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Libri: commenti e recensioni (soprattutto sulla montagna)

Ultimo Aggiornamento: 28/02/2013 10:37
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21/10/2005 16:24
 
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La montagna, la traversata, il viaggio
Leggendo vari libri di montagna, quelli di Messner in primis, non da ultimo “Il sogno del Lupo” di Sciolari, mi sono convinta che il tema dominante sia comunque sempre quello del viaggio in sé, piuttosto che quello dell’impresa eccezionale.
Messner infatti con “La liberta’ di andare dove voglio” spiega come possa arrampicare liberamente sulle Odle o sull’Everest: sta a lui la scelta di quale esperienza fare.
Cosi’ vale per Monatti ( “Le mie montagne”) e per Maestri (“E se la vita continua”).
Il viaggio avventuroso ha significato ambivalente: se da un lato la meta rappresenta un successo, una volta raggiunta, dall’altro la meta è anche lotta per il suo conseguimento, a scapito delle certezze e della stabilita’ della vita di routine che si lasciano alle spalle al momento della partenza: entrano allora in gioco nuovi sentimenti, quelli che fanno superare la voglia di sicurezza sterile, della vita di tutti i giorni, e che spingono verso l’ignoto.
Questo andare oltre la certezza quotidiana è sinonimo di mettere a nudo, per superarle, le proprie debolezze: ogni impresa avventurosa, per quanto studiata a tavolino, è piena di imprevisti oggettivi.
Ecco perché chi parte per questo tipo di viaggio, rompendo il quotidiano stabile e certo, entra in contatto con la sua vulnerabilita’ di essere umano.
In una societa’ tecnologica che risolve ogni nostro problema c’è bisogno anche di cogliere questa fragilita’ umana, per vincerla e lasciarsela alle spalle, una volta compiuta l’impresa.
Il motivo del viaggio è insito nell’alpinista, come nella guida.
Gia’ si parlava di viaggio-esplorativo nel passato, ma qui il significato è secondo me molto piu’ interiorizzato.
Da sempre , da quando è nata la cultura con l’affermarsi del pensiero astratto, l’uomo ha fatto viaggi di scoperta.
Il “nostos” di Ulisse, recuperato cosi’ abilmente da Joyce, è il mito dell’uomo moderno che non ha piu’ radici e che, uscito dalle certezze illuministiche, si muove a fatica in un universo copernicano senza piu’ punti di riferimento: nasce la crisi di identita’ del Novecento, il non riconoscersi piu’ l’uomo forte di un tempo, ma essere consapevole della propria precarieta’ umana.
L’andare oltre non è pero’ sentirsi in esilio (Camus, “La peste”), ma è cercare, attraverso la conquista della vetta o la traversata, di resistere alla fatica, di combattere “il freddo, la neve, la solitudine, il grande silenzio”, come dice Sciolari, che viaggia per misurare se stesso.
Forse molto piu’ semplicisticamente Dante, uomo del medioevo, dove la certezza del vivere era data dal quotidiano e saldo rapporto con fede e religione, spiega che il motivo ad andare oltre è perché non siamo fatti “ a vivere come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”.
L’uomo di oggi, l’alpinista, la guida, quello che vuole provare il suo limite per superarlo, è invece un uomo che sceglie “l’avventura per crescere”, e non importa, come dice Sciolari, se è stata gia’ compiuta da altri oppure no.
Ecco perché oggi conta l’esperienza interiore che ne deriva dall’arrampicata o dalla traversata.
Il viaggio è in gioco come esplorazione di se stessi, approfondimento dell’io, ricerca della conoscenza personale.
La valenza materialistica del viaggio a cui ero abituata leggendo questo genere di libri, è per me un po’ scemata nella visione interiorizzata di questi esploratori moderni, dove lasciare alle spalle il porto sicuro, la certezza di quel grembo materno che ognuno porta con sé come bagaglio personale, vuol dire percorrere da solo in lunghezza o in altezza la distanza tra le proprie sicurezze e l’ignoto; è come dire che si vuole misurare il proprio limite, oltrepassarlo, per ritornare poi vittoriosi e sicuri a quell’approdo da cui si era partiti incerti e dubbiosi.
E’ anche un ritornare fiduciosi dopo aver conquistato quello spazio in perenne simbiosi con madre Natura.
Questi spazi interminabili, fatti da silenzi esasperanti, fanno dire a Messner: “La solitudine è una forza che ti travolge se erompe da te impreparato; che ti porta al di la’ dei tuoi orizzonti se sai sfruttarla per te stesso”.
Credo che questo si possa applicare anche al nostro quotidiano, fatto di piccole imprese senza guinness dei primati; riuscire a collocare nel nostro semplice stile di vita questa considerazione, ci aiuta indubbiamente a credere di piu’ in noi stessi, utilizzando le risorse interiori personali che, anche se non siamo eroi da alpinismo, abbiamo comunque numerose nel nostro io.

