche il Duca (che volle essere sepolto in Santuario), a distanza di quindici anni dall'architetto, la costruzione si arrestò del tutto, lasciando il Santuario a lungo tempo scoperto. Una nuova infervorazione di fedeli si ebbe nel 1682, quando la Vergine del pilone venne solennemente incoronata, come ringraziamento del termine della guerra del sale. Da allora si riprese la costruzione, senza contare più sull'appoggio del Savoia (infervorati dalla costruzione della basilica di Superga), grazie all'impegno dell'architetto e ingegnere monregalese Francesco Gallo che, incoraggiato da Filippo Juvarra, si cimentò nella grande impresa a partire dal 1728. Sopra il possente basamento in arenaria, di stampo manierista, venne rapidamente costruito il tamburo, di evidenti linee barocche, e la cupola, che venne terminata nel 1732. La poderosa cupola ellittica innalzata dal Gallo, alta 74 metri, lunga 37,15 metri sull'asse maggiore e 24,80 metri sull'asse minore, venne disarmata non senza trepidazione, data l'arditezza della costruzione, tanto che si narra che dovette andare lui stesso a togliere le impalcature, poiché nessuno pensava che una struttura di quel tipo potesse reggere.

Controversa fu invece la costruzione dei campanili, quattro secondo il progetto del Vitozzi. Il primo fu costruito rapidamente, su richiesta della Madama Reale Cristina di Francia, in visita a Vico (1642), e collegava il Santuario con il vicino monastero cistercense. Dieci anni dopo vennero innalzati i due campanili frontali e, per simmetria, anche il quarto, opposto al primo campanile, che rimase fino al 1830 l'unica torre campanaria funzionante. All'annosa questione della sistemazione dei campanili si pose rimedio nel 1880, anno in cui il Santuario divenne monumento nazionale, quando venne indetto un concorso, al quale partecipò anche, con un progetto, Alessandro Antonelli. Nel 1884, finalmente, vennero avviati i lavori di sistemazione, con la costruzione di poderose ed elaborate cuspidi barocche, riprendenti lo stile di quella posta sulla lanterna che sovrasta la cupola. Per questioni di stabilità, però, le cuspidi vennero abbattute nel 1906 e i campanili ottennero la conformazione attuale[2].

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27/09/2011 10:30
 
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falo' dell'abbondanza
in alcuni paesi montani del piemonte e della valle d'aosta nel passato si preparavano in autunno dei falo' per bruciare sterpaglie a pulizia dei boschi; era occasione per vivere in comunita', servire vin brulè e propiziarsi la stagione invernale incombente.
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06/10/2010 11:03
 
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servire il te'
per abbellire il classico servizio bianco, sul vassoio di vetro smerigliato della nonna si puo' appoggiare un mazzolino di lavanda. [SM=x291718]

ottimi i tovagliolini bianchi o blu, ricamati a mano e piegati a triangolo, col pizzo al bordo. [SM=x291708]

aboliti i tovaglioli di plastica. [SM=x1488179]
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30/09/2010 22:26
 
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Comune di ROBURENT
Comune di ROBURENT
Arburent in piemontese
Abitanti : Roburentesi
Epoca di fondazione : Dato non disponibile
Data di istituzione del Comune: Dato non disponibile

Dati Statistici:
546 abitanti al 31/12/2007 (M. 277 F. 269)
Abitanti a inizio ‘900 : 1919
Densità abitativa : 19 ab./km²
29,87 Kmq di superficie
788 Mt s.l.m. di altitudine
Coordinate : 44°19'0''N, 7°53'0''E
Decimali : 44.316667°, 7.883333°

Frazioni del Comune : Pra, San Giacomo
Comuni confinanti : Frabosa Soprana, Garessio, Montaldo di Mondovì, Ormea, Pamparato, Torre Mondovì

Santo Patrono : San Siro
Prefisso telefonico : 0174
CAP : 12080
Codice ISTAT : 004186
Codice catastale : H378
Distanza da Cuneo Km 42