[Modificato da icci 21/10/2005 16.28]

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16/09/2005 11:37
 
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“Il sogno del lupo” di Ario Sciolari, ed.Corbaccio
L’autore è originario del Cadore e fa la guida alpina.
Con una slitta e due lupi (veri!) il protagonista attraversa le Alpi Scandinave, tra scenari da favola, immerso in erte, pietraie, oltre le conifere, nel silenzio senza scampo del Grande Nord.
La lunga notte artica ha sorpreso l’alpinista. . .[SM=g27831]
Tempo nefasto e colori brillanti si alternano incessantemente in un universo alpino che sembra quasi irreale. . .[SM=g27831]
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24/05/2005 12:27
 
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“Saigon addio” di S.Grea, ed.Sperling
Non è un libro di montagna, ma dato che in OT abbiamo parlato, tra le molte cose, anche di adozione, propondo un libro in cui si parla in modo un po' inusuale di adozioni.
Ambientata tra il 1975 e il 2003, l’opera affronta il tema della guerra in Vietnam, con le sue atrocita’, le contraddizioni, l’assurdo, come ogni guerra reca con sé.
Una bambina vietnamita rimasta orfana viene adottata da un funzionario inglese; dopo alterne vicende ed episodi intensi pieni di suspence, la bimba diventa donna e lavora in Australia come consulente aziendale.
La realtà dell’ adozione diventa per la giovane possibilita’ di sopravvivenza in un paese pieno di bombe e raffiche di mitra, di tradimenti e scaramucce: una vita quindi, gia’ tragicamente segnata da una rapida prospettiva di morte, o comunque orientata verso lacerazioni esistenziali, diventa possibilita’ di recupero e di riscatto per chi ha gia’ tanto sofferto per la privazione degli affetti familiari.
I segni del passato, pur rimanendo sempre nel cuore della protagonista, si trasformano in capacita’ di risorgere a nuova vita.
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12/05/2005 12:35
 
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Alpeggi
Di P.Maccari (ed.Musumeci).
Appassionato di storia e tradizioni, di cultura popolare e montagna, l’autore descrive i piu’ incantevoli alpeggi della Valle d’Aosta.
Si spiega il senso dell’alpeggio, un "impresa montana", che riunisce le mandrie dei villaggi sottostanti, per formare un’unica grande mandria da accudire nella crescita, nella mungitura, nella salute, nel fornire cibo.
Vengono illustrati stalle, pascoli, praterie, sotto lo sguardo attento e la fatica di uomini al lavoro.
Il ritmo del libro è quello della vita dell’uomo al servizio delle mandrie, ed è scandito dalla necessita’ e dai bisogni degli animali stessi.
Il tempo è quello lento e prevedibile del mutare delle stagioni e dei diversi impegni e compiti che con esse ruotano attorno alle mandrie.
Si spazia dalla transumanza verso alti pascoli, al rientro in stalla, dalla lavorazione artigianale del latte in altri prodotti caseari alla fienagione e agli altri lavori negli alpeggi.
Vi sono pochissime didascalie alle numerose immagini fotografiche.
Nella parte finale dell’opera vi è un elenco degli alpeggi, a sottolineare la particolare realta’ che esiste attorno a quella regione.
La natura e il lavoro sono scanditi da immagini che parlano da sole.
Alta la qualita’ fotografica ed elevata anche la scelta di didascalie particolareggiate e ben curate, proposte con semplicita’ e naturalezza a chi non fa parte di quel mondo bucolico, ma del quale si sente partecipe con lo spirito e l’ammirazione per tutto cio’ che esso rappresenta.

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02/05/2005 11:53
 
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Boschi e camosci, fiori rossi e ghiacciai
Di S.Unterthiner, ed.Musumeci.

L’autore descrive la vita degli animali nel loro ambiente montano: il bosco, la brughiera, la prateria, le nevi perenni.
L’opera parte da un espediente: una passeggiata dal fondovalle verso i ghiacciai e le vette, attraverso i vari microambienti incontrati.
Scritto da un naturalista, il libro presenta la montagna come una continua scoperta di ambienti e fauna corrispondente, di flora variopinta, di colori paesaggistici diversi.
L’uomo compare solo come figura marginale, che vive un rapporto di simbiosi con l’ambiente, nel massimo rispetto di flora e fauna.
Le foto naturalistiche sono eccellenti e lasciano senza fiato: aurore, tramonti, paesaggi, uccelli in volo, mammiferi in corsa, conifere, fiori di bosco.
L’opera è speciale per gli appassionati di natura e si snoda attraverso un romanzo visivo scritto con pochissime parole e numerose immagini, che danno un’impronta notevole al libro per la qualita’ fotografica e che ancor piu’ fanno amare la montagna e i suoi numerosi abitatori.

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26/04/2005 18:11
 
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Himalaya Stile Alpino
di A.Fanshawe,ed. Vallardi.
L’alpinista inglese F., insieme al collega S.Venables, descrive alcuni tra i piu’ spettacolari itinerari sui fantastici 8000, le cime piu’ alte della Terra, ma anche sulle note vette di 7000 e 6000 metri in Himalaya e in Karakorum.
Vengono indicati itinerari tradizionali ed altri meno conosciuti, sia su ghiaccio, sia su roccia.
I principali sono quello dei Catalani, nella parete sud dell’Annapurna, quello del Golden Pillar dello Spantik.
Si spazia dal K2 al Nanda Devi, dal Nanga Parbat al Nun.
Accanto alle numerosissime illustrazioni di ampio respiro su cordate e strapiombi vi sono itinerari forniti di scheda tecnica della salita, con indicazione di altezza, dislivello, campo base di riferimento, la prima ascensione assoluta, le difficolta’.
Opera ad alto livello tecnico sia nella scelta fotografica sia nelle indicazioni di salita riguardanti le vette.
E’ per tutti gli alpinisti, ma anche i naturalisti, gli amanti della montagni, gli appassionati delle alte quote in genere.

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19/04/2005 12:03
 
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hai gia' detto tutto!
e hai proprio ragione!
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19/04/2005 10:20
 
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vedi ines, la situazione di leningrado era simile a quella delle grandi città italiane: il problema della fame infatti era meno sentito in campagna, dove comunque chi aveva un pezzo di terra aveva sempre qualcosa da mangiare. mia madre mi raccontava che mio nonno da valenza andava in lomellina a prendere il riso, mentre di notte il mulino vicino a casa loro faceva di nascosto il pane bianco con il loro grano; poi ovviamente facevano la borsa nera con i liguri, scambiando olio con burro. la paura dei bombardamenti e dei rastrellamenti era meno pesante che in città.
non dimenticare che dopo l'8 settembre, in città le camice nere o i tedeschi fermavano i bus e prendevano uomini e ragazzi e li spedivano nei campi di lavoro in germania: molti non sono tornati.
per quanto riguarda la situazione dei soldati, beh basti pensare a centomila gavette di ghiaccio ( a me la cosa che ha più rattristato è la parte finale, quando i resti della julia tornano in italia e li tengono in vagoni chiusi perchè la gente non li veda perchè "fanno schifo"), ma io ho comunque anche parecchi episodi da raccontare, narrati da mio padre e dal mio padrino, anche di guerra partigiana.
sono ancora molte le famiglie in italia che hanno ricordi di questo genere e io spero che come me li tramandino oralmente, un po' perchè tante cose sui libri di storia non ci sono, un po' perchè non bisogna dimenticare ( e scusate la vena polemica, ma non c'è solo la shoa da tenere a mente in riferimento a quel periodo)
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18/04/2005 18:44
 
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Autore Bruno Morchio
Titolo Bacci Pagano. Una storia da carruggi
Collana I Tascabili - Noir
Formato 12 x 19
ISBN 88-7563-017-8
Pagine 275
In libreria Marzo 2004
Prezzo € 9,50
Mentre indaga su un caso di guerra commerciale e di riciclaggio di denaro sporco l’investigatore privato Bacci Pagano viene assoldato da un vecchio amico per scoprire chi ha rubato la carabina con cui qualcuno vuole uccidere il Presidente del Consiglio in visita a Genova.

Il libro. Bacci Pagano è un vecchio investigatore privato che ha perso per strada tutti i sogni e le speranze della sua gioventù. Dopo aver creduto nella rivoluzione si è fatto cinque anni di galera come terrorista rosso, per uno scherzo del destino e senza mai esserlo stato. La moglie lo ha lasciato e da dieci anni non vede più sua figlia. Anche la giovane fidanzata lo ha mollato. Gli resta ancora qualche amico, come il commissario Pertusiello, dirigente della Squadra Omicidi della Mobile di Genova. I carruggi sono il suo territorio, nei carruggi vive e lavora muovendosi su una vecchia Vespa color amaranto. E il centro storico di Genova, sospeso tra degrado e speculazione travestita da modernità, rappresenta lo scenario su cui si muovono i personaggi del romanzo.
Mentre sta indagando su un oscuro faccendiere per conto di un’antica famiglia genovese assediata dalla mafia, Bacci Pagano conosce la giovane fidanzata del suo cliente, donna impetuosa e nevrotica che lo cerca e lo respinge, e scopre che costei è al centro di una situazione ambigua e complicata fatta di finte ingenuità e di cinici calcoli che portano fino al delitto. Nel frattempo un suo vecchio compagno del sessantotto lo assolda per ritrovare una carabina rubata dalla sede di una radio. Con quella carabina qualcuno vuole attentare alla vita del Presidente del Consiglio, in visita a Genova per incontrare gli studenti del Liceo D’Oria.

L’Autore: Bruno Morchio (Genova 1954), laureato in Lettere e Psicologia, vive e lavora a Genova come psicologo e psicoterapeuta. Ha pubblicato vari articoli su riviste di letteratura, psicologia e psicoanalisi. Questo è il primo di una serie di romanzi che hanno per protagonista l’investigatore privato Bacci Pagano


...giusto per la precisione
fab[SM=g27823]


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18/04/2005 17:57
 
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infatti in linea teorica l'ideologia socialista era valida, ma nella pratica il materialismo storico non ce la poteva fare; io sono rimasta colpita dal problema-fame, descritto nel libro, durante l'occupazione nazista; anche i miei nonni ne avevano fatta qui in Italia, ma non era una ...fame cosi' atroce: un panetto nero di 30 grammi a chi non lavorava in un giorno!
Mi ha colpita la descrizione della Leningrado stremata sotto le bombe e senza corrente elettrica nella lunga notte artica, dove il gelo si era incrostato sui corpi sparpagliati per le strade: mancavano persino i carri per la sepoltura!
E poi doveva essere allucinante il mestiere dei soldati: mal equipaggiati, poco armati, in balia di ordini incerti che venivano da troppo lontano.
Un libro da brividi.
Peccato che molte verita' non si approfondiscano nelle scuole!

( non conosco Morchio, ma da quanto hai detto sono attirata e lo comprero')

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18/04/2005 12:02
 
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io l'ho letto.... e non ho voluto leggere il seguito.
ho apprezzato molto gli spunti sulla vita che si conduceva in unione sovietica durante il secondo conflitto mondiale, in particolare l'amarezza del risveglio, dopo il sogno dell'utopia socialista, che se come ideale è fantastico, nella pratica trova difficilissime applicazioni, soprattutto perchè l'uomo non è fatto per condividere con altri quanto possiede, ma tende sempre a prevaricare i suoi simili.
consiglio invece i libri di un nuovo "fenomeno letterario", si chiama Morchio ed è il papà di un investigatore privato genovese: Bacci Pagano. lo consiglio a chi è genovese e ama genova e a chi non lo è, perchè l'autore ti conduce a fianco del suo investigatore per le strade più belle e suggestive della nostra città, ti fa respirare i suoi odori (belli e brutti) e ti fa vedere i suoi colori e sentire il vento forte che spira in quelle belle giornate d'inverno (il burian)
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18/04/2005 10:55
 