Cenni storici:
Molte ipotesi sono state fatte sull'origine del nome "Roburent"; qualcuno vorrebbe farlo derivare dal latino "robur", altri sostengono la improbabile derivazione dalla remota presenza di boschi di quercia "quercus robur", ma l'ipotesi più attendibile e' quella che il nome nasca come riferimento alla rumorosità delle acque del torrente che solca la stretta valle in prossimità dell'abitato. Questa ipotesi sarebbe avvalorata da un documento notarile dell'anno 1118 con il quale Landolfo, vescovo di Asti, concede il territorio roburentese agli uomini di Vico, documento sottoscritto anche da un certo Furcheridus de Rivo Bruzenti. Altri documenti testimoniano la lenta evoluzione del nome in Rivuo Bruzenti, Rivuobrugente, Rivobruzzente , Rioburente e, infine, in Roburent. La piu' antica testimonianza di insediamenti umani in questi territori e' quella ipotizzata dall'archeologo alessandrino Janigro D'Acquino il quale documentò, in una relazione sui megaliti del Monregalese, il ritrovamento di alcuni altari di pietra sull' Alpe Robert, all'estremo confine sud del territorio comunale di Roburent. L''ipotesi dello studioso alessandrino e' che queste zone montuose fossero abitate da popolazioni preistoriche dedite alla pastorizia, adoratrici del sole e del tuono, molto simili alle comunità preistoriche che popolavano la vicina "Valle delle Meraviglie". Del passaggio e dell'esistenza di popolazioni Ingaune e di Liguri Montani durante l'epoca romana , si hanno testimonianze più ampie. Una stele funeraria di quel periodo venne ritrovata presso il monte Savino, alle spalle di Roburent, area importante per il transito dalle pianure verso la costa ligure, garantito dalla antica via Sonia o Savinia che collegava Augusta Bagiennorum con Albenga. Negli anni dal 900 al 975 la sua popolazione pare abbia subito, come tutti gli insediamenti circostanti, i danni causati dalle incursioni dei Saraceni, Con una certa precisione si possono poi ricostruire i fatti che seguono l'anno mille. A Roburent viene costruito un castello, di cui rimane intatto il torrione di guardia e parte del muro e, seguendo le alterne vicende che la storia di quei secoli ci ha tramandato, anche questo comune passo' di mano in mano più' volte. Nel 1153 il feudo fu del vescovo di Asti. Mondovì ne contese il possesso agli astigiani più volte per la ricchezza dei boschi . Infine, dal 1419, il Comune, castello compreso, passarono ai Savoia i quali ne detennero la proprietà molto a lungo. Molti altri avvenimenti caratterizzarono le vicende di questa piccola comunità, che venne coinvolta intorno al 1600 nella nota "Guerra del Sale". Altri episodi degni di nota risalgono al periodo napoleonico, quando si assistette in zona ad una forte resistenza contro le truppe francesi. Di quel periodo rimane, in Sangiacomo, un ricordo legato alla toponomastica; la strada campestre che collega l'abitato con il Monte Alpet proseguendo poi per l'Alpe Robert, porta ancora il nome di "Via dei Cannoni" a memoria della nefasta processione di armamenti che avvenne in queste contrade durante l'invasione napoleonica.

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Non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi. Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro paese.
JFK

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30/09/2010 21:58
 
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L’Occitania e la Parlata del Kyè
Il Comune di Roccaforte fa parte della “nazione” occitana e costituisce, insieme ad altri comuni della alte valli Maudagna e Corsaglia, il lembo più orientale di quella regione che si estende dai Pirenei alle Alpi. Per comprendere l’origine del nome dato a questa regione occorre tornare con la mente a Dante, che per classificare le lingue romanze prese spunto da come in esse venivano usate le particelle affermative. L’insieme delle regioni dove si parlava la lingua d’Oc venne chiamato appunto Occitania.Nell’alta Valle Ellero, a Prea, Baracco e Rastello (come a Fontane in Val Corsaglia e a Miroglio in val Maudagna) è parlato il “kyè”. Dialetto di chiara origine occitana, così chiamata dal pronome personale soggetto “kyè = io”. La parlata ha avuto un riconoscimento ufficiale solo dal 1969 grazie all’opera di valenti studiosi, quali ad esempio il Dott. Corrado Grassi dell’Università di Torino, il quale scrisse un articolo intitolato “Parlà du kyè: un’isola linguistica provenzale nelle valli monregalesi”, con il quale il limite delle parlate provenzali veniva spostato fino alle Valli Ellero e Corsaglia. Le notizie in merito a questa lingua così differente dal piemontese giunsero a Grassi grazie al dott.G.B Basso di Prea, che come altri aveva evidenziato l’importanza quale segno della lunga storia di cambi tra le alte vallate alpine e il versante francese, incoraggiandone la difesa e l’uso locale.