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Il cavaliere d’inverno, di Pallina Simons (ed.Sonzogno)
Non è un libro di montagna, ma per i contenuti mi fa piacere segnalarlo in questo link.
( se qualcuno l'ha letto, mi piacerebbe conoscere il suo parere, data la critica discordante)
Romanzo che ha il suo seguito in “Tatiana e Alexander” (inferiore al precedente), è un’opera che mi ha coinvolta talmente da consigliarla a tutti come splendida lettura.
E’ una storia d’amore e di guerra, ambientata principalmente nella Leningrado stalinista al momento dell’occupazione nazista.
L’ambiente desolato di miseria, poverta’, morte, si inquadra nella lunga notte artica, fredda, buia, sconcertante; a cio’ si oppone la luminosita’ dell’amore tra una giovane coraggiosa e intraprendente e un ufficiale- di origine americana!- dell’Armata Rossa.
“Il cavaliere d’inverno” è un romanzo storico polifonico, dove amore e morte si alternano in un mondo fatto di vuoto, annichilimento, distruzione e contemporaneamente di speranza.
Vediamo il recupero del conscio (la dura realta’ di una guerra efferata) e dell’inconscio(nel marasma bellico viene meno anche l’ideologia, e persino la coscienza individuale ne viene travolta).
Sembra che l’umanita’, in quel frangente di guerra assurda e disperata, sia divisa in due categorie.
Gli uomini del suolo (soldati, civili,gente comune) e quelli del sottosuolo (uomini che per la fame praticavano la borsa-nera, soldati che per paura o vendetta tradivano).
Sembra quasi di assistere ad una successione di personaggi, che incarnano i diversi livelli della psiche umana nei momenti estremi della vita.
Si affronta anche il tema religioso in una Russia stalinista dove Dio da tempo è morto; e questo Dio è solo collocazione teorica e interiezione di alcuni personaggi: dove la guerra avanza c’è la follia, il tradimento, la perdita dell’innocenza primordiale.
E per Dio non ci puo’ essere posto.
Solo oltrepassando le strade coperte di ghiaccio e macerie, i cimiteri gremiti di corpi, che non trovano piu’ nemmeno spazio per una degna sepoltura, l’amore dei due giovani valica la pena di vivere, la degradazione e la morte, diventando l’unico mezzo a sublimazione della vita stessa.


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12/04/2005 12:46
 
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Parchi e aree protette in Italia
E' una guida di Airone del mese di aprile; è del Touring Club, e propone le aree verdi del nord e del centro Italia.
La parte dedicata alla regione Piemonte tratta anche del parco delle alpi Marittime (L.R.14-3-95,n.33), ricco di flora e fauna.
Questa guida, molto utile a chi fa escursionismo, recupera anche sentieri e cartine.[SM=g27827]

Aggiungo inoltre che ogni anno, in genere per il primo maggio, nel parco del delta del Po, per gli appassionati, si svolge la fiera internazionale di Birdwatching e di turismo naturalistico.
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04/04/2005 13:36
 
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“Finchè il cuculo canta”
“Finchè il cuculo canta e tu lo puoi sentire, va tutto bene.
Finchè il cuculo canta vale la pena di ascoltarlo.
Il cuculo porta la primavera e la speranza. . .
A primavera tornano i ricordi. . .
Lo sfondo dove si muovono ombre lontane è la natura forte, dolce, a volte spietata”.

(“Finchè il cuculo canta”,ed.Bibl.Immagine, di Mauro Corona, alpinista, autore di numerosi racconti di montagna, ricchi di eccezionale sensibilita’)

In questo momento in cui ci sentiamo tutti un po’ orfani per la perdita del Santo Padre, siamo comunque attaccati alla vita e pieni di speranza, nel ricordo di Chi ci è stato vicino con le parole, gli scritti,igesti.
Quanto abbiamo imparato ed apprezzato nel corso degli anni cercheremo di attuare: il nostro Papa rimane presente e vivo in mezzo a noi.

[Modificato da icci 04/04/2005 13.37]

Perladisaggezza
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03/04/2005 17:44
 
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Karol

Ciò che vi propongo oggi non sono libri nel senso più comune del termine; più che altro, il mio, è un invito alla riflessione.
In questo momento il mondo intero piange la morte del Santo Padre:uomo amato dai giovani e stimato dai grandi della Terra.
Non mi dilugherò sulle qualità di Giovanni Paolo II ormai da noi tutti conosciute...intendo solo inserire in questa sezione le Encicliche (14) scritte da Wojtyla che tra le altre cose è stato grande amante della Montagna.

"Giovanni Paolo II è stato un grande uomo di sport, prima "atleta di Dio" e poi grande sostenitore dello sport come via per l'educazione e la crescita dei giovani. Papa Wojtyla ha sempre intrattenuto grandi rapporti con i protagonisti dello sport."

Redemptor Hominis (4 marzo 1979)
La prima enciclica di Giovanni Paolo II è una lettera inviata a tutti i fedeli e a tutti gli uomini all'inizio del suo pontificato. Già nel titolo è sintetizzata l'intera concezione della fede, della cultura, del compito della Chiesa al termine del secondo millennio. Il nuovo Papa indica innanzitutto un metodo per scoprire e vivere la verità, la bellezza e la grandezza dell'identità cristiana. Nella prima parte Giovanni Paolo II manifesta la sua preoccupazione di raccogliere in pieno l'eredità dei precedenti pontificati, con un'attenzione particolare all'eredità del Concilio Vaticano II. Giovanni Paolo II afferma che il Concilio non si può ancora considerare pienamente attuato perché l'insegnamento del Concilio non è ancora diventato patrimonio della coscienza del popolo cristiano. Non basta cambiare la liturgia, occorre dare un nuovo significato all'appartenenza alla Chiesa. Nel resto dell'enciclica Giovanni Paolo II affronta il tema della centralità di Cristo nel cosmo e nella storia. Sono già messi in evidenza, dunque, alcuni elementi fondamentali di questo papato.



Dives in Misericordia (4 marzo 1979)
Il punto di partenza è ancora il Concilio Vaticano II. Secondo Giovanni Paolo II uno degli insegnamenti basilari dell'esperienza conciliare è il tentativo si superare la contrapposizione teocentrismo/antropocentrismo che ha caratterizzato tutte le varie correnti del pensiero umano. Compito della Chiesa è congiungere queste due visioni nell'uomo in maniera profonda. Riprendendo Giovanni, Wojtyla afferma che Dio è visibile nella sua misericordia. Ma la vita contemporanea sembra distogliere l'uomo dal concetto stesso di misericordia: basti pensare allo squilibrio tra paesi industrializzati e paesi sottosviluppati. Il progresso tecnologico consentirebbe il superamento di molte sofferenze, ma ovunque sembra trionfare il consumismo, l'esaltazione del godimento. Occorre perciò "attingere nell'eterno per affrontare le grandi preoccupazioni contemporanee". Partendo dal Vecchio Testamento (Isaia) e passando poi al nuovo (la parabola del Figliol Prodigo), Giovanni Paolo II arriva a toccare temi di attualità, con riferimenti espliciti a realtà quali Onu, Unesco, Fao. Il compito della Chiesa è "attuare la misericordia" per rendere la vita degli uomini "giusta sotto ogni aspetto".



Laborem Exercens (14 settembre 1981)
A novant'anni dalla pubblicazione della "Rerum Novarum! di Leone XIII, papa Wojtyla dedica la sua terza enciclica al lavoro o, meglio, all'uomo nel contesto del lavoro. Il lavoro è interpretato come la chiave essenziale della questione sociale, la cui soluzione deve essere ricercata nel "rendere la vita umana più umana". Il lavoro ha quindi un'importanza fondamentale e decisiva. Per determinare il suo valore non bisogna considerare il lavoro che si compie, ma il fatto che colui che lo esegue è una persona. Le fonti della dignità del lavoro non vanno dunque cercate nella sua dimensione oggettiva, ma nella dimensione soggettiva. Sparisce quasi, in tale visione, il fondamento della divisione degli uomini in ceti. Ma non perché il lavoro umano non debba essere valorizzato e qualificato. Più semplicemente, il primo fondamento del valore del lavoro è l'uomo stesso. La conclusione è che il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro. E' quindi un attacco all'interpretazione marxiana del lavoro come merce, venduto dal lavoratore al datore di lavoro. Ma è anche una critica al capitalismo, laddove esso tratti l'uomo come uno strumento e non come una persona.
Giovanni Paolo II riconosce il ruolo fondamentale dei sindacati e dei movimenti operai nella difesa e nella promozione dei diritti dei lavoratori. Condanna altresì, senza appello, qualsiasi tentativo di realizzare riforme "mediante l'eliminazione aprioristica della proprietà privata dei mezzi di produzione". La seconda parte dell'enciclica è una disamina attenta e puntuale su tutte le tematiche connesse al lavoro: disoccupazione, emigrazione, questioni salariali, discriminazioni di minoranze, handicap e lavoro. Il diritto al lavoro è interpretato come diritto umano, cioè come diritto della persona. E' da questa enciclica che molti osservatori cominciano a parlare di "interventismo sociale" di Giovanni Paolo II.



Slavorum Apostoli (2 giugno 1985)
Una delle encicliche meno note di Giovanni Paolo II è il ricordo e l'esaltazione dell'opera evangelizzatrice nelle nazioni slave da parte dei Santi Cirillo e Metodio nel IX secolo. Wojtyla ricostruisce ampiamente la storia dei due fratelli di Salonicco inviati dall'imperatore di Bisanzio e dal patriarca della Chiesa di Costantinopoli nei territori dell'Europa orientale a diffondere il Verbo. Il grande merito di Cirillo e Metodio è stato quello di aver edificato la chiesa in modo pacifico e di aver conservato l'unità della fede tra le Chiese di Roma e Costantinopoli e le Chiese nascenti nell'Est. Tradussero il Vangelo dal greco e adottarono la lingua slava per la liturgia. Ancora una volta Wojtyla si richiama al Concilio Vaticano II, indetto da Giovanni XXIII per "risvegliare l'autocoscienza della Chiesa attraverso il rinnovamento interiore". La cattolicità, per Giovanni Paolo II, si manifesta nella corresponsabilità e nella collaborazione di tutti in favore del bene comune. La speranza è di arrivare presto al superamento delle divisioni tra le Chiese, le nazioni e i popoli. E' possibile vedere in controluce un parallelo tra l'opera dei fratelli santi nel IX secolo e la missione di Wojtyla nel Ventesimo. In comune ci sono la forte volontà evangelizzatrice, la propensione al dialogo senza mai scalfire la centralità della Chiesa romana.



Dominum et vivificantem (18 maggio 1986)
E' una delle encicliche più prettamente "teologiche" di Giovanni Paolo II, incentrata interamente sullo Spirito Santo. Lo studio parte dai concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381) nei quali il dogma venne formulato e promulgato per passare alle encicliche. Leone XIII prima (con "Divinum illud munus", nel 1897) e Pio XII (con "Mystici Corporis", nel 1943) avevano già realizzato encicliche interamente dedicate allo Spirito Santo. Giovanni Paolo II si ripropone di avviare un nuovo studio e un nuovo culto. Lo Spirito Santo, con il suo misterioso legame di comunione col Cristo, è il realizzatore della continuità della fede. L'incontro con l'uomo avviene nel cuore, "luogo recondito dell'incontro salvifico".