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06/09/2010 17:52
 
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la tradizione del mielito balsamico: suffumigi e co.
non solo un cucchiaino per il mal di gola e la tosse, ma anche un'efficace cura emolliente a base di "fumenti". [SM=g11373]
per intensificare l'effetto, le nonne frizionavano il petto del malato con olio canforato. [SM=g27831]
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06/03/2009 12:33
 
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casolari e fienili
Come il giàs per il ricovero in alta quota, anche in valle sono presenti rustici un tempo adibiti al deposito del fieno ed oggi utilizzati principalmente come ripostiglio degli attrezzi.
Incoraggiare a risistemare i luoghi della tradizione, secondo le regole edili di un tempo ha dato, ove possibile, ottimi risultati, basti pensare alla ristrutturazione del rustico nella strada che da Sangiacomo porta a Roburent, qualche curva subito dopo l'ex-distributore di benzina. [SM=x291722]
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24/02/2009 12:24
 
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erbe profumate e aromi
Utilizzate dalla tradizione sin dall'epoca di Carlo Magno, le erbe piu' comunemente usate a scopi alimentari sono quelle di tipo mediterraneo, come rosmarino, salvia e timo. [SM=x291711]
Per insaporire le carni lo scettro va al ginepro, con le sue aromatiche bacche. [SM=x291718]
Per la profumazione dei cassetti le nostre bisnonne usavano la lavanda.
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25/10/2007 14:17
 
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Halloween
la festa di hallowen, tradizionalmente di spirito anglosassone, ha ormai preso campo anche nel nostro paese e secondo me non a torto, in quanto di derivazione da antiche tradizioni celtiche e poichè i celti furono presenti anche in italia, non vedo perchè anche noi non dovremmo festeggiare questa ricorrenza, oggi forse un po' troppo commercializzata.
halloween deriva dalla festa celtica di samhain, il tempo in cui il semestre scuro comincia. era la fine del ciclo agricolo e della raccolta finale. e' una delle due notti degli spiriti, l'altra è beltaine: è quando il velo fra i mondi si assottiglia e le comunicazioni fra noi e le anime dei morti si fa più facile.
a samhain si celebrava il capodanno celtico, ogni fuoco veniva spento e riacceso solo il giorno successivo: questo simboleggiava l'arrivo del nuovo anno. quando il mattino giungeva, i druidi portavano le ceneri ardenti del fuoco presso ogni famiglia che provvedeva a riaccendere il focolare domestico.
in irlanda è tipico in tutte le famiglie preparare il cosiddetto colcannon, piatto tipico di questa ricorrenza: è una ricetta fatta con purè di patate, cavolo tritato e cipolla, servito caldo con molto burro. solitamente al suo interno si nasconde4va una moneta ed il fortunato che la trovava aveva il privilegio di poterla tenere.
alcune feste celtiche passarono alla cultura cristiana, dopo che i romani sottomisero i celti e quando più tardi la roma cattolica cercò di convertire i celti pagani. fu chiaro però alla chiesa che i celti nonostante la loro apparente sottomissione alla cultura cristiana continuavano ad aderire testardamente ad alcuni elementi del loro vecchio credo. così all'incirca nel settimo secolo a.c. la chiesa spostò la festa di ognissanti, che onorava il martirio dei primi cristiani, da magigo al primo novembre, in modo da unirla agli antichi rituali druidici del 31 ottobre.
ciò accadde anche per altri riti "pagani" entrati nel cristianesimo, come il culto del dio mitra, ma questa è un'altra storia e ne riparleremo a natale. [SM=g27822]
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31/01/2007 12:04
 