Redemptoris mater (25 marzo 1987)
Il tema di questa enciclica è lo studio della madre del Cristo in prospettiva del Giubileo 2000. Riprendendo le tesi del Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II ricorda la centralità riconosciuta a Maria come "mediatrice divina" tra la divinità e l'uomo. Il Concilio esaltava la sua comparsa in anticipo rispetto al Cristo sulla storia della salvezza. Wojtyla dà risalto alla sua fede nella rivelazione, accostandola ad Abramo: "Beta colei che ha creduto". Un altro aspetto esaltato è la sua sofferenza sotto la croce. Una sofferenza enorme ma accettata nella comprensione del disegno divino. Maria è quindi una figura fondamentale nel cammino della Chiesa e nel suo nome si deve lavorare per l'unità di tutti i cristiani. Per tutti questi motivi Giovanni Paolo II conclude l'enciclica indicendo un Anno Mariano che comincerà il 7 giugno, giorno di Pentecoste.



Sollecitudo rei socialis (30 dicembre 1987)
Nel ventesimo anniversario dell'enciclica "Populorum progressio" di Paolo VI, Wojtyla si occupa del dovere della Chiesa di intervenire con sollecitudine nelle questioni sociali per uno sviluppo autentico della persona. E' il Vangelo che indica le linee portanti di questa azione della Chiesa. Giovanni Paolo II descrive le problematiche relative allo sviluppo e traccia una panorama del mondo contemporaneo, afflitto da un divario sempre più aspro tra Nord e Sud del mondo, da varie forma di imperialismo, da un crescente predominio dell'avere sull'essere. La soluzione a questi problemi va ricercata attraverso una lettura teologica dei problemi moderni. La liberazione di tutti i popoli passa attraverso la liberazione dal peccato, l'ostacolo più grande di tutti.



Redemptoris missio (7 dicembre 1990)
Viene qui ribadita e attualizzata la necessità dell'attività missionaria.Questa attività deve estendersi fino agli estremi confini della Terra, con un'attenzione particolare a due aree: il Sud e l'Oriente. Ma non si tratta di un'opera rivolta soltanto ai popoli non cristiani: ci sono molti mondi e fenomeni sociali nuovi che meritano attenzione. Troppo spesso l'uomo è schiacciato in quella che Wojtyla definisce "dimensione orizzontale". E' necessario dare a tutti la possibilità di un'apertura verso l'Assoluto. Non si tratta né di tattica né di interesse: la fede in Cristo è una "proposta alla libertà dell'uomo". L'opera missionaria si realizza incoraggiando la formazione di chiese locali e proseguendo nel dialogo ad gentes. E' un lavoro appena agli inizi ha come finalità il rinnovamento della fede e della vita cristiana.



Centesimus annus (1 maggio 1991)
E' la prima enciclica dopo il crollo del comunismo, a cento anni esatti dalla pubblicazione della "Rerum Novarum" di Leone XIII. Giovanni Paolo II esamina gli errori compiuti dal socialismo nel tentativo di risolvere i problemi sociali. Il rimedio - sostiene - si è rivelato peggiore del male. Errore fondamentale del marxismo è di carattere antropologico: aver considerato l'uomo come una molecola dell'organismo sociale ha finito col ridurre la vita ad una mera somma di relazioni sociali, facendo scomparire il concetto di persona come soggetto morale. Analizzando gli avvenimenti del 1989, Wojtyla sottolinea come "la crisi del marxismo non elimina nel mondo le situazioni di ingiustizia e di oppressione". E' pericoloso affidare al libero mercato la soluzione di problemi tanto vasti. L'economia deve sempre essere al servizio dell'uomo e non viceversa. Giovanni Paolo II attacca anche la Teologia della liberazione, definendo impossibile qualsiasi compromesso tra cristianesimo e marxismo. Ribadendo il valore sociale della proprietà privata (già teorizzato da Leone XIII), Wojtyla sostiene che la dottrina sociale deve mirare alla centralità dell'uomo dentro la società.



Veritatis splendor (6 agosto 1993)
E' un'enciclica rivolta espressamente ai vescovi su alcune "questioni fondamentali dell'insegnamento morale della Chiesa". Secondo Giovanni Paolo II è infatti necessario riflettere sull'insieme dell'insegnamento cristiano perché si è verificata una nuova situazione entro la comunità. Si tratta, in sostanza, di un richiamo all'ordine per tutti quei settori della Chiesa che hanno alimentato il sorgere di "molteplici dubbi e obiezioni". E' il richiamo più severo alla centralità della Chiesa romana e la chiusura definitiva nei confronti della Teologia della liberazione.



Evangelium vitae (25 marzo 1995)
L'undicesima enciclica di Giovanni Paolo II è un appello all'umanità (non solo alla Chiesa) affinché venga rispettata la grandezza e la preziosità della vita umana. C'è la condanna esplicita e senza appello di tutto ciò che è contro la vita (omicidio, genocidio, aborto, eutanasia, suicidio), che viola l'integrità della persona umana (mutilazioni, torture fisiche e psicologiche) o che offende la dignità umana. Al di là di questo appello generico, l'enciclica è interessante soprattutto nell'attenzione per i "nuovi e ancora più iniqui delitti contro la vita". E' chiaro il riferimento all'ingegneria genetica e alle varie forme di manipolazione dell'embrione. Il richiamo al Vangelo deve perciò impedire che la stessa coscienza dell'uomo finisce col non distinguere più tra il bene e il male.



Ut unum sint (25 maggio 1995)
E' il richiamo all'unità di tutti i cristiani attraverso il superamento di tutti i fraintendimenti e i pregiudizi reciproci. Si tratta di un appello all'unità che non presenta novità dottrinali. Secondo Giovanni Paolo II è indispensabile una "purificazione della memoria storica" per giungere ad un dialogo libero e costruttivo tra le chiese cristiana. La Chiesa cattolica deve dimostrare la centralità del suo impegno ecumenico. Per tutti i fedeli la preghiera deve tornare ad essere il momento centrale della propria vita religiosa.



Fides et ratio (15 ottobre 1998)
La tredicesima enciclica di Giovanni Paolo II è senza dubbio una delle più conosciute e più discusse. Fede e ragione sono per il Papa "le ali con cui lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità". Alla filosofia moderna viene riconosciuto il merito enorme di aver incentrato la propria attenzione sull'essere umano. Non c'è più motivo, secondo Wojtyla, che fede e ragione siano in competizione tra loro. L'una è nell'altra e l'uomo ha bisogno di entrambe. Ma la conoscenza ottenuta attraverso la ragione ha valore soltanto se inserita nel più ampio orizzonte della fede. E nella fede è importante rispettare il mistero. Fides et ratio è un evidente richiamo alla centralità della religione, ma è anche un esplicito appello a teologi e filosofi per un dialogo tra fede e ragione.


Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003)
Dedicata ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi,alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici. La Chiesa vive dell'Eucaristia. Una verità che non è soltanto un'esperienza di fede, ma racchiude in se il nucleo del mistero della Chiesa. Che tutti giorni sperimenta attraverso l’Eucarestia l’avverarsi della promessa: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Il sacramento eucaristico scandisce i momenti Il Sacramento Divino, scandisce rinnovando la promessa il legame tra Dio e la sua Chiesa.



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29/03/2005 22:58
 
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la morte sospesa
LA MORTE SOSPESA - TOUCHING THE VOID


bellissimo film di Montagna visto a sangiacomo.

Trama
1985. Joe Simpson e Simon Yates, due amici appassionati di alpinismo, decidono di scalare la Siula Grande, nelle Ande peruviane. Durante l'ascesa, però, qualcosa va storto, Joe scivola e resta appeso nel vuoto, attaccato all'amico per mezzo della corda di sicurezza. Simon tenta di salvarlo ma non vi riesce e così, violando il codice etico degli alpinisti, taglia la corda e, convinto della morte dell'amico torna al campo base. Sorprendentemente, Joe non è morto e per scagionare l'amico - contro cui si è schierata tutta la comunità alpinistica - decide di scrivere un libro e di raccontare come sono andate veramente le cose...

Critica

"'La morte sospesa' di Kevin Macdonald è la storia, vera, di Joe Simpson e Simon Yates, due amici che si lanciarono alla conquista della vetta del Siula Grande, nel 1985. Sullo schermo, mentre i veri scalatori rievocano i fatti davanti all'obiettivo, due attori rivivono la vicenda. Fisicamente i protagonisti sono sopravvissuti, ma dentro? Si può tornare vivi da Auschwitz? Una storia forte, che mostra quanto sia in realtà sottile il filo che divide la vita dalla morte e che spoglia un sentimento come l'amicizia, denudandolo fino all'essenziale. E se Simon ha il fegato di tagliare la corda che lo lega a Joe, il regista ha il coraggio di girare un film che colpisce per la totale assenza di retorica." (Roberta Bottari, 'Il Messaggero', 18 marzo 2005)

"Un caso interessante quello de 'La morte sospesa', un inusuale racconto alpinistico, che trae ispirazione e qualità proprio dalla sua natura documentaristica. (...) Una bella lezione di coraggio, lontano dalle smargiassate delle fiction che ci assediano." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 18 marzo 2005)

"Si rilancia il documentario, dopo il caso Moore: un bravo regista, Kevin Macdonald rimette in scena, con massima verosimiglianza e neve autentica, un emozionante e noto caso di amicizia virile in alta montagna, lungo le pareti della Siula Grande, Ande peruviane. Lì, 1985, Simon taglia la corda di sicurezza del compagno Joe vittima di una caduta, mors tua vita mea. Tutta vita vissuta sottozero, ma così incredibile che sembra scritta per il cinema, con un docu-drama non catalogabile nato da un best seller. Congelati e coraggiosi i due attori Aaron e Mackey che hanno affrontato Follia e Supplizio delle vette per esprimere il Trionfo della Volontà e la Solitudine di fronte alla Natura. Tutte maiuscole." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 marzo 2005)

fab[SM=g27823] dal sito www.cinematografo.it


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11/03/2005 12:41
 
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“L’uomo che piantava gli alberi”
Non propriamente un libro di montagna da collocare in questo link, ma comunque ha a che fare con la natura.
Ed.Salani, scritta dall’autore J.Giono, italo-francese dello scorso secolo, dai discussi trascorsi politici, questa è un’opera di omaggio all’albero, segno inequivocabile di equilibrio, armonia, saggezza, punto di incontro tra la terra e il cielo.Il protagonista pianta alberi per tutta la vita in luoghi deserti e privi di ogni forma di vegetazione: lui è un pastore solitario, che fa degli alberi lo scopo di tutta l’esistenza, poiché sugli alberi nidificano uccelli e sotto ci si ripara dal sole.
Il protagonista è l’autore stesso: schivo, introverso, legato ai profumi forti della terra, attento alla luce di paesaggi limpidi, proteso all’ascolto del suono del vento tra eremi e pietraie.Il ritmo dell’opera è dato dall’ossessione costante di piantare e piantare ancora: querce, faggi, pini.
I riferimenti simbolici sono numerosi: il tema dell’acqua, scarsa dapprima e abbondante poi con la crescita degli alberi, quasi un ritorno al grembo materno e all’Eden di origine.Il tema del silenzio, ricorrente, come presenza incombente dei luoghi e come valore salvifico poi; il tema del lavoro, faticoso e incessante, legato alla condizione umana.
L’isolamento del pastore diventa poi elemento costruttivo e scelta necessaria: meglio vivere lontano dai rancori e dalle lotte sociali e ascoltare il respiro del vento e lo scalpiccio delle caprette.
Con poche parole, ma efficaci e sentite, l’autore spazia ampiamente dal recupero della natura come madre premurosa ( gli alberi attecchiscono e crescono), ai valori effettivi di una vita umana condotta nella serenita’ e nell’armonia di un paesaggio lontano dalla frenesia delle macchine.
Il protagonista non è geloso del suo mondo, ma lo offre al visitatore (tema della condivisione).
Il sentimento prevale sulla materialita’ del gesto stesso di piantare gli alberi.
Romanzo che parla piu’ al cuore che alla mente.