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tradizione dei vinicoltori montani
In questi giorni di fine mese le botti vanno "sgrumate" dal "cremone" di tartaro, che si è addensato attorno al legno; dopo un'accurata pulizia delle doghe e del fondo con apposito raschietto, le botti vengono lavate e poi, una volta asciutte, cosparse di zolfo.
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02/10/2006 13:31
 
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Re: il tradizionale vino

Scritto da: icci 02/10/2006 11.59
Nel comprensorio in questo mese terminavano anche nel passato le operazioni di vendemmia; i contadini si apprestavano alle operazioni di vinificazione, curando meticolosamente la pulitura di attrezzi, tini, cantine.



come non ricordare, magari ai nuovi lettori, il
precisissimo lavoro di Ines/Icci:
http://www.parpaiun.it/vino.php
[SM=x291716]
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02/10/2006 11:59
 
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il tradizionale vino
Nel comprensorio in questo mese terminavano anche nel passato le operazioni di vendemmia; i contadini si apprestavano alle operazioni di vinificazione, curando meticolosamente la pulitura di attrezzi, tini, cantine.
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17/01/2006 11:31
 
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“Crivel”
Setaccio per smistare le castagne, fatto con buchi medi: le piu’ piccole passavano al di sotto, mentre le grosse venivano trattenute [SM=g27824] .
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07/11/2005 12:14
 
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“Armundau”
Scarponi con due chiodi che fuoriescono in parte dalla suola, erano utili ai montanari per arrampicarsi sugli alberi, senza correre il rischio di scivolare. [SM=g27811]
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27/10/2005 15:57
 
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La “lesa”
Era un’antica slitta usata nel comprensorio per trasportare i prodotti dei boschi (castagne, nocciole) e quelli derivati dal latte (formaggio, burro).
Spesso i contadini caricavano la “lesa” anche di fieno, [SM=x291718] per trasportarlo [SM=x291720] dai fienili di montagna alle stalle dei paesi.

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30/09/2005 20:32
 
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Tempo di castagne, tempo di "pistau"
Il "pistau" era un attrezzo simile alla mazza usato nel passato per sbucciare e schiacciare le castagne.[SM=g27823]
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26/09/2005 16:45
 
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La balma
Piccolo riparo tra le rocce, usato saltuariamente e solo in alta quota.[SM=g27823]
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16/09/2005 11:22
 
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Il giàs
Tipica dimora dei margari, che ne limitavano l’utilizzo -in alta quota -ai mesi estivi, coincidenti con la vita in alpeggio.[SM=g27827]
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29/08/2005 22:51
 
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Trasporto del fieno
Un tempo i montanari trasportavano il fieno raccolto “a spalle”, usando un lenzuolo di tela o di canapa.
Il fieno veniva compresso per rendere piu’ agevole il trasporto.

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18/07/2005 16:14
 
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“Casot”
E’ il nome dello storico edificio, comunissimo nel passato, utilizzato per ricovero di persone o animali, e deposito di materiale, solitamente attrezzi da lavoro; ancor oggi casolari simili si possono vedere nel comprensorio, sparsi un po' ovunque.[SM=g27827]
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Filastrocca del gioco a palla in aria
Il gioco della palla, sia per ragazzi sia per adulti, fa parte, come gia' detto, della tradizione piemontese.
Questa è una delle numerose filastrocche infantili tramandate da una generazione all'altra e ripetute mentre si gioca:[SM=g27824]

Palla mia ti prendo senza muovere,
con un piè,
con una man,
battiman,
zigzago, un violino, un bacino,
tocco terra,tocco cuore,
amare,
signore,
gheisa[SM=x291710]
(tratto da “Tracce”, scuola elementare statale Luigi Cugnod, Pamparato-Serra)

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“ La sòtola “
E’ l’antica trottola fatta di legno di faggio o bosso.
“Attorno è tutta rigata per far passare meglio il filo; in cima ha un pezzetto che sporge per tenerla.
In fondo, affinchè giri meglio, c’è una punta di ferro piantata nel legno.
Per farla girare si attorciglia tutto il filo, si tiene con le mani la punta dello spago, si lancia per terra e si tira velocemente il filo”.

(tratto da “Tracce”, scuola elementare statale Luigi Cugnod, Pamparato-Serra)

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