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07/03/2005 12:23
 
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si', è ligure, è Genova; ora sulle barche non c'è piu' nulla, ovviamente, ma quella mattina, quando sono uscita di proposito con Fabio a fare foto, non c'era solo poesia, ma la magia dei colori.
Commentare una foto, in questo caso, è ridurre ad una recensione fatta di parole, insufficienti, in questo caso: Fabio ed io preferiamo lasciar parlare il cuore, il nostro cuore; per questo non aggiungo altro.Ines[SM=x291708]
Perladisaggezza
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06/03/2005 16:00
 
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Grazie Fabio,
..per aver messo sul forum questa foto.
Hai usato il termine giusto: è "poesia" l'immagine che ha immortalato scogli e neve in questo scorcio di litorale ligure ( è ligure?).
Viene voglia di correre lì e vedere coi propri occhi questa magia della natura.[SM=x291720]


Un saluto.
Giò.
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04/03/2005 16:21
 
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...non c'entra tanto ma la poesia di questi scogli e della neve che li accarezza mi invita pensare ai tanti libri di Mare e di Montagna che da sempre consumo!

e intanto godiamoci l'immagine[SM=g27823]

fab[SM=g27823]
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25/02/2005 14:36
 
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Vi segnalo una splendida (auto)biografia dell'alpinista sovietico ANATOLIJ BUKREEV tragicamente scomparso a soli 39 anni durante una salita sull'Annapurna.
il titolo
"UN POSTO IN CIELO :i diari di un eroe inconsapevole"
cda e VIVALDA editori , 22,00 euro

Una lettura dove il gesto alpinistico di Bukreev è corredo di più alti ideali a cui tendere!

Da leggere con attenzione
fab[SM=g27823]

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25/02/2005 12:41
 
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a Perladisaggezza
benvenuta sul forum e [SM=x291712] per i tuoi contributi, da noi molto apprezzati, essendo sia lettori accaniti, sia persone interessate alle tradizioni culturali di Sangiacomo e del comprensorio.Un saluto,Ines.
perladisaggezza
[Non Registrato]
25/02/2005 00:27
 
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L'ultimo in ordine di tempo!


"Veglie e leggende nelle Valli Monregalesi" I.E.E. Editoriale Europea- 2003

"Attraverso la lettura dei racconti di Vallepiano, sarà possibile andare alla ricerca del "tempo perduto" di proustiana memoria ma con la consapevolezza che quel tempo è ancora lì, sotto i nostri occhi, alla portata di tutti, raccontato in modo originale, senza enfasi e con la voglia di invitare chi crede nelle cose vere ad intraprendere un cammino che darà delle nostre Valli una nuova dimensione"

dalla presentazione del Presidente Comunità Montana delle Valli Monregalesi Baravalle Donato

Libro Strenna della Comunità Montana alla cittadinanza in occasione del Natale 2003.

Descrizione accattivante delle leggende locali supportata da una grafica davvero originale.[SM=g27811]
perladisaggezza
[Non Registrato]
25/02/2005 00:13
 
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Bruno Vallepiano: amante della montagna.

L'autore di "Sangiacomo" ha un palmares di tutto rispetto, sempre incisivo e generoso nei dettagli, lineare nella descrizione dei percorsi locali da scoprire.
Mi permetto di inserire qui alcune sue pubblicazioni che, data l'ora[SM=g27822] , non commenterò in questo momento. Mi riprometto di farlo quando il tempo mi permetterà di dilungarmi un po'....
E' l'artefice di "numerose guide e vari libri legati alla montagna, alla sua storia, alle sue tradizioni".

- Mondovì e le sue Valli (L'Arciere- Cuneo 1998)
- Il Bosconero (Ed.Zetagrafica-Mondovì 2000)
- L'Alpe di Mondovì (coautore con G.Galliano e M.Martorano L'Arciere- Dronero 2001)
- Nidi tra le Aquile (L'Arciere- Dronero 2002)
- Percorsi d'arte, storia ed antichi sapori (Ed. GAL Mongioie- Vicoforte 2001)
- Itinerari in Mountain Bike (coautore con E.Ugo e M.Canavese Ed.GAL Mongioie Vicoforte 2001)

e numerose altre pubblicazioni tra le quali un volume fotografico, un importante saggio storico sul Beato Guglielmo, numerose guide turistiche, racconti,...

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22/10/2004 10:26
 
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Targato Cn
Il sito www.targatocn.it nella Sezione Cultura riporta la recensione di Icci sul libro "Sangiacomo" di Bruno Vallepiano.
Cogliamo l'occasione per ringraziare il Direttore di TargatoCN per la cortese accoglienza riservataci e la collaborazione che sicuramente e reciprocamente instaureremo.
